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PARTE PRIMA -
LA PROFESSIONE DELLA
FEDE
SEZIONE SECONDA -
LA PROFESSIONE DELLA
FEDE CRISTIANA
CAPITOLO SECONDO -
CREDO IN GESU' CRISTO, IL FIGLIO UNIGENITO DI DIO
La Buona Novella
: Dio ha
mandato il suo Figlio
422 “Ma
quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna, nato sotto
la Legge
, per riscattare coloro che erano sotto
la Legge
, perché ricevessimo l'adozione a figli” ( Gal 4,4-5 ). Ecco
la Buona Novella
riguardante “Gesù Cristo, Figlio di Dio” ( Mc 1,1 ): Dio ha
visitato il suo popolo, [Cf Lc 1,68 ] ha adempiuto le promesse fatte ad
Abramo ed alla sua discendenza; [Cf Lc 1,55 ] ed è andato oltre ogni
attesa: ha mandato il suo “Figlio prediletto” ( Mc 1,11 ).
423 Noi
crediamo e professiamo che Gesù di Nazaret, nato ebreo da una figlia
d'Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell'imperatore
Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme,
sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l'imperatore Tiberio,
è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è “venuto da Dio” (
Gv 13,3 ), “disceso dal cielo” ( Gv 3,13; Gv 6,33 ), “venuto nella
carne” ( 1Gv 4,2 ); infatti “il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di
unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità... Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” ( Gv 1,14; Gv 1,16 ).
424 Mossi
dalla grazia dello Spirito Santo e attirati dal Padre, noi, riguardo a
Gesù, crediamo e confessiamo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente” ( Mt 16,16 ). Sulla roccia di questa fede, confessata da san
Pietro, Cristo ha fondato la sua Chiesa [Cf Mt 16,18; San Leone Magno,
Sermones, 4, 3: PL 54, 151; 51, 1: PL 54, 309B; 62, 2: PL 54, 350C-351A;
83, 3: PL 54, 432A].
“Annunziare... le imperscrutabili ricchezze di
Cristo
425 La
trasmissione della fede cristiana è innanzitutto l'annunzio di Gesù
Cristo, allo scopo di condurre alla fede in lui. Fin dall'inizio, i
primi discepoli sono stati presi dal desiderio ardente di annunziare
Cristo: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e
ascoltato” ( At 4,20 ). Essi invitano gli uomini di tutti i tempi ad
entrare nella gioia della loro comunione con Cristo:
Ciò che
noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò
che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato,
ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi
l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la
vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi),
quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché
anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e
col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra
gioia sia perfetta ( 1Gv 1,1-4 ).
Al centro della catechesi: Cristo
426 “Al
centro della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella
di Gesù di Nazaret, unigenito del Padre. . . , il quale ha sofferto ed
è morto per noi e ora, risorto, vive per sempre con noi. . .
Catechizzare. . . è, dunque, svelare nella persona di Cristo l'intero
disegno di Dio. . . E' cercare di comprendere il significato dei gesti e
delle parole di Cristo, dei segni da lui operati” [Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Catechesi tradendae, 5]. Lo scopo della catechesi:
“Mettere. . . in comunione. . . con Gesù Cristo: egli solo può
condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla
vita della Santa Trinità” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi
tradendae, 5].
427
“Nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene
insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui;... solo Cristo
insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo
portavoce, consentendo a Cristo di insegnare per bocca sua... Ogni
catechista dovrebbe poter applicare a se stesso la misteriosa parola di
Gesù: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha
mandato" ( Gv 7,16 )” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi
tradendae, 5].
428 Colui
che è chiamato a “insegnare Cristo”, deve dunque cercare innanzi
tutto quel guadagno che è la “sublimità della conoscenza di
Cristo”; bisogna accettare di perdere tutto, “al fine di guadagnare
Cristo e di essere trovato in lui”, e di “conoscere lui, la potenza
della sua Risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze,
diventandogli conforme nella morte con la speranza di giungere alla
risurrezione dai morti” ( Fil 3,8-11 ).
429 Da
questa amorosa conoscenza di Cristo nasce irresistibile il desiderio di
annunziare, di “evangelizzare”, e di condurre altri al “sì”
della fede in Gesù Cristo. Nello stesso tempo si fa anche sentire il
bisogno di conoscere sempre meglio questa fede. A tal fine, seguendo
l'ordine del Simbolo della fede, saranno innanzi tutto presentati i
principali titoli di Gesù: Cristo, Figlio di Dio, Signore (articolo 2).
Il Simbolo successivamente confessa i principali misteri della vita di
Cristo: quelli della sua Incarnazione (articolo 3), quelli della sua
Pasqua (articoli 4 e 5), infine quelli della sua glorificazione
(articoli 6 e 7).
Articolo
2
“E IN GESU' CRISTO, SUO UNICO FIGLIO, NOSTRO
SIGNORE”
I. Gesù
430 Gesù
in ebraico significa: “Dio salva”. Al momento dell'Annunciazione,
l'angelo Gabriele dice che il suo nome proprio sarà Gesù, nome che
esprime ad un tempo la sua identità e la sua missione [Cf Lc 1,31 ].
Poiché Dio solo può rimettere i peccati, [Cf Mc 2,7 ] è lui che, in
Gesù, il suo Figlio eterno fatto uomo, “salverà il suo popolo dai
suoi peccati” ( Mt 1,21 ). Così, in Gesù, Dio ricapitola tutta la
sua storia di salvezza a vantaggio degli uomini.
431 Nella
storia della salvezza, Dio non si è limitato a liberare Israele
“dalla condizione servile” ( Dt 5,6 ) facendolo uscire dall'Egitto;
lo salva anche dal suo peccato. Poiché il peccato è sempre un'offesa
fatta a Dio, [Cf Sal 51,6 ] solo Dio lo può cancellare [Cf Sal 51,11 ].
Per questo Israele, prendendo sempre più coscienza dell'universalità
del peccato, non potrà più cercare la salvezza se non nell'invocazione
del nome del Dio Redentore [Cf Sal 79,9 ].
432 Il
nome di Gesù significa che il Nome stesso di Dio è presente nella
persona del Figlio suo [Cf At 5,41; 3Gv 1,7 ] fatto uomo per
l'universale e definitiva Redenzione dei peccati. E' il nome divino che
solo reca la salvezza, [Cf Gv 3,18; At 2,21 ] e può ormai essere
invocato da tutti perché, mediante l'Incarnazione, egli si è unito a
tutti gli uomini [Cf Rm 10,6-13 ] in modo tale che “non vi è altro
nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo
essere salvati” ( At 4,12 ) [Cf At 9,14; Gc 2,7 ].
433 Il
Nome del Dio Salvatore era invocato una sola volta all'anno, per
l'espiazione dei peccati d'Israele, dal sommo sacerdote, dopo che questi
aveva asperso col sangue del sacrificio il propiziatorio del Santo dei
Santi [Cf Lv 16,15-16; Sir 50,20; Eb 9,7 ]. Il Il propiziatorio era il
luogo della presenza di Dio [Cf Es 25,22; Lv 16,2; Nm 7,89; Eb 9,5 ].
Quando san Paolo dice di Gesù che “Dio l'ha stabilito a servire come
strumento di espiazione... nel suo sangue” ( Rm 3,25 ), intende
affermare che nella sua umanità “era Dio a riconciliare a sé il
mondo in Cristo” ( 2Cor 5,19 ).
434
La Risurrezione
di Gesù glorifica il nome di Dio Salvatore [Cf Gv 12,28 ] perché ormai
è il nome di Gesù che manifesta in pienezza la suprema potenza del
“Nome che è al di sopra di ogni altro nome” ( Fil 2,9-10 ). Gli
spiriti malvagi temono il suo nome [Cf At 16,16-18; At 19,13-16 ] ed è
nel suo nome che i discepoli di Gesù compiono miracoli; [Cf Mc 16,17 ]
infatti tutto ciò che essi chiedono al Padre nel suo nome, il Padre lo
concede [Cf Gv 15,16 ].
435 Il
nome di Gesù è al centro della preghiera cristiana. Tutte le orazioni
liturgiche terminano con la formula “per Dominum nostrum Jesum
Christum... - per il nostro Signore Gesù Cristo...”. L' “Ave,
Maria” culmina in “e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù”. La
preghiera del cuore, consueta presso gli orientali è chiamata
“preghiera di Gesù”, dice: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio,
abbi pietà di me peccatore”. Parecchi cristiani muoiono con la sola
parola “Gesù” sulle labbra, come santa Giovanna d'Arco.
II. Cristo
436
Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico “Messia” che
significa “unto”. Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché
egli compie perfettamente la missione divina da esso significata.
Infatti in Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui
consacrati per una mis sione che egli aveva loro affidato. Era il caso
dei re, [Cf 1Sam 9,16; 1Sam 10,1; 1Sam 16,1; 1Sam 16,12-13; 436 1Re 1,39
] dei sacerdoti [Cf Es 29,7; Lv 8,12 ] e, in rari casi, dei profeti [Cf
1Re 19,16 ]. Tale doveva essere per eccellenza il caso del Messia che
Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno [Cf Sal
2,2; At 4,26-27 ]. Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del
Signore, [Cf Is 11,2 ] ad un tempo come re e sacerdote [Cf Zc 4,14; Zc
6,13 ] ma anche come profeta [Cf Is 61,1; Lc 4,16-21 ]. Gesù ha
realizzato la speranza messianica di Israele nella sua triplice funzione
di sacerdote, profeta e re.
437 L
'angelo ha annunziato ai pastori la nascita di Gesù come quella del
Messia promesso a Israele: “Oggi vi è nato nella città di Davide un
Salvatore che è il Cristo Signore” ( Lc 2,11 ). Fin da principio egli
è “colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo” ( Gv 10,36
), concepito come “santo” ( Lc 1,35 ) nel grembo verginale di Maria.
Giuseppe è stato chiamato da Dio a “prendere” con sé “Maria”
sua “sposa”, incinta di “quel che è generato in lei. . . dallo
Spirito Santo” ( Mt 1,20 ), affinché Gesù, “chiamato Cristo”,
nasca dalla sposa di Giuseppe nella discendenza messianica di Davide (
Mt 1,16 ) [Cf Rm 1,3; 2Tm 2,8; Ap 22,16 ].
438 La
consacrazione messianica di Gesù rivela la sua missione divina. “E',
d'altronde, ciò che indica il suo stesso nome, perché nel nome di
Cristo è sottinteso colui che ha unto, colui che è stato unto e
l'unzione stessa di cui è stato unto: colui che ha unto è il Padre,
colui che è stato unto è il Figlio, ed è stato unto nello Spirito che
è l'unzione” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 3]. La
sua consacrazione messianica eterna si è rivelata nel tempo della sua
vita terrena nel momento in cui fu battezzato da Giovanni, quando Dio lo
“consacrò in Spirito Santo e potenza” ( At 10,38 ) “perché egli
fosse fatto conoscere a Israele” ( Gv 1,31 ) come suo Messia. Le sue
opere e le sue parole lo riveleranno come “il Santo di Dio” ( Mc
1,24; Gv 6,69; At 3,14 ).
439
Numerosi giudei ed anche alcuni pagani che condividevano la loro
speranza hanno riconosciuto in Gesù i tratti fondamentali del “figlio
di Davide” messianico promesso da Dio a Israele [Cf Mt 2,2; Mt 9,27;
Mt 12,23; Mt 15,22; Mt 20,30; 439 Mt 21,9; Mt 2,15 ]. Gesù ha accettato
il titolo di Messia cui aveva diritto, [Cf Gv 4,25-26; Gv 11,27 ] ma non
senza riserve, perché una parte dei suoi contemporanei lo intendevano
secondo una concezione troppo umana, [Cf Mt 22,41-46 ] essenzialmente
politica [Cf Gv 6,15; Lc 24,21 ].
440 Gesù
ha accettato la professione di fede di Pietro che lo riconosceva quale
Messia, annunziando la passione ormai vicina del Figlio dell'uomo [Cf Mt
16,16-23 ]. Egli ha così svelato il contenuto autentico della sua
regalità messianica, nell'identità trascendente del Figlio dell'uomo
“che è disceso dal cielo” ( Gv 3,13 ), [Cf Gv 6,62; 440 Dn 7,13 ]
come pure nella sua missione redentrice quale Servo sofferente: “Il
Figlio dell'uomo. . . non è venuto per essere servito, ma per servire e
dare la sua vita in riscatto per molti” ( Mt 20,28 ) [Cf Is 53,10-12
]. Per questo il vero senso della sua regalità si manifesta soltanto
dall'alto della croce [Cf Gv 19,19-22; Lc 23,39-43 ]. Solo dopo
la Risurrezione
, la sua regalità messianica potrà essere proclamata da Pietro davanti
al popolo di Dio: “Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele
che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete
crocifisso!” ( At 2,36 ).
III. Figlio Unigenito di Dio
441
Figlio di Dio, nell'Antico Testamento, è un titolo dato agli angeli, [Cf
Dt (LXX) 32, 8; Gb 1,6 ] al popolo dell'elezione, [Cf Es 4,22; Os 11,1;
441 Ger 3,19; Sir 36,11; Sap 18,13 ] ai figli d'Israele [Cf Dt 14,1; Os
2,1 ] e ai loro re [Cf 2Sam 7,14; Sal 82,6 ]. In tali casi ha il
significato di una filiazione adottiva che stabilisce tra Dio e la sua
creatura relazioni di una particolare intimità. Quando il Re-Messia
promesso è detto “figlio di Dio”, [Cf 1Cr 17,13; Sal 2,7 ] ciò non
implica necessariamente, secondo il senso letterale di quei testi, che
egli sia più che umano. Coloro che hanno designato così Gesù in
quanto Messia d'Israele [Cf Mt 27,54 ] forse non hanno inteso dire di più
[Cf Lc 23,47 ].
442 Non
è la stessa cosa per Pietro quando confessa Gesù come “il Cristo, il
Figlio del Dio vivente” ( Mt 16,16 ), perché Gesù risponde con
solennità: “Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il
Padre mio che sta nei cieli” ( Mt 16,17 ). Parallelamente Paolo, a
proposito della sua conversione sulla strada di Damasco, dirà:
“Quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con
la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo
annunziassi in mezzo ai pagani.. . ” ( Gal 1,15-16 ). “Subito nelle
sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio” ( At 9,20 ). Questo sarà
fin dagli inizi [Cf 1Ts 1,10 ] il centro della fede apostolica [Cf Gv
20,31 ] professata prima di tutti da Pietro quale fondamento della
Chiesa [Cf Mt 16,18 ].
443 Se
Pietro ha potuto riconoscere il carattere trascendente della filiazione
divina di Gesù Messia, è perché egli l'ha lasciato chiaramente
intendere. Davanti al sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: “Tu
dunque sei il Figlio di Dio?”, Gesù ha risposto: “Lo dite voi
stessi: io lo sono” ( Lc 22,70 ) [Cf Mt 26,64; Mc 14,61 ]. Già molto
prima, egli si era designato come “il Figlio” che conosce il Padre,
[Cf Mt 11,27; Mt 21,37-38 ] che è distinto dai “servi” che Dio in
precedenza ha mandato al suo popolo, [ Cf Mt 21,34-36 ] superiore agli
stessi angeli [ Cf Mt 24,36 ]. Egli ha differenziato la sua filiazione
da quella dei suoi discepoli non dicendo mai “Padre nostro” [Cf Mt
5,48; Mt 6,8; Mt 7,21; 443 Lc 11,13 ] tranne che per comandar loro: “
Voi dunque pregate così: Padre nostro” ( Mt 6,9 ); e ha sottolineato
tale distinzione: “Padre mio e Padre vostro” ( Gv 20,17 ).
444 I
Vangeli riferiscono in due momenti solenni, il Battesimo e
la Trasfigurazione
di Cristo, la voce del Padre che lo designa come il suo “Figlio
prediletto” [Cf Mt 3,17; Mt 17,5 ]. Gesù presenta se stesso come
“il Figlio unigenito di Dio” ( Gv 3,16 ) e con tale titolo afferma
la sua preesistenza eterna [Cf Gv 10,36 ]. Egli chiede la fede “nel
Nome del Figlio unigenito di Dio” ( Gv 3,18 ). Questa confessione
cristiana appare già nell'esclamazione del centurione davanti a Gesù
in croce: “Veramente quest'uomo era il Figlio di Dio” ( Mc 15,39 );
infatti soltanto nel Mistero pasquale il credente può dare al titolo
“Figlio di Dio” il suo pieno significato.
445 Dopo
la Risurrezione
la sua filiazione divina appare nella potenza della sua umanità
glorificata: egli è stato costituito “Figlio di Dio con potenza
secondo lo Spirito di santificazione mediante
la Risurrezione
dai morti” ( Rm 1,4 ) [Cf At 13,33 ]. Gli Apostoli potranno
confessare: “Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal
Padre, pieno di grazia e di verità” ( Gv 1,14 ).
IV. Signore
446 Nella
traduzione greca dei libri dell'Antico Testamento, il nome ineffabile
sotto il quale Dio si è rivelato a Mosè, [Cf Es 3,14 ] YHWH, è reso
con “Kyrios” [Signore”]. Da allora Signore diventa il nome più
abituale per indicare la stessa divinità del Dio di Israele. Il Nuovo
Testamento utilizza in questo senso forte il titolo di “Signore” per
il Padre, ma, ed è questa la novità, anche per Gesù riconosciuto così
egli stesso come Dio [Cf 1Cor 2,8 ].
447 Gesù
stesso attribuisce a sé, in maniera velata, tale titolo allorché
discute con i farisei sul senso del Salmo 110, [Cf Mt 22,41-46; cf anche
At 2,34-36; Eb 1,13 ] ma anche in modo esplicito rivolgendosi ai suoi
Apostoli [Cf Gv 13,13 ]. Durante la sua vita pubblica i suoi gesti di
potenza sulla natura, sulle malattie, sui demoni, sulla morte e sul
peccato, manifestavano la sua sovranità divina.
448 Molto
spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù chiamandolo
“Signore”. Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di coloro
che si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione [ Cf Mt
8,2; Mt 14,30; Mt 15,22; e. a]. Pronunciato sotto la mozione dello
Spirito Santo, esprime il riconoscimento del Mistero divino di Gesù [Cf
Lc 1,43; Lc 2,11 ]. Nell'incontro con Gesù risorto, diventa espressione
di adorazione: “Mio Signore e mio Dio!” ( Gv 20,28 ). Assume allora
una connotazione d'amore e d'affetto che resterà peculiare della
tradizione cristiana: “E' il Signore!”( Gv 21,7 ).
449
Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, le prime confessioni di
fede della Chiesa affermano, fin dall'inizio, [Cf At 2,34-36 ] che la
potenza, l'onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù,
[Cf Rm 9,5; Tt 2,13; Ap 5,13 ] perché egli è di “natura divina” (
Fil 2,6 ) e che il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù
risuscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria [Cf Rm 10,9;
1Cor 12,3; Fil 2,9-11 ].
450 Fin
dall'inizio della storia cristiana, l'affermazione della signoria di Gesù
sul mondo e sulla storia [Cf Ap 11,15 ] comporta anche il riconoscimento
che l'uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo
asso luto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore
Gesù Cristo: Cesare non è “il Signore” [Cf Mc 12,17; At 5,29 ].
“
La Chiesa
crede. . . di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e
il fine di tutta la storia umana” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 10; cf 45].
451 La
preghiera cristiana è contrassegnata dal titolo “Signore”, sia che
si tratti dell'invito alla preghiera: “Il Signore sia con voi”, sia
della conclusione della preghiera: “Per il nostro Signore Gesù
Cristo”, o anche del grido pieno di fiducia e di speranza: “Maran
atha” (Il Signore viene!”), oppure “Marana tha” (Vieni,
Signore!”) ( 1Cor 16,22 ), “Amen, vieni, Signore Gesù!” ( Ap
22,20 ).
In sintesi
452 Il
Nome “Gesù” significa “Dio che salva”. Il Bambino nato dalla
Vergine Maria è chiamato “Gesù” “perché salverà il suo popolo
dai suoi peccati” ( Mt 1,21 ): “Non vi è altro Nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere
salvati” ( At 4,12 ).
453 Il
nome “Cristo” significa “Unto”, “Messia”. Gesù è il Cristo
perché Dio lo “consacrò in Spirito Santo e potenza” ( At 10,38 ).
Egli era colui che doveva venire , [Cf Lc 7,19 ] l'oggetto “della
speranza d'Israele” ( At 28,20 ).
454 Il
nome “Figlio di Dio” indica la relazione unica ed eterna di Gesù
Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio unigenito del Padre [Cf Gv
1,14; Gv 1,18; 454 Gv 3,16; Gv 1,18 ] e Dio egli stesso [Cf Gv 1,1 ].
Per essere cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di
Dio [Cf At 8,37; 1Gv 2,23 ].
455 Il
nome “Signore” indica la sovranità divina. Confessare o invocare
Gesù come Signore, è credere nella sua divinità. “Nessuno può dire
"Gesù è il Signore" se non sotto l'azione dello Spirito
Santo” ( 1Cor 12,3 ).
Articolo 3
“GESU'
CRISTO FU CONCEPITO PER OPERA DELLO
SPIRITO
SANTO, NACQUE DA MARIA VERGINE”
Paragrafo
1
IL FIGLIO
DI DIO SI E' FATTO UOMO
I. Perché il Verbo si è fatto carne
456 Con
il Credo di Nicea-Costantinopoli confessiamo che il Verbo: “ Per noi
uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello
Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto
uomo”.
457 Il
Verbo si è fatto carne per salvarci riconciliandoci con Dio: è Dio
“che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati” ( 1Gv 4,10 ). “Il Padre ha mandato
il suo Figlio come Salvatore del mondo” ( 1Gv 4,14 ). “Egli è
apparso per togliere i peccati” ( 1Gv 3,5 ):
La nostra
natura, malata, richiedeva d'essere guarita; decaduta, d'essere
risollevata; morta, di essere risuscitata. Avevamo perduto il possesso
del bene; era necessario che ci fosse restituito. Immersi nelle tenebre,
occorreva che ci fosse portata la luce; perduti, attendevamo un
salvatore; prigionieri, un soccorritore; schiavi, un liberatore. Tutte
queste ragioni erano prive d'importanza? Non erano tali da commuovere
Dio sì da farlo discendere fino alla nostra natura umana per visitarla,
poiché l'umanità si trovava in una condizione tanto miserabile ed
infelice? [San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 15: PG 45, 48B]
458 Il
Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l'amore di Dio:
“In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il
suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui” (
1Gv 4,9 ). “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna” ( Gv 3,16 ).
459 Il
Verbo si è fatto carne per essere nostro modello di santità:
“Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me. . . ” ( Mt 11,29
). “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se
non per mezzo di me” ( Gv 14,6 ). E il Padre, sul monte della
Trasfigurazione, comanda: “Ascoltatelo” ( Mc 9,7 ) [Cf Dt 6,4-5 ].
In realtà, egli è il modello delle Beatitudini e la norma della Legge
nuova: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” ( Gv 15,12 ).
Questo amore implica l'effettiva offerta di se stessi alla sua sequela [Cf
Mc 8,34 ].
460 Il
Verbo si è fatto carne perché diventassimo “partecipi della natura
divina” ( 2Pt 1,4 ): “Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo
si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo: perché l'uomo,
entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione
divina, diventasse figlio di Dio” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 3, 19, 1]. “Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per
farci Dio” [Sant'Atanasio di Alessandria, De Incarnatione, 54, 3: PG
25, 192B]. “Unigenitus Dei Filius, suae divinitatis volens nos esse
participes, naturam nostram assumpsit, ut homines deos faceret factus
homo - L'Unigenito Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi
della sua divinità, assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo,
facesse gli uomini dei” [San Tommaso d'Aquino, Opusculum
57 in
festo Corporis Christi, 1].
II. L'Incarnazione
461
Riprendendo l'espressione di san Giovanni (Il Verbo si fece carne”: Gv
1,14 ),
la Chiesa
chiama “Incarnazione” il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto
una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza.
La Chiesa
canta il Mistero dell'Incarnazione in un inno riportato da san Paolo:
Abbiate
in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur
essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di
servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se
stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce ( Fil
2,5-8 ) [Cf Liturgia delle Ore, Cantico dei Vespri del sabato].
462 Dello
stesso Mistero parla la lettera agli Ebrei:
Per
questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né
sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai
gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto:
Ecco, io vengo. . . per fare la tua volontà ( Eb 10,5-7 ) [ Eb 10,5-7
cita il Sal 40,7-9 (LXX)].
463 La
fede nella reale Incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo
della fede cristiana: “Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio:
ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da
Dio” ( 1Gv 4,2 ). E' la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo
inizio, allorché canta “il grande Mistero della pietà”: “Egli si
manifestò nella carne” ( 1Tm 3,16 ).
III. Vero Dio e vero uomo
464 L
'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio
non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che
sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si
è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero
Dio e vero uomo.
La Chiesa
nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità
di fede contro eresie che la falsificavano.
465 Le
prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera
umanità (docetismo gnostico). Fin dall'epoca apostolica la fede
cristiana ha insistito sulla vera Incarnazione del Figlio di Dio
“venuto nella carne” [Cf 1Gv 4,2-3; 2Gv 1,7 ]. Ma nel terzo secolo,
la Chiesa
ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad
Antiochia, che Gesù Cristo è Figlio di Dio per natura e non per
adozione. Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo
Credo che il Figlio di Dio è “generato, non creato, della stessa
sostanza ["homousios"] del Padre”, e condannò Ario, il
quale sosteneva che “il Figlio di Dio veniva dal nulla” [Concilio di
Nicea I: Denz. -Schönm., 130] e che sarebbe “di un'altra sostanza o
di un'altra essenza rispetto al Padre” [Concilio di Nicea I: Denz.
-Schönm., 130].
466 L
'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla
Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa san
Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel
431 hanno confessato che “il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente
una carne animata da un'anima razionale, si fece uomo” [Concilio di
Efeso: ibid. , 250]. L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che
la Persona
divina del Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del
suo concepimento. Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431
che Maria in tutta verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento
umano del Figlio di Dio nel suo seno; “Madre di Dio. . . non certo
perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine
dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo corpo dotato di
anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il
Verbo è nato secondo la carne” [Concilio di Efeso: ibid., 250].
467 I
monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di
esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del
Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio
Ecumenico, a Calcedonia, nel
451, ha
confessato:
Seguendo
i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e
medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua
divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo,
[composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la
divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, “simile in tutto a
noi, fuorché nel peccato” ( Eb 4,15 ), generato dal Padre prima dei
secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la
nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità.
Un solo e
medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere
in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza
separazione. La differenza delle nature non è affatto negata dalla loro
unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e
riunite in una sola persona e una sola ipostasi [Concilio di Calcedonia:
Denz. -Schönm., 301-302].
468 Dopo
il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo
una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio
Ecumenico, a Costantinopoli, nel
553, ha
confessato riguardo a Cristo: vi è “una sola ipostasi [o Persona]..
., cioè il Signore nostro Gesù Cristo, Uno della Trinità ”
[Concilio di Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424]. Tutto, quindi,
nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina
come al suo soggetto proprio, [Cf già Concilio di Efeso: Denz. -Schönm.,
255] non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze [Cf Concilio di
Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424] e così pure la morte: “Il
Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio,
Signore della gloria e Uno della Santa Trinità” [Cf Concilio di
Costantinopoli II: Denz.- Schönm., 424].
469
La Chiesa
così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli
è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello,
senza con ciò cessare d'essere Dio, nostro Signore:
“Id
quod fuit remansit et quod non fuit assumpsit - Rimase quel che era e
quel che non era assunse”, canta
la Liturgia
romana [Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle letture di Natale, cf San
Leone Magno, Sermones, 21, 2-3: PL 54, 192A]. E
la Liturgia
di san Giovanni Crisostomo proclama e canta: “O Figlio Unigenito e
Verbo di Dio, tu, che sei immortale, per la nostra salvezza ti sei
degnato d'incarnarti nel seno della santa Madre di Dio e sempre Vergine
Maria; tu, che senza mutamento sei diventato uomo e sei stato
crocifisso, o Cristo Dio, tu, che con la tua morte hai sconfitto la
morte, tu che sei Uno della santa Trinità, glorificato con il Padre e
lo Spirito Santo, salvaci!” [Liturgia bizantina, Tropario “O
Monoghenis”].
IV. Come il Figlio di Dio è uomo
470 Poiché
nella misteriosa unione dell'Incarnazione “la natura umana è stata
assunta, senza per questo venir annientata”, [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22]
la Chiesa
nel corso dei secoli è stata condotta a confessare la piena realtà
dell'anima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volontà, e
del corpo umano di Cristo. Ma parallelamente ha dovuto di volta in volta
ricordare che la natura umana di Cristo appartiene in proprio alla
Persona divina del Figlio di Dio che l'ha assunta. Tutto ciò che egli
è e ciò che egli fa in essa deriva da “Uno della Trinità”. Il
Figlio di Dio, quindi, comunica alla sua umanità il suo modo personale
d'esistere nella Trinità. Pertanto, nella sua anima come nel suo corpo,
Cristo esprime umanamente i comportamenti divini della Trinità: [Cf Gv
14,9-10 ]
Il Figlio
di Dio. . . ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uo mo,
ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da
Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a
noi fuorché nel peccato [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22].
L'anima e la conoscenza umana di Cristo
471
Apollinare di Laodicea sosteneva che in Cristo il Verbo aveva preso il
posto dell'anima o dello spirito. Contro questo errore
la Chiesa
ha confessato che il Figlio eterno ha assunto anche un'anima razionale
umana [ Cf Damaso I, Lettera ai vescovi orientali: Denz.- Schönm.,
149].
472 L
'anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera
conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere
illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza
nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo,
ha potuto voler “crescere in sapienza, età e grazia” ( Lc 2,52 ) e
anche doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si
può apprendere che attraverso l'esperienza [Cf Mc 6,38; Mc 8,27; Gv
11,34; ecc]. Questo era del tutto consono alla realtà del suo
volontario umiliarsi nella “condizione di servo” ( Fil 2,7 ).
473 Al
tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio
esprimeva la vita divina della sua Persona [Cf San Gregorio Magno,
Lettera Sicut aqua: Denz. -Schönm., 475]. “La natura umana del Fi
glio di Dio, non da sé ma per la sua unione con il Verbo, conosceva e
manifestava nella Persona di Cristo tutto ciò che conviene a Dio”
[San Massimo il Confessore, Quaestiones et dubia, 66: PG 90, 840A]. E',
innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio
di Dio fatto uomo ha del Padre suo [Cf Mc 14,36; Mt 11,27; Gv 1,18; 473
Gv 8,55; ecc]. Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana
mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del
cuore degli uomini [Cf Mc 2,8; Gv 2,25; Gv 6,61; ecc].
474 La
conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella
Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei
disegni eterni che egli era venuto a rivelare [Cf Mc 8,31; Mc 9,31; Mc
10,33-34; Mc 14,18-20; 474 Mc 8,26-30 ]. Ciò che in questo campo dice
di ignorare, [Cf Mc 13,32 ] dichiara altrove di non avere la missione di
rivelarlo [Cf At 1,7 ].
La volontà umana di Cristo
475
Parallelamente,
la Chiesa
nel sesto Concilio Ecumenico [Concilio di Costantinopoli III (681)] ha
dichiarato che Cristo ha due volontà e due operazioni naturali, divine
e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo che il Verbo fatto carne ha
umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ciò che ha divinamente
deciso con il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra salvezza [Cf
Concilio di Costantinopoli III (681): Denz. -Schönm., 556-559]. La
volontà umana di Cristo “segue, senza opposizione o riluttanza, o
meglio, è sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente” [Cf
Concilio di Costantinopoli III (681): Denz. -Schönm., 556-559].
Il vero Corpo di Cristo
476 Poiché
il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il Corpo di
Cristo era delimitato [Cf Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm.,
504]. Perciò l'aspetto umano di Cristo può essere “rappresentato”
( Gal 3,1 ). Nel settimo Concilio Ecumenico
la Chiesa
ha riconosciuto legittimo che venga raffigurato mediante “venerande e
sante immagini” [Concilio di Nicea II (787): Denz.-Schönm., 600-603].
477 Al
tempo stesso
la Chiesa
ha sempre riconosciuto che nel Corpo di Gesù il “Verbo invisibile
apparve visibilmente nella nostra carne” [Messale Romano, Prefazio di
Natale II]. In realtà, le caratteristiche individuali del Corpo di
Cristo esprimono
la Persona
divina del Figlio di Dio. Questi ha fatto a tal punto suoi i lineamenti
del suo Corpo umano che, dipinti in una santa immagine, possono essere
venerati, perché il credente che venera “l'immagine, venera la realtà
di chi in essa è riprodotto” [Concilio di Nicea II (787): Denz. -Schönm.,
601].
Il Cuore del Verbo incarnato
478 Gesù
ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua
agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: “Il
Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” ( Gal 2,20 ). Ci
ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro Cuore di
Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, [Cf
Gv 19,34 ] “praecipuus consideratur index et symbolus. . . illius
amoris, quo divinus Redemptor aeternum Patrem hominesque universos
continenter adamat - è considerato il segno e simbolo principale. . .
di quell'infinito amore, col quale il Redentore divino incessantemente
ama l'eterno Padre e tutti gli uomini” [Pio XII, Lett. enc. Haurietis
aquas: Denz.-Schönm., 3924; cf Id., Lett. enc. Mystici Corporis:ibid.,
3812].
In sintesi
479 Nel
tempo stabilito da Dio, il Figlio unigenito del Padre,
la Parola
eterna, cioè il Verbo e l'Immagine sostanziale del Padre, si è
incarnato: senza perdere la natura divina, ha assunto la natura umana.
480 Gesù
Cristo è vero Dio e vero uomo, nella unità della sua Persona divina;
per questo motivo è l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini.
481 Gesù
Cristo ha due nature, la divina e l'umana, non confuse, ma unite
nell'unica Persona del Figlio di Dio.
482
Cristo, essendo vero Dio e vero uomo, ha una intelligenza e una volontà
umane, perfettamente armonizzate e sottomesse alla sua intelligenza e
alla sua volontà divine, che egli ha in comune con il Padre e lo
Spirito Santo.
483 L
'Incarnazione è quindi il Mistero dell'ammirabile unione della natura
divina e della natura umana nell'unica Persona del Verbo.
Paragrafo 2
“...
CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO,
NATO
DALLA VERGINE MARIA”
I. Concepito per opera dello Spirito Santo...
484 L
'Annunciazione a Maria inaugura la “pienezza del tempo” ( Gal 4,4 ),
cioè il compimento delle promesse e delle preparazioni. Maria è
chiamata a concepire colui nel quale abiterà “corporalmente tutta la
pienezza della divinità” ( Col 2,9 ). La risposta divina al suo
“Come è possibile? Non conosco uomo” ( Lc 1,34 ) è data mediante
la potenza dello Spirito: “Lo Spirito Santo scenderà su di te” ( Lc
1,35 ).
485 La
missione dello Spirito Santo è sempre congiunta e ordinata a quella del
Figlio [Cf Gv 16,14-15 ]. Lo Spirito Santo, che è “Signore e dà la
vita”, è mandato a santificare il grembo della Vergine Maria e a
fecondarla divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno
del Padre in un'umanità tratta dalla sua.
486 Il
Figlio unigenito del Padre, essendo concepito come uomo nel seno della
Vergine Maria, è “Cristo”, cioè unto dallo Spirito Santo, [Cf Mt
1,20; 486 Lc 1,35 ] sin dall'inizio della sua esistenza umana, anche se
la sua manifestazione avviene progressivamente: ai pastori, [Cf Lc
2,8-20 ] ai magi, [ Cf Mt 2,1-12 ] a Giovanni Battista, [Cf Gv 1,31-34 ]
ai discepoli [Cf Gv 2,11 ]. L'intera vita di Gesù Cristo manifesterà
dunque “come Dio [lo] consacrò in Spirito Santo e potenza” ( At
10,38 ).
II. ... nato dalla Vergine Maria
487 Ciò
che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che essa
crede riguardo a Cristo, ma quanto insegna su Maria illumina, a sua
volta, la sua fede in Cristo.
La predestinazione di Maria
488
“Dio ha mandato suo Figlio” ( Gal 4,4 ), ma per preparargli un
corpo, [Cf Eb 10,5 ] ha voluto la libera collaborazione di una creatura.
Per questo, Dio, da tutta l'eternità, ha scelto, perché fosse
la Madre
del Figlio suo, una figlia d'Israele, una giovane ebrea di Nazaret in
Galilea, “una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide,
chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria” ( Lc 1,26-27 ):
Volle il
Padre delle misericordie che l'accettazione di colei che era
predestinata a essere
la Madre
precedesse l'Incarnazione, perché così, come la donna aveva
contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la vita [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56; cf 61].
489 Nel
corso dell'Antica Alleanza, la missione di Maria è stata preparata da
quella di sante donne. All'inizio c'è Eva: malgrado la sua
disobbedienza, ella riceve la promessa di una discendenza che sarà
vittoriosa sul Maligno, [Cf Gen 3,15 ] e quella d'essere la madre di
tutti i viventi [Cf Gen 3,20 ]. In forza di questa promessa, Sara
concepisce un figlio nonostante la sua vecchiaia [Cf Gen 18,10-14; 489
Gen 21,1-2 ]. Contro ogni umana attesa, Dio sceglie ciò che era
ritenuto impotente e debole [Cf 1Cor 1,27 ] per mostrare la sua fedeltà
alla promessa: Anna, la madre di Samuele, [Cf 1Sam 1 ] Debora, Rut,
Giuditta e Ester, e molte altre donne. Maria “primeggia tra gli umili
e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui
la salvezza. . . Con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga
attesa della Promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova
economia” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 55].
L'Immacolata Concezione
490 Per
esser
la Madre
del Salvatore, Maria “da Dio è stata arricchita di doni degni di una
così grande carica” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 55].
L'angelo Gabriele, al momento dell'Annunciazione, la saluta come
“piena di grazia” ( Lc 1,28 ). In realtà, per poter dare il libero
assenso della sua fede all'annunzio della sua vocazione, era necessario
che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio.
491 Nel
corso dei secoli
la Chiesa
ha preso coscienza che Maria, colmata di grazia da Dio, [Cf Lc 1,28 ]
era stata redenta fin dal suo concepimento. E' quanto afferma il dogma
dell'Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX nel 1854:
La
beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una
grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei
meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata
intatta da ogni macchia del peccato originale [Pio IX, Bolla Ineffabilis
Deus: Denz. -Schönm., 2803].
492
Questi “splendori di una santità del tutto singolare” di cui Maria
è “adornata fin dal primo istante della sua concezione” [Conc. Ecum.
Vat. II, Lumen gentium, 56] le vengono interamente da Cristo: ella è
“redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo” [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Più di ogni altra persona creata, il
Padre l'ha “benedetta con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in
Cristo” ( Ef 1,3 ). In lui l'ha scelta “prima della creazione del
mondo, per essere” santa e immacolata “al suo cospetto nella carità”
( Ef 1,4 ).
493 I
Padri della Tradizione orientale chiamano
la Madre
di Dio “
la Tutta Santa
” (Panaghia”), la onorano come “immune da ogni macchia di peccato,
dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura” [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Maria, per la grazia di Dio, è
rimasta pura da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza.
“Avvenga di me quello che hai detto... ”
494
All'annunzio che avrebbe dato alla luce “il Figlio dell'Altissimo”
senza conoscere uomo, per la potenza dello Spirito Santo, [Cf Lc 1,28-37
] Maria ha risposto con “l'obbedienza della fede” ( Rm 1,5 ), certa
che “nulla è impossibile a Dio”: “Io sono la serva del Signore;
avvenga di me quello che hai detto” ( Lc 1,37-38 ). Così, dando il
proprio assenso alla Parola di Dio, “Maria è diventata Madre di Gesù
e, abbracciando con tutto l'animo e senza essere ritardata da nessun
peccato la volontà divina di salvezza, si è offerta totalmente. . .
alla persona e all'opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del
Mistero della Redenzione, sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio
onnipotente”: [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]
Come dice
sant'Ireneo, “obbedendo divenne causa della salvezza per sé e per
tutto il genere umano”. Con lui, non pochi antichi Padri affermano:
“Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con
l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua
incredulità,
la Vergine Maria
l'ha sciolto con la sua fede”, e, fatto il paragone con Eva, chiama no
Maria “
la Madre
dei viventi” e affermano spesso: “la morte per mezzo di Eva, la vita
per mezzo di Maria” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56].
La maternità divina di Maria
495
Maria, chiamata nei Vangeli “
la Madre
di Gesù” ( Gv 2,1; Gv 19,25 ), [Cf Mt 13,55 ] prima della nascita del
Figlio suo è acclamata, sotto la mozione dello Spirito, “
la Madre
del mio Signore” ( Lc 1,43 ). Infatti, colui che Maria ha concepito
come uomo per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo
Figlio secondo la carne, è il Figlio eterno del Padre, la seconda
Persona della Santissima Trinità.
La Chiesa
confessa che Maria è veramente Madre di Dio [Theotokos”] [Cf Concilio
di Efeso: Denz. -Schönm., 251].
La verginità di Maria
496 Fin
dalle prime formulazioni della fede, [Cf Denz.- Schönm., 10-64]
la Chiesa
ha confessato che Gesù è stato concepito nel seno della Vergine Maria
per la sola potenza dello Spirito Santo, ed ha affermato anche l'aspetto
corporeo di tale avvenimento: Gesù è stato concepito “senza seme,
per opera dello Spirito Santo” [Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm.,
503]. Nel concepimento verginale i Padri ravvisano il segno che si
tratta veramente del Figlio di Dio, il quale è venuto in una umanità
come la nostra:
Così,
sant'Ignazio di Antiochia (inizio II secolo): “Voi siete fermamente
persuasi riguardo a nostro Signore che è veramente della stirpe di
Davide secondo la carne, [Cf Rm 1,3 ] Figlio di Dio secondo la volontà
e la potenza di Dio, [Cf Gv 1,13 ] veramente nato da una Vergine, . . .
veramente è stato inchiodato [alla croce] per noi, nella sua carne,
sotto Ponzio Pilato. . . Veramente ha sofferto, così come veramente è
risorto” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 1-2].
497 I
racconti evangelici [Cf Mt 1,18-25; 497 Lc 1,26-38 ] considerano la
concezione verginale un'opera divina che supera ogni comprensione e ogni
possibilità umana: [Cf Lc 1,34 ] “Quel che è generato in lei viene
dallo Spirito Santo”, dice l'angelo a Giuseppe riguardo a Maria, sua
sposa ( Mt 1,20 ).
La Chiesa
vede in ciò il compimento della promessa divina fatta per bocca del
profeta Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio”
[ Is 7,14, secondo la traduzione greca di Mt 1,23 ].
498 Il
silenzio del Vangelo secondo san Marco e delle Lettere del Nuovo
Testamento sul concepimento verginale di Maria è stato talvolta causa
di perplessità. Ci si è potuto anche chiedere se non si trattasse di
leggende o di elaborazioni teologiche senza pretese di storicità. A ciò
si deve rispondere: La fede nel concepimento verginale di Gesù ha
incontrato vivace opposizione, sarcasmi o incomprensione da parte dei
non-credenti, giudei e pagani: [Cf San Giustino, Dialogus cum Tryphone
Judaeo, 99, 7; Origene, Contra Celsum, 1, 32. 69; e. a] essa non trovava
motivo nella mitologia pagana né in qualche adattamento alle idee del
tempo. Il senso di questo avvenimento è accessibile soltanto alla fede,
la quale lo vede in quel “nesso che lega tra loro i vari misteri”,
[Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3016] nell'insieme dei Misteri di
Cristo, dalla sua Incarnazione alla sua Pasqua. Sant'Ignazio di
Antiochia già testimonia tale legame: “Il principe di questo mondo ha
ignorato la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del
Signore: tre Misteri sublimi che si compirono nel silenzio di Dio”
[Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 19, 1; cf 1Cor 2,8 ].
Maria “sempre Vergine”
499 L
'approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto
la Chiesa
a confessare la verginità reale e perpetua di Maria [Cf Concilio di
Costantinopoli II: Denz.-Schönm., 427] anche nel parto del Figlio di
Dio fatto uomo [Cf San Leone Magno, Lettera Lectis dilectionis tuae:
Denz.-Schönm., 291; 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: ibid., 442;
Concilio Lateranense (649): ibid., 503; Concilio di Toledo XVI: ibid.,
571; Pio IV, Cost. Cum quorumdam hominum: ibid., 1880]. Infatti la
nascita di Cristo “non ha diminuito la sua verginale integrità, ma
l'ha consacrata” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 57].
La Liturgia
della Chiesa celebra Maria come la “Aeiparthenos”, “sempre
Vergine” [Cf ibid., 52].
500 A
ciò si obietta talvolta che
la Scrittura
parla di fratelli e di sorelle di Gesù [Cf Mc 3,31-35; 500 Mc 6,3; 1Cor
9,5; Gal 1,19 ].
La Chiesa
ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della
Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” ( Mt
13,55 ) sono i figli di una Maria discepola di Cristo, [Cf Mt 27,56 ] la
quale è designata in modo significativo come “l'altra Maria” ( Mt
28,1 ). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un'espressione
non inusitata nell'Antico Testamento [Cf Gen 13,8; Gen 14,16; Gen 29,15;
ecc...].
501 Gesù
è l'unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria [Cf Gv
19,26-27; Ap 12,17 ] si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a
salvare: “Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto “il
primogenito di una moltitudine di fratelli” ( Rm 8,29 ), cioè dei
fedeli, e alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di
madre” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63].
La maternità verginale di Maria nel disegno di Dio
502 Lo
sguardo della fede può scoprire, in connessione con l'insieme della
Rivelazione, le ragioni misteriose per le quali Dio, nel suo progetto
salvifico, ha voluto che suo Figlio nascesse da una Vergine. Queste
ragioni riguardano tanto
la Persona
e la missione redentrice di Cristo, quanto l'accettazione di tale
missione da parte di Maria in favore di tutti gli uomini.
503 La
verginità di Maria manifesta l'iniziativa assoluta di Dio
nell'Incarnazione. Gesù come Padre non ha che Dio [Cf Lc 2,48-49 ].
“La natura umana che egli ha assunto non l'ha mai separato dal Padre.
. . Per natura Figlio del Padre secondo la divinità, per natura Figlio
della Madre secondo l'umanità, ma propriamente Figlio di Dio nelle sue
due nature” [Concilio del Friuli (796): Denz. -Schönm., 619].
504 Gesù
è concepito per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria
perché egli è il nuovo Adamo [Cf 1Cor 15,45 ] che inaugura la nuova
creazione: “Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo
uomo viene dal cielo” ( 1Cor 15,47 ). L'umanità di Cristo, fin dal
suo concepimento, è ricolma dello Spirito Santo perché Dio gli “dà
lo Spirito senza misura” ( Gv 3,34 ). “Dalla pienezza” di lui,
capo dell'umanità redenta, [Cf Col 1,18 ] “noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia” ( Gv 1,16 ).
505 Gesù,
il nuovo Adamo, inaugura con il suo concepimento verginale la nuova
nascita dei figli di adozione nello Spirito Santo per la fede. “Come
è possibile?” ( Lc 1,34 ) [Cf Gv 3,9 ]. La partecipazione alla vita
divina non proviene “da sangue, né da volere di carne, né da volere
di uomo, ma da Dio” ( Gv 1,13 ). L'accoglienza di questa vita è
verginale perché è interamente donata all'uomo dallo Spirito. Il senso
sponsale della vocazione umana in rapporto a Dio [Cf 2Cor 11,2 ] si
compie perfettamente nella maternità verginale di Maria.
506 Maria
è vergine perché la sua verginità è il segno della sua fede “che
non era alterata da nessun dubbio” e del suo totale abbandono alla
volontà di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63 e 1Cor
7,34-35 ]. Per la sua fede ella diviene
la Madre
del Salvatore: “Beatior est Maria percipiendo fidem Christi quam
concipiendo carnem Christi-Maria è più felice di ricevere la fede di
Cristo che di concepire la carne di Cristo” [Sant'Agostino, De sancta
virginitate, 3: PL 40, 398].
507 Maria
è ad un tempo vergine e madre perché è la figura e la realizzazione
più perfetta della Chiesa: [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63]
“
La Chiesa.
. . per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure
madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a una vita
nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati
da Dio. Essa pure è la vergine che custodisce integra e pura la fede
data allo Sposo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 64].
In sintesi
508 Nella
discendenza di Eva, Dio ha scelto
la Vergine Maria
perché fosse
la Madre
del suo Figlio. “Piena di grazia”, ella è “il frutto più eccelso
della Redenzione” : [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 103]
fin dal primo istante del suo concepimento, è interamente preservata da
ogni macchia del peccato originale ed è rimasta immune da ogni peccato
personale durante tutta la sua vita.
509 Maria
è veramente “Madre di Dio”, perché è
la Madre
del Figlio eterno di Dio fatto uomo, Dio lui stesso.
510 Maria
è rimasta “Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel
parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua” :
[Sant'Agostino, Sermones, 186, 1: PL 38, 999] con tutto il suo essere,
ella è “la serva del Signore” ( Lc 1,38 ).
511 Maria
Vergine “cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e
obbedienza” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Ha detto il suo
“fiat” “loco totius humanae naturae - in nome di tutta l'umanità”
: [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 30, 1] per la sua
obbedienza, è diventata la nuova Eva, madre dei viventi.
Paragrafo
3
I MISTERI
DELLA VITA DI CRISTO
512 Il
Simbolo della fede, a proposito della vita di Cristo, non parla che dei
Misteri dell'Incarnazione (concezione e nascita) e della Pasqua
(passione, crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi,
risurrezione, ascensione). Non dice nulla, in modo esplicito, dei
Misteri della vita nascosta e della vita pubblica di Gesù, ma gli
articoli della fede concernenti l'Incarnazione e
la Pasqua
di Gesù, illuminano tutta la vita terrena di Cristo. “Tutto quello
che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui... fu
assunto in cielo” ( At 1,1-2 ) deve essere visto alla luce dei Misteri
del Natale e della Pasqua.
513 La
catechesi, secondo le circostanze, svilupperà tutta la ricchezza dei
Misteri di Gesù. Qui basta indicare alcuni elementi comuni a tutti i
Misteri della vita di Cristo (I), per accennare poi ai principali
Misteri della vita nascosta (II) e pubblica (III) di Gesù.
I. Tutta la vita di Cristo è Mistero
514 Non
compaiono nei Vangeli molte cose che interessano la curiosità umana a
riguardo di Gesù. Quasi niente vi si dice della sua vita a Nazaret, e
anche di una notevole parte della sua vita pubblica non si fa parola [Cf
Gv 20,30 ]. Ciò che è contenuto nei Vangeli, è stato scritto “perché
crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo,
abbiate la vita nel suo Nome” ( Gv 20,31 ).
515 I
Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere [Cf
Mc 1,1; Gv 21,24 ] e che vogliono condividere con altri la loro fede.
Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e
fare scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo Mistero.
Dalle fasce della sua nascita, [Cf Lc 2,7 ] fino all'aceto della sua
passione [Cf Mt 27,48 ] e al sudario della Risurrezione, [Cf Gv 20,7 ]
tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi
gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che “in lui
abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” ( Col 2,9 ). In
tal modo la sua umanità appare come “il sacramento”, cioè il segno
e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò
che era visibile nella sua vita terrena condusse al Mistero invisibile
della sua filiazione divina e della sua missione redentrice.
I tratti comuni dei Misteri di Gesù
516 Tutta
la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue
azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di
parlare. Gesù può dire: “Chi vede me, vede il Padre” ( Gv 14,9 ),
e il Padre: “Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo” ( Lc
9,35 ). Poiché il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la
volontà del Padre, [Cf Eb 10,5-7 ] i più piccoli tratti dei suoi
Misteri ci manifestano “l'amore di Dio per noi” ( 1Gv 4,9 ).
517 Tutta
la vita di Cristo è Mistero di Redenzione.
La Redenzione
è frutto innanzi tutto del sangue della croce, [Cf Ef 1,7; Col 1,13-14;
1Pt 1,18-19 ] ma questo Mistero opera nell'intera vita di Cristo: già
nella sua Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti
con la sua povertà; [Cf 2Cor 8,9 ] nella sua vita nascosta che, con la
sua sottomissione, [Cf Lc 2,51 ] ripara la nostra insubordinazione;
nella sua parola che purifica i suoi ascoltatori; [Cf Gv 15,3 ] nelle
guarigioni e negli esorcismi che opera, mediante i quali “ha preso le
nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” ( Mt 8,17 );
[Cf Is 53,4 ] nella sua Risurrezione, con la quale ci giustifica [Cf Rm
4,25 ].
518 Tutta
la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha fatto,
detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva
vocazione l'uomo decaduto:
Allorché
si è incarnato e si è fatto uomo, ha ricapitolato in se stesso la
lunga storia degli uomini e in breve ci ha procurato la salvezza, così
che noi recuperassimo in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo,
cioè d'essere ad immagine e somiglianza di Dio [Sant'Ireneo di Lione,
Adversus haereses, 3, 18, 1]. Per questo appunto Cristo è passato
attraverso tutte le età della vita, restituendo con ciò a tutti gli
uomini la comunione con Dio [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3,
18, 1].
La nostra comunione ai Misteri di Gesù
519 Tutta
la ricchezza di Cristo “è destinata ad ogni uomo e costituisce il
bene di ciascuno” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis,
11]. Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi , dalla sua
Incarnazione “per noi uomini e per la nostra salvezza” fino alla sua
morte “per i nostri peccati” ( 1Cor 15,3 ) e alla sua Risurrezione
“per la nostra giustificazione” ( Rm 4,25 ). E anche adesso, è
“nostro avvocato presso il Padre” ( 1Gv 2,1 ), “essendo sempre
vivo per intercedere” a nostro favore ( Eb 7,25 ). Con tutto ciò che
ha vissuto e sofferto per noi una volta per tutte, egli resta sempre
“al cospetto di Dio in nostro favore” ( Eb 9,24 ).
520
Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello : [Cf Rm
15,5; Fil 2,5 ] è “l'uomo perfetto” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 38] che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con
il suo abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, [Cf Gv 13,15 ]
con la sua preghiera, attira alla preghiera, [Cf Lc 11,1 ] con la sua
povertà, chiama ad accettare liberamente la spogliazione e le
persecuzioni [Cf Mt 5,11-12 ].
521 Tutto
ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui
e che egli lo viva in noi. “Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è
unito in certo modo a ogni uomo” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 22]. Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa
comunicare come membra del suo Corpo a ciò che ha vissuto nella sua
carne per noi e come nostro modello:
Noi
dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli
stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui
stesso a compimento in noi e in tutta la sua Chiesa. . . Il Figlio di
Dio desidera una certa partecipazione e come un'estensione e
continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa dei suoi Misteri mediante
le grazie che vuole comunicarci e gli effetti che intende operare in noi
attraverso i suoi Misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in
noi [San Giovanni Eudes, Tractatus de regno Iesu, cf Liturgia delle Ore,
IV, Ufficio delle letture del venerdì della trentatreesima settimana].
II. I Misteri dell'infanzia e della vita
e della
vita nascosta di Gesù
Le preparazioni
522 La
venuta del Figlio di Dio sulla terra è un avvenimento di tale portata
che Dio lo ha voluto preparare nel corso dei secoli. Riti e sacrifici,
figure e simboli della “Prima Alleanza” ( Eb 9,15 ), li fa
convergere tutti verso Cristo; lo annunzia per bocca dei profeti che si
succedono in Israele; risveglia inoltre nel cuore dei pagani l'oscura
attesa di tale venuta.
523 San
Giovanni Battista è l'immediato precursore del Signore, [Cf At 13,24 ]
mandato a preparargli la via [Cf Mt 3,3 ]. “Profeta dell'Altissimo”
( Lc 1,76 ), di tutti i profeti è il più grande [Cf Lc 7,26 ] e
l'ultimo; [Cf Mt 11,13 ] egli inaugura il Vangelo; [Cf At 1,22; Lc 16,16
] saluta la venuta di Cristo fin dal seno di sua madre [Cf Lc 1,41 ] e
trova la sua gioia nell'essere “l'amico dello sposo” ( Gv 3,29 ),
che designa come “l'Agnello di Dio... che toglie il peccato del
mondo” ( Gv 1,29 ). Precedendo Gesù “con lo spirito e la forza di
Elia” ( Lc 1,17 ), gli rende testimonianza con la sua predicazione, il
suo battesimo di conversione ed infine con il suo martirio [Cf Mc
6,17-29 ].
524
La Chiesa
, celebrando ogni anno
la Liturgia
dell'Avvento, attualizza questa attesa del Messia: mettendosi in
comunione con la lunga preparazione della prima venuta del Salvatore, i
fedeli ravvivano l'ardente desiderio della sua seconda venuta [Cf Ap
22,17 ]. Con la celebrazione della nascita e del martirio del
Precursore,
la Chiesa
si unisce al suo desiderio: “egli deve crescere e io invece
diminuire” ( Gv 3,30 ).
Il Mistero del Natale
525 Gesù
è nato nell'umiltà di una stalla, in una famiglia povera; [Cf Lc 2,6-7
] semplici pastori sono i primi testimoni dell'avvenimento. In questa
povertà si manifesta la gloria del cielo [Cf Lc 2,8-20 ].
La Chiesa
non cessa di cantare la gloria di questa notte:
La Vergine
oggi dà alla luce l'Eterno
e la
terra offre una grotta all'Inaccessibile.
Gli
angeli e i pastori a lui inneggiano
e i magi,
guidati dalla stella,
vengono
ad adorarlo.
Tu sei
nato per noi
Piccolo
Bambino, Dio eterno!
[Kontakion
di Romano il Melode]
526
“Diventare come i bambini” in rapporto a Dio è la condizione per
entrare nel Regno; [Cf Mt 18,3-4 ] per questo ci si deve abbassare, [Cf
Mt 23,12 ] si deve diventare piccoli; anzi, bisogna “rinascere
dall'alto” ( Gv 3,7 ), essere generati da Dio [Cf Gv 1,13 ] per
“diventare figli di Dio” ( Gv 1,12 ). Il Mistero del Natale si
compie in noi allorché Cristo “si forma” in noi [Cf Gal 4,19 ].
Natale è il Mistero di questo “meraviglioso scambio”:
O
admirabile commercium! Creator generis humani, animatum corpus sumens,
de virgine nasci dignatus est; et procedens homo sine semine, largitus
est nobis suam deitatem - O meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso
un'anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera
d'uomo, ci dona la sua divinità [Liturgia delle Ore, I, Antifona dei
Vespri nell'Ottava di Natale].
I Misteri dell'infanzia di Gesù
527
La Circoncisione
di Gesù, otto giorni dopo la nascita, [Cf Lc 2,21 ] è segno del suo
inserimento nella discendenza di Abramo, nel popolo dell'Alleanza, della
sua sottomissione alla Legge, [Cf Gal 4,4 ] della sua abilitazione al
culto d'Israele al quale parteciperà durante tutta la vita. Questo
segno è prefigurazione della “circoncisione di Cristo” che è il
Battesimo [Cf Col 2,11-13 ].
528 L
' Epifania è la manifestazione di Gesù come Messia d'Israele, Figlio
di Dio e Salvatore del mondo. Insieme con il battesimo di Gesù nel
Giordano e con le nozze di Cana, [Cf Liturgia delle Ore, I, Antifona del
Magnificat dei secondi Vespri dell'Epifania] essa celebra l'adorazione
di Gesù da parte dei “magi” venuti dall'Oriente [Cf Mt 2,1 ]. In
questi “magi”, che rappresentano le religioni pagane circostanti, il
Vangelo vede le primizie delle nazioni che nell'Incarnazione accolgono
la Buona Novella
della salvezza. La venuta dei magi a Gerusalemme per adorare il re dei
giudei [Cf Mt 2,2 ] mostra che essi, alla luce messianica della stella
di Davide, [Cf Nm 24,17; 528 Ap 22,16 ] cercano in Israele colui che sarà
il re delle nazioni [Cf Nm 24,17-19 ]. La loro venuta sta a significare
che i pagani non possono riconoscere Gesù e adorarlo come Figlio di Dio
e Salvatore del mondo se non volgendosi ai giudei [Cf Gv 4,22 ] e
ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell'Antico
Testamento [Cf Mt 2,4-6 ]. L'Epifania manifesta che “la grande massa
delle genti” entra “nella famiglia dei Patriarchi” [San Leone
Magno, Sermones, 23: PL 54, 224B, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio
delle letture dell'Epifania] e ottiene la “dignità israelitica”
[Messale Romano, Veglia pasquale: orazione dopo la terza lettura].
529
La Presentazione
di Gesù al Tempio [Cf Lc 2,22-39 ] lo mostra come il Primogenito che
appartiene al Signore [Cf Es 13,12-13 ]. In Simeone e Anna è tutta
l'attesa di Israele che viene all' Incontro con il suo Salvatore (la
tradizione bizantina chiama così questo avvenimento). Gesù è
riconosciuto come il Messia tanto a lungo atteso, “luce delle genti”
e “gloria di Israele”, ma anche come “segno di contraddizione”.
La spada di dolore predetta a Maria annunzia l'altra offerta, perfetta e
unica, quella della croce, la quale darà la salvezza “preparata da
Dio davanti a tutti i popoli”.
530 La
fuga in Egitto e la strage degli innocenti [Cf Mt 2,13-18 ] manifestano
l'opposizione delle tenebre alla luce: “Venne fra la sua gente, ma i
suoi non l'hanno accolto” ( Gv 1,11 ). L'intera vita di Cristo sarà
sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa
sorte [Cf Gv 15,20 ]. Il suo ritorno dall'Egitto [Cf Mt 2,15 ] ricorda
l'Esodo [Cf Os 11,1 ] e presenta Gesù come il liberatore definitivo.
I Misteri della vita nascosta di Gesù
531
Durante la maggior parte della sua vita, Gesù ha condiviso la
condizione della stragrande maggioranza degli uomini: un'esistenza
quotidiana senza apparente grandezza, vita di lavoro manuale, vita
religiosa giudaica sottomessa alla Legge di Dio, [Cf Gal 4,4 ] vita
nella comunità. Riguardo a tutto questo periodo ci è rivelato che Gesù
era “sottomesso” ai suoi genitori e che “cresceva in sapienza, età
e grazia davanti a Dio e agli uomini” ( Lc 2,51-52 ).
532 Nella
sottomissione di Gesù a sua madre e al suo padre legale si realizza
l'osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è
l'immagine nel tempo della obbedienza filiale al suo Padre celeste. La
quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e
anticipava la sottomissione del Giovedì Santo: “Non. . . la mia
volontà. . . ” ( Lc 22,42 ). L'obbedienza di Cristo nel quotidiano
della vita nascosta inaugurava già l'opera di restaurazione di ciò che
la disobbedienza di Adamo aveva distrutto [Cf Rm 5,19 ].
533 La
vita nascosta di Nazaret permette ad ogni uomo di essere in comunione
con Gesù nelle vie più ordinarie della vita quotidiana:
Nazaret
è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè
la scuola del Vangelo. . . In primo luogo essa ci insegna il silenzio.
Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e
indispensabile del lo spirito. . . Essa ci insegna il modo di vivere in
famiglia. Nazaret ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di
amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e
inviolabile. . . Infine impariamo una lezione di lavoro. Oh! dimora di
Nazaret, casa del “Figlio del falegname”! Qui soprattutto
desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma
redentrice della fatica umana. . . Infine vogliamo salutare gli operai
di tutto il mon do e mostrar loro il grande modello, il loro divino
fratello [Paolo VI, discorso del 5 gennaio
1964 a
Nazaret, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle Letture della festa
della Santa Famiglia].
534 Il
ritrovamento di Gesù nel Tempio [Cf Lc 2,41-52 ] è il solo avvenimento
che rompe il silenzio dei Vangeli sugli anni nascosti di Gesù. Gesù vi
lascia intravvedere il mistero della sua totale consacrazione a una
missione che deriva dalla sua filiazione divina: “Non sapevate che io
devo occuparmi delle cose del Padre mio?” ( Lc 2,49 ). Maria e
Giuseppe “non compresero” queste parole, ma le accolsero nella fede,
e Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore” ( Lc 2,51 ) nel
corso degli anni in cui Gesù rimase nascosto nel silenzio di una vita
ordinaria.
III. I Misteri della vita pubblica di Gesù
Il battesimo di Gesù
535 L
'inizio [Cf Lc 3,23 ] della vita pubblica di Gesù è il suo battesimo
da parte di Giovanni nel Giordano [Cf At 1,22 ]. Giovanni predicava
“un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” ( Lc 3,3 ).
Una folla di peccatori, pubblicani e soldati, [Cf Lc 3,10-14 ] farisei e
sadducei [Cf Mt 3,7 ] e prostitute[Cf Mt 21,32 ] vengono a farsi
battezzare da lui. Ed ecco comparire Gesù. Il Battista esita, Gesù
insiste: riceve il battesimo. Allora lo Spirito Santo, sotto forma di
colomba, scende su Gesù e “una voce dal cielo” dice: “Questi è
il Figlio mio prediletto” [Cf Mt 3,13-17 ]. E' la manifestazione
(Epifania”) di Gesù come Messia di Israele e Figlio di Dio.
536 Il
battesimo di Gesù è, da parte di lui, l'accettazione e l'inaugurazione
della sua missione di Servo sofferente. Egli si lascia annoverare tra i
peccatori; [Cf Is 53,12 ] è già “l'Agnello di Dio che toglie il
peccato del mondo” ( Gv 1,29 ); già anticipa il “battesimo” della
sua morte cruenta [Cf Mc 10,38; 536 Lc 12,50 ]. Già viene ad adempiere
“ogni giustizia” ( Mt 3,15 ), cioè si sottomette totalmente alla
volontà del Padre suo: accetta per amore il battesimo di morte per la
remissione dei nostri peccati [Cf Mt 26,39 ]. A tale accettazione
risponde la voce del Padre che nel Figlio suo si compiace [Cf Lc 3,22;
Is 42,1 ]. Lo Spirito, che Gesù possiede in pienezza fin dal suo
concepimento, si posa e rimane su di lui [Cf Gv 1,32-33; cf Is 11,2 ].
Egli ne sarà la sorgente per tutta l'umanità. Al suo battesimo, “si
aprirono i cieli” ( Mt 3,16 ) che il peccato di Adamo aveva chiuso; e
le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello Spirito,
preludio della nuova creazione.
537 Con
il Battesimo, il cristiano è sacramentalmente assimilato a Gesù, il
quale con il suo battesimo anticipa la sua morte e la sua Risurrezione;
il cristiano deve entrare in questo mistero di umile abbassamento e
pentimento, discendere nell'acqua con Gesù, per risalire con lui,
rinascere dall'acqua e dallo Spirito per diventare, nel Figlio, figlio
amato dal Padre e “camminare in una vita nuova” ( Rm 6,4 ):
Scendiamo
nella tomba insieme con Cristo per mezzo del Battesimo, in modo da poter
anche risorgere insieme con lui; scendiamo con lui per poter anche
risalire con lui; risaliamo con lui, per poter anche essere glorificati
con lui [San Gregorio Nazianzeno, Orationes, 40, 9: PG 36, 369B].
Tutto ciò
che è avvenuto in Cristo ci fa comprendere che, dopo l'immersione
nell'acqua, lo Spirito Santo vola su di noi dall'alto del cielo e che,
adottati dalla Voce del Padre, diventiamo figli di Dio [Sant'Ilario di
Poitiers, In evangelium Matthaei, 2: PL 9, 927].
La tentazione di Gesù
538 I
Vangeli parlano di un tempo di solitudine di Gesù nel deserto,
immediatamente dopo che ebbe ricevuto il battesimo da Giovanni:
“Sospinto” dallo Spirito nel deserto, Gesù vi rimane quaranta
giorni digiunando; sta con le fiere e gli angeli lo servono [Cf Mc
1,12-13 ]. Terminato questo periodo, Satana lo tenta tre volte cercando
di mettere alla prova la sua disposizione filiale verso Dio. Gesù
respinge tali assalti che ricapitolano le tentazioni di Adamo nel
Paradiso e quelle d'Israele nel deserto, e il diavolo si allontana da
lui “per ritornare al tempo fissato” ( Lc 4,13 ).
539 Gli
evangelisti rilevano il senso salvifico di questo misterioso
avvenimento. Gesù è il nuovo Adamo, rimasto fedele mentre il primo ha
ceduto alla tentazione. Gesù compie perfettamente la vocazione
d'Israele: contrariamente a coloro che in passato provocarono Dio
durante i quaranta anni nel deserto, [Cf Sal 95,10 ] Cristo si rivela
come il Servo di Dio obbediente in tutto alla divina volontà. Così Gesù
è vincitore del diavolo: egli ha “legato l'uomo forte” per
riprendergli il suo bottino [Cf Mc 3,27 ]. La vittoria di Gesù sul
tentatore nel deserto anticipa la vittoria della passione, suprema
obbedienza del suo amore filiale per il Padre.
540 La
tentazione di Gesù manifesta quale sia la messianicità del Figlio di
Dio, in opposizione a quella propostagli da Satana e che gli uomini [Cf
Mt 16,21-23 ] desiderano attribuirgli. Per questo Cristo ha vinto il
tentatore per noi: “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non
sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato
in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” ( Eb 4,15 ).
La Chiesa
ogni anno si unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quaranta
giorni della Quaresima .
“Il Regno di Dio è vicino”
541
“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea
predicando il Vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il
Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo"” ( Mc
1,15 ). “Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in
terra il Regno dei cieli” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3].
Ora, la volontà del Padre è di “elevare gli uomini alla
partecipazione della vita divina” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
3]. Lo fa radunando gli uomini attorno al Figlio suo, Gesù Cristo.
Questa assemblea è
la Chiesa
, la quale in terra costituisce “il germe e l'inizio” del Regno di
Dio [Cf ibid., 5].
542
Cristo è al centro di questa riunione degli uomini nella “famiglia di
Dio”. Li convoca attorno a sé con la sua Parola, con i suoi
“segni” che manifestano il Regno di Dio, con l'invio dei suoi
discepoli. Egli realizzerà la venuta del suo Regno soprattutto con il
grande Mistero della sua Pasqua: la sua morte in croce e la sua
Risurrezione. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”
( Gv 12,32 ). “Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con
Cristo” [Cf ibid., 5].
L'annunzio del Regno di Dio
543 Tutti
gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai
figli di Israele, [Cf Mt 10,5-7 ] questo Regno messianico è destinato
ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni [Cf Mt 8,11; Mt 28,19 ].
Per accedervi, è necessario accogliere
la Parola
di Gesù:
La Parola
del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un
campo: quelli che l'ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge
di Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù
propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 5].
544 Il
Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l'hanno
accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare ai poveri
un lieto messaggio” ( Lc 4,18 ) [Cf Lc 7,22 ]. Li proclama beati,
perché “di essi è il Regno dei cieli” ( Mt 5,3 ); ai “piccoli”
il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti
e agli intelligenti [Cf Mt 11,25 ]. Gesù condivide la vita dei poveri,
dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, [Cf Mc 2,23-26; Mt 21,18 ]
la sete[Cf Gv 4,6-7; Gv 19,28 ] e l'indigenza [Cf Lc 9,58 ]. Anzi,
arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell'amore operante
verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno [Cf Mt 25,31-46 ].
545 Gesù
invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare
i giusti, ma i peccatori”( Mc 2,17 ) [Cf 1Tm 1,15 ]. Li invita alla
conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle
parole e nelle azioni mostra loro l'infinita misericordia del Padre suo
per loro [Cf Lc 15,11-32 ] e l'immensa “gioia” che si fa “in cielo
per un peccatore convertito” ( Lc 15,7 ). La prova suprema di tale
amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei
peccati” ( Mt 26,28 ).
546 Gesù
chiama ad entrare nel Regno servendosi delle parabole, elemento tipico
del suo insegnamento [Cf Mc 4,33-34 ]. Con esse egli invita al banchetto
del Regno, [Cf Mt 22,1-14 ] ma chiede anche una scelta radicale: per
acquistare il Regno, è necessario “vendere” tutto; [Cf Mt 13,44-45
] le parole non bastano, occorrono i fatti [Cf Mt 21,28-32 ]. Le
parabole sono come specchi per l'uomo: accoglie
la Parola
come un terreno arido o come un terreno buono? [Cf Mt 13,3-9 ] Che uso
fa dei talenti ricevuti? [Cf Mt 25,14-30 ] Al cuore delle parabole
stanno velatamente Gesù e la presenza del Regno in questo mondo.
Occorre entrare nel Regno, cioè diventare discepoli di Cristo per
“cono scere i Misteri del Regno dei cieli” ( Mt 13,11 ). Per coloro
che rimangono “fuori”, [Cf Mc 4,11 ] tutto resta enigmatico [Cf Mt
13,10-15 ].
I segni del Regno di Dio
547 Gesù
accompagna le sue parole con numerosi “miracoli, prodigi e segni” (
At 2,22 ), i quali manifestano che in lui il Regno è presente.
Attestano che Gesù è il Messia annunziato [Cf Lc 7,18-23 ].
548 I
segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato [Cf Gv
5,36; Gv 10,25 ]. Essi sollecitano a credere in lui [Cf Gv 10,38 ]. A
coloro che gli si rivolgono con fede, egli concede ciò che domandano
[Cf Mc 5,25-34; Mc 10,52; ecc]. Allora i miracoli rendono più salda la
fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli
è il Figlio di Dio [Cf Gv 10,31-38 ]. Ma possono anche essere motivo di
scandalo [Cf Mt 11,6 ]. Non mirano a soddisfare la curiosità e i
desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto
evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; [Cf Gv 11,47-48 ] lo si accusa
perfino di agire per mezzo dei demoni [Cf Mc 3,22 ].
549
Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, [Cf Gv 6,5-15 ]
dell'ingiustizia, [Cf Lc 19,8 ] della malattia e della morte, [Cf Mt
11,5 ] Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia
per eliminare tutti i mali di quaggiù, [Cf Lc 12,13; Lc 12,14; Gv 18,36
] ma per liberare gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella
del peccato, [Cf Gv 8,34-36 ] che li ostacola nella loro vocazione di
figli di Dio e causa tutti i loro asservimenti umani.
550 La
venuta del Regno di Dio è la sconfitta del regno di Satana: [Cf Mt
12,26 ] “Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è
certo giunto fra voi il Regno di Dio” ( Mt 12,28 ). Gli esorcismi di
Gesù liberano alcuni uomini dal tormento dei demoni [ Cf Lc 8,26-39 ].
Anticipano la grande vittoria di Gesù sul “principe di questo
mondo” ( Gv 12,31 ). Il Regno di Dio sarà definitiva mente stabilito
per mezzo della croce di Cristo: “Regnavit a ligno Deus Dio regnò
dalla croce” [Inno “Vexilla Regis”].
“Le chiavi del Regno”
551 Fin
dagli inizi della vita pubblica, Gesù sceglie dodici uomini perché
stiano con lui e prendano parte alla sua missione; [Cf Mc 3,13-19 ] li
fa partecipi della sua autorità e li manda “ad annunziare il Regno di
Dio e a guarire gli infermi” ( Lc 9,2 ). Restano per sempre associati
al Regno di Cristo, che, per mezzo di essi, guida
la Chiesa
:
Io
preparo per voi un Regno, come il Padre l'ha preparato per me; perché
possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio Regno, e siederete in
trono a giudicare le dodici tribù d'Israele ( Lc 22,29-30 ).
552 Nel
collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto [Cf Mc 3,16; Mc
9,2; Lc 24,34; 552 1Cor 15,5 ]. Gesù a lui ha affidato una missione
unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva
confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nostro
Signore allora gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro
di essa” ( Mt 16,18 ). Cristo, “Pietra viva” ( 1Pt 2,4 ), assicura
alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte.
Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia
incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella
sua integrità e di confermare i suoi fratelli [Cf Lc 22,32 ].
553 Gesù
ha conferito a Pietro un potere specifico: “A te darò le chiavi del
Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei
cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei
cieli” ( Mt 16,19 ). Il “potere delle chiavi” designa l'autorità
per governare la casa di Dio, che è
la Chiesa. Gesù
, “il Buon Pastore” ( Gv 10,11 ) ha confermato questo incarico dopo
la Risurrezione
: “Pasci le mie pecorelle” ( Gv 21,15-17 ). Il potere di “legare e
sciogliere” indica l'autorità di assolvere dai peccati, di
pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni
disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa
attraverso il ministero degli Apostoli [Cf Mt 18,18 ] e particolarmente
di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno.
Un anticipo del Regno:
la Trasfigurazione
554 Dal
giorno in cui Pietro ha confessato che Gesù è il Cristo, il Figlio del
Dio vivente, il Maestro “cominciò a dire apertamente ai suoi
discepoli che doveva andare a Gerusalemme, e soffrire molto. . . e
venire ucciso e risuscitare il terzo giorno” ( Mt 16,21 ). Pietro
protesta a questo annunzio, [Cf Mt 16,22-23 ] gli altri addirittura non
lo comprendono [ Cf Mt 17,23; Lc 9,45 ]. In tale contesto si colloca
l'episodio misterioso della Trasfigurazione di Gesù [Cf Mt 17,1-8 par.
; 2Pt 1,16-18 ] su un alto monte, davanti a tre testimoni da lui scelti:
Pietro, Giacomo e Giovanni. Il volto e la veste di Gesù diventano
sfolgoranti di luce, appaiono Mosè ed Elia che parlano “della sua
dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” ( Lc 9,31 ).
Una nube li avvolge e una voce dal cielo dice: “Questi è il Figlio
mio, l'eletto; ascoltatelo” ( Lc 9,35 ).
555 Per
un istante, Gesù mostra la sua gloria divina, confermando così la
confessione di Pietro. Rivela anche che, per “entrare nella sua
gloria” ( Lc 24,26 ), deve passare attraverso la croce a Gerusalemme.
Mosè ed Elia avevano visto la gloria di Dio sul Monte;
la Legge
e i profeti avevano annunziato le sofferenze del Messia [Cf Lc 24,27 ].
La passione di Gesù è proprio la volontà del Padre: il Figlio agisce
come Servo di Dio [Cf Is 42,1 ]. La nube indica la presenza dello
Spirito Santo: “Tota Trinitas apparuit: Pater in voce; Filius in
homine, Spiritus in nube clara - Apparve tutta
la Trinità
: il Padre nella voce, il Figlio nell'uomo, lo Spirito nella nube
luminosa”: [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2]
Tu ti sei
trasfigurato sul monte, e, nella misura in cui ne erano capaci, i tuoi
discepoli hanno contemplato la tua gloria, Cristo Dio, affinché, quando
ti avrebbero visto crocifisso, comprendessero che la tua passione era
volontaria ed annunziassero al mondo che tu sei veramente l'irradiazione
del Padre [Liturgia bizantina, Kontakion della festa della
Trasfigurazione].
556 Alla soglia della vita pubblica: il battesimo;
alla soglia della Pasqua:
la Trasfigurazione. Col
battesimo di Gesù “declaratum fuit mysterium primae regenerationis -
fu manifestato il mistero della prima rigenerazione: il nostro
Battesimo”;
la Trasfigurazione
“est sacramentum secundae regenerationis - è il sacramento della
seconda rigenerazione: la nostra risurrezione” [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2]. Fin d'ora noi partecipiamo alla
Risurrezione del Signore mediante lo Spirito Santo che agisce nel
sacramento del Corpo di Cristo.
La Trasfigurazione
ci offre un anticipo della venuta gloriosa di Cristo “il quale
trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo
glorioso” ( Fil 3,21 ). Ma ci ricorda anche che “è necessario
attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” ( At
14,22 ):
Pietro
non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo.
Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora
invece egli stesso ti dice: Discendi ad affaticarti sulla terra, a
servire sulla terra, a essere disprezzato, a essere crocifisso sulla
terra. E' discesa
la Vita
per essere uccisa; è disceso il Pane per sentire la fame; è discesa
la Via
, perché sentisse la stanchezza del cammino; è discesa la sorgente per
aver sete; e tu rifiuti di soffrire? [Sant'Agostino, Sermones, 78, 6: PL
38, 492-493]
La salita di Gesù a Gerusalemme
557
“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal
mondo, [Gesù] si diresse decisamente verso Gerusalemme” ( Lc 9,51 )
[Cf Gv 13,1 ]. Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme
pronto a morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua
Risurrezione [Cf Mc 8,31-33; Mc 9,31-32; Mc 10,32-34 ]. Dirigendosi
verso Gerusalemme dice: “Non è possibile che un profeta muoia fuori
di Gerusalemme” ( Lc 13,33 ).
558 Gesù
ricorda il martirio dei profeti che erano stati messi a morte a
Gerusalemme [Cf Mt 23,37 a]. Tuttavia, non desiste dall'invitare
Gerusalemme a raccogliersi attorno a lui: “Gerusalemme. . . quante
volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i
pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” ( Mt 23,37 b). Quando
arriva in vista di Gerusalemme, Gesù piange sulla città ed ancora una
volta manifesta il desiderio del suo cuore: “Se avessi compreso anche
tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai
tuoi occhi” ( Lc 19,41-42 ).
L'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme
559 Come
Gerusalemme accoglierà il suo Messia? Dopo essersi sempre sottratto ai
tentativi del popolo di farlo re, [Cf Gv 6,15 ] Gesù sceglie il tempo e
prepara nei dettagli il suo ingresso messianico nella città di
“Davide, suo padre” ( Lc 1,32 ) [Cf Mt 21,1-11 ]. E' acclamato come
il figlio di Davide, colui che porta la salvezza (Hosanna” significa:
“Oh, sì, salvaci!”, “donaci la salvezza!”). Ora, “Re della
gloria” ( Sal 24,7-10 ) entra nella sua città cavalcando un asino:
[Cf Zc 9,9 ] egli non conquista
la Figlia
di Sion, figura della sua Chiesa, né con l'astuzia né con la violenza,
ma con l'umiltà che rende testimonianza alla Verità [Cf Gv 18,37 ].
Per questo i soggetti del suo Regno, in quel giorno, sono i fanciulli
[Cf Mt 21,15-16; Sal 8,3 ] e i “poveri di Dio”, i quali lo acclamano
come gli angeli lo avevano annunziato ai pastori [Cf Lc 19,38; 559 Lc
2,14 ]. La loro acclamazione, “Benedetto colui che viene nel Nome del
Signore” ( Sal 118,26 ), è ripresa dalla Chiesa nel “Sanctus”
della Liturgia eucaristica come introduzione al memoriale della Pasqua
del Signore.
560 L
'ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta l'avvento del Regno che il
Re-Messia si accinge a realizzare con
la Pasqua
della sua morte e Risurrezione. Con la celebrazione dell'entrata di Gesù
in Gerusalemme, la domenica delle Palme,
la Liturgia
della Chiesa dà inizio alla Settimana Santa.
In sintesi
561
“Tutta la vita di Cristo fu un insegnamento continuo: i suoi silenzi,
i suoi miracoli, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo amore per
l'uomo, la sua predilezione per i piccoli e per i poveri, l'accettazione
del sacrificio totale sulla croce per
la Redenzione
del mondo, la sua Risurrezione sono l'attuazione della sua Parola e il
compimento della Rivelazione” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi
tradendae, 9].
562 I
discepoli di Cristo devono conformarsi a lui, finché egli sia formato
in loro [Cf Gal 4,19 ]. “Per ciò siamo assunti ai Misteri della sua
vita, resi conformi a lui, morti e risuscitati con lui, finché con lui
regneremo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].
563
Pastori o magi, non si può incontrare Dio quaggiù che inginocchiandosi
davanti alla mangiatoia di Betlemme e adorandolo nascosto nella
debolezza di un bambino.
564 Con
la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe, come pure con il suo umile
lavoro durante i lunghi anni di Nazaret, Gesù ci dà l'esempio della
santità nella vita quotidiana della famiglia e del lavoro.
565
Dall'inizio della sua vita pubblica al momento del suo battesimo, Gesù
è il “Servo” totalmente consacrato all'opera redentrice che avrà
il compimento nel “battesimo” della sua passione.
566 La
tentazione nel deserto mostra Gesù, Messia umile che trionfa su Satana
in forza della sua piena adesione al disegno di salvezza voluto dal
Padre.
567 Il
Regno dei cieli è stato inaugurato in terra da Cristo. “Si manifesta
chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere, nella persona di
Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 5].
La Chiesa
è il germe e l'inizio di questo Regno. Le sue chiavi sono affidate a
Pietro.
568
La Trasfigurazione
di Gesù ha come fine di consolidare la fede degli Apostoli in vista
della passione: la salita sull'“alto monte” prepara la salita al
Calvario. Cristo, Capo della Chiesa, manifesta ciò che il suo Corpo
contiene e irradia nei sacramenti: “la speranza della gloria” ( Col
1,27 ) [Cf San Leone Magno, Sermones, 51, 3: PL 54, 310C].
569 Gesù
è salito a Gerusalemme volontariamente, pur sapendo che vi sarebbe
morto di morte violenta a causa della grande ostilità dei peccatori [Cf
Eb 12,3 ].
570 L
'ingresso di Gesù a Gerusalemme è la manifestazione dell'avvento del
Regno che il Re-Messia, accolto nella sua città dai fanciulli e dagli
umili di cuore, si accinge a realizzare con
la Pasqua
della sua morte e Risurrezione.
Articolo 4
“GESU'
CRISTO PATI' SOTTO PONZIO PILATO,
FU
CROCIFISSO, MORI' E FU SEPOLTO”
571 Il
Mistero pasquale della croce e della Risurrezione di Cristo è al centro
della Buona Novella che gli Apostoli, e
la Chiesa
dopo di loro, devono annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si
è compiuto una volta per tutte [Cf Eb 9,26 ] con la morte redentrice
del Figlio suo Gesù Cristo.
572
La Chiesa
resta fedele all'“interpretazione di tutte le Scritture” data da Gesù
stesso sia prima, sia dopo la sua Pasqua: “Non bisognava che il Cristo
sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” ( Lc
24,26-27; Lc 24,44-45 ). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro
forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli
anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” ( Mc 8,31 ), i quali lo
hanno consegnato “ai pagani” perché fosse “schernito e flagellato
e crocifisso” ( Mt 20,19 ).
573 La
fede può dunque cercare di indagare le circostanze della morte di Gesù,
fedelmente riferite dai Vangeli [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 19]
e illuminate da altre fonti storiche, al fine di una migliore
comprensione del senso della Redenzione.
Paragrafo
1
GESU' E
ISRAELE
574 Fin
dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni
sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono
accordati per farlo morire [Cf Mc 3,6 ]. Per certe sue azioni, [Cacciata
di demoni, cf Mt 12,24; perdono dei peccati, cf Mc 2,7; guarigioni in
gior- no di sabato, cf Mc 3,1-6; interpretazione originale dei precetti
di purità della Legge, cf Mc 7,14-23; familiarità con i pubblicani e i
pubblici peccatori, cf Mc 2,14-17 ] Gesù è apparso ad alcuni
malintenzionati sospetto di possessione demoniaca [Cf Mc 3,22; Gv 8,48;
574 Gv 10,20 ]. Lo si accusa di bestemmia [Cf Mc 2,7; 574 Gv 5,18; Gv
10,33 ] e di falso profetismo, [Cf Gv 7,12; Gv 7,52 ] crimini religiosi
che
la Legge
puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione [Cf Gv 8,59; Gv
10,31 ].
575 Molte
azioni e parole di Gesù sono dunque state un “segno di
contraddizione” ( Lc 2,34 ) per le autorità religiose di Gerusalemme,
quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama “i Giudei”, [Cf
Gv 1,19; Gv 2,18; Gv 5,10; Gv 7,13; Gv 9,22; Gv 18,12; 575 Gv 19,38; Gv
20,19 ] ancor più che per il comune popolo di Dio ( Gv 7,48-49 ).
Certamente, i suoi rapporti con i farisei non furono esclusivamente
polemici. Ci sono dei farisei che lo mettono in guardia in ordine al
pericolo che corre [Cf Lc 13,31 ]. Gesù loda alcuni di loro, come lo
scriba di Mc 12,34 , e mangia più volte in casa di farisei [Cf Lc 7,36;
Lc 14,1 ]. Gesù conferma dottrine condivise da questa élite religiosa
del popolo di Dio: la risurrezione dei morti,
[Cf Mt 22,23-34; Lc 20,39 ] le forme di pietà
(elemosina, preghiera e digiuno), [Cf Mt 6,2-18 ] e l'abitudine di
rivolgersi a Dio come Padre, la centralità del comandamento dell'amore
di Dio e del del prossimo [Cf Mc 12,28-34 ].
576 Agli
occhi di molti in Israele, Gesù sembra agire contro le istituzioni
fondamentali del Popolo eletto:
-
L'obbedienza alla Legge nell'integralità dei suoi precetti scritti e,
per i farisei, nell'interpretazione della tradizione orale.
- La
centralità del Tempio di Gerusalemme come luogo santo dove Dio abita in
un modo privilegiato.
- La fede
nell'unico Dio del quale nessun uomo può condividere la gloria.
I. Gesù e
la Legge
577 Gesù
ha fatto una solenne precisazione all'inizio del Discorso della
Montagna, quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova
Alleanza,
la Legge
data da Dio sul Sinai al momento della Prima Alleanza:
Non
pensate che io sia venuto ad abolire
la Legge
o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In
verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non
passerà neppure un iota o un segno dalla Legge, senza che tutto sia
compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche
minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato
minimo nel Regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà
agli uomini, sarà considerato grande nel Regno dei cieli ( Mt 5,17-19
).
578 Gesù,
il Messia d'Israele, il più grande quindi nel Regno dei cieli, aveva il
dovere di osservare
la Legge
, praticandola nella sua integralità fin nei minimi precetti, secondo
le sue stesse parole. Ed è anche il solo che l'abbia potuto fare
perfettamente [Cf Gv 8,46 ]. Gli Ebrei, secondo quanto essi stessi
confessano, non hanno mai potuto osservare
la Legge
nella sua integralità senza trasgredire il più piccolo precetto [Cf Gv
7,19; 578 At 13,38-41; At 15,10 ]. Per questo, ogni anno, alla festa
dell'Espiazione, i figli d'Israele chiedono perdono a Dio per le loro
trasgressioni della Legge. In realtà,
la Legge
costituisce un tutto unico e, come ricorda san Giacomo, “chiunque
osservi tutta
la Legge
, ma la trasgredisca in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (
Gc 2,10 ) [Cf Gal 3,10; Gal 5,3 ].
579 Il
principio dell'integralità dell'osservanza della Legge, non solo nella
lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte
risalto per Israele, essi hanno condotto molti Ebrei del tempo di Gesù
a uno zelo religioso estremo [Cf Rm 10,2 ]. E questo, se non voleva
risolversi in una casistica “ipocrita”, [Cf Mt 15,3-7; Lc 11,39-54 ]
non poteva che preparare il Popolo a quell'inaudito intervento di Dio
che sarà l'osservanza perfetta della Legge da parte dell'unico Giusto
al posto di tutti i peccatori [Cf Is 53,11; Eb 9,15 ].
580 L
'adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto l'opera del
divino Legislatore nato sotto
la Legge
nella Persona del Figlio [Cf Gal 4,4 ]. Con Gesù,
la Legge
non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta nel “cuore” (
Ger 31,33 ) del Servo che, proclamando “il diritto con fermezza” (
Is 42,3 ), diventa l'“Alleanza del Popolo” ( Is 42,6 ). Gesù compie
la Legge
fino a prendere su di sé “la maledizione della Legge” ( Gal 3,13 ),
in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti fedeli “a tutte le
cose scritte nel libro della Legge” ( Gal 3,10 ); infatti la morte di
Cristo intervenne “per la redenzione delle colpe commesse sotto
la Prima Alleanza
” ( Eb 9,15 ).
581 Gesù
è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un
“rabbi” [Cf Gv 11,28; Gv 3,2; 581 Mt 22,23-24; Mt 22,34-36 ]. Spesso
egli ha usato argomentazioni che rientravano nel quadro
dell'interpretazione rabbinica della Legge [Cf Mt 12,5; Mt 9,12; Mc
2,23-27; Lc 6,6-9; Gv 7,22-23 ]. Ma al tempo stesso, Gesù non poteva
che urtare i dottori della Legge; infatti, non si limitava a proporre la
sua interpretazione accanto alle loro: “Egli insegnava come uno che ha
autorità e non come i loro scribi” ( Mt 7,29 ). In lui, è
la Parola
stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè
la Legge
scritta, a farsi di nuovo sentire sul Monte delle Beatitudini [Cf Mt 5,1
]. Essa non abolisce
la Legge
, ma la porta a compimento dandone in maniera divina l'interpretazione
definitiva: “Avete inteso che fu detto agli antichi. . . ma io vi
dico” ( Mt 5,33-34 ). Con questa stessa autorità divina, Gesù
sconfessa certe “tradizioni degli uomini” ( Mc 7,8 ) care ai farisei
i quali annullano “
la Parola
di Dio ” ( Mc 7,13 ).
582
Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli
alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il
senso “pedagogico” [Cf Gal 3,24 ] con una interpretazione divina:
“Tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo. .
. Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. . . Ciò che esce
dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal
cuore dell'uomo, escono le intenzioni cattive” ( Mc 7,18-21 ). Dando
con autorità divina l'interpretazione definitiva della Legge, Gesù si
è trovato a scontrarsi con certi dottori della Legge, i quali non ne
accettavano la sua interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni
divini che la accompagnavano [Cf Gv 5,36; Gv 10,25; Gv 5,37-38; 582 Gv
12,37 ]. Ciò vale soprattutto per la questione del sabato: Gesù
ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, [Cf Mc 2,25-27;
582 Gv 7,22-24 ] che il riposo del sabato non viene violato dal servizio
di Dio [Cf Mt 12,5; Nm 28,9 ] o del prossimo, [Cf Lc 13,15-16; Lc 14,3-4
] servizio che le guarigioni da lui operate compiono.
II. Gesù e il Tempio
583 Gesù,
come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme
il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria
quaranta giorni dopo la nascita ( Lc 2,22-39 ). All'età di dodici anni
decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli
deve occuparsi delle cose del Padre suo [Cf Lc 2,46-49 ]. Vi è salito
ogni anno, almeno per
la Pasqua
, durante la sua vita nascosta; [Cf Lc 2,41 ] lo stesso suo ministero
pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le
grandi feste giudaiche [Cf Gv 2,13-14; Gv 5,1; Gv 2,14; Gv 7,1; Gv 2,10;
Gv 2,14; 583 Gv 8,2; Gv 10,22-23 ].
584 Gesù
è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell'incontro con Dio.
Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e
si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un
luogo di commercio [Cf Mt 21,13 ]. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a
ciò è spinto dall'amore geloso per il Padre suo: “"Non fate
della casa di mio Padre un luogo di mercato". I discepoli si
ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi
divora" ( Gv 2,16-17 ). Dopo la sua Risurrezione, gli Apostoli
hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio [Cf At 2,46; At
3,1; At 5,20; At 2,21; 584 ecc].
585 Alla
vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione di
questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra
[Cf Mt 24,1-2 ]. In ciò vi è l'annunzio di un segno degli ultimi tempi
che stanno per iniziare con la sua Pasqua [Cf Mt 24,3; Lc 13,35 ]. Ma
questa profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi
testimoni al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote
[Cf Mc 14,57-58 ] e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla
croce [Cf Mt 27,39-40 ].
586 Lungi
dall'essere stato ostile al Tempio [Cf Mt 8,4; Mt 23,21; Lc 17,14; Gv
4,22 ] dove ha dato l'essenziale del suo insegnamento, [Cf Gv 18,20 ]
Gesù ha voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro, [Cf
Mt 17,24-27 ] che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe
stata la sua Chiesa [Cf Mt 16,18 ]. Ancor più, egli si è identificato
con il Tempio presentandosi come la dimora definitiva di Dio in mezzo
agli uomini [Cf Gv 2,21; Mt 12,6 ]. Per questo la sua uccisione nel
corpo [Cf Gv 2,18-22 ] annunzia la distruzione del Tempio, distruzione
che manifesterà l'entrata in una nuova età della storia della
salvezza: “E' giunto il momento in cui né su questo monte, né in
Gerusalemme adorerete il Padre” ( Gv 4,21 ) [Cf Gv 4,23-24; 586 Mt
27,51; Eb 9,11; Ap 21,22 ].
III. Gesù e la fede d'Israele nel Dio unico e
Salvatore 586 _
587 Se
la Legge
e il Tempio di Gerusalemme hanno potuto essere occasione di
“contraddizione” [Cf Lc 2,34 ] da parte di Gesù per le autorità
religiose di Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei
peccati, opera divina per eccellenza, a rappresentare per costoro la
vera pietra d'inciampo [Cf Lc 20,17-18; Sal 118,22 ].
588 Gesù
ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori [Cf
Lc 5,30 ] con la stessa familiarità con cui pranzava con loro [Cf Lc
7,36; 588 Lc 11,37; Lc 14,1 ]. Contro quelli tra i farisei “che
presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri” ( Lc 18,9 ),
[Cf Gv 7,49; Gv 9,34 ] Gesù ha affermato: “Io non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” ( Lc 5,32 ). Si è
spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che, essendo il peccato
universale, [Cf Gv 8,33-36 ] coloro che presumono di non aver bisogno di
salvezza, sono ciechi sul proprio conto [Cf Gv 9,40-41 ].
589 Gesù
ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio
comportamento misericordioso verso i peccatori con l'atteggiamento di
Dio stesso a loro riguardo [Cf Mt 9,13; Os 6,6 ]. E' arrivato a lasciar
intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, [ Cf Lc 15,1-2 ] li
ammetteva al banchetto messianico [Cf Lc 15,23-32 ]. Ma è soprattutto
perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di
Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi,
giustamente affermano, solo Dio può rimettere i peccati [Cf Mc 2,7 ].
Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa
uguale a Dio, [Cf Gv 5,18; Gv 10,33 ] oppure dice il vero e la sua
Persona rende presente e rivela il Nome di Dio [Cf Gv 17,6; Gv 17,26 ].
590
Soltanto l'identità divina della Persona di Gesù può giustificare
un'esigenza assoluta come questa: “Chi non è con me è contro di
me” ( Mt 12,30 ); altrettanto quando egli dice che in lui c'è “più
di Giona. . . più di Salomone” ( Mt 12,41-42 ), “c'è qualcosa più
grande del Tempio” ( Mt 12,6 ); quando ricorda, a proprio riguardo,
che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, [Cf Mt 12,36; Mt 12,37 ] e
quando afferma: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” ( Gv 8,58 ); e
anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola” ( Gv 10,30 ).
591 Gesù
ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a
causa delle opere del Padre che egli compiva [Cf Gv 10,36-38 ]. Un tale
atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se
stessi per una rinascita “dall'alto” ( Gv 3,7 ), sotto lo stimolo
della grazia divina [Cf Gv 6,44 ]. Una simile esigenza di conversione di
fronte a un così sorprendente compimento delle promesse [Cf Is 53,1 ]
permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù
meritevole di morte perché bestemmiatore [Cf Mc 3,6; Mt 26,64-66 ]. I
suoi membri agivano così per “ignoranza” [Cf Lc 23,34; At 3,17-18 ]
e al tempo stesso per l'“indurimento” ( Mc 3,5; 591 Rm 11,25 )
dell'incredulità [Cf Rm 11,20 ].
In sintesi
592 Gesù
non ha abolito
la Legge
del Sinai, ma l'ha portata a compimento [Cf Mt 5,17-19 ] con una tale
perfezione [Cf Gv 8,46 ] da rivelarne il senso ultimo [Cf Mt 5,33 ss] e
da riscattarne le trasgressioni [Cf Eb 9,15 ].
593 Gesù
ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste giudaiche di
pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in
mezzo agli uomini. Il Tempio prefigura il suo Mistero. Se ne predice la
distruzione, è per manifestare la sua propria uccisione e l'inizio di
una nuova epoca della storia della salvezza, nella quale il suo Corpo
sarà il Tempio definitivo.
594 Gesù
ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato
come il Dio Salvatore [Cf Gv 5,16-18 ]. Alcuni Giudei, i quali non
riconoscevano il Dio fatto uomo , [Cf Gv 1,14 ] ma vedevano in lui “un
uomo” che si faceva “Dio” ( Gv 10,33 ), l'hanno giudicato un
bestemmiatore.
Paragrafo 2
GESU'
MORI' CROCIFISSO
I. Il processo di Gesù
Divisioni delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù
595 Tra
le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il
fariseo Nicodemo [Cf Gv 7,50 ] o il notabile Giuseppe di Arimatea ad
essere, di nascosto, discepoli di Gesù, [Cf Gv 19,38-39 ] ma a
proposito di lui [Cf Gv 9,16-17; Gv 10,19-21 ] sono sorti dissensi per
lungo tempo al punto che alla vigilia stessa della sua passione, san
Giovanni può dire di essi che “molti credettero in lui” anche se in
maniera assai imperfetta ( Gv 12,42 ). La cosa non ha nulla di
sorprendente se si tiene presente che all'indomani della Pentecoste
“un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede” ( At 6,7 ) e che
“alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti” ( At 15,5
) al punto che san Giacomo può dire a san Paolo che “parecchie
migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente
attaccati alla Legge” ( At 21,20 ).
596 Le
autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella condotta
da tenere nei riguardi di Gesù [Cf Gv 9,16; Gv 10,19 ]. I farisei hanno
minacciato di scomunica coloro che lo avrebbero seguito [Cf Gv 9,22 ]. A
coloro che temevano che tutti avrebbero creduto in lui e i Romani
sarebbero venuti e avrebbero distrutto il loro Luogo santo e la loro
nazione [Cf Gv 11,48 ] il sommo sacerdote Caifa propose profetizzando:
E' “meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la
nazione intera” ( Gv 11,49-50 ). Il Sinedrio, avendo dichiarato Gesù
“reo di morte” ( Mt 26,66 ) in quanto bestemmiatore, ma avendo
perduto il diritto di mettere a morte, [Cf Gv 18,31 ] consegna Gesù ai
Romani accusandolo di rivolta politica, [Cf Lc 23,2 ] cosa che lo metterà
alla pari con Barabba accusato di “sommossa” ( Lc 23,19 ). Sono
anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti esercitano su
Pilato perché egli condanni a morte Gesù [Cf Gv 19,12; 596 Gv 19,15;
Gv 19,21 ].
Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili
della morte di Gesù
597
Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa
nei racconti evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei
protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo
conosce, non si può attribuirne la responsabilità all'insieme degli
Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata [Cf Mc
15,11 ] e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla
conversione dopo
la Pentecoste
[Cf At 2,23; At 2,36; At 3,13-14; At 4,10; 597 At 5,30; At 7,52; At
10,39; At 13,27-28; 1Ts 2,14-15 ]. Gesù stesso perdonando sulla croce
[Cf Lc 23,34 ] e Pietro sul suo esempio, hanno riconosciuto
l'“ignoranza” ( At 3,17 ) degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei
loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: “Il suo
sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli” ( Mt 27,25 ) che è
una formula di ratificazione, [Cf At 5,28; 597 At 18,6 ] estendere la
responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio:
Molto
bene
la Chiesa
ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: “Quanto è stato commesso
durante
la Passione
non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora
viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. . . Gli Ebrei non devono
essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se
ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra
aetate, 4].
Tutti i peccatori furono gli autori della Passione di
Cristo
598
La Chiesa
, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non
ha mai dimenticato che “ogni singolo peccatore è realmente causa e
strumento delle. . . sofferenze” del divino Redentore [Catechismo
Romano, 1, 5, 11; cf Eb 12,3 ]. Tenendo conto del fatto che i nostri
peccati offendono Cristo stesso, [Cf Mt 25,45; At 9,4-5 ]
la Chiesa
non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel
supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto
ricadere unicamente sugli Ebrei:
E' chiaro
che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel
peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio
della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono
nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono
[Cf Eb 6,6 ] con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei.
Questi infatti - afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo
avessero conosciuto come re divino [Cf 1Cor 2,8 ]. Noi cristiani,
invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le
nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e
peccatrici [Catechismo Romano, 1, 5, 11].
E neppure
i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e
ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati [San
Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3].
II. La morte redentrice di Cristo
nel
disegno divino della salvezza
“Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito
di Dio”
599 La
morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso
sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di
Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo
discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il
prestabilito disegno e la prescienza di Dio” ( At 2,23 ). Questo
linguaggio biblico non significa che quelli che hanno “consegnato”
Gesù ( At 3,13 ) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda
scritta in precedenza da Dio.
600 Tutti
i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli
stabilì dunque il suo disegno eterno di “predestinazione”
includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: “Davvero
in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù,
che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli
d'Israele [Cf Sal 2,1-2 ] per compiere ciò che la tua mano e la tua
volontà avevano preordinato che avvenisse” ( At 4,27-28 ). Dio ha
permesso gli atti derivati dal loro accecamento [Cf Mt 26,54; Gv 18,36;
Gv 19,11 ] al fine di compiere il suo disegno di salvezza [Cf At 3,17-18
].
“Morto per i nostri peccati secondo le Scritture”
601
Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del Servo,
il Giusto, [Cf Is 53,11; 601 At 3,14 ] era stato anticipatamente
annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè
di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato [Cf Is
53,11-12; 601 Gv 8,34-36 ]. San Paolo professa, in una confessione di
fede che egli dice di avere “ricevuto”, che “Cristo morì per i
nostri peccati secondo le Scritture ” ( 1Cor 15,3 ) [Cf At 3,18; At
7,52; At 13,29; 601 At 26,22-23 ]. La morte redentrice di Gesù compie
in particolare la profezia del Servo sofferente [Cf Is 53,7-8 e At
8,32-35 ]. Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della
sua morte alla luce del Servo sofferente [Cf Mt 20,28 ]. Dopo
la Risurrezione
, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di
Emmaus, [Cf Lc 24,25-27 ] poi agli stessi Apostoli [Cf Lc 24,44-45 ].
“Dio l'ha fatto peccato per noi”
602 San
Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel
disegno divino della salvezza: “Voi sapete che non a prezzo di cose
corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota
condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di
Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu
predestinato, già prima della fondazione del mondo, ma si è
manifestato negli ultimi tempi per voi” ( 1Pt 1,18-20 ). I peccati
degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla
morte [Cf Rm 5,12; 1Cor 15,56 ]. Inviando il suo proprio Figlio nella
condizione di servo, [Cf Fil 2,7 ] quella di una umanità decaduta e
votata alla morte a causa del peccato, [Cf Rm 8,3 ] “colui che non
aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore,
perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (
2Cor 5,21 ).
603 Gesù
non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse peccato [Cf
Gv 8,46 ]. Ma nell'amore redentore che sempre lo univa al Padre, [Cf Gv
8,29 ] egli ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del
peccato al punto da poter dire a nome nostro sulla croce: “Mio Dio,
mio Dio, perché mi hai abbandonato?” ( Mc 15,34; 603 Sal 22,2 ).
Avendolo reso così solidale con noi peccatori, “Dio non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” ( Rm 8,32
) affinché noi fossimo “riconciliati con lui per mezzo della morte
del Figlio suo” ( Rm 5,10 ).
Dio ha l'iniziativa dell'amore redentore universale
604 Nel
consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo
disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni
merito da parte nostra. “In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad
amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come
vittima di espiazione per i nostri peccati” ( 1Gv 4,10 ) [Cf 1Gv 4,19
]. “Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché mentre eravamo
ancora peccatori, Cristo è morto per noi” ( Rm 5,8 ).
605
Questo amore è senza esclusioni; Gesù l'ha richiamato a conclusione
della parabola della pecorella smarrita: “Così il Padre vostro
celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli” (
Mt 18,14 ). Egli afferma di “dare la sua vita in riscatto per molti
” ( Mt 20,28 ); quest'ultimo termine non è restrittivo: oppone
l'insieme dell'umanità all'unica persona del Redentore che si consegna
per salvarla [Cf Rm 5,18-19 ].
La Chiesa
, seguendo gli Apostoli, [Cf 2Cor 5,15; 1Gv 2,2 ] insegna che Cristo è
morto per tutti senza eccezioni: “Non vi è, non vi è stato, non vi
sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto” [Concilio di
Quierzy (853): Denz. -Schönm.,624].
III. Cristo ha offerto se stesso al Padre
per i
nostri peccati
Tutta la vita di Cristo è offerta al Padre
606 Il
Figlio di Dio “disceso dal cielo non per fare” la sua “volontà ma
quella di colui che” l'ha “mandato” ( Gv 6,38 ), “entrando nel
mondo dice: . . Ecco, io vengo. . . per fare, o Dio, la tua volontà. .
. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per
mezzo dell'offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per
sempre” ( Eb 10,5-10 ). Dal primo istante della sua Incarnazione, il
Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di
salvezza: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e
compiere la sua opera” ( Gv 4,34 ). Il sacrificio di Gesù “per i
peccati di tutto il mondo” ( 1Gv 2,2 ) è l'espressione della sua
comunione d'amore con il Padre: “Il Padre mi ama perché io offro la
mia vita” ( Gv 10,17 ). “Bisogna che il mondo sappia che io amo il
Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato” ( Gv 14,31 ).
607
Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre
suo anima tutta la vita di Gesù [Cf Lc 12,50; Lc 22,15; Mt 16,21-23 ]
perché la sua Passione redentrice è la ragion d'essere della sua
Incarnazione: “Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto
a quest'ora!” ( Gv 12,27 ). “Non devo forse bere il calice che il
Padre mi ha dato?” ( Gv 18,11 ). E ancora sulla croce, prima che tutto
sia compiuto, [Cf Gv 19,30 ] egli dice: “Ho sete” ( Gv 19,28 ).
“L'Agnello che toglie il peccato del mondo”
608 Dopo
aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, [Cf Lc 3,21; Mt
3,14-15 ] Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù “l'Agnello di
Dio.. . che toglie il peccato del mondo” ( Gv 1,29 ) [Cf Gv 1,36 ].
Egli manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si
lascia condurre in silenzio al macello [Cf Is 53,7; 608 Ger 11,19 ] e
porta il peccato delle moltitudini [Cf Is 53,12 ] e l'agnello pasquale
simbolo della redenzione di Israele al tempo della prima Pasqua [Cf Es
12,3-14; e anche Gv 19,36; 1Cor 5,7 ]. Tutta la vita di Cristo esprime
la sua missione: “servire e dare la propria vita in riscatto per
molti”( Mc 10,45 )
Gesù liberamente fa suo l'amore redentore del Padre
609
Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù
“li amò sino alla fine” ( Gv 13,1 ) “perché nessuno ha un amore
più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici” ( Gv
15,13 ). Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è
diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole
la salvezza degli uomini [ Cf Eb 2,10; Eb 2,17-18; Eb 4,15; Eb 5,7-9 ].
Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte
per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare:
“Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso” ( Gv 10,18 ).
Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso
la morte [Cf Gv 18,4-6; 609 Mt 26,53 ].
Alla Cena Gesù ha anticipato l'offerta libera della
sua vita
610 La
libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta espressione
nella Cena consumata con i Dodici Apostoli [Cf Mt 26,20 ] nella “notte
in cui veniva tradito” ( 1Cor 11,23 ). La vigilia della sua passione,
Gesù, quand'era ancora libero, ha fatto di quest'ultima Cena con i suoi
Apostoli il memoriale della volontaria offerta di sé al Padre [Cf 1Cor
5,7 ] per la salvezza degli uomini: “Questo è il mio Corpo che è
dato per voi” ( Lc 22,19 ). “Questo è il mio Sangue dell'Alleanza,
versato per molti, in remissione dei peccati” ( Mt 26,28 ).
611 L
'Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il
“memoriale” [Cf 1Cor 11,25 ] del suo sacrificio. Gesù nella sua
offerta include gli Apostoli e chiede loro di perpetuarla [Cf Lc 22,19
]. Con ciò, Gesù istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova
Alleanza: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi
consacrati nella verità” ( Gv 17,19 ) [Cf Concilio di Trento: Denz.
-Schönm. , 1752; 1764].
L'agonia del Getsemani
612 Il
calice della Nuova Alleanza, che Gesù ha anticipato alla Cena offrendo
se stesso, [Cf Lc 22,20 ] in seguito egli lo accoglie dalle mani del
Padre nell'agonia al Getsemani [Cf Mt 26,42 ] facendosi “obbediente
fino alla morte” ( Fil 2,8 ) [Cf Eb 5,7-8 ]. Gesù prega: “Padre
mio, se è possibile, passi da me questo calice!” ( Mt 26,39 ). Egli
esprime così l'orrore che la morte rappresenta per la sua natura umana.
Questa, infatti, come la nostra, è destinata alla vita eterna; in più,
a differenza della nostra, è perfettamente esente dal peccato [Cf Eb
4,15 ] che causa la morte; [Cf Rm 5,12 ] ma soprattutto è assunta dalla
Persona divina dell' “Autore della vita” ( At 3,15 ), del
“Vivente” ( Ap 1,17 ) [Cf Gv 1,4; Gv 5,26 ]. Accettando nella sua
volontà umana che sia fatta la volontà del Padre, [Cf Mt 26,42 ] Gesù
accetta la sua morte in quanto redentrice, per “portare i nostri
peccati nel suo corpo sul legno della croce” ( 1Pt 2,24 ).
La morte di Cristo è il sacrificio unico e
definitivo
613 La
morte di Cristo è contemporaneamente il sacrificio pasquale che compie
la redenzione definitiva degli uomini [Cf 1Cor 5,7; Gv 8,34-36 ] per
mezzo dell'“Agnello che toglie il peccato del mondo” ( Gv 1,29 ) [Cf
1Pt 1,19 ] e il sacrificio della Nuova Alleanza [Cf 1Cor 11,25 ] che di
nuovo mette l'uomo in comunione con Dio [Cf Es 24,8 ] riconciliandolo
con lui mediante il sangue “versato per molti in remissione dei
peccati” ( Mt 26,28 ) [Cf Lv 16,15-16 ].
614
Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici
[Cf Eb 10,10 ]. Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che
consegna il Figlio suo per riconciliare noi con lui [Cf 1Gv 4,10 ]. Nel
medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente
e per amore, [Cf Gv 15,13 ] offre la propria vita [Cf Gv 10,17-18 ] al
Padre suo nello Spirito Santo [Cf Eb 9,14 ] per riparare la nostra
disobbedienza.
Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra
disobbedienza
615
“Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti
peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno
costituiti giusti” ( Rm 5,19 ). Con la sua obbedienza fino alla morte,
Gesù ha compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre “se
stesso in espiazione ”, mentre porta “il peccato di molti”, e li
giustifica addossandosi “la loro iniquità” [Cf Is 53,10-12 ]. Gesù
ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i
nostri peccati [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1529].
Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio
616 E'
l'amore “sino alla fine” ( Gv 13,1 ) che conferisce valore di
redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al
sacrificio di Cristo. Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell'offerta
della sua vita [Cf Gal 2,20; Ef 5,2; Ef 5,25 ]. “L'amore del Cristo ci
spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono
morti” ( 2Cor 5,14 ). Nessun uomo, fosse pure il più santo, era in
grado di prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini e di offrirsi
in sacrificio per tutti. L'esistenza in Cristo della Persona divina del
Figlio, che supera e nel medesimo tempo abbraccia tutte le persone umane
e lo costituisce Capo di tutta l'umanità, rende possibile il suo
sacrificio redentore per tutti .
617
“Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis justificationem meruit
- La sua santissima passione sul legno della croce ci meritò la
giustificazione” insegna il Concilio di Trento [Denz. -Schönm., 1529]
sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come “causa
di salvezza eterna” ( Eb 5,9 ). E
la Chiesa
venera la croce cantando: “O crux, ave, spes unica - Ave, o croce,
unica speranza” [Inno “Vexilla Regis”].
La nostra partecipazione al sacrificio di Cristo
618 La
croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo “mediatore tra
Dio e gli uomini” ( 1Tm 2,5 ). Ma, poiché nella sua Persona divina
incarnata, “si è unito in certo modo ad ogni uomo”, [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 22] egli offre “a tutti la possibilità di
venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale”
[Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]. Egli chiama i suoi discepoli
a prendere la loro croce e a seguirlo, [Cf Mt 16,24 ] poiché patì per
noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme [Cf 1Pt 2,21 ].
Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi
che ne sono i primi beneficiari [Cf Mc 10,39; Gv 21,18-19; Col 1,24 ].
Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più
intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza
redentrice [Cf Lc 2,35 ].
Al di
fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo [Santa Rosa
da Lima; cf P. Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668].
In sintesi
619
“Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture” ( 1Cor
15,3 ).
620 La
nostra salvezza proviene dall'iniziativa d'amore di Dio per noi poiché
“è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati” ( 1Gv 4,10 ). “E' stato Dio infatti
a riconciliare a sé il mondo in Cristo” ( 2Cor 5,19 ).
621 Gesù
si è liberamente offerto per la nostra salvezza. Questo dono egli lo
significa e lo realizza in precedenza durante l'ultima Cena: “Questo
è il mio Corpo che è dato per voi” ( Lc 22,19 ).
622 In
questo consiste la redenzione di Cristo: egli “è venuto per. . . dare
la sua vita in riscatto per molti” ( Mt 20,28 ), cioè ad amare “i
suoi sino alla fine” ( Gv 13,1 ) perché essi siano “liberati
dalla” loro “vuota condotta ereditata dai” loro “padri” ( 1Pt
1,18 ).
623
Mediante la sua obbedienza di amore al Padre “fino alla morte di
croce” ( Fil 2,8 ), Gesù compie la missione espiatrice [Cf Is 53,10 ]
del Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità
[Cf Is 53,11; 623 Rm 5,19 ].
Paragrafo 3
GESU'
CRISTO FU SEPOLTO
624
“Per la grazia di Dio, egli” ha provato “la morte a vantaggio di
tutti” ( Eb 2,9 ). Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il
Figlio suo non solamente morisse “per i nostri peccati” ( 1Cor 15,3
) ma anche “provasse la morte”, ossia conoscesse lo stato di morte,
lo stato di separazione tra la sua anima e il suo Corpo per il tempo
compreso tra il momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento
in cui è risuscitato. Questo stato di Cristo morto è il Mistero del
sepolcro e della discesa agli inferi. E' il Mistero del Sabato Santo in
cui Cristo deposto nel sepolcro [Cf Gv 19,42 ] manifesta il grande
riposo sabbatico di Dio [Cf Eb 4,4-9 ] dopo il compimento [Cf Gv 19,30 ]
della salvezza degli uomini che mette in pace l'universo intero [Cf Col
1,18-20 ].
Cristo nel sepolcro con il suo Corpo
625 La
permanenza di Cristo nella tomba costituisce il legame reale tra lo
stato di passibilità di Cristo prima della Pasqua e il suo stato
attuale glorioso di risorto. E' la medesima Persona del “Vivente”
che può dire: “ Io ero morto, ma ora vivo per sempre ” ( Ap 1,18 ).
Dio [il
Figlio] non ha impedito che la morte separasse l'anima dal corpo, come
naturalmente avviene, ma egli li ha di nuovo ricongiunti l'uno all'altra
con
la Risurrezione
, al fine di essere lui stesso, nella sua Persona, il punto d'incontro
della morte e della vita arrestando in sé la decomposizione della
natura causata dalla morte e divenendo lui stesso principio di riunione
per le parti separate [San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 16: PG
45, 52B].
626 Poiché
l'“Autore della vita” che è stato ucciso [Cf At 3,15 ] è anche il
Vivente che “è risuscitato”, [Cf Lc 24,5-6 ] necessariamente
la Persona
divina del Figlio di Dio ha continuato ad assumere la sua anima e il suo
corpo separati tra di loro dalla morte:
La Persona
unica non si è trovata divisa in due persone dal fatto che alla morte
di Cristo l'anima è stata separata dalla carne; poiché il corpo e
l'anima di Cristo sono esistiti al medesimo titolo fin da principio
nella Persona del Verbo; e nella morte, sebbene separati l'uno
dall'altra, sono restati ciascuno con la medesima ed unica Persona del
Verbo [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 3, 27: PG 94, 1098A].
“Non lascerai che il tuo Santo veda la
corruzione”
627 La
morte di Cristo è stata una vera morte in quanto ha messo fine alla sua
esistenza umana terrena. Ma a causa dell'unione che
la Persona
del Figlio ha mantenuto con il suo Corpo, non si è trattato di uno
spogliamento mortale come gli altri, perché “non era possibile che”
la morte “lo tenesse in suo potere” [At 2,24] e perciò “la virtù
divina ha preservato il Corpo di Cristo dalla corruzione” [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, III, 51, 3]. Di Cristo si può dire
contemporaneamente: “Fu eliminato dalla terra dei viventi” ( Is 53,8
) e: “Il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia
vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione” (
Sal 16,9-10 ) [Cf At 2,26-27 ].
La Risurrezione
di Gesù “il terzo giorno” ( 1Cor 15,4; 627 Lc 24,46 ) [Cf Mt 12,40;
Gn 2,1; Os 6,2 ] ne era il segno, anche perché si credeva che la
corruzione si manifestasse a partire dal quarto giorno [Cf Gv 11,39 ].
“Sepolti con Cristo...”
628 Il
Battesimo, il cui segno originale e plenario è l'immersione, significa
efficacemente la discesa nella tomba del cristiano che muore al peccato
con Cristo in vista di una vita nuova: “Per mezzo del Battesimo siamo
dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu
risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi
possiamo camminare in una vita nuova” ( Rm 6,4 ) [Cf Col 2,12; 628 Ef
5,26 ].
In sintesi
629 A
beneficio di ogni uomo Gesù ha provato la morte [ Cf Eb 2,9 ]. Colui
che è morto e che è stato sepolto è veramente il Figlio di Dio fatto
uomo.
630
Durante la permanenza di Cristo nella tomba, la sua Persona divina ha
continuato ad assumere sia la sua anima che il suo corpo, separati però
tra di loro dalla morte. E' per questo che il corpo di Cristo morto non
ha conosciuto la corruzione [Cf At 13,37 ].
Articolo
5
“GESU'
CRISTO DISCESE AGLI INFERI,
RISUSCITO'
DAI MORTI IL TERZO GIORNO”
631 Gesù
era disceso nelle regioni inferiori della terra: “Colui che discese è
lo stesso che anche ascese”( Ef 4,10 ). Il Simbolo degli Apostoli
professa in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi
e la sua Risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua
Pasqua egli dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita:
Cristo,
tuo Figlio,
che,
risuscitato dai morti,
fa
risplendere sugli uomini la sua luce serena,
e vive e
regna nei secoli dei secoli. Amen [Messale Romano, Veglia Pasquale,
Exultet].
Paragrafo
1
CRISTO
DISCESE AGLI INFERI
632 Le
frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù “è
risuscitato dai morti” ( At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20 ) presuppongono
che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel
soggiorno dei morti [Cf Eb 13,20 ]. E' il senso primo che la
predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù
ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la
sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore,
proclamando
la Buona Novella
agli spiriti che vi si trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].
633
La Scrittura
chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9 ] il
soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi
si trovano sono privati della visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal 88,11-13
]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i
morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ] il
che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù
nella parabola del povero Lazzaro accolto nel “seno di Abramo” [Cf
Lc 16,22-26 ]. “Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del
Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno” [Catechismo
Romano, 1, 6, 3]. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i
dannati [Cf Concilio di Roma (745): Denz. -Schönm., 587] né per
distruggere l'inferno della dannazione, [Cf Benedetto XII, Opuscolo Cum
dudum: Denz. -Schönm., 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam:
ibid., 1077] ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto [Cf
Concilio di Toledo IV (625): Denz. -Schönm., 485; cf anche Mt 27,52-53
].
634 “
La Buona Novella
è stata annunciata anche ai morti. . . ” ( 1Pt 4,6 ). La discesa agli
inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza.
E' la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata
nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione
dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i
luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi
partecipi della Redenzione.
635
Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte [Cf Mt 12,40;
Rm 10,7; Ef 4,9 ] affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio
e, ascoltandola, vivessero [Cf Gv 5,25 ]. Gesù “l'Autore della
vita” ( At 3,15 ) ha ridotto “all'impotenza, mediante la morte,
colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” liberando “così
tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per
tutta la vita” ( Eb 2,14-15 ). Ormai Cristo risuscitato ha “potere
sopra la morte e sopra gli inferi” ( Ap 1,18 ) e “nel nome di Gesù
ogni ginocchio” si piega “nei cieli, sulla terra e sotto terra” (
Fil 2,10 ).
Oggi
sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande
silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace
perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che
da secoli dormivano. . . Egli va a cercare il primo padre, come la
pecora smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle
tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare
dalle sofferenze Adamo ed Eva, che si trovano in prigione. . . “Io
sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio. Svegliati, tu che
dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero
nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono
la Vita
dei morti” [Da un'antica “Omelia sul Sabato Santo”: PG 43, 440A.
452C
, cf Liturgia delle Ore, II, Ufficio delle letture del Sabato Santo].
In sintesi
636 Con
l'espressione “Gesù discese agli inferi”, il Simbolo professa che
Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha
vinto la morte e il diavolo “che della morte ha il potere” ( Eb 2,14
).
637
Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina è disceso alla
dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che
l'avevano preceduto.
Paragrafo 2
IL TERZO
GIORNO RISUSCITO' DAI MORTI
638
“Noi vi annunziamo
la Buona Novella
che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata
per noi, loro figli, risuscitando Gesù” ( At 13,32-33 ).
La Risurrezione
di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo, creduta e
vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa
come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo
Testamento, predicata come parte essenziale del Mistero pasquale insieme
con la croce:
Cristo è
risuscitato dai morti.
Con la
sua morte ha vinto la morte,
Ai morti
ha dato la vita [Liturgia bizantina, Tropario di Pasqua].
I. L'avvenimento storico e trascendente
639 Il
mistero della Risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha
avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo
Testamento. Già verso l'anno 56 san Paolo può scrivere ai cristiani di
Corinto: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho
ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le
Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le
Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” ( 1Cor 15,3-4 ).
L'Apostolo parla qui della tradizione viva della Risurrezione che egli
aveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Damasco [Cf At
9,3-18 ].
Il sepolcro vuoto
640
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è
risuscitato” ( Lc 24,5-6 ). Nel quadro degli avvenimenti di Pasqua, il
primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una
prova diretta. L'assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe
spiegarsi altrimenti [Cf Gv 20,13; 640 Mt 28,11-15 ]. Malgrado ciò, il
sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua
scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il
riconoscimento dell'evento della Risurrezione. Dapprima è il caso delle
pie donne, [Cf Lc 24,3; Lc 24,22-23 ] poi di Pietro [Cf Lc 24,12 ].
“Il discepolo. . . che Gesù amava” ( Gv 20,2 ) afferma che,
entrando nella tomba vuota e scorgendo “le bende per terra” ( Gv
20,6 ), “vide e credette” ( Gv 20,8 ). Ciò suppone che egli abbia
constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, [Cf Gv
20,5-7 ] che l'assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana
e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era
avvenuto per Lazzaro [Cf Gv 11,44 ].
Le apparizioni del Risorto
641 Maria
di Magdala e le pie donne che andavano a completare l'imbalsamazione del
Corpo di Gesù, [Cf Mc 16,1; Lc 24,1 ] sepolto in fretta la sera del
Venerdì Santo a causa del sopraggiungere del Sabato, [Cf Gv 19,31; Gv
19,42 ] sono state le prime ad incontrare il Risorto [Cf Mt 28,9-10; 641
Gv 20,11-18 ]. Le donne furono così le prime messaggere della
Risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli [Cf Lc 24,9-10 ]. A loro
Gesù appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici [Cf 1Cor 15,5 ].
Pietro, chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli, [Cf Lc 22,31-32
] vede dunque il Risorto prima di loro ed è sulla sua testimonianza che
la comunità esclama: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a
Simone” ( Lc 24,34 ).
642 Tutto
ciò che è accaduto in quelle giornate pasquali impegna ciascuno degli
Apostoli - e Pietro in modo del tutto particolare - nella costruzione
dell'era nuova che ha inizio con il mattino di Pasqua. Come testimoni
del Risorto essi rimangono le pietre di fondazione della sua Chiesa. La
fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza
di uomini concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte,
ancora vivi in mezzo a loro. Questi testimoni della Risurrezione di
Cristo [Cf At 1,22 ] sono prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non
solamente loro: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone
alle quali Gesù è apparso in una sola volta, oltre che a Giacomo e a
tutti gli Apostoli [Cf 1Cor 15,4-8 ].
643
Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare
la Risurrezione
di Cristo al di fuori dell'ordine fisico e non riconoscerla come un
avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è
stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in
croce del loro Maestro da lui stesso preannunziata [Cf Lc 22,31-32 ]. Lo
sbigottimento provocato dalla passione fu così grande che i discepoli
(almeno alcuni di loro) non credettero subito alla notizia della
Risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una
esaltazione mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti
[Avevano il “volto triste”: Lc 24,17 ] e spaventati, [Cf Gv 20,19 ]
perché non hanno creduto alle pie donne che tornavano dal sepolcro e
“quelle parole parvero loro come un vaneggiamento” ( Lc 24,11 ) [ Cf
Mc 16,11; Mc 16,13 ]. Quando Gesù si manifesta agli Undici la sera di
Pasqua, li rimprovera “per la loro incredulità e durezza di cuore,
perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato”
( Mc 16,14 ).
644 Anche
messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano
ancora, [Cf Lc 24,38 ] tanto la cosa appare loro impossibile: credono di
vedere un fantasma [Cf Lc 24,39 ]. “Per la grande gioia ancora non
credevano ed erano stupefatti” ( Lc 24,41 ). Tommaso conobbe la
medesima prova del dubbio [Cf Gv 20,24-27 ] e, quando vi fu l'ultima
apparizione in Galilea riferita da Matteo, “alcuni. . . dubitavano”
( Mt 28,17 ). Per questo l'ipotesi secondo cui
la Risurrezione
sarebbe stata un “prodotto” della fede (o della credulità) degli
Apostoli, non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella
Risurrezione è nata - sotto l'azione della grazia divina -
dall'esperienza diretta della realtà di Gesù Risorto.
Lo stato dell'umanità di Cristo risuscitata
645 Gesù
risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti, attraverso il
contatto [Cf Lc 24,39; 645 Gv 20,27 ] e la condivisione del pasto [Cf Lc
24,30; 645 Lc 24,41-43; Gv 21,9; Gv 21,13-15 ]. Li invita a riconoscere
da ciò che egli non è un fantasma, [Cf Lc 24,39 ] ma soprattutto a
constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è
il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i
segni della passione [Cf Lc 24,40; 645 Gv 20,20; Gv 20,27 ]. Questo
corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà
nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel
tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, [Cf Mt
28,9; Mt 28,16-17; Lc 24,15; 645 Lc 24,36; Gv 20,14; Gv 20,19; Gv 20,26;
Gv 21,4 ] poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla
terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre [Cf Gv
20,17 ]. Anche per questa ragione Gesù risorto è sovranamente libero
di apparire come vuole: sotto l'aspetto di un giardiniere [Cf Gv
20,14-15 ] o sotto altre sembianze, [Cf Mc 16,12 ] che erano familiari
ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede [Cf Gv 20,14; Gv 20,16;
645 Gv 21,4; Gv 20,7 ].
646
La Risurrezione
di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come lo fu per le
risurrezioni che egli aveva compiute prime della Pasqua: quelle della
figlia di Giairo, del giovane di Naim, di Lazzaro. Questi fatti erano
avvenimenti miracolosi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il
potere di Gesù, una vita terrena “ordinaria”. Ad un certo momento
esse sarebbero morte di nuovo.
La Risurrezione
di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo Corpo risuscitato egli
passa dallo stato di morte ad un'altra vita al di là del tempo e dello
spazio. Il Corpo di Gesù è, nella Risurrezione, colmato della potenza
dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato della sua
gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è “l'uomo
celeste” [Cf 1Cor 15,35-50 ].
La Risurrezione
come evento trascendente
647 “O
notte - canta l'“Exultet” di Pasqua - tu solo hai meritato di
conoscere il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi”.
Infatti, nessuno è stato testimone oculare dell'avvenimento stesso
della Risurrezione e nessun evangelista lo descrive. Nessuno ha potuto
dire come essa sia avvenuta fisicamente. Ancor meno fu percettibile ai
sensi la sua essenza più intima, il passaggio ad un'altra vita.
Avvenimento storico constatabile attraverso il segno del sepolcro vuoto
e la realtà degli incontri degli Apostoli con Cristo risorto,
la Risurrezione
resta non di meno, in ciò in cui trascende e supera la storia, al cuore
del Mistero della fede. Per questo motivo Cristo risorto non si
manifesta al mondo, ma ai suoi discepoli, [Cf Gv 14,22 ] “a quelli che
erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme”, i quali “ora sono
i suoi testimoni davanti al popolo” ( At 13,31 ).
II.
La Risurrezione
- opera della Santissima Trinità
648
La Risurrezione
di Cristo è oggetto di fede in quanto è un intervento trascendente di
Dio stesso nella creazione e nella storia. In essa, le tre Persone
divine agiscono insieme e al tempo stesso manifestano la loro propria
originalità. Essa si è compiuta per la potenza del Padre che “ha
risuscitato” ( At 2,24 ) Cristo, suo Figlio, e in questo modo ha
introdotto in maniera perfetta la sua umanità con il suo Corpo nella
Trinità. Gesù viene definitivamente “costituito Figlio di Dio con
potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante
la Risurrezione
dai morti” ( Rm 1,3-4 ). San Paolo insiste sulla manifestazione della
potenza di Dio [Cf Rm 6,4; 2Cor 13,4; Fil 3,10; Ef 1,19-22; 648 Eb 7,16
] per l'opera dello Spirito che ha vivificato l'umanità morta di Gesù
e l'ha chiamata allo stato glorioso di Signore.
649
Quanto al Figlio, egli opera la sua propria Risurrezione in virtù della
sua potenza divina. Gesù annunzia che il Figlio dell'uomo dovrà molto
soffrire, morire ed in seguito risuscitare (senso attivo della parola)
[Cf Mc 8,31; Mc 9,9-31; 649 Mc 10,34 ]. Altrove afferma esplicitamente:
“Io offro la mia vita, per poi riprenderla. . . ho il potere di
offrirla e il potere di riprenderla” ( Gv 10,17-18 ). “Noi crediamo.
. . che Gesù è morto e risuscitato” ( 1Ts 4,14 ).
650 I
Padri contemplano
la Risurrezione
a partire dalla Persona divina di Cristo che è rimasta unita alla sua
anima e al suo corpo separati tra loro dalla morte: “Per l'unità
della natura divina che permane presente in ciascuna delle due parti
dell'uomo, queste si riuniscono di nuovo. Così la morte si è prodotta
per la separazione del composto umano e
la Risurrezione
per l'unione delle due parti separate” [San Gregorio di Nissa, In
Christi resurrectionem, 1: PG 46, 617B; cf anche “Statuta Ecclesiae
Antiqua”: Denz. -Schönm., 325; Anastasio II, Lettera In prolixitate
epistolae: ibid. , 359; Ormisda, Lettera Inter ea quae: ibid. , 369;
Concilio di Toledo XI: ibid., 539].
III. Senso e portata salvifica della Risurrezione
651 “Se
Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e vana
anche la vostra fede” ( 1Cor 15,14 ).
La Risurrezione
costituisce anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha
fatto e insegnato. Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo
spirito umano, trovano la loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha
dato la prova definitiva, che aveva promesso, della sua autorità
divina.
652
La Risurrezione
di Cristo è compimento delle promesse dell'Antico Testamento [Cf Lc
24,26-27; Lc 24,44-48 ] e di Gesù stesso durante la sua vita terrena
[Cf Mt 28,6; Mc 16,7; Lc 24,6-7 ]. L'espressione “secondo le
Scritture” ( 1Cor 15,3-4 e Simbolo di Nicea-Costantinopoli) indica che
la Risurrezione
di Cristo realizzò queste predizioni.
653 La
verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua Risurrezione.
Egli aveva detto: “Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora
saprete che Io Sono” ( Gv 8,28 ).
La Risurrezione
del Crocifisso dimostrò che egli era veramente “Io Sono”, il Figlio
di Dio e Dio egli stesso. San Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei:
“La promessa fatta ai nostri padri si è compiuta, poiché Dio l'ha
attuata per noi. . . risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel
Salmo secondo: "Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato"” (
At 13,32-33 ) [Cf Sal 2,7 ].
La Risurrezione
di Cristo è strettamente legata al Mistero dell'Incarnazione del Figlio
di Dio. Ne è il compimento secondo il disegno eterno di Dio.
654 Vi è
un duplice aspetto nel Mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci
libera dal peccato, con la sua Risurrezione ci dà accesso ad una nuova
vita. Questa è dapprima la giustificazione che ci mette nuovamente
nella grazia di Dio [Cf Rm 4,25 ] “perché, come Cristo fu risuscitato
dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo
camminare in una vita nuova” ( Rm 6,4 ). Essa consiste nella vittoria
sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia [Cf Ef
2,4-5; 1Pt 1,3 ]. Essa compie l'adozione filiale poiché gli uomini
diventano fratelli di Cristo, come Gesù stesso chiama i suoi discepoli
dopo la sua Risurrezione: “Andate ad annunziare ai miei fratelli” (
Mt 28,10; Gv 20,17 ). Fratelli non per natura, ma per dono della grazia,
perché questa filiazione adottiva procura una reale partecipazione alla
vita del Figlio unico, la quale si è pienamente rivelata nella sua
Risurrezione.
655
Infine,
la Risurrezione
di Cristo - e lo stesso Cristo risorto - è principio e sorgente della
nostra risurrezione futura: “Cristo è risuscitato dai morti, primizia
di coloro che sono morti. . . ; e come tutti muoiono in Adamo, così
tutti riceveranno la vita in Cristo” ( 1Cor 15,20-22 ). Nell'attesa di
questo compimento, Cristo risuscitato vive nel cuore dei suoi fedeli. In
lui i cristiani gustano “le meraviglie del mondo futuro” ( Eb 6,5 )
e la loro vita è trasportata da Cristo nel seno della vita divina: [Cf
Col 3,1-3 ] “Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non
vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per
loro” ( 2Cor 5,15 ).
In sintesi
656 La
fede nella Risurrezione ha per oggetto un avvenimento storicamente
attestato dai discepoli che hanno realmente incontrato il Risorto, ed
insieme misteriosamente trascendente in quanto entrata dell'umanità di
Cristo nella gloria di Dio.
657 La
tomba vuota e le bende per terra significano già per se stesse che il
Corpo di Cristo è sfuggito ai legami della morte e della corruzione,
per la potenza di Dio. Esse preparano i discepoli all'incontro con il
Risorto.
658
Cristo, “il primogenito di coloro che risuscitano dai morti” ( Col
1,18 ), è il principio della nostra Risurrezione, fin d'ora per la
giustificazione della nostra anima , [Cf Rm 6,4 ] più tardi per la
vivificazione del nostro corpo [Cf Rm 8,11 ].
Articolo 6
“GESU'
SALI' AL CIELO, SIEDE ALLA DESTRA DI DIO
PADRE
ONNIPOTENTE”
659 “Il
Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette
alla destra di Dio” ( Mc 16,19 ). Il Corpo di Cristo è stato
glorificato fin dall'istante della sua Risurrezione, come lo provano le
proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza [Cf Lc
24,31; Gv 20,19; 659 Gv 20,26 ]. Ma durante i quaranta giorni nei quali
egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli [Cf At 10,41 ] e
li istruisce sul Regno, [Cf At 1,3 ] la sua gloria resta ancora velata
sotto i tratti di una umanità ordinaria [Cf Mc 16,12; Lc 24,15; Gv
20,14-15; Gv 21,4 ]. L'ultima apparizione di Gesù termina con l'entrata
irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla
nube [Cf At 1,9; cf anche Lc 9,34-35; Es 13,22 ] e dal cielo [Cf Lc
24,51 ] ove egli siede ormai alla destra di Dio [Cf Mc 16,19; 659 At
2,33; At 7,56; cf anche Sal 110,1 ]. In un modo del tutto eccezionale ed
unico egli si mostrerà a Paolo “come a un aborto” ( 1Cor 15,8 ) in
un'ultima apparizione che costituirà apostolo Paolo stesso [Cf 1Cor
9,1; Gal 1,16 ].
660 Il
carattere velato della gloria del Risorto durante questo tempo traspare
nelle sue misteriose parole a Maria Maddalena: “Non sono ancora salito
al Padre: ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e
Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” ( Gv 20,17 ). Questo indica una
differenza di manifestazione tra la gloria di Cristo risorto e quella di
Cristo esaltato alla destra del Padre. L'avvenimento ad un tempo storico
e trascendente dell'Ascensione segna il passaggio dall'una all'altra.
661
Quest'ultima tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla
discesa dal cielo realizzata nell'Incarnazione. Solo colui che è
“uscito dal Padre” può far ritorno al Padre: Cristo [Cf Gv 16,28 ].
“Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è
disceso dal cielo” ( Gv 3,13 ) [Cf Ef 4,8-10 ]. Lasciata alle sue
forze naturali, l'umanità non ha accesso alla “Casa del Padre” ( Gv
14,2 ), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto
aprire all'uomo questo accesso “per darci la serena fiducia che dove
è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella
stessa gloria” [Messale Romano, Prefazio dell'Ascensione I].
662
“Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” ( Gv 12,32
). L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione
dell'Ascensione al cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico
Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, “non è entrato in un
santuario fatto da mani d'uomo. . ., ma nel cielo stesso, per comparire
ora al cospetto di Dio in nostro favore” ( Eb 9,24 ). In cielo Cristo
esercita il suo sacerdozio in permanenza, “essendo egli sempre vivo
per intercedere” a favore di “quelli che per mezzo di lui si
accostano a Dio” ( Eb 7,25 ). Come “sommo sacerdote dei beni
futuri” ( Eb 9,11 ) egli è il centro e l'attore principale della
Liturgia che onora il Padre nei cieli [Cf Ap 4,6-11 ].
663
Cristo, ormai, siede alla destra del Padre. “Per destra del Padre
intendiamo la gloria e l'onore della divinità, ove colui che esisteva
come Figlio di Dio prima di tutti i secoli come Dio e consustanziale al
Padre, s'è assiso corporalmente dopo che si è incarnato e la sua carne
è stata glorificata” [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 4,
2, 2: PG 94, 1104D].
664 L
'essere assiso alla destra del Padre significa l'inaugurazione del regno
del Messia, compimento della visione del profeta Daniele riguardante il
Figlio dell'uomo: “ [Il Vegliardo] gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un
potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà
mai distrutto” ( Dn 7,14 ). A partire da questo momento, gli Apostoli
sono divenuti i testimoni del “Regno che non avrà fine” [Simbolo di
Nicea-Costantinopoli].
In sintesi
665 L
'Ascensione di Cristo segna l'entrata definitiva dell'umanità di Gesù
nel dominio celeste di Dio da dove ritornerà , [Cf At 1,11 ] ma che nel
frattempo lo cela agli occhi degli uomini [Cf Col 3,3 ].
666 Gesù
Cristo, Capo della Chiesa, ci precede nel Regno glorioso del Padre perché
noi, membra del suo Corpo, viviamo nella speranza di essere un giorno
eternamente con lui.
667 Gesù
Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del cielo,
intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura la
perenne effusione dello Spirito Santo.
Articolo 7
“DI LA'
VERRA' A GIUDICARE I VIVI E I MORTI”
I. Egli ritornerà nella gloria
Cristo regna già attraverso
la Chiesa.
. .
668
“Per questo Cristo è morto e ritornato alla vita: per essere il
Signore dei morti e dei vivi” ( Rm 14,9 ). L'Ascensione di Cristo al
cielo significa la sua partecipazione, nella sua umanità, alla potenza
e all'autorità di Dio stesso. Gesù Cristo è Signore: egli detiene
tutto il potere nei cieli e sulla terra. Egli è “al di sopra di ogni
principato e autorità, di ogni potenza e dominazione” perché il
Padre “tutto ha sottomesso ai suoi piedi” ( Ef 1,21-22 ). Cristo è
il Signore del cosmo [Cf Ef 4,10; 1Cor 15,24; 668 1Cor 15,27-28 ] e
della storia. In lui la storia dell'uomo come pure tutta la creazione
trovano la loro “ricapitolazione”, [Cf Ef 1,10 ] il loro compimento
trascendente.
669 Come
Signore, Cristo è anche il Capo della Chiesa che è il suo Corpo [Cf Ef
1,22 ]. Elevato al cielo e glorificato, avendo così compiuto pienamente
la sua missione, egli permane sulla terra, nella sua Chiesa.
La Redenzione
è la sorgente dell'autorità che Cristo, in virtù dello Spirito Santo,
esercita sulla Chiesa, [Cf Ef 4,11-13 ] la quale è “il Regno di
Cristo già presente in mistero”.
La Chiesa
“di questo Regno costituisce in terra il germe e l'inizio” [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3; 5].
670 Dopo
l'Ascensione, il disegno di Dio è entrato nel suo compimento. Noi siamo
già nell'“ultima ora” ( 1Gv 2,18 ) [Cf 1Pt 4,7 ]. “Già dunque è
arrivata a noi l'ultima fase dei tempi e la rinnovazione del mondo è
stata irrevocabilmente fissata e in un certo modo è realmente
anticipata in questo mondo; difatti
la Chiesa
già sulla terra è adornata di una santità vera, anche se
imperfetta” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Il Regno di
Cristo manifesta già la sua presenza attraverso i segni miracolosi [Cf
Mc 16,17-18 ] che ne accompagnano l'annunzio da parte della Chiesa [Cf
Mc 16,20 ].
... nell'attesa che tutto sia a lui sottomesso
671 Già
presente nella sua Chiesa, il Regno di Cristo non è tuttavia ancora
compiuto “con potenza e gloria grande” ( Lc 21,27 ) [Cf Mt 25,31 ]
mediante la venuta del Re sulla terra. Questo Regno è ancora insidiato
dalle potenze inique, [Cf 2Ts 2,7 ] anche se esse sono già state vinte
radicalmente dalla Pasqua di Cristo. Fino al momento in cui tutto sarà
a lui sottomesso, [Cf 1Cor 15,28 ] “fino a che non vi saranno i nuovi
cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora,
la Chiesa
pellegrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che
appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo,
e vive tra le creature, le quali sono in gemito e nel travaglio del
parto sino ad ora e attendono la manifestazione dei figli di Dio”
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Per questa ragione i cristiani
pregano, soprattutto nell'Eucaristia [Cf 1Cor 11,26 ] per affrettare il
ritorno di Cristo [Cf 2Pt 3,11-12 ] dicendogli: “Vieni, Signore” (
1Cor 16,22; Ap 22,17; Ap 22,20 ).
672 Prima
dell'Ascensione Cristo ha affermato che non era ancora il momento del
costituirsi glorioso del Regno messianico atteso da Israele, [Cf At
1,6-7 ] Regno che doveva portare a tutti gli uomini, secondo i profeti,
[Cf Is 11,1-9 ] l'ordine definitivo della giustizia, dell'amore e della
pace. Il tempo presente è, secondo il Signore, il tempo dello Spirito e
della testimonianza, [Cf At 1,8 ] ma anche un tempo ancora segnato dalla
“necessità” ( 1Cor 7,26 ) e dalla prova del male, [Cf Ef 5,16 ] che
non risparmia
la Chiesa
[Cf 1Pt 4,17 ] e inaugura i combattimenti degli ultimi tempi [Cf 1Gv
2,18; 1Gv 4,3; 1Tm 4,1 ]. E' un tempo di attesa e di vigilanza [Cf Mt
25,1-13; 672 Mc 13,33-37 ].
La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele
673 Dopo
l'Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, [Cf Ap
22,20 ] anche se non spetta a noi “conoscere i tempi e i momenti che
il Padre ha riservato alla sua scelta” ( At 1,7 ) [Cf Mc 13,32 ].
Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento [Cf Mt
24,44; 1Ts 5,2 ] anche se essa e la prova finale che la precederà sono
“impedite” [Cf 2Ts 2,3-12 ].
674 La
venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia [Cf
Rm 11,31 ] al riconoscimento di lui da parte di “tutto Israele” ( Rm
11,26; 674 Mt 23,39 ) a causa dell'“indurimento di una parte” ( Rm
11,25 ) nell'incredulità [Cf Rm 11,20 ] verso Gesù. San Pietro dice
agli Ebrei di Gerusalemme dopo
la Pentecoste
: “Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri
peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del
Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè
Gesù. Egli dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione
di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall'antichità, per bocca dei
suoi santi profeti” ( At 3,19-21 ). E san Paolo gli fa eco: “Se
infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale
potrà mai essere la loro riammissione se non una risurrezione dai
morti?” ( Rm 11,15 ). “La partecipazione totale” degli Ebrei ( Rm
11,12 ) alla salvezza messianica a seguito della partecipazione totale
dei pagani [Cf Rm 11,25; Lc 21,24 ] permetterà al Popolo di Dio di
arrivare “alla piena maturità di Cristo” ( Ef 4,13 ) nella quale
“Dio sarà tutto in tutti” ( 1Cor 15,28 ).
L'ultima prova della Chiesa
675 Prima
della venuta di Cristo,
la Chiesa
deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti
credenti [Cf Lc 18,8; Mt 24,12 ]. La persecuzione che accompagna il suo
pellegrinaggio sulla terra [Cf Lc 21,12; Gv 15,19-20 ] svelerà il
“Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che
offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo
dell'apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella
dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l'uomo
glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne
[Cf 2Ts 2,4-12; 675 1Ts 5,2-3; 2Gv 1,7; 1Gv 2,18; 1Gv 2,22 ].
676
Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta
si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può
esser portata a compimento che al di là di essa, attraverso il giudizio
escatologico; anche sotto la sua forma mitigata,
la Chiesa
ha rigettato questa falsificazione del Regno futuro sotto il nome di
“millenarismo”, [Cf Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Decreto del 19 luglio 1944, De Millenarismo: Denz. -Schönm.
, 3839] soprattutto sotto la forma politica di un messianismo
secolarizzato “intrinsecamente perverso” [Cf Pio XI, Lett. enc.
Divini Redemptoris, che condanna il “falso misticismo” di questa
“con- traffazione della redenzione degli umili”; Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 20-21. [Cf Ap 19,1-9 ] Cf Ap 19, 1-9].
677
La Chiesa
non entrerà nella gloria del Regno che attraverso quest'ultima Pasqua,
nella quale seguirà il suo Signore nella sua morte e Risurrezione [Cf
Ap 13,8 ]. Il Regno non si compirà dunque attraverso un trionfo storico
della Chiesa [Cf Ap 20,7-10 ] secondo un progresso ascendente, ma
attraverso una vittoria di Dio sullo scatenarsi ultimo del male [Cf Ap
21,2-4 ] che farà discendere dal cielo la sua Sposa [ Cf Ap 20,12 ]. Il
trionfo di Dio sulla rivolta del male prenderà la forma dell'ultimo
Giudizio [Cf 2Pt 3,12-13 ] dopo l'ultimo sommovimento cosmico di questo
mondo che passa [Cf Dn 7,10; Gl 3-4; 677 Ml 3,19 ].
II. Per giudicare i vivi e i morti
678 In
linea con i profeti [Cf Mt 3,7-12 ] e Giovanni Battista [Cf Mc 12,38-40
] Gesù ha annunziato nella sua predicazione il Giudizio dell'ultimo
Giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno [Cf Lc
12,1-3; Gv 3,20-21; Rm 2,16; 678 1Cor 4,5 ] e il segreto dei cuori [Cf
Mt 11,20-24; 678 Mt 12,41-42 ]. Allora verrà condannata l'incredulità
colpevole che non ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio.
L'atteggiamento verso il prossimo rivelerà l'accoglienza o il rifiuto
della grazia e dell'amore divino [Cf Mt 5,22; Mt 7,1-5 ]. Gesù dirà
nell'ultimo giorno: “Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno
solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” ( Mt
25,40 ).
679
Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare
definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in
quanto Redentore del mondo. Egli ha “acquisito” questo diritto con
la sua croce. Anche il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (
Gv 5,22 ) [Cf Gv 5,27; 679 Mt 25,31; At 10,42; At 17,31; 2Tm 4,1 ]. Ora,
il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare [Cf Gv 3,17 ] e
per donare la vita che è in lui [Cf Gv 5,26 ]. E' per il rifiuto della
grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, [Cf
Gv 3,18; Gv 12,48 ] riceve secondo le sue opere [Cf 1Cor 3,12-15 ] e può
anche condannarsi per l'eternità rifiutando lo Spirito d'amore [Cf Mt
12,32; Eb 6,4-6; Eb 10,26-31 ].
In sintesi
680
Cristo Signore regna già attraverso
la Chiesa
, ma tutte le cose di questo mondo non gli sono ancora sottomesse. Il
trionfo del Regno di Cristo non avverrà senza un ultimo assalto delle
potenze del male.
681 Nel
Giorno del Giudizio, alla fine del mondo, Cristo verrà nella gloria per
dare compimento al trionfo definitivo del bene sul male che, come il
grano e la zizzania, saranno cresciuti insieme nel corso della storia.
682
Cristo glorioso, venendo alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i
morti, rivelerà la disposizione segreta dei cuori e renderà a ciascun
uomo secondo le sue opere e secondo l'accoglienza o il rifiuto della
grazia.
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