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PARTE
TERZA -
LA VITA IN
CRISTO
SEZIONE
SECONDA - I DIECI
COMANDAMENTI
CAPITOLO
PRIMO - “AMERAI IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL CUORE, CON TUTTA
L'ANIMA, CON TUTTE LE FORZE”
2083
Gesù ha riassunto i doveri dell'uomo verso Dio in questa parola:
“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima,
con tutta la tua mente” ( Mt 22,37 ) [Cf Lc 10,27 : “... con tutta
la tua forza”]. Essa fa immediatamente eco alla solenne esortazione:
“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno
solo” ( Dt 6,4 ).
Dio
ha amato per primo. L'amore del Dio Unico è ricordato nella prima delle
“dieci parole”. I comandamenti poi esplicitano la risposta d'amore
che l'uomo è chiamato a dare al suo Dio.
Articolo
1
IL
PRIMO COMANDAMENTO
Io
sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto,
dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dei di fronte a me. Non
ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né
di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque
sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai ( Es
20,2-5 ) [Cf Dt 5,6-9 ].
Sta
scritto: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” ( Mt
4,10 ).
I.
“Adorerai il Signore, Dio tuo, e lo servirai”
2084
Dio si fa conoscere ricordando la sua azione onnipotente, benevola e
liberatrice nella storia di colui al quale si rivolge: “Io ti ho fatto
uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù”. La prima
parola contiene il primo comandamento della Legge: “Temerai il Signore
Dio tuo, lo servirai. . . Non seguirete altri dei” ( Dt 6,13-14 ). Il
primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l'uomo lo accolga e lo
adori.
2085
Il Dio unico e vero rivela innanzi tutto la sua gloria ad Israele [Cf Es
19,16-25; Es 24,15-18 ]. La rivelazione della vocazione e della verità
dell'uomo è legata alla Rivelazione di Dio. L'uomo ha la vocazione di
manifestare Dio agendo in conformità con il suo essere creato “ad
immagine e somiglianza di Dio”:
Non
ci saranno mai altri dei, o Trifone, né mai ce ne sono stati fin dalle
origini. . ., all'infuori di colui che ha creato e ordinato l'universo.
Noi non pensiamo che il nostro Dio differisca dal vostro. E' lo stesso
che ha fatto uscire i vostri padri dall'Egitto “con mano potente e
braccio teso”. Noi non riponiamo le nostre speranze in qualche altro
dio - non ce ne sono ma nello stesso Dio in cui voi sperate, il Dio di
Abramo, di Isacco, di Giacobbe [San Giustino, Dialogus cum Tryphone
Judaeo, 11, 1].
2086
“Nell'esplicita affermazione divina: "Io sono il Signore tuo
Dio" è incluso il comandamento della fede, della speranza e della
carità. Se noi riconosciamo infatti che egli è Dio, e cioè eterno,
immutabile, sempre uguale a se stesso, affermiamo con ciò anche la sua
infinita veracità; ne segue quindi l'obbligo di accogliere le sue
parole e di aderire ai suoi comandi con pieno riconoscimento della sua
autorità. Se egli inoltre è Dio, noi ne riconosciamo l'onnipotenza, la
bontà, i benefici; di qui l'illimitata fiducia e la speranza. E se egli
è l'infinita bontà e l'infinito amore, come non offrirgli tutta la
nostra dedizione e donargli tutto il nostro amore? Ecco perché nella
Bibbia Dio inizia e conclude invariabilmente i suoi comandi con la
formula: "Io sono il Signore"” [Catechismo Romano, 3, 2, 4].
La
fede
2087
La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci
rivela il suo amore. San Paolo parla dell'“obbedienza alla fede” (
Rm 1,5 ) [Cf Rm 16,26 ] come dell'obbligo primario. Egli indica
nell'“ignoranza di Dio” il principio e la spiegazione di tutte le
deviazioni morali [Cf Rm 1,18-32 ]. Il nostro dovere nei confronti di
Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza.
2088
Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede
con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario.
Ci sono diversi modi di peccare contro la fede:
Il
dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero
ciò che Dio ha rivelato e che
la Chiesa
ci propone a credere. Il dubbio involontario indica la esitazione a
credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede,
oppure anche l'ansia causata dalla sua oscurità. Se viene
deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all'accecamento dello
spirito.
2089 L
' incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto
volontario di dare ad essa il proprio assenso. L' eresia è
“l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche
verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio
ostinato”; l' apostasia è “il ripudio totale della fede
cristiana”; lo scisma è “il rifiuto della sottomissione al Sommo
Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetta”
[Codice di Diritto Canonico, 751].
La
speranza
2090
Quando Dio si rivela e chiama l'uomo, questi non può rispondere
pienamente all'amore divino con le sue proprie forze. Deve sperare che
Dio gli donerà la capacità di contraccambiare il suo amore e di agire
conformemente ai comandamenti della carità. La speranza è l'attesa
fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio; è
anche il timore di offendere l'amore di Dio e di provocare il castigo.
2091
Il primo comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i
quali sono la disperazione e la presunzione:
Per
la disperazione, l'uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza
personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si
oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia - il Signore, infatti, è
fedele alle sue promesse - e alla sua misericordia.
2092
Ci sono due tipi di presunzione. O l'uomo presume delle proprie capacità
(sperando di potersi salvare senza l'aiuto dall'Alto), oppure presume
della onnipotenza e della misericordia di Dio (sperando di ottenere il
suo perdono senza conversione e la gloria senza merito).
La
carità
2093
La fede nell'amore di Dio abbraccia l'appello e l'obbligo di rispondere
alla carità divina con un amore sincero. Il primo comandamento ci
ordina di amare Dio al di sopra di tutto, e tutte le creature per lui e
a causa di lui [Cf Dt 6,4-5 ].
2094
Si può peccare in diversi modi contro l'amore di Dio: l' indifferenza
è incurante della carità divina o rifiuta di prenderla in
considerazione; ne misconosce l'iniziativa e ne nega la forza. L'
ingratitudine tralascia o rifiuta di riconoscere la carità divina e di
ricambiare a Dio amore per amore. La tiepidezza è una esitazione o una
negligenza nel rispondere all'amore divino; può implicare il rifiuto di
abbandonarsi al dinamismo della carità. L' accidia o pigrizia
spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare
repulsione per il bene divino. L' odio di Dio nasce dall'orgoglio. Si
oppone all'amore di Dio, del quale nega la bontà e che ardisce maledire
come colui che proibisce i peccati e infligge i castighi.
II.
“Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai”
2095
Le virtù teologali della fede, della speranza e della carità informano
e vivificano le virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio
ciò che in tutta giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù
della religione ci dispone a tale atteggiamento.
L'adorazione
2096
Della virtù della religione, l'adorazione è l'atto principale. Adorare
Dio, è riconoscerlo come Dio, come il Creatore e il Salvatore, il
Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l'Amore infinito e
misericordioso. “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo
adorerai” ( Lc 4,8 ), dice Gesù, citando il Deuteronomio [Cf Dt 6,13
].
2097
Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta,
il “nulla della creatura”, la quale non esiste che per Dio. Adorare
Dio è, come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo e umiliare se
stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che
santo è il suo nome [Cf Lc 1,46-49 ]. L'adorazione del Dio Unico libera
l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e
dall'idolatria del mondo.
La
preghiera
2098
Gli atti di fede, di speranza e di carità prescritti dal primo
comandamento si compiono nella preghiera. L'elevazione dello spirito
verso Dio è un'espressione della nostra adorazione di Dio: preghiera di
lode e di rendimento di grazie, d'intercessione e di domanda. La
preghiera è una condizione indispensabile per poter obbedire ai
comandamenti di Dio. Bisogna “pregare sempre, senza stancarsi” ( Lc
18,1 ).
Il
sacrificio
2099
E' giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di
riconoscenza, di implorazione e di comunione: “Ogni azione compiuta
per aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere
nella gioia, è un vero sacrificio” [Sant'Agostino, De civitate Dei,
10, 6].
2100
Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione
del sacrifico spirituale: “Uno spirito contrito è sacrificio...” (
Sal 51,19 ). I profeti dell'Antica Alleanza spesso hanno denunciato i
sacrifici compiuti senza partecipazione interiore [Cf Am 5,21-25 ] o
disgiunti dall'amore del prossimo [Cf Is 1,10-20 ]. Gesù richiama le
parole del profeta Osea: “Misericordia voglio, non sacrificio” ( Mt
9,13; Mt 12,7 ) [Cf Os 6,6 ]. L'unico sacrificio perfetto è quello che
Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all'amore del Padre e
per la nostra salvezza [Cf Eb 9,13-14 ]. Unendoci al suo sacrificio,
possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.
Promesse
e voti
2101 In
parecchie circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a
Dio. Il Battesimo e
la Confermazione
, il Matrimonio e l'Ordinazione sempre ne comportano. Per devozione
personale il cristiano può anche promettere a Dio un'azione, una
preghiera, un'elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La fedeltà alle
promesse fatte a Dio è una espressione del rispetto dovuto alla divina
Maestà e dell'amore verso il Dio fedele.
2102
“Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e
migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della
religione” [Codice di Diritto Canonico, 1191, 1]. Il voto è un atto
di devozione, con cui il cristiano offre se stesso a Dio o gli promette
un'opera buona. Mantenendo i suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò
che a lui è stato promesso e consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci
presentano san Paolo preoccupato di mantenere i voti da lui fatti [Cf At
18,18; At 21,23-24 ].
2103
La Chiesa
riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i consigli evangelici
: [Cf Codice di Diritto Canonico, 654]
Si
rallegra
la Madre Chiesa
di trovare nel suo seno molti uomini e donne, che seguono più da vicino
l'annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano,
abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio e rinunciando
alla propria volontà: essi, cioè, in ciò che riguarda la perfezione,
si sottomettono a un uomo per Dio, al di là della stretta misura del
precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente [Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 42].
In
certi casi,
la Chiesa
può, per congrue ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse [Cf
Codice di Diritto Canonico, 692; 1196-1197].
Il
dovere sociale della religione e il diritto alla libertà religiosa
2104
“Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò
che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad
abbracciarla e custodirla” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae,
1]. E' un dovere che deriva dalla “stessa natura” degli uomini [Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. Non si contrappone ad un
“sincero rispetto” per le diverse religioni, le quali “non
raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli
uomini”, [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 2] né all'esigenza
della carità, che spinge i cristiani “a trattare con amore, prudenza
e pazienza gli uomini che sono nell'errore o nell'ignoranza circa la
fede” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 14].
2105
Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo
individualmente e socialmente. E' “la dottrina cattolica tradizionale
sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e
l'unica Chiesa di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae,
1]. Evangelizzando senza posa gli uomini,
la Chiesa
si adopera affinché essi possano “informare dello spirito cristiano
la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità” [Conc.
Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 13] in cui vivono. Il dovere
sociale dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo
l'amore del vero e del bene. Richiede loro di far conoscere il culto
dell'“unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed
apostolica” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. I cristiani
sono chiamati ad essere la luce del mondo [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Apostolicam actuositatem, 13].
La Chiesa
in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in
particolare sulle società umane [Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale
Dei; Pio XI, Lett. enc. Quas primas].
2106
“Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua
coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità
alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o
associata” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2]. Tale diritto
si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa
liberamente aderire alla verità divina che trascende l'ordine
temporale. Per questo “perdura anche in coloro che non soddisfano
all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2107
“Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell'ordinamento
giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa
uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo
a tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e
rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2108
Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di
aderire all'errore, [Cf Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum]
né un implicito diritto all'errore, [Cf Pio XII, discorso del 6
dicembre 1953] bensì un diritto naturale della persona umana alla
libertà civile, cioè all'immunità da coercizione esteriore, entro
giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico.
Questo diritto naturale “deve essere riconosciuto nell'ordinamento
giuridico della società così che divenga diritto civile” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2109
Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né
illimitato, [Cf Pio VI, Breve Quod aliquantulum] né limitato
semplicemente da un “ordine pubblico” concepito secondo un criterio
positivista o naturalista [Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura]. I
“giusti limiti” che sono inerenti a tale diritto devono essere
determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica,
secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorità civile
secondo “norme giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo” [Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 7].
III.
“Non avrai altri dèi di fronte a me”
2110
Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori
dell'Unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la
superstizione e l'irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche
modo, un eccesso perverso della religione; l'irreligione è un vizio
opposto, per difetto, alla virtù della religione.
La
superstizione
2111
La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle
pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il
culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce
un'importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro
legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle
preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle
disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione [Cf
Mt 23,16-22 ].
L'idolatria
2112
Il primo comandamento condanna il politeismo. Esige dall'uomo di non
credere in altri dèi che Dio, di non venerare altre divinità che
l'Unico.
La Scrittura
costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono “argento
e oro, opera delle mani dell'uomo”, i quali “hanno bocca e non
parlano, hanno occhi e non vedono...”. Questi idoli vani rendono
l'uomo vano: “Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi
confida” ( Sal 115,4-5; Sal 115,8 ) [Cf Is 44,9-20; Ger 10,1-16; 2112
Dn 14,1-30; Bar 6; Sap 13,1-15; Sap 13,19 ]. Dio, al contrario, è il
“Dio vivente” ( Gs 3,10; Sal 42,3; 2112 ecc.), che fa vivere e
interviene nella storia.
2113 L
'idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane
una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che
non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura
al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il
satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello
Stato, del denaro, ecc. “Non potete servire a Dio e a mammona”, dice
Gesù ( Mt 6,24 ). Numerosi martiri sono morti per non adorare “
la Bestia
”, [Cf Ap 13-14 ] rifiutando perfino di simularne il culto.
L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile
con la comunione divina [Cf Gal 5,20; Ef 5,5 ].
2114
La vita umana si unifica nell'adorazione dell'Unico. Il comandamento di
adorare il solo Signore semplifica l'uomo e lo salva da una dispersione
senza limiti. L'idolatria è una perversione del senso religioso innato
nell'uomo. L'idolatra è colui che “riferisce la sua indistruttibile
nozione di Dio a chicchessia anziché a Dio” [Origene, Contra Celsum,
2, 40].
Divinazione
e magia
2115
Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia
il giusto atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia
nelle mani della Provvidenza per ciò che concerne il futuro e a
rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L'imprevidenza
può costituire una mancanza di responsabilità.
2116
Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai
demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che
“svelino” l'avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione
degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei
presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium
occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine
sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze
nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a
timore amante, che dobbiamo a Dio solo.
2117
Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di
sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed
ottenere un potere soprannaturale sul prossimo - fosse anche per
procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù della
religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si
accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si
ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è
biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o
magiche. Pure da esso
la Chiesa
mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette
tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo
sfruttamento della credulità altrui.
L'irreligione
2118
Il primo comandamento di Dio condanna i principali peccati di
irreligione: l'azione di tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e
la simonia.
2119 L
'azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o
atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. E' così che Satana voleva
ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio, in tal
modo, ad intervenire [Cf Lc 4,9 ]. Gesù gli oppone la parola di Dio:
“Non tenterai il Signore Dio tuo” ( Dt 6,16 ). La sfida implicita in
simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia che dobbiamo
al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un dubbio riguardo
al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza [Cf 1Cor 10,9;
2119 Es 17,2-7; Sal 95,9 ].
2120
Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i
sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli
oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave
soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo
sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di
Cristo [Cf Codice di Diritto Canonico, 1367; 1376].
2121
La simonia [Cf At 8,9-24 ] consiste nell'acquisto o nella vendita delle
realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere
spirituale che vedeva all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: “Il
tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di
acquistare con denaro il dono di Dio” ( At 8,20 ). Così si conformava
alla parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date” ( Mt 10,8 ) [Cf Is 55,1 ]. E' impossibile appropriarsi i beni
spirituali e comportarsi nei loro confronti come un possessore o un
padrone, dal momento che la loro sorgente è in Dio. Non si può che
riceverli gratuitamente da lui.
2122
“Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità,
per l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre
che i più bisognosi siano privati dell'aiuto dei sacramenti a motivo
della povertà” [Codice di Diritto Canonico, 848]. L'autorità
competente determina queste “offerte” in virtù del principio che il
popolo cristiano deve concorrere al sostentamento dei ministri della
Chiesa. “L'operaio ha diritto al suo nutrimento” ( Mt 10,10 ) [Cf Lc
10,7; 1Cor 9,5-18; 1Tm 5,17-18 ].
L'ateismo
2123
“Molti nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente
rigettano l'intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va
annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo” [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 19].
2124
Il termine ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma frequente di
esso è il materialismo pratico, che racchiude i suoi bisogni e le sue
ambizioni entro i confini dello spazio e del tempo. L'umanesimo ateo
ritiene falsamente che l'uomo “sia fine a se stesso, unico artefice e
demiurgo della propria storia” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
19]. Un'altra forma dell'ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione
dell'uomo da una liberazione economica e sociale, alla quale “si
pretende che la religione, per sua natura, sia di ostacolo.. in quanto,
elevando la speranza dell'uomo verso una vita futura.., la
distoglierebbe dall'edificazione della città terrena” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 19].
2125
Per il fatto che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, l'ateismo è un
peccato contro la virtù della religione [Cf Rm 1,18 ]. L'imputabilità
di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle intenzioni e
dalle circostanze. Alla genesi e alla diffusione dell'ateismo “possono
contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di
educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina,
o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si
deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino
volto di Dio e della religione” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
19].
2126
Spesso l'ateismo si fonda su una falsa concezione dell'autonomia umana,
spinta fino al rifiuto di ogni dipendenza nei confronti di Dio [Cf ibid.,
20]. In realtà, “il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo
alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio
il suo fondamento e la sua perfezione” [Cf ibid., 20].
La Chiesa
sa “che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete
del cuore umano” [Cf ibid., 20].
L'agnosticismo
2127 L
'agnosticismo assume parecchie forme. In certi casi l'agnostico si
rifiuta di negare Dio; ammette invece l'esistenza di un essere
trascendente che non potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in
grado di dire niente. In altri casi l'agnostico non si pronuncia
sull'esistenza di Dio, dichiarando che è impossibile provarla, così
come è impossibile ammetterla o negarla.
2128 L
'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può
anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo
dell'esistenza e un torpore della coscienza morale. Troppo spesso l'agnosticimo
equivale a un ateismo pratico.
IV.
“Non ti farai alcuna immagine scolpita...”
2129 L
'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione
di Dio fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio spiega: “Poiché
non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal
fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi
corrompiate e non vi facciate l'immagine scolpita di qualche idolo. . .
” ( Dt 4,15-16 ). E' il Dio assolutamente Trascendente che si è
rivelato a Israele. “Egli è tutto”, ma, al tempo stesso, è “al
di sopra di tutte le sue opere” ( Sir 43,27-28 ). Egli è “lo stesso
autore della bellezza” ( Sap 13,3 ).
2130
Tuttavia, fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare
immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo
incarnato: così il serpente di rame, [Cf Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv
3,14-15 ] l'arca dell'Alleanza e i cherubini [Cf Es 25,10-22; 2130 1Re
6,23-28; 1Re 7,23-26 ].
2131
Fondandosi sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio
ecumenico, a Nicea (nel 787), ha giustificato, contro gli iconoclasti,
il culto delle icone: quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di
Dio, degli angeli e di tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha
inaugurato una nuova “economia” delle immagini.
2132
Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento
che proscrive gli idoli. In effetti, “l'onore reso ad un'immagine
appartiene a chi vi è rappresentato”, [San Basilio di Cesarea, Liber
de Spiritu Sancto, 18, 45: PG 32, 149C] e “chi venera l'immagine,
venera la realtà di chi in essa è riprodotto” [Concilio di Nicea II:
Denz. -Schönm., 601; cf Concilio di Trento: ibid. , 1821-1825; Conc.
Ecum. Vat. II: Sacrosanctum concilium 126; Id., Lumen gentium, 67].
L'onore tributato alle sacre immagini è una “venerazione
rispettosa”, non un'adorazione che conviene solo a Dio.
Gli
atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse,
ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si
volge all'immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende
alla realtà che essa rappresenta [San Tommaso d'Aquino, Summa
theologiae, II-II, 81, 3, ad 3].
In
sintesi
2133
“Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e
con tutte le forze” ( Dt 6,5 ).
2134
Il primo comandamento chiama l'uomo a credere in Dio, a sperare in lui,
ad amarlo al di sopra di tutto.
2135
“Adora il Signore Dio tuo” ( Mt 4,10 ). Adorare Dio, pregarlo,
rendergli il culto che a lui è dovuto, mantenere le promesse e i voti
che a lui si sono fatti, sono atti della virtù della religione, che
esprimono l'obbedienza al primo comandamento.
2136
Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo
indiindividualmente e socialmente.
2137 L
'uomo deve “poter professare liberamente la religione sia in forma
privata che pubblica” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 15].
2138
La superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio.
Ha la sua massima espressione nell'idolatria, come nelle varie forme di
divinazione e di magia.
2139 L
'azione di tentare Dio con parole o atti, il sacrilegio, la simonia sono
peccati di irreligione proibiti dal primo comandamento.
2140 L
'ateismo, in quanto respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, è un peccato
contro il primo comandamento.
2141
Il culto delle sacre immagini è fondato sul mistero dell'Incarnazione
del Verbo di Dio. Esso non è in opposizione al primo comandamento.
Articolo
2
IL
SECONDO COMANDAMENTO
Non
pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio ( Es 20,7; Dt 5,11 ). Fu
detto agli antichi: “Non spergiurare”... Ma io vi dico: non giurate
affatto ( Mt 5,33-34 ).
I.
Il nome del Signore è santo
2142
Il secondo comandamento prescrive di rispettare il nome del Signore.
Come il primo comandamento, deriva dalla virtù della religione e regola
in particolare il nostro uso della parola a proposito delle cose sante.
2143
Tra tutte le parole della Rivelazione ve ne è una, singolare, che è la
rivelazione del nome di Dio, che egli svela a coloro che credono in lui;
egli si rivela ad essi nel suo Mistero personale. Il dono del nome
appartiene all'ordine della confidenza e dell'intimità. “Il nome del
Signore è santo”. Per questo l'uomo non può abusarne. Lo deve
custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d'amore [Cf
Zc 2,17 ]. Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo,
lodarlo e glorificarlo [Cf Sal 29,2; Sal 96,2; Sal 113,1-2 ].
2144
Il rispetto per il nome di Dio esprime quello dovuto al suo stesso
Mistero e a tutta la realtà sacra da esso evocata. Il senso del sacro
fa parte della virtù della religione:
Il
sentimento di timore e il sentimento del sacro sono sentimenti cristiani
o no? Nessuno può ragionevolmente dubitarne. Sono i sentimenti che
palpiterebbero in noi, e con forte intensità, se avessimo la visione
della Maestà di Dio. Sono i sentimenti che proveremmo se ci rendessimo
conto della sua presenza. Nella misura in cui crediamo che Dio è
presente, dobbiamo avvertirli. Se non li avvertiamo, è perché non
percepiamo, non crediamo che egli è presente [John Henry Newman,
Parochial and plain sermons, 5, 2, pp. 21-22].
2145
Il fedele deve testimoniare il nome del Signore, confessando la propria
fede senza cedere alla paura [Cf Mt 10,32; 1Tm 6,12 ]. L'atto della
predicazione e l'atto della catechesi devono essere compenetrati di
adorazione e di rispetto per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.
2146
Il secondo comandamento proibisce l'abuso del nome di Dio, cioè ogni
uso sconveniente del nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e
di tutti i santi.
2147
Le promesse fatte ad altri nel nome di Dio impegnano l'onore, la fedeltà,
la veracità e l'autorità divine. Esse devono essere mantenute, per
giustizia. Essere infedeli a queste promesse equivale ad abusare del
nome di Dio e, in qualche modo, a fare di Dio un bugiardo [Cf 1Gv 1,10
].
2148
La bestemmia si oppone direttamente al secondo comandamento. Consiste
nel proferire contro Dio - interiormente o esteriormente - parole di
odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di
rispetto verso di lui nei propositi, nell'abusare del nome di Dio. San
Giacomo disapprova coloro “che bestemmiano il bel nome (di Gesù) che
è stato invocato” sopra di loro ( Gc 2,7 ). La proibizione della
bestemmia si estende alle parole contro
la Chiesa
di Cristo, i santi, le cose sacre. E' blasfemo anche ricorrere al nome
di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù,
torturare o mettere a morte. L'abuso del nome di Dio per commettere un
crimine provoca il rigetto della religione.
La
bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per
sua natura è un peccato grave [Cf Codice di Diritto Canonico, 1369].
2149
Le imprecazioni, in cui viene inserito il nome di Dio senza intenzione
di bestemmia, sono una mancanza di rispetto verso il Signore. Il secondo
comandamento proibisce anche l' uso magico del nome divino.
Il
nome di Dio è grande laddove lo si pronuncia con il rispetto dovuto
alla sua grandezza e alla sua Maestà. Il nome di Dio è santo laddove
lo si nomina con venerazione e con il timore di offenderlo [Sant'Agostino,
De sermone Domini in monte, 2, 45, 19: PL 34, 1278].
II.
Il nome di Dio pronunciato invano
2150
Il secondo comandamento proibisce il falso giuramento. Fare promessa
solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma.
E' invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il
giuramento impegna il nome del Signore. “Temerai il Signore Dio tuo,
lo servirai e giurerai per il suo nome” ( Dt 6,13 ).
2151
Astenersi dal falso giuramento è un dovere verso Dio. Come Creatore e
Signore, Dio è la norma di ogni verità. La parola umana è in accordo
con Dio oppure in opposizione a lui che è la stessa Verità. Quando il
giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il rapporto della
parola umana con la verità di Dio. Il giuramento falso chiama Dio ad
essere testimone di una menzogna.
2152
E' spergiuro colui che, sotto giuramento, fa una promessa con
l'intenzione di non mantenerla, o che, dopo aver promesso sotto
giuramento, non vi si attiene. Lo spergiuro costituisce una grave
mancanza di rispetto verso il Signore di ogni parola. Impegnarsi con
giuramento a compiere un'opera cattiva è contrario alla santità del
nome divino.
2153
Gesù ha esposto il secondo comandamento nel Discorso della montagna:
“Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma
adempi con il Signore i tuoi giuramenti!". Ma io vi dico: non
giurate affatto. . . sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il
di più viene dal maligno” ( Mt 5,33-34; 2153 Mt 5,37 ) [Cf Gc 5,12 ].
Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la
presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola.
La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con
l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita,
in ogni nostra affermazione.
2154
Seguendo san Paolo, [Cf 2Cor 1,23; Gal 1,20 ]
la Tradizione
della Chiesa ha inteso che la parola di Gesù non si oppone al
giuramento, allorché viene fatto per un motivo grave e giusto (per
esempio davanti ad un tribunale). “Il giuramento, ossia l'invocazione
del di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se
non secondo verità, prudenza e giustizia” [Codice di Diritto
Canonico, 1199, 1].
2155
La santità del nome divino esige che non si faccia ricorso ad esso per
cose futili e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui
esso potrebbe essere interpretato come un'approvazione del potere da cui
ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da
autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve esserlo
allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o
alla comunione ecclesiale.
III.
Il nome cristiano
2156
Il sacramento del Battesimo è conferito “nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo”( Mt 28,19 ). Nel Battesimo il nome del
Signore santifica l'uomo e il cristiano riceve il proprio nome nella
Chiesa. Può essere il nome di un santo, cioè di un discepolo che ha
vissuto con esemplare fedeltà al suo Signore. Il patrocinio del santo
offre un modello di carità ed assicura la sua intercessione. Il “nome
di Battesimo” può anche esprimere un mistero cristiano o una virtù
cristiana. “I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non
venga imposto un nome estraneo al senso cristiano” [Codice di Diritto
Canonico, 855].
2157
Il cristiano incomincia la sua giornata, le sue preghiere, le sue azioni
con il segno della croce, “nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo. Amen”. Il battezzato consacra la giornata alla gloria
di Dio e invoca la grazia del Salvatore, la quale gli permette di agire
nello Spirito come figlio del Padre. Il segno della croce ci fortifica
nelle tentazioni e nelle difficoltà.
2158
Dio chiama ciascuno per nome [Cf Is 43,1; 2158 Gv 10,3 ]. Il nome di
ogni uomo è sacro. Il nome è l'icona della persona. Esige il rispetto,
come segno della dignità di colui che lo porta.
2159
Il nome ricevuto è un nome eterno. Nel Regno, il carattere misterioso
ed unico di ogni persona segnata dal nome di Dio risplenderà in piena
luce. “Al vincitore darò. . . una pietruzza bianca sulla quale sta
scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la
riceve” ( Ap 2,17 ). “Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte
Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto
sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo” ( Ap 14,1 ).
In
sintesi
2160
“O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la
terra!” ( Sal 8,2 ).
2161
Il secondo comandamento prescrive di rispettare il nome del Signore. Il
nome del Signore è santo.
2162
Il secondo comandamento proibisce ogni uso sconveniente del nome di Dio.
La bestemmia consiste nell'usare il nome di Dio, di Gesù Cristo, della
Vergine Maria e dei santi in un modo ingiurioso.
2163
Il falso giuramento chiama Dio come testimone di una menzogna. Lo
spergiuro è una mancanza grave contro il Signore, sempre fedele alle
sue promesse.
2164
“Non giurare né per il Creatore, né per la creatura, se non con
verità, per necessità e con riverenza” [Sant'Ignazio di Loyola,
Esercizi spirituali, 38].
2165
Nel Battesimo, il cristiano riceve il proprio nome nella Chiesa. I
genitori, i padrini e il parroco avranno cura che gli venga dato un nome
cristiano. Essere sotto il patrocinio di un santo significa avere in lui
un modello di carità e un sicuro intercessore.
2166
Il cristiano incomincia le sue preghiere e le sue azioni con il segno
della croce “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen”.
2167
Dio chiama ciascuno per nome [Cf Is 43,1 ].
Articolo
3
IL
TERZO COMANDAMENTO
Ricordati
del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai
ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore,
tuo Dio: non farai alcun lavoro ( Es 20,8-10 ) [Cf Dt 5,12-15 ].
Il
sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il
Figlio dell'uomo è signore anche del sabato ( Mc 2,27-28 ).
I.
Il giorno di sabato
2168
Il terzo comandamento del Decalogo ricorda la santità del sabato: “Il
settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore” ( Es 31,15
).
2169
La Scrittura
a questo proposito fa memoria della creazione: “Perché in sei giorni
il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi,
ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il
giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro”( Es 20,11 ).
2170
La Scrittura
rivela nel giorno del Signore anche un memoriale della liberazione di
Israele dalla schiavitù d'Egitto: “Ricordati che sei stato schiavo
nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là
con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di
osservare il giorno di sabato” ( Dt 5,15 ).
2171
Dio ha affidato a Israele il sabato perché lo rispetti in segno
dell'alleanza perenne [Cf Es 31,16 ]. Il sabato è per il Signore,
santamente riservato alla lode di Dio, della sua opera creatrice e delle
sue azioni salvifiche in favore di Israele.
2172 L
'agire di Dio è modello dell'agire umano. Se Dio nel settimo giorno
“si è riposato” ( Es 31,17 ), anche l'uomo deve “far riposo” e
lasciare che gli altri, soprattutto i poveri, “possano goder quiete”
( Es 23,12 ). Il sabato sospende le attività quotidiane e concede una
tregua. E' un giorno di protesta contro le schiavitù del lavoro e il
culto del denaro [Cf Ne 13,15-22; 2Cr 36,21 ].
2173
Il Vangelo riferisce numerose occasioni nelle quali Gesù viene accusato
di violare la legge del sabato. Ma Gesù non viola mai la santità di
tale giorno [ Cf Mc 1,21; Gv 9,16 ]. Egli con autorità ne dà
l'interpretazione autentica: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e
non l'uomo per il sabato”( Mc 2,27 ) Nella sua bontà, Cristo ritiene
lecito “in giorno di sabato fare il bene” anziché “il male,
salvare una vita” anziché “toglierla” ( Mc 3,4 ). Il sabato è il
giorno del Signore delle misericordie e dell'onore di Dio [Cf Mt 12,5;
Gv 7,23 ]. “Il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato” ( Mc
2,28 ).
II.
Il giorno del Signore
Questo
è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso ( Sal
118,24 ).
Il
giorno della Risurrezione: la nuova creazione
2174
Gesù è risorto dai morti “il primo giorno della settimana” ( Mt
28,1; Mc 16,2; Lc 24,1; 2174 Gv 20,1 ). In quanto “primo giorno”, il
giorno della Risurrezione di Cristo richiama la prima creazione. In
quanto “ottavo giorno”, che segue il sabato, [Cf Mc 16,1; Mt 28,1 ]
esso significa la nuova creazione inaugurata con
la Risurrezione
di Cristo. E' diventato, per i cristiani, il primo di tutti i giorni, la
prima di tutte le feste, il giorno del Signore (e Kyriaké eméra”,
“dies dominica”), la “domenica”:
Ci
raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo
giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il
mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore,
risuscitò dai morti [San Giustino, Apologiae, 1, 67].
La
domenica - compimento del sabato
2175
La domenica si distingue nettamente dal sabato al quale, ogni settimana,
cronologicamente succede, e del quale, per i cristiani, sostituisce la
prescrizione rituale. Porta a compimento, nella Pasqua di Cristo, la
verità spirituale del sabato ebraico ed annuncia il riposo eterno
dell'uomo in Dio. Infatti, il culto della legge preparava il Mistero di
Cristo, e ciò che vi si compiva prefigurava qualche aspetto relativo a
Cristo: [Cf 1Cor 10,11 ]
Coloro
che vivevano nell'antico ordine di cose si sono rivolti alla nuova
speranza, non più guardando al sabato, ma vivendo secondo la domenica,
giorno in cui è sorta la nostra vita, per la grazia del Signore e per
la sua morte [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Magnesios, 9, 1].
2176
La celebrazione della domenica attua la prescrizione morale naturalmente
iscritta nel cuore dell'uomo “di rendere a Dio un culto esteriore,
visibile, pubblico e regolare nel ricordo della sua benevolenza
universale verso gli uomini” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II, 122, 4]. Il culto domenicale è il compimento del precetto morale
dell'Antica Alleanza, di cui riprende il ritmo e lo spirito celebrando
ogni settimana il Creatore e il Redentore del suo popolo.
L'Eucaristia
domenicale
2177
La celebrazione domenicale del Giorno e dell'Eucaristia del Signore sta
al centro della vita della Chiesa. “Il giorno di domenica in cui si
celebra il Mistero pasquale, per la tradizione apostolica, deve essere
osservato in tutta
la Chiesa
come il primordiale giorno festivo di precetto” [Codice di Diritto
Canonico, 1246, 1].
“Ugualmente
devono essere osservati i giorni del Natale del Signore nostro Gesù
Cristo, dell'Epifania, dell'Ascensione e del santissimo Corpo e Sangue
di Cristo, della Santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata
Concezione e Assunzione, di san Giuseppe, dei santi Apostoli Pietro e
Paolo, e infine di tutti i Santi” [Codice di Diritto Canonico, 1246,
1].
2178
Questa pratica dell'assemblea cristiana risale agli inizi dell'età
apostolica [Cf At 2,42-46; 2178 1Cor 11,17 ].
La Lettera
agli Ebrei ricorda: non disertate le vostre “riunioni, come alcuni
hanno l'abitudine di fare”, ma invece esortatevi a vicenda ( Eb 10,25
).
La Tradizione
conserva il ricordo di una esortazione sempre attuale: “Affrettarsi
verso la chiesa, avvicinarsi al Signore e confessare i propri peccati,
pentirsi durante la preghiera. . . Assistere alla santa e divina
Liturgia, terminare la propria preghiera e non uscirne prima del
congedo. . . L'abbiamo spesso ripetuto: questo giorno vi è concesso per
la preghiera e il riposo. E' il giorno fatto dal Signore. In esso
rallegriamoci ed esultiamo” [Autore anonimo, Sermo de die dominica: PG
86/1,
416C
. 421C].
2179
“La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene
costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui
cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del vescovo diocesano, ad
un parroco quale suo proprio pastore” [Codice di Diritto Canonico,
515, 1]. E' il luogo in cui tutti i fedeli possono essere convocati per
la celebrazione domenicale dell'Eucaristia. La parrocchia inizia il
popolo cristiano all'espressione ordinaria della vita liturgica, lo
raduna in questa celebrazione; insegna la dottrina salvifica di Cristo;
pratica la carità del Signore in opere buone e fraterne:
Tu
non puoi pregare in casa come in chiesa, dove c'è il popolo di Dio
raccolto, dove il grido è elevato a Dio con un cuore solo. Là c'è
qualcosa di più, l'unisono degli spiriti, l'accordo delle anime, il
legame della carità, le preghiere dei sacerdoti [San Giovanni
Crisostomo, De incomprehensibili Dei natura seu contra Anomaeos, 3, 6:
PG 48, 725D].
L'obbligo
della domenica
2180
Il precetto della Chiesa definisce e precisa la legge del Signore: “La
domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all'obbligo
di partecipare alla Messa” [Codice di Diritto Canonico, 1247].
“Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste
dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di
festa, o nel vespro del giorno precedente” [Codice di Diritto
Canonico, 1247].
2181 L
'Eucaristia domenicale fonda e conferma tutto l'agire cristiano. Per
questo i fedeli sono tenuti a partecipare all'Eucaristia nei giorni di
precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio,
la malattia, la cura dei lattanti o ne siano dispensati dal loro
parroco) [Cf ibid., 1245]. Coloro che deliberatamente non ottemperano a
questo obbligo commettono un peccato grave.
2182
La partecipazione alla celebrazione comunitaria dell'Eucaristia
domenicale è una testimonianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo e
alla sua Chiesa. In questo modo i fedeli attestano la loro comunione
nella fede e nella carità. Essi testimoniano al tempo stesso la santità
di Dio e la loro speranza nella salvezza. Si rafforzano vicendevolmente
sotto l'assistenza dello Spirito Santo.
2183
“Se per mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa
impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si
raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla Liturgia della
Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro
luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del vescovo diocesano,
oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in
famiglia, o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie” [Codice di
Diritto Canonico, 1248, 2].
Giorno
di grazia e di cessazione dal lavoro
2184
Come Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” ( Gen 2,2 ),
così anche la vita dell'uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo.
L'istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la
possibilità di “godere di sufficiente riposo e tempo libero che
permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e
religiosa” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 67].
2185
Durante la domenica e gli altri giorni festivi di precetto, i fedeli si
asterranno dal dedicarsi a lavori o attività che impediscano il culto
dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica
delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e
del corpo [Cf Codice di Diritto Canonico, 1247]. Le necessità familiari
o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di
fronte al precetto del riposo domenicale. I fedeli vigileranno affinché
legittime giustificazioni non creino abitudini pregiudizievoli per la
religione, la vita di famiglia e la salute.
L'amore
della verità cerca il sacro tempo libero, la necessità dell'amore
accetta il giusto lavoro [Sant'Agostino, De civitate Dei, 19, 19].
2186
E' doveroso per i cristiani che dispongono di tempo libero ricordarsi
dei loro fratelli che hanno i medesimi bisogni e i medesimi diritti e
non possono riposarsi a causa della povertà e della miseria. Dalla pietà
cristiana la domenica è tradizionalmente consacrata alle opere di bene
e agli umili servizi di cui necessitano i malati, gli infermi, gli
anziani. I cristiani santificheranno la domenica anche dando alla loro
famiglia e ai loro parenti il tempo e le attenzioni che difficilmente si
possono loro accordare negli altri giorni della settimana. La domenica
è un tempo propizio per la riflessione, il silenzio, lo studio e la
meditazione, che favoriscono la crescita della vita interiore e
cristiana.
2187
Santificare le domeniche e i giorni di festa esige un serio impegno
comune. Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad
altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore.
Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc) e le necessità sociali
(servizi pubblici, ecc) richiedono a certuni un lavoro domenicale,
ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di
libertà. I fedeli avranno cura, con moderazione e carità, di evitare
gli eccessi e le violenze cui talvolta danno luogo i diversivi di massa.
Nonostante le rigide esigenze dell'economia, i pubblici poteri
vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e
al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei
confronti dei loro dipendenti.
2188
Nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune di tutti, i
cristiani devono adoperarsi per far riconoscere dalle leggi le domeniche
e i giorni di festa della Chiesa come giorni festivi. Spetta a loro
offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia
e difendere le loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita
spirituale della società umana. Se la legislazione del paese o altri
motivi obbligano a lavorare la domenica, questo giorno sia tuttavia
vissuto come il giorno della nostra liberazione, che ci fa partecipare a
questa “adunanza festosa”, a questa “assemblea dei primogeniti
iscritti nei cieli” ( Eb 12,22-23 ).
In
sintesi
2189
“Osserva il giorno di sabato per santificarlo” ( Dt 5,12 ). “Il
settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore” ( Es 31,15
).
2190
Il sabato, che rappresentava il compimento della prima creazione, è
sostituito dalla domenica, che ricorda la nuova creazione, iniziata con
la Risurrezione
di Cristo.
2191
La Chiesa
celebra il giorno della Risurrezione di Cristo nell'ottavo giorno, che
si chiama giustamente giorno del Signore, o domenica [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Sacrosanctum concilium, 106].
2192
“Il giorno di domenica. . . deve essere osservato in tutta
la Chiesa
come il primordiale giorno festivo di precetto” [Codice di Diritto
Canonico, 1246, 1]. “La domenica e le altre feste di precetto i fedeli
sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa” [Codice di Diritto
Canonico, 1246, 1].
2193
“La domenica e le altre feste di precetto i fedeli. . . si astengano.
. . da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a
Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto
riposo della mente e del corpo” [Codice di Diritto Canonico, 1247].
2194 L
'istituzione della domenica contribuisce a dare a tutti la possibilità
di “godere di sufficiente riposo e tempo libero che permette loro di
curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 67].
2195
Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò
che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore.
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