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PARTE PRIMA -
LA PROFESSIONE DELLA
FEDE
SEZIONE SECONDA -
LA PROFESSIONE DELLA
FEDE CRISTIANA
CAPITOLO PRIMO -
IO CREDO IN DIO PADRE
198 La nostra professione di fede incomincia con Dio,
perché Dio è “il primo e l'ultimo” ( Is 44,6 ), il Principio e
la Fine
di tutto. Il Credo incomincia con Dio Padre, perché il Padre è la
prima Persona divina della Santissima Trinità; il nostro Simbolo
incomincia con la creazione del cielo e della terra, perché la
creazione è l'inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio.
Articolo
1
“IO
CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE
CREATORE
DEL CIELO E DELLA TERRA”
Paragrafo
1
IO CREDO
IN DIO
199 “Io
credo in Dio”: questa prima affermazione della professione di fede è
anche la più importante, quella fondamentale. Tutto il Simbolo parla di
Dio, e, se parla anche dell'uomo e del mondo, lo fa in rapporto a Dio.
Gli articoli del Credo dipendono tutti dal primo, così come i
Comandamenti sono l'esplicitazione del primo. Gli altri articoli ci
fanno meglio conoscere Dio, quale si è rivelato progressivamente agli
uomini. “Giustamente quindi i cristiani affermano per prima cosa di
credere in Dio” [Catechismo Romano, 1, 2, 2].
I. “Io credo in un solo Dio”
200 Con
queste parole incomincia il Simbolo di Nicea-Costantinopoli. La
confessione della Unicità di Dio, che ha la sua radice nella
Rivelazione divina nell'Antica Alleanza, è inseparabile da quella
dell'esistenza di Dio ed è altrettanto fondamentale. Dio è Unico: non
c'è che un solo Dio: “La fede cristiana crede e professa un solo Dio,
unico per natura, per sostanza e per essenza” [Catechismo Romano, 1,
2, 2].
201 A
Israele, suo eletto, Dio si è rivelato come l'Unico: “Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno solo. Tu amerai
il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le
forze” ( Dt 6,4-5 ). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte
le nazioni a volgersi a lui, l'Unico: “Volgetevi a me e sarete salvi,
paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n'è altri...
davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua.
Si dirà: "Solo nel Signore si trovano vittoria e potenza"”
( Is 45,22-24 ) [Cf Fil 2,10-11 ].
202 Gesù
stesso conferma che Dio è “l'unico Signore” e che lo si deve amare
con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le
forze [Cf Mc 12,29-30 ]. Nello stesso tempo lascia capire che egli pure
è “il Signore” [Cf Mc 12,35-37 ]. Confessare che “Gesù è
Signore” è lo specifico della fede cristiana. Ciò non contrasta con
la fede nel Dio Unico. Credere nello Spirito Santo “che è Signore e dà
la Vita
” non introduce alcuna divisione nel Dio unico:
Crediamo
fermamente e confessiamo apertamente che uno solo è il vero Dio, eterno
e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile, Padre,
Figlio e Spirito Santo: tre Persone, ma una sola Essenza, Sostanza, cioè
Natura assolutamente semplice [Concilio Lateranense IV (1215): Denz.
-Schönm., 800].
II. Dio rivela il suo Nome
203 Dio
si è rivelato a Israele, suo popolo, facendogli conoscere il suo Nome.
Il nome esprime l'essenza, l'identità della persona e il senso della
sua vita. Dio ha un nome. Non è una forza anonima. Svelare il proprio
nome, è farsi conoscere agli altri; in qualche modo è consegnare se
stesso rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più
intimamente e di essere chiamato personalmente.
204 Dio
si è rivelato al suo popolo progressivamente e sotto diversi nomi; ma
la rivelazione del Nome divino fatta a Mosè nella teofania del roveto
ardente, alle soglie dell'Esodo e dell'Alleanza del Sinai, si è
mostrata come la rivelazione fondamentale per l'Antica e
la Nuova Alleanza.
Il Dio vivente
205 Dio
chiama Mosè dal mezzo di un roveto che brucia senza consumarsi, e gli
dice: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di
Isacco, il Dio di Giacobbe” ( Es 3,6 ). Dio è il Dio dei padri, colui
che aveva chiamato e guidato i patriarchi nelle loro peregrinazioni. E'
il Dio fedele e compassionevole che si ricorda di loro e delle sue
promesse; egli viene per liberare i loro discendenti dalla schiavitù.
Egli è il Dio che, al di là dello spazio e del tempo, lo può e lo
vuole e che, per questo disegno, metterà in atto la sua onnipotenza.
“Io sono Colui che sono”
Mosè
disse a Dio: “Ecco, io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei
vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io
che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che
sono!”. Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a
voi. . . Questo è il mio nome per sempre: questo è il titolo con cui
sarò ricordato di generazione in generazione” ( Es 3,13-15 ).
206
Rivelando il suo Nome misterioso di YHWH, “Io sono colui che E'”
oppure “Io sono colui che Sono” o anche “Io sono chi Io sono”,
Dio dice chi egli è e con quale nome lo si deve chiamare. Questo Nome
divino è misterioso come Dio è Mistero. Ad un tempo è un Nome
rivelato e quasi il rifiuto di un nome; proprio per questo esprime, come
meglio non si potrebbe, la realtà di Dio, infinitamente al di sopra di
tutto ciò che possiamo comprendere o dire: egli è il “Dio
nascosto” ( Is 45,15 ), il suo Nome è ineffabile, [Cf Gdc 13,18 ] ed
è il Dio che si fa vicino agli uomini.
207
Rivelando il suo Nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che è
da sempre e per sempre, valida per il passato (Io sono il Dio dei tuoi
padri”, Es 3,6 ), come per l'avvenire (Io sarò con te”, Es 3,12 ).
Dio che rivela il suo Nome come “Io sono” si rivela come il Dio che
è sempre là, presente accanto al suo popolo per salvarlo.
208 Di
fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l'uomo scopre la
propria piccolezza. Davanti al roveto ardente, Mosè si toglie i sandali
e si vela il viso [Cf Es 3,5-6 ] al cospetto della Santità divina.
Davanti alla Gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: “Ohimè!
Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” ( Is 6,5
). Davanti ai segni divini che Gesù compie, Pietro esclama: “Signore,
allontanati da me che sono un peccatore” ( Lc 5,8 ). Ma poiché Dio è
santo, può perdonare all'uomo che davanti a lui si riconosce peccatore:
“Non darò sfogo all'ardore della mia ira. . . perché sono Dio e non
uomo, sono il Santo in mezzo a te” ( Os 11,9 ). Anche l'apostolo
Giovanni dirà: “Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore,
qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e
conosce ogni cosa” ( 1Gv 3,19-20 ).
209 Il
Popolo d'Israele non pronuncia il Nome di Dio, per rispetto alla sua
santità.Nella lettura della Sacra Scrittura il Nome rivelato è
sostituito con il titolo divino “Signore” (Adonai”, in greco “Kyrios”).
Con questo titolo si proclamerà la divinità di Gesù: “Gesù è il
Signore”.
“Dio di misericordia e di pietà”
210 Dopo
il peccato di Israele, che si è allontanato da Dio per adorare il
vitello d'oro, [Cf Es 32 ] Dio ascolta l'intercessione di Mosè ed
acconsente a camminare in mezzo ad un popolo infedele, manifestando in
tal modo il suo amore [Cf Es 33,12-17 ]. A Mosè che chiede di vedere la
sua gloria, Dio risponde: “Farò passare davanti a te tutto il mio
splendore e proclamerò il mio nome: Signore [YHWH], davanti a te” (
Es 33,18-19 ). E il Signore passa davanti a Mosè e proclama: “YHWH,
YHWH, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di
fedeltà” ( Es 34,5-6 ). Mosè allora confessa che il Signore è un
Dio che perdona [Cf Es 34,9 ].
211 Il
Nome divino “Io sono” o “Egli è” esprime la fedeltà di Dio il
quale, malgrado l'infedeltà del peccato degli uomini e il castigo che
merita, “conserva il suo favore per mille generazioni” ( Es 34,7 ).
Dio rivela di essere “ricco di misericordia” ( Ef 2,4 ) arrivando a
dare il suo Figlio. Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato,
rivelerà che anch'egli porta il Nome divino: “Quando avrete innalzato
il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io sono” ( Gv 8,28 ).
Dio solo E'
212 Lungo
i secoli, la fede d'Israele ha potuto sviluppare ed approfondire le
ricchezze contenute nella rivelazione del Nome divino. Dio è unico,
fuori di lui non ci sono dei [Cf Is 44,6 ]. Egli trascende il mondo e la
storia. E' lui che ha fatto il cielo e la terra: “essi periranno, ma
tu rimani, tutti si logorano come veste. . . ma tu resti lo stesso e i
tuoi anni non hanno fine” ( Sal 102,27-28 ). In lui “non c'è
variazione né ombra di cambiamento” ( Gc 1,17 ). Egli è “colui che
è” da sempre e per sempre, e perciò resta sempre fedele a se stesso
ed alle sue promesse.
213 La
rivelazione del Nome ineffabile “Io sono colui che sono” contiene
dunque la verità che Dio solo E'. In questo senso già la traduzione
dei Settanta e, sulla sua scia,
la Tradizione
della Chiesa hanno inteso il Nome divino: Dio è la pienezza dell'Essere
e di ogni perfezione, senza origine e senza fine. Mentre tutte le
creature hanno ricevuto da lui tutto ciò che sono e che hanno, egli
solo è il suo stesso essere ed è da se stesso tutto ciò che è.
III. Dio, “colui che è”, è Verità e Amore
214 Dio,
“colui che è”, si è rivelato a Israele come colui che è “ricco
di grazia e di fedeltà” ( Es 34,6 ). Questi due termini esprimono in
modo sintetico le ricchezze del Nome divino. In tutte le sue opere Dio
mostra la sua benevolenza, la sua bontà, la sua grazia, il suo amore;
ma anche la sua affidabilità, la sua costanza, la sua fedeltà, la sua
verità. “Rendo grazie al tuo Nome per la tua fedeltà e la tua
misericordia” ( Sal 138,2 ) [Cf Sal 85,11 ]. Egli è
la Verità
, perché “Dio è Luce e in lui non ci sono tenebre” ( 1Gv 1,5 );
egli è “Amore”, come insegna l'apostolo Giovanni ( 1Gv 4,8 ).
Dio è
la Verità
215 “La
verità è principio della tua parola, resta per sempre ogni sentenza
della tua giustizia” ( Sal 119,160 ). “Ora, Signore, tu sei Dio, e
le tue parole sono verità” ( 2Sam 7,28 ); per questo le promesse di
Dio si realizzano sempre [Cf Dt 7,9 ]. Dio è la stessa Verità, le sue
parole non possono ingannare. Proprio per questo ci si può affidare con
piena fiducia alla verità e alla fedeltà della sua Parola in ogni
cosa. L'origine del peccato e della caduta dell'uomo fu una menzogna del
tentatore, che indusse a dubitare della Parola di Dio, della sua bontà
e della sua fedeltà.
216 La
verità di Dio è la sua sapienza che regge tutto l'ordine della
creazione e del governo del mondo [Cf Sap 13,1-9 ]. Dio che, da solo,
“ha fatto cielo e terra” ( Sal 115,15 ), può donare, egli solo, la
vera conoscenza di ogni cosa creata nella sua relazione con lui [Cf Sap
7,17-21 ].
217 Dio
è veritiero anche quando rivela se stesso: “un insegnamento fedele”
è “sulla sua bocca” ( Ml 2,6 ). Quando manderà il suo Figlio nel
mondo, sarà “per rendere testimonianza alla Verità” ( Gv 18,37 ):
“Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza
per conoscere il vero Dio” ( 1Gv 5,20 ) [Cf Gv 17,3 ].
Dio è Amore
218
Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era
il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i
popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito [Cf Dt 4,37; Dt
7,8; Dt 10,15 ]. Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che,
ancora per amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo [Cf Is 43,1-7 ] e
di perdonargli la sua infedeltà e i suoi peccati [Cf Os 2 ].
219 L
'amore di Dio per Israele è paragonato all'amore di un padre per il
proprio figlio [Cf Os 11,1 ]. E' un amore più forte dell'amore di una
madre per i suoi bambini [Cf Is 49,14-15 ]. Dio ama il suo Popolo più
di quanto uno sposo ami la propria sposa; [Cf Is 62,4-5 ] questo amore
vincerà anche le più gravi infedeltà; [Cf Ez 16; Os 11 ] arriverà
fino al dono più prezioso: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito” ( Gv 3,16 ).
220 L
'amore di Dio è “eterno” ( Is 54,8 ): “Anche se i monti si
spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio
affetto” ( Is 54,10 ). “Ti ho amato di un amore eterno, per questo
ti conservo ancora pietà” ( Ger 31,3 ).
221 Ma
san Giovanni si spingerà oltre affermando: “Dio è Amore” ( 1Gv
4,8; 1Gv 4,16 ): l'Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella
pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'Amore, Dio
rivela il suo segreto più intimo: [Cf 1Cor 2,7-16; Ef 3,9-12 ] è lui
stesso eterno scambio d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha
destinati ad esserne partecipi.
IV. Conseguenze della fede nel Dio unico
222
Credere in Dio, l'Unico, ed amarlo con tutto il proprio essere comporta
per tutta la nostra vita enormi conseguenze:
223
Conoscere la grandezza e la maestà di Dio: “Ecco, Dio è così
grande, che non lo comprendiamo” ( Gb 36,26 ). Proprio per questo Dio
deve essere “servito per primo” [Santa Giovanna d'Arco, Dictum].
224
Vivere in rendimento di grazie: se Dio è l'Unico, tutto ciò che siamo
e tutto ciò che abbiamo viene da lui: “Che cosa mai possiedi che tu
non abbia ricevuto?” ( 1Cor 4,7 ). “Che cosa renderò al Signore per
quanto mi ha dato?” ( Sal 116,12 ).
225
Conoscere l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini: tutti sono
fatti “a immagine e somiglianza di Dio” ( Gen 1,26 ).
226 Usare
rettamente le cose create: la fede nell'Unico Dio ci conduce ad usare
tutto ciò che non è lui nella misura in cui ci avvicina a lui, e a
staccarcene nella misura in cui da lui ci allontana [Cf Mt 5,29-30; Mt
16,24; Mt 19,23-24 ].
Mio
Signore e mio Dio, togli da me quanto mi allontana da te.
Mio
Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che mi conduce a te.
Mio
Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te [San Nicolao di Flüe,
Preghiera].
227
Fidarsi di Dio in ogni circostanza, anche nell'avversità. Una preghiera
di santa Teresa di Gesù esprime ciò mirabilmente:
Niente ti
turbi / niente ti spaventi.
Tutto
passa / Dio non cambia.
La
pazienza ottiene tutto. / Chi ha Dio
non manca
di nulla. / Dio solo basta
[Santa
Teresa di Gesù, Poesie, 30].
In sintesi
228
“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno
solo...” ( Dt 6,4; Mc 12,29 ). “L'Essere supremo deve
necessariamente essere unico, cioè senza eguali... Se Dio non è unico,
non è Dio” [Tertulliano, Adversus Marcionem, 1, 3].
229 La
fede in Dio ci conduce a volgerci a lui solo come alla nostra prima
rigine e al nostro ultimo fine,
e a non anteporre o sostituire nulla a lui.
230 Dio,
mentre si rivela, rimane un Mistero ineffabile: “Se lo comprendessi,
non sarebbe Dio” [Sant'Agostino, Sermones, 52, 6, 16: PL 38, 360].
231 Il
Dio della nostra fede si è rivelato come colui che è; si è fatto
conoscere come “ricco di grazia e di misericordia” ( Es 34,6 ). Il
suo Essere stesso è Verità e Amore.
Paragrafo
2
IL PADRE
I. “Nel nome del Padre e del Figlio
e dello
Spirito Santo”
232 I
cristiani vengono battezzati “nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo” ( Mt 28,19 ). Prima rispondono “Io credo” alla
triplice domanda con cui ad essi si chiede di confessare la loro fede
nel Padre, nel Figlio e nello Spirito: “Fides omnium christianorum in
Trinitate consistit La fede di tutti i cristiani si fonda sulla Trinità”
[San Cesario d'Arles, Expositio symboli (sermo 9): CCL 103, 48].
233 I
cristiani sono battezzati “nel nome” - e non “nei nomi” - del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; [Professione di fede del papa
Vigilio nel 552: Denz. -Schönm., 415] infatti non vi è che un solo
Dio, il Padre onnipotente e il Figlio suo unigenito e lo Spirito Santo:
la Santissima Trinità.
234 Il
mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e
della vita cristiana. E' il mistero di Dio in se stesso. E' quindi la
sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li
illumina. E' l'insegnamento più fondamentale ed essenziale nella
“gerarchia delle verità” di fede [Congregazione per il clero,
Direttorio catechistico generale, 43]. “Tutta la storia della salvezza
è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito
Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal
peccato” [Congregazione per il clero, Direttorio catechistico
generale, 43].
235 In
questo paragrafo, si esporrà in breve in qual modo è stato rivelato il
mistero della Beata Trinità (I), come
la Chiesa
ha formulato la dottrina della fede in questo mistero (II), e infine,
come, attraverso le missioni divine del Figlio e dello Spirito Santo,
Dio Padre realizza il suo “benevolo disegno” di creazione,
redenzione e santificazione (III).
236 I
Padri della Chiesa fanno una distinzione tra la “Theologia” e l'“Oikonomia”,
designando con il primo termine il mistero della vita intima del
Dio-Trinità, e con il secondo tutte le opere di Dio, con le quali egli
si rivela e comunica la sua vita. Attraverso l' “Oikonomia” ci è
rivelata la “Theologia”; ma, inversamente, è la “Theologia” che
illumina tutta l' “Oikonomia”. Le opere di Dio rivelano chi egli è
in se stesso; e, inversamente, il mistero del suo Essere intimo illumina
l'intelligenza di tutte le sue opere. Avviene così, analogicamente, tra
le persone umane. La persona si mostra attraverso le sue azioni, e,
quanto più conosciamo una persona, tanto più comprendiamo le sue
azioni.
237
La Trinità
è un mistero della fede in senso stretto, uno dei “misteri nascosti
in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono divinamente
rivelati” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3015]. Indubbiamente
Dio ha lasciato tracce del suo essere trinitario nell'opera della
creazione e nella sua Rivelazione lungo il corso dell'Antico Testamento.
Ma l'intimità del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero
inaccessibile alla sola ragione, come pure alla fede d'Israele, prima
dell'Incarnazione del Figlio di Dio e dell'invio dello Spirito Santo.
II.
La Rivelazione
di Dio come Trinità
Il Padre rivelato dal Figlio
238 In
molte religioni Dio viene invocato come “Padre”. Spesso la divinità
è considerata come “padre degli dèi e degli uomini”. Presso
Israele, Dio è chiamato Padre in quanto Creatore del mondo [Cf Dt 32,6;
Ml 2,10 ]. Ancor più Dio è Padre in forza dell'Alleanza e del dono
della Legge fatto a Israele, suo “figlio primogenito” ( Es 4,22 ).
E' anche chiamato Padre del re d'Israele [Cf 2Sam 7,14 ]. In modo
particolarissimo Egli è “il Padre dei poveri”, dell'orfano, della
vedova, che sono sotto la sua protezione amorosa [Cf Sal 68,6 ].
239
Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggio della fede mette
in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e
autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e
sollecitudine d'amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna
di Dio può anche essere espressa con l'immagine della maternità, [Cf
Is 66,13; 239 Sal 131,2 ] che indica ancor meglio l'immanenza di Dio,
l'intimità tra Dio e la sua creatura. Il linguaggio della fede si rifà
così all'esperienza umana dei genitori che, in certo qual modo, sono
per l'uomo i primi rappresentanti di Dio. Tale esperienza, però, mostra
anche che i genitori umani possono sbagliare e sfigurare il volto della
paternità e della maternità. Conviene perciò ricordare che Dio
trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è né uomo né
donna, egli è Dio. Trascende pertanto la paternità e la maternità
umane, [Cf Sal 27,10 ] pur essendone l'origine e il modello: [Cf Ef
3,14; Is 49,15 ] nessuno è padre quanto Dio.
240 Gesù
ha rivelato che Dio è “Padre” in un senso inaudito: non lo è
soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al
Figlio suo Unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in
relazione al Padre suo: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e
nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo
voglia rivelare” ( Mt 11,27 ).
241 Per
questo gli Apostoli confessano Gesù come “il Verbo” che “in
principio” “era presso Dio”, “il Verbo” che “era Dio” ( Gv
1,1 ), come “l'immagine del Dio invisibile” ( Col 1,15 ), come
l'“irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” ( Eb
1,3 ).
242 Sulla
loro scia, seguendo
la Tradizione Apostolica
,
la Chiesa
nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il
Figlio è “consustanziale” al Padre, cioè un solo Dio con lui. Il
secondo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel
381, ha
conservato tale espressione nella sua formulazione del Credo di Nicea ed
ha confessato “il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di
tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato,
della stessa sostanza del Padre” [Denz. -Schönm., 150].
Il Padre e il Figlio rivelati dallo Spirito
243 Prima
della sua Pasqua, Gesù annunzia l'invio di un “altro Paraclito”
(Difensore), lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione,
[Cf Gen 1,2 ] che già aveva “parlato per mezzo dei profeti”
(Simbolo di Nicea-Costantinopoli), dimorerà presso i discepoli e sarà
in loro, [Cf Gv 14,17 ] per insegnare loro ogni cosa [Cf Gv 14,26 ] e
guidarli “alla verità tutta intera” ( Gv 16,13 ). Lo Spirito Santo
è in tal modo rivelato come un'altra Persona divina in rapporto a Gesù
e al Padre.
244 L
'origine eterna dello Spirito si rivela nella sua missione nel tempo. Lo
Spirito Santo è inviato agli Apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel
nome del Figlio, sia dal Figlio in persona, dopo il suo ritorno al Padre
[Cf Gv 14,26; Gv 15,26; Gv 16,14 ]. L'invio della Persona dello Spirito
dopo la glorificazione di Gesù [Cf Gv 7,39 ] rivela in pienezza il
Mistero della Santa Trinità.
245 La
fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo
Concilio Ecumenico nel
381 a
Costantinopoli: “Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà
vita; che procede dal Padre” [Denz. -Schönm., 150]. Così
la Chiesa
riconosce il Padre come “la fonte e l'origine di tutta la divinità”
[Concilio di Toledo VI (638): Denz. -Schönm., 490]. L'origine eterna
dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio:
“Lo Spirito Santo, che è
la Terza Persona
della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa
sostanza e anche della stessa natura... Tuttavia, non si dice che Egli
è soltanto lo Spirito del Padre, ma che è, ad un tempo, lo Spirito del
Padre e del Figlio” [Concilio di Toledo XI (675): Denz. -Schönm.,
527]. Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa:
“Con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato” [Denz.-Schönm.,
150].
246 La
tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito “procede dal Padre
e dal Figlio [Filioque] ”. Il Concilio di Firenze, nel 1439,
esplicita: “Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere
sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e. . . procede
eternamente dall'Uno e dall'Altro come da un solo Principio e per una
sola spirazione. . . E poiché tutto quello che è del Padre, lo stesso
Padre lo ha donato al suo unico Figlio generandolo, ad eccezione del suo
essere Padre, anche questo procedere dello Spirito Santo a partire dal
Figlio lo riceve dall'eternità dal suo Padre che ha generato il Figlio
stesso” [Concilio di Firenze: Denz. -Schönm., 1300-1301].
247 L
'affermazione del Filioque mancava nel Simbolo confessato a
Costantinopoli nel 381. Ma sulla base di una antica tradizione latina e
alessandrina, il Papa san Leone l'aveva già dogmaticamente confessata
nel 447, [Cf San Leone Magno, Lettera Quam laudabiliter: Denz. -Schönm.,
284] prima che Roma conoscesse e ricevesse, nel 451, durante il Concilio
di Calcedonia, il Simbolo del
381. L
'uso di questa formula nel Credo è entrato a poco a poco nella Liturgia
latina (tra i secoli VIII e XI). L'introduzione del “Filioque” nel
Simbolo di Nicea-Costantinopoli da parte della Liturgia latina
costituisce tuttavia, ancora oggi, un punto di divergenza con le Chiese
ortodosse.
248 La
tradizione orientale mette innanzi tutto in rilievo che il Padre, in
rapporto allo Spirito, è l'origine prima. Confessando che lo Spirito
“procede dal Padre” ( Gv 15,26 ), afferma che lo Spirito procede dal
Padre attraverso il Figlio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2]. La
tradizione occidentale dà maggior risalto alla comunione consustanziale
tra il Padre e il Figlio affermando che lo Spirito procede dal Padre e
dal Figlio (Filioque). Lo dice “lecitamente e ragionevolmente”;
[Concilio di Firenze (1439): Denz. -Schönm., 1302] infatti l'ordine
eterno delle Persone divine nella loro comunione consustanziale implica
che il Padre sia l'origine prima dello Spirito in quanto “principio
senza principio”, [Concilio di Firenze (1442): Denz. -Schönm., 1331]
ma pure che, in quanto Padre del Figlio Unigenito, Egli con Lui sia
“l'unico principio dal quale procede lo Spirito Santo” [Cf Concilio
di Lione II (1274): Denz. -Schönm., 850]. Questa legittima
complementarità, se non viene inasprita, non scalfisce l'identità
della fede nella realtà del medesimo mistero confessato.
III.
La Santa Trinità
nella dottrina della fede
La formazione del dogma trinitario
249 La
verità rivelata della Santa Trinità è stata, fin dalle origini, alla
radice della fede vivente della Chiesa, principalmente per mezzo del
Battesimo. Trova la sua espressione nella regola della fede battesimale,
formulata nella predicazione, nella catechesi e nella preghiera della
Chiesa. Simili formulazioni compaiono già negli scritti apostolici,
come ad esempio questo saluto, ripreso nella Liturgia eucaristica: “La
grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi” ( 2Cor 13,13 ) [Cf 1Cor 12,4-6; Ef
4,4-6 ].
250 Nel
corso dei primi secoli,
la Chiesa
ha cercato di formulare in maniera più esplicita la sua fede
trinitaria, sia per approfondire la propria intelligenza della fede, sia
per difenderla contro errori che la alteravano. Fu questa l'opera degli
antichi Concili, aiutati dalla ricerca teologica dei Padri della Chiesa
e sostenuti dal senso della fede del popolo cristiano.
251 Per
la formulazione del dogma della Trinità,
la Chiesa
ha dovuto sviluppare una terminologia propria ricorrendo a nozioni di
origine filosofica: “sostanza”, “persona” o “ipostasi”,
“relazione”, ecc. Così facendo, non ha sottoposto la fede ad una
sapienza umana, ma ha dato un significato nuovo, insolito a questi
termini assunti ora a significare anche un Mistero inesprimibile,
“infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire a misura
d'uomo” [ Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 2].
252
La Chiesa
adopera il termine “sostanza” (reso talvolta anche con “essenza”
o “natura”) per designare l'Essere divino nella sua unità, il
termine “persona” o “ipostasi” per designare il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo nella loro reale distinzione reciproca, il termine
“relazione” per designare il fatto che la distinzione tra le Persone
divine sta nel riferimento delle une alle altre.
Il dogma della Santa Trinità
253
La Trinità
è Una. Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre Persone: “
la Trinità
consustanziale” [Concilio di Costantinopoli II (553): Denz. -Schönm.,
421]. Le Persone divine non si dividono l'unica divinità, ma ciascuna
di esse è Dio tutto intero: “Il Padre è tutto ciò che è il Figlio,
il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è
il Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura” [Concilio
di Toledo XI (675): Denz. -Schönm., 530]. “Ognuna delle tre Persone
è quella realtà, cioè la sostanza, l'essenza o la natura divina”
[Concilio Lateranense IV (1215): Denz.-Schönm., 804].
254 Le
Persone divine sono realmente distinte tra loro. “Dio è unico ma non
solitario” [Fides Damasi: Denz. -Schönm., 71]. “Padre”,
“Figlio” e “Spirito Santo” non sono semplicemente nomi che
indicano modalità dell'Essere divino; essi infatti sono realmente
distinti tra loro: “il Figlio non è il Padre, il Padre non è il
Figlio, e lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio” [Concilio di
Toledo XI (675): Denz. -Schönm., 530]. Sono distinti tra loro per le
loro relazioni di origine: “E' il Padre che genera, il Figlio che è
generato, lo Spirito Santo che procede” [Concilio Lateranense IV
(1215): Denz. -Schönm., 804]. L'Unità divina è Trina.
255 Le
Persone divine sono relative le une alle altre. La distinzione reale
delle Persone divine tra loro, poiché non divide l'unità divina,
risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le
une alle altre: “Nei nomi relativi delle Persone, il Padre è riferito
al Figlio, il Figlio al Padre, lo Spirito Santo all'uno e all'altro;
quando si parla di queste tre Persone considerandone le relazioni, si
crede tuttavia in una sola natura o sostanza” [Concilio di Toledo XI
(675): Denz. -Schönm. , 528]. Infatti “tutto è una cosa sola in
loro, dove non si opponga la relazione” [Concilio di Firenze (1442):
Denz. -Schönm., 1330]. “Per questa unità il Padre è tutto nel
Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto nel Padre, tutto
nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel
Figlio” [Concilio di Firenze (1442): Denz. -Schönm., 1330].
256 Ai
catecumeni di Costantinopoli san Gregorio Nazianzeno, detto anche “il
Teologo”, consegna questa sintesi della fede trinitaria:
Innanzi
tutto, conservatemi questo prezioso deposito, per il quale io vivo e
combatto, con il quale voglio morire, che mi rende capace di sopportare
ogni male e di disprezzare tutti i piaceri: intendo dire la professione
di fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Io oggi ve la
affido. Con essa fra poco vi immergerò nell'acqua e da essa vi trarrò.
Ve la dono, questa professione, come compagna e patrona di tutta la
vostra vita. Vi do una sola Divinità e Potenza, che è Uno in Tre, e
contiene i Tre in modo distinto. Divinità senza differenza di sostanza
o di natura, senza grado superiore che eleva, o inferiore che abbassa. .
. Di tre infiniti è l'infinita connaturalità. Ciascuno considerato in
sé è Dio tutto intiero. . . Dio le Tre Persone considerate insieme. .
. Ho appena appena incominciato a pensare all'Unità ed eccomi immerso
nello splendore della Trinità. Ho appena incominciato a pensare alla
Trinità ed ecco che l'Unità mi sazia. . [San Gregorio Nazianzeno,
Orationes, 40, 41: PG 36, 417].
IV. Le operazioni divine e le missioni trinitarie
257 “O
lux, beata Trinitas et principalis Unitas - O luce, Trinità beata e
originaria Unità!” [Liturgia delle Ore, Inno ai Vespri “O lux beata
Trinitas”]. Dio è eterna beatitudine, vita immortale, luce senza
tramonto. Dio è Amore: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dio liberamente
vuol comunicare la gloria della sua vita beata. Tale è il disegno della
sua benevolenza, [Cf Ef 1,9 ] disegno che ha concepito prima della
creazione del mondo nel suo Figlio diletto, “predestinandoci ad essere
suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” ( Ef 1,4-5 ), cioè
“ad essere conformi all'immagine del Figlio suo” ( Rm 8,29 ), in
forza dello “Spirito da figli adottivi”( Rm 8,15 ). Questo progetto
è una “grazia che ci è stata data. . . fin dall'eternità” ( 2Tm
1,9-10 ) e che ha come sorgente l'amore trinitario. Si dispiega
nell'opera della creazione, in tutta la storia della salvezza dopo la
caduta, nella missione del Figlio e in quella dello Spirito, che si
prolunga nella missione della Chiesa [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes,
2-9].
258 Tutta
l'Economia divina è l'opera comune delle tre Persone divine. Infatti,
la Trinità
, come ha una sola e medesima natura, così ha una sola e medesima
operazione [Cf Concilio di Costantinopoli II (553): Denz. -Schönm.,
421]. “Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi
della creazione, ma un solo principio” [Concilio di Firenze (1442):
Denz. -Schönm., 1331]. Tuttavia, ogni Persona divina compie
l'operazione comune secondo la sua personale proprietà. Così
la Chiesa
rifacendosi al Nuovo Testamento [Cf 1Cor 8,6 ] professa: “Uno infatti
è Dio Padre, dal quale sono tutte le cose; uno il Signore Gesù Cristo,
mediante il quale sono tutte le cose; uno è lo Spirito Santo, nel quale
sono tutte le cose” [Concilio di Costantinopoli II (553): Denz. -Schönm.,
421]. Le missioni divine dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello
Spirito Santo sono quelle che particolarmente manifestano le proprietà
delle Persone divine.
259 Tutta
l'Economia divina, opera comune e insieme personale, fa conoscere tanto
la proprietà delle Persone divine, quanto la loro unica natura.
Parimenti, tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone
divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa
per il Figlio nello Spirito Santo; chi segue Cristo, lo fa perché il
Padre lo attira [Cf Gv 6,44 ] e perché lo Spirito lo guida [Cf Rm 8,14
].
260 Il
fine ultimo dell'intera Economia divina è che tutte le creature entrino
nell'unità perfetta della Beata Trinità [Cf Gv 17,21-23 ]. Ma fin
d'ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità: “Se
uno mi ama”, dice il Signore, “osserverà la mia Parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (
Gv 14,23 ):
O mio
Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per
stabilirmi in te, immobile e serena come se la mia anima fosse già
nell'eternità; nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te,
o mio Immutabile, ma che ogni minuto mi porti più addentro nella
profondità del tuo Mistero! Pacifica la mia anima; fanne il tuo cielo,
la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai
sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede,
tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice [Beata
Elisabetta della Trinità, Preghiera].
In sintesi
261 Il
Mistero della Santissima Trinità è il Mistero centrale della fede e
della vita cristiana. Soltanto Dio può darcene la conoscenza
rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo.
262 L
'Incarnazione del Figlio di Dio rivela che Dio è il Padre eterno e che
il Figlio è consustanziale al Padre, cioè che in lui e con lui è lo
stesso unico Dio.
263 La
missione dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome del Figlio [Cf
Gv 14,26 ] e che il Figlio manda “dal Padre” ( Gv 15,26 ), rivela
che egli è con loro lo stesso unico Dio. “Con il Padre e con il
Figlio è adorato e glorificato”.
264 “Lo
Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre e, per il dono eterno
che il Padre ne fa al Figlio, procede dal Padre e dal Figlio in
comunione” [Sant'Agostino, De Trinitate, 15, 26, 47].
265
Attraverso la grazia del Battesimo “nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo”, siamo chiamati ad aver parte alla vita della
Beata Trinità, quaggiù nell'oscurità della fede, e, oltre la morte,
nella luce eterna [Cf Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 9].
266
“Fides autem catholica haec est, ut unum Deum in Trinitate, et
Trinitatem in unitate veneremur, neque confundentes personas, neque
substantiam separantes: alia enim est persona Patris, alia Filii, alia
Spiritus Sancti; sed Patris et Filii et Spiritus Sancti est una
divinitas, aequalis gloria, coaeterna maiestas - La fede cattolica
consiste nel venerare un Dio solo nella Trinità, e
la Trinità
nell'Unità, senza confusione di Persone né separazione della sostanza:
altra infatti è
la Persona
del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo; ma
unica è la divinità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
uguale la gloria, coeterna la maestà” [Simbolo “Quicumque”: Denz.
-Schönm., 75].
267
Inseparabili nella loro sostanza, le Persone divine sono inseparabili
anche nelle loro operazioni. Ma nell'unica operazione divina ogni Per
sona manifesta ciò che le è proprio nella Trinità, soprattutto nelle
missioni divine dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito
Santo.
Paragrafo 3
L'ONNIPOTENTE
268 Di
tutti gli attributi divini, nel Simbolo si nomina soltanto l'onnipotenza
di Dio: confessarla è di grande importanza per la nostra vita. Noi
crediamo che tale onnipotenza è universale, perché Dio, che tutto ha
creato, [Cf Gen 1,1; Gv 1,3 ] tutto governa e tutto può; amante, perché
Dio è nostro Padre; [Cf Mt 6,9 ] misteriosa, perché la fede soltanto
la può riconoscere allorché “si manifesta nella debolezza” ( 2Cor
12,9 ) [Cf 1Cor 1,18 ].
“Egli opera tutto ciò che vuole” ( Sal 115,3 )
269 Le
Sacre Scritture affermano a più riprese la potenza universale di Dio.
Egli è detto “il Potente di Giacobbe” ( Gen 49,24; Is 1,24 e. a),
“il Signore degli eserciti”, “il Forte, il Potente” ( Sal
24,8-10 ). Se Dio è onnipotente “in cielo e sulla terra” ( Sal
135,6 ), è perché lui stesso li ha fatti. Nulla quindi gli è
impossibile [Cf Ger 32,17; 269 Lc 1,37 ] e dispone della sua opera come
gli piace; [Cf Ger 27,5 ] egli è il Signore dell'universo, di cui ha
fissato l'ordine che rimane a lui interamente sottoposto e disponibile;
egli è il Padrone della storia: muove i cuori e guida gli avvenimenti
secondo il suo beneplacito [Cf Est 4,17 b; Pr 21,1; Tb 13,2 ].
“Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi potrà opporsi al
potere del tuo braccio?” ( Sap 11,21 ).
“Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi”
( Sap 11,23 )
270 Dio
è il Padre onnipotente. La sua paternità e la sua potenza si
illuminano a vicenda. Infatti, egli mostra la sua onnipotenza paterna
nel modo in cui si prende cura dei nostri bisogni; [Cf Mt 6,32 ]
attraverso l'adozione filiale che ci dona (sarò per voi come un padre,
e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente”:
2Cor 6,18 ); infine attraverso la sua infinita misericordia, dal momento
che egli manifesta al massimo grado la sua potenza perdonando
liberamente i peccati.
271 L
'onnipotenza divina non è affatto arbitraria: “In Dio la potenza e
l'essenza, la volontà e l'intelligenza, la sapienza e la giustizia sono
una sola ed identica cosa, di modo che nulla può esserci nella potenza
divina che non possa essere nella giusta volontà di Dio o nella sua
sapiente intelligenza” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 25,
5, ad 1].
Il mistero dell'apparente impotenza di Dio
272 La
fede in Dio Padre onnipotente può essere messa alla prova
dall'esperienza del male e della sofferenza. Talvolta Dio può sembrare
assente ed incapace di impedire il male. Ora, Dio Padre ha rivelato nel
modo più misterioso la sua onnipotenza nel volontario abbassamento e
nella Risurrezione del Figlio suo, per mezzo dei quali ha vinto il male.
Cristo crocifisso è quindi “potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché
ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che
è debolezza di Dio è più forte degli uomini” ( 1Cor 1,24-25 ).
Nella Risurrezione e nella esaltazione di Cristo il Padre ha dispiegato
“l'efficacia della sua forza” e ha manifestato “la straordinaria
grandezza della sua potenza verso di noi credenti” ( Ef 1,19-22 ).
273
Soltanto la fede può aderire alle vie misteriose dell'onnipotenza di
Dio. Per questa fede, ci si gloria delle proprie debolezze per attirare
su di sé la potenza di Cristo [Cf 2Cor 12,9; Fil 4,13 ]. Di questa fede
il supremo modello è
la Vergine Maria
: ella ha creduto che “nulla è impossibile a Dio” ( Lc 1,37 ) e ha
potuto magnificare il Signore: “Grandi cose ha fatto in me
l'Onnipotente e santo è il suo nome” ( Lc 1,49 ).
274 “La
ferma persuasione dell'onnipotenza divina vale più di ogni altra cosa a
corroborare in noi il doveroso sentimento della fede e della speranza.
La nostra ragione, conquistata dall'idea della divina onnipotenza,
assentirà, senza più dubitare, a qualunque cosa sia necessario
credere, per quanto possa essere grande e meravigliosa o superiore alle
leggi e all'ordine della natura. Anzi, quanto più sublimi saranno le
verità da Dio rivelate, tanto più agevolmente riterrà di dovervi
assentire” [Catechismo Romano, 1, 2, 13].
In sintesi
275 Con
Giobbe, il giusto, noi confessiamo: “Comprendo che puoi tutto e che
nessuna cosa è impossibile per te” ( Gb 42,2 ).
276
Fedele alla testimonianza della Scrittura,
la Chiesa
rivolge spesso la sua preghiera al “Dio onnipotente ed eterno” (omnipotens
sempiterne Deus. . . ”), credendo fermamente che “nulla è
impossibile a Dio” ( Gen 18,14; Lc 1,37; Mt 19,26 ).
277 Dio
manifesta la sua onnipotenza convertendoci dai nostri peccati e
ristabilendoci nella sua amicizia con la grazia (Deus, qui omnipo
potentiam tuam parcendo maxime et miserando manifestas. . . - O Dio, che
riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono.
. . ”) [Messale Romano, colletta della ventiseiesima domenica].
278 Senza
credere che l'Amore di Dio è onnipotente, come credere che il Padre
abbia potuto crearci, il Figlio riscattarci, lo Spirito Santo
santificarci?
Paragrafo
4
IL
CREATORE
279 “In
principio Dio creò il cielo e la terra” ( Gen 1,1 ). Con queste
solenni parole incomincia
la Sacra Scrittura.
Il Simbolo della fede le riprende confessando Dio Padre onnipotente come
“Creatore del cielo e della terra”, “di tutte le cose visibili e
invisibili”. Noi parleremo perciò innanzi tutto del Creatore, poi
della sua creazione, infine della caduta a causa del peccato, da cui Gesù
Cristo, il Figlio di Dio, è venuto a risollevarci.
280 La
creazione è il fondamento di “tutti i progetti salvifici di Dio”,
“l'inizio della storia della salvezza”, [Congregazione per il Clero,
Direttorio catechistico generale, 51] che culmina in Cristo.
Inversamente, il Mistero di Cristo è la luce decisiva sul mistero della
creazione: rivela il fine in vista del quale, “in principio, Dio creò
il cielo e la terra” ( Gen 1,1 ): dalle origini, Dio pensava alla
gloria della nuova creazione in Cristo [Cf Rm 8,18-23 ].
281 Per
questo le letture della Veglia Pasquale, celebrazione della nuova
creazione in Cristo, iniziano con il racconto della creazione;
parimenti, nella Liturgia Bizantina, il racconto della creazione è
sempre la prima lettura delle vigilie delle grandi feste del Signore.
Secondo la testimonianza degli antichi, l'istruzione dei catecumeni per
il Battesimo segue lo stesso itinerario [Cf Eteria, Peregrinatio ad loca
sancta, 46: PLS 1, 1047; Sant'Agostino, De catechizandis rudibus, 3, 5].
I. La catechesi sulla creazione
282 La
catechesi sulla creazione è di capitale importanza. Concerne i
fondamenti stessi della vita umana e cristiana: infatti esplicita la
risposta della fede cristiana agli interrogativi fondamentali che gli
uomini di ogni tempo si sono posti: “Da dove veniamo?” “Dove
andiamo?” “Qual è la nostra origine?” “Quale il nostro fine?”
“Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste?”. Le due questioni,
quella dell'origine e quella del fine, sono inseparabili. Sono decisive
per il senso e l'orientamento della nostra vita e del nostro agire.
283 La
questione delle origini del mondo e dell'uomo è oggetto di numerose
ricer che scientifiche, che hanno straordinariamente arricchito le
nostre conoscenze sull'età e le dimensioni del cosmo, sul divenire
delle forme viventi, sull'apparizione del l'uomo. Tali scoperte ci
invitano ad una sempre maggiore ammirazione per la grandezza del
Creatore, e a ringraziarlo per tutte le sue opere e per l'intelligenza e
la sapienza di cui fa dono agli studiosi e ai ricercatori. Con Salomone
costoro possono dire: “Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile
delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza degli
elementi. . . perché mi ha istruito
la Sapienza
, artefice di tutte le cose” ( Sap 7,17-21 ).
284 Il
grande interesse, di cui sono oggetto queste ricerche, è fortemente
stimolato da una questione di altro ordine, che oltrepassa il campo
proprio delle scienze naturali. Non si tratta soltanto di sapere quando
e come sia sorto materialmente il cosmo, né quando sia apparso l'uomo,
quanto piuttosto di scoprire quale sia il senso di tale origine: se cioè
sia governata dal caso, da un destino cieco, da una necessità anonima,
oppure da un Essere trascendente, intelligente e buono, chiamato Dio. E
se il mondo proviene dalla sapienza e dalla bontà di Dio, perché il
male? Da dove viene? Chi ne è responsabile? C'è una liberazione da
esso?
285 Fin
dagli inizi, la fede cristiana è stata messa a confronto con risposte
diverse dalla sua circa la questione delle origini. Infatti, nelle
religioni e nelle culture antiche si trovano numerosi miti riguardanti
le origini. Certi filosofi hanno affermato che tutto è Dio, che il
mondo è Dio, o che il divenire del mondo è il divenire di Dio
(panteismo); altri hanno detto che il mondo è una emanazione necessaria
di Dio, che scaturisce da questa sorgente e ad essa ritorna; altri
ancora hanno sostenuto l'esistenza di due princìpi eterni, il Bene e il
Male,
la Luce
e le Tenebre, in continuo conflitto (dualismo, manicheismo); secondo
alcune di queste concezioni, il mondo (almeno il mondo materiale)
sarebbe cattivo, prodotto di un decadimento, e quindi da respingere o
oltrepassare (gnosi); altri ammettono che il mondo sia stato fatto da
Dio, ma alla maniera di un orologiaio che, una volta fatto, l'avrebbe
abbandonato a se stesso( deismo); altri infine non ammettono alcuna
origine trascendente del mondo, ma vedono in esso il puro gioco di una
materia che sarebbe sempre esistita (materialismo). Tutti questi
tentativi di spiegazione stanno a testimoniare la persistenza e l'universa
lità del problema delle origini. Questa ricerca è propria dell'uomo.
286
Indubbiamente, l'intelligenza umana può già trovare una risposta al
problema delle origini. Infatti, è possibile conoscere con certezza
l'esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla luce
della ragione umana, [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026]
anche se questa conoscenza spesso è offuscata e sfigurata dall'errore.
Per questo la fede viene a confermare e a far luce alla ragione nella
retta intelligenza di queste verità: “Per fede sappiamo che i mondi
furono formati dalla Parola di Dio, sì che da cose non visibili ha
preso origine ciò che si vede” ( Eb 11,3 ).
287 La
verità della creazione è tanto importante per l'intera vita umana che
Dio, nella sua tenerezza, ha voluto rivelare al suo Popolo tutto ciò
che al riguardo è necessario conoscere. Al di là della conoscenza
naturale che ogni uomo può avere del Creatore, [Cf At 17,24-29; Rm
1,19-20 ] Dio ha progressivamente rivelato a Israele il mistero della
creazione. Egli, che ha scelto i patriarchi, che ha fatto uscire Israele
dall'Egitto, e che, eleggendo Israele, l'ha creato e formato, [Cf Is
43,1 ] si rivela come colui al quale appartengono tutti i popoli della
terra e l'intera terra, come colui che, solo, “ha fatto cielo e
terra” ( Sal 115,15; Sal 124,8; 287 Sal 134,3 ).
288 La
rivelazione della creazione è così inseparabile dalla rivelazione e
dalla realizzazione dell'Alleanza di Dio, l'Unico, con il suo Popolo. La
creazione è rivelata come il primo passo verso tale Alleanza, come la
prima e universale testimonianza dell'amore onnipotente di Dio [Cf Gen
15,5; 288 Ger 33,19-26 ]. E poi la verità della creazione si esprime
con una forza crescente nel messaggio dei profeti, [Cf Is 44,24 ] nella
preghiera dei Salmi[Cf Sal 104 ] e della Liturgia, nella riflessione
della sapienza [Cf Pr 8,22-31 ] del Popolo eletto.
289 Tra
tutte le parole della Sacra Scrittura sulla creazione, occupano un posto
singolarissimo i primi tre capitoli della Genesi. Dal punto di vista
letterario questi testi possono avere diverse fonti. Gli autori ispirati
li hanno collocati all'inizio della Scrittura in modo che esprimano, con
il loro linguaggio solenne, le verità della creazione, della sua
origine e del suo fine in Dio, del suo ordine e della sua bontà, della
vocazione dell'uomo, infine del dramma del peccato e della speranza
della salvezza. Lette alla luce di Cristo, nell'unità della Sacra
Scrittura e della Tradizione vivente della Chiesa, queste parole restano
la fonte principale per la catechesi dei misteri delle “origini”:
creazione, caduta, promessa della salvezza.
II. La creazione - opera della Santissima Trinità
290 “In
principio, Dio creò il cielo e la terra” ( Gen 1,1 ). Queste prime
parole della Scrittura contengono tre affermazioni: il Dio eterno ha
dato un inizio a tutto ciò che esiste fuori di lui. Egli solo è
Creatore (il verbo “creare” - in ebraico “bara” - ha sempre come
soggetto Dio). La totalità di ciò che esiste (espressa nella formula
“il cielo e la terra”) dipende da colui che gli dà di essere.
291 “In
principio era il Verbo. . . e il Verbo era Dio. . . Tutto è stato fatto
per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto” ( Gv 1,1-3 ).
Il Nuovo Testamento rivela che Dio ha creato tutto per mezzo del Verbo
eterno, il Figlio suo diletto. “Per mezzo di lui sono state create
tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. . . Tutte le cose
sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di
tutte le cose e tutte in lui sussistono” ( Col 1,16-17 ). La fede
della Chiesa afferma pure l'azione creatrice dello Spirito Santo: egli
è il “datore di vita”, [Simbolo di Nicea-Costantinopoli] lo
“Spirito Creatore”, [Liturgia delle Ore, Inno “Veni, Creator
Spiritus”] la “sorgente di ogni bene” [Liturgia bizantina,
Tropario dei Vespri di Pentecoste].
292
Lasciata intravvedere nell'Antico Testamento, [Cf Sal 33,6; Sal 104,30;
Gen 1,2-3 ] rivelata nella Nuova Alleanza, l'azione creatrice del Figlio
e dello Spirito, inseparabilmente una con quella del Padre, è
chiaramente affermata dalla regola di fede della Chiesa: “Non esiste
che un solo Dio. . . : egli è il Padre, è Dio, il Creatore, l'Autore,
l'Ordinatore. Egli ha fatto ogni cosa da se stesso, cioè con il suo
Verbo e la sua Sapienza”, “per mezzo del Figlio e dello Spirito”,
che sono come “le sue mani” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses,
2, 30, 9 e 4, 20, 1]. La creazione è l'opera comune della Santissima
Trinità.
III. “Il mondo è stato creato per la gloria di
Dio”
293 E'
una verità fondamentale che
la Scrittura
e
la Tradizione
costantemente insegnano e celebrano: “Il mondo è stato creato per la
gloria di Dio” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3025]. Dio ha
creato tutte le cose, spiega san Bonaventura, “non propter gloriam
augendam, sed propter gloriam manifestandam et propter gloriam suam
communicandam - non per accrescere la propria gloria, ma per
manifestarla e per comunicarla” [San Bonaventura, In libros
sententiarum, 2, 1, 2, 2, 1]. Infatti Dio non ha altro motivo per creare
se non il suo amore e la sua bontà: “Aperta manu clave amoris creaturÍ
prodierunt - Aperta la mano dalla chiave dell'amore, le creature vennero
alla luce” [San Tommaso d'Aquino, In libros sententiarum, 2, prol]. E
il Concilio Vaticano I spiega:
Nella sua
bontà e con la sua onnipotente virtù, non per aumentare la sua
beatitudine, né per acquistare perfezione, ma per manifestarla
attraverso i beni che concede alle sue creature, questo solo vero Dio
ha, con la più libera delle decisioni, insieme, dall'inizio dei tempi,
creato dal nulla l'una e l'altra creatura, la spirituale e la corporale
[Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3002].
294 La
gloria di Dio è che si realizzi la manifestazione e la comunicazione
della sua bontà, in vista delle quali il mondo è stato creato. Fare di
noi i suoi “figli adottivi per opera di Gesù Cristo”, è il
benevolo disegno “della sua volontà. . . a lode e gloria della sua
grazia” ( Ef 1,5-6 ). “Infatti la gloria di Dio è l'uomo vivente e
la vita dell'uomo è la visione di Dio: se già
la Rivelazione
di Dio attraverso la creazione procurò la vita a tutti gli esseri che
vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre per mezzo
del Verbo dà la vita a coloro che vedono Dio” [Sant'Ireneo di Lione,
Adversus haereses, 4, 20, 7]. Il fine ultimo della creazione è che Dio,
“che di tutti è il Creatore, possa anche essere "tutto in
tutti" ( 1Cor 15,28 ) procurando ad un tempo la sua gloria e la
nostra felicità” [Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 2].
IV. Il mistero della creazione
Dio crea con sapienza e amore
295 Noi
crediamo che il mondo è stato creato da Dio secondo la sua sapienza [Cf
Sap 9,9 ]. Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un
destino cieco o del caso. Noi crediamo che il mondo trae origine dalla
libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature
al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà: “Tu hai creato
tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono” ( Ap
4,11 ). “Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto
con saggezza” ( Sal 104,24 ). “Buono è il Signore verso tutti, la
sua tenerezza si espande su tutte le creature” ( Sal 145,9 ).
Dio crea “dal nulla”
296 Noi
crediamo che Dio, per creare, non ha bisogno di nulla di preesistente né
di alcun aiuto [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3022]. La
creazione non è neppure una emanazione necessaria della sostanza divina
[Cf ibid., 3023-3024]. Dio crea liberamente “dal nulla”: [Concilio
Lateranense IV: Denz. -Schönm., 800; Concilio Vaticano I: ibid. , 3025]
Che vi
sarebbe di straordinario se Dio avesse tratto il mondo da una materia
preesistente? Un artigiano umano, quando gli si dà un materiale, ne fa
tutto ciò che vuole. Invece la potenza di Dio si manifesta precisamente
in questo, che egli parte dal nulla per fare tutto ciò che vuole [San
Teofilo d'Antiochia, Ad Autolycum, 2, 4: PG 6, 1052].
297 La
fede nella creazione “dal nulla” è attestata nella Scrittura come
una verità piena di promessa e di speranza. Così la madre dei sette
figli li incoraggia al martirio:
Non so
come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita,
né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il
Creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto
alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di
nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate
di voi stessi. . . Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra,
osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose
preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano ( 2Mac 7,22-23;
2Mac 7,28 ).
298 Dio,
poiché può creare dal nulla, può anche, per opera dello Spirito
Santo, donare ai peccatori la vita dell'anima, creando in essi un cuore
puro, [Cf Sal 51,12 ] e ai defunti, con la risurrezione, la vita del
corpo, egli “che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che
ancora non esistono” ( Rm 4,17 ). E, dal momento che, con la sua
Parola, ha potuto far risplendere la luce dalle tenebre, [Cf Gen 1,3 ]
può anche donare la luce della fede a coloro che non lo conoscono [Cf
2Cor 4,6 ].
Dio crea un mondo ordinato e buono
299 Per
il fatto che Dio crea con sapienza, la creazione ha un ordine: “Tu hai
disposto tutto con misura, calcolo e peso” ( Sap 11,20 ). Creata nel e
per mezzo del Verbo eterno, “immagine del Dio invisibile” ( Col 1,15
), la creazione è destinata, indirizzata all'uomo, immagine di Dio, [Cf
Gen 1,26 ] chiamato a una relazione personale con Dio. La nostra
intelligenza, poiché partecipa alla luce dell'Intelletto divino, può
comprendere ciò che Dio ci dice attraverso la creazione, [Cf Sal 19,2-5
] certo non senza grande sforzo e in spirito di umiltà e di rispetto
davanti al Creatore e alla sua opera [Cf Gb 42,3 ]. Scaturita dalla bontà
divina, la creazione partecipa di questa bontà (E Dio vide che era cosa
buona. . . cosa molto buona”: Gen 1,4; Gen 1,10; 299 Gen 1,12; Gen
1,18; Gen 1,21; Gen 1,31 ). La creazione, infatti, è voluta da Dio come
un dono fatto all'uomo, come un'eredità a lui destinata e affidata.
La Chiesa
, a più riprese, ha dovuto difendere la bontà della creazione,
compresa quella del mondo materiale [Cf San Leone Magno, Lettera Quam
laudabiliter: Denz. -Schönm. , 286; Concilio di].
Dio trascende la creazione ed è ad essa presente
300 Dio
è infinitamente più grande di tutte le sue opere: [Cf Sir 43,28 ]
“Sopra i cieli si innalza” la sua “magnificenza” ( Sal 8,2 ),
“la sua grandezza non si può misurare” ( Sal 145,3 ). Ma poiché
egli è il Creatore sovrano e libero, causa prima di tutto ciò che
esiste, egli è presente nell'intimo più profondo delle sue creature:
“In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” ( At 17,28 ). Secondo le
parole di sant'Agostino, egli è “superior summo meo et interior
intimo meo - più intimo della mia parte più intima, più alto della
mia parte più alta” [Sant'Agostino, Confessiones, 3, 6, 11].
Dio conserva e regge la creazione
301 Dopo
averla creata, Dio non abbandona a se stessa la sua creatura. Non le
dona soltanto di essere e di esistere: la conserva in ogni istante
nell'essere, le dà la facoltà di agire e la conduce al suo termine.
Riconoscere questa completa dipendenza in rapporto al Creatore è fonte
di sapienza e di libertà, di gioia, di fiducia:
Tu ami
tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato; se tu
avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe
sussistere una cosa se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi
chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son
tue, Signore, amante della vita ( Sap 11,24-26 ).
V. Dio realizza il suo disegno:
la Provvidenza
divina
302 La
creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle
mani del Creatore interamente compiuta. E' creata “in stato di via”
(in statu viae”) verso una perfezione ultima alla quale Dio l'ha
destinata, ma che ancora deve essere raggiunta. Chiamiamo divina
Provvidenza le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la
creazione verso questa perfezione.
Dio
conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato,
“essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà
eccellente ogni cosa” ( Sap 8,1 ). Infatti “tutto è nudo e scoperto
agli occhi suoi” ( Eb 4,13 ), anche quello che sarà fatto dalla
libera azione delle creature [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm.,
3003].
303 La
testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della divina
Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto, dalle
più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia. Con
forza, i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso
degli avvenimenti: “Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò
che vuole” ( Sal 115,3 ); e di Cristo si dice: “Quando egli apre,
nessuno chiude, e quando chiude, nessuno apre” ( Ap 3,7 ); “molte
sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il disegno del Signore resta
saldo” ( Pr 19,21 ).
304
Spesso si nota che lo Spirito Santo, autore principale della Sacra
Scrittura, attribuisce delle azioni a Dio, senza far cenno a cause
seconde. Non si tratta di “un modo di parlare” primitivo, ma di una
maniera profonda di richiamare il primato di Dio e la sua signoria
assoluta sulla storia e sul mondo [Cf Is 10,5-15; Is 45,5-7; Dt 32,39;
Sir 11,14 ] educando così alla fiducia in lui. La preghiera dei Salmi
è la grande scuola di questa fiducia [Cf Sal 22; Sal 32; 305 Sal 35;
Sal 103; Sal 138; e.a.].
305 Gesù
chiede un abbandono filiale alla Provvidenza del Padre celeste, il quale
si prende cura dei più elementari bisogni dei suoi figli: “Non
affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che
cosa indosseremo?. . . Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete
bisogno. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte
queste cose vi saranno date in aggiunta” ( Mt 6,31-33 ) [Cf Mt
10,29-31 ].
La Provvidenza
e le cause seconde
306 Dio
è il Padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si serve
anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di
debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente.
Infatti Dio alle sue creature non dona soltanto l'esistenza, ma anche la
dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle
altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno.
307 Dio dà
agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua
Provvidenza, affidando loro la responsabilità di “soggiogare” la
terra e di dominarla [Cf Gen 1,26-28 ]. In tal modo Dio fa dono agli
uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l'opera
della creazione, perfezionandone l'armonia, per il loro bene e per il
bene del loro prossimo. Cooperatori spesso inconsapevoli della volontà
divina, gli uomini possono entrare deliberatamente nel piano divino con
le loro azioni, le loro preghiere, ma anche con le loro sofferenze [Cf
Col 1,24 ]. Allora diventano in pienezza “collaboratori di Dio” (
1Cor 3,9; 1Ts 3,2 ) e del suo Regno [Cf Col 4,11 ].
308 Dio
agisce in tutto l'agire delle sue creature: è una verità inseparabile
dalla fede in Dio Creatore. Egli è la causa prima che opera nelle e per
mezzo delle cause seconde: “E' Dio infatti che suscita” in noi “il
volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni” ( Fil 2,13 ) [Cf
1Cor 12,6 ]. Lungi dallo sminuire la dignità della creatura, questa
verità la accresce. Infatti la creatura, tratta dal nulla dalla
potenza, dalla sapienza e dalla bontà di Dio, niente può se è
separata dalla propria origine, perché “la creatura senza il Creatore
svanisce”; [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36] ancor meno può
raggiungere il suo fine ultimo senza l'aiuto della grazia [Cf Mt 19,26;
Gv 15,5; Fil 4,13 ].
La Provvidenza
e lo scandalo del male
309 Se
Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende
cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? A questo
interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto
misterioso, nessuna rapida risposta potrà bastare. E' l'insieme della
fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà
della creazione, il dramma del peccato, l'amore paziente di Dio che
viene incontro all'uomo con le sue Alleanze, con l'Incarnazione
redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con il radunare
la Chiesa
, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla
quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla
quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi. Non c'è un
punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una
risposta al problema del male .
310 Ma
perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi
essere alcun male? Nella sua infinita potenza, Dio potrebbe sempre
creare qualcosa di migliore [Cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I, 25, 6]. Tuttavia, nella sua sapienza e nella sua bontà infinite, Dio
ha liberamente voluto creare un mondo “in stato di via” verso la sua
perfezione ultima. Questo divenire, nel disegno di Dio, comporta, con la
comparsa di certi esseri la scomparsa di altri, con il più perfetto
anche il meno perfetto, con le costruzioni della natura anche le
distruzioni. Quindi, insieme con il bene fisico esiste anche il male
fisico, finché la creazione non avrà raggiunto la sua perfezione [Cf
San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 3, 71].
311 Gli
angeli e gli uomini, creature intelligenti e libere, devono camminare
verso il loro destino ultimo per una libera scelta e un amore di
preferenza. Essi possono, quindi, deviare. In realtà, hanno peccato. E'
così che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più
grave del male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né
indirettamente, la causa del male morale [Cf Sant'Agostino, De libero
arbitrio, 1, 1, 1: PL 32, 1221-1223; San Tommaso d'Aquino, Summa
teologiae, I-II, 79, 1]. Però, rispettando la libertà della sua
creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene:
Infatti
Dio onnipotente. . ., essendo supremamente buono, non permetterebbe mai
che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse
sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene [Sant'Agostino,
Enchiridion de fide, spe et caritate, 11, 3].
312 Così,
col tempo, si può scoprire che Dio, nella sua Provvidenza onnipotente,
può trarre un bene dalle conseguenze di un male, anche morale, causato
dalle sue creature: “Non siete stati voi”, dice Giuseppe ai suoi
fratelli, “a mandarmi qui, ma Dio; . . . se voi avete pensato del male
contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene. . . per far
vivere un popolo numeroso” ( Gen 45,8 Gen 50,20 ) [Cf Tb 2,12-18 vulg].
Dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e
l'uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini,
Dio, con la sovrabbondanza della sua grazia, [Cf Rm 5,20 ] ha tratto i
più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra Redenzione.
Con ciò, però, il male non diventa un bene.
313
“Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” ( Rm 8,28 ). La
testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:
Così
santa Caterina da Siena dice a “coloro che si scandalizzano e si
ribellano davanti a ciò che loro capita”: “Tutto viene dall'amore,
tutto è ordinato alla salvezza dell'uomo, Dio non fa niente se non a
questo fine” [Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138].
E san
Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: “Nulla
accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga,
per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio” [San
Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio
avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle
letture del 22 giugno].
E
Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere
fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente
credere che tutto sarebbe finito in bene. . . : “Tu stessa vedrai che
ogni specie di cosa sarà per il bene ” [Giuliana di Norwich,
Rivelazioni dell'amore divino, 32].
314 Noi
crediamo fermamente che Dio è Signore del mondo e della storia. Ma le
vie della sua Provvidenza spesso ci rimangono sconosciute. Solo alla
fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio
“a faccia a faccia” ( 1Cor 13,12 ), conosceremo pienamente le vie,
lungo le quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio
avrà condotto la sua creazione fino al riposo di quel Sabato [Cf Gen
2,2 ] definitivo, in vista del quale ha creato il cielo e la terra.
In sintesi
315 Nella
creazione del mondo e dell'uomo, Dio ha posto la prima e universale
testimonianza del suo amore onnipotente e della sua sapienza, il primo
annunzio del suo “disegno di benevolenza”, che ha il suo fine nella
nuova creazione in Cristo.
316
Sebbene l'opera della creazione sia particolarmente attribuita al Padre,
è ugualmente verità di fede che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo
sono il principio unico e indivisibile della creazione.
317 Dio
solo ha creato l'universo liberamente, direttamente, senza alcun aiuto.
318
Nessuna creatura ha il potere infinito necessario per “creare” nel
senso proprio del termine, cioè produrre e dare l'essere a ciò che non
l'aveva affatto (chiamare all'esistenza “ex nihilo” - dal nulla) [Cf
Congregazione per l'Educazione Cattolica, Decreto del 27 luglio 1914,
Theses approbatae philosophiae tomisticae: Denz. -Schönm., 3624].
319 Dio
ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria. Che
le sue creature abbiano parte alla sua verità, alla sua bontà, alla
sua bellezza: ecco la gloria per la quale Dio le ha create.
320 Dio,
che ha creato l'universo, lo conserva nell'esistenza per mezzo del suo
Verbo, “questo Figlio che. . . sostiene tutto con la potenza della sua
Parola” ( Eb 1,3 ), e per mezzo dello Spirito Creatore che dà vita.
321 La
divina Provvidenza consiste nelle disposizioni con le quali Dio, con
sapienza e amore, conduce tutte le creature al loro fine ultimo.
322
Cristo ci esorta all'abbandono filiale alla Provvidenza del nostro Padre
celeste [Cf Mt 6,26-34 ] e l'apostolo san Pietro gli fa eco: gettate
“in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (
1Pt 5,7 ) [Cf Sal 55,23 ].
323
La Provvidenza
divina agisce anche attraverso l'azione delle creature. Agli esseri
umani Dio dona di cooperare liberamente ai suoi disegni.
324 Che
Dio permetta il male fisico e morale è un mistero che Dio illumina nel
suo Figlio, Gesù Cristo, morto e risorto per vincere il male. La fede
ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso
male non traesse il bene, per vie che conosceremo pienamente soltanto
nella vita eterna.
Paragrafo 5
IL CIELO
E
LA TERRA
325 Il
Simbolo degli Apostoli professa che Dio è “il Creatore del cielo e
della terra”, e il Simbolo di Nicea-Costantinopoli esplicita: “. . .
di tutte le cose visibili e invisibili”.
326 Nella
Sacra Scrittura, l'espressione “cielo e terra” significa: tutto ciò
che esiste, l'intera creazione. Indica pure, all'interno della
creazione, il legame che ad un tempo unisce e distingue cielo e terra:
“La terra” è il mondo degli uomini [Cf Sal 115,16 ]. “Il
cielo”, o “i cieli”, può indicare il firmamento, [Cf Sal 19,2 ]
ma anche il “luogo” proprio di Dio: il nostro “Padre che è nei
cieli” ( Mt 5,16 ) [Cf Sal 115,16 ] e, di conseguenza, anche il
“cielo” che è la gloria escatologica. Infine, la parola “cielo”
indica il “luogo” delle creature spirituali - gli angeli - che
circondano Dio.
327 La
professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma che Dio “fin
dal principio del tempo, creò dal nulla l'uno e l'altro ordine di
creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il
mondo terrestre; e poi l'uomo, quasi partecipe dell'uno e dell'altro,
composto di anima e di corpo” [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm.,
800; cf Concilio Vaticano I: ibid., 3002 e Paolo VI, Credo del popolo di
Dio, 8].
I. Gli angeli
L'esistenza degli angeli - una verità di fede
328 L
'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che
la Sacra Scrittura
chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza
della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.
Chi sono?
329
Sant'Agostino dice a loro riguardo: “Angelus officii nomen est, non
naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex
eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La parola angelo
designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura si risponde che
è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è
spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo”
[Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15]. In tutto il loro
essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che
“vedono sempre la faccia del Padre. . . che è nei cieli” ( Mt 18,10
), essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce
della sua parola” ( Sal 103,20 ).
330 In
quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà:
sono creature personali [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz.
-Schönm., 3891] e immortali [Cf Lc 20,36 ]. Superano in perfezione
tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria
[Cf Dn 10,9-12 ].
Cristo “con tutti i suoi angeli”
331
Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono “i suoi angeli”:
“Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi
angeli. . . ” ( Mt 25,31 ). Sono suoi perché creati per mezzo di lui
e in vista di lui: “Poiché per mezzo di lui sono state create tutte
le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle
invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose
sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” ( Col 1,16 ).
Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di
salvezza: “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero,
inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?” ( Eb
1,14 ).
332 Essi,
fin dalla creazione [Cf Gb 38,7 ] e lungo tutta la storia della
salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la
realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso
terrestre, [Cf Gen 3,24 ] proteggono Lot, [Cf Gen 19 ] salvano Agar e il
suo bambino, [Cf Gen 21,17 ] trattengono la mano di Abramo; [Cf Gen
22,11 ]
la Legge
viene comunicata “per mano degli angeli” ( At 7,53 ), essi guidano
il Popolo di Dio, [Cf Es 23,20-23 ] annunziano nascite [Cf Gdc 13 ] e
vocazioni, [Cf Gdc 6,11-24; Is 6,6 ] assistono i profeti, [Cf 1Re 19,5 ]
per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che
annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù [Cf Lc
1,11; Lc 1,26 ].
333
Dall'Incarnazione all'Ascensione, la vita del Verbo incarnato è
circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio
“introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli
di Dio” ( Eb 1,6 ). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non
ha cessato di risuonare nella lode della Chiesa: “Gloria a Dio. . .
” ( Lc 2,14 ). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, [Cf Mt 1,20; 333
Mt 2,13; Mt 1,19 ] servono Gesù nel deserto, [Cf Mc 1,12; Mt 4,11 ] lo
confortano durante l'agonia, [Cf Lc 22,43 ] quando egli avrebbe potuto
da loro essere salvato dalla mano dei nemici [Cf Mt 26,53 ] come un
tempo Israele [Cf 2Mac 10,29-30; 333 2Mac 11,8 ]. Sono ancora gli angeli
che “evangelizzano” ( Lc 2,10 ) annunziando
la Buona Novella
dell'Incarnazione [Cf Lc 2,8-14 ] e della Risurrezione [Cf Mc 16,5-7 ]
di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, [Cf At 1,10-11 ]
saranno là, al servizio del suo giudizio [Cf Mt 13,41; 333 Mt 25,31; Lc
12,8-9 ].
Gli angeli nella vita della Chiesa
334 Allo
stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e
potente degli angeli [Cf At 5,18-20; At 8,26-29; At 10,3-8; At 12,6-11;
334 At 27,23-25 ].
335 Nella
Liturgia,
la Chiesa
si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; [Messale
Romano, “Sanctus”] invoca la loro assistenza (così nell'“In
Paradisum deducant te angeli. . . ” - In Paradiso ti accompagnino gli
angeli - della Liturgia dei defunti, o ancora nell'“Inno dei
Cherubini” della Liturgia bizantina), e celebra la memoria di alcuni
angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli
angeli custodi).
336 Dal
suo inizio [Cf Mt 18,10 ] fino all'ora della morte [Cf Lc 16,22 ] la
vita umana è circondata dalla loro protezione [Cf Sal 34,8; Sal
91,10-13 ] e dalla loro intercessione [Cf Gb 33,23-24; Zc 1,12; 336 Tb
12,12 ]. “Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e
pastore, per condurlo alla vita” [San Basilio di Cesarea, Adversus
Eunomium, 3, 1: PG 29, 656B]. Fin da quaggiù, la vita cristiana
partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini,
uniti in Dio.
II. Il mondo visibile
337 E'
Dio che ha creato il mondo visibile in tutta la sua ricchezza, la sua
varietà e il suo ordine.
La Scrittura
presenta simbolicamente l'opera del Creatore come un susseguirsi di sei
giorni di “lavoro” divino, che terminano nel “riposo” del
settimo giorno [Cf Gen 1,1-2,4 ]. Il testo sacro, riguardo alla
creazione, insegna verità rivelate da Dio per la nostra salvezza, [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 11] che consentono di “riconoscere la
natura intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione
alla lode di Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 36].
338 Non
esiste nulla che non debba la propria esistenza a Dio Creatore. Il mondo
ha avuto inizio quando è stato tratto dal nulla dalla Parola di Dio;
tutti gli esseri esistenti, tutta la natura, tutta la storia umana si
radicano in questo evento primordiale: è la genesi della formazione del
mondo e dell'inizio del tempo [Cf Sant'Agostino, De Genesi contra
Manichaeos, 1, 2, 4: PL 35, 175].
339 Ogni
creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione. Per
ognuna delle opere dei “sei giorni” è detto: “E Dio vide che ciò
era buono”. “E' dalla loro stessa condizione di creature che le cose
tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro
leggi proprie e il loro ordine” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36]. Le varie creature, volute nel loro proprio essere,
riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell'infinita sapienza e bontà
di Dio. Per questo l'uomo deve rispettare la bontà propria di ogni
creatura, per evitare un uso disordinato delle cose, che disprezza il
Creatore e comporta conseguenze nefaste per gli uomini e per il loro
ambiente.
340 L
'interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il
cedro e il piccolo fiore, l'aquila e il passero: le innumerevoli
diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura
basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle
altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre.
341 La
bellezza dell'universo. L'ordine e l'armonia del mondo creato risultano
dalla diversità degli esseri e dalle relazioni esistenti tra loro.
L'uomo le scopre progressivamente come leggi della natura. Esse sono
oggetto dell'ammirazione degli scienziati. La bellezza della creazione
riflette la bellezza infinita del Creatore. Deve ispirare il rispetto e
la sottomissione dell'intelligenza e della volontà dell'uomo.
342 La
gerarchia delle creature è espressa dall'ordine dei “sei giorni”,
che va dal meno perfetto al più perfetto. Dio ama tutte le sue
creature, [Cf Sal 145,9 ] si prende cura di ognuna, perfino dei passeri.
Tuttavia, Gesù dice: “Voi valete più di molti passeri” ( Lc 12,6-7
), o ancora: “Quanto è più prezioso un uomo di una pecora!” ( Mt
12,12 ).
343 L
'uomo è il vertice dell'opera della creazione. Il racconto ispirato lo
esprime distinguendo nettamente la creazione dell'uomo da quella delle
altre creature [Cf Gen 1,26 ].
344
Esiste una solidarietà fra tutte le creature per il fatto che tutte
hanno il medesimo Creatore e tutte sono ordinate alla sua gloria:
Laudato
si, mi Signore, cun tutte le tue creature,
spezialmente
messer lo frate Sole
lo quale
è iorno, e allumini noi per lui.
Ed ello
è bello e radiante cun grande splendore:
de te,
Altissimo, porta significazione. . . .
Laudato
si, mi Signore, per sor Aqua,
la quale
è molto utile e umile e preziosa e casta. .. .
Laudato
si, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale
ne sustenta e governa
e produce
diversi fructi con coloriti fiori ed erba.. . .
Laudate e
benedicite mi Signore,
e
rengraziate e serviteli cun grande umiltate [San Francesco d'Assisi,
Cantico delle creature].
345 Il
Sabato - fine dell'opera dei “sei giorni”. Il testo sacro dice che
“Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto”
e così “furono portati a compimento il cielo e la terra”; Dio
“cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”, “benedisse il
settimo giorno e lo consacrò” ( Gen 2,1-3 ). Queste parole ispirate
sono ricche di insegnamenti salutari:
346 Nella
creazione Dio ha posto un fondamento e delle leggi che restano stabili,
[Cf Eb 4,3-4 ] sulle quali il credente potrà appoggiarsi con fiducia, e
che saranno per lui il segno e il pegno della incrollabile fedeltà
dell'Alleanza di Dio [Cf Ger 31,35-37; 346 Ger 33,19-26 ]. Da parte sua,
l'uomo dovrà rimaner fedele a questo fondamento e rispettare le leggi
che il Creatore vi ha inscritte.
347 La
creazione è fatta in vista del Sabato e quindi del culto e
dell'adorazione di Dio. Il culto è inscritto nell'ordine della
creazione [Cf Gen 1,14 ]. “Operi Dei nihil praeponatur” - Nulla si
anteponga all'“Opera di Dio”, dice
la Regola
di san Benedetto, indicando in tal modo il giusto ordine delle
preoccupazioni umane.
348 Il
Sabato è al cuore della Legge di Israele. Osservare i comandamenti
equivale a corrispondere alla sapienza e alla volontà di Dio espresse
nell'opera della creazione.
349 L
'ottavo giorno. Per noi, però, è sorto un giorno nuovo: quello della
Risurrezione di Cristo. Il settimo giorno porta a termine la prima
creazione. L'ottavo giorno dà inizio alla nuova creazione. Così,
l'opera della creazione culmina nell'opera più grande della Redenzione.
La prima creazione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova
creazione in Cristo, il cui splendore supera quello della prima [Cf
Messale Romano, Veglia Pasquale: orazione dopo la prima lettura].
In sintesi
350 Gli
angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e
servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature:
“Ad omnia bona nostra cooperantur angeli - Gli angeli cooperano ad
ogni nostro bene” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, 114, 3,
ad 3].
351 Gli
angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel
compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini.
352
La Chiesa
venera gli angeli che l'aiutano nel suo pellegrinaggio terreno, e che
proteggono ogni essere umano.
353 Dio
ha voluto la diversità delle sue creature e la loro bontà propria, la
loro interdipendenza, il loro ordine. Ha destinato tutte le creature
materiali al bene del genere umano. L'uomo, e attraverso lui l'intera
creazione, sono destinati alla gloria di Dio.
354
Rispettare le leggi inscritte nella creazione e i rapporti derivanti
dalla natura delle cose, è un principio di saggezza e un fondamento
della morale.
Paragrafo 6
L'UOMO
355
“Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio
e femmina li creò” ( Gen 1,27 ). L'uomo, nella creazione, occupa un
posto unico: egli è “a immagine di Dio” (I); nella sua natura
unisce il mondo spirituale e il mondo materiale (II); è creato
“maschio e femmina” (III); Dio l'ha stabilito nella sua amicizia
(IV).
I. “A immagine di Dio”
356 Di
tutte le creature visibili, soltanto l'uomo è “capace di conoscere e
di amare il proprio Creatore”; [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
12] “è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa”; [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 12] soltanto l'uomo è chiamato a
condividere, nella conoscenza e nell'amore, la vita di Dio. A questo
fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua
dignità.
Quale fu
la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore
inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e
ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore
tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno [Santa
Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 13, cf Liturgia delle Ore, IV, Ufficio
delle letture della diciannovesima domenica].
357
Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona;
non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. E' capace di conoscersi, di
possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre
persone; è chiamato, per grazia, ad una alleanza con il suo Creatore, a
dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua
sostituzione.
358 Dio
ha creato tutto per l'uomo, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
12; 24; 39] ma l'uomo è stato creato per servire e amare Dio e per
offrirgli tutta la creazione:
Qual è
dunque l'essere che deve venire all'esistenza circondato di una tale
considerazione? E' l'uomo, grande e meravigliosa figura vivente, più
prezioso agli occhi di Dio dell'intera creazione: è l'uomo, è per lui
che esistono il cielo e la terra e il mare e la totalità della
creazione, ed è alla sua salvezza che Dio ha dato tanta importanza da
non risparmiare, per lui, neppure il suo Figlio Unigenito. Dio infatti
non ha mai cessato di tutto mettere in atto per far salire l'uomo fino a
sé e farlo sedere alla sua destra [San Giovanni Crisostomo, Sermones in
Genesim, 2, 1: PG 54, 587D-588A].
359 “In
realtà solamente nel Mistero del Verbo incarnato trova vera luce il
mistero dell'uomo”: [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]
Il beato Apostolo ci ha fatto sapere che due uomini
hanno dato principio al genere umano: Adamo e Cristo... “Il primo
uomo, Adamo, - dice - divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo
divenne spirito datore di vita”. Quel primo fu creato da quest'ultimo,
dal quale ricevette l'anima per vivere... Il secondo Adamo plasmò il
primo e gli impresse la propria immagine. E così avvenne poi che egli
ne prese la natura e il nome, per non dover perdere ciò che egli aveva
fatto a sua immagine. C'è un primo Adamo e c'è un ultimo Adamo. Il
primo ha un inizio, l'ultimo non ha fine Proprio quest'ultimo infatti è
veramente il primo dal momento che dice: “Sono io, io solo, il primo e
anche l'ultimo” [San Pietro Crisologo, Sermones, 117 PL 52, 520B, cf
Liturgia delle ore, IV, Uffici delle letture del sabato della
ventinovesima settimana.]
360
Grazie alla comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti
“creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini” ( At 17,26 ): [Cf
Tb 8,6 ]
Meravigliosa
visione che ci fa contemplare il genere umano nell'unità della sua
origine in Dio...; nell'unità della sua natura, composta ugualmente
presso tutti di un corpo materiale e di un'anima spirituale; nell'unità
del suo fine immediato e della sua missione nel mondo; nell'unità del
suo “habitat”: la terra, dei cui beni tutti gli uomini, per diritto
naturale, possono usare per sostentare e sviluppare la vita; nell'unità
del suo fine soprannaturale: Dio stesso, al quale tutti devono tendere;
nell'unità dei mezzi per raggiungere tale fine;... nell'unità del suo
riscatto operato per tutti da Cristo [Pio XII, Lett. enc. Summi
Pontificatus; cf Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 1].
361
“Questa legge di solidarietà umana e di carità”, [Pio XII, Lett.
enc. Summi Pontificatus; cf Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 1] senza
escludere la ricca varietà delle persone, delle culture e dei popoli,
ci assicura che tutti gli uomini sono veramente fratelli.
II. “Corpore et anima unus” - Unità di anima e
di corpo 361 _
362 La
persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e
spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio
simbolico, quando dice che “Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere
vivente” ( Gen 2,7 ). L'uomo tutto intero è quindi voluto da Dio.
363
Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana,
[Cf Mt 16,25-26; Gv 15,13 ] oppure tutta la persona umana [Cf At 2,41 ].
Ma designa anche tutto ciò che nell'uomo vi è di più intimo [Cf Mt
26,38; Gv 12,27 ] e di maggior valore, [Cf Mt 10,28; 2Mac 6,30 ] ciò
per cui più particolarmente egli è immagine di Dio: “anima”
significa il principio spirituale nell'uomo.
364 Il
corpo dell'uomo partecipa alla dignità di “immagine di Dio”: è
corpo umano proprio perché è animato dall'anima spirituale, ed è la
persona umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel Corpo di
Cristo, il tempio dello Spirito [Cf 1Cor 6,19-20; 1Cor 15,44-45 ].
Unità di
anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione
corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso
di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il
Creatore. Allora, non è lecito all'uomo disprezzare la vita corporale;
egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio
corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione
nell'ultimo giorno [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 14].
365 L
'unità
dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima
come la “forma” del corpo; [Cf Concilio di Vienne (1312): Denz. -Schönm.,
902] ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo composto di
materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo,
non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura.
366
La Chiesa
insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio [Cf Pio
XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3896; Paolo VI, Credo
del popolo di Dio, 8] - non è “prodotta” dai genitori - ed è
immortale: [Cf Concilio Lateranense V (1513): Denz. -Schönm., 1440]
essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte,
e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.
367
Talvolta si dà il caso che l'anima sia distinta dallo spirito. Così
san Paolo prega perché il nostro essere tutto intero, “spirito, anima
e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore” ( 1Ts
5,23 ).
La Chiesa
insegna che tale distinzione non introduce una dualità nell'anima
[Concilio di Costantinopoli IV (870): Denz. -Schönm., 657].
“Spirito” significa che sin dalla sua creazione l'uomo è ordinato
al suo fine sopranna turale, [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm.,
3005; cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22] e che la sua anima è
capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con Dio [Cf Pio
XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3891].
368 La
tradizione spirituale della Chiesa insiste anche sul cuore, nel senso
biblico di “profondità dell'essere”,[Cf Ger 31,33 ] dove la persona
si decide o no per Dio [Cf Dt 6,5; Dt 29,3; Is 29,13; Ez 36,22; Mt 6,21;
Lc 8,15; Rm 5,5 ].
III. “Maschio e femmina li creò”
Uguaglianza e diversità volute da Dio
369 L
'uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta
uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l'altro verso,
nel loro rispettivo essere di maschio e di femmina. “Essere uomo”,
“essere donna” è una realtà buona e voluta da Dio: l'uomo e la
donna hanno una insopprimibile dignità, che viene loro direttamente da
Dio, loro Creatore [Cf Gen 2,7; Gen 2,22 ]. L'uomo e la donna sono, con
una identica dignità, “a immagine di Dio”. Nel loro
“essere-uomo” ed “essere-donna”, riflettono la sapienza e la
bontà del Creatore.
370 Dio
non è a immagine dell'uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro
spirito, e in lui, perciò, non c'è spazio per le differenze di sesso.
Ma le “perfezioni” dell'uomo e della donna riflettono qualche cosa
dell'infinita perfezione di Dio: quelle di una madre [Cf Is 49,14-15; Is
66,13; Sal 131,2-3 ] e quelle di un padre e di uno sposo [Cf Os 11,1-4;
370 Ger 3,4-19 ].
“L'uno per l'altro” - “una unità a due”
371
Creati insieme, l'uomo e la donna sono voluti da Dio l'uno per l'altro.
La Parola
di Dio ce lo lascia capire attraverso diversi passi del testo sacro.
“Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile” ( Gen 2,18 ). Nessuno degli animali può essere questo “vis-à-vis”
dell'uomo [Cf Gen 2,19-20 ]. La donna che Dio “plasma” con la
costola tolta all'uomo e che conduce all'uomo, strappa all'uomo un grido
d'ammirazione, un'esclamazione d'amore e di comunione: “Questa volta
essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” ( Gen 2,23 ).
L'uomo scopre la donna come un altro “io”, della stessa umanità.
372 L
'uomo e la donna sono fatti “l'uno per l'altro”: non già che Dio li
abbia creati “a metà” ed “incompleti”; li ha creati per una
comunione di persone, nella quale ognuno può essere “aiuto” per
l'altro, perché sono ad un tempo uguali in quanto persone (osso dalle
mie ossa. . . ”) e complementari in quanto maschio e femmina. Nel
matrimonio, Dio li unisce in modo che, formando “una sola carne” (
Gen 2,24 ), possano trasmettere la vita umana: “Siate fecondi e
moltiplicatevi,riempite la terra”( Gen 1,28 ) Trasmettendo ai loro
figli la vita umana, l'uomo e la donna, come sposi e genitori, cooperano
in un modo unico all'opera del Creatore [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 50].
373 Nel
disegno di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a “dominare” la
terra [Cf Gen 1,28 ] come “amministratori” di Dio. Questa sovranità
non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del
Creatore, “che ama tutte le cose esistenti” ( Sap 11,24 ), l'uomo e
la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le
altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo
che Dio ha loro affidato.
IV. L'uomo nel Paradiso
374 Il
primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito
in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se
stesso e con la creazione, che saranno superate soltanto dalla gloria
della nuova creazione in Cristo.
375
La Chiesa
, interpretando autenticamente il simbolismo del linguaggio biblico alla
luce del Nuovo Testamento e della Tradizione, insegna che i nostri
progenitori Adamo ed Eva sono stati costituiti in uno stato “di santità
e di giustizia originali” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1511].
La grazia della santità originale era una “partecipazione alla vita
divina” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 2].
376 Tutte
le dimensioni della vita dell'uomo erano potenziate dall'irradiamento di
questa grazia. Finché fosse rimasto nell'intimità divina, l'uomo non
avrebbe dovuto né morire, [Cf Gen 2,17; Gen 3,19 ] né soffrire [Cf Gen
3,16 ]. L'armonia interiore della persona umana, l'armonia tra l'uomo e
la donna, [Cf Gen 2,25 ] infine l'armonia tra la prima coppia e tutta la
creazione costituiva la condizione detta “giustizia originale”.
377 Il
“dominio” del mondo che Dio, fin dagli inizi, aveva concesso
all'uomo, si realizzava innanzi tutto nell'uomo stesso come padronanza
di sé. L'uomo era integro e ordinato in tutto il suo essere, perché
libero dalla triplice concupiscenza [Cf 1Gv 2,16 ] che lo rende schiavo
dei piaceri dei sensi, della cupidigia dei beni terreni e
dell'affermazione di sé contro gli imperativi della ragione.
378 Il
segno della familiarità dell'uomo con Dio è il fatto che Dio lo
colloca nel giardino, [Cf Gen 2,8 ] dove egli vive “ per coltivarlo e
custodirlo ” ( Gen 2,15 ): il lavoro non è una fatica penosa, [Cf Gen
3,17-19 ] ma la collaborazione dell'uomo e della donna con Dio nel
portare a perfezione la creazione visibile.
379 Per
il peccato dei nostri progenitori andrà perduta tutta l'armonia della
giustizia originale che Dio, nel suo disegno, aveva previsto per l'uomo.
In sintesi
380
“Padre santo, . . . a tua immagine hai formato l'uomo, alle sue mani
operose hai affidato l'universo, perché, nell'obbedienza a te, suo
Creatore, esercitasse il dominio sul creato” [Messale Romano,
Preghiera eucaristica IV].
381 L
'uomo è predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio fatto
uomo - “immagine del Dio invisibile” ( Col 1,15 ) - affinché Cristo
sia il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle [Cf Ef
1,3-6; Rm 8,29 ].
382 L
'uomo è “unità di anima e di corpo” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 14]. La dottrina della fede afferma che l'anima spirituale e
immortale è creata direttamente da Dio.
383
“Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin da principio "maschio
e femmina li creò" ( Gen 1,27 ), e la loro unione costituisce la
prima forma di comunione di persone” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 14].
384
La Rivelazione
ci fa conoscere lo stato di santità e di giustizia originali dell'uomo
e della donna prima del peccato: dalla loro amicizia con Dio derivava la
felicità della loro esistenza nel Paradiso.
Paragrafo 7
LA CADUTA
385 Dio
è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno
sfugge all'esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura -
che appaiono legati ai limiti propri delle creature - e soprattutto al
problema del male morale. Da dove viene il male? “Quaerebam unde malum
et non erat exitus - Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi
risposta”, dice sant'Agostino, [Sant'Agostino, Confessiones, 7, 7, 11]
e la sua sofferta ricerca non troverà sbocco che nella conversione al
Dio vivente. Infatti “il mistero dell'iniquità” ( 2Ts 2,7 ) si
illumina soltanto alla luce del “Mistero della pietà” ( 1Tm 3,16 ).
La rivelazione dell'amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo
l'estensione del male e la sovrabbondanza della grazia [Cf Rm 5,20 ].
Dobbiamo, dunque, affrontare la questione dell'origine del male, tenendo
fisso lo sguardo della nostra fede su colui che, solo, ne è il
vincitore [Cf Lc 11,21-22; Gv 16,11; 1Gv 3,8 ].
I. “Laddove è abbondato il peccato,
ha
sovrabbondato la grazia”
La realtà del peccato
386 Nella
storia dell'uomo è presente il peccato: sarebbe vano cercare di
ignorarlo o di dare altri nomi a questa oscura realtà. Per tentare di
comprendere che cosa sia il peccato, si deve innanzi tutto riconoscere
il profondo legame dell'uomo con Dio, perché, al di fuori di questo
rapporto, il male del peccato non può venire smascherato nella sua vera
identità di rifiuto e di opposizione a Dio, mentre continua a gravare
sulla vita dell'uomo e sulla storia.
387 La
realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini,
si chiarisce soltanto alla luce della Rivelazione divina. Senza la
conoscenza di Dio che essa ci dà, non si può riconoscere chiaramente
il peccato, e si è tentati di spiegarlo semplicemente come un difetto
di crescita, come una debolezza psicologica, un errore, come
l'inevitabile conseguenza di una struttura sociale inadeguata, ecc.
Soltanto conoscendo il disegno di Dio sull'uomo, si capisce che il
peccato è un abuso di quella libertà che Dio dona alle persone create
perché possano amare lui e amarsi reciprocamente.
Il peccato originale - una verità essenziale della
fede
388 Col
progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato.
Sebbene il Popolo di Dio dell'Antico Testamento abbia in qualche modo
conosciuto la condizione umana alla luce della storia della caduta
narrata dalla Genesi, non era però in grado di comprendere il
significato ultimo di tale storia, significato che si manifesta appieno
soltanto alla luce della morte e della Risurrezione di Gesù Cristo [Cf
Rm 5,12-21 ]. Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per
conoscere Adamo come sorgente del peccato. E' lo Spirito Paraclito,
mandato da Cristo risorto, che è venuto a convincere “il mondo quanto
al peccato” ( Gv 16,8 ), rivelando colui che del peccato è il
Redentore.
389 La
dottrina del peccato originale è, per così dire, “il rovescio”
della Buona Novella che Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini, che
tutti hanno bisogno della salvezza e che la salvezza è offerta a tutti
grazie a Cristo.
La Chiesa
, che ha il senso di Cristo, [Cf 1Cor 2,16 ] ben sa che non si può
intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al
Mistero di Cristo.
Per leggere il racconto della caduta
390 Il
racconto della caduta ( Gen 3 ) utilizza un linguaggio di immagini, ma
espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio
della storia dell'uomo [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13].
La Rivelazione
ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla
colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori [Cf Concilio
di Trento: Denz.-Schönm., 1513; Pio XII, Lett.enc. Humani generis:
Denz.-Schönm., 3897; Paolo VI, discorso dell'11 luglio 1966].
II. La caduta degli angeli
391
Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce
seduttrice, che si oppone a Dio, [Cf Gen 3,1-5 ] la quale, per invidia,
li fa cadere nella morte [Cf Sap 2,24 ].
La Scrittura
e
la Tradizione
della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o
diavolo [Cf Gv 8,44; 391 Ap 12,9 ].
La Chiesa
insegna che all'inizio era un angelo buono, creato da Dio. “Diabolus
enim et alii dÍmones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per
se facti sunt mali - Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati
creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in
malvagi” [Concilio Lateranense IV (1215): Denz. -Schönm., 800].
392
La Scrittura
parla di un peccato di questi angeli [ Cf 2Pt 2,4 ]. Tale “caduta”
consiste nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta,
radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo
un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai
nostri progenitori: “Diventerete come Dio” ( Gen 3,5 ). “Il
diavolo è peccatore fin dal principio” ( 1Gv 3,8 ), “padre della
menzogna” ( Gv 8,44 ).
393 A
far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il
carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell'infinita
misericordia divina. “Non c'è possibilità di pentimento per loro
dopo la caduta come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini
dopo la morte” [ San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 2, 4: PG
94, 877C].
394
La Scrittura
attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama “omicida fin
dal principio” ( Gv 8,44 ), e che ha perfino tentato di distogliere
Gesù dalla missione affidatagli dal Padre [Cf Mt 4,1-11 ]. “Il Figlio
di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo” ( 1Gv 3,8 ).
Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è stata la
seduzione menzognera che ha indotto l'uomo a disobbedire a Dio.
395 La
potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura,
potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura:
non può impedire l'edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca
nel mondo per odio contro Dio e il suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene
la sua azione causi gravi danni - di natura spirituale e indirettamente
anche di natura fisica - per ogni uomo e per la società, questa azione
è permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo
e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività
diabolica è un grande mistero, ma “noi sappiamo che tutto concorre al
bene di coloro che amano Dio” ( Rm 8,28 ).
III. Il peccato originale
La prova della libertà
396 Dio
ha creato l'uomo a sua immagine e l'ha costituito nella sua amicizia.
Creatura spirituale, l'uomo non può vivere questa amicizia che come
libera sottomissione a Dio. Questo è il significato del divieto fatto
all'uomo di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male,
“perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti” ( Gen 2,17 ).
“L'albero della conoscenza del bene e del male” ( Gen 2,17 ) evoca
simbolicamente il limite invalicabile che l'uomo, in quanto creatura,
deve liberamente riconoscere e con fiducia rispettare. L'uomo dipende
dal Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e alle norme
morali che regolano l'uso della libertà.
Il primo peccato dell'uomo
397 L
'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la
fiducia nei confronti del suo Creatore [Cf Gen 3,1-11 ] e, abusando
della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò
è consistito il primo peccato dell'uomo [Cf Rm 5,19 ]. In seguito, ogni
peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella
sua bontà.
398 Con
questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha
disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le
esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro
il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era
destinato ad essere pienamente “divinizzato” da Dio nella gloria.
Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare “come Dio”, [Cf Gen 3,5 ]
ma “senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio” [San Massimo
il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91, 1156C].
399
La Scrittura
mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo
ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale [Cf Rm
3,23 ]. Hanno paura di quel Dio [Cf Gen 3,9-10 ] di cui si son fatti una
falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative
[Cf Gen 3,5 ].
400 L
'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale,
è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul
corpo è infranta; [Cf Gen 3,7 ] l'unione dell'uomo e della donna è
sottoposta a tensioni; [Cf Gen 3,11-13 ] i loro rapporti saranno segnati
dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento [Cf Gen 3,16 ].
L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è
diventata aliena e ostile all'uomo [Cf Gen 3,17; Gen 3,19 ]. A causa
dell'uomo, la creazione è “sottomessa alla caducità” ( Rm 8,20 ).
Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della
disobbedienza [Cf Gen 2,17 ] si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere,
quella polvere dalla quale è stato tratto [Cf Gen 3,19 ]. La morte
entra nella storia dell'umanità [Cf Rm 5,12 ].
401 Dopo
questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera “invasione”
del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele; [Cf Gen
4,3-15 ] la corruzione universale quale conseguenza del peccato; [Cf Gen
6,5; Gen 6,12; Rm 1,18-32 ] nella storia d'Israele, il peccato si
manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio
dell'Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo
la Redenzione
di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi [Cf
1Cor 1-6; Ap 2-3 ].
La Scrittura
e
la Tradizione
della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l'universalità del
peccato nella storia dell'uomo:
Quel che
ci viene manifestato dalla Rivelazione divina concorda con la stessa
esperienza. Infatti, se l'uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre
anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo
derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere
Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto
al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia
verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create
[Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13].
Conseguenze del peccato di Adamo per l'umanità
402 Tutti
gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. San Paolo lo afferma:
“Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti
peccatori” ( Rm 5,19 ); “Come a causa di un solo uomo il peccato è
entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha
raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. . . ” ( Rm
5,12 ). All'universalità del peccato e della morte l'Apostolo
contrappone l'universalità della salvezza in Cristo: “Come dunque per
la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna,
così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli
uomini la giustificazione che dà vita” ( Rm 5,18 ).
403 Sulle
orme di san Paolo
la Chiesa
ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime gli uomini e la
loro inclinazione al male e alla morte non si possono comprendere senza
il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli
ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che è
“morte dell'anima” [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1512].
Per questa certezza di fede,
la Chiesa
amministra il Battesimo per la remissione dei peccati anche ai bambini
che non hanno commesso peccati personali [Cf ibid., 1514].
404 In
che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi
discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo “sicut unum corpus
unius hominis - come un unico corpo di un unico uomo” [San Tommaso
d'Aquino, Quaestiones disputatae de malo, 4, 1]. Per questa “unità
del genere umano” tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di
Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo.
Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non
possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo
aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé,
ma per tutta la natura umana: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva
commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura
umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta [Cf Concilio di
Trento: Denz. -Schönm., 1511-1512]. Si tratta di un peccato che sarà
trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione
di una natura umana privata della santità e della giustizia originali.
Per questo il peccato originale è chiamato “peccato” in modo
analogico: è un peccato “contratto” e non “commesso”, uno stato
e non un atto.
405 Il
peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, [Cf ibid., 1513] in
nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste
nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la
natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie
forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere
della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è
chiamata “concupiscenza”). Il Battesimo, donando la vita della
grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo
verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e
incline al male rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento
spirituale.
406 La
dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata
precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta
della riflessione di sant'Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI
secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio riteneva che
l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto
necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente
buona; in tal modo riduceva l'influenza della colpa di Adamo a quella di
un cattivo esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti
insegnavano che l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà
annullata dal peccato delle origini; identificavano il peccato ereditato
da ogni uomo con l'inclinazione al male (concupiscentia”), che sarebbe
invincibile.
La Chiesa
si è pronunciata sul senso del dato rivelato concernente il peccato
originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel 529 [Cf Concilio di
Orange II: Denz.-Schönm., 371-372] e nel Concilio di Trento nel 1546
[Cf Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1510-1516].
Un duro combattimento
407 La
dottrina sul peccato originale - connessa strettamente con quella della
Redenzione operata da Cristo - offre uno sguardo di lucido discernimento
sulla situazione dell'uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del
peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio
sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta
“la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere,
cioè il diavolo” [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1510-1516].
Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di
gravi errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione
sociale [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25] e dei
costumi.
408 Le
conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli
uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa,
che può essere definita con l'espressione di san Giovanni: “il
peccato del mondo” ( Gv 1,29 ). Con questa espressione viene anche
significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle
situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei
peccati degli uomini [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et
paenitentia, 16].
409 La
drammatica condizione del mondo che “giace” tutto “sotto il potere
del maligno” ( 1Gv 5,19 ), [Cf 1Pt 5,8 ] fa della vita dell'uomo una
lotta:
Tutta
intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro
le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo,
che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in
questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare
unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a
prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 37].
IV. “Tu non l'hai abbandonato in potere della
morte”
410 Dopo
la caduta, l'uomo non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio lo
chiama, [Cf Gen 3,9 ] e gli predice in modo misterioso che il male sarà
vinto e che l'uomo sarà sollevato dalla caduta [Cf Gen 3,15 ]. Questo
passo della Genesi è stato chiamato “Protovangelo”, poiché è il
primo annunzio del Messia redentore, di una lotta tra il serpente e
la Donna
e della vittoria finale di un discendente di lei.
411
La Tradizione
cristiana vede in questo passo un annunzio del “nuovo Adamo”, [Cf
1Cor 15,21-22; 411 1Cor 15,45 ] che, con la sua obbedienza “fino alla
morte di croce” ( Fil 2,8 ) ripara sovrabbondantemente la
disobbedienza di Adamo [Cf Rm 5,19-20 ]. Inoltre, numerosi Padri e
dottori della Chiesa vedono nella Donna annunziata nel
“protovangelo”
la Madre
di Cristo, Maria, come “nuova Eva”. Ella è stata colei che, per
prima e in una maniera unica, ha beneficiato della vittoria sul peccato
riportata da Cristo: è stata preservata da ogni macchia del peccato
originale [Cf Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: Denz. -Schönm., 2803] e,
durante tutta la sua vita terrena, per una speciale grazia di Dio, non
ha commesso alcun peccato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm.,
1573].
412 Ma
perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno
risponde: “L'ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di
quelli di cui l'invidia del demonio ci aveva privati” [San Leone
Magno, Sermones, 73, 4: PL 54, 396]. E san Tommaso d'Aquino: “Nulla si
oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più
alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per
trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo:
"Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia"
( Rm 5,20 ). E il canto dell'Exultet: "O felice colpa, che ha
meritato un tale e così grande Redentore!"” [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, III, 1, 3, ad 3].
In sintesi
413
“Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. . .
La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” ( Sap 1,13; Sap
2,24 ).
414
Satana o il diavolo e gli altri demoni sono angeli decaduti per avere
liberamente rifiutato di servire Dio e il suo disegno. La loro scelta
contro Dio è definitiva. Essi tentano di associare l'uomo alla loro
ribellione contro Dio.
415
“Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato
dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della sua libertà,
erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori
di Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13].
416 Per
il suo peccato, Adamo, in quanto primo uomo, ha perso la santità e la
giustizia originali che aveva ricevute da Dio non soltanto per sé, ma
per tutti gli esseri umani.
417 Adamo
ed Eva alla loro discendenza hanno trasmesso la natura umana ferita dal
loro primo peccato, privata, quindi, della santità e della giustizia
originali. Questa privazione è chiamata “peccato originale”.
418 In
conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle
sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della
morte, e inclinata al peccato (inclinazione che è chiamata “con
cupiscenza”).
419
“Noi dunque riteniamo, con il Concilio di Trento, che il peccato
originale viene trasmesso insieme con la natura umana, "non per
imitazione ma per propagazione", e che perciò è "proprio a
ciascuno"” [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 16].
420 La
vittoria sul peccato riportata da Cristo ci ha donato beni migliori di
quelli che il peccato ci aveva tolto: “Laddove è abbondato il
peccato, ha sovrabbondato la grazia” ( Rm 5,20 ).
421
Secondo la fede dei cristiani, questo mondo è stato “creato” ed è
“conservato nell'esistenza dall'amore del Creatore”; questo mondo è
“certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma liberato da
Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno...” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 2].
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