PARTE
TERZA -
LA VITA IN
CRISTO
SEZIONE
SECONDA - I DIECI
COMANDAMENTI
CAPITOLO
SECONDO - “AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO”
2196
Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù
disse: “Il primo è: "Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è
l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". E il
secondo è questo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso".
Non c'è altro comandamento più importante di questo” ( Mc 12,29-31
).
L'Apostolo
san Paolo lo richiama: “Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge.
Infatti, il precetto: "non commettere adulterio, non uccidere, non
rubare, non desiderare" e qualsiasi altro comandamento, si
riassumono in queste parole: "Amerai il prossimo tuo come te
stesso". L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento
della legge è l'amore” ( Rm 13,8-10 ).
Articolo
4
IL
QUARTO COMANDAMENTO
Onora
tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese
che ti dà il Signore, tuo Dio ( Es 20,12 ).
Stava
loro sottomesso ( Lc 2,51 ).
Lo
stesso Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo “comandamento
di Dio” ( Mc 7,8-13 ). L'Apostolo insegna: “Figli, obbedite ai
vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. "Onora tuo
padre e tua madre": è questo il primo comandamento associato a una
promessa: "perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la
terra"” ( Ef 6,1-3 ) [Cf Dt 5,16 ].
2197
Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica
l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri
genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la
conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che
Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità.
2198
Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da
compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto
particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola.
Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa.
2199
Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle
loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la
più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri
del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza
ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei
confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di
lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini
verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti.
Questo
comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori,
docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano
un'autorità su altri o su una comunità di persone.
2200 L
'osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: “Onora
tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese
che ti dà il Signore, tuo Dio” ( Es 20,12 ) [Cf Dt 5,16 ]. Il
rispetto di questo comandamento procura, insieme con i frutti
spirituali, frutti temporali di pace e di prosperità. Al contrario, la
trasgressione di questo comandamento arreca gravi danni alle comunità e
alle persone umane.
I.
La famiglia nel piano di Dio
Natura
della famiglia
2201
La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il
matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla
procreazione ed educazione dei figli. L'amore degli sposi e la
generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una medesima famiglia
relazioni personali e responsabilità primarie.
2202
Un uomo e una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli
una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da
parte della pubblica autorità; si impone da sé. La si considererà
come il normale riferimento, in funzione del quale devono essere
valutate le diverse forme di parentela.
2203
Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha
dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone
uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società,
la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di
doveri.
La
famiglia cristiana
2204
“La famiglia cristiana offre una rivelazione e una realizzazione
specifica della comunione ecclesiale; anche per questo motivo, può e
deve essere chiamata "chiesa domestica" ” [Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 21; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 11]. Essa è una comunità di fede, di speranza e di carità;
nella Chiesa riveste una singolare importanza come è evidente nel Nuovo
Testamento [Cf Ef 5,21-6,4; Col 3,18-21; 1Pt 3,1-7 ].
2205
La famiglia cristiana è una comunione di persone, segno e immagine
della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua
attività procreatrice ed educativa è il riflesso dell'opera creatrice
del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera e il
sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e la lettura della Parola
di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia cristiana è
evangelizzatrice e missionaria.
2206
Le relazioni in seno alla famiglia comportano un'affinità di
sentimenti, di affetti e di interessi, che nasce soprattutto dal
reciproco rispetto delle persone. La famiglia è una comunità
privilegiata chiamata a realizzare “un'amorevole apertura di animo tra
i coniugi e... una continua collaborazione tra i genitori
nell'educazione dei figli” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 52].
II.
La famiglia e la società
2207
La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. E' la società
naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé
nell'amore e nel dono della vita. L'autorità, la stabilità e la vita
di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della
libertà, della sicurezza, della fraternità nell'ambito della società.
La famiglia è la comunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono
apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far
buon uso della libertà. La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita
nella società.
2208
La famiglia deve vivere in modo che i suoi membri si aprano
all'attenzione e all'impegno in favore dei giovani e degli anziani,
delle persone malate o handicappate e dei poveri. Numerose sono le
famiglie che, in certi momenti, non hanno la possibilità di dare tale
aiuto. Tocca allora ad altre persone, ad altre famiglie e,
sussidiariamente, alla società provvedere ai bisogni di costoro: “Una
religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa:
soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi
puri da questo mondo” ( Gc 1,27 ).
2209
La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali.
Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni,
gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere
l'istituto familiare. In base al principio di sussidiarietà, le comunità
più grandi si guarderanno dall'usurpare le sue prerogative o di
ingerirsi nella sua vita.
2210 L
'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47] comporta per la società
stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il
matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri “come un sacro
dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità
pubblica e la prosperità domestica” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 47].
2211
La comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di
assisterla, e di assicurarle in particolare:
-
la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le
proprie con vinzioni morali e religiose;
-
la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto
familiare;
-
la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare
in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie;
-
il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere
un'attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di
emigrare;
-
in conformità alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche,
all'assi stenza per le persone anziane, agli assegni familiari;
-
la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a
pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.;
-
la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in
tal modo rappresentate presso le autorità civili [Cf Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 46].
2212
Il quarto comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei
nostri fratelli e nelle nostre sorelle, vediamo i figli dei nostri
genitori; nei nostri cugini, i discendenti dei nostri avi; nei nostri
concittadini, i figli della nostra patria; nei battezzati, i figli della
Chiesa, nostra madre; in ogni persona umana, un figlio o una figlia di
colui che vuole essere chiamato “Padre nostro”. Conseguentemente, le
nostre relazioni con il prossimo sono di carattere personale. Il
prossimo non è un “individuo” della collettività umana; è
“qualcuno” che, per le sue origini conosciute, merita un'attenzione
e un rispetto singolari.
2213
Le comunità umane sono composte di persone. Il loro buon governo non si
limita alla garanzia dei diritti e all'osservanza dei doveri, come pure
al rispetto dei contratti. Giuste relazioni tra imprenditori e
dipendenti, governanti e cittadini presuppongono la naturale benevolenza
conforme alla dignità delle persone umane, cui stanno a cuore la
giustizia e la fraternità.
III.
Doveri dei membri della famiglia
Doveri
dei figli
2214
La paternità divina è la sorgente della paternità umana; [Cf Ef 3,14
] è la paternità divina che fonda l'onore dovuto ai genitori. Il
rispetto dei figli, minorenni o adulti, per il proprio padre e la
propria madre, [Cf Pr 1,8; Tb 4,3-4 ] si nutre dell'affetto naturale
nato dal vincolo che li unisce. Questo rispetto è richiesto dal comando
divino [Cf Es 20,12 ].
2215
Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza
verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro
lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di
crescere in età, in sapienza e in grazia. “Onora tuo padre con tutto
il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti
hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?” (
Sir 7,27-28 ).
2216
Il rispetto filiale si manifesta anche attraverso la vera docilità e la
vera obbedienza: “Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non
disprezzare l'insegnamento di tua madre. . . Quando cammini ti
guideranno; quando riposi, veglieranno su di te; quando ti desti, ti
parleranno” ( Pr 6,20-22 ). “Il figlio saggio ama la disciplina, lo
spavaldo non ascolta il rimprovero” ( Pr 13,1 ).
2217
Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio
deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da
quello della famiglia. “Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è
gradito al Signore” ( Col 3,20 ) [Cf Ef 6,1 ]. I figli devono anche
obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai
quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che
è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine, non vi obbediscano.
Crescendo,
i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro
desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro
giustificati ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei
figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto.
Questo trova, in realtà, la sua radice nel timore di Dio, uno dei doni
dello Spirito Santo.
2218
Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro
responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono
dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in
tempo di malattia, di solitudine o di indigenza. Gesù richiama questo
dovere di riconoscenza [Cf Mc 7,10-12 ].
Il
Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il
diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi
riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà
gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà
consolazione alla madre ( Sir 3,2-6 ).
Figlio,
soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua
vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre
sei nel pieno del vigore. . . Chi abbandona il padre è come un
bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore ( Sir
3,12-13; Sir 3,16 ).
2219
Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare;
concerne anche le relazioni tra fratelli e sorelle. Il rispetto verso i
genitori si riflette su tutto l'ambiente familiare. “Corona dei vecchi
sono i figli dei figli” ( Pr 17,6 ). “Con ogni umiltà, mansuetudine
e pazienza” sopportatevi “a vicenda con amore” ( Ef 4,2 ).
2220
I cristiani devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno
ricevuto il dono della fede, la grazia del Battesimo e la vita nella
Chiesa. Può trattarsi dei genitori, di altri membri della famiglia, dei
nonni, di pastori, di catechisti, di altri maestri o amici. “Mi
ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide,
poi in tua madre Eunice, e ora, ne sono certo, anche in te” ( 2Tm 1,5
).
Doveri
dei genitori
2221
La fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione
dei figli, ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro
formazione spirituale. La funzione educativa dei genitori “è tanto
importante che, se manca, può a stento essere supplita” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. Il diritto e il dovere
dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili [Cf
Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36].
2222
I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e
rispettarli come persone umane. Educano i loro figli ad osservare la
legge di Dio mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre
dei cieli.
2223
I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli.
Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una
famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il
servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è
un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa
educazione richiede che si impari l'abnegazione, un retto modo di
giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I
genitori insegneranno ai figli a subordinare “le dimensioni materiali
e istintive a quelle interiori e spirituali” [Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Centesimus annus, 36]. I genitori hanno anche la grave
responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con
franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado
di guidarli e di correggerli:
Chi
ama il proprio figlio usa spesso la frusta... Chi corregge il proprio
figlio ne trarrà vantaggio ( Sir 30,1-2 ).
E
voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione
e nella disciplina del Signore ( Ef 6,4 ).
2224
Il focolare domestico costituisce l'ambito naturale per l'iniziazione
dell'essere umano alla solidarietà e alle responsabilità comunitarie.
I genitori insegneranno ai figli a guardarsi dai compromessi e dagli
sbandamenti che minacciano le società umane.
2225
Dalla grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la
responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li
inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali
essi, per i figli, sono “i primi annunziatori” [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 11]. Li faranno partecipare alla vita della Chiesa fin
dalla più tenera età. I modi di vivere in famiglia possono sviluppare
le disposizioni affettive che, per l'intera esistenza, costituiscono
autentiche condizioni preliminari e sostegni di una fede viva.
2226 L
' educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla
più tenera età dei figli. Essa si realizza già allorché i membri
della famiglia si aiutano a crescere nella fede attraverso la
testimonianza di una vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo.
La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce le altre forme
d'insegnamento della fede. I genitori hanno la missione di insegnare ai
figli a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. La parrocchia è la comunità
eucaristica e il cuore della vita liturgica delle famiglie cristiane; è
un luogo privilegiato della catechesi dei figli e dei genitori.
2227
I figli, a loro volta, contribuiscono alla crescita dei propri genitori
nella santità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Tutti e
ciascuno, con generosità e senza mai stancarsi, si concederanno
vicendevolmente il perdono che le offese, i litigi, le ingiustizie e le
infedeltà esigono. L'affetto reciproco lo suggerisce. La carità di
Cristo lo richiede [Cf Mt 18,21-22; Lc 17,4 ].
2228
Durante l'infanzia, il rispetto e l'affetto dei genitori si esprimono
innanzitutto nella cura e nell'attenzione prodigate nell'allevare i
propri figli, e nel provvedere ai loro bisogni materiali e spirituali.
Durante la loro crescita, il medesimo rispetto e la medesima dedizione
portano i genitori ad educare i figli al retto uso della ragione e della
libertà.
2229
Primi responsabili dell'educazione dei figli, i genitori hanno il
diritto di scegliere per loro una scuola rispondente alle proprie
convinzioni. E', questo, un diritto fondamentale. I genitori, nei limiti
del possibile, hanno il dovere di scegliere le scuole che li possano
aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 6]. I pubblici poteri
hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare
le condizioni concrete per poterlo esercitare.
2230
Diventando adulti, i figli hanno il dovere e il diritto di scegliere la
propria professione e il proprio stato di vita. Assumeranno queste nuove
responsabilità in un rapporto confidente con i loro genitori, ai quali
chiederanno e dai quali riceveranno volentieri avvertimenti e consigli.
I genitori avranno cura di non costringere i figli né quanto alla
scelta della professione, né quanto a quella del coniuge. Questo dovere
di discrezione non impedisce loro, tutt'altro, di aiutarli con sapienti
consigli, particolarmente quando progettano di fondare una famiglia.
2231
Alcuni non si sposano, al fine di prendersi cura dei propri genitori, o
dei propri fratelli e sorelle, di dedicarsi più esclusivamente ad una
professione o per altri validi motivi. Costoro possono grandemente
contribuire al bene della famiglia umana.
IV.
La famiglia e il Regno
2232
I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto
più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e
spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si
fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno
la risposta dei propri figli a seguirla. E' necessario convincersi che
la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù : [Cf Mt 16,25 ]
“Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama
il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” ( Mt 10,37 ).
2233
Diventare discepolo di Gesù significa accettare l'invito ad appartenere
alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di
vivere: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
questi è per me fratello, sorella e madre” ( Mt 12,49 ).
I
genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie
la chiamata rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella
verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero
sacerdotale.
V.
Le autorità nella società civile
2234
Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro
che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società.
Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli
di chi ne beneficia.
Doveri
delle autorità civili
2235
Coloro che sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un
servizio. “Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro
servo” ( Mt 20,26 ). L'esercizio di un'autorità è moralmente
delimitato dalla sua origine divina, dalla sua natura ragionevole e dal
suo oggetto specifico. Nessuno può comandare o istituire ciò che è
contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale.
2236 L
'esercizio dell'autorità mira a rendere evidente una giusta gerarchia
dei valori al fine di facilitare l'esercizio della libertà e della
responsabilità di tutti. I superiori attuino con saggezza la giustizia
distributiva, tenendo conto dei bisogni e della collaborazione di
ciascuno, e in vista della concordia e della pace. Abbiano cura che le
norme e le disposizioni che danno non inducano in tentazione opponendo
l'interesse personale a quello della comunità [Cf Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus, 25].
2237
I poteri politici sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali della
persona umana. Cercheranno di attuare con umanità la giustizia, nel
rispetto del diritto di ciascuno, soprattutto delle famiglie e dei
diseredati.
I
diritti politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere
concessi secondo le esigenze del bene comune. Non possono essere sospesi
dai pubblici poteri senza un motivo legittimo e proporzionato.
L'esercizio dei diritti politici è finalizzato al bene comune della
nazione e della comunità umana.
Doveri
dei cittadini
2238
Coloro che sono sottomessi all'autorità considereranno i loro superiori
come rappresentanti di Dio, che li ha costituiti ministri dei suoi doni:
[Cf Rm 13,1-2 ] “State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore
del Signore. . . Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della
libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di
Dio” ( 1Pt 2,13; 1Pt 2,16 ). La leale collaborazione dei cittadini
comporta il diritto, talvolta il dovere, di fare le giuste rimostranze
su ciò che a loro sembra nuocere alla dignità delle persone e al bene
della comunità.
2239
E' dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il
bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà
e di libertà. L'amore e il servizio della patria derivano dal dovere di
riconoscenza e dall'ordine della carità. La sottomissione alle autorità
legittime e il servizio del bene comune esigono dai cittadini che essi
compiano la loro funzione nella vita della comunità politica.
2240
La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune
comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte,
dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese:
Rendete
a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le
tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il
rispetto ( Rm 13,7 ).
I
cristiani... abitano nella propria patria, ma come pellegrini;
partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati
come stranieri... Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita
superano le leggi... Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio, e
non è lecito disertarlo! [Lettera a Diogneto, 5, 5. 10; 6, 10]
L'Apostolo
ci esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie “per i re e per
tutti tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere
una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità” ( 1Tm 2,2 ).
2241
Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del
possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse
necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese
di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il
diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo
accolgono.
Le
autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili,
possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse
condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei
migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto
a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del
paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi
oneri.
2242
Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni
delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze
dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli
insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili,
quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza,
trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e
il servizio della comunità politica. “Rendete a Cesare quello che è
di Cesare e a Dio quello che è di Dio” ( Mt 22,21 ). “Bisogna
obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” ( At 5,29 ).
Dove
i cittadini sono oppressi da una autorità pubblica che va al di là
delle sue competenze, essi non ricusino quelle cose che sono
oggettivamente richieste dal bene comune; sia però loro lecito
difendere i diritti propri e dei propri concittadini contro gli abusi di
questa autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale
ed evangelica [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 74].
2243
La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà
legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le
seguenti condizioni:
1. in
caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali;
2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si
provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di
successo; 5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni
migliori.
La
comunità politica e
la Chiesa
2244
Ogni istituzione si ispira, anche implicitamente, ad una visione
dell'uomo e del suo destino, da cui deriva i propri criteri di giudizio,
la propria gerarchia dei valori, la propria linea di condotta. Nella
maggior parte delle società le istituzioni fanno riferimento ad una
certa preminenza dell'uomo sulle cose. Solo
la Religione
divinamente rivelata ha chiaramente riconosciuto in Dio, Creatore e
Redentore, l'origine e il destino dell'uomo.
La Chiesa
invita i poteri politici a riferire i loro giudizi e le loro decisioni a
tale ispirazione della Verità su Dio e sull'uomo:
Le
società che ignorano questa ispirazione o la rifiutano in nome della
loro indipendenza in rapporto a Dio, sono spinte a cercare in se stesse
oppure a mutuare da una ideologia i loro riferimenti e il loro fine e,
non tollerando che sia affermato un criterio oggettivo del bene e del
male, si arrogano sull'uomo e sul suo destino un potere assoluto,
dichiarato o non apertamente ammesso, come dimostra la storia [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 45; 46].
2245
La Chiesa
, che a motivo della sua missione e della sua competenza, non si
confonde in alcun modo con la comunità politica, è ad un tempo il
segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.
“
La Chiesa.
. . rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità
dei cittadini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].
2246
E' proprio della missione della Chiesa “dare il suo giudizio morale
anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia
richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle
anime. E questo farà, utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono
conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi
e delle situazioni” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].
In
sintesi
2247
“Onora tuo padre e tua madre” ( Dt 5,16; 2247 Mc 7,10 ).
2248
Secondo il quarto comandamento, Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i
nostri genitori e coloro che egli, per il nostro bene, ha rivestito
d'autorità.
2249
La comunità coniugale è stabilita sull'alleanza e sul consenso degli
sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene dei coniugi,
alla procreazione e all'educazione dei figli.
2250
“La salvezza della persona e della società umana e cristiana è
strettamente connessa con una felice situazione della comunità
coniugale e familiare” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47].
2251
I figli devono ai loro genitori rispetto, riconoscenza, giusta
obbedienza e aiuto. Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la
vita familiare.
2252
I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei propri figli
alla fede, alla preghiera e a tutte le virtù. Hanno il dovere di
provvedere, nella misura del possibile, ai bisogni materiali e
spirituali dei propri figli.
2253
I genitori devono rispettare e favorire l'educazione dei propri figli.
Ricorderanno a se stessi ed insegneranno ai figli che la prima vocazione
del cristiano è seguire Gesù.
2254
La pubblica autorità è tenuta a rispettare i diritti fondamentali
della persona umana e le condizioni per l'esercizio della sua libertà.
2255
E' dovere dei cittadini collaborare con i poteri civili all'edificazione
della società in uno spirito di verità, di giustizia, di solidarietà
e di libertà.
2256
Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni
delle autorità civili quando tali precetti si oppongono alle esigenze
dell'ordine morale. “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli
uomini” ( At 5,29 ).
2257
Ogni società ispira i propri giudizi e la propria condotta ad una
visione dell'uomo e del suo destino. Al di fuori della luce del Vangelo
su Dio e sull'uomo, è facile che le società diventino totalitarie.
Articolo
5
IL
QUINTO COMANDAMENTO
Non
uccidere ( Es 20,13 ).
Avete
inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà
sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio
fratello, sarà sottoposto a giudizio ( Mt 5,21-22 ).
2258
“La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l'azione
creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il
Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo
inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare
a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano
innocente” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 5, AAS 80 (1988), 70-102].
I.
Il rispetto della vita umana
La
testimonianza della Storia Sacra
2259
La Scrittura
, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, [Cf
Gen 4,8-12 ] rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza
nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato
originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la
scelleratezza di questo fratricidio: “Che hai fatto? La voce del
sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da
quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo
fratello” ( Gen 4,10-11 ).
2260 L
'alleanza di Dio e dell'umanità è intessuta di richiami al dono divino
della vita umana e alla violenza omicida dell'uomo:
Del
sangue vostro, ossia della vostra vita, io domando conto. . . Chi sparge
il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad
immagine di Dio egli ha fatto l'uomo ( Gen 9,5-6 ).
L'Antico
Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita [Cf
Lv 17,14 ]. Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.
2261
La Scrittura
precisa la proibizione del quinto comandamento: “Non far morire
l'innocente e il giusto” ( Es 23,7 ). L'uccisione volontaria di un
innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla
“regola d'oro” e alla santità del Creatore. La legge che vieta
questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno,
sempre e dappertutto.
2262
Nel Discorso della montagna il Signore richiama il precetto: “Non
uccidere” ( Mt 5,21 ); vi aggiunge la proibizione dell'ira, dell'odio,
della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di
porgere l'altra guancia, [Cf Mt 5,22-39 ] di amare i propri nemici [Cf
Mt 5,44 ]. Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di
rimettere la spada nel fodero [Cf Mt 26,52 ].
La
legittima difesa
2263
La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce
un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui
consiste l'omicidio volontario. “Dalla difesa personale possono
seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della
propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore. . . Il
primo soltanto è intenzionale, l'altro è involontario” [San Tommaso
d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].
2264 L
'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità.
E' quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi
difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è
costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:
Se
uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario,
il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la
difesa è lecita. . . E non è necessario per la salvezza dell'anima che
uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri:
poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che
alla vita altrui [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].
2265
La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave
dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene
comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere.
A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto
di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità
civile affidata alla loro responsabilità.
2266
Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello
Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei
diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile.
La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere ha il diritto
ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto.
La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto
dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa
assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine
pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo
medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla
correzione del colpevole.
2267 L
'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno
accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il
ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile
per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri
umani.
Se
invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore
e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a
questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni
concrete del bene comune e sno più cnformi alla dignità della persona
umana.
Oggi,
infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per
reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha
commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi,
i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai
molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium
vitae, n. 56].
L'omicidio
volontario
2268
Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l' omicidio
diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano
all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo [Cf Gen
4,10 ].
L'infanticidio,
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51] il fratricidio, il
parricidio e l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi
a motivo dei vincoli naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche
o di igiene pubblica non possono giustificare nessuna uccisione, fosse
anche comandata dai pubblici poteri.
2269
Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione
di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale
vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave
motivo, quanto di rifiutare l'assistenza ad una persona in pericolo.
Tollerare,
da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla
morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa
ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche
usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli
in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro
imputabile [Cf Am 8,4-10 ].
L'omicidio
involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da
una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo
tale da causare la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.
L'aborto
2270
La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal
momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza,
l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i
quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita [Cf
Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, I, 1].
Prima
di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla
luce, ti avevo consacrato ( Ger 1,5 ) [Cf Gb 10,8-12; Sal 22,10-11 ].
Non
ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra ( Sal 139,15 ).
2271
Fin dal primo secolo
la Chiesa
ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo
insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè
voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge
morale:
Non
uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita [Didaché,
2, 2; cf Lettera di Barnaba, 19, 5; Lettera a Diogneto, 5, 5;
Tertulliano, Apologeticus, 9]. Dio, padrone della vita, ha affidato agli
uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve
essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita,
deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio
sono abominevoli delitti [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2272
La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave.
La Chiesa
sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la
vita umana. “Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella
scomunica latae sententiae” [Codice di Diritto Canonico, 1398] “per
il fatto stesso d'aver commesso il delitto” [Codice di Diritto
Canonico, 1398] e alle condizioni previste dal Diritto [Cf ibid.,
1323-1324].
La Chiesa
non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa
mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno
irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la
società.
2273
Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente
rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua
legislazione:
“I
diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e
rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica;
tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai
genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello
Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in
forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti
fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il diritto alla
vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla
morte” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“Nel
momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani
della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo
Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando
lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun
cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i
fondamenti stessi di uno Stato di diritto. . . Come conseguenza del
rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire
dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate
sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”
[Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2274 L
'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una
persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito,
per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.
La
diagnosi prenatale è moralmente lecita, se “rispetta la vita e
l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua
salvaguardia o alla sua guarigione individuale. . . Ma essa è
gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla
l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una
diagnosi. . . non deve equivalere a una sentenza di morte”
[Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2275
“Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto
che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per
lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al
miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza
individuale” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“E'
immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come
"materiale biologico" disponibile” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“Alcuni
tentativi d' intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono
terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati
secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni
sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua
integrità e alla sua identità” unica, irrepetibile [Congregazione
per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
L'eutanasia
2276
Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto
particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute
perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale.
2277
Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel
mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla
morte. Essa è moralmente inaccettabile.
Così
un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la
morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione
gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del
Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio nel quale si può essere
incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre
da condannare e da escludere.
2278 L
'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o
sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In
tal caso si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”. Non si
vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le
decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la
capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto,
rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del
paziente.
2279
Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono
dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente
interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del
moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere
moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né
come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come
inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata
della carità disinteressata. A questo titolo devono essere
incoraggiate.
Il
suicidio
2280
Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha
donata. E' lui che ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a
riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la
salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari
della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo.
2281
Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a
conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario
al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del
prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la
società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo
degli obblighi. Il suicidio è contrario all'amore del Dio vivente.
2282
Se è commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i
giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La
cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.
Gravi
disturbi psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della
sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del
suicida.
2283
Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono
date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro
preparare l'occasione di un salutare pentimento.
La Chiesa
prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.
II.
Il rispetto della dignità delle persone
Il
rispetto dell'anima altrui: lo scandalo
2284
Lo scandalo è l'atteggiamento o il comportamento che induce altri a
compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo.
Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio
fratello nella morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave
se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in
una grave mancanza.
2285
Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di
coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha
ispirato a nostro Signore questa maledizione: “Chi scandalizza anche
uno solo di questi piccoli. . ., sarebbe meglio per lui che gli fosse
appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi
del mare”( Mt 18,6 ) [Cf 1Cor 8,10-13 ]. Lo scandalo è grave quando a
provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad
insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai
farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore [Cf Mt 7,15 ].
2286
Lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla
moda o dall'opinione pubblica.
Così,
si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture
sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione
della vita religiosa, o a “condizioni sociali che, volontariamente o
no, rendono difficile e praticamente impossibile un comportamento
cristiano conforme ai comandamenti” [Pio XII, discorso del 1 giugno
1941]. Analogamente avviene per i capi di imprese i quali danno
regolamenti che inducono alla frode, per i maestri che “esasperano”
i loro allievi o per coloro che, manipolando l'opinione pubblica, la
sviano dai valori morali.
2287
Chi usa i poteri di cui dispone in modo tale da spingere ad agire male,
si rende colpevole di scandalo e responsabile del male che, direttamente
o indirettamente, ha favorito. “E' inevitabile che avvengano scandali,
ma guai a colui per cui avvengono” ( Lc 17,1 ).
Il
rispetto della salute
2288
La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo
averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del
bene comune.
La
cura della salute dei cittadini richiede l'apporto della società perché
si abbiano le condizioni d'esistenza che permettano di crescere e di
raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza
sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale.
2289
Se la morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa
tuttavia un valore assoluto. Essa si oppone ad una concezione
neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli
tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A
motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i
deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani.
2290
La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi,
l'abuso dei cibi, dell'alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che,
in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono
in pericolo l'incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o
in volo, si rendono gravemente colpevoli.
2291 L
' uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana.
Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce
una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico
sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, dal
momento che spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale.
Il
rispetto della persona e la ricerca scientifica
2292
Le sperimentazioni scientifiche, mediche o psicologiche, sulle persone o
sui gruppi umani, possono concorrere alla guarigione dei malati e al
progresso della salute pubblica.
2293
La ricerca scentifica di base come la ricerca applicata costituiscono
una espressione significativa della signoria dell'uomo sulla creazione.
La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al
servizio dell'uomo e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di
tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell'esistenza e
del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all'uomo, dal
quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e
nei suoi valori morali l'indicazione del loro fine e la coscienza dei
loro limiti.
2294
E' illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica
e delle sue applicazioni. D'altra parte, i criteri orientativi non
possono essere dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né
dall'utilità che può derivarne per gli uni a scapito degli altri, né,
peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica
richiedono, per il loro stesso significato intrinseco, l'incondizionato
rispetto dei criteri fonda mentali della moralità; devono essere al
servizio della persona umana, dei suoi inalienabili diritti, del suo
bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di
Dio.
2295
Le ricerche o sperimentazioni sull'essere umano non possono legittimare
atti in se stessi contrari alla dignità delle persone e alla legge
morale. L'eventuale consenso dei soggetti non giustifica simili atti. La
sperimentazione sull'essere umano non è moralmente legittima se fa
correre rischi sproporzionati o evitabili per la vita o l'integrità
fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli esseri umani
non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene fatta
senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto.
2296
Il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i
rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati
al bene che si cerca per il destinatario. La donazione di organi dopo la
morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come
manifestazione di generosa solidarietà. Non è moralmente accettabile
se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro
esplicito assenso. E' inoltre moralmente inammissibile provocare
direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano,
sia pure per ritardare il decesso di altre persone.
Il
rispetto dell'integrità corporea
2297
I rapimenti e la presa di ostaggi fanno regnare il terrore e, con la
minaccia, esercitano intollerabili pressioni sulle vittime. Essi sono
moralmente illeciti. Il terrorismo minaccia, ferisce e uccide senza
discriminazione; esso è gravemente contrario alla giustizia e alla
carità. La tortura, che si serve della violenza fisica o morale per
strappare confessioni, per punire i colpevoli, per spaventare gli
oppositori, per soddisfare l'odio, è contrario al rispetto della
persona e della dignità umana. Al di fuori di prescrizioni mediche di
carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o
sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti
sono contrarie alla legge morale [Cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii:
Denz.-Schönm., 3722].
2298
Nei tempi passati, da parte delle autorità legittime si è fatto
comunemente ricorso a pratiche crudeli per salvaguardare la legge e
l'ordine, spesso senza protesta dei pastori della Chiesa, i quali nei
loro propri tribunali hanno essi stessi adottato le prescrizioni del
diritto romano sulla tortura. Accanto a tali fatti deplorevoli, però,
la Chiesa
ha sempre insegnato il dovere della clemenza e della misericordia; ha
vietato al clero di versare il sangue. Nei tempi recenti è diventato
evidente che tali pratiche crudeli non erano né necessarie per l'ordine
pubblico, né conformi ai legittimi diritti della persona umana. Al
contrario, esse portano alle peggiori degradazioni. Ci si deve adoperare
per la loro abolizione. Bisogna pregare per le vittime e per i loro
carnefici.
Il
rispetto dei morti
2299
Ai moribondi saranno prestate attenzioni e cure per aiutarli a vivere i
loro ultimi momenti con dignità e pace. Saranno sostenuti dalla
preghiera dei loro congiunti. Costoro si faranno premura affinché i
malati ricevano in tempo opportuno i sacramenti che preparano
all'incontro con il Dio vivente.
2300
I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella
fede e nella speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è
un'opera di misericordia corporale; [Cf Tb 1,16-18 ] rende onore ai
figli di Dio, tempi dello Spirito Santo.
2301 L
'autopsia dei cadaveri può essere moralmente ammessa per motivi di
inchiesta legale o di ricerca scientifica. Il dono gratuito di organi
dopo la morte è legittimo e può essere meritorio.
La Chiesa
permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede
nella risurrezione dei corpi [Cf Codice di Diritto Canonico, 1176, 3].
III.
La difesa della pace
La
pace
2302
Richiamando il comandamento: “Non uccidere” ( Mt 5,21 ), nostro
Signore chiede la pace del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira
omicida e dell'odio.
L'
ira è un desiderio di vendetta. “Desiderare la vendetta per il male
di chi va punito è illecito”; ma è lodevole imporre una riparazione
“al fine di correggere i vizi e di conservare il bene della
giustizia” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 158, 1, ad
3]. Se l'ira si spinge fino al proposito di uccidere il prossimo o di
ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla carità; è un
peccato mortale. Il Signore dice: “Chiunque si adira contro il proprio
fratello, sarà sottoposto a giudizio”( Mt 5,22 ).
2303 L
' odio volontario è contrario alla carità. L'odio del prossimo è un
peccato quando l'uomo vuole deliberatamente per lui del male. L'odio del
prossimo è un peccato grave quando deliberatamente si desidera per lui
un grave danno. “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i
vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste. . .
” ( Mt 5,44-45 ).
2304
Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace
non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare
l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere
sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera
comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle
persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. E' la
“tranquillità dell'ordine” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 19,
13]. E' frutto della giustizia [Cf Is 32,17 ] ed effetto della carità [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].
2305
La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il
“Principe della pace” messianica ( Is 9,5 ). Con il sangue della sua
croce, egli ha distrutto “in se stesso l'inimicizia” ( Ef 2,16 ), [Cf
Col 1,20-22 ] ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua
Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e della sua unione con
Dio. “Egli è la nostra pace” ( Ef 2,14 ). Proclama “beati gli
operatori di pace” ( Mt 5,9 ).
2306
Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano
all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono
alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità
evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i
doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente
attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla
violenza, che causa rovine e morti [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 78].
Evitare
la guerra
2307
Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita
umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca,
la Chiesa
con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché
la Bontà
divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra [Cf ibid., 81].
2308
Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per
evitare le guerre.
“Fintantoché
esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità
internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite
tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare
ai governi il diritto di una legittima difesa” [Cf ibid., 81].
2309
Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano
una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua
gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale.
Occorre contemporaneamente:
-
Che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle
nazioni sia durevole, grave e certo.
-
Che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili
o inefficaci.
-
Che ci siano fondate condizioni di successo.
-
Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del
male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un
grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi
sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della
“guerra giusta”.
La
valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio
prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.
2310
I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di
imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.
Coloro
che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono
servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente
adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della
nazione e al mantenimento della pace [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 79].
2311
I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per
motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno
tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana [Cf
ibid].
2312
La Chiesa
e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale
durante i conflitti armati. “Né per il fatto che una guerra è. ..
disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le
parti in conflitto” [Cf ibid].
2313
Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i
soldati feriti e i prigionieri.
Le
azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi
principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le
impongono, sono dei crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare
coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una
nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come un peccato
mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che
comandano un genocidio.
2314
“Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di
intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro
Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve
essere condannato” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 80]. Un
rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere
tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche,
biologiche o chimiche.
2315 L
' accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere
dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più
efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a
tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa
agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di
guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella
preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni
indigenti; [Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 53] ostacola
lo sviluppo dei popoli. L' armarsi ad oltranza moltiplica le cause dei
conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.
2316
La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle
nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno
pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di
interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare
imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che
compromettono l'ordine giuridico internazionale.
2317
Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o
sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente
imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la
pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi
disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra:
Gli
uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia
della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti
nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino
alla realizzazione di quella parola divina: “Con le loro spade
costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà
più le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la
guerra” ( Is 2,4 ) [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].
In
sintesi
2318
Dio “ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne
umana” ( Gb 12,10 ).
2319
Ogni vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte, è sacra,
perché la persona umana è stata voluta per se stessa ad immagine e
somiglianza del Dio vivente e santo.
2320 L
'uccisione di un essere umano è gravemente contraria alla dignità
della persona e alla santità del Creatore.
2321
La proibizione dell'omicidio non abroga il diritto di togliere, ad un
ingiusto aggressore, la possibilità di nuocere. La legittima difesa è
un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del
bene comune.
2322
Fin dal concepimento il bambino ha diritto alla vita. L'aborto diretto,
cioè voluto come un fine o come un mezzo, è una pratica
“vergognosa” , [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 27] gravemente
contraria alla legge morale.
La Chiesa
condanna con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la
vita umana.
2323
Dal momento che deve essere trattato come una persona fin dal
concepimento, l'embrione deve essere difeso nella sua integrità, curato
e guarito come ogni altro essere umano.
2324 L
'eutanasia volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi,
costituisce un omicidio. E' gravemente contraria alla dignità della
persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.
2325
Il suicidio è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla
carità. E' proibito dal quinto comandamento.
2326
Lo scandalo costituisce una colpa grave quando chi lo provoca con azione
o con omissione deliberatamente spinge altri a peccare gravemente.
2327
Si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la
guerra, dati i mali e le ingiustizie di cui è causa.
La Chiesa
prega: “Dalla fame, dalla peste e dalla guerra liberaci, Signore”.
2328
La Chiesa
e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale
durante i conflitti armati. Le pratiche contrarie al diritto delle genti
e ai suoi principi universali, deliberatamente messe in atto, sono dei
crimini.
2329
“La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità
e danneggia in modo intollerabile i poveri” [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 81].
2330
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”
( Mt 5,9 ).
Articolo
6
IL
SESTO COMANDAMENTO
Non
commettere adulterio ( Es 20,14; Dt 5,18 ).
Avete
inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico:
chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio
con lei nel suo cuore ( Mt 5,27-28 ).
I.
“Maschio e femmina li creò...”
2331
“Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore.
Creandola a sua immagine. . . Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e
della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità
dell'amore e della comunione” [Giovanni Paolo II, Esort. ap.
Familiaris consortio, 11].
“Dio
creò l'uomo a sua immagine. . . maschio e femmina li creò” ( Gen
1,27 ); “siate fecondi e moltiplicatevi” ( Gen 1,28 ); “quando Dio
creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò,
li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati” ( Gen 5,1-2 ).
2332
La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona
umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne
particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e,
in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di
comunione con altri.
2333
Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria
identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali
e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della
vita familiare. L'armonia della coppia e della società dipende in parte
dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno
vicendevole e il reciproco aiuto.
2334
“Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità
personale in egual modo all'uomo e alla donna” [Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 22; cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 49]. “L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo e la donna:
ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio
personale” [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 6].
2335
Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo
differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L'
unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare,
nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: “L'uomo
abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due
saranno una sola carne” ( Gen 2,24 ). Da tale unione derivano tutte le
generazioni umane [Cf Gen 4,1-2; Gen 4,25-26; 2335 Gen 5,1 ].
2336
Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue
origini. Nel Discorso della montagna dà una interpretazione rigorosa
del progetto di Dio: “Avete inteso che fu detto: "Non commettere
adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per
desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” ( Mt
5,27-28 ). L'uomo non deve separare quello che Dio ha congiunto [Cf Mt
19,6 ].
La Tradizione
della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante
l'insieme della sessualità umana.
II.
La vocazione alla castità
2337
La castità esprime la positiva integrazione della sessualità nella
persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere
corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta
l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa
personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da
persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo,
dell'uomo e della donna.
La
virtù della castità, quindi, comporta l'integrità della persona e
l'integralità del dono.
L'integrità
della persona
2338
La persona casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore
che sono in lei. Tale integrità assicura l'unità della persona e si
oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza
di vita, né doppiezza di linguaggio [Cf Mt 5,37 ].
2339
La castità richiede l' acquisizione del dominio di sé, che è
pedagogia per la libertà umana. L'alternativa è evidente: o l'uomo
comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire
da esse e diventa infelice [Cf Sir 1,22 ]. “La dignità dell'uomo
richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè
e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per
mera coazione esterna. Ma tale dignità l'uomo la ottiene quando,
liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta
libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i
mezzi convenienti” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 17].
2340
Colui che vuole restar fedele alle promesse del suo Battesimo e
resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi
corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un'ascesi adatta
alle situazioni in cui viene a trovarsi, l'obbedienza ai divini
comandamenti, l'esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla
preghiera. “La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a
quell'unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice” [Sant'Agostino,
Confessiones, 10, 29, 40].
2341
La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù
cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le
passioni e gli appetiti della sensibilità umana.
2342
Il dominio di sé è un' opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai
ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da
ricominciare ad ogni età della vita [Cf Tt 2,1-6 ]. Lo sforzo richiesto
può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si
forma la personalità, l'infanzia e l'adolescenza.
2343
La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe
segnate dall'imperfezione e assai spesso dal peccato. L'uomo virtuoso e
casto “si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere
scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo
tappe di crescita” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
34].
2344
La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica
anche uno sforzo culturale, poiché “il perfezionamento della persona
umana e lo sviluppo della stessa società” sono “tra loro
interdipendenti” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 25]. La castità
suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di
ricevere un'informazione ed un'educazione che rispettino le dimensioni
morali e spirituali della vita umana.
2345
La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una
grazia, un frutto dello Spirito [Cf Gal 5,22 ]. Lo Spirito Santo dona di
imitare la purezza di Cristo [Cf 1Gv 3,3 ] a colui che è stato
rigenerato dall'acqua del Battesimo.
L'integralità
del dono di sé
2346
La carità è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo influsso, la
castità appare come una scuola del dono della persona. La padronanza di
sé è ordinata al dono di sé. La castità rende colui che la pratica
un testimone, presso il prossimo, della fedeltà e della tenerezza di
Dio.
2347
La virtù della castità si dispiega nell' amicizia. Indica al discepolo
come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, [Cf Gv
15,15 ] si è totalmente donato a noi e ci rende partecipi della sua
condizione divina. La castità è promessa di immortalità.
La
castità si esprime particolarmente nell' amicizia per il prossimo.
Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia
costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale.
Le
diverse forme della castità
2348
Ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è
“rivestito di Cristo” ( Gal 3,27 ), modello di ogni castità. Tutti
i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il
loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano si
è impegnato a vivere la sua affettività nella castità.
2349
“La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di
vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo
eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le
altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e
secondo che siano sposate o celibi” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Dich. Persona humana, 11, AAS 68 (1976), 77-96]. Le persone
sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano
la castità nella continenza:
Ci
sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella
della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una
escludendo le altre. Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è
ricca [Sant'Ambrogio, De viduis, 23: PL 153, 225A].
2350
I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi
così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla
fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno
al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie
dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella
castità.
Le
offese alla castità
2351
La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del
piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è
ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e
di unione.
2352
Per masturbazione si deve intendere l'eccitazione volontaria degli
organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo. “Sia il
magistero della Chiesa - nella linea di una tradizione costante - sia il
senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la
masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato”.
“Qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della facoltà sessuale
al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la
sua finalità”. Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori
della “relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che
realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua
donazione e della procreazione umana” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Dich. Persona humana, 9].
Al
fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei
soggetti e per orientare l'azione pastorale, si terrà conto
dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello
stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono
attenuare se non addirittura ridurre al minimo la colpevolezza morale.
2353
La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al
di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità
delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al
bene degli sposi, sia alla generazione e all'educazione dei figli.
Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.
2354
La pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti
sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze
persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono
intimo degli sposi l'uno all'altro. Lede gravemente la dignità di
coloro che vi si prestano( attori, commercianti, pubblico), poiché
l'uno diventa per l'altro l'oggetto di un piacere rudimentale e di un
illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un
mondo irreale. E' una colpa grave. Le autorità civili devono impedire
la produzione e la diffusione di materiali pornografici.
2355
La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce,
ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente
contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo
e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo [Cf 1Cor 6,15-20 ].
La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce
donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi
il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla
prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità
della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla
pressione sociale.
2356
Lo stupro indica l'entrata per effrazione, con violenza, nell'intimità
sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro
lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà,
all'integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare
la vittima per tutta la vita. E' sempre un atto intrinsecamente cattivo.
Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti
(incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.
Castità
e omosessualità
2357 L
'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano
un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del
medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle
differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte
inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le
relazioni omosessuali come gravi depravazioni, [Cf Gen 19,1-29; Rm
1,24-27; 2357 1Cor 6,10; 1Tm 1,10 ]
la Tradizione
ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono
intrinsecamente disordinati” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Dich. Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale.
Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di
una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono
essere approvati.
2358
Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze
omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente
disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò
devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro
riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali
persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita,
e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le
difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359
Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù
della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante
il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e
la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente,
avvicinarsi alla perfezione cristiana.
III.
L'amore degli sposi
2360
La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna.
Nel matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un
pegno della comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del
matrimonio sono santificati dal sacramento.
2361
“La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno
all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto
qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della
persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo
se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano
totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte”: [Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 11]
Tobia
si alzò dal letto e disse a Sara: “Sorella, alzati! Preghiamo e
domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza”. Essa si alzò e
si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza,
dicendo: “Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per
tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le
creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua
moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque
tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti
solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo
questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere
misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla
vecchiaia”. E dissero insieme: “Amen, amen!”. Poi dormirono per
tutta la notte ( Tb 8,4-9 ).
2362
“Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono
onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la
mutua donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente
in gioiosa gratitudine gli sposi stessi” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 49]. La sessualità è sorgente di gioia e di piacere:
Il
Creatore stesso. . . ha stabilito che nella reciproca donazione fisica
totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo
sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando
tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per
loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta
moderazione [Pio XII, discorso del 29 ottobre 1951].
2363
Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del
matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non
si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio,
senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni
del matrimonio e l'avvenire della famiglia.
L'amore
coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice
esigenza della fedeltà e della fecondità.
La
fedeltà coniugale
2364
La coppia coniugale forma una “intima comunità di vita e di amore. .
. fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie”. “E'
stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso
personale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Gli sposi si
donano definitivamente e totalmente l'uno all'altro. Non sono più due,
ma ormai formano una carne sola. L'alleanza stipulata liberamente dai
coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità e l'indissolubilità
[Cf Codice di Diritto Canonico, 1056]. “L'uomo non separi ciò che Dio
ha congiunto” ( Mc 10,9 ) [Cf Mt 19,1-12; 2364 1Cor 7,10-11 ].
2365
La fedeltà esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è
fedele. Il sacramento del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella
fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi
rendono testimonianza a questo mistero di fronte al mondo.
San
Giovanni Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso
alla loro sposa: “Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti
preferisco alla mia stessa vita. Infatti l'esistenza presente è un
soffio, e il mio desiderio più vivo è di trascorrerla con te in modo
tale da avere la certezza che non saremo separati in quella futura. ..
Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per me più
penoso che il non essere sempre in sintonia con te” [San Giovanni
Crisostomo, Homiliae in ad Ephesios, 20, 8: PG 62, 146-147].
La
fecondità del matrimonio
2366
La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore
coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad
aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia al
cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò
la Chiesa
, che “sta dalla parte della vita”, [Giovanni Paolo II, Esort. ap.
Familiaris consortio, 30] “insegna che qualsiasi atto matrimoniale
deve rimanere aperto per sè alla trasmissione della vita” [Paolo VI,
Lett. enc. Humanae vitae, 11]. “Tale dottrina, più volte esposta dal
magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che
Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due
significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato
procreativo” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11].
2367
Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice
e della paternità di Dio [Cf Ef 3,14; Mt 23,9 ]. “Nel compito di
trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato
come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori
dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno
il loro dovere con umana e cristiana responsabilità” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2368
Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione
della procreazione. Per validi motivi gli sposi possono voler
distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il
loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta
generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro
comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità:
Quando
si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile
della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla
sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da
criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa
della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un
contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della
procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga
coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2369
“Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e
procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e
vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla
paternità” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 12].
2370
La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati
sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi [Cf ibid., 16]
sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi
rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e
favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è
intrinsecamente cattiva “ogni azione che, o in previsione dell'atto
coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze
naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la
procreazione” [Cf ibid., 16].
Al
linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi,
la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contradditorio,
quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non
soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una
falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a
donarsi in totalità personale. [Tale differenza antropologica e morale
tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi periodici] coinvolge in
ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana
tra loro irriducibili [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 32].
2371
“Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla
non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e
capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno
degli uomini ” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2372
Lo Stato è responsabile del benessere dei cittadini. E' legittimo che,
a questo titolo, prenda iniziative al fine di orientare l'incremento
della popolazione. Può farlo con un'informazione obiettiva e
rispettosa, mai però con imposizioni autoritarie e cogenti. Non può
legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli sposi, primi
responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli [Cf
Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 23; Id. , Lett. enc. Populorum
progressio, 37]. In questo campo non è autorizzato a intervenire
contrari alla legge morale.
Il
dono del figlio
2373
La Sacra Scrittura
e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose un
segno della benedizione divina e della generosità dei genitori [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2374
Grande è la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. “Che mi
darai? - chiede Abramo a Dio - Io me ne vado senza figli. . . ” ( Gen
15,2 ). “Dammi dei figli, se no io muoio!” grida Rachele al marito
Giacobbe ( Gen 30,1 ).
2375
Le ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da
incoraggiare, a condizione che si pongano “al servizio della persona
umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale,
secondo il progetto e la volontà di Dio” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2376
Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per
l'intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di
ovocita, prestito dell'utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche
(inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto
del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra
loro legati dal matrimonio. Tradiscono “il diritto esclusivo [ degli
sposi] a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro”
[Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2377
Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e
fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma
rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto
procreatore. L'atto che fonda l'esistenza del figli non è più un atto
con il quale due persone si donano l'una all'altra, bensì un atto che
“affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei
biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino
della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé
contraria alla dignità e alla uguaglianza che dev'essere comune a
genitori e figli” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2]. “La procreazione è privata
dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è
voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico
della unione degli sposi. . . ; soltanto il rispetto del legame che
esiste tra i significati dell'atto coniugale, e il rispetto dell'unità
dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della
persona” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2378
Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il “dono più grande
del matrimonio” è una persona umana. Il figlio non può essere
considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il
riconoscimento di un preteso “diritto al figlio”. In questo campo,
soltanto il figlio ha veri diritti: quello “di essere il frutto
dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e anche il
diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo
concepimento” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, II, 8].
2379
Il Vangelo mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli
sposi che, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina,
soffrono di sterilità, si uniranno alla croce del Signore, sorgente di
ogni fecondità spirituale. Essi possono mostrare la loro generosità
adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a
favore del prossimo.
IV.
Le offese alla dignità del matrimonio
2380 L
' adulterio. Questa parola designa l'infedeltà coniugale. Quando due
partner, di cui almeno uno è sposato, intrecciano tra loro una
relazione sessuale, anche episodica, commettono un adulterio. Cristo
condanna l'adulterio anche se consumato con il seplice desiderio [Cf Mt
5,27-28 ]. Il sesto comandamento e il il Nuovo Testamento proibiscono
l'adulterio in modo assoluto [Cf Mt 5,32; Mt 19,6; Mc 10,11; 1Cor 6,9-10
]. I profeti ne denunciano la gravità. Nell'adulterio essi vedono
simboleggiato il peccato di idolatria [Cf Os 2,7; Ger 5,7; Ger 13,27 ].
2381 L
'adulterio è un'ingiustizia. Chi lo commette vien meno agli impegni
assunti. Ferisce quel segno dell'Alleanza che è il vincolo
matrimoniale, lede il diritto dell'altro coniuge e attenta all'istituto
del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene
della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell'unione
stabile dei genitori.
Il
divorzio
2382
Il Signore Gesù ha insistito sull'intenzione originaria del Creatore,
che voleva un matrimonio indissolubile [Cf Mt 5,31-32; Mt 19,3-9; Mc
10,9; 2382 Lc 16,18; 1Cor 7,10-11 ]. Abolisce le tolleranze che erano
state a poco a poco introdotte nella Legge antica [Cf Mt 19,7-9 ].
Tra
i battezzati “il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto
da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte”
[Codice di Diritto Canonico, 1141].
2383
La separazione degli sposi con la permanenza del vincolo matrimoniale può
essere legittima in certi casi contemplati dal Diritto canonico [Cf
Codice di Diritto Canonico, 1151-1155].
Se
il divorzio civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi
diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio,
può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale.
2384
Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di
sciogliere il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno
con l'altro fino alla morte. Il divorzio offende l'Alleanza della
salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di
contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge
civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si
trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:
Se
il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad
un'altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un
adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché
ha attirato a sé il marito di un'altra [San Basilio di Cesarea, Moralia,
regola 73: PG 31, 849D-853B].
2385
Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso
introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine
genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i
figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi
tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga
sociale.
2386
Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio
pronunciato dalla legge civile; questi allora non contravviene alla
norma morale. C'è infatti una differenza notevole tra il coniuge che si
è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio
e si vede ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa,
distrugge un matrimonio canonicamente valido [Cf Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 84].
Altre
offese alla dignità del matrimonio
2387
Si comprende il dramma di chi, desideroso di convertirsi al Vangelo, si
vede obbligato a ripudiare una o più donne con cui ha condiviso anni di
vita coniugale. Tuttavia la poligamia è in contrasto con la legge
morale. Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa
“infatti, nega in modo diretto il disegno di Dio quale ci viene
rivelato alle origini, perché è contraria alla pari dignità personale
dell'uomo e della donna, che nel matrimonio si donano con un amore
totale e perciò stesso unico ed esclusivo” [Giovanni Paolo II, Esort.
ap. Familiaris consortio, 19; cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
47]. Il cristiano che prima era poligamo, per giustizia, ha il grave
dovere di rispettare gli obblighi contratti nei confronti di quelle
donne che erano sue mogli e dei suoi figli.
2388 L
' incesto consiste in relazioni intime tra parenti o affini, a un grado
che impedisce tra loro il matrimonio [Cf Lv 18,7-20 ]. San Paolo
stigmatizza questa colpa particolarmente grave: “Si sente da per tutto
parlare d'immoralità tra voi. . . al punto che uno convive con la
moglie di suo padre!. . . Nel nome del Signore nostro Gesù. . . questo
individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne. . .
”( 1Cor 5,1; 1Cor 5,4-5 ). L'incesto corrompe le relazioni familiari e
segna un regresso verso l'animalità.
2389
Si possono collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti
su fanciulli o adolescenti affidati alla loro custodia. In tal caso la
colpa è, al tempo stesso, uno scandaloso attentato all'integrità
fisica e morale dei giovanetti, i quali ne resteranno segnati per tutta
la loro vita, ed è altresì una violazione della responsabilità
educativa.
2390
Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una
forma giuridica e pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale.
L'espressione
è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si
impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una
mancanza di fiducia nell'altro, in se stesso o nell'avvenire?
L'espressione
abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come
tale, incapacità a legarsi con impegni a lungo termine [Cf Giovanni
Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 81]. Tutte queste situazioni
costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea
stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono
contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve aver posto
esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un
peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale.
2391
Parecchi attualmente reclamano una specie di “ diritto alla prova ”
quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del
proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri,
tali rapporti “non consentono di assicurare, nella sua sincerità e
fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e
specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci”
[Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Dich. Persona humana, 7]. L'unione carnale è moralmente
legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una
comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la “prova”.
Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro [Cf Giovanni
Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
In
sintesi
2392
“L'amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano”
[Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
2393
Creando l'essere umano uomo e donna, Dio dona all'uno e all'altra, in
modo uguale, la dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna,
riconoscere e accettare la propria identità sessuale.
2394
Cristo è il modello della castità. Ogni battezzato è chiamato a
condurre una vita casta, ciascuno secondo lo stato di vita che gli è
proprio.
2395
La castità significa l'integrazione della sessualità nella persona.
Richiede che si acquisisca la padronanza della persona.
2396
Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la
masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche
omosessuali.
2397 L
'alleanza liberamente contratta dagli sposi implica un amore fedele.
Essa impone loro l'obbligo di conservare l'indissolubilità del loro
matrimonio.
2398
La fecondità è un bene, un dono, un fine del matrimonio. Donando la
vita, gli sposi partecipano della paternità di Dio.
2399
La regolazione delle nascite rappresenta uno degli aspetti della
paternità e della maternità responsabili. La legittimità delle
intenzioni degli sposi non giustifica il ricorso a mezzi moralmente
inaccettabili (per es. la sterilizzazione diretta o la contraccezione).
2400 L
'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono
gravi offese alla dignità del matrimonio.
Articolo
7
IL
SETTIMO COMANDAMENTO
Non
rubare ( Es 20,15; Dt 5,19 ).
Non
rubare ( Mt 19,18 ).
2401
Il settimo comandamento proibisce di prendere o di tenere ingiustamente
i beni del prossimo e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in
qualsiasi modo. Esso prescrive la giustizia e la carità nella gestione
dei beni materiali e del frutto del lavoro umano. Esige, in vista del
bene comune, il rispetto della destinazione universale dei beni e del
diritto di proprietà privata. La vita cristiana si sforza di ordinare a
Dio e alla carità fraterna i beni di questo mondo.
I.
La destinazione universale e
la
proprietà privata dei beni
2402
All'inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione
comune dell'umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con
il suo lavoro e ne godesse i frutti [Cf Gen 1,26-29 ]. I beni della
creazione sono destinati a tutto il genere umano. Tuttavia la terra è
suddivisa tra gli uomini, perché sia garantita la sicurezza della loro
vita, esposta alla precarietà e minacciata dalla violenza.
L'appropriazione dei beni è legittima al fine di garantire la libertà
e la dignità delle persone, di aiutare ciascuno a soddisfare i propri
bisogni fondamentali e i bisogni di coloro di cui ha la responsabilità.
Tale appropriazione deve consentire che si manifesti una naturale
solidarietà tra gli uomini.
2403
Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo,
non elimina l'originaria donazione della terra all'insieme dell'umanità.
La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la
promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata,
del diritto ad essa e del suo esercizio.
2404
“L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori
che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come
comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche
agli altri” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 69]. La proprietà
di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della
Provvidenza, per farlo fruttificare e spartirne i frutti con gli altri,
e, in primo luogo, con i propri congiunti.
2405
I beni di produzione - materiali o immateriali - come terreni o
stabilimenti, competenze o arti, esigono le cure di chi li possiede,
perché la loro fecondità vada a vantaggio del maggior numero di
persone. Coloro che possiedono beni d'uso e di consumo devono usarne con
moderazione, riservando la parte migliore all'ospite, al malato, al
povero.
2406 L
' autorità politica ha il diritto e il dovere di regolare il legittimo
esercizio del diritto di proprietà in funzione del bene comune [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 71; Lett. enc. Giovanni Paolo II,
Sollicitudo rei socialis, 42; Id. , Lett. enc. Centesimus annus, 40;
48].
II.
Il rispetto delle persone e dei loro beni
2407 In
materia economica, il rispetto della dignità umana esige la pratica
della virtù della temperanza, per moderare l'attaccamento ai beni di
questo mondo; della virtù della giustizia, per rispettare i diritti del
prossimo e dargli ciò che gli è dovuto; e della solidarietà, seguendo
la regola aurea e secondo la liberalità del Signore, il quale “da
ricco che era, si è fatto povero” per noi, perché noi diventassimo
“ricchi per mezzo della sua povertà” ( 2Cor 8,9 ).
Il
rispetto dei beni altrui
2408
Il settimo comandamento proibisce il furto, cioè l'usurpazione del bene
altrui contro la ragionevole volontà del proprietario. Non c'è furto
se il consenso può essere presunto, o se il rifiuto è contrario alla
ragione e alla destinazione universale dei beni. E' questo il caso della
necessità urgente ed evidente, in cui l'unico mezzo per soddisfare
bisogni immediati ed essenziali (nutrimento, rifugio, indumenti..) è di
disporre e di usare beni altrui [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
69].
2409
Ogni modo di prendere e di tenere ingiustamente i beni del prossimo,
anche se non è in contrasto con le disposizioni della legge civile, è
contrario al settimo comandamento. Così, tenere deliberatamente cose
avute in prestito o oggetti smarriti; commettere frode nel commercio; [Cf
Dt 25,13-16 ] pagare salari ingiusti; [Cf Dt 24,14-15; Gc 5,4 ] alzare i
prezzi, speculando sull'ignoranza o sul bisogno altrui [Cf Am 8,4-6 ].
Sono
pure moralmente illeciti: la speculazione, con la quale si agisce per
far artificiosamente variare la stima dei beni, in vista di trarne un
vantaggio a danno di altri; la corruzione, con la quale si svia il
giudizio di coloro che devono prendere decisioni in base al diritto;
l'appropriazione e l'uso privato dei beni sociali di un'impresa; i
lavori eseguiti male, la frode fiscale, la contraffazione di assegni e
di fatture, le spese eccessive, lo sperpero. Arrecare volontariamente un
danno alle proprietà private o pubbliche è contrario alla legge morale
ed esige il risarcimento.
2410
Le promesse devono essere mantenute, e i contratti rigorosamente
osservati nella misura in cui l'impegno preso è moralmente giusto. Una
parte rilevante della vita economica e sociale dipende dal valore dei
contratti tra le persone fisiche o morali. E' il caso dei contratti
commerciali di vendita o di acquisto, dei contratti d'affitto o di
lavoro. Ogni contratto deve essere stipulato e applicato in buona fede.
2411
I contratti sottostanno alla giustizia
commutativa, che regola gli scambi tra le persone e tra le
istituzioni nel pieno rispetto dei loro diritti. La giustizia
commutativa obbliga strettamente; esige la salvaguardia dei diritti di
proprietà, il pagamento dei debiti e l'adempimento delle obbligazioni
liberamente contrattate. Senza la giustizia commutativa, qualsiasi altra
forma di giustizia è impossibile.
Va
distinta la giustizia commutativa dalla giustizia legale, che riguarda
ciò che il cittadino deve equamente alla comunità, e dalla giustizia
distributiva, che regola ciò che la comunità deve ai cittadini in
proporzione alle loro prestazioni e ai loro bisogni.
2412 In
forza della giustizia commutativa, la riparazione dell'ingiustizia
commessa esige la restituzione al proprietario di ciò di cui è stato
derubato.
Gesù
fa l'elogio di Zaccheo per il suo proposito: “Se ho frodato qualcuno,
restituisco quattro volte tanto” ( Lc 19,8 ). Coloro che, direttamente
o indirettamente, si sono appropriati di un bene altrui, sono tenuti a
restituirlo, o, se la cosa non c'è più, a rendere l'equivalente in
natura o in denaro, come anche a corrispondere i frutti e i profitti che
sarebbero stati legittimamente ricavati dal proprietario. Allo stesso
modo hanno l'obbligo della restituzione, in proporzione alla loro
responsabilità o al vantaggio avutone, tutti coloro che in qualche modo
hanno preso parte al furto, oppure ne hanno approfittato con cognizione
di causa; per esempio, coloro che l'avessero ordinato, o appoggiato, o
avessero ricettato la refurtiva.
2413
I giochi d'azzardo (gioco delle carte, ecc) o le scommesse non sono in
se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili
allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte
ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare
una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi
costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto
lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da
parte di chi lo subisce.
2414
Il settimo comandamento proibisce gli atti o le iniziative che, per
qualsiasi ragione, egoistica o ideologica, mercantile o totalitaria,
portano all' asservimento di esseri umani, a misconoscere la loro dignità
personale, ad acquistarli, a venderli e a scambiarli come fossero merci.
Ridurre le persone, con la violenza, ad un valore d'uso oppure ad una
fonte di guadagno, è un peccato contro la loro dignità e i loro
diritti fondamentali. San Paolo ordinava ad un padrone cristiano di
trattare il suo schiavo cristiano “non più come schiavo, ma. . . come
un fratello... come uomo..., nel Signore” ( Fm 1,16 ).
Il
rispetto dell'integrità della creazione
2415
Il settimo comandamento esige il rispetto dell'integrità della
creazione. Gli animali, come le piante e gli esseri inanimati, sono
naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata, presente e
futura [Cf Gen 1,28-31 ]. L'uso delle risorse minerali, vegetali e
animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle
esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri
viventi accordata dal Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi
con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa
quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto
dell'integrità della creazione [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 37-38].
2416
Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida
cura [Cf Mt 6,26 ]. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli
rendono gloria [Cf Dn 3,79-81 ]. Anche gli uomini devono essere benevoli
verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san
Francesco d'Assisi o san Filippo Neri, trattassero gli animali.
2417
Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine
[Cf Gen 2,19-20; Gen 9,1-4 ]. E' dunque legittimo servirsi degli animali
per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono
essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a
ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli
animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti
ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane.
2418
E' contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e
disporre indiscriminatamente della loro vita. E' pure indegno dell'uomo
spendere per gli animali somme che andrebbero destinate,
prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare
gli animali; ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto
soltanto alle persone.
III.
La dottrina sociale della Chiesa
2419
“
La Rivelazione
cristiana ci guida a un approfondimento delle leggi che regolano la vita
sociale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 23].
La Chiesa
dal Vangelo riceve la piena rivelazione della verità dell'uomo. Quando
compie la sua missione di annunziare il Vangelo, attesta all'uomo, in
nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle
persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi
alla sapienza divina.
2420
La Chiesa
dà un giudizio morale, in materia economica e sociale, “quando ciò
sia richiesto dai diritti fondamentali della persona o dalla salvezza
delle anime” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 23]. Per ciò che
attiene alla sfera della moralità, essa è investita di una missione
distinta da quella delle autorità politiche:
la Chiesa
si interessa degli aspetti temporali del bene comune in quanto sono
ordinati al Bene supremo, nostro ultimo fine. Cerca di inculcare le
giuste disposizioni nel rapporto con i beni terreni e nelle relazioni
socio-economiche.
2421
La dottrina sociale della Chiesa si è sviluppata nel secolo
diciannovesimo, all'epoca dell'impatto del Vangelo con la moderna società
industriale, le sue nuove strutture per la produzione dei beni di
consumo, la sua nuova concezione della società, dello Stato e dell'autortià,
le sue nuove forme di lavoro e di proprietà. Lo sviluppo della dottrina
della Chiesa, in materia economica e sociale, attesta il valore
permanente dell'insegnamento della Chiesa e, ad un tempo, il vero senso
della sua Tradizione sempre viva e vitale [Cf Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Centesimus annus, 3].
2422 L
'insegnamento sociale della Chiesa costituisce un corpo dottrinale, che
si articola man mano che
la Chiesa
, alla luce di tutta la parola rivelata da Cristo Gesù, con
l'assistenza dello Spirito Santo, interpreta gli avvenimenti nel corso
della storia [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis,
1; 41]. Tale insegnamento diventa tanto più accettabile per gli uomini
di buona volontà quanto più profondamente ispira la condotta dei
fedeli.
2423
La dottrina sociale della Chiesa propone principi di riflessione;
formula criteri di giudizio, offre orientamenti per l'azione:
Ogni
sistema secondo cui i rapporti sociali sarebbero completamente
determinati dai fattori economici, è contrario alla natura della
persona umana e dei suoi atti [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 24].
2424
Una teoria che fa del profitto la regola esclusiva e il fine ultimo
dell'attività economica è moralmente inaccettabile. Il desiderio
smodato del denaro non manca di produrre i suoi effetti perversi. E' una
delle cause dei numerosi conflitti che turbano l'ordine sociale [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 63; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Laborem exercens, 7; Id. , Lett. enc. Centesimus annus, 35].
Un
sistema che sacrifica “i diritti fondamentali delle singole persone e
dei gruppi all'organizzazione collettiva della produzione” è
contrario alla dignità dell'uomo [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
65]. Ogni pratica che riduce le persone a non essere altro che puri
strumenti in funzione del profitto, asservisce l'uomo, conduce
all'idolatria del denaro e contribuisce alla diffusione dell'ateismo.
“Non potete servire a Dio e a Mammona” ( Mt 6,24; Lc 16,13 ).
2425
La Chiesa
ha rifiutato le ideologie totalitarie e atee associate, nei tempi mo
derni, al “comunismo” o al “socialismo”. Peraltro essa ha pure
rifiutato, nella pratica del “capitalismo”, l'individualismo e il
primato assoluto della legge del mercato sul lavoro umano [Cf Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 10; 13; 44]. La regolazione
dell'economia mediante la sola pianificazione centralizzata perverte i
legami sociali alla base; la sua regolazione mediante la sola legge del
mercato non può attuare la giustizia sociale, perché “esistono
numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato” [Cf Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 10; 13; 44]. E' necessario
favorire una ragionevole regolazione del mercato e delle iniziative
economiche, secondo una giusta gerarchia dei valori e in vista del bene
comune.
IV.
L'attività economica e la giustizia sociale
2426
Lo sviluppo delle attività economiche e l'aumento della produzione sono
destinati a soddisfare i bisogni degli esseri umani. La vita economica
non mira solo ad accrescere la produzione dei beni e ad aumentare il
profitto o la potenza; essa è prima di tutto ordinata al servizio delle
persone, dell'uomo nella sua integralità e di tutta la comunità umana.
Realizzata secondo i propri metodi, l'attività economica deve essere
esercitata nell'ambito dell'ordine morale, nel rispetto della giustizia
sociale, in modo che risponda al disegno di Dio sull'uomo [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes,64].
2427
Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di
Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della
creazione sottomettendo la terra [Cf Gen 1,28; Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 34; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus,
31]. Il lavoro, quindi, è un dovere: “Chi non vuol lavorare, neppure
mangi” ( 2Ts 3,10 ) [Cf 1Ts 4,11 ]. Il lavoro esalta i doni del
Creatore e i talenti ricevuti. Può anche essere redentivo. Sopportando
la penosa fatica [Cf Gen 3,14-19 ] del lavoro in unione con Gesù,
l'artigiano di Nazaret e il crocifisso del Calvario, l'uomo in un certo
modo coopera con il Figlio di Dio nella sua opera redentrice. Si mostra
discepolo di Cristo portando la croce, ogni giorno, nell'attività che
è chiamato a compiere [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem
exercens, 27]. Il lavoro può essere un mezzo di santificazione e
un'animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.
2428
Nel lavoro la persona esercita e attualizza una parte delle capacità
iscritte nella sua natura. Il valore primario del lavoro riguarda l'uomo
stesso, che ne è l'autore e il destinatario. Il lavoro è per l'uomo, e
non l'uomo per il lavoro [Cf ibid. , 6].
Ciascuno
deve poter trarre dal lavoro i mezzi di sostentamento per la propria
vita e per quella dei suoi familiari, e servire la comunità umana.
2429
Ciascuno ha il diritto di iniziativa economica; ciascuno userà
legittimamente i propri talenti per concorrere a un'abbondanza di cui
tutti possano godere, e per raccogliere dai propri sforzi i giusti
frutti. Procurerà di conformarsi agli ordinamenti emanati dalle
legittime autorità in vista del bene comune [Cf Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus, 32; 34].
2430
La vita economica chiama in causa interessi diversi, spesso tra loro
opposti. Così si spiega l'emergere dei conflitti che la caratterizzano
[Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 11]. Si farà di
tutto per comporre tali conflitti attraverso negoziati che rispettino i
diritti e i doveri di ogni parte sociale: i responsabili delle imprese,
i rappresentanti dei lavoratori, per esempio le organizzazioni
sindacali, ed, eventuamente, i pubblici poteri.
2431
La responsabilità dello Stato. “L'attività economica, in particolare
quella dell'economia di mercato, non può svolgersi in un vuoto
istituzionale, giuridico e politico. Essa suppone, al contrario,
sicurezza circa le garanzie delle libertà individuali e della proprietà,
oltre che una moneta stabile e servizi pubblici efficienti. Il
principale compito dello Stato, pertanto, è quello di garantire tale
sicurezza, di modo che chi lavora possa godere i frutti del proprio
lavoro e, quindi, si senta stimolato a compierlo con efficienza e onestà.
. . Compito dello Stato è quello di sorvegliare e guidare l'esercizio
dei diritti umani nel settore economico; in questo campo, tuttavia, la
prima responsabilità non è dello Stato, bensì dei singoli e dei
diversi gruppi e associazioni di cui si compone la società” [Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48].
2432
I responsabili di imprese hanno, davanti alla società, la responsabilità
economica ed ecologica delle loro operazioni [Cf ibid., 37]. Hanno il
dovere di considerare il bene delle persone e non soltanto l'aumento dei
profitti . Questi, comunque, sono necessari. Permettono di realizzare
gli investimenti che assicurano l'avvenire delle imprese. Garantiscono
l'occupazione.
2433 L
' accesso al lavoro e alla professione deve essere aperto a tutti, senza
ingiusta discriminazione: a uomini e a donne, a chi è in buone
condizioni psico-fisiche e ai disabili, agli autoctoni e agli immigrati
[Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19; 22-23]. In
rapporto alle circostanze, la società deve da parte sua aiutare i
cittadini a trovare un lavoro e un impiego [Cf Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Centesimus annus, 48].
2434
Il giusto salario è il frutto legittimo del lavoro. Rifiutarlo o non
darlo a tempo debito può rappresentare una grave ingiustizia [Cf Lv
19,13; 2434 Dt 24,14-15; Gc 5,4 ]. Per stabilire l'equa remunerazione,
si deve tener conto sia dei bisogni sia delle prestazioni di ciascuno.
“Il lavoro va remunerato in modo tale da garantire i mezzi sufficienti
per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un
piano materiale, sociale, culturale e spirituale, corrispondentemente al
tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché
alle condizioni dell'impresa e al bene comune” [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 67]. Non è sufficiente l'accordo tra le parti a
giustificare moralmente l'ammontare del salario.
2435
Lo sciopero è moralmente legittimo quando appare come lo strumento
inevitabile, o quanto meno necessario, in vista di un vantaggio
proporzionato. Diventa moralmente inaccettabile allorché è
accompagnato da violenze oppure gli si assegnano obiettivi non
direttamente connessi con le condizioni di lavoro o in contrasto con il
bene comune.
2436
E' ingiusto non versare agli organismi di sicurezza sociale i contributi
stabiliti dalle legittime autorità.
La
privazione del lavoro, a causa della disoccupazione, quasi sempre
rappresenta, per chi ne è vittima, un'offesa alla sua dignità e una
minaccia per l'equilibrio della vita. Oltre al danno che egli subisce
personalmente, numerosi rischi ne derivano per la sua famiglia [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 18].
V.
Giustizia e solidarietà tra le nazioni
2437 A
livello internazionale, la disuguaglianza delle risorse e dei mezzi
economici è tale da provocare un vero “fossato” tra le nazioni [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 14]. Da una
parte vi sono coloro che possiedono e incrementano i mezzi dello
sviluppo, e, dall'altra, quelli che accumulano i debiti.
2438
Varie cause, di natura religiosa, politica, economica e finanziaria
danno oggi “alla questione sociale. . . una dimensione mondiale” [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 14]. Tra le
nazioni, le cui politiche sono già interdipendenti, è necessaria la
solidarietà. E questa diventa indispensabile allorché si tratta di
bloccare “i meccanismi perversi” che ostacolano lo sviluppo dei
paesi meno progrediti [Cf ibid., 17; 45]. A sistemi finanziari abusivi
se non usurai, [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35] a
relazioni commerciali inique tra le nazioni, alla corsa agli armamenti
si deve sostituire uno sforzo comune per mobilitare le risorse verso
obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico, “ridefinendo le
priorità e le scale di valori” [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 35].
2439
Le nazioni ricche hanno una grave responsabilità morale nei confronti
di quelle che da se stesse non possono assicurarsi i mezzi del proprio
sviluppo o ne sono state impedite in conseguenza di tragiche vicende
storiche. Si tratta di un dovere di solidarietà e di carità; ed anche
di un obbligo di giustizia, se il benessere delle nazioni ricche
proviene da risorse che non sono state equamente pagate.
2440 L
' aiuto diretto costituisce una risposta adeguata a necessità
immediate, eccezionali, causate, per esempio, da catastrofi naturali, da
epidemie, ecc. Ma esso non basta a risanare i gravi mali che derivano da
situazioni di miseria, né a far fronte in modo duraturo ai bisogni.
Occorre anche riformare le istituzioni economiche e finanziarie
internazionali perché possano promuovere rapporti equi con i paesi meno
sviluppati [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis,
16]. E' necessario sostenere lo sforzo dei paesi poveri che sono alla
ricerca del loro sviluppo e della loro liberazione [Cf Giovanni Paolo II,
Lett enc. Centesimus annus, 26]. Questi principi vanno applicati in una
maniera tutta particolare nell'ambito del lavoro agricolo. I contadini,
specialmente nel Terzo Mondo, costituiscono la massa preponderante dei
poveri.
2441
Alla base di ogni sviluppo completo della società umana sta la crescita
del senso di Dio e della conoscenza di sé. Allora lo sviluppo
moltiplica i beni materiali e li mette al servizio della persona e della
sua libertà. Riduce la miseria e lo sfruttamento economico. Fa crescere
il rispetto delle identità culturali e l'apertura alla trascendenza [Cf
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 32; Id. , Lett.
enc. Centesimus annus, 51].
2442
Non spetta ai pastori della Chiesa intervenire direttamente nell'azione
politica e nell'organizzazione della vita sociale. Questo compito fa
parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria
iniziativa insieme con i loro concittadini. L'azione sociale può
implicare una pluralità di vie concrete; comunque, avrà sempre come
fine il bene comune e sarà conforme al messaggio evangelico e
all'insegnamento della Chiesa. Compete ai fedeli laici “animare, con
impegno cristiano, le realtà temporali, e, in esse, mostrare di essere
testimoni e operatori di pace e di giustizia” [Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 47; cf 42].
VI.
L'amore per i poveri
2443
Dio benedice coloro che soccorrono i poveri e disapprova coloro che se
ne disinteressano: “Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un
prestito non volgere le spalle” ( Mt 5,42 ). “Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date” ( Mt 10,8 ). Gesù Cristo riconoscerà i
suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri [Cf Mt 25,31-46
]. Allorché “ai poveri è predicata la buona novella” ( Mt 11,5 ),
[Cf Lc 4,18 ] è segno che Cristo è presente.
2444
“L'amore della Chiesa per i poveri. . . appartiene alla sua costante
tradizione” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57]. Si
ispira al Vangelo delle beatitudini, [Cf Lc 6,20-22 ] alla povertà di
Gesù [Cf Mt 8,20 ] e alla sua attenzione per i poveri [Cf Mc 12,41-44
]. L'amore per i poveri è anche una delle motivazioni del dovere di
lavorare per far parte dei beni “a chi si trova in necessità” ( Ef
4,28 ). Tale amore per i poveri non riguarda soltanto la povertà
materiale, ma anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa
[Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57].
2445 L
'amore per i poveri è inconciliabile con lo smodato amore per le
ricchezze o con il loro uso egoistico:
E
ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!
Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state
divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati
dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi
e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per
gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che
hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono
giunte alle orecchie del Signore degli eserciti. Avete gozzovigliato
sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il
giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può
opporre resistenza ( Gc 5,1-6 ).
2446
San Giovanni Crisostomo lo ricorda con forza: “Non condividere con i
poveri i propri beni è defraudarli e togliere loro la vita. Non sono
nostri i beni che possediamo: sono dei poveri” [San Giovanni
Crisostomo, In Lazarum, 1, 6: PG 48, 992D]. “Siano anzitutto adempiuti
gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò
che è già dovuto a titolo di giustizia” [Conc. Ecum. Vat. II,
Apostolicam actuositatem, 8].
Quando
doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle
elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che
compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia [San
Gregorio Magno, Regula pastoralis, 3, 21].
2447
Le opere di misericordia sono le azioni caritatevoli con le quali
soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e
spirituali [Cf Is 58,6-7; Eb 13,3 ]. Istruire, consigliare, consolare,
confortare sono opere di misericordia spirituale, come perdonare e
sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono
segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell'ospitare i senza
tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli
ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti [Cf Mt 25,31-46 ]. Tra
queste opere, fare l'elemosina ai poveri [Cf Tb 4,5-11; Sir 17,17 ] è
una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una
pratica di giustizia che piace a Dio: [Cf Mt 6,2-4 ].
Chi
ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia
altrettanto ( Lc 3,11 ). Piuttosto date in elemosina quel che c'è
dentro, e tutto sarà puro per voi ( Lc 11,41 ). Se un fratello o una
sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi
dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date
loro il necessario per il corpo, che giova? ( Gc 2,15-16 ) [Cf 1Gv 3,17
].
2448
“Nelle sue molteplici forme - spogliamento materiale, ingiusta
oppressione, malattie fisiche e psichiche, e infine la morte - la
miseria umana è il segno evidente della naturale condizione di
debolezza, in cui l'uomo si trova dopo il primo peccato, e del suo
bisogno di salvezza. E' per questo che essa ha attirato la compassione
di Cristo Salvatore, il quale ha voluto prenderla su di sé, e
identificarsi con "i più piccoli tra i fratelli". E' pure per
questo che gli oppressi dalla miseria sono oggetto di un amore di
preferenza da parte della Chiesa, la quale, fin dalle origini, malgrado
l'infedeltà di molti dei suoi membri, non ha cessato di impegnarsi a
sollevarli, a difenderli e a liberarli. Ciò ha fatto con innumerevoli
opere di beneficenza, che rimangono sempre e dappertutto
indispensabili” [Congregazione per
la Dottrina
della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 68].
2449
Fin dall'Antico Testamento tutte le varie disposizioni giuridiche (anno
di remissione, divieto di prestare denaro a interesse e di trattenere un
pegno, obbligo di dare la decima, di pagare ogni giorno il salario ai
lavoratori giornalieri, diritto di racimolare e spigolare) sono in
consonanza con l'esortazione del Deuteronomio: “I bisognosi non
mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico:
Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo
paese” ( Dt 15,11 ). Gesù fa sua questa parola: “I poveri infatti
li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” ( Gv 12,8 ). Non
vanifica con ciò la parola veemente degli antichi profeti: comprano
“con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali. . . ”
( Am 8,6 ), ma ci invita a riconoscere la sua presenza nei poveri che
sono suoi fratelli: [Cf Mt 25,40 ]
Il
giorno in cui sua madre la rimproverò di accogliere in casa poveri e
infermi, santa Rosa da Lima senza esitare le disse: “Quando serviamo i
poveri e i malati, serviamo Gesù. Non dobbiamo lasciar mancare l'aiuto
al nostro prossimo, perché nei nostri fratelli serviamo Gesù” [P.
Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668].
In
sintesi
2450
“Non rubare” ( Dt 5,19 ). “Né ladri, né avari,... né rapaci
erediteranno il Regno di Dio” ( 1Cor 6,10 ).
2451
Il settimo comandamento prescrive la pratica della giustizia e della
carità nella gestione dei beni terreni e dei frutti del lavoro umano.
2452
I beni della creazione sono destinati all'intero genere umano. Il
diritto alla proprietà privata non abolisce la destinazione universale
dei beni.
2453
Il settimo comandamento proibisce il furto. Il furto consiste
nell'usurpare il bene altrui, contro la volontà ragionevole del
proprietario.
2454
Ogni modo di prendere ed usare ingiustamente i beni altrui è contrario
al settimo comandamento. L'ingiustizia commessa esige riparazione. La
giustizia commutativa esige la restituzione di ciò che si è si è
rubato.
2455
La legge morale proibisce gli atti che, a scopi mercantili o totalitari,
provocano l'asservimento di esseri umani, il loro acquisto, la loro
vendita, il loro scambio, come fossero merci.
2456
Il dominio accordato dal Creatore all'uomo sulle risorse minerali,
vegetali e animali dell'universo, non può essere disgiunto dal rispetto
degli obblighi morali, compresi quelli che riguardano le generazioni
future.
2457
Gli animali sono affidati all'uomo, il quale dev'essere benevolo verso
di essi. Possono servire alla giusta soddisfazione dei suoi bisogni.
2458
La Chiesa
dà un giudizio in materia economica e sociale quando i diritti
fondamentali della persona o la salvezza delle anime lo esigono. Essa si
interessa del bene comune temporale degli uomini in funzione del suo
ordinamento al Bene supremo, ultimo nostro fine.
2459 L
'uomo stesso è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economica
e sociale. Il nodo decisivo della questione sociale è che i beni creati
da Dio per tutti, in effetti arrivino a tutti, secondo la giustizia e
con l'aiuto della carità.
2460
Il valore primario del lavoro riguarda l'uomo stesso, il quale ne è
l'autore e il destinatario. Mediante il lavoro, l'uomo partecipa
all'opera della creazione. Compiuto in unione con Cristo, il lavoro può
essere redentivo.
2461
Il vero sviluppo è quello dell'uomo nella sua integralità. Si tratta
di far crescere la capacità di ogni persona a rispondere alla propria
vocazione, quindi alla chiamata di Dio [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 29].
2462 L
'elemosina fatta ai poveri è una testimonianza di carità fraterna: è
anche un'opera di giustizia che piace a Dio.
2463
Nella moltitudine di esseri umani senza pane, senza tetto, senza fissa
dimora, come non riconoscere Lazzaro, il mendicante affamato della
parabola? [Cf Lc 17,19-31 ] Come non risentire Gesù: “Non l'avete
fatto a me” ( Mt 25,45 )?
Articolo
8
L'OTTAVO
COMANDAMENTO
Non
pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo ( Es 20,16 ).
Fu
detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi
giuramenti ( Mt 5,33 ).
2464 L
'ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con
gli altri. Questa norma morale deriva dalla vocazione del popolo santo
ad essere testimone del suo Dio il quale è e vuole la verità. Le
offese alla verità esprimono, con parole o azioni, un rifiuto ad
impegnarsi nella rettitudine morale: sono profonde infedeltà a Dio e,
in tal senso, scalzano le basi dell'Alleanza.
I.
Vivere nella verità
2465 L
'Antico Testamento lo attesta: Dio è sorgente di ogni verità. La sua
Parola è verità [Cf Pr 8,7; 2465 2Sam 7,28 ]. La sua legge è verità
[Cf Sal 119,142 ]. La sua “fedeltà dura per ogni generazione” ( Sal
119,90 ) [Cf Lc 1,50 ]. Poiché Dio è il “Verace” ( Rm 3,4 ), i
membri del suo popolo sono chiamati a vivere nella verità [Cf Sal
119,30 ].
2466 In
Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno
di grazia e di verità” ( Gv 1,14 ), egli è la “luce del mondo” (
Gv 8,12 ), egli è
la Verità
[Cf Gv 14,6 ]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle
tenebre” ( Gv 12,46 ). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua
parola, per conoscere la verità che fa liberi [Cf Gv 8,32 ] e che
santifica [Cf Gv 17,17 ]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di
verità” ( Gv 14,17 ) che il Padre manda nel suo nome [Cf Gv 14,26 ] e
che guida alla verità tutta intera” ( Gv 16,13 ). Ai suoi discepoli
Gesù insegna l'amore incondizionato della verità: “Sia il vostro
parlare sì, sì; no, no” ( Mt 5,37 ).
2467 L
'uomo è naturalmente proteso alla verità. Ha il dovere di rispettarla
e di attestarla: “A motivo della loro dignità tutti gli uomini, in
quanto sono persone, . . . sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti
per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella
concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità
conosciuta e ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità”
[Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2468
La verità in quanto rettitudine dell'agire e del parlare umano è detta
veracità, sincerità o franchezza. La verità o veracità è la virtù
che consiste nel mostrarsi veri nei propri atti e nell'affermare il vero
nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e
dall'ipocrisia.
2469
“Sarebbe impossibile la convivenza umana se gli uomini non avessero
confidenza reciproca, cioè se non si dicessero la verità” [San
Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 109, 3, ad 1]. La virtù
della verità dà giustamente all'altro quanto gli è dovuto. La veracità
rispetta il giusto equilibrio tra ciò che deve essere manifestato e il
segreto che deve essere conservato: implica l'onestà e la discrezione.
Per giustizia, “un uomo deve onestamente manifestare a un altro la
verità” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 109, 3, ad
1].
2470
Il discepolo di Cristo accetta di “vivere nella verità”, cioè
nella semplicità di una vita conforme all'esempio del Signore e
rimanendo nella sua verità. “Se diciamo che siamo in comunione con
lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la
verità” ( 1Gv 1,6 ).
II.
“Rendere testimonianza alla verità”
2471
Davanti a Pilato Cristo proclama di essere “venuto nel mondo per
rendere testimonianza alla verità” ( Gv 18,37 ). Il cristiano non
deve vergognarsi “della testimonianza da rendere al Signore”( 2Tm
1,8 ). Nelle situazioni in cui si richiede che si testimoni la fede, il
cristiano ha il dovere di professarla senza equivoci, come ha fatto san
Paolo davanti ai suoi giudici. Il credente deve “conservare una
coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini” ( At
24,16 ).
2472
Il dovere dei cristiani di prendere parte alla vita della Chiesa li
spinge ad agire come testimoni del Vangelo e degli obblighi che ne
derivano. Tale testimonianza è trasmissione della fede in parole e
opere. La testimonianza è un atto di giustizia che comprova o fa
conoscere la verità [ Cf Mt 18,16 ].
Tutti
i cristiani, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l'esempio
della vita e con la testimonianza della parola l'uomo nuovo, che hanno
rivestito col Battesimo, e la forza dello Spirito Santo, dal quale sono
stati rinvigoriti con
la Confermazione
[Conc. Ecum. Vat. II, Ad gentes, 11].
2473
Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il
martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende
testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità.
Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana.
Affronta la morte con un atto di fortezza. “Lasciate che diventi pasto
delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio” [Sant'Ignazio
di Antiochia, Epistula ad Romanos, 4, 1].
2474
Con la più grande cura
la Chiesa
ha raccolto i ricordi di coloro che, per testimoniare la fede, sono
giunti sino alla fine. Si tratta degli Atti dei Martiri. Costituiscono
gli archivi della Verità scritti a lettere di sangue:
Nulla
mi gioverebbe tutto il mondo e tutti i regni di quaggiù; per me è
meglio morire per [unirmi a] Gesù Cristo, che essere re sino ai confini
della terra. Io cerco colui che morì per noi; io voglio colui che per
noi risuscitò. Il momento in cui sarò partorito è imminente. . [Sant'Ignazio
di Antiochia, Epistula ad Romanos, 4, 1].
Ti
benedico per avermi giudicato degno di questo giorno e di quest'ora,
degno di essere annoverato tra i tuoi martiri. . . Tu hai mantenuto la
tua promessa, o Dio della fedeltà e della verità. Per questa grazia e
per tutte le cose, ti lodo, ti benedico, ti rendo gloria per mezzo di
Gesù Cristo, sacerdote eterno e onnipotente, Figlio tuo diletto. Per
lui, che vive e regna con te e con lo Spirito, sia gloria a te, ora e
nei secoli dei secoli. Amen [San Policarpo, in Martyrium Polycarpi, 14,
2-3].
III.
Le offese alla verità
2475
I discepoli di Cristo hanno rivestito “l'uomo nuovo, creato secondo
Dio nella giustizia e nella santità vera” ( Ef 4,24 ). Bandita la
menzogna, [Cf Ef 4,25 ] essi hanno deposto “ogni malizia e ogni frode
e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza” ( 1Pt 2,1 ).
2476
Falsa testimonianza e spergiuro. Una affermazione contraria alla verità,
quando è fatta pubblicamente, riveste una gravità particolare. Fatta
davanti ad un tribunale, diventa una falsa testimonianza [Cf Pr 19,9 ].
Quando la si fa sotto giuramento, è uno spergiuro. Simili modi di
comportarsi contribuiscono sia alla condanna di un innocente sia alla
assoluzione di un colpevole, oppure ad aggravare la pena in cui è
incorso l'accusato [Cf Pr 18,5 ]. Compromettono gravemente l'esercizio
della giustizia e l'equità della sentenza pronunciata dai giudici.
2477
Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni
atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno [Cf
Codice di Diritto Canonico, 220]. Si rende colpevole:
-
di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come
vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;
-
di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i
difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano; [Cf Sir 21,28 ]
-
di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce
alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro
conto.
2478
Per evitare il giudizio temerario, ciascuno cercherà di interpretare,
per quanto è possibile, in un senso favorevole i pensieri, le parole e
le azioni del suo prossimo:
Ogni
buon cristiano deve essere più disposto a salvare l'affermazione del
prossimo che a condannarla; e se non la possa salvare, cerchi di sapere
quale significato egli le dia; e, se le desse un significato erroneo, lo
corregga con amore; e, se non basta, cerchi tutti i mezzi adatti perché,
dandole il significato giusto, si salvi [Sant'Ignazio di Loyola,
Esercizi spirituali, 22].
2479
Maldicenze e calunnie distruggono la reputazione e l' onore del
prossimo. Ora, l'onore è la testimonianza sociale resa alla dignità
umana, e ognuno gode di un diritto naturale all'onore del proprio nome,
alla propria reputazione e al rispetto. Ecco perché la maldicenza e la
calunnia offendono le virtù della giustizia e della carità.
2480
E' da bandire qualsiasi parola o atteggiamento che, per lusinga,
adulazione o compiacenza, incoraggi e confermi altri nella malizia dei
loro atti e nella perversità della loro condotta. L'adulazione è una
colpa grave se si fa complice di vizi o di peccati gravi. Il desiderio
di rendersi utile o l'amicizia non giustificano una doppiezza del
linguaggio. L'adulazione è un peccato veniale quando nasce soltanto dal
desiderio di riuscire piacevole, evitare un male, far fronte ad una
necessità, conseguire vantaggi leciti.
2481
La iattanza o millanteria costituisce una colpa contro la verità. Ciò
vale anche per l' ironia che tende ad intaccare l'apprezzamento di
qualcuno caricaturando, in maniera malevola, un qualche aspetto del suo
comportamento.
2482
“La menzogna consiste nel dire il falso con l'intenzione di
ingannare” [Sant'Agostino, De mendacio, 4, 5: PL 40, 491]. Nella
menzogna il Signore denuncia un'opera diabolica: “Voi. . . avete per
padre il diavolo. . . non vi è verità in lui. Quando dice il falso,
parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” ( Gv 8,44
).
2483
La menzogna è l'offesa più diretta alla verità. Mentire è parlare o
agire contro la verità per indurre in errore. Ferendo il rapporto
dell'uomo con la verità e con il suo prossimo, la menzogna offende la
relazione fondamentale dell'uomo e della sua parola con il Signore.
2484
La gravità della menzogna si commisura alla natura della verità che
essa deforma, alle circostanze, alle intenzioni del mentitore, ai danni
subiti da coloro che ne sono le vittime. Se la menzogna, in sé, non
costituisce che un peccato veniale, diventa mortale quando lede in modo
grave le virtù della giustizia e della carità.
2485
La menzogna è per sua natura condannabile. E' una profanazione della
parola, la cui funzione è di comunicare ad altri la verità conosciuta.
Il proposito deliberato di indurre il prossimo in errore con
affermazioni contrarie alla verità costituisce una mancanza in ordine
alla giustizia e alla carità. La colpevolezza è maggiore quando
l'intenzione di ingannare rischia di avere conseguenze funeste per
coloro che sono sviati dal vero.
2486
La menzogna (essendo una violazione della virtù della veracità) è una
autentica violenza fatta all'altro. Lo colpisce nella sua capacità di
conoscere, che è la condizione di ogni giudizio e di ogni decisione.
Contiene in germe la divisione degli spiriti e tutti i mali che questa
genera. La menzogna è dannosa per ogni società; scalza la fiducia tra
gli uomini e lacera il tessuto delle relazioni sociali.
2487
Ogni colpa commessa contro la giustizia e la verità impone il dovere di
riparazione, anche se il colpevole è stato perdonato. Quando è
impossibile riparare un torto pubblicamente, bisogna farlo in privato; a
colui che ha subito un danno, qualora non possa essere risarcito
direttamente, va data soddisfazione moralmente, in nome della carità.
Tale dovere di riparazione riguarda anche le colpe commesse contro la
reputazione altrui. La riparazione, morale e talvolta materiale, deve
essere commisurata al danno che è stato arrecato. Essa obbliga in
coscienza.
IV.
Il rispetto della verità
2488
Il diritto alla comunicazione della verità non è incondizionato.
Ognuno deve conformare la propria vita al precetto evangelico dell'amore
fraterno. Questo richiede, nelle situazioni concrete, che si vagli se
sia opportuno o no rivelare la verità a chi la domanda.
2489
La carità e il rispetto della verità devono suggerire la risposta ad
ogni richiesta di informazione o di comunicazione. Il bene e la
sicurezza altrui, il rispetto della vita privata, il bene comune sono
motivi sufficienti per tacere ciò che è opportuno non sia conosciuto,
oppure per usare un linguaggio discreto. Il dovere di evitare lo
scandalo spesso esige una discrezione rigorosa. Nessuno è tenuto a
palesare la verità a chi non ha il diritto di conoscerla [Cf Sir 27,16;
Pr 25,9-10 ].
2490
Il segreto del sacramento della Riconciliazione è sacro, e non può
essere violato per nessun motivo. “Il sigillo sacramentale è
inviolabile; pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire
anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e
per quasiasi causa” [Codice di Diritto Canonico, 983, 1].
2491
I segreti professionali - di cui sono in possesso, per esempio, uomini
politici, militari, medici e giuristi - o le confidenze fatte sotto il
sigillo del segreto, devono essere serbati, tranne i casi eccezionali in
cui la custodia del segreto dovesse causare a chi li confida, a chi ne
viene messo a parte, o a terzi danni molto gravi ed evitabili soltanto
mediante la divulgazione della verità. Le informazioni private dannose
per altri, anche se non sono state confidate sotto il sigillo del
segreto, non devono essere divulgate senza un motivo grave e
proporzionato.
2492
Ciascuno deve osservare il giusto riserbo riguardo alla vita privata
delle persone. I responsabili della comunicazione devono mantenere un
giusto equilibrio tra le esigenze del bene comune e il rispetto dei
diritti particolari. L'ingerenza dell'informazione nella vita privata di
persone impegnate in un'attività politica o pubblica è da condannare
nella misura in cui viola la loro intimità e la loro libertà.
V.
L'uso dei mezzi di comunicazione sociale
2493
Nella società moderna i mezzi di comunicazione sociale hanno un ruolo
di singolare importanza nell'informazione, nella promozione culturale e
nella formazione. Tale ruolo cresce in rapporto ai progressi tecnici,
alla ricchezza e alla varietà delle notizie trasmesse, all'influenza
esercitata sull'opinione pubblica.
2494 L
'informazione attraverso i mass-media è al servizio del bene comune [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Inter mirifica, 11]. La società ha diritto ad
un'informazione fondata sulla verità, la libertà, la giustizia e la
solidarietà:
Il
retto esercizio di questo diritto richiede che la comunicazione nel suo
contenuto sia sempre vera e, salve la giustizia e la carità, integra;
inoltre, nel modo, sia onesta e conveniente, cioè rispetti
scrupolosamente le leggi morali, i legittimi diritti e la dignità
dell'uomo, sia nella ricerca delle notizie, sia nella loro divulgazione
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Inter mirifica, 11].
2495
“E' necessario che tutti i membri della società assolvano, anche in
questo settore, i propri doveri di giustizia e di carità. Perciò si
adoperino, anche mediante l'uso di questi strumenti, a formare e a
diffondere opinioni pubbliche rette” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Inter
mirifica, 11]. La solidarietà appare come una conseguenza di una
comunicazione vera e giusta, e della libera circolazione delle idee, che
favoriscono la conoscenza ed il rispetto degli altri.
2496
I mezzi di comunicazione sociale (in particolare i mass-media) possono
generare una certa passività nei recettori, rendendoli consumatori poco
vigili di messaggi o di spettacoli. Di fronte ai mass-media i fruitori
si imporranno moderazione e disciplina. Si sentiranno in dovere di
formarsi una coscienza illuminata e retta, al fine di resistere più
facilmente alle influenze meno oneste.
2497
Proprio per i doveri relativi alla loro professione, i responsabili
della stampa hanno l'obbligo, nella diffusione dell'informazione, di
servire la verità e di non offendere la carità. Si sforzeranno di
rispettare, con pari cura, la natura dei fatti e i limiti del giudizio
critico sulle persone. Devono evitare di cadere nella diffamazione.
2498
“Particolari doveri. . . incombono sull' autorità civile in vista del
bene comune. . . E' infatti compito della stessa autorità. . .
difendere e proteggere. . . la vera e giusta libertà di
informazione”. . . “Mediante la promulgazione di leggi e l'efficace
loro applicazione” il potere pubblico provvederà affinché dall'abuso
dei media “non derivino gravi danni alla moralità pubblica e al
progresso della società” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Inter mirifica,
11]. L'autorità civile punirà la violazione dei diritti di ciascuno
alla reputazione e al segreto intorno alla vita privata. A tempo debito
e onestamente fornirà le informazioni che riguardano il bene generale o
danno risposta alle fondate inquietudini della popolazione. Nulla può
giustificare il ricorso a false informazioni per manipolare, mediante i
mass-media, l'opinione pubblica. Non si attenterà, con simili
interventi, alla libertà degli individui e dei gruppi.
2499
La morale denuncia la piaga degli stati totalitari che sistematicamente
falsano la verità, esercitano con i mass-media un'egemonia politica
sull'opinione pubblica, “manipolano” gli accusati e i testimoni di
processi pubblici e credono di consolidare il loro dispotismo soffocando
o reprimendo tutto ciò che essi considerano come “delitti
d'opinione”.
VI.
Verità, bellezza e arte sacra
2500
La pratica del bene si accompagna ad un piacere spirituale gratuito e
alla bellezza morale. Allo stesso modo, la verità è congiunta alla
gioia e allo splendore della bellezza spirituale. La verità è bella
per se stessa. All'uomo, dotato d'intelligenza, è necessaria la verità
della parola, espressione razionale della conoscenza della realtà
creata ed Increata; ma la verità può anche trovare altre forme di
espressione umana, complementari, soprattutto quando si tratta di
evocare ciò che essa comporta di indicibile, le profondità del cuore
umano, le elevazioni dell'anima, il Mistero di Dio. Ancor prima di
rivelarsi all'uomo mediante parole di verità, Dio si rivela a lui per
mezzo del linguaggio universale della Creazione, opera della sua Parola,
della sua Sapienza: l'ordine e l'armonia del cosmo che sia il bambino
sia lo scienziato sanno scoprire, la grandezza e la bellezza delle
creature fanno conoscere, per analogia, l'Autore, [Cf Sap 13,5 ]
“perché li ha creati lo stesso Autore della bellezza” ( Sap 13,3 ).
La Sapienza
è un'emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria
dell'Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa si infiltra.
E' un riflesso della Luce perenne, uno specchio senza macchia
dell'attività di Dio e un'immagine della sua bontà ( Sap 7,25-26 ).
Essa in realtà è più bella del sole e supera ogni costellazione di
astri; paragonata alla luce, risulta superiore; a questa, infatti,
succede la notte, ma contro
la Sapienza
la malvagità non può prevalere ( Sap 7,29-30 ). Mi sono innamorato
della sua bellezza ( Sap 8,2 ).
2501
“Creato ad immagine di Dio” ( Gen 1,26 ), l'uomo esprime la verità
del suo rapporto con Dio Creatore anche mediante la bellezza delle
proprie opere artistiche. L'arte, invero, è una forma di espressione
propriamente umana. Al di là dell'inclinazione a soddisfare le necessità
vitali, comune a tutte le creature viventi, essa è una sovrabbondanza
gratuita della ricchezza interiore dell'essere umano. Frutto di un
talento donato dal Creatore e dello sforzo dell'uomo, l'arte è una
forma di sapienza pratica che unisce intelligenza e abilità [Cf Sap
7,16-17 ] per esprimere la verità di una realtà nel linguaggio
accessibile alla vista o all'udito. L'arte comporta inoltre una certa
somiglianza con l'attività di Dio nel creato, nella misura in cui trae
ispirazione dalla verità e dall'amore per gli esseri. Come ogni altra
attività umana, l'arte non ha in sé il proprio fine assoluto, ma è
ordinata al fine ultimo dell'uomo e da esso nobilitata [Cf Pio XII,
discorso del 25 dicembre 1955 e discorso del 3 settembre 1950].
2502 L
' arte sacra è vera e bella quando, nella sua forma, corrisponde alla
vocazione che le è propria: evocare e glorificare, nella fede e nella
adorazione, il Mistero trascendente di Dio, Bellezza eccelsa di Verità
e di Amore, apparsa in Cristo “irradiazione della sua gloria e
impronta della sua sostanza” ( Eb 1,3 ), nel quale “abita
corporalmente tutta la pienezza della divinità” ( Col 2,9 ), bellezza
spirituale riflessa nella Santissima Vergine Madre di Dio, negli Angeli
e nei Santi. L'autentica arte sacra conduce l'uomo all'adorazione, alla
preghiera e all'amore di Dio Creatore e Salvatore, Santo e
Santificatore.
2503
Per questo i vescovi, personalmente o per mezzo di delegati, devono
prendersi cura di promuovere l'arte sacra, antica e moderna, in tutte le
sue forme, e di tenere lontano con il medesimo zelo, dalla Liturgia e
dagli edifici del culto, tutto ciò che non è conforme alla verità
della fede e all'autentica bellezza dell'arte sacra [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Sacrosanctum concilium, 122-127].
In
sintesi
2504
“Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo” ( Es
20,16 ). I discepoli di Cristo hanno rivestito “l'uomo nuovo, creato
secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” ( Ef 4,24 ).
2505
La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri
nelle proprie azioni e nell'esprimere il vero nelle proprie parole,
rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall'ipocrisia.
2506
Il cristiano non deve vergognarsi “della testimonianza da rendere al
Signore” ( 2Tm 1,8 ) in atti e parole. Il martirio è la suprema
testimonianza resa alla verità della fede.
2507
Il rispetto della reputazione e dell'onore delle persone proibisce ogni
atteggiamento o parola di maldicenza o di calunnia.
2508
La menzogna consiste nel dire il
falso con l'intenzione di ingannare il prossimo.
2509
Una colpa commessa contro la verità esige riparazione.
2510
La “regola d'oro” aiuta a discernere, nelle situazioni concrete, se
sia o non sia opportuno palesare la verità a chi la domanda.
2511
“Il sigillo sacramentale è inviolabile” [Codice di Diritto
Canonico, 983, 1]. I segreti professionali vanno serbati. Le confidenze
pregiudizievoli per altri non devono essere divulgate.
2512
La società ha diritto a un'informazione fondata sulla verità, sulla
libertà, sulla giustizia. E' opportuno imporsi moderazione e disciplina
nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale.
2513
Le belle arti, ma soprattutto l'arte sacra, “per loro natura, hanno
relazione con l'infinita bellezza divina, che deve essere in qualche
modo espressa dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e
all'incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro
fine è loro assegnato se non di contribuire quanto più efficacemente
possibile. . . a indirizzare pienamente le menti degli uomini a Dio” [Conc.
Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 122].
Articolo
9
IL
NONO COMANDAMENTO
Non
desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo
prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il
suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo ( Es 20,17 ).
Chiunque
guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel
suo cuore ( Mt 5,28 ).
2514
San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la
concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia
della vita [Cf 1Gv 2,16 ]. Secondo la tradizione catechistica cattolica,
il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la
concupiscenza dei beni altrui.
2515
La “concupiscenza”, nel senso etimologico, può designare ogni forma
veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa
parola il significato specifico di moto dell'appetito sensibile che si
oppone ai dettami della ragione umana. L'Apostolo san Paolo la
identifica con l'opposizione della “carne” allo “spirito” [Cf
Gal 5,16; Gal 5,17;
2515 Gal
5,24; Ef 2,3 ]. E' conseguenza della disobbedienza del primo peccato [Cf
Gen 3,11 ]. Ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza
essere in se stessa un peccato, inclina l'uomo a commettere il peccato [Cf
Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1515].
2516
Già nell'uomo, essendo un essere composto, spirito e corpo, esiste una
certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo
“spirito” e la “carne”. Ma essa di fatto appartiene all'eredità
del peccato, ne è una conseguenza e, al tempo stesso, una conferma. Fa
parte dell'esperienza quotidiana del combattimento spirituale:
Per
l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che
con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua
soggettività personale; egli si occupa invece delle opere, o meglio
delle stabili disposizioni - virtù e vizi - moralmente buone o cattive,
che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza
(nel secondo) all' azione salvifica dello Spirito Santo. Perciò
l'Apostolo scrive: “Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo
anche secondo lo Spirito” ( Gal 5,25 ) [Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Dominum et Vivificantem, 55].
I.
La purificazione del cuore
2517
Il cuore è la sede della personalità morale: “Dal cuore provengono i
propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni” ( Mt
15,19 ). La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la
purificazione del cuore e la pratica della temperanza:
Conservati
nella semplicità, nell'innocenza, e sarai come i bambini, i quali non
conoscono il male che devasta la vita degli uomini [Erma, Mandata
pastoris, 2, 1].
2518
La sesta beatitudine proclama: “Beati i puri di cuore, perché
vedranno Dio” ( Mt 5,8 ). I “puri di cuore” sono coloro che hanno
accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze
della santità di Dio, in tre ambiti soprattutto: la carità, [Cf 1Tm
4,3-9; 2Tm 2,22 ] la castità o rettitudine sessuale, [Cf 1Ts 4,7; Col
3,5; 2518 Ef 4,19 ] l'amore della verità e l'ortodossia della fede [Cf
Tt 1,15; 1Tm 1,3-4; 2Tm 2,23-26 ]. C'è un legame tra la purezza del
cuore, del corpo e della fede:
I
fedeli devono credere gli articoli del Simbolo, “affinché credendo,
obbediscano a Dio; obbedendo, vivano onestamente; vivendo onestamente,
purifi chino il loro cuore, e purificando il loro cuore, comprendano
quanto credono” [Sant'Agostino, De fide et symbolo, 10, 25: PL 40,
196].
2519
Ai “puri di cuore” è promesso che vedranno Dio faccia a faccia e
che saranno simili a lui [Cf 1Cor 13,12; 1Gv 3,2 ]. La purezza del cuore
è la condizione preliminare per la visione. Fin d'ora essa ci permette
di vedere secondo Dio, di accogliere l'altro come un “prossimo”; ci
consente di percepire il corpo umano, il nostro e quello del prossimo,
come un tempio dello Spirito Santo, una manifestazione della bellezza
divina.
II.
La lotta per la purezza
2520
Il Battesimo conferisce a colui che lo riceve la grazia della
purificazione da tutti i peccati. Ma il battezzato deve continuare a
lottare contro la concupiscenza della carne e i desideri disordinati.
Con la grazia di Dio giunge alla purezza del cuore
-
mediante la virtù e il dono della castità, perché la castità
permette di amare con un cuore retto e indiviso;
-
mediante la purezza d'intenzione che consiste nel tener sempre presente
il vero fine dell'uomo: con un occhio semplice, il battezzato cerca di
trovare e di compiere in tutto la volontà di Dio; [Cf Rm 12,2; Col 1,10
]
-
mediante la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore; mediante la
disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione; mediante il rifiuto di
ogni compiacenza nei pensieri impuri, che inducono ad allontanarsi dalla
via dei divini comandamenti: “La vista provoca negli stolti il
desiderio” ( Sap 15,5 );
-
mediante la preghiera:
Pensavo
che la continenza si ottiene con le proprie forze e delle mie non ero
sicuro. A tal segno ero stolto da ignorare che, come sta scritto,
nessuno può essere continente, se Tu non lo concedi. E Tu l'avresti
concesso, se avessi bussato alle tue orecchie col gemito del mio cuore e
lanciato in Te la mia pena con fede salda [Sant'Agostino, Confessiones,
6, 11, 20].
2521
La purezza esige il pudore. Esso è una parte integrante della
temperanza. Il pudore preserva l'intimità della persona. Consiste nel
rifiuto di svelare ciò che deve rimanere nascosto. E' ordinato alla
castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi e i gesti in
conformità alla dignità delle persone e della loro unione.
2522
Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore.
Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa;
richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell'impegno
definitivo dell'uomo e della donna tra loro. Il pudore è modestia.
Ispira la scelta dell'abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là
dove trasparisse il rischio di una curiosità morbosa. Diventa
discrezione.
2523
Esiste non soltanto un pudore dei sentimenti, ma anche del corpo.
Insorge, per esempio, contro l'esposizione del corpo umano in funzione
di una curiosità morbosa in certe pubblicità, o contro la
sollecitazione di certi mass-media a spingersi troppo in là nella
rivelazione di confidenze intime. Il pudore detta un modo di vivere che
consente di resistere alle suggestioni della moda e alle pressioni delle
ideologie dominanti.
2524
Le forme che il pudore assume variano da una cultura all'altra.
Dovunque, tuttavia, esso appare come il presentimento di una dignità
spirituale propria dell'uomo. Nasce con il risveglio della coscienza del
soggetto. Insegnare il pudore ai fanciulli e agli adolescenti è
risvegliare in essi il rispetto della persona umana.
2525
La purezza cristiana richiede una purificazione dell'ambiente sociale.
Esige dai mezzi di comunicazione sociale un'informazione attenta al
rispetto e alla moderazione. La purezza del cuore libera dal diffuso
erotismo e tiene lontani dagli spettacoli che favoriscono la curiosità
morbosa e l'illusione.
2526
La cosiddetta permissività dei costumi si basa su una erronea
concezione della libertà umana. La libertà, per costruirsi, ha bisogno
di lasciarsi educare preliminarmente dalla legge morale. E' necessario
chiedere ai responsabili della educazione di impartire alla gioventù un
insegnamento rispettoso della verità, delle qualità del cuore e della
dignità morale e spirituale dell'uomo.
2527
“
La Buona Novella
di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto,
combatte e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa
seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei
popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda, come dall'interno,
fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito e le
doti di ciascun popolo e di ogni età” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 58].
In
sintesi
2528
“Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio
con lei nel suo cuore” ( Mt 5,28 ).
2529
Il nono comandamento mette in guardia dal desiderio smodato o
concupiscenza carnale.
2530
La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la
purificazione del cuore e la pratica della temperanza.
2531
La purezza del cuore ci farà vedere Dio: fin d'ora ci consente di
vedere ogni cosa secondo Dio.
2532
La purificazione del cuore esige la preghiera, la pratica della castità,
la purezza dell'intenzione e dello sguardo.
2533
La purezza del cuore richiede il pudore, che è pazienza, modestia e
discrezione. Il pudore custodisce l'intimità della persona.
Articolo
10
IL
DECIMO COMANDAMENTO
Non
desiderare. . . alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo ( Es 20,17 ).
Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo
schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né
alcuna delle cose che sono del tuo prossimo ( Dt 5,21 ).
Là
dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore ( Mt 6,21 ).
2534
Il decimo comandamento sdoppia e completa il nono, che verte sulla
concupiscenza della carne. Il decimo proibisce la cupidigia dei beni
altrui, che è la radice del furto, della rapina e della frode, vietati
dal settimo comandamento. “La concupiscenza degli occhi” ( 1Gv 2,16
) porta alla violenza e all'ingiustizia, proibite dal quinto
comandamento [Cf Mi 2,2 ]. La bramosia, come la fornicazione, trova
origine nell'idolatria vietata nelle prime tre prescrizioni della Legge
[Cf Sap 14,12 ]. Il decimo comandamento riguarda l'intenzione del cuore;
insieme con il nono riassume tutti i precetti della Legge.
I.
Il disordine delle cupidigie
2535 L
'appetito sensibile ci porta a desiderare le cose piacevoli che non
abbiamo. Così, quando si ha fame si desidera mangiare, quando si ha
freddo si desidera riscaldarsi. Tali desideri, in se stessi, sono buoni;
ma spesso non restano nei limiti della ragione e ci spingono a bramare
ingiustamente ciò che non ci spetta e appartiene, o è dovuto ad altri.
2536
Il decimo comandamento proibisce l' avidità e il desiderio di
appropriarsi senza misura dei beni terreni; vieta la cupidigia
sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in
esse insito. Proibisce anche il desiderio di commettere un'ingiustizia,
con la quale si danneggerebbe il prossimo nei suoi beni temporali:
La
formula “non desiderare” è come un avvertimento generale che ci
spinge a moderare il desiderio e l'avidità delle cose altrui. C'è
infatti in noi una latente sete di cupidigia per tutto ciò che non è
nostro; sete mai sazia, di cui
la Sacra Scrittura
scrive: “L'avaro non sarà mai sazio del suo denaro” ( Sir 5,9 )
[Catechismo Romano, 3, 37].
2537
Non si trasgredisce questo comandamento desiderando ottenere cose che
appartengono al prossimo, purché ciò avvenga con giusti mezzi. La
catechesi tradizionale indica con realismo “coloro che maggiormente
devono lottare contro le cupidigie peccaminose” e che, dunque,
“devono con più insistenza essere esortate ad osservare questo
comandamento”:
Sono,
cioè, quei commercianti e quegli approvvigionatori di mercati che
aspettano la scarsità delle merci e la carestia per trarne un profitto
con accaparramenti e speculazioni; . . . quei medici che aspettano con
ansia le malattie; quegli avvocati e magistrati desiderosi di cause e di
liti. . [Catechismo Romano, 3, 37].
2538
Il decimo comandamento esige che si bandisca dal cuore umano l' invidia.
Allorché il profeta Natan volle suscitare il pentimento del re Davide,
gli narrò la storia del povero che possedeva soltanto una pecora, la
quale era per lui come una figlia, e del ricco che, malgrado avesse
bestiame in gran numero, invidiava quel povero e finì per portargli via
la sua pecora [Cf 2Sam 12,1-4 ]. L'invidia può condurre ai peggiori
misfatti [Cf Gen 4,3-7; 1Re 21,1-29 ]. E' per l'invidia del diavolo che
la morte è entrata nel mondo [Cf Sap 2,24 ].
Noi
ci facciamo guerra vicendevolmente, ed è l'invidia ad armarci gli uni
contro gli altri... Se tutti si accaniscono così a far vacillare il
corpo di Cristo, dove si arriverà? Siamo quasi in procinto di
snervarlo. . . Ci diciamo membra di un medesimo organismo e ci divoriamo
come farebbero delle belve [San Giovanni Crisostomo, Homiliae in
secundam ad Corinthios, 28, 3-4: PG 61, 594-595].
2539 L
'invidia è un vizio capitale. Consiste nella tristezza che si prova
davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia
pure indebitamente. Quando arriva a volere un grave male per il
prossimo, l'invidia diventa un peccato mortale.
Sant'Agostino
vedeva nell'invidia “il peccato diabolico per eccellenza”
[Sant'Agostino, De catechizandis rudibus, 4, 8]. “Dall'invidia nascono
l'odio, la maldicenza, la calunnia, la gioia causata dalla sventura del
prossimo e il dispiacere causato dalla sua fortuna” [San Gregorio
Magno, Moralia in Job, 31, 45: PL 76, 621].
2540 L
'invidia rappresenta una delle forme della tristezza e quindi un rifiuto
della carità; il battezzato lotterà contro l'invidia mediante la
benevolenza. L'invidia spesso è causata dall'orgoglio; il battezzato si
impegnerà a vivere nell'umiltà.
Vorreste
vedere Dio glorificato da voi? Ebbene, rallegratevi dei progressi del
vostro fratello, ed ecco che Dio sarà glorificato da voi. Dio sarà
lodato - si dirà - dalla vittoria sull'invidia riportata dal suo servo,
che ha saputo fare dei meriti altrui il motivo della propria gioia [San
Giovanni Crisostomo, Homilia in ad Romanos, 7, 3: PG 60, 445].
II.
I desideri dello Spirito
2541 L
'Economia della Legge e della Grazia libera il cuore degli uomini dalla
cupidigia e dall'invidia: lo rivolge al desiderio del Sommo Bene; lo
apre ai desideri dello Spirito Santo, che appaga il cuore umano.
Il
Dio delle promesse da sempre ha messo in guardia l'uomo dalla seduzione
di ciò che, fin dalle origini, appare “buono da mangiare, gradito
agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza” ( Gen 3,6 ).
2542
La Legge
data a Israele non è mai bastata a giustificare coloro che le erano
sottomessi; anzi, è diventata lo strumento della “concupiscenza”
[Cf Rm 7,7 ]. Il fatto che il volere e il fare non coincidano [Cf Rm
7,15 ] indica il conflitto tra la legge di Dio, la quale è la “legge
della mia mente” e un'altra legge “che mi rende schiavo della legge
del peccato che è nelle mie membra” ( Rm 7,23 ).
2543
“Ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di
Dio, testimoniata dalla Legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo
della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono” ( Rm 3,21-22
). Da allora i credenti in Cristo “hanno crocifisso la carne con le
sue passioni e i suoi desideri” ( Gal 5,24 ); essi sono guidati dallo
Spirito [Cf Rm 8,14 ] e seguono i desideri dello Spirito [Cf Rm 8,27 ].
III.
La povertà di cuore
2544
Ai suoi discepoli Gesù chiede di preferirlo a tutto e a tutti, e
propone di “rinunziare a tutti” i loro “averi” ( Lc 14,33 ) per
lui e per il Vangelo [Cf Mc 8,35 ]. Poco prima della sua Passione ha
additato loro come esempio la povera vedova di Gerusalemme, la quale,
nella sua miseria, ha dato tutto quanto aveva per vivere [Cf Lc 21,4 ].
Il precetto del distacco dalle ricchezze è vincolante per entrare nel
Regno dei cieli.
2545
Tutti i fedeli devono sforzarsi “di rettamente dirigere i propri
affetti, affinché dall'uso delle cose di questo mondo e
dall'attaccamento alle ricchezze, contrario allo spirito della povertà
evangelica, non siano impediti di tendere alla carità perfetta”
[Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 42].
2546
“Beati i poveri in spirito” ( Mt 5,3 ). Le beatitudini rivelano un
ordine di felicità e di grazia, di bellezza e di pace. Gesù esalta la
gioia dei poveri, ai quali già appartiene il Regno: [Cf Lc 6,20 ]
Il
Verbo chiama “povertà di spirito” l'umiltà volontaria di uno
spirito umano e il suo rinnegamento; e l'Apostolo ci addita come esempio
la povertà di Dio quando dice: “Si è fatto povero per noi” ( 2Cor
8,9 ) [San Gregorio di Nissa, Orationes de beatitudinibus, 1: PG 44,
1200D].
2547
Il Signore apostrofa i ricchi, perché trovano la loro consolazione
nell'abbondanza dei beni ( Lc 6,24 ). “Il superbo cerca la potenza
terrena, mentre il povero in spirito cerca il Regno dei cieli”
[Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 1, 1, 3: PL 34, 1232].
L'abbandono alla Provvidenza del Padre del cielo libera dall'apprensione
per il domani [Cf Mt 6,25-34 ]. La fiducia in Dio prepara alla
beatitudine dei poveri. Essi vedranno Dio.
IV.
“Voglio vedere Dio”
2548
Il desiderio della vera felicità libera l'uomo dallo smodato
attaccamento ai beni di questo mondo, per avere compimento nella visione
e nella beatitudine di Dio. “La promessa di vedere Dio supera ogni
felicità. Nella Scrittura, vedere equivale a possedere. Chi vede Dio,
ha conseguito tutti i beni che si possano concepire” [San Gregorio di
Nissa, Orationes de beatitudinibus, 6: PG 44, 1265A].
2549
Il popolo santo deve lottare, con la grazia che viene dall'Alto, per
ottenere i beni che Dio promette. Per possedere e contemplare Dio, i
cristiani mortificano le loro brame e trionfano, con la grazia di Dio,
sulle seduzioni del piacere e del potere.
2550
Lungo questo cammino della perfezione lo Spirito e
la Sposa
chiamano chi li ascolta [Cf Ap 22,17 ] alla piena comunione con Dio:
Là
sarà la vera gloria, dove nessuno verrà lodato per sbaglio o per
adulazione; il vero onore, che non sarà rifiutato a nessuno che ne sia
degno, non sarà riconosciuto a nessuno che ne sia indegno; né d'altra
parte questi potrebbe pretenderlo, perché vi sarà ammesso solo chi è
degno. Vi sarà la vera pace, dove nessuno subirà avversità da parte
di se stesso o da parte di altri. Premio della virtù sarà colui che
diede la virtù e che promise se stesso come ciò di cui non può
esservi nulla di migliore e di più grande. . . “Sarò vostro Dio e
voi sarete mio popolo” ( Lv 16,12 ). . . Ancora questo indicano. . .
le parole dell'Apostolo: “Perché Dio sia tutto in tutti” ( 1Cor
15,28 ). Egli sarà il fine di tutti i nostri desideri, contemplato
senza fine, amato senza fastidio, lodato senza stanchezza. Questo dono,
questo affetto, questo atto sarà certamente comune a tutti, come la
stessa vita eterna [Sant'Agostino, De civitate Dei, 22, 30].
In
sintesi
2551
“Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” ( Mt 6,21 ).
2552
Il decimo comandamento proibisce la sfrenata cupidigia generata dalla
brama smodata delle ricchezze e del potere insito in esse.
2553 L
'invidia è la tristezza che si prova davanti ai beni altrui e
l'irresistibile desiderio di appropriarsene. E' un vizio capitale.
2554
Il battezzato combatte l'invidia con la benevolenza, l'umiltà e
l'abbandono alla Provvidenza di Dio.
2555
I cristiani “hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi
desideri” ( Gal 5,24 ); sono guidati dallo Spirito e seguono i suoi
desideri.
2556
Il distacco dalle ricchezze è indispensabile per entrare nel Regno dei
cieli. “Beati i poveri in spirito”.
2557
Il vero desiderio dell'uomo è: “Voglio vedere Dio”. La sete di Dio
è estinta dall'acqua della vita eterna [Cf Gv 4,14 ].
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