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Giobbe - Capitolo 1
I. PROLOGO
Satana mette Giobbe alla prova
[1]C'era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo
integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. [2]Gli erano
nati sette figli e tre figlie; [3]possedeva settemila pecore e
tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto
numerosa era la sua servitù. Quest'uomo era il più grande fra tutti i
figli d'oriente.
[4]Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa
di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le
loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. [5]Quando avevano
compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare
per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo
il numero di tutti loro. Giobbe infatti pensava: «Forse i miei figli
hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore». Così faceva Giobbe
ogni volta.
[6]Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al
Signore e anche satana andò in mezzo a loro. [7]Il Signore
chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un
giro sulla terra, che ho percorsa». [8]Il Signore disse a
satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui
sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». [9]Satana
rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? [10]Non
hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto
è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame
abbonda di terra. [11]Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha
e vedrai come ti benedirà in faccia!». [12]Il Signore disse a
satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano
su di lui». Satana si allontanò dal Signore.
[13]Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue
figlie stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un
messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le
asine pascolando vicino ad essi, [15]quando i Sabei sono piombati
su di essi e li hanno predati e hanno passato a fil di spada i
guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[16]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un
fuoco divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai
guardiani e li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[17]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I
Caldei hanno formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li
hanno presi e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io
solo che ti racconto questo».
[18]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I
tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro
fratello maggiore, [19]quand'ecco un vento impetuoso si è
scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa,
che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato io solo che ti
racconto questo».
[20]Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il
capo, cadde a terra, si prostrò [21]e disse:
«Nudo uscii dal seno di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore!».
[22]In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio
nulla di ingiusto.
Giobbe - Capitolo 2
[1]Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al
Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il
Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore:
«Da un giro sulla terra che ho percorsa». [3]Il Signore disse a
satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui
sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli
è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui,
senza ragione, per rovinarlo». [4]Satana rispose al Signore: «Pelle
per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. [5]Ma
stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come
ti benedirà in faccia!». [6]Il Signore disse a satana: «Eccolo
nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».
[7]Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una
piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe
prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. [9]Allora
sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici
Dio e muori!». [10]Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una
stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo
accettare il male?».
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
[11]Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di
tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno
dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il
Naamatita, e si accordarono per andare a condolersi con lui e a
consolarlo. [12]Alzarono gli occhi da lontano ma non lo
riconobbero e, dando in grida, si misero a piangere. Ognuno si stracciò
le vesti e si cosparse il capo di polvere. [13]Poi sedettero
accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli
rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore.
Giobbe - Capitolo 3
II. DIALOGO
1. PRIMO CICLO DI DISCORSI
Giobbe maledice il giorno della sua nascita
[1]Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese
a dire:
[3]Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: «E' stato concepito un
uomo!».
[4]Quel giorno sia tenebra,
non lo ricerchi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
[5]Lo rivendichi tenebra e morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno!
[6]Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
[7]Ecco, quella notte sia lugubre
e non entri giubilo in essa.
[8]La maledicano quelli che imprecano al giorno,
che sono pronti a evocare Leviatan.
[9]Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga;
non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
[10]poiché non mi ha chiuso il varco del grembo
materno,
e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei!
[11]E perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
[12]Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e perché due mammelle, per allattarmi?
[13]Sì, ora giacerei tranquillo,
dormirei e avrei pace
[14]con i re e i governanti della terra,
che si sono costruiti mausolei,
[15]o con i principi, che hanno oro
e riempiono le case d'argento.
[16]Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bimbi che non hanno visto la luce.
[17]Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi,
laggiù riposano gli sfiniti di forze.
[18]I prigionieri hanno pace insieme,
non sentono più la voce dell'aguzzino.
[19]Laggiù è il piccolo e il grande,
e lo schiavo è libero dal suo padrone.
[20]Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore,
[21]a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
[22]che godono alla vista di un tumulo,
gioiscono se possono trovare una tomba...
[23]a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio da ogni parte ha sbarrato?
[24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
[25]perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
[26]Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!
Giobbe - Capitolo 4
Fiducia in Dio
[1]Elifaz il Temanita prese la parola e disse:
[2]Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso?
Ma chi può trattenere il discorso?
[3]Ecco, tu hai istruito molti
e a mani fiacche hai ridato vigore;
[4]le tue parole hanno sorretto chi vacillava
e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato.
[5]Ma ora questo accade a te e ti abbatti;
capita a te e ne sei sconvolto.
[6]La tua pietà non era forse la tua fiducia
e la tua condotta integra, la tua speranza?
[7]Ricordalo: quale innocente è mai perito
e quando mai furon distrutti gli uomini retti?
[8]Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità,
chi semina affanni, li raccoglie.
[9]A un soffio di Dio periscono
e dallo sfogo della sua ira sono annientati.
[10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo
e i denti dei leoncelli sono frantumati.
[11]Il leone è perito per mancanza di preda
e i figli della leonessa sono stati dispersi.
[12]A me fu recata, furtiva, una parola
e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro.
[13]Nei fantasmi, tra visioni notturne,
quando grava sugli uomini il sonno,
[14]terrore mi prese e spavento
e tutte le ossa mi fece tremare;
[15]un vento mi passò sulla faccia,
e il pelo si drizzò sulla mia carne...
[16]Stava là ritto uno, di cui non riconobbi
l'aspetto,
un fantasma stava davanti ai miei occhi...
Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire:
[17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l'uomo davanti al suo creatore?
[18]Ecco, dei suoi servi egli non si fida
e ai suoi angeli imputa difetti;
[19]quanto più a chi abita case di fango,
che nella polvere hanno il loro fondamento!
Come tarlo sono schiacciati,
[20]annientati fra il mattino e la sera:
senza che nessuno ci badi, periscono per sempre.
[21]La funicella della loro tenda non viene forse
strappata?
Muoiono senza saggezza!».
Giobbe - Capitolo 5
[1]Chiama, dunque! Ti risponderà forse qualcuno?
E a chi fra i santi ti rivolgerai?
[2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno
e la collera fa morire lo sciocco.
[3]Io ho visto lo stolto metter radici,
ma imputridire la sua dimora all'istante.
[4]I suoi figli sono lungi dal prosperare,
sono oppressi alla porta, senza difensore;
[5]l'affamato ne divora la messe
e gente assetata ne succhia gli averi.
[6]Non esce certo dalla polvere la sventura
né germoglia dalla terra il dolore,
[7]ma è l'uomo che genera pene,
come le scintille volano in alto.
[8]Io, invece, mi rivolgerei a Dio
e a Dio esporrei la mia causa:
[9]a lui, che fa cose grandi e incomprensibili,
meraviglie senza numero,
[10]che dà la pioggia alla terra
e manda le acque sulle campagne.
[11]Colloca gli umili in alto
e gli afflitti solleva a prosperità;
[12]rende vani i pensieri degli scaltri
e le loro mani non ne compiono i disegni;
[13]coglie di sorpresa i saggi nella loro astuzia
e manda in rovina il consiglio degli scaltri.
[14]Di giorno incappano nel buio
e brancolano in pieno sole come di notte,
[15]mentre egli salva dalla loro spada l'oppresso,
e il meschino dalla mano del prepotente.
[16]C'è speranza per il misero
e l'ingiustizia chiude la bocca.
[17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio:
perciò tu non sdegnare la correzione
dell'Onnipotente,
[18]perché egli fa la piaga e la fascia,
ferisce e la sua mano risana.
[19]Da sei tribolazioni ti libererà
e alla settima non ti toccherà il male;
[20]nella carestia ti scamperà dalla morte
e in guerra dal colpo della spada;
[21]sarai al riparo dal flagello della lingua,
né temerai quando giunge la rovina.
[22]Della rovina e della fame ti riderai
né temerai le bestie selvatiche;
[23]con le pietre del campo avrai un patto
e le bestie selvatiche saranno in pace con te.
[24]Conoscerai la prosperità della tua tenda,
visiterai la tua proprietà e non sarai deluso.
[25]Vedrai, numerosa, la prole,
i tuoi rampolli come l'erba dei prati.
[26]Te ne andrai alla tomba in piena maturità,
come si ammucchia il grano a suo tempo.
[27]Ecco, questo abbiamo osservato: è così.
Ascoltalo e sappilo per tuo bene.
Giobbe - Capitolo 6
L'uomo oppresso conosce solo la sua miseria
[1]Allora Giobbe rispose:
[2]Se ben si pesasse il mio cruccio
e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura...
[3]certo sarebbe più pesante della sabbia del mare!
Per questo temerarie sono state le mie parole,
[4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte,
sì che il mio spirito ne beve il veleno
e terrori immani mi si schierano contro!
[5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti
o muggisce il bue sopra il suo foraggio?
[6]Si mangia forse un cibo insipido, senza sale?
O che gusto c'è nell'acqua di malva?
[7]Ciò che io ricusavo di toccare
questo è il ributtante mio cibo!
[8]Oh, mi accadesse quello che invoco,
e Dio mi concedesse quello che spero!
[9]Volesse Dio schiacciarmi,
stendere la mano e sopprimermi!
[10]Ciò sarebbe per me un qualche conforto
e gioirei, pur nell'angoscia senza pietà,
per non aver rinnegato i decreti del Santo.
[11]Qual la mia forza, perché io possa durare,
o qual la mia fine, perché prolunghi la vita?
[12]La mia forza è forza di macigni?
La mia carne è forse di bronzo?
[13]Non v'è proprio aiuto per me?
Ogni soccorso mi è precluso?
[14]A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici,
anche se ha abbandonato il timore di Dio.
[15]I miei fratelli mi hanno deluso come un torrente,
sono dileguati come i torrenti delle valli,
[16]i quali sono torbidi per lo sgelo,
si gonfiano allo sciogliersi della neve,
[17]ma al tempo della siccità svaniscono
e all'arsura scompaiono dai loro letti.
[18]Deviano dalle loro piste le carovane,
avanzano nel deserto e vi si perdono;
[19]le carovane di Tema guardano là,
i viandanti di Saba sperano in essi:
[20]ma rimangono delusi d'avere sperato,
giunti fin là, ne restano confusi.
[21]Così ora voi siete per me:
vedete che faccio orrore e vi prende paura.
[22]Vi ho detto forse: «Datemi qualcosa»
o «dei vostri beni fatemi un regalo»
[23]o «liberatemi dalle mani di un nemico»
o «dalle mani dei violenti riscattatemi»?
[24]Istruitemi e allora io tacerò,
fatemi conoscere in che cosa ho sbagliato.
[25]Che hanno di offensivo le giuste parole?
Ma che cosa dimostra la prova che viene da voi?
[26]Forse voi pensate a confutare parole,
e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato!
[27]Anche sull'orfano gettereste la sorte
e a un vostro amico scavereste la fossa.
[28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me:
davanti a voi non mentirò.
[29]Su, ricredetevi: non siate ingiusti!
Ricredetevi; la mia giustizia è ancora qui!
[30]C'è forse iniquità sulla mia lingua
o il mio palato non distingue più le sventure?
Giobbe - Capitolo 7
[1]Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
[2]Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
[3]così a me son toccati mesi d'illusione
e notti di dolore mi sono state assegnate.
[4]Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?».
Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino
all'alba.
[5]Ricoperta di vermi e croste è la mia carne,
raggrinzita è la mia pelle e si disfà.
[6]I miei giorni sono stati più veloci d'una spola,
sono finiti senza speranza.
[7]Ricordati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene.
[8]Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede:
i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò.
[9]Una nube svanisce e se ne va,
così chi scende agl'inferi più non risale;
[10]non tornerà più nella sua casa,
mai più lo rivedrà la sua dimora.
[11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca,
parlerò nell'angoscia del mio spirito,
mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!
[12]Son io forse il mare oppure un mostro marino,
perché tu mi metta accanto una guardia?
[13]Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà
sollievo,
il mio letto allevierà la mia sofferenza»,
[14]tu allora mi spaventi con sogni
e con fantasmi tu mi atterrisci.
[15]Preferirei essere soffocato,
la morte piuttosto che questi miei dolori!
[16]Io mi disfaccio, non vivrò più a lungo.
Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni.
[17]Che è quest'uomo che tu nei fai tanto conto
e a lui rivolgi la tua attenzione
[18]e lo scruti ogni mattina
e ad ogni istante lo metti alla prova?
[19]Fino a quando da me non toglierai lo sguardo
e non mi lascerai inghiottire la saliva?
[20]Se ho peccato, che cosa ti ho fatto,
o custode dell'uomo?
Perché m'hai preso a bersaglio
e ti son diventato di peso?
[21]Perché non cancelli il mio peccato
e non dimentichi la mia iniquità?
Ben presto giacerò nella polvere,
mi cercherai, ma più non sarò!
Giobbe - Capitolo 8
Il corso inarrestabile della giustizia divina
[1]Allora prese a dire Bildad il Suchita:
[2]Fino a quando dirai queste cose
e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca?
[3]Può forse Dio deviare il diritto
o l'Onnipotente sovvertire la giustizia?
[4]Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui,
li ha messi in balìa della loro iniquità.
[5]Se tu cercherai Dio
e implorerai l'Onnipotente,
[6]se puro e integro tu sei,
fin d'ora veglierà su di te
e ristabilirà la dimora della tua giustizia;
[7]piccola cosa sarà la tua condizione di prima,
di fronte alla grandezza che avrà la futura.
[8]Chiedilo infatti alle generazioni passate,
poni mente all'esperienza dei loro padri,
[9]perché noi siamo di ieri e nulla sappiamo,
come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra.
[10]Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno
traendo le parole dal cuore?
[11]Cresce forse il papiro fuori della palude
e si sviluppa forse il giunco senz'acqua?
[12]E' ancora verde, non buono per tagliarlo,
e inaridisce prima d'ogn'altra erba.
[13]Tale il destino di chi dimentica Dio,
così svanisce la speranza dell'empio;
[14]la sua fiducia è come un filo
e una tela di ragno è la sua sicurezza:
[15]si appoggi alla sua casa, essa non resiste,
vi si aggrappi, ma essa non regge.
[16]Rigoglioso sia pure in faccia al sole
e sopra il giardino si spandano i suoi rami,
[17]sul terreno sassoso s'intreccino le sue radici,
tra le pietre attinga la vita.
[18]Se lo si toglie dal suo luogo,
questo lo rinnega: «Non t'ho mai visto!».
[19]Ecco la gioia del suo destino
e dalla terra altri rispuntano.
[20]Dunque, Dio non rigetta l'uomo integro,
e non sostiene la mano dei malfattori.
[21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso
e le tue labbra di gioia.
[22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna
e la tenda degli empi più non sarà.
Giobbe - Capitolo 9
La giustizia divina è al di sopra del diritto
[1]Giobbe rispose dicendo:
[2]In verità io so che è così:
e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio?
[3]Se uno volesse disputare con lui,
non gli risponderebbe una volta su mille.
[4]Saggio di mente, potente per la forza,
chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo?
[5]Sposta le montagne e non lo sanno,
egli nella sua ira le sconvolge.
[6]Scuote la terra dal suo posto
e le sue colonne tremano.
[7]Comanda al sole ed esso non sorge
e alle stelle pone il suo sigillo.
[8]Egli da solo stende i cieli
e cammina sulle onde del mare.
[9]Crea l'Orsa e l'Orione,
le Pleiadi e i penetrali del cielo australe.
[10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare,
meraviglie da non potersi contare.
[11]Ecco, mi passa vicino e non lo vedo,
se ne va e di lui non m'accorgo.
[12]Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire?
Chi gli può dire: «Che fai?».
[13]Dio non ritira la sua collera:
sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab.
[14]Tanto meno io potrei rispondergli,
trovare parole da dirgli!
[15]Se avessi anche ragione, non risponderei,
al mio giudice dovrei domandare pietà.
[16]Se io lo invocassi e mi rispondesse,
non crederei che voglia ascoltare la mia voce.
[17]Egli con una tempesta mi schiaccia,
moltiplica le mie piaghe senza ragione,
[18]non mi lascia riprendere il fiato,
anzi mi sazia di amarezze.
[19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore;
se di giustizia, chi potrà citarlo?
[20]Se avessi ragione, il mio parlare mi
condannerebbe;
se fossi innocente, egli proverebbe che io sono reo.
[21]Sono innocente? Non lo so neppure io,
detesto la mia vita!
[22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»:
egli fa perire l'innocente e il reo!
[23]Se un flagello uccide all'improvviso,
della sciagura degli innocenti egli ride.
[24]La terra è lasciata in balìa del malfattore:
egli vela il volto dei suoi giudici;
se non lui, chi dunque sarà?
[25]I miei giorni passano più veloci d'un corriere,
fuggono senza godere alcun bene,
[26]volano come barche di giunchi,
come aquila che piomba sulla preda.
[27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito,
cambiare il mio volto ed essere lieto»,
[28]mi spavento per tutti i miei dolori;
so bene che non mi dichiarerai innocente.
[29]Se sono colpevole,
perché affaticarmi invano?
[30]Anche se mi lavassi con la neve
e pulissi con la soda le mie mani,
[31]allora tu mi tufferesti in un pantano
e in orrore mi avrebbero le mie vesti.
[32]Poiché non è uomo come me, che io possa
rispondergli:
«Presentiamoci alla pari in giudizio».
[33]Non c'è fra noi due un arbitro
che ponga la mano su noi due.
[34]Allontani da me la sua verga
sì che non mi spaventi il suo terrore:
[35]allora io potrò parlare senza temerlo,
perché così non sono in me stesso.
Giobbe - Capitolo 10
[1]Stanco io sono della mia vita!
Darò libero sfogo al mio lamento,
parlerò nell'amarezza del mio cuore.
[2]Dirò a Dio: Non condannarmi!
Fammi sapere perché mi sei avversario.
[3]E' forse bene per te opprimermi,
disprezzare l'opera delle tue mani
e favorire i progetti dei malvagi?
[4]Hai tu forse occhi di carne
o anche tu vedi come l'uomo?
[5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un uomo,
i tuoi anni come i giorni di un mortale,
[6]perché tu debba scrutare la mia colpa
e frugare il mio peccato,
[7]pur sapendo ch'io non sono colpevole
e che nessuno mi può liberare dalla tua mano?
[8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto
integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi?
[9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato
e in polvere mi farai tornare.
[10]Non m'hai colato forse come latte
e fatto accagliare come cacio?
[11]Di pelle e di carne mi hai rivestito,
d'ossa e di nervi mi hai intessuto.
[12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso
e la tua premura ha custodito il mio spirito.
[13]Eppure, questo nascondevi nel cuore,
so che questo avevi nel pensiero!
[14]Tu mi sorvegli, se pecco,
e non mi lasci impunito per la mia colpa.
[15]Se sono colpevole, guai a me!
Se giusto, non oso sollevare la testa,
sazio d'ignominia, come sono, ed ebbro di miseria.
[16]Se la sollevo, tu come un leopardo mi dai la
caccia
e torni a compiere prodigi contro di me,
[17]su di me rinnovi i tuoi attacchi,
contro di me aumenti la tua ira
e truppe sempre fresche mi assalgono.
[18]Perché tu mi hai tratto dal seno materno?
Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai visto!
[19]Sarei come se non fossi mai esistito;
dal ventre sarei stato portato alla tomba!
[20]E non son poca cosa i giorni della mia vita?
Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco
[21]prima che me ne vada, senza ritornare,
verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte,
[22]terra di caligine e di disordine,
dove la luce è come le tenebre.
Giobbe - Capitolo 11
La sapienza di Dio provoca il riconoscimento di Giobbe
[1]Allora Zofar il Naamatita prese la parola e disse:
[2]A tante parole non si darà risposta?
O il loquace dovrà aver ragione?
[3]I tuoi sproloqui faranno tacere la gente?
Ti farai beffe, senza che alcuno ti svergogni?
[4]Tu dici: «Pura è la mia condotta,
io sono irreprensibile agli occhi di lui».
[5]Tuttavia, volesse Dio parlare
e aprire le labbra contro di te,
[6]per manifestarti i segreti della sapienza,
che sono così difficili all'intelletto,
allora sapresti che Dio ti condona parte della tua
colpa.
[7]Credi tu di scrutare l'intimo di Dio
o di penetrare la perfezione dell'Onnipotente?
[8]E' più alta del cielo: che cosa puoi fare?
E' più profonda degli inferi: che ne sai?
[9]Più lunga della terra ne è la dimensione,
più vasta del mare.
[10]Se egli assale e imprigiona
e chiama in giudizio, chi glielo può impedire?
[11]Egli conosce gli uomini fallaci,
vede l'iniquità e l'osserva:
[12]l'uomo stolto mette giudizio
e da ònagro indomito diventa docile.
[13]Ora, se tu a Dio dirigerai il cuore
e tenderai a lui le tue palme,
[14]se allontanerai l'iniquità che è nella tua mano
e non farai abitare l'ingiustizia nelle tue tende,
[15]allora potrai alzare la faccia senza macchia
e sarai saldo e non avrai timori,
[16]perché dimenticherai l'affanno
e te ne ricorderai come di acqua passata;
[17]più del sole meridiano splenderà la tua vita,
l'oscurità sarà per te come l'aurora.
[18]Ti terrai sicuro per ciò che ti attende
e, guardandoti attorno, riposerai tranquillo.
[19]Ti coricherai e nessuno ti disturberà,
molti anzi cercheranno i tuoi favori.
[20]Ma gli occhi dei malvagi languiranno,
ogni scampo è per essi perduto,
unica loro speranza è l'ultimo respiro!
Giobbe - Capitolo 12
La sapienza di Dio si manifesta anche con le devastazioni provocate
dalla sua potenza
[1]Giobbe allora rispose:
[2]E' vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
[3]Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
[4]Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
[5]«Per la sventura, disprezzo», pensa la gente
prosperosa,
«spinte, a colui che ha il piede tremante».
[6]Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
[7]Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
[8]o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
[9]Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
[10]Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
[11]L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
[12]Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
[13]In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
[14]Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
[15]Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
[16]Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
[17]Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
[18]scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
[19]Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
[20]Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
[21]Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
[22]Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
[23]Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
[24]Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
[25]vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Giobbe - Capitolo 13
[1]Ecco, tutto questo ha visto il mio occhio,
l'ha udito il mio orecchio e l'ha compreso.
[2]Quel che sapete voi, lo so anch'io;
non sono da meno di voi.
[3]Ma io all'Onnipotente vorrei parlare,
a Dio vorrei fare rimostranze.
[4]Voi siete raffazzonatori di menzogne,
siete tutti medici da nulla.
[5]Magari taceste del tutto!
sarebbe per voi un atto di sapienza!
[6]Ascoltate dunque la mia riprensione
e alla difesa delle mie labbra fate attenzione.
[7]Volete forse in difesa di Dio dire il falso
e in suo favore parlare con inganno?
[8]Vorreste trattarlo con parzialità
e farvi difensori di Dio?
[9]Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse?
Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo?
[10]Severamente vi redarguirà,
se in segreto gli siete parziali.
[11]Forse la sua maestà non vi incute spavento
e il terrore di lui non vi assale?
[12]Sentenze di cenere sono i vostri moniti,
difese di argilla le vostre difese.
[13]Tacete, state lontani da me: parlerò io,
mi capiti quel che capiti.
[14]Voglio afferrare la mia carne con i denti
e mettere sulle mie mani la mia vita.
[15]Mi uccida pure, non me ne dolgo;
voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
[16]Questo mi sarà pegno di vittoria,
perché un empio non si presenterebbe davanti a lui.
[17]Ascoltate bene le mie parole
e il mio esposto sia nei vostri orecchi.
[18]Ecco, tutto ho preparato per il giudizio,
son convinto che sarò dichiarato innocente.
[19]Chi vuol muover causa contro di me?
Perché allora tacerò, pronto a morire.
[20]Solo, assicurami due cose
e allora non mi sottrarrò alla tua presenza;
[21]allontana da me la tua mano
e il tuo terrore più non mi spaventi;
[22]poi interrogami pure e io risponderò
oppure parlerò io e tu mi risponderai.
[23]Quante sono le mie colpe e i miei peccati?
Fammi conoscere il mio misfatto e il mio peccato.
[24]Perché mi nascondi la tua faccia
e mi consideri come un nemico?
[25]Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento
e dar la caccia a una paglia secca?
[26]Poiché scrivi contro di me sentenze amare
e mi rinfacci i miei errori giovanili;
[27]tu metti i miei piedi in ceppi,
spii tutti i miei passi
e ti segni le orme dei miei piedi.
[28]Intanto io mi disfò come legno tarlato
o come un vestito corroso da tignola.
Giobbe - Capitolo 14
[1]L'uomo, nato di donna,
breve di giorni e sazio di inquietudine,
[2]come un fiore spunta e avvizzisce,
fugge come l'ombra e mai si ferma.
[3]Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi
e lo chiami a giudizio presso di te?
[4]Chi può trarre il puro dall'immondo? Nessuno.
[5]Se i suoi giorni sono contati,
se il numero dei suoi mesi dipende da te,
se hai fissato un termine che non può oltrepassare,
[6]distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
finché abbia compiuto, come un salariato, la sua
giornata!
[7]Poiché anche per l'albero c'è speranza:
se viene tagliato, ancora ributta
e i suoi germogli non cessano di crescere;
[8]se sotto terra invecchia la sua radice
e al suolo muore il suo tronco,
[9]al sentore dell'acqua rigermoglia
e mette rami come nuova pianta.
[10]L'uomo invece, se muore, giace inerte,
quando il mortale spira, dov'è?
[11]Potranno sparire le acque del mare
e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi,
[12]ma l'uomo che giace più non s'alzerà,
finché durano i cieli non si sveglierà,
né più si desterà dal suo sonno.
[13]Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba,
occultarmi, finché sarà passata la tua ira,
fissarmi un termine e poi ricordarti di me!
[14]Se l'uomo che muore potesse rivivere,
aspetterei tutti i giorni della mia milizia
finché arrivi per me l'ora del cambio!
[15]Mi chiameresti e io risponderei,
l'opera delle tue mani tu brameresti.
[16]Mentre ora tu conti i miei passi
non spieresti più il mio peccato:
[17]in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto
e tu cancelleresti la mia colpa.
[18]Ohimè! come un monte finisce in una frana
e come una rupe si stacca dal suo posto,
[19]e le acque consumano le pietre,
le alluvioni portano via il terreno:
così tu annienti la speranza dell'uomo.
[20]Tu lo abbatti per sempre ed egli se ne va,
tu sfiguri il suo volto e lo scacci.
[21]Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa;
siano disprezzati, lo ignora!
[22]Soltanto i suoi dolori egli sente
e piange sopra di sé.
Giobbe - Capitolo 15
2. SECONDO CICLO DI DISCORSI
Giobbe si condanna con le sue stesse parole
[1]Elifaz il Temanita prese a dire:
[2]Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate
in aria
e riempirsi il ventre di vento d'oriente?
[3]Si difende egli con parole senza costrutto
e con discorsi inutili?
[4]Tu anzi distruggi la religione
e abolisci la preghiera innanzi a Dio.
[5]Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca
e scegli il linguaggio degli astuti.
[6]Non io, ma la tua bocca ti condanna
e le tue labbra attestano contro di te.
[7]Sei forse tu il primo uomo che è nato,
o, prima dei monti, sei venuto al mondo?
[8]Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio
e ti sei appropriata tu solo la sapienza?
[9]Che cosa sai tu che noi non sappiamo?
Che cosa capisci che da noi non si comprenda?
[10]Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto
più di tuo padre, carico d'anni.
[11]Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio
e una parola moderata a te rivolta?
[12]Perché il tuo cuore ti trasporta
e perché fanno cenni i tuoi occhi,
[13]quando volgi contro Dio il tuo animo
e fai uscire tali parole dalla tua bocca?
[14]Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro,
perché si dica giusto un nato di donna?
[15]Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia
e i cieli non sono puri ai suoi occhi;
[16]quanto meno un essere abominevole e corrotto,
l'uomo, che beve l'iniquità come acqua.
[17]Voglio spiegartelo, ascoltami,
ti racconterò quel che ho visto,
[18]quello che i saggi riferiscono,
non celato ad essi dai loro padri;
[19]a essi soli fu concessa questa terra,
né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
[20]Per tutti i giorni della vita il malvagio si
tormenta;
sono contati gli anni riservati al violento.
[21]Voci di spavento gli risuonano agli orecchi
e in piena pace si vede assalito dal predone.
[22]Non crede di potersi sottrarre alle tenebre,
egli si sente destinato alla spada.
[23]Destinato in pasto agli avvoltoi,
sa che gli è preparata la rovina.
[24]Un giorno tenebroso lo spaventa,
la miseria e l'angoscia l'assalgono
come un re pronto all'attacco,
[25]perché ha steso contro Dio la sua mano,
ha osato farsi forte contro l'Onnipotente;
[26]correva contro di lui a testa alta,
al riparo del curvo spessore del suo scudo;
[27]poiché aveva la faccia coperta di grasso
e pinguedine intorno ai suoi fianchi.
[28]Avrà dimora in città diroccate,
in case dove non si abita più,
destinate a diventare macerie.
[29]Non arricchirà, non durerà la sua fortuna,
non metterà radici sulla terra.
[30]Alle tenebre non sfuggirà,
la vampa seccherà i suoi germogli
e dal vento sarà involato il suo frutto.
[31]Non confidi in una vanità fallace,
perché sarà una rovina.
[32]La sua fronda sarà tagliata prima del tempo
e i suoi rami non rinverdiranno più.
[33]Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor
acerba
e getterà via come ulivo i suoi fiori,
[34]poiché la stirpe dell'empio è sterile
e il fuoco divora le tende dell'uomo venale.
[35]Concepisce malizia e genera sventura
e nel suo seno alleva delusione.
Giobbe - Capitolo 16
Dall'ingiustizia degli uomini alla giustizia di Dio
[1]Allora rispose:
[2]Ne ho udite gia molte di simili cose!
Siete tutti consolatori molesti.
[3]Non avran termine le parole campate in aria?
O che cosa ti spinge a rispondere così?
[4]Anch'io sarei capace di parlare come voi,
se voi foste al mio posto:
vi affogherei con parole
e scuoterei il mio capo su di voi.
[5]Vi conforterei con la bocca
e il tremito delle mie labbra cesserebbe.
[6]Ma se parlo, non viene impedito il mio dolore;
se taccio, che cosa lo allontana da me?
[7]Ora però egli m'ha spossato, fiaccato,
tutto il mio vicinato mi è addosso;
[8]si è costituito testimone ed è insorto contro di
me:
il mio calunniatore mi accusa in faccia.
[9]La sua collera mi dilania e mi perseguita;
digrigna i denti contro di me,
il mio nemico su di me aguzza gli occhi.
[10]Spalancano la bocca contro di me,
mi schiaffeggiano con insulti,
insieme si alleano contro di me.
[11]Dio mi consegna come preda all'empio,
e mi getta nelle mani dei malvagi.
[12]Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato,
mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato;
ha fatto di me il suo bersaglio.
[13]I suoi arcieri mi circondano;
mi trafigge i fianchi senza pietà,
versa a terra il mio fiele,
[14]mi apre ferita su ferita,
mi si avventa contro come un guerriero.
[15]Ho cucito un sacco sulla mia pelle
e ho prostrato la fronte nella polvere.
[16]La mia faccia è rossa per il pianto
e sulle mie palpebre v'è una fitta oscurità.
[17]Non c'è violenza nelle mie mani
e pura è stata la mia preghiera.
[18]O terra, non coprire il mio sangue
e non abbia sosta il mio grido!
[19]Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli,
il mio mallevadore è lassù;
[20]miei avvocati presso Dio sono i miei lamenti,
mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio,
[21]perché difenda l'uomo davanti a Dio,
come un mortale fa con un suo amico;
[22]poiché passano i miei anni contati
e io me ne vado per una via senza ritorno.
Giobbe - Capitolo 17
[1]Il mio spirito vien meno,
i miei giorni si spengono;
non c'è per me che la tomba!
[2]Non sono io in balìa di beffardi?
Fra i loro insulti veglia il mio occhio.
[3]Sii tu la mia garanzia presso di te!
Qual altro vorrebbe stringermi la destra?
[4]Poiché hai privato di senno la loro mente,
per questo non li lascerai trionfare.
[5]Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo,
mentre gli occhi dei suoi figli languiscono;
[6]così son diventato ludibrio dei popoli
sono oggetto di scherno davanti a loro.
[7]Si offusca per il dolore il mio occhio
e le mie membra non sono che ombra.
[8]Gli onesti ne rimangono stupiti
e l'innocente s'indigna contro l'empio.
[9]Ma il giusto si conferma nella sua condotta
e chi ha le mani pure raddoppia il coraggio.
[10]Su, venite di nuovo tutti:
io non troverò un saggio fra di voi.
[11]I miei giorni sono passati, svaniti i miei
progetti,
i voti del mio cuore.
[12]Cambiano la notte in giorno,
la luce - dicono - è più vicina delle tenebre.
[13]Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia
casa,
nelle tenebre distendo il mio giaciglio.
[14]Al sepolcro io grido: «Padre mio sei tu!»
e ai vermi: «Madre mia, sorelle mie voi siete!».
[15]E la mia speranza dov'è?
Il mio benessere chi lo vedrà?
[16]Scenderanno forse con me nella tomba
o caleremo insieme nella polvere!
Giobbe - Capitolo 18
La collera non può nulla contro la giustizia
[1]Bildad il Suchita prese a dire:
[2]Quando porrai fine alle tue chiacchiere?
Rifletti bene e poi parleremo.
[3]Perché considerarci come bestie,
ci fai passare per bruti ai tuoi occhi?
[4]Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore,
forse per causa tua sarà abbandonata la terra
e le rupi si staccheranno dal loro posto?
[5]Certamente la luce del malvagio si spegnerà
e più non brillerà la fiamma del suo focolare.
[6]La luce si offuscherà nella sua tenda
e la lucerna si estinguerà sopra di lui.
[7]Il suo energico passo s'accorcerà
e i suoi progetti lo faran precipitare,
[8]poiché incapperà in una rete con i suoi piedi
e sopra un tranello camminerà.
[9]Un laccio l'afferrerà per il calcagno,
un nodo scorsoio lo stringerà.
[10]Gli è nascosta per terra una fune
e gli è tesa una trappola sul sentiero.
[11]Lo spaventano da tutte le parti terrori
e lo inseguono alle calcagna.
[12]Diventerà carestia la sua opulenza
e la rovina è lì in piedi al suo fianco.
[13]Un malanno divorerà la sua pelle,
roderà le sue membra il primogenito della morte.
[14]Sarà tolto dalla tenda in cui fidava,
per essere trascinato al re dei terrori!
[15]Potresti abitare nella tenda che non è più sua;
sulla sua dimora si spargerà zolfo.
[16]Al di sotto, le sue radici si seccheranno,
sopra, saranno tagliati i suoi rami.
[17]Il suo ricordo sparirà dalla terra
e il suo nome più non si udrà per la contrada.
[18]Lo getteranno dalla luce nel buio
e dal mondo lo stermineranno.
[19]Non famiglia, non discendenza avrà nel suo
popolo,
non superstiti nei luoghi della sua dimora.
[20]Della sua fine stupirà l'occidente
e l'oriente ne prenderà orrore.
[21]Ecco qual è la sorte dell'iniquo:
questa è la dimora di chi misconosce Dio.
Giobbe - Capitolo 19
Il trionfo della fede nell'abbandono di Dio e degli uomini
[1]Giobbe allora rispose:
[2]Fino a quando mi tormenterete
e mi opprimerete con le vostre parole?
[3]Son dieci volte che mi insultate
e mi maltrattate senza pudore.
[4]E' poi vero che io abbia mancato
e che persista nel mio errore?
[5]Non è forse vero che credete di vincere contro di me,
rinfacciandomi la mia abiezione?
[6]Sappiate dunque che Dio mi ha piegato
e mi ha avviluppato nella sua rete.
[7]Ecco, grido contro la violenza, ma non ho risposta,
chiedo aiuto, ma non c'è giustizia!
[8]Mi ha sbarrato la strada perché non passi
e sul mio sentiero ha disteso le tenebre.
[9]Mi ha spogliato della mia gloria
e mi ha tolto dal capo la corona.
[10]Mi ha disfatto da ogni parte e io sparisco,
mi ha strappato, come un albero, la speranza.
[11]Ha acceso contro di me la sua ira
e mi considera come suo nemico.
[12]Insieme sono accorse le sue schiere
e si sono spianata la strada contro di me;
hanno posto l'assedio intorno alla mia tenda.
[13]I miei fratelli si sono allontanati da me,
persino gli amici mi si sono fatti stranieri.
[14]Scomparsi sono vicini e conoscenti,
mi hanno dimenticato gli ospiti di casa;
[15]da estraneo mi trattano le mie ancelle,
un forestiero sono ai loro occhi.
[16]Chiamo il mio servo ed egli non risponde,
devo supplicarlo con la mia bocca.
[17]Il mio fiato è ripugnante per mia moglie
e faccio schifo ai figli di mia madre.
[18]Anche i monelli hanno ribrezzo di me:
se tento d'alzarmi, mi danno la baia.
[19]Mi hanno in orrore tutti i miei confidenti:
quelli che amavo si rivoltano contro di me.
[20]Alla pelle si attaccano le mie ossa
e non è salva che la pelle dei miei denti.
[21]Pietà, pietà di me, almeno voi miei amici,
perché la mano di Dio mi ha percosso!
[22]Perché vi accanite contro di me, come Dio,
e non siete mai sazi della mia carne?
[23]Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
[24]fossero impresse con stilo di ferro sul piombo,
per sempre s'incidessero sulla roccia!
[25]Io lo so che il mio Vendicatore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
[26]Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne, vedrò Dio.
[27]Io lo vedrò, io stesso,
e i miei occhi lo contempleranno non da straniero.
Le mie viscere si consumano dentro di me.
[28]Poiché dite: «Come lo perseguitiamo noi,
se la radice del suo danno è in lui?»,
[29]temete per voi la spada,
poiché punitrice d'iniquità è la spada,
affinchè sappiate che c'è un giudice.
Giobbe - Capitolo 20
L'ordine della giustizia non ammette eccezioni
[1]Zofar il Naamatita prese a dire:
[2]Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere
e perciò v'è questa fretta dentro di me.
[3]Ho ascoltato un rimprovero per me offensivo,
ma uno spirito, dal mio interno, mi spinge a
replicare.
[4]Non sai tu che da sempre,
da quando l'uomo fu posto sulla terra,
[5]il trionfo degli empi è breve
e la gioia del perverso è d'un istante?
[6]Anche se innalzasse fino al cielo la sua statura
e il suo capo toccasse le nubi,
[7]come lo sterco sarebbe spazzato per sempre
e chi lo aveva visto direbbe: «Dov'è?».
[8]Svanirà come un sogno, e non si troverà più,
si dileguerà come visione notturna.
[9]L'occhio avvezzo a vederlo più non lo vedrà,
né più lo scorgerà la sua dimora.
[10]I suoi figli dovranno risarcire i poveri,
le loro mani restituiranno le sue ricchezze.
[11]Le sue ossa erano ancora piene di giovinezza,
ma con lui giacciono nella polvere.
[12]Se alla sua bocca fu dolce il male,
se lo teneva nascosto sotto la sua lingua,
[13]assaporandolo senza inghiottirlo,
se lo tratteneva in mezzo al suo palato:
[14]il suo cibo gli si guasterà nelle viscere,
veleno d'aspidi gli sarà nell'intestino.
[15]I beni divorati ora rivomita,
Dio glieli caccia fuori dal ventre.
[16]Veleno d'aspide ha succhiato,
una lingua di vipera lo uccide.
[17]Non vedrà più ruscelli d'olio,
fiumi di miele e fior di latte;
[18]renderà i sudati acquisti senza assaggiarli,
come non godrà del frutto del suo commercio,
[19]perché ha oppresso e abbandonato i miseri,
ha rubato case invece di costruirle;
[20]perché non ha saputo essere pago dei suoi beni,
con i suoi tesori non si salverà.
[21]Nulla è sfuggito alla sua voracità,
per questo non durerà il suo benessere.
[22]Nel colmo della sua abbondanza si troverà in
miseria;
ogni sorta di sciagura piomberà su di lui.
[23]Quando starà per riempire il suo ventre,
Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo sdegno,
e gli farà piovere addosso brace.
[24]Se sfuggirà l'arma di ferro,
lo trafiggerà l'arco di bronzo:
[25]gli uscirà il dardo dalla schiena,
una spada lucente dal fegato.
Lo assaliranno i terrori;
[26]tutte le tenebre gli sono riservate.
Lo divorerà un fuoco non acceso da un uomo,
esso consumerà quanto è rimasto nella sua tenda.
[27]Riveleranno i cieli la sua iniquità
e la terra si alzerà contro di lui.
[28]Un'alluvione travolgerà la sua casa,
scorrerà nel giorno dell'ira.
[29]Questa è la sorte che Dio riserva all'uomo
perverso,
la parte a lui decretata da Dio.
Giobbe - Capitolo 21
La smentita dei fatti
[1]Giobbe rispose:
[2]Ascoltate bene la mia parola
e sia questo almeno il conforto che mi date.
[3]Tollerate che io parli
e, dopo il mio parlare, deridetemi pure.
[4]Forse io mi lamento di un uomo?
E perché non dovrei perder la pazienza?
[5]Statemi attenti e resterete stupiti,
mettetevi la mano sulla bocca.
[6]Se io ci penso, ne sono turbato
e la mia carne è presa da un brivido.
[7]Perché vivono i malvagi,
invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi?
[8]La loro prole prospera insieme con essi,
i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.
[9]Le loro case sono tranquille e senza timori;
il bastone di Dio non pesa su di loro.
[10]Il loro toro feconda e non falla,
la vacca partorisce e non abortisce.
[11]Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi
e i loro figli saltano in festa.
[12]Cantano al suono di timpani e di cetre,
si divertono al suono delle zampogne.
[13]Finiscono nel benessere i loro giorni
e scendono tranquilli negli inferi.
[14]Eppure dicevano a Dio: «Allontanati da noi,
non vogliamo conoscer le tue vie.
[15]Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo?
E che ci giova pregarlo?».
[16]Non hanno forse in mano il loro benessere?
Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
[17]Quante volte si spegne la lucerna degli empi,
o la sventura piomba su di loro,
e infliggerà loro castighi con ira?
[18]Diventano essi come paglia di fronte al vento
o come pula in preda all'uragano?
[19]«Dio serba per i loro figli il suo castigo...».
Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
[20]Veda con i suoi occhi la sua rovina
e beva dell'ira dell'Onnipotente!
[21]Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo
di sé,
quando il numero dei suoi mesi è finito?
[22]S'insegna forse la scienza a Dio,
a lui che giudica gli esseri di lassù?
[23]Uno muore in piena salute,
tutto tranquillo e prospero;
[24]i suoi fianchi sono coperti di grasso
e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.
[25]Un altro muore con l'amarezza in cuore
senza aver mai gustato il bene.
[26]Nella polvere giacciono insieme
e i vermi li ricoprono.
[27]Ecco, io conosco i vostri pensieri
e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
[28]Infatti, voi dite: «Dov'è la casa del
prepotente,
dove sono le tende degli empi?».
[29]Non avete interrogato quelli che viaggiano?
Non potete negare le loro prove,
[30]che nel giorno della sciagura è risparmiato il
malvagio
e nel giorno dell'ira egli la scampa.
[31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta
e di quel che ha fatto chi lo ripaga?
[32]Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia
[33]e gli sono lievi le zolle della tomba.
Trae dietro di sé tutti gli uomini
e innanzi a sé una folla senza numero.
[34]Perché dunque mi consolate invano,
mentre delle vostre risposte non resta che inganno?
Giobbe - Capitolo 22
3. TERZO CICLO DI DISCORSI
Dio castiga solo in nome della giustizia
[1]Elifaz il Temanita prese a dire:
[2]Può forse l'uomo giovare a Dio,
se il saggio giova solo a se stesso?
[3]Quale interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia
giusto
o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra?
[4]Forse per la tua pietà ti punisce
e ti convoca in giudizio?
[5]O non piuttosto per la tua grande malvagità
e per le tue iniquità senza limite?
[6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli
e delle vesti hai spogliato gli ignudi.
[7]Non hai dato da bere all'assetato
e all'affamato hai rifiutato il pane,
[8]la terra l'ha il prepotente
e vi abita il tuo favorito.
[9]Le vedove hai rimandato a mani vuote
e le braccia degli orfani hai rotto.
[10]Ecco perché d'intorno a te ci sono lacci
e un improvviso spavento ti sorprende.
[11]Tenebra è la tua luce e più non vedi
e la piena delle acque ti sommerge.
[12]Ma Dio non è nell'alto dei cieli?
Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte!
[13]E tu dici: «Che cosa sa Dio?
Può giudicare attraverso la caligine?
[14]Le nubi gli fanno velo e non vede
e sulla volta dei cieli passeggia».
[15]Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo,
gia battuto da uomini empi,
[16]che prima del tempo furono portati via,
quando un fiume si era riversato sulle loro
fondamenta?
[17]Dicevano a Dio: «Allontànati da noi!
Che cosa ci può fare l'Onnipotente?».
[18]Eppure egli aveva riempito le loro case di beni,
anche se i propositi degli empi erano lontani da lui.
[19]I giusti ora vedono e ne godono
e l'innocente si beffa di loro:
[20]«Sì, certo è stata annientata la loro fortuna
e il fuoco ne ha divorati gli avanzi!».
[21]Su, riconcìliati con lui e tornerai felice,
ne riceverai un gran vantaggio.
[22]Accogli la legge dalla sua bocca
e poni le sue parole nel tuo cuore.
[23]Se ti rivolgerai all'Onnipotente con umiltà,
se allontanerai l'iniquità dalla tua tenda,
[24]se stimerai come polvere l'oro
e come ciottoli dei fiumi l'oro di Ofir,
[25]allora sarà l'Onnipotente il tuo oro
e sarà per te argento a mucchi.
[26]Allora sì, nell'Onnipotente ti delizierai
e alzerai a Dio la tua faccia.
[27]Lo supplicherai ed egli t'esaudirà
e tu scioglierai i tuoi voti.
[28]Deciderai una cosa e ti riuscirà
e sul tuo cammino splenderà la luce.
[29]Egli umilia l'alterigia del superbo,
ma soccorre chi ha gli occhi bassi.
[30]Egli libera l'innocente;
tu sarai liberato per la purezza delle tue mani.
Giobbe - Capitolo 23
Dio è lontano e il male trionfa
[1]Giobbe allora rispose:
[2]Ancor oggi il mio lamento è amaro
e la sua mano grava sopra i miei gemiti.
[3]Oh, potessi sapere dove trovarlo,
potessi arrivare fino al suo trono!
[4]Esporrei davanti a lui la mia causa
e avrei piene le labbra di ragioni.
[5]Verrei a sapere le parole che mi risponde
e capirei che cosa mi deve dire.
[6]Con sfoggio di potenza discuterebbe con me?
Se almeno mi ascoltasse!
[7]Allora un giusto discuterebbe con lui
e io per sempre sarei assolto dal mio giudice.
[8]Ma se vado in avanti, egli non c'è,
se vado indietro, non lo sento.
[9]A sinistra lo cerco e non lo scorgo,
mi volgo a destra e non lo vedo.
[10]Poiché egli conosce la mia condotta,
se mi prova al crogiuolo, come oro puro io ne esco.
[11]Alle sue orme si è attaccato il mio piede,
al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato;
[12]dai comandi delle sue labbra non mi sono
allontanato,
nel cuore ho riposto i detti della sua bocca.
[13]Se egli sceglie, chi lo farà cambiare?
Ciò che egli vuole, lo fa.
[14]Compie, certo, il mio destino
e di simili piani ne ha molti.
[15]Per questo davanti a lui sono atterrito,
ci penso e ho paura di lui.
[16]Dio ha fiaccato il mio cuore,
l'Onnipotente mi ha atterrito;
[17]non sono infatti perduto a causa della tenebra,
né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto.
Giobbe - Capitolo 24
[1]Perché l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi
e i suoi fedeli non vedono i suoi giorni?
[2]I malvagi spostano i confini,
rubano le greggi e le menano al pascolo;
[3]portano via l'asino degli orfani,
prendono in pegno il bue della vedova.
[4]Spingono i poveri fuori strada,
tutti i miseri del paese vanno a nascondersi.
[5]Eccoli, come ònagri nel deserto
escono per il lavoro;
di buon mattino vanno in cerca di vitto;
la steppa offre loro cibo per i figli.
[6]Mietono nel campo non loro;
racimolano la vigna del malvagio.
[7]Nudi passan la notte, senza panni,
non hanno da coprirsi contro il freddo.
[8]Dagli scrosci dei monti sono bagnati,
per mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce.
[9]Rapiscono con violenza l'orfano
e prendono in pegno ciò che copre il povero.
[10]Ignudi se ne vanno, senza vesti
e affamati portano i covoni.
[11]Tra i filari frangono le olive,
pigiano l'uva e soffrono la sete.
[12]Dalla città si alza il gemito dei moribondi
e l'anima dei feriti grida aiuto:
Dio non presta attenzione alle loro preghiere.
[13]Altri odiano la luce,
non ne vogliono riconoscere le vie
né vogliono batterne i sentieri.
[14]Quando non c'è luce, si alza l'omicida
per uccidere il misero e il povero;
nella notte si aggira il ladro
e si mette un velo sul volto.
[15]L'occhio dell'adultero spia il buio
e pensa: «Nessun occhio mi osserva!».
[16]Nelle tenebre forzano le case,
di giorno se ne stanno nascosti:
non vogliono saperne della luce;
[17]l'alba è per tutti loro come spettro di morte;
quando schiarisce, provano i terrori del buio fondo.
[18]Fuggono veloci di fronte al giorno;
maledetta è la loro porzione di campo sulla terra,
non si volgono più per la strada delle vigne.
[19]Come siccità e calore assorbono le acque nevose,
così la morte rapisce il peccatore.
[20]Il seno che l'ha portato lo dimentica,
i vermi ne fanno la loro delizia,
non se ne conserva la memoria
ed è troncata come un albero l'iniquità.
[21]Egli maltratta la sterile che non genera
e non fa del bene alla vedova.
[22]Ma egli con la sua forza trascina i potenti,
sorge quando più non può contare sulla vita.
[23]Anche Dio gli concede sicurezza ed egli sta saldo,
ma i suoi occhi sono sopra la sua condotta.
[24]Salgono in alto per un poco, poi non sono più,
sono buttati giù come tutti i mortali,
falciati come la testa di una spiga.
[25]Non è forse così? Chi può smentirmi
e ridurre a nulla le mie parole?
Giobbe - Capitolo 25
Inno all'onnipotenza di Dio
[1]Bildad il Suchita prese a dire:
[2]V'è forse dominio e paura presso Colui
Che mantiene la pace nell'alto dei cieli?
[3]Si possono forse contare le sue schiere?
E sopra chi non sorge la sua luce?
[4]Come può giustificarsi un uomo davanti a Dio
e apparire puro un nato di donna?
[5]Ecco, la luna stessa manca di chiarore
e le stelle non sono pure ai suoi occhi:
[6]quanto meno l'uomo, questo verme,
l'essere umano, questo bruco!
Giobbe - Capitolo 26
Bildad parla all'aria
[1]Giobbe rispose:
[2]Quanto aiuto hai dato al debole
e come hai soccorso il braccio senza forza!
[3]Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante
e con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza!
[4]A chi hai tu rivolto la parola
e qual è lo spirito che da te è uscito?
[5]I morti tremano sotto terra,
come pure le acque e i loro abitanti.
[6]Nuda è la tomba davanti a lui
e senza velo è l'abisso.
[7]Egli stende il settentrione sopra il vuoto,
tiene sospesa la terra sopra il nulla.
[8]Rinchiude le acque dentro le nubi,
e le nubi non si squarciano sotto il loro peso.
[9]Copre la vista del suo trono
stendendovi sopra la sua nube.
[10]Ha tracciato un cerchio sulle acque,
sino al confine tra la luce e le tenebre.
[11]Le colonne del cielo si scuotono,
sono prese da stupore alla sua minaccia.
[12]Con forza agita il mare
e con intelligenza doma Raab.
[13]Al suo soffio si rasserenano i cieli,
la sua mano trafigge il serpente tortuoso.
[14]Ecco, questi non sono che i margini delle sue opere;
quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo!
Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo?
Giobbe - Capitolo 27
Giobbe, innocente, conosce la potenza di Dio
[1]Giobbe continuò a dire:
[2]Per la vita di Dio, che mi ha privato del mio
diritto,
per l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo,
[3]finché ci sarà in me un soffio di vita,
e l'alito di Dio nelle mie narici,
[4]mai le mie labbra diranno falsità
e la mia lingua mai pronunzierà menzogna!
[5]Lungi da me che io mai vi dia ragione;
fino alla morte non rinunzierò alla mia integrità.
[6]Mi terrò saldo nella mia giustizia senza cedere,
la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei
giorni.
[7]Sia trattato come reo il mio nemico
e il mio avversario come un ingiusto.
[8]Che cosa infatti può sperare l'empio, quando
finirà,
quando Dio gli toglierà la vita?
[9]Ascolterà forse Dio il suo grido,
quando la sventura piomberà su di lui?
[10]Porrà forse la sua compiacenza nell'Onnipotente?
Potrà forse invocare Dio in ogni momento?
[11]Io vi mostrerò la mano di Dio,
non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente.
[12]Ecco, voi tutti lo vedete;
perché dunque vi perdete in cose vane?
Discorso di Zofar: Il maledetto
[13]Questa è la sorte che Dio riserva al malvagio
e la porzione che i violenti ricevono
dall'Onnipotente.
[14]Se ha molti figli, saranno per la spada
e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi;
[15]i superstiti li seppellirà la peste
e le loro vedove non faranno lamento.
[16]Se ammassa argento come la polvere
e come fango si prepara vesti:
[17]egli le prepara, ma il giusto le indosserà
e l'argento lo spartirà l'innocente.
[18]Ha costruito la casa come fragile nido
e come una capanna fatta da un guardiano.
[19]Si corica ricco, ma per l'ultima volta,
quando apre gli occhi, non avrà più nulla.
[20]Di giorno il terrore lo assale,
di notte se lo rapisce il turbine;
[21]il vento d'oriente lo solleva e se ne va,
lo strappa lontano dal suo posto.
[22]Dio lo bersaglia senza pietà;
tenta di sfuggire alla sua mano.
[23]Si battono le mani contro di lui
e si fischia su di lui dal luogo dove abita.
Giobbe - Capitolo 28
4. ELOGIO DELLA SAPIENZA
La sapienza inaccessibile all'uomo
[1]Certo, per l'argento vi sono miniere
e per l'oro luoghi dove esso si raffina.
[2]Il ferro si cava dal suolo
e la pietra fusa libera il rame.
[3]L'uomo pone un termine alle tenebre
e fruga fino all'estremo limite
le rocce nel buio più fondo.
[4]Forano pozzi lungi dall'abitato
coloro che perdono l'uso dei piedi:
pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
[5]Una terra, da cui si trae pane,
di sotto è sconvolta come dal fuoco.
[6]Le sue pietre contengono zaffiri
e oro la sua polvere.
[7]L'uccello rapace ne ignora il sentiero,
non lo scorge neppure l'occhio dell'aquila,
[8]non battuto da bestie feroci,
né mai attraversato dal leopardo.
[9]Contro la selce l'uomo porta la mano,
sconvolge le montagne:
[10]nelle rocce scava gallerie
e su quanto è prezioso posa l'occhio:
[11]scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce.
[12]Ma la sapienza da dove si trae?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[13]L'uomo non ne conosce la via,
essa non si trova sulla terra dei viventi.
[14]L'abisso dice: «Non è in me!»
e il mare dice: «Neppure presso di me!».
[15]Non si scambia con l'oro più scelto,
né per comprarla si pesa l'argento.
[16]Non si acquista con l'oro di Ofir,
con il prezioso berillo o con lo zaffiro.
[17]Non la pareggia l'oro e il cristallo,
né si permuta con vasi di oro puro.
[18]Coralli e perle non meritano menzione,
vale più scoprire la sapienza che le gemme.
[19]Non la eguaglia il topazio d'Etiopia;
con l'oro puro non si può scambiare a peso.
[20]Ma da dove viene la sapienza?
E il luogo dell'intelligenza dov'è?
[21]E' nascosta agli occhi di ogni vivente
ed è ignota agli uccelli del cielo.
[22]L'abisso e la morte dicono:
«Con gli orecchi ne udimmo la fama».
[23]Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
[24]perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
[25]Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
[26]quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
[27]allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
[28]e disse all'uomo:
«Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza».
Giobbe - Capitolo 29
5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO
Lamenti e apologia di Giobbe:
A. I giorni passati
[1]Giobbe continuò a pronunziare le sue sentenze e disse:
[2]Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo,
ai giorni in cui Dio mi proteggeva,
[3]quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo
e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre;
[4]com'ero ai giorni del mio autunno,
quando Dio proteggeva la mia tenda,
[5]quando l'Onnipotente era ancora con me
e i giovani mi stavano attorno;
[6]quando mi lavavo in piedi nel latte
e la roccia mi versava ruscelli d'olio!
[7]Quando uscivo verso la porta della città
e sulla piazza ponevo il mio seggio:
[8]vedendomi, i giovani si ritiravano
e i vecchi si alzavano in piedi;
[9]i notabili sospendevano i discorsi
e si mettevan la mano sulla bocca;
[10]la voce dei capi si smorzava
e la loro lingua restava fissa al palato;
[11]con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice,
con gli occhi vedevano e mi rendevano testimonianza,
[12]perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto,
l'orfano che ne era privo.
[13]La benedizione del morente scendeva su di me
e al cuore della vedova infondevo la gioia.
[14]Mi ero rivestito di giustizia come di un
vestimento;
come mantello e turbante era la mia equità.
[15]Io ero gli occhi per il cieco,
ero i piedi per lo zoppo.
[16]Padre io ero per i poveri
ed esaminavo la causa dello sconosciuto;
[17]rompevo la mascella al perverso
e dai suoi denti strappavo la preda.
[18]Pensavo: «Spirerò nel mio nido
e moltiplicherò come sabbia i miei giorni».
[19]La mia radice avrà adito alle acque
e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo.
[20]La mia gloria sarà sempre nuova
e il mio arco si rinforzerà nella mia mano.
[21]Mi ascoltavano in attesa fiduciosa
e tacevano per udire il mio consiglio.
[22]Dopo le mie parole non replicavano
e su di loro scendevano goccia a goccia i miei detti.
[23]Mi attendevano come si attende la pioggia
e aprivano la bocca come ad acqua primaverile.
[24]Se a loro sorridevo, non osavano crederlo,
né turbavano la serenità del mio volto.
[25]Indicavo loro la via da seguire e sedevo come capo,
e vi rimanevo come un re fra i soldati
o come un consolatore d'afflitti.
Giobbe - Capitolo 30
B. Angoscia presente
[1]Ora invece si ridono di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
[2]Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
[3]disfatti dalla indigenza e dalla fame,
brucano per l'arido deserto,
[4]da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
[5]Cacciati via dal consorzio umano,
a loro si grida dietro come al ladro;
[6]sì che dimorano in valli orrende,
nelle caverne della terra e nelle rupi.
[7]In mezzo alle macchie urlano
e sotto i roveti si adunano;
[8]razza ignobile, anzi razza senza nome,
sono calpestati più della terra.
[9]Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
[10]Hanno orrore di me e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
[11]Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha
abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno.
[12]A destra insorge la ragazzaglia;
smuovono i miei passi
e appianano la strada contro di me per perdermi.
[13]Hanno demolito il mio sentiero,
cospirando per la mia disfatta
e nessuno si oppone a loro.
[14]Avanzano come attraverso una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
[15]I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia grandezza
e come nube è passata la mia felicità.
[16]Ora mi consumo
e mi colgono giorni d'afflizione.
[17]Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
[18]A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica.
[19]Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere.
[20]Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
[21]Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
[22]mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
[23]So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
[24]Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
[25]Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l'indigente?
[26]Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
[27]Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono.
[28]Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
[29]Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
[30]La mia pelle si è annerita, mi si stacca
e le mie ossa bruciano dall'arsura.
[31]La mia cetra serve per lamenti
e il mio flauto per la voce di chi piange.
Giobbe - Capitolo 31
Apologia di Giobbe
[1]Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
[2]Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
[3]Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
[4]Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
[5]Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
[6]mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
[7]Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
[8]io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
[9]Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
[10]mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
[11]difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
[12]quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
[13]Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
[14]che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
[15]Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
[16]Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
[17]mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
[18]poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
[19]Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
[20]se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
[21]se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
[22]mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
[23]perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
[24]Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»;
[25]se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
[26]se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
[27]si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
[28]anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
[29]Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
[30]io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
[31]Non diceva forse la gente della mia tenda:
«A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?».
[32]All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
[33]Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
[34]come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
[38]Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
[39]se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
[40]in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.
[35]Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
[36]vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
[37]Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
Giobbe - Capitolo 32
III. I DISCORSI DI ELIU
Intervento di Eliu
(31,40b) Quando Giobbe ebbe finito di parlare, [1]quei tre
uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si riteneva
giusto. [2]Allora si accese lo sdegno di Eliu, figlio di
Barachele il Buzita, della tribù di Ram. Si accese di sdegno contro
Giobbe, perché pretendeva d'aver ragione di fronte a Dio; [3]si
accese di sdegno anche contro i suoi tre amici, perché non avevano
trovato di che rispondere, sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole.
[4]Però Eliu aveva aspettato, mentre essi parlavano con Giobbe,
perché erano più vecchi di lui in età. [5]Quando dunque vide
che sulla bocca di questi tre uomini non vi era più alcuna risposta,
Eliu si accese di sdegno.
[6]Presa dunque la parola, Eliu, figlio di Barachele il Buzita,
disse:
Esordio
Giovane io sono di anni
e voi siete gia canuti;
per questo ho esitato per rispetto
a manifestare a voi il mio sapere.
[7]Pensavo: Parlerà l'età
e i canuti insegneranno la sapienza.
[8]Ma certo essa è un soffio nell'uomo;
l'ispirazione dell'Onnipotente lo fa intelligente.
[9]Non sono i molti anni a dar la sapienza,
né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto.
[10]Per questo io oso dire: Ascoltatemi;
anch'io esporrò il mio sapere.
[11]Ecco, ho atteso le vostre parole,
ho teso l'orecchio ai vostri argomenti.
Finché andavate in cerca di argomenti
[12]su di voi fissai l'attenzione.
Ma ecco, nessuno ha potuto convincere Giobbe,
nessuno tra di voi risponde ai suoi detti.
[13]Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza,
ma lo confuti Dio, non l'uomo!
[14]Egli non mi ha rivolto parole,
e io non gli risponderò con le vostre parole.
[15]Sono vinti, non rispondono più,
mancano loro le parole.
[16]Ho atteso, ma poiché non parlano più,
poiché stanno lì senza risposta,
[17]voglio anch'io dire la mia parte,
anch'io esporrò il mio parere;
[18]mi sento infatti pieno di parole,
mi preme lo spirito che è dentro di me.
[19]Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo,
come vino che squarcia gli otri nuovi.
[20]Parlerò e mi sfogherò,
aprirò le labbra e risponderò.
[21]Non guarderò in faccia ad alcuno,
non adulerò nessuno,
[22]perché io non so adulare:
altrimenti il mio creatore in breve mi eliminerebbe.
Giobbe - Capitolo 33
La presunzione di Giobbe
[1]Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi,
ad ogni mia parola porgi l'orecchio.
[2]Ecco, io apro la bocca,
parla la mia lingua entro il mio palato.
[3]Il mio cuore dirà sagge parole
e le mie labbra parleranno chiaramente.
[4]Lo spirito di Dio mi ha creato
e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita.
[5]Se puoi, rispondimi,
prepàrati davanti a me, stà pronto.
[6]Ecco, io sono come te di fronte a Dio
e anch'io sono stato tratto dal fango:
[7]ecco, nulla hai da temere da me,
né graverò su di te la mano.
[8]Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti:
[9]«Puro son io, senza peccato,
io sono mondo, non ho colpa;
[10]ma egli contro di me trova pretesti
e mi stima suo nemico;
[11]pone in ceppi i miei piedi
e spia tutti i miei passi!».
[12]Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.
Dio è infatti più grande dell'uomo.
[13]Perché ti lamenti di lui,
se non risponde ad ogni tua parola?
[14]Dio parla in un modo
o in un altro, ma non si fa attenzione.
[15]Parla nel sogno, visione notturna,
quando cade il sopore sugli uomini
e si addormentano sul loro giaciglio;
[16]apre allora l'orecchio degli uomini
e con apparizioni li spaventa,
[17]per distogliere l'uomo dal male
e tenerlo lontano dall'orgoglio,
[18]per preservarne l'anima dalla fossa
e la sua vita dalla morte violenta.
[19]Lo corregge con il dolore nel suo letto
e con la tortura continua delle ossa;
[20]quando il suo senso ha nausea del pane,
il suo appetito del cibo squisito;
[21]quando la sua carne si consuma a vista d'occhio
e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,
[22]quando egli si avvicina alla fossa
e la sua vita alla dimora dei morti.
[23]Ma se vi è un angelo presso di lui,
un protettore solo fra mille,
per mostrare all'uomo il suo dovere,
[24]abbia pietà di lui e dica:
«Scampalo dallo scender nella fossa,
ho trovato il riscatto»,
[25]allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,
tornerà ai giorni della sua adolescenza:
[26]supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,
gli mostrerà il suo volto in giubilo,
e renderà all'uomo la sua giustizia.
[27]Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
«Avevo peccato e violato la giustizia,
ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;
[28]mi ha scampato dalla fossa
e la mia vita rivede la luce».
[29]Ecco, tutto questo fa Dio,
due volte, tre volte con l'uomo,
[30]per sottrarre l'anima sua dalla fossa
e illuminarla con la luce dei viventi.
[31]Attendi, Giobbe, ascoltami,
taci e io parlerò:
[32]ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,
parla, perché vorrei darti ragione;
[33]se no, tu ascoltami
e io ti insegnerò la sapienza.
Giobbe - Capitolo 34
Scacco dei tre saggi nel discolpare Dio
[1]Eliu continuò a dire:
[2]Ascoltate, saggi, le mie parole
e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio,
[3]Perché l'orecchio distingue le parole,
come il palato assapora i cibi.
[4]Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene:
[5]poiché Giobbe ha detto: «Io son giusto,
ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
[6]contro il mio diritto passo per menzognero,
inguaribile è la mia piaga benché senza colpa».
[7]Chi è come Giobbe
che beve, come l'acqua, l'insulto,
[8]che fa la strada in compagnia dei malfattori,
andando con uomini iniqui?
[9]Poiché egli ha detto: «Non giova all'uomo
essere in buona grazia con Dio».
[10]Perciò ascoltatemi, uomini di senno:
lungi da Dio l'iniquità
e dall'Onnipotente l'ingiustizia!
[11]Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta.
[12]In verità, Dio non agisce da ingiusto
e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
[13]Chi mai gli ha affidato la terra
e chi ha disposto il mondo intero?
[14]Se egli richiamasse il suo spirito a sè
e a sé ritraesse il suo soffio,
[15]ogni carne morirebbe all'istante
e l'uomo ritornerebbe in polvere.
[16]Se hai intelletto, ascolta bene questo,
porgi l'orecchio al suono delle mie parole.
[17]Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
[18]lui che dice ad un re: «Iniquo!»
e ai principi: «Malvagi!»,
[19]lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
[20]In un istante muoiono e nel cuore della notte
sono colpiti i potenti e periscono;
e senza sforzo rimuove i tiranni,
[21]poiché egli tiene gli occhi sulla condotta
dell'uomo
e vede tutti i suoi passi.
[22]Non vi è tenebra, non densa oscurità,
dove possano nascondersi i malfattori.
[23]Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio:
[24]egli fiacca i potenti, senza fare inchieste,
e colloca altri al loro posto.
[25]Poiché conosce le loro opere,
li travolge nella notte e sono schiacciati;
[26]come malvagi li percuote,
li colpisce alla vista di tutti;
[27]perché si sono allontanati da lui
e di tutte le sue vie non si sono curati,
[28]sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri.
[29]Se egli tace, chi lo può condannare?
Se vela la faccia, chi lo può vedere?
Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia,
[30]perché non regni un uomo perverso,
perché il popolo non abbia inciampi.
[31]Si può dunque dire a Dio:
«Porto la pena, senza aver fatto il male;
[32]se ho peccato, mostramelo;
se ho commesso l'iniquità, non lo farò più»?
[33]Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio?
Poiché tu devi scegliere, non io,
dì, dunque, quello che sai.
[34]Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta:
[35]«Giobbe non parla con sapienza
e le sue parole sono prive di senno».
[36]Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo,
per le sue risposte da uomo empio,
[37]perché aggiunge al suo peccato la rivolta,
in mezzo a noi batte le mani
e moltiplica le parole contro Dio.
Giobbe - Capitolo 35
Dio non è indifferente ai casi umani
[1]Eliu riprese a dire:
[2]Ti pare di aver pensato cosa giusta,
quando dicesti: «Ho ragione davanti a Dio»?
[3]O quando hai detto: «Che te ne importa?
Che utilità ne ho dal mio peccato»?
[4]Risponderò a te con discorsi
e ai tuoi amici insieme con te.
[5]Contempla il cielo e osserva,
considera le nubi: sono più alte di te.
[6]Se pecchi, che gli fai?
Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi?
[7]Se tu sei giusto, che cosa gli dai
o che cosa riceve dalla tua mano?
[8]Su un uomo come te ricade la tua malizia,
su un figlio d'uomo la tua giustizia!
[9]Si grida per la gravità dell'oppressione,
si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti,
[10]ma non si dice: «Dov'è quel Dio che mi ha
creato,
che concede nella notte canti di gioia;
[11]che ci rende più istruiti delle bestie
selvatiche,
che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?».
[12]Si grida, allora, ma egli non risponde
di fronte alla superbia dei malvagi.
[13]Certo è falso dire: «Dio non ascolta
e l'Onnipotente non presta attenzione»;
[14]più ancora quando tu dici che non lo vedi,
che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri;
[15]così pure quando dici che la sua ira non punisce
né si cura molto dell'iniquità.
[16]Giobbe dunque apre invano la sua bocca
e senza cognizione moltiplica le chiacchiere.
Giobbe - Capitolo 36
Il vero senso delle sofferenze di Giobbe
[1]Eliu continuò a dire:
[2]Abbi un pò di pazienza e io te lo dimostrerò,
perché in difesa di Dio c'è altro da dire.
[3]Prenderò da lontano il mio sapere
e renderò giustizia al mio creatore,
[4]poiché non è certo menzogna il mio parlare:
un uomo di perfetta scienza è qui con te.
[5]Ecco, Dio è grande e non si ritratta,
egli è grande per fermezza di cuore.
[6]Non lascia vivere l'iniquo
e rende giustizia ai miseri.
[7]Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re
e li esalta per sempre.
[8]Se talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell'afflizione,
[9]fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché superbi;
[10]apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
[11]Se ascoltano e si sottomettono,
chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
[12]Ma se non vorranno ascoltare,
di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
[13]I perversi di cuore accumulano l'ira;
non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene:
[14]si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita all'età dei dissoluti.
[15]Ma egli libera il povero con l'afflizione,
gli apre l'udito con la sventura.
[16]Anche te intende sottrarre dal morso
dell'angustia:
avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto
e la tua tavola sarà colma di vivande grasse.
[17]Ma se colmi la misura con giudizi da empio,
giudizio e condanna ti seguiranno.
[18]La collera non ti trasporti alla bestemmia,
l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare.
[19]Può forse farti uscire dall'angustia il tuo
grido,
con tutti i tentativi di forza?
[20]Non sospirare quella notte,
in cui i popoli vanno al loro luogo.
[21]Bada di non volgerti all'iniquità,
poiché per questo sei stato provato dalla miseria.
Inno alla sapienza onnipotente
[22]Ecco, Dio è sublime nella sua potenza;
chi come lui è temibile?
[23]Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire
o chi mai ha potuto dirgli: «Hai agito male?».
[24]Ricordati che devi esaltare la sua opera,
che altri uomini hanno cantato.
[25]Ogni uomo la contempla,
il mortale la mira da lontano.
[26]Ecco, Dio è così grande, che non lo
comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile.
[27]Egli attrae in alto le gocce dell'acqua
e scioglie in pioggia i suoi vapori,
[28]che le nubi riversano
e grondano sull'uomo in grande quantità.
[31]In tal modo sostenta i popoli
e offre alimento in abbondanza.
[29]Chi inoltre può comprendere la distesa delle
nubi,
i fragori della sua dimora?
[30]Ecco, espande sopra di esso il suo vapore
e copre le profondità del mare.
[32]Arma le mani di folgori
e le scaglia contro il bersaglio.
[33]Lo annunzia il suo fragore,
riserva d'ira contro l'iniquità.
Giobbe - Capitolo 37
[1]Per questo mi batte forte il cuore
e mi balza fuori dal petto.
[2]Udite, udite, il rumore della sua voce,
il fragore che esce dalla sua bocca.
[3]Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo
e il suo bagliore giunge ai lembi della terra;
[4]dietro di esso brontola il tuono,
mugghia con il suo fragore maestoso
e nulla arresta i fulmini,
da quando si è udita la sua voce;
[5]mirabilmente tuona Dio con la sua voce
opera meraviglie che non comprendiamo!
[6]Egli infatti dice alla neve: «Cadi sulla terra»
e alle piogge dirotte: «Siate violente».
[7]Rinchiude ogni uomo in casa sotto sigillo,
perché tutti riconoscano la sua opera.
[8]Le fiere si ritirano nei loro ripari
e nelle loro tane si accovacciano.
[9]Dal mezzogiorno avanza l'uragano
e il freddo dal settentrione.
[10]Al soffio di Dio si forma il ghiaccio
e la distesa dell'acqua si congela.
[11]Carica di umidità le nuvole
e le nubi ne diffondono le folgori.
[12]Egli le fa vagare dappertutto
secondo i suoi ordini,
perché eseguiscano quanto comanda loro
sul mondo intero.
[13]Le manda o per castigo della terra
o in segno di bontà.
[14]Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffèrmati
e considera le meraviglie di Dio.
[15]Sai tu come Dio le diriga
e come la sua nube produca il lampo?
[16]Conosci tu come la nube si libri in aria,
i prodigi di colui che tutto sa?
[17]Come le tue vesti siano calde
quando non soffia l'austro e la terra riposa?
[18]Hai tu forse disteso con lui il firmamento,
solido come specchio di metallo fuso?
[19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli.
Noi non parleremo per l'oscurità.
[20]Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?».
O un uomo può dire che è sopraffatto?
[21]Ora diventa invisibile la luce,
oscurata in mezzo alle nubi:
ma tira il vento e le spazza via.
[22]Dal nord giunge un aureo chiarore,
intorno a Dio è tremenda maestà.
[23]L}Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere,
sublime in potenza e rettitudine
e grande per giustizia: egli non ha da rispondere.
[24]Perciò gli uomini lo temono:
a lui la venerazione di tutti i saggi di mente.
Giobbe - Capitolo 38
IV. I DISCORSI DI IAHVE
PRIMO DISCORSO
La sapienza creatrice confonde Giobbe
[1]Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
[2]Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
[3]Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
[5]Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
[6]Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
[7]mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?
[8]Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
[9]quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
[10]Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
[11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre
e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde».
[12]Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all'aurora,
[13]perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?
[14]Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
[15]E' sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.
[16]Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato?
[17]Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell'ombra funerea?
[18]Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
[19]Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
[20]perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?
[21]Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
[22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
[23]che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
[24]Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
[25]Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
[26]per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c'è nessuno,
[27]per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?
[28]Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
[29]Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l'ha generata?
[30]Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell'abisso si raggela.
[31]Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
[32]Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
[33]Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
[34]Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?
[35]Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: «Eccoci!»?
[36]Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
[37]Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
[38]quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?
[39]Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
[40]quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?
[41]Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?
Giobbe - Capitolo 39
[1]Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
[2]Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
[3]Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
[4]Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
[5]Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
[6]al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
[7]Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
[8]Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
[9]Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
[10]Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
[11]Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
[12]Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
[13]L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
[14]Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
[15]Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
[16]Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
[17]perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
[18]Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
[19]Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
[20]Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
[21]Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
[22]Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
[23]Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
[24]Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
[25]Al primo squillo grida: «Aah!...»
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
[26]Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
[27]O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
[28]Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
[29]Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
[30]I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
Giobbe - Capitolo 40
[1]Il Signore riprese e disse a Giobbe:
[2]Il censore vorrà ancora contendere con l'Onnipotente?
L'accusatore di Dio risponda!
[3]Giobbe rivolto al Signore disse:
[4]Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
[5]Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
SECONDO DISCORSO
Dio controlla le forze del male
[6]Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e
disse:
[7]Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
[8]Oseresti proprio cancellare il mio guidizio
e farmi torto per avere tu ragione?
[9]Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
[10]Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria;
[11]diffondi i furori della tua collera,
mira ogni superbo e abbattilo,
[12]mira ogni superbo e umilialo,
schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
[13]nascondili nella polvere tutti insieme,
rinchiudili nella polvere tutti insieme,
[14]anch'io ti loderò,
perché hai trionfato con la destra.
Le bestie
[15]Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue.
[16]Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre.
[17]Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi,
[18]le sue vertebre, tubi di bronzo,
le sue ossa come spranghe di ferro.
[19]Esso è la prima delle opere di Dio;
il suo creatore lo ha fornito di difesa.
[20]I monti gli offrono i loro prodotti
e là tutte le bestie della campagna si trastullano.
[21]Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude.
[22]Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici,
lo circondano i salici del torrente.
[23]Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema,
è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca.
[24]Chi potrà afferarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
Leviatan
[25]Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo
e tener ferma la sua lingua con una corda,
[26]ficcargli un giunco nelle narici
e forargli la mascella con un uncino?
[27]Ti farà forse molte suppliche
e ti rivolgerà dolci parole?
[28]Stipulerà forse con te un'alleanza,
perché tu lo prenda come servo per sempre?
[29]Scherzerai con lui come un passero,
legandolo per le tue fanciulle?
[30]Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca,
se lo divideranno i commercianti?
[31]Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa?
[32]Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai!
Giobbe - Capitolo 41
[1]Ecco, la tua speranza è fallita,
al solo vederlo uno stramazza.
[2]Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo
e chi mai potrà star saldo di fronte a lui?
[3]Chi mai lo ha assalito e si è salvato?
Nessuno sotto tutto il cielo.
[4]Non tacerò la forza delle sue membra:
in fatto di forza non ha pari.
[5]Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle
e nella sua doppia corazza chi può penetrare?
[6]Le porte della sua bocca chi mai ha aperto?
Intorno ai suoi denti è il terrore!
[7]Il suo dorso è a lamine di scudi,
saldate con stretto suggello;
[8]l'una con l'altra si toccano,
sì che aria fra di esse non passa:
[9]ognuna aderisce alla vicina,
sono compatte e non possono separarsi.
[10]Il suo starnuto irradia luce
e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora.
[11]Dalla sua bocca partono vampate,
sprizzano scintille di fuoco.
[12]Dalle sue narici esce fumo
come da caldaia, che bolle sul fuoco.
[13]Il suo fiato incendia carboni
e dalla bocca gli escono fiamme.
[14]Nel suo collo risiede la forza
e innanzi a lui corre la paura.
[15]Le giogaie della sua carne son ben compatte,
sono ben salde su di lui, non si muovono.
[16]Il suo cuore è duro come pietra,
duro come la pietra inferiore della macina.
[17]Quando si alza, si spaventano i forti
e per il terrore restano smarriti.
[18]La spada che lo raggiunge non vi si infigge,
né lancia, né freccia né giavellotto;
[19]stima il ferro come paglia,
il bronzo come legno tarlato.
[20]Non lo mette in fuga la freccia,
in pula si cambian per lui le pietre della fionda.
[21]Come stoppia stima una mazza
e si fa beffe del vibrare dell'asta.
[22]Al disotto ha cocci acuti
e striscia come erpice sul molle terreno.
[23]Fa ribollire come pentola il gorgo,
fa del mare come un vaso da unguenti.
[24]Dietro a sé produce una bianca scia
e l'abisso appare canuto.
[25]Nessuno sulla terra è pari a lui,
fatto per non aver paura.
[26]Lo teme ogni essere più altero;
egli è il re su tutte le fiere più superbe.
Giobbe - Capitolo 42
Ultima risposta di Giobbe
[1]Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
[2]Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
[3]Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
[4]«Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu istruiscimi».
[5]Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
[6]Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.
V. EPILOGO
Iahve biasima i tre saggi
[7]Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe,
disse a Elifaz il Temanita: «La mia ira si è accesa contro di te e
contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come
il mio servo Giobbe. [8]Prendete dunque sette vitelli e sette
montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi;
il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinchè io, per riguardo a lui,
non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose
rette come il mio servo Giobbe».
[9]Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita
andarono e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe
riguardo di Giobbe.
Dio reintegra la fortuna di Giobbe
[10]Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli
pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva
posseduto. [11]Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi
conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e
lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva
mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
[12]Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più
della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila
cammelli, mille paia di buoi e mille asine. [13]Ebbe anche sette
figli e tre figlie. [14]A una mise nome Colomba, alla seconda
Cassia e alla terza Fiala di stibio. [15]In tutta la terra non si
trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le
mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
[16]Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e
vide figli e nipoti di quattro generazioni. [17]Poi Giobbe morì,
vecchio e sazio di giorni.
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