COSTITUZIONE
PASTORALE GAUDIUM ET SPES SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
PROEMIO
1. Intima unione della Chiesa con
l'intera famiglia umana.
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono
pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di
Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro
cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di uomini i
quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel
loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un
messaggio di salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e
intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.
2. A chi si rivolge il
Concilio.
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato
più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua
parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il
nome di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso
intende la presenza e l'azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il
mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera
famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa
vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni
degli sforzi dell'uomo, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo
che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del
Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato, ma il
Cristo, con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e
l'ha liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a
giungere al suo compimento.
3. A servizio dell'uomo.
Ai nostri giorni l'umanità, presa d'ammirazione per le
proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni
sull'attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo
nell'universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e
infine sul destino ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il
Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il popolo di
Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente
di solidarietà, di rispetto e d'amore verso l'intera famiglia umana,
dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari
problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e
mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa,
sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di
salvare l'uomo, si tratta di edificare l'umana società.
È l'uomo dunque, l'uomo considerato nella sua unità e
nella sua totalità, corpo e anima, l'uomo cuore e coscienza, pensiero e
volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione.
Pertanto il santo Concilio, proclamando la grandezza
somma della vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino,
offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine
d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale
vocazione.
Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a
questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera
stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla
verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito
.
LA CONDIZIONE DELL'UOMO NEL MONDO
CONTEMPORANEO
4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della
Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del
Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere
ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e
futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e
comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e
il suo carattere spesso drammatico. Ecco come si possono delineare le
caratteristiche più rilevanti del mondo contemporaneo. L'umanità vive oggi
un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi
mutamenti che progressivamente si estendono all'insieme del globo.
Provocati dall'intelligenza e dall'attività creativa dell'uomo, si
ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali
e collettivi, sul suo modo di pensare e d'agire, sia nei confronti delle
cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione
sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla vita
religiosa.
Come accade in ogni crisi di crescenza, questa
trasformazione reca con sé non lievi difficoltà.
Così, mentre l'uomo tanto largamente estende la sua
potenza, non sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di
penetrare nel più intimo del suo essere, ma spesso appare più incerto di
se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma
resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe
a disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza economica; e
tuttavia una grande parte degli abitanti del globo è ancora tormentata
dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini non sanno né leggere né
scrivere.
Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così
acuto della libertà, e intanto sorgono nuove forme di schiavitù sociale e
psichica.
E mentre il mondo avverte così lucidamente la sua unità
e la mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà,
violentemente viene spinto in direzioni opposte da forze che si
combattono; infatti, permangono ancora gravi contrasti politici, sociali,
economici, razziali e ideologici, né è venuto meno il pericolo di una
guerra capace di annientare ogni cosa.
Aumenta lo scambio delle idee; ma le stesse parole con
cui si esprimono i più importanti concetti, assumono nelle differenti
ideologie significati assai diversi.
Infine, con ogni sforzo si vuol costruire
un'organizzazione temporale più perfetta, senza che cammini di pari passo
il progresso spirituale.
Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi
nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori
perenni e di armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti.
Per questo sentono il peso della inquietudine,
tormentati tra la speranza e l'angoscia, mentre si interrogano
sull'attuale andamento del mondo.
Questo sfida l'uomo, anzi lo costringe a darsi una
risposta.
5. Profonde mutazioni.
Il presente turbamento degli spiriti e la
trasformazione delle condizioni di vita si collegano con un più radicale
modificazione, che tende al predominio, nella formazione dello spirito,
delle scienze matematiche, naturali e umane, mentre sul piano dell'azione
Si affida alla tecnica, originata da quelle scienze. Questa mentalità
scientifica modella in modo diverso da prima la cultura e il modo di
pensare. La tecnica poi è tanto progredita, da trasformare la faccia della
terra e da perseguire ormai la conquista dello spazio ultraterrestre.
Anche sul tempo l'intelligenza umana accresce in certo senso il suo
dominio: sul passato mediante l'indagine storica, sul futuro con la
prospettiva e la pianificazione. Non solo il progresso delle scienze
biologiche, psicologiche e sociali dà all'uomo la possibilità di una
migliore conoscenza di sé, ma lo mette anche in condizioni di influire
direttamente sulla vita delle società, mediante l'uso di tecniche
appropriate.
Parimenti l'umanità sempre più si preoccupa di
prevedere e controllare il proprio incremento demografico. Il movimento
stesso della storia diventa così rapido, da poter difficilmente esser
seguito dai singoli uomini. Unico diventa il destino della umana società o
senza diversificarsi più in tante storie separate. Così il genere umano
passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine delle cose, a una
concezione più dinamica ed evolutiva.
Ciò favorisce il sorgere di un formidabile complesso di
nuovi problemi, che stimola ad analisi e a sintesi nuove.
6. Mutamenti nell'ordine
sociale.
In seguito a tutto questo, mutamenti sempre più
profondi si verificano nelle comunità locali tradizionali famiglie
patriarcali, clan, tribù, villaggi, nei differenti gruppi e nei rapporti
della vita sociale. Si diffonde gradatamente il tipo di società
industriale, che favorisce in alcune nazioni una economia dell'opulenza, e
trasforma radicalmente concezioni e condizioni secolari di vita sociale.
Parimenti la civilizzazione urbana e l'attrazione che essa provoca
s'intensificano, sia per il moltiplicarsi delle città e dei loro abitanti,
sia per la diffusione tra i rurali dei modelli di vita cittadina. Nuovi e
migliori mezzi di comunicazione sociale favoriscono nel modo più largo e
più rapido la conoscenza degli avvenimenti e la diffusione delle idee e
dei sentimenti, suscitando così numerose reazioni a catena. Né va
sottovalutato che moltissima gente, spinta per varie ragioni ad emigrare,
cambia il suo modo di vivere. In tal modo, senza arresto si moltiplicano i
rapporti dell'uomo coi suoi simili, mentre a sua volta questa “
socializzazione ” crea nuovi legami, senza tuttavia favorire sempre una
corrispondente maturazione delle persone e rapporti veramente personali,
cioè la “ personalizzazione ”. Un'evoluzione siffatta appare più manifesta
nelle nazioni che già godono del progresso economico e tecnico; ma essa
mette in movimento anche quei popoli ancora in via di sviluppo, che
aspirano ad ottenere per i loro paesi i benefici della industrializzazione
e dell'urbanizzazione.
Questi popoli, specialmente se vincolati da più antiche
tradizioni, sentono allo stesso tempo il bisogno di esercitare la loro
libertà in modo più adulto e più personale.
7. Mutamenti psicologici, morali e
religiosi.
Il cambiamento di mentalità e di strutture spesso mette
in causa i valori tradizionali, soprattutto tra i giovani: frequentemente
impazienti, essi diventano ribelli per l'inquietudine; consci della loro
importanza nella vita sociale, desiderano assumere al più presto le loro
responsabilità.
Spesso genitori ed educatori si trovano per questo ogni
giorno in maggiori difficoltà nell'adempimento del loro compito.
Le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e di
sentire ereditati dal passata non sempre si adattano bene alla situazione
attuale; di qui un profondo disagio nel comportamento e nelle stesse norme
di condotta. Anche la vita religiosa, infine, è sotto l'influsso delle
nuove situazioni. Da un lato, un più acuto senso critico la purifica da
ogni concezione magica nel mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed
esige un adesione sempre più personale e attiva alla fede; numerosi sono
perciò coloro che giungono a un più vivo senso di Dio. D'altro canto però,
moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione. A
differenza dei tempi passati, negare Dio o la religione o farne
praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.
Oggi infatti non raramente un tale comportamento viene
presentato come esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di
umanesimo.
Tutto questo in molti paesi non si manifesta solo a
livello filosofico, ma invade in misura notevolissima il campo delle
lettere, delle arti, dell' interpretazione delle scienze umane e della
storia, anzi la stessa legislazione: di qui il disorientamento di
molti.
8. Squilibri nel mondo
contemporaneo.
Una così rapida evoluzione, spesso disordinatamente
realizzata, e la stessa presa di coscienza sempre più acuta delle
discrepanze esistenti nel mondo, generano o aumentano contraddizioni e
squilibri. Anzitutto a livello della persona si nota molto spesso lo
squilibrio tra una moderna intelligenza pratica e il modo di pensare
speculativo, che non riesce a dominare né a ordinare in sintesi
soddisfacenti l'insieme delle sue conoscenze.
Uno squilibrio si genera anche tra la preoccupazione
dell'efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale, nonché molte
volte tra le condizioni della vita collettiva e le esigenze di un pensiero
personale e della stessa contemplazione.
Di qui ne deriva infine lo squilibrio tra le
specializzazioni dell'attività umana e una visione universale della
realtà. Nella famiglia poi le tensioni nascono sia dalla pesantezza delle
condizioni demografiche, economiche e sociali, sia dal conflitto tra le
generazioni che si susseguono, sia dal nuovo tipo di rapporti sociali tra
uomo e donna. Grandi contrasti sorgono anche tra le razze e le diverse
categorie sociali; tra nazioni ricche e meno dotate e povere; infine tra
le istituzioni internazionali nate dall'aspirazione dei popoli alla pace e
l'ambizione di imporre la propria ideologia, nonché gli egoismi collettivi
esistenti negli Stati o in altri gruppi.
Di qui derivano diffidenze e inimicizie, conflitti ed
amarezze di cui l'uomo è a un tempo causa e vittima.
9. Le aspirazioni sempre più
universali dell'umanità.
Cresce frattanto la convinzione che l'umanità non solo
può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le
compete inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che
sempre più e meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare
e sviluppare la propria dignità. Donde le aspre rivendicazioni di tanti
che, prendendo nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di
quei beni per ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di sviluppo o appena giunti
all'indipendenza desiderano partecipare ai benefici della civiltà moderna
non solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la
loro parte nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso
la dipendenza anche economica dalle altre nazioni più ricche, che
progrediscono più rapidamente.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i
popoli più ricchi.
Le donne rivendicano, là dove ancora non l'hanno
raggiunta, la parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di
fatto. Operai e contadini non vogliono solo guadagnarsi il necessario per
vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavoro, anzi partecipare
all'organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale.
Per la prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi persuasi che i
benefici della civiltà possono e debbono realmente estendersi a tutti.
Sotto tutte queste rivendicazioni si cela
un'aspirazione più profonda e universale.
I singoli e i gruppi organizzati anelano infatti a una
vita piena e libera, degna dell'uomo, che metta al proprio servizio tutto
quanto il mondo oggi offre loro così abbondantemente.
Anche le nazioni si sforzano sempre più di raggiungere
una certa comunità universale.
Stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente
a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli
si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o
del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende
coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso
suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli.
Per questo si pone degli interrogativi.
10. Gli interrogativi più profondi del
genere umano.
In verità gli squilibri di cui soffre il mondo
contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato
nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si
combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in
mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini
nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da
molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare
alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non
vorrebbe e non fa quello che vorrebbe.
Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale
provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Molti, è
vero, la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi
dall'avere una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla
miseria, non hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di
trovare la loro tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono
loro proposte. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena
liberazione dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo
sulla terra appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi,
disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando
l'esistenza umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne
una spiegazione completa mediante la loro sola ispirazione.
Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del
mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con
nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?
Qual è il significato del dolore, del male, della
morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso?
Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro
prezzo?
Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi
da essa?
Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e
risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per
rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome
agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di
trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta
la storia umana.
Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che
muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in
Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.
Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti
per illustrare il mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una
soluzione ai principali problemi del nostro tempo.
PARTE I
LA CHIESA E LA
VOCAZIONE DELL'UOMO
11. Rispondere agli impulsi dello
Spirito.
Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di
essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di
discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui
prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i
veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto
rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione
integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente
umane.
In questa luce, il Concilio si propone innanzitutto di
esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono più stimati e di
ricondurli alla loro divina sorgente.
Questi valori infatti, in quanto procedono dall'ingegno
umano che all'uomo è stato dato da Dio, sono in sé ottimi ma per effetto
della corruzione del cuore umano non raramente vengono distorti
dall'ordine richiesto, per cui hanno bisogno di essere purificati.
Che pensa la Chiesa dell'uomo?
Quali orientamenti sembra debbano essere proposti per
la edificazione della società attuale?
Qual è il significato ultimo della attività umana
nell'universo?
Queste domande reclamano una riposta. In seguito,
risulterà ancora più chiaramente che il popolo di Dio e l'umanità, entro
la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio, così che la
missione della Chiesa si mostra di natura religiosa e per ciò stesso
profondamente umana.
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA
UMANA
12. L'uomo ad immagine di
Dio.
Credenti e non credenti sono generalmente d'accordo nel
ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito
all'uomo, come a suo centro e a suo vertice.
Ma che cos'è l'uomo?
Molte opinioni egli ha espresso ed esprime sul proprio
conto, opinioni varie ed anche contrarie, secondo le quali spesso o si
esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla
disperazione, finendo in tal modo nel dubbio e nell'angoscia.
Queste difficoltà la Chiesa le sente profondamente e ad
esse può dare una risposta che le viene dall'insegnamento della divina
Rivelazione, risposta che descrive la vera condizione dell'uomo, dà una
ragione delle sue miserie, ma in cui possono al tempo stesso essere
giustamente riconosciute la sua dignità e vocazione.
La Bibbia, infatti, insegna che l'uomo è stato creato “
ad immagine di Dio ” capace di conoscere e di amare il suo Creatore, e che
fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di
esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio.
“ Che cosa è l'uomo, che tu ti ricordi di lui? o il
figlio dell'uomo che tu ti prenda cura di lui?
L'hai fatto di poco inferiore agli angeli, l'hai
coronato di gloria e di onore, e l'hai costituito sopra le opere delle tue
mani. Tutto hai sottoposto ai suoi piedi ” (Sal8,5).
Ma Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin da
principio “ uomo e donna li creò ” (Gen1,27) e la loro unione costituisce
la prima forma di comunione di persone.
L'uomo, infatti, per sua intima natura è un essere
sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le
sue doti.
Perciò Iddio, ancora come si legge nella Bibbia, vide “
tutte quante le cose che aveva fatte, ed erano buone assai” (Gen1,31).
13. Il peccato.
Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo
però, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della
libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di
fuori di lui.
Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini “ non gli hanno
reso l'onore dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente ”... e
preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore.
Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina
concorda con la stessa esperienza.
Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si
scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono
certo derivare dal Creatore, che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo
principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine
ultimo, e al tempo stesso tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso,
sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione.
Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che
collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il
male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente
da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come
incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a
dargli forza, rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori “ il principe di
questo mondo ” (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato.
Il peccato è, del resto, una diminuzione per l'uomo
stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella
luce di questa Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la
sublime vocazione, sia la profonda miseria, di cui gli uomini fanno
l'esperienza.
14. Costituzione
dell'uomo.
Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per
la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così
che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per
lodare in libertà il Creatore . Non è lecito dunque disprezzare la vita
corporale dell'uomo.
Al contrario, questi è tenuto a considerare buono e
degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato
alla risurrezione nell'ultimo giorno.
E tuttavia, ferito dal peccato, l'uomo sperimenta le
ribellioni del corpo.
Perciò è la dignità stessa dell'uomo che postula che
egli glorifichi Dio nel proprio corpo e che non permetta che esso si renda
schiavo delle perverse inclinazioni del cuore.
L'uomo, in verità, non sbaglia a riconoscersi superiore
alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della
natura o un elemento anonimo della città umana.
Infatti, nella sua interiorità, egli trascende
l'universo delle cose: in quelle profondità egli torna, quando fa ritorno
a se stesso, là dove lo aspetta quel Dio che scruta i cuori là dove sotto
lo sguardo di Dio egli decide del suo destino. Perciò, riconoscendo di
avere un'anima spirituale e immortale, non si lascia illudere da una
creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante le condizioni
fisiche e sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità stessa
delle cose.
15. Dignità dell'intelligenza, verità
e saggezza.
L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto
l'universo delle cose, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa
della luce della mente di Dio.
Con l'esercizio appassionato dell'ingegno lungo i
secoli egli ha fatto certamente dei progressi nelle scienze empiriche,
nelle tecniche e nelle discipline liberali Nell'epoca nostra, poi, ha
conseguito successi notevoli particolarmente nella investigazione e nel
dominio del mondo materiale.
E tuttavia egli ha sempre cercato e trovato una verità
più profonda.
L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito
dei soli fenomeni, ma può conquistare con vera certezza la realtà
intelligibile, anche se, per conseguenza del peccato, si trova in parte
oscurata e debilitata. Infine, la natura intelligente della persona umana
può e deve raggiungere la perfezione. Questa mediante la sapienza attrae
con dolcezza la mente a cercare e ad amare il vero e il bene; l'uomo che
se ne nutre è condotto attraverso il visibile all'invisibile.
L'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha
bisogno di questa sapienza per umanizzare tutte le sue nuove scoperte. È
in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano
suscitati uomini più saggi. Inoltre va notato come molte nazioni,
economicamente più povere rispetto ad altre, ma più ricche di saggezza,
potranno aiutare potentemente le altre.
Col dono, poi, dello Spirito Santo, l'uomo può arrivare
nella fede a contemplare e a gustare il mistero del piano divino.
16. Dignità della coscienza
morale.
Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che
non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo
chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento
opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita
quest'altro.
L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al
cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà
giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo,
dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile
quella legge che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo.
Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per
cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali,
che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più,
dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si
allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme
oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado che la coscienza
sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la
sua dignità.
Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di
cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in
seguito all'abitudine del peccato.
17. Grandezza della
libertà.
Ma l'uomo può volgersi al bene soltanto nella
libertà.
I nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono
con ardore tale libertà, e a ragione. Spesso però la coltivano in modo
sbagliato quasi sia lecito tutto quel che piace, compreso il male.
La vera libertà, invece, è nell'uomo un segno
privilegiato dell'immagine divina.
Dio volle, infatti, lasciare l'uomo “ in mano al suo
consiglio ” che cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga
liberamente, aderendo a lui, alla piena e beata perfezione.
Perciò la dignità dell'uomo richiede che egli agisca
secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e determinato da
convinzioni personali, e non per un cieco impulso istintivo o per mera
coazione esterna. L'uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da
ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera
del bene e se ne procura con la sua diligente iniziativa i mezzi
convenienti. Questa ordinazione verso Dio, la libertà dell'uomo, realmente
ferita dal peccato, non può renderla effettiva in pieno se non mediante
l'aiuto della grazia divina.
Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della
propria vita davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di
bene e di male.
18. Il mistero della
morte.
In faccia alla morte l'enigma della condizione umana
raggiunge il culmine.
L'uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla
decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore
di una distruzione definitiva.
Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare rettamente,
quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un
annientamento definitivo della sua persona.
Il germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile
com'è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i tentativi della
tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà
dell'uomo: il prolungamento di vita che procura la biologia non può
soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel
suo cuore. Se qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte, la
Chiesa invece, istruita dalla Rivelazione divina, afferma che l'uomo è
stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini delle miserie
terrene. Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale, dalla
quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta un
giorno, quando l'onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno
all'uomo la salvezza perduta per sua colpa. Dio infatti ha chiamato e
chiama l'uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione
perpetua con la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha
conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla morte
mediante la sua morte.
Pertanto la fede, offrendosi con solidi argomenti a
chiunque voglia riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la
sorte futura; e al tempo stesso dà la possibilità di una comunione nel
Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci la speranza
che essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.
19. Forme e radici
dell'ateismo.
L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo consiste
nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è
invitato al dialogo con Dio.
Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato
per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive
pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se
non si abbandona al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia,
non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale
legame con Dio: a tal punto che l'ateismo va annoverato fra le realtà più
gravi del nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor maggiore. Con il
termine “ ateismo ” vengono designati fenomeni assai diversi tra loro.
Alcuni atei, infatti, negano esplicitamente Dio; altri
ritengono che l'uomo non possa dir niente di lui; altri poi prendono in
esame i problemi relativi a Dio con un metodo tale che questi sembrano non
aver senso. Molti, oltrepassando indebitamente i confini delle scienze
positive, o pretendono di spiegare tutto solo da questo punto di vista
scientifico, oppure al contrario non ammettono ormai più alcuna verità
assoluta. Alcuni tanto esaltano l'uomo, che la fede in Dio ne risulta
quasi snervata, inclini come sono, a quanto sembra, ad affermare l'uomo
più che a negare Dio.
Altri si creano una tale rappresentazione di Dio che,
respingendolo, rifiutano un Dio che non è affatto quello del Vangelo.
Altri nemmeno si pongono il problema di Dio: non sembrano sentire alcuna
inquietudine religiosa, né riescono a capire perché dovrebbero
interessarsi di religione. L'ateismo inoltre ha origine sovente, o dalla
protesta violenta contro il male nel mondo, o dall'aver attribuito
indebitamente i caratteri propri dell'assoluto a qualche valore umano,
così che questo prende il posto di Dio. Perfino la civiltà moderna, non
per sua essenza, ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena, può
rendere spesso più difficile l'accesso a Dio.
Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di
tenere lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi religiosi,
non seguendo l'imperativo della loro coscienza, non sono esenti da colpa;
tuttavia in questo campo anche i credenti spesso hanno una certa
responsabilità.
Infatti l'ateismo, considerato nel suo insieme, non è
qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va
annoverata anche una reazione critica contro le religioni, anzi in alcune
regioni, specialmente contro la religione cristiana.
Per questo nella genesi dell'ateismo possono
contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato
di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della
dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e
sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il
genuino volto di Dio e della religione.
20. L'ateismo sistematico.
L'ateismo moderno si presenta spesso anche in una forma
sistematica, secondo cui, oltre ad altre cause, l'aspirazione
all'autonomia dell'uomo viene spinta a un tal punto, da far ostacolo a
qualunque dipendenza da Dio. Quelli che professano un tale ateismo
sostengono che la libertà consista nel fatto che l'uomo sia fine a se
stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia; cosa che non può
comporsi, così essi pensano, con il riconoscimento di un Signore, autore e
fine di tutte le cose, o che almeno rende semplicemente superflua tale
affermazione.
Una tale dottrina può essere favorita da quel senso di
potenza che l'odierno progresso tecnico ispira all uomo. Tra le forme
dell'ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la
liberazione dell'uomo soprattutto dalla sua liberazione economica e
sociale La religione sarebbe di ostacolo, per natura sua, a tale
liberazione, in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso il miraggio
di una vita futura, la distoglierebbe dall'edificazione della città
terrena.
Perciò i fautori di tale dottrina, là dove accedono al
potere, combattono con violenza la religione e diffondono l'ateismo anche
ricorrendo agli strumenti di pressione di cui dispone il potere pubblico,
specialmente nel campo dell'educazione dei giovani.
21. Atteggiamento della Chiesa di
fronte all'ateismo.
La Chiesa, fedele ai suoi doveri verso Dio e verso gli
uomini, non può fare a meno di riprovare, come ha fatto in passato, con
tutta fermezza e con dolore, quelle dottrine e quelle azioni funeste che
contrastano con la ragione e con l'esperienza comune degli uomini e che
degradano l'uomo dalla sua innata grandezza. Si sforza tuttavia di
scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente
degli atei e, consapevole della gravità delle questioni suscitate
dall'ateismo, mossa dal suo amore verso tutti gli uomini, ritiene che esse
debbano meritare un esame più serio e più profondo. La Chiesa crede che il
riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo,
dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua
perfezione. L'uomo infatti riceve da Dio Creatore le doti di intelligenza
e di libertà ed è costituito nella società; ma soprattutto è chiamato alla
comunione con Dio stesso in qualità di figlio e a partecipare alla sua
stessa felicità. Inoltre la Chiesa insegna che la speranza escatologica
non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi
a sostegno dell'attuazione di essi.
Al contrario, invece, se manca la base religiosa e la
speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai
grave, come si constata spesso al giorno d'oggi, e gli enigmi della vita e
della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che
non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione. E intanto ciascun
uomo rimane ai suoi propri occhi un problema insoluto, confusamente
percepito. Nessuno, infatti, in certe ore e particolarmente in occasione
dei grandi avvenimenti della vita può evitare totalmente quel tipo di
interrogativi sopra ricordato.
A questi problemi soltanto Dio dà una risposta piena e
certa, lui che chiama l'uomo a una riflessione più profonda e a una
ricerca più umile. Quanto al rimedio all'ateismo, lo si deve attendere sia
dall'esposizione adeguata della dottrina della Chiesa, sia dalla purezza
della vita di essa e dei suoi membri. La Chiesa infatti ha il compito di
rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato,
rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello
Spirito Santo.
Ciò si otterrà anzi tutto con la testimonianza di una
fede viva e adulta, vale a dire opportunamente formata a riconoscere in
maniera lucida le difficoltà e capace di superarle.
Di una fede simile han dato e danno testimonianza
sublime moltissimi martiri.
Questa fede deve manifestare la sua fecondità, col
penetrare l'intera vita dei credenti, compresa la loro vita profana, e col
muoverli alla giustizia e all'amore, specialmente verso i bisognosi.
Ciò che contribuisce di più, infine, a rivelare la
presenza di Dio, è la carità fraterna dei fedeli che unanimi nello spirito
lavorano insieme per la fede del Vangelo e si presentano quale segno di
unità. La Chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta l'ateismo,
tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non
credenti, devono contribuire alla giusta costruzione di questo mondo,
entro il quale si trovano a vivere insieme: ciò, sicuramente, non può
avvenire senza un leale e prudente dialogo. Essa pertanto deplora la
discriminazione tra credenti e non credenti che alcune autorità civili
ingiustamente introducono, a danno dei diritti fondamentali della persona
umana. Rivendica poi, in favore dei credenti, una effettiva libertà,
perché sia loro consentito di edificare in questo mondo anche il tempio di
Dio. Quanto agli atei, essa li invita cortesemente a volere prendere in
considerazione il Vangelo di Cristo con animo aperto.
La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in
armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende
la dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai
non osano più credere alla grandezza del loro destino.
Il suo messaggio non toglie alcunché all'uomo, infonde
invece luce, vita e libertà per il suo progresso, e all'infuori di esso,
niente può soddisfare il cuore dell'uomo: “ Ci hai fatto per te ”, o
Signore, “e il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te”.
22. Cristo, l'uomo nuovo.
In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato
trova vera luce il mistero dell'uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello
futuro (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il
mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se
stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su
esposte in lui trovino la loro sorgente e tocchino il loro vertice. Egli è
“ l'immagine dell'invisibile Iddio ” (Col1,15) è l'uomo perfetto che ha
restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già
subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza
per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi
innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo
modo ad ogni uomo.
Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con
intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con cuore
d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi,
in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo
sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha
riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del
diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il
Figlio di Dio “ mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me” (Gal2,20).
Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l'esempio perché seguiamo
le sue orme ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la
morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.
Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio
che è il primogenito tra molti fratelli riceve “le primizie dello Spirito”
(Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova
dell'amore.
In virtù di questo Spirito, che è il “pegno della
eredità” (Ef1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, nell'attesa
della “ redenzione del corpo ” (Rm8,23): “ Se in voi dimora lo Spirito di
colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da
morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo Spirito che
abita in voi” (Rm8,11).
Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e
dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e
di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme
al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione
fortificato dalla speranza.
E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per
tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la
grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo
è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo
Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che
Dio conosce, al mistero pasquale.
Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo
mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti.
Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte,
che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha
distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita,
perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando
nello Spirito: Abba, Padre!.
CAPITOLO II
LA COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23. Che cosa intende il
Concilio.
Il moltiplicarsi delle relazioni tra gli uomini
costituisce uno degli aspetti più importanti del mondo di oggi, al cui
sviluppo molto contribuisce il progresso tecnico contemporaneo.
Tuttavia il fraterno dialogo tra gli uomini non trova
il suo compimento in tale progresso, ma più profondamente nella comunità
delle persone, e questa esige un reciproco rispetto della loro piena
dignità spirituale. La Rivelazione cristiana dà grande aiuto alla
promozione di questa comunione tra persone; nello stesso tempo ci guida ad
un approfondimento delle leggi che regolano la vita sociale, scritte dal
Creatore nella natura spirituale e morale dell'uomo.
Siccome documenti recenti del magistero della Chiesa
hanno esposto diffusamente la dottrina cristiana circa l'umana società, il
Concilio ricorda solo alcune verità più importanti e ne espone i
fondamenti alla luce della Rivelazione.
Insiste poi su certe conseguenze che sono
particolarmente importanti per il nostro tempo.
24. L'indole comunitaria dell'umana
vocazione nel piano di Dio.
Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che
tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro
come fratelli. Tutti, infatti, creati ad immagine di Dio “ che da un solo
uomo ha prodotto l'intero genere umano affinché popolasse tutta la terra ”
(At17,26), sono chiamati al medesimo fine, che è Dio stesso. Perciò l'amor
di Dio e del prossimo è il primo e più grande comandamento. La sacra
Scrittura, da parte sua, insegna che l'amor di Dio non può essere
disgiunto dall'amor del prossimo, “e tutti gli altri precetti sono
compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso. La
pienezza perciò della legge è l'amore ” (Rm13,9); (1Gv4,20).
È evidente che ciò è di grande importanza per degli
uomini sempre più dipendenti gli uni dagli altri e per un mondo che va
sempre più verso l'unificazione.
Anzi, il Signore
Gesù, quando prega il Padre perché “
tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola ” (Gv17,21),
aprendoci prospettive inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito
una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei
figli di Dio nella verità e nell'amore.
Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in
terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa
ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.
25. Interdipendenza della persona e
della umana società.
Dal carattere sociale dell'uomo appare evidente come il
perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società
siano tra loro interdipendenti.
Infatti, la persona umana, che di natura sua ha
assolutamente bisogno d'una vita sociale, è e deve essere principio,
soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali.
Poiché la vita sociale non è qualcosa di esterno
all'uomo, l'uomo cresce in tutte le sue capacità e può rispondere alla sua
vocazione attraverso i rapporti con gli altri, la reciprocità dei servizi
e il dialogo con i fratelli. Tra i vincoli sociali che sono necessari al
perfezionamento dell'uomo, alcuni, come la famiglia e la comunità
politica, sono più immediatamente rispondenti alla sua natura intima;
altri procedono piuttosto dalla sua libera volontà.
In questo nostro tempo, per varie cause, si
moltiplicano rapporti e interdipendenze, dalle quali nascono associazioni
e istituzioni diverse di diritto pubblico o privato.
Questo fatto, che viene chiamato socializzazione,
sebbene non manchi di pericoli, tuttavia reca in sé molti vantaggi nel
rafforzamento e accrescimento delle qualità della persona umana e nella
tutela dei suoi diritti. Ma se le persone umane ricevono molto da tale
vita sociale per assolvere alla propria vocazione, anche religiosa, non si
può tuttavia negare che gli uomini dal contesto sociale nel quale vivono e
sono immersi fin dalla infanzia, spesso sono sviati dal bene e spinti al
male.
È certo che i perturbamenti, così frequenti nell'ordine
sociale, provengono in parte dalla tensione che esiste in seno alle
strutture economiche, politiche e sociali.
Ma, più radicalmente, nascono dalla superbia e
dall'egoismo umano, che pervertono anche l'ambiente sociale. Là dove
l'ordine delle cose è turbato dalle conseguenze del peccato, l'uomo già
dalla nascita incline al male, trova nuovi incitamenti al peccato, che non
possono esser vinti senza grandi sforzi e senza l'aiuto della grazia.
26. Promuovere il bene
comune.
Dall'interdipendenza sempre più stretta e piano piano
estesa al mondo intero deriva che il bene comune--cioè l'insieme di quelle
condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai
singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente--oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri
che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e
delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune
dell'intera famiglia umana. Contemporaneamente cresce la coscienza
dell'eminente dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i
cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia
reso accessibile all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una
vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto
a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il
diritto all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla
necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto
dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla
giusta libertà anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono
sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose
deve essere subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo
quanto suggerisce il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per
l'uomo e non l'uomo per il sabato. Quell'ordine è da sviluppare sempre
più, deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere
vivificato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella
libertà.
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare al
rinnovamento della mentalità e intraprendere profondi mutamenti della
società. Lo Spirito di Dio, che con mirabile provvidenza dirige il corso
dei tempi e rinnova la faccia della terra, è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore
dell'uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità.
27. Rispetto della persona
umana.
Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore urgenza,
il Concilio inculca il rispetto verso l'uomo: ciascuno consideri il
prossimo, nessuno eccettuato, come un altro “ se stesso ”, tenendo conto
della sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla degnamente, per non
imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero Lazzaro.
Soprattutto oggi urge l'obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e
rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio
abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o
esiliato, o fanciullo nato da un'unione illegittima, che patisce
immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o affamato che
richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: “ Quanto
avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli, l'avete fatto a me”
(Mt25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie
di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio
volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le
mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni
psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni
di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la
schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o
ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono
trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e
responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente
vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così
si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente
l'onore del Creatore.
28. Il rispetto e l'amore per gli
avversari.
Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a coloro che
pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e
persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo
nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un
dialogo.
Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun
modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l'amore
stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini
la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da
rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche
quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose.
Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci
vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina del
Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell'amore
si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge:
“Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma
io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e
pregate per i vostri persecutori e calunniatori ” (Mt5,43).
29. La fondamentale uguaglianza di
tutti gli uomini e la giustizia sociale.
Tutti gli uomini, dotati di un'anima razionale e creati
ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti,
redenti da Cristo godono della stessa vocazione e del medesimo destino
divino: è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale
uguaglianza fra tutti.
Sicuramente, non tutti gli uomini sono uguali per la
varia capacità fisica e per la diversità delle forze intellettuali e
morali. Ma ogni genere di discriminazione circa i diritti fondamentali
della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso,
della razza, del colore, della condizione sociale, della lingua o
religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di
Dio.
Invero è doloroso constatare che quei diritti
fondamentali della persona non sono ancora e dappertutto garantiti
pienamente. Avviene così quando si nega alla donna la facoltà di scegliere
liberamente il marito e di abbracciare un determinato stato di vita,
oppure di accedere a un'educazione e a una cultura pari a quelle che si
ammettono per l'uomo.
In più, benché tra gli uomini vi siano giuste
diversità, la uguale dignità delle persone richiede che si giunga a
condizioni di vita più umane e giuste.
Infatti le disuguaglianze economiche e sociali
eccessive tra membri e tra popoli dell'unica famiglia umana, suscitano
scandalo e sono contrarie alla giustizia sociale, all'equità, alla dignità
della persona umana, nonché alla pace sociale e internazionale.
Le umane istituzioni, sia private che pubbliche, si
sforzino di mettersi al servizio della dignità e del fine dell'uomo. Nello
stesso tempo combattano strenuamente contro ogni forma di servitù sociale
e politica, e garantiscano i fondamentali diritti degli uomini sotto
qualsiasi regime politico.
Anzi, queste istituzioni si debbono a poco a poco
accordare con le realtà spirituali, le più alte di tutte, anche se talora
occorra un tempo piuttosto lungo per giungere al fine desiderato.
30. Occorre superare l'etica
individualistica.
La profonda e rapida trasformazione delle cose esige,
con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al
corso delle cose e intorpidito dall'inerzia, si contenti di un'etica
puramente individualistica. Il dovere della giustizia e dell'amore viene
sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune
secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta
anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le
condizioni di vita degli uomini. Vi sono di quelli che, pur professando
opinioni larghe e generose, tuttavia continuano a vivere in pratica come
se non avessero alcuna cura delle necessità della società.
Anzi molti, in certi paesi, tengono in poco conto le
leggi e le prescrizioni sociali.
Non pochi non si vergognano di evadere, con vari
sotterfugi e frodi, le giuste imposte o altri obblighi sociali. Altri
trascurano certe norme della vita sociale, ad esempio ciò che concerne la
salvaguardia della salute, o le norme stabilite per la guida dei veicoli,
non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro incuria, la
propria vita e quella degli altri. Che tutti prendano sommamente a cuore
di annoverare le solidarietà sociali tra i principali doveri dell'uomo
d'oggi, e di rispettarle.
Infatti quanto più il mondo si unifica, tanto più
apertamente gli obblighi degli uomini superano i gruppi particolari e si
estendono a poco a poco al mondo intero.
E ciò non può avvenire se i singoli uomini e i gruppi
non coltivano le virtù morali e sociali e le diffondono nella società,
cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una umanità nuova, con il
necessario aiuto della grazia divina.
31. Responsabilità e
partecipazione.
Affinché i singoli uomini assolvano con maggiore cura
il proprio dovere di coscienza verso se stessi e verso i vari gruppi di
cui sono membri, occorre educarli con diligenza ad acquisire una più ampia
cultura spirituale, utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a
disposizione del genere umano. Innanzitutto l'educazione dei giovani, di
qualsiasi origine sociale, deve essere impostata in modo da suscitare
uomini e donne, non tanto raffinati intellettualmente, ma di forte
personalità, come è richiesto fortemente dal nostro tempo. Ma a tale senso
di responsabilità l'uomo giunge con difficoltà se le condizioni della vita
non gli permettono di prender coscienza della propria dignità e di
rispondere alla sua vocazione, prodigandosi per Dio e per gli altri.
Invero la libertà umana spesso si indebolisce qualora
l'uomo cada in estrema indigenza, come si degrada quando egli stesso,
lasciandosi andare a una vita troppo facile, si chiude in una specie di
aurea solitudine. Al contrario, essa si fortifica quando l'uomo accetta le
inevitabili difficoltà della vita sociale, assume le molteplici esigenze
dell'umana convivenza e si impegna al servizio della comunità umana.
Perciò bisogna stimolare la volontà di tutti ad assumersi la propria parte
nelle comuni imprese. È poi da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni
nelle quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe degli affari
pubblici, in una autentica libertà.
Si deve tuttavia tener conto delle condizioni concrete
di ciascun popolo e della necessaria solidità dei pubblici poteri.
Affinché poi tutti i cittadini siano spinti a partecipare alla vita dei
vari gruppi di cui si compone il corpo sociale, è necessario che trovino
in essi dei valori capaci di attirarli e di disporli al servizio degli
altri. Si può pensare legittimamente che il futuro dell'umanità sia
riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle
generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.
32. Il Verbo incarnato e la
solidarietà umana.
Come Dio creò gli uomini non perché vivessero
individualisticamente, ma perché si unissero in società, così a lui anche
“... piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno, fuori di
ogni mutuo legame, ma volle costituirli in popolo, che lo conoscesse nella
verità e santamente lo servisse ”. Sin dall'inizio della storia della
salvezza, egli stesso ha scelto degli uomini, non soltanto come individui
ma come membri di una certa comunità Infatti questi eletti Dio,
manifestando il suo disegno, chiamò a suo popolo” (Es3,7). Con questo
popolo poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere comunitario è perfezionato e compiuto
dall'opera di Cristo Gesù.
Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della
solidarietà umana.
Prese parte alle nozze di Cana, entrò nella casa di
Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori.
Ha rivelato l'amore del Padre e la magnifica vocazione
degli uomini ricordando gli aspetti più ordinari della vita sociale e
adoperando linguaggio e immagini della vita d'ogni giorno.
Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle
familiari, dalle quali trae origine la vita sociale.
Si sottomise volontariamente alle leggi della sua
patria. Volle condurre la vita di un artigiano del suo tempo e della sua
regione. Nella sua predicazione ha chiaramente affermato che i figli di
Dio hanno l'obbligo di trattarsi vicendevolmente come fratelli.
Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli
fossero una “ cosa sola ”.
Anzi egli stesso si offrì per tutti fino alla morte,
lui il redentore di tutti. “ Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la
propria vita per i suoi amici ” (Gv15,13).
Comandò inoltre agli apostoli di annunciare il
messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano diventasse
la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l'amore.
Primogenito tra molti fratelli, dopo la sua morte e risurrezione ha
istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna
fra tutti coloro che l'accolgono con la fede e la carità: essa si realizza
nel suo corpo, che è la Chiesa.
In questo corpo tutti, membri tra di loro, si debbono
prestare servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi. Questa
solidarietà dovrà sempre essere accresciuta, fino a quel giorno in cui
sarà consumata; in quel giorno gli uomini, salvati dalla grazia,
renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia amata da Dio e da Cristo,
loro fratello.
CAPITOLO III
L'ATTIVITÀ UMANA
NELL'UNIVERSO
33. Il problema.
Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato
sempre di sviluppare la propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto
della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo
dominio su quasi tutta la natura e, grazie soprattutto alla
moltiplicazione di mezzi di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a
poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità
unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un tempo l'uomo
si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua
iniziativa e con le sue forze.
Di fronte a questo immenso sforzo, che orrnai pervade
tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è
il senso e il valore della attività umana?
Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono
gli sforzi sia individuali che collettivi?
La Chiesa, custode del deposito della parola di Dio, da
cui vengono attinti i principi per l'ordine morale e religioso, anche se
non ha sempre pronta la soluzione per ogni singola questione, desidera
unire la luce della Rivelazione alla competenza di tutti allo scopo di
illuminare la strada sulla quale si è messa da poco l'umanità.
34. Il valore dell'attività
umana.
Per i credenti una cosa è certa: considerata in se
stessa, l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente
sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le
proprie condizioni di vita, corrisponde alle intenzioni di Dio.
L'uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto
il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e
di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure di
riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui
il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta
la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò
vale anche per gli ordinari lavori quotidiani.
Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il
sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio lavoro in
modo tale da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a
buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolungano l'opera del
Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo
personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia.
I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti
dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la
creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi
piuttosto che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e
frutto del suo ineffabile disegno. Ma quanto più cresce la potenza degli
uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità, sia
individuale che collettiva.
Da ciò si vede come il messaggio cristiano, lungi dal
distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo o dall'incitarli
a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto
ciò con un obbligo ancora più pressante.
35. Norme dell'attività
umana.
L'attività umana come deriva dall'uomo così è ordinata
all'uomo.
L'uomo, infatti, quando lavora, non trasforma soltanto
le cose e la società, ma perfeziona se stesso. Apprende molte cose,
sviluppa le sue facoltà, esce da sé e si supera.
Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle
ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello
che “ è ” che per quello che “ha”.
Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo
di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un
ordine più umano dei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in
campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la base
materiale della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo a
realizzarla.
Pertanto questa è la norma dell'attività umana: che
secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene
dell'umanità, e che permetta all'uomo, considerato come individuo o come
membro della società, di coltivare e di attuare la sua integrale
vocazione.
36. La legittima autonomia delle
realtà terrene.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che,
se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga
impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.
Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che
le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo
gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una
esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli
uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.
Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che
le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro
leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare,
riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o
tecnica.
Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se
procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non
sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le
realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio.
Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di
scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza,
viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza
tutte le cose, fa che siano quello che sono.
A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi
atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i
cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima
autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi
trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si
oppongano tra loro.
Se invece con l'espressione “ autonomia delle realtà
temporali ” si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che
l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che
creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.
La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.
Del resto tutti coloro che credono, a qualunque
religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di
Dio nel linguaggio delle creature.
Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura
stessa.
37. L'attività umana corrotta dal
peccato.
La sacra Scrittura, però, con cui si accorda
l'esperienza dei secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che
pure è un grande bene dell'uomo, porta con sé una seria tentazione.
Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il
male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente agli interessi
propri e non a quelli degli altri; cosi il mondo cessa di essere il campo
di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana
minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una
lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin
dall'origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino
all'ultimo giorno.
Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere
senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua
interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della
grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano
provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può
servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di
far risuonare il detto dell'Apostolo: “ Non vogliate adattarvi allo stile
di questo mondo ” (Rm12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di malizia
che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al
servizio di Dio e dell'uomo.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale
miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le
attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e
dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese
perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo.
Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello
Spirito Santo, l'uomo, infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha
creato.
Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e
le rispetta.
Di esse ringrazia il divino benefattore e, usando e
godendo delle creature in spirito di povertà e di libertà, viene
introdotto nel vero possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e
che possiede tutto: “Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo e il
Cristo è di Dio ” (1Cor3,22).
38. L'attività umana elevata a
perfezione nel mistero pasquale.
Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato
creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli
uomini, entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa
e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela “ che Dio è carità ” (1Gv4,8) e
insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e
perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento
dell'amore.
Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da
lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e
che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono
vani.
Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada
della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle
circostanze ordinarie della vita.
Accettando di morire per noi tutti peccatori, egli ci
insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che
dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace
e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il
Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel
cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il
desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e
fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini
cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine
tutta la terra.
Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a
dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste,
contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a
consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare-attraverso
tale loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti,
però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e
convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si
proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a
Dio.
Un pegno di questa speranza e un alimento per il
cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede
nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasmutati
nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione
fraterna che è pregustazione del convito del cielo.
39. Terra nuova e cielo
nuovo.
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e
l'umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa
certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però
dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova,
in cui abita la giustizia , e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente
tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini .
Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno
risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione
rivestirà l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà
liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha
creato appunto per l'uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se
guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una
terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la
sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel
corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa
prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il
progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale
progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana
società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei
valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e
cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che
li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo
precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia,
illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre “ il
regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di
santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ”.
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma
con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO
CONTEMPORANEO
40. Mutua relazione tra Chiesa e
mondo.
Tutto quello che abbiamo detto a proposito della
dignità della persona umana, della comunità degli uomini, del significato
profondo della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra
Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra loro.
In questo capitolo, pertanto, presupponendo tutto ciò
che il Concilio ha già insegnato circa il mistero della Chiesa, si viene a
prendere in considerazione la medesima Chiesa in quanto si trova nel mondo
e insieme con esso vive ed agisce.
La Chiesa, procedendo dall'amore dell'eterno Padre,
fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo, ha
una finalità salvifica ed escatologica che non può essere raggiunta
pienamente se non nel mondo futuro. Ma essa è già presente qui sulla
terra, ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della città
terrena chiamati a formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei
figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all'avvento del
Signore. Unita in vista dei beni celesti e da essi arricchita, tale
famiglia fu da Cristo “ costituita e ordinata come società in questo mondo
” e fornita di “ mezzi capaci di assicurare la sua unione visibile e
sociale ”. Perciò la Chiesa, che è insieme “ società visibile e comunità
spirituale ” cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al
mondo la medesima sorte terrena; essa è come il fermento e quasi l'anima
della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in
famiglia di Dio. Tale compenetrazione di città terrena e città celeste non
può certo essere percepita se non con la fede; resta, anzi, il mistero
della storia umana, che è turbata dal peccato fino alla piena
manifestazione dello splendore dei figli di Dio.
Ma la Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di
salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina; essa diffonde anche
in qualche modo sopra tutto il mondo la luce che questa vita divina
irradia, e lo fa specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità
della persona umana, consolida la compagine della umana società e
conferisce al lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e
significato. Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera
la sua comunità, crede di poter contribuire molto a umanizzare di più la
famiglia degli uomini e la sua storia.
Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene in gran
conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, han dato e
danno, cooperando insieme, le altre Chiese o comunità ecclesiali.
Al tempo stesso essa è persuasa che, per preparare le
vie al Vangelo, il mondo può fornirle in vario modo un aiuto prezioso
mediante le qualità e l'attività dei singoli o delle società che lo
compongono. Allo scopo di promuovere debitamente tale mutuo scambio ed
aiuto, nei campi che in qualche modo sono comuni alla Chiesa e al mondo,
vengono qui esposti alcuni principi generali.
41. L'aiuto che la Chiesa intende
offrire agli individui.
L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più pieno
sviluppo della sua personalità e di una progressiva scoperta e
affermazione dei propri diritti. Poiché la Chiesa ha ricevuto la missione
di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo dell'uomo,
essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua propria esistenza,
vale a dire la verità profonda sull'uomo.
Essa sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è
dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può
essere pienamente saziato dagli elementi terreni.
Sa ancora che l'uomo, sollecitato incessantemente dallo
Spirito di Dio, non potrà mai essere del tutto indifferente davanti al
problema religioso, come dimostrano non solo l'esperienza dei secoli
passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi nostri.
L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere,
almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua
attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel
mondo, gli richiama alla mente questi problemi. Ma soltanto Dio, che ha
creato l'uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può offrire
a tali problemi una risposta pienamente adeguata; cose che egli fa per
mezzo della rivelazione compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto
uomo.
Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa
anch'egli più uomo.
Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la
dignità della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che, per
esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo.
Nessuna legge umana è in grado di assicurare la dignità
personale e la libertà dell'uomo, quanto il Vangelo di Cristo, affidato
alla Chiesa.
Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà
dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal
peccato onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera
decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a
servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla
carità di tutti.
Ciò corrisponde alla legge fondamentale della economia
cristiana.
Benché, infatti, i1 Dio Salvatore e il Dio Creatore
siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore della
storia umana e il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo
stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente
dell'uomo, lungi dall'essere soppressa, viene piuttosto restituita alla
sua dignità e in essa consolidata.
Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole,
proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con
cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque.
Questo movimento tuttavia deve essere impregnato dallo
spirito del Vangelo e dev'essere protetto contro ogni specie di falsa
autonomia.
Siamo, infatti, esposti alla tentazione di pensare che
i nostri diritti personali sono pienamente salvi solo quando veniamo
sciolti da ogni norma di legge divina.
Ma per questa strada la dignità della persona umana non
si salva e va piuttosto perduta.
42. L'aiuto che la Chiesa intende dare
alla società umana.
L'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e
completata dall'unità della famiglia dei figli di Dio, fondata sul Cristo.
Certo, la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è
d'ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha
prefisso è d'ordine religioso.
Eppure proprio da questa missione religiosa
scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e
a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina.
Così pure, dove fosse necessario, a seconda delle
circostanze di tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve suscitare opere
destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per
esempio, opere di misericordia e altre simili.
La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si
trova nel dinamismo sociale odierno, soprattutto il movimento verso
l'unità, il progresso di una sana socializzazione e della solidarietà
civile ed economica. Promuovere l'unità corrisponde infatti alla intima
missione della Chiesa, la quale è appunto “ in Cristo quasi un sacramento,
ossia segno e strumento di intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano”. Così essa mostra al mondo che una vera unione sociale
esteriore discende dalla unione delle menti e dei cuori, ossia da quella
fede e da quella carità, con cui la sua unità è stata indissolubilmente
fondata nello Spirito Santo.
Infatti, la forza che la Chiesa riesce a immettere
nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità
effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore
esercitata con mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua
missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di
cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per
questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le
diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e
le riconoscano di fatto una vera libertà per il compimento della sua
missione. Per questo motivo la Chiesa esorta i suoi figli, come pure tutti
gli uomini, a superare, in questo spirito di famiglia proprio dei figli di
Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze, e a consolidare interiormente le
legittime associazioni umane. Il Concilio, dunque, considera con grande
rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle
istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è creata e continua a
crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole aiutare e promuovere tutte
queste istituzioni, per quanto ciò dipende da lei ed è compatibile con la
sua missione.
Niente le sta più a cuore che di servire al bene di
tutti e di potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che
rispetti i diritti fondamentali della persona e della famiglia e riconosca
le esigenze del bene comune.
43. L'aiuto che la Chiesa intende dare
all'attività umana per mezzo dei cristiani.
Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e
dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri
terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo
una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per
questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che
invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la
vocazione di ciascuno.
A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano
di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste
fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe,
secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri
morali.
La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede
che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi
errori del nostro tempo.
Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento
elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù
Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.
Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le
attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa
dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i
suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo
la propria salvezza eterna.
Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di
Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività
terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici
e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto
la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai
laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le
attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del
mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi
proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera
perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti
mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e
ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove
occorra, e ne assicurino la realizzazione.
Spetta alla loro coscienza, già convenientemente
formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai
sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però che i loro pastori siano sempre
esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli
gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a
questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la
propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo
attenzione rispettosa alla dottrina del magistero.
Per lo più sarà la stessa visione cristiana della
realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata
soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno
esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede
abbastanza spesso e legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro,
anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti
collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che
nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della
propria opinione l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente
attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo
cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta
la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione del
mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni
di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.
I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di reggere la
Chiesa di Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio di
Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase
dalla luce del Vangelo.
Inoltre i pastori tutti ricordino che essi con la loro
quotidiana condotta e con la loro sollecitudine mostrano al mondo un volto
della Chiesa, in base al quale gli uomini si fanno un giudizio sulla
efficacia e sulla verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la
parola, uniti ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già
con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente
inesauribile di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo
moderno.
Con lo studio assiduo si rendano capaci di assumere la
propria responsabilità nel dialogo col mondo e con gli uomini di qualsiasi
opinione.
Soprattutto però abbiano in mente le parole di questo
Concilio: “ Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in unità
civile, economica e sociale, è tanto più necessario che i sacerdoti,
unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo Pontefice,
eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il genere umano sia
ricondotto all'unità della famiglia di Dio ”.
Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia
rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere
segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i
suoi membri sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia, non
sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio.
E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto
distanti siano tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di
coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia
dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con
forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo. Così pure la
Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente maturare imparando
dall'esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti col
mondo.
Guidata dallo Spirito Santo, la madre Chiesa non si
stancherà di “esortare i suoi figli a purificarsi e a rinnovarsi, perché
il segno di Cristo risplenda ancor più chiaramente sul volto della
Chiesa”.
44. L'aiuto che la Chiesa riceve dal
mondo contemporaneo.
Come è importante per il mondo che esso riconosca la
Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la
Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e
dall'evoluzione del genere umano. L'esperienza dei secoli passati, il
progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura
umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si
aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la
Chiesa.
Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò
ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue
dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei
filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti,
sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale
adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la
legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni
popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di
Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa
e le diverse culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio,
oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi
di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell'apporto di coloro che,
vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne
capiscono la mentalità, si tratti di credenti o di non credenti.
È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei
pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare
attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo,
e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità
rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir
presentata in forma più adatta.
La Chiesa, avendo una struttura sociale visibile, che è
appunto segno della sua unità in Cristo, può essere arricchita, e lo è
effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale umana non perché manchi
qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più
profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con più successo ai
nostri tempi.
Essa sente con gratitudine di ricevere, nella sua
comunità non meno che nei suoi figli singoli, vari aiuti dagli uomini di
qualsiasi grado e condizione.
Chiunque promuove la comunità umana nell'ordine della
famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come pure della
politica, sia nazionale che internazionale, porta anche non poco aiuto,
secondo il disegno di Dio, alla comunità della Chiesa, nella misura in cui
questa dipende da fattori esterni.
Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è
venuto e le può venire perfino dall'opposizione di quanti la avversano o
la perseguitano.
45. Cristo, l'alfa e
l'omega.
La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere
molto da esso, ha di mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si
realizzi la salvezza dell'intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo
di Dio può offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio
terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è “l'universale sacramento
della salvezza” che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio
verso l'uomo. Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato
creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto,
la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine
della storia umana, “ il punto focale dei desideri della storia e della
civiltà ”, il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza
delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte,
ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e
dei morti. Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo
incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in
pieno al disegno del suo amore: “ Ricapitolare tutte le cose in Cristo,
quelle del cielo come quelle della terra ” (Ef 1,10). Dice il Signore
stesso: “ Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire
ciascuno secondo le opere sue. Io sono l'alfa e l'omega, il primo e
l'ultimo, il principio e il fine” (Ap 22,12-13).
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI
PIÙ URGENTI
46. Proemio
Dopo aver esposto di quale dignità è insignita la
persona dell'uomo e quale compito, individuale e sociale, egli è chiamato
ad adempiere sulla terra, il Concilio, alla luce del Vangelo e
dell'esperienza umana, attira ora l'attenzione di tutti su alcuni problemi
contemporanei particolarmente urgenti, che toccano in modo specialissimo
il genere umano. Tra le numerose questioni che oggi destano l'interesse
generale, queste meritano particolare menzione: il matrimonio e la
famiglia, la cultura umana, la vita economico-sociale, la vita politica,
la solidarietà tra le nazioni e la pace. Sopra ciascuna di esse
risplendano i principi e la luce che provengono da Cristo; così i
cristiani avranno una guida e tutti gli uomini potranno essere illuminati
nella ricerca delle soluzioni di problemi tanto numerosi e complessi.
CAPITOLO I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA
FAMIGLIA E SUA VALORIZZAZIONE
47. Matrimonio e famiglia nel mondo
d'oggi
Il bene della persona e della società umana e cristiana
è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale
e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di
questa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi, con i quali
gli uomini favoriscono oggi la formazione di questa comunità di amore e la
stima ed il rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e
genitori della loro eminente missione; da essi i cristiani attendono
sempre migliori vantaggi e si sforzano di promuoverli.
Però la dignità di questa istituzione non brilla
dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia,
dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre
deformazioni. Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato
dall'egoismo, dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità.
Inoltre le odierne condizioni economiche, socio-psicologiche e civili
portano turbamenti non lievi nella vita familiare. E per ultimo in
determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i
problemi posti dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono
difficoltà che angustiano la coscienza. Tuttavia il valore e la solidità
dell'istituto matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che le
profonde mutazioni dell'odierna società, nonostante le difficoltà che ne
scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera
natura di questa istituzione.
Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni
punti capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e
incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di
salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l'altissimo valore sacro
dello stato matrimoniale.
48. Santità del matrimonio e della
famiglia
L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata
dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall'alleanza
dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è
dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che
nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha
stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della
prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall'arbitrio
dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di
molteplici valori e fini: tutto ciò è di somma importanza per la
continuità del genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di
ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace
e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana.
Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e
l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della
prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna,
che per l'alleanza coniugale “ non sono più due, ma una sola carne ” (Mt
19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle
persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e
sempre più pienamente la conseguono.
Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due
persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi
e ne reclamano l'indissolubile unità.
Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue
benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte
della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la
Chiesa. Infatti, come un tempo Dio ha preso l'iniziativa di un'alleanza di
amore e fedeltà con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e
sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il
sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli
stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa così anche i coniugi
possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione.
L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e
arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della
Chiesa, perché i coniugi in maniera efficace siano condotti a Dio e siano
aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e
madre. Per questo motivo i coniugi cristiani sono fortificati e quasi
consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro
stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere
coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del
quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a
raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed
assieme rendono gloria a Dio.
Prevenuti dall'esempio e dalla preghiera comune dei
genitori, i figli, anzi tutti quelli che vivono insieme nell'ambito
familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente
umana, della salvezza e della santità.
Quanto agli sposi, insigniti della dignità e
responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere
dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta loro prima che a
chiunque altro.
I figli, come membra vive della famiglia,
contribuiscono pure in qualche modo alla santificazione dei genitori.
Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai genitori con affetto
riconoscente, con pietà filiale e fiducia; e li assisteranno, come si
conviene a figli, nelle avversità della vita e nella solitudine della
vecchiaia. La vedovanza, accettata con coraggio come continuazione della
vocazione coniugale sia onorata da tutti. La famiglia metterà con
generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze
spirituali. Allora la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come
immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del Cristo e della Chiesa
renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la
genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa,
l'unità e la fedeltà degli sposi, che con l'amorevole cooperazione di
tutti i suoi membri.
49. L'amore coniugale
I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di
Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e gli
sposi la loro unione matrimoniale con un affetto senza incrinature. Anche
molti nostri contemporanei annettono un grande valore al vero amore tra
marito e moglie, che si manifesta in espressioni diverse a seconda dei
sani costumi dei popoli e dei tempi. Proprio perché atto eminentemente
umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce
dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona; perciò
ha la possibilità di arricchire di particolare dignità le espressioni del
corpo e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni
speciali dell'amicizia coniugale.
Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed
elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale
amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e
mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di
tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi anzi, diventa più
perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. È ben
superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente
coltivata, presto e miseramente svanisce.
Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta
particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne
consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità
sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la
mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente
nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. Quest'amore, ratificato
da un impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di Cristo,
resta indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul piano
del corpo e dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni
divorzio. L'unità del matrimonio, confermata dal Signore, appare in
maniera lampante anche dalla uguale dignità personale che bisogna
riconoscere sia all'uomo che alla donna nel mutuo e pieno amore.
Per tener fede costantemente agli impegni di questa
vocazione cristiana si richiede una virtù fuori del comune; è per questo
che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno
assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di
sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera. Ma l'autentico amore
coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione
pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e di
armonia nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli,
e se assumono la loro responsabilità nel necessario rinnovamento
culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia.
I giovani siano adeguatamente istruiti, molto meglio se
in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla
sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della
castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle
nozze.
50. La fecondità del matrimonio
Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per
loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti
sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al
bene dei genitori stessi. Dio che disse: “ non è bene che l'uomo sia solo”
(Gn 2,18) e “che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina ” (Mt 19,4),
volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera
creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: “crescete e
moltiplicatevi” (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben
compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza
trascurare gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili
a cooperare coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che
attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.
I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di
Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita
umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro
propria.
E perciò adempiranno il loro dovere con umana e
cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune
accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo
conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di
quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le
condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato
di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della
società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi
lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro
linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono
procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza
che sia con forme alla legge divina stessa; e siano docili al magistero
della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del
Vangelo.
Tale legge divina manifesta il significato pieno
dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce verso la sua perfezione
veramente umana.
Così quando gli sposi cristiani, fidando nella divina
Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio, svolgono il loro ruolo
procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e
cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana.
Tra i coniugi che in tal modo adempiono la missione
loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che,
con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo
anche un più grande numero di figli da educare convenientemente.
Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto
per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra
persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi
abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E
perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non
c'è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e
conserva il suo valore e la sua indissolubilità.
51. Accordo dell'amore coniugale col
rispetto della vita
Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono
condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune
condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali
non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non
senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e
la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della
vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa
venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche
l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri.
C'è chi presume portare a questi problemi soluzioni non
oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione delle nuove vite. La
Chiesa ricorda, invece, che non può esserci vera contraddizione tra le
leggi divine, che reggono la trasmissione della vita, e quelle che
favoriscono l'autentico amore coniugale.
Infatti Dio, padrone della vita, ha affidato agli
uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve
essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta
concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e
l'infanticidio sono delitti abominevoli. La sessualità propria dell'uomo e
la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto
avviene negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti specifici
della vita coniugale, ordinati secondo la vera dignità umana, devono
essere rispettati con grande stima. Perciò, quando si tratta di mettere
d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita,
il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera
intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato secondo
criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della
persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di
vero amore, il significato totale della mutua donazione e della
procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata
con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della Chiesa,
fondati su questi principi, nel regolare la procreazione, non potranno
seguire strade che sono condannate dal magistero nella spiegazione della
legge divina. Del resto, tutti sappiamo che la vita dell'uomo e il compito
di trasmetterla non sono limitati agli orizzonti di questo mondo e non vi
trovano né la loro piena dimensione, né il loro pieno senso, ma riguardano
il destino eterno degli uomini.
52. L'impegno di tutti per il bene del
matrimonio e della famiglia
La famiglia è una scuola di arricchimento umano. Perché
però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compimento, è
necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la
consultazione reciproca e una continua collaborazione tra i genitori nella
educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla
loro formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui
abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del
proprio focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale
della donna. I figli poi, mediante l'educazione devono venire formati in
modo che, giunti alla maturità, possano seguire con pieno senso di
responsabilità la loro vocazione, compresa quella sacra; e se sceglieranno
lo stato di vita coniugale, possano formare una propria famiglia in
condizioni morali, sociali ed economiche favorevoli. È compito poi dei
genitori o dei tutori guidare i più giovani nella formazione di una nuova
famiglia con il consiglio prudente, presentato in modo che questi lo
ascoltino volentieri; dovranno tuttavia evitare di esercitare forme di
coercizione diretta o indiretta su di essi per spingerli al matrimonio o
alla scelta di una determinata persona come coniuge.
In questo modo la famiglia, nella quale le diverse
generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una
saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con
le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della
società. Tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue
diverse categorie, quindi, devono collaborare efficacemente alla
promozione del matrimonio e della famiglia; e le autorità civili dovranno
considerare come un sacro dovere conoscere la loro vera natura,
proteggerli e farli progredire, difendere la moralità pubblica e favorire
la prosperità domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei
genitori di generare la prole e di educarla in seno alla famiglia. Una
provvida legislazione ed iniziative varie dovranno pure proteggere ed
aiutare opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una propria
famiglia.
I cristiani, bene utilizzando il tempo presente e
distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per
sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia; lo
faranno tanto con la testimonianza della propria vita, quanto con
un'azione concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando le
difficoltà presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della
famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A questo fine sono di grande aiuto
il senso cristiano dei fedeli, la retta coscienza morale degli uomini,
come pure la saggezza e la competenza di chi è versato nelle discipline
sacre.
Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche,
mediche, sociali e psicologiche, possono portare un grande contributo al
bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze se, con
l'apporto convergente dei loro studi, cercheranno di chiarire sempre più a
fondo le diverse condizioni che favoriscono un'ordinata e onesta
procreazione umana.
È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria
competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la
vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari
mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il
culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e
pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino
famiglie veramente serene.
Le varie opere di apostolato, specialmente i movimenti
familiari, si adopereranno a sostenere con la dottrina e con l'azione i
giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a
formarli alla vita familiare, sociale ed apostolica.
Infine i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio
vivente e muniti di un'autentica dignità personale, siano uniti da un
uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità,
cosi che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici
della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare
testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con
la sua morte e la sua risurrezione.
CAPITOLO II
LA PROMOZIONE DELLA CULTURA
53. Introduzione
È proprio della persona umana il non poter raggiungere
un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la
cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò,
ogniqualvolta si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai
strettamente connesse.
Con il termine generico di “ cultura ” si vogliono
indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina e sviluppa le
molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in
suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana
la vita sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile,
mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar
del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi
esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso
di molti, anzi di tutto il genere umano.
Di conseguenza la cultura presenta necessariamente un
aspetto storico e sociale e la voce “ cultura ” assume spesso un
significato sociologico ed etnologico. In questo senso si parla di
pluralità delle culture. Infatti dal diverso modo di far uso delle cose,
di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare i
costumi, di fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di sviluppare
le scienze e le arti e di coltivare il bello, hanno origine i diversi
stili di vita e le diverse scale di valori. Cosi dalle usanze tradizionali
si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano. Così pure si
costituisce l'ambiente storicamente definito in cui ogni uomo, di
qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui attinge i beni che gli
consentono di promuovere la civiltà.
Sezione 1: La
situazione della cultura nel mondo odierno
54. Nuovi stili di vita
Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto
l'aspetto sociale e culturale, sono profondamente cambiate, così che è
lecito parlare di una nuova epoca della storia umana '. Di qui si aprono
nuove vie per perfezionare e diffondere più largamente la cultura. Esse
sono state preparate da un grandioso sviluppo delle scienze naturali e
umane, anche sociali, dal progresso delle tecniche, dallo sviluppo e
dall'organizzazione degli strumenti di comunicazione sociale. Perciò la
cultura odierna è caratterizzata da alcune note distintive: le scienze
dette “esatte” affinano al massimo il senso critico; i più recenti studi
di psicologia spiegano in profondità l'attività umana; le scienze storiche
spingono fortemente a considerare le cose sotto l'aspetto della loro
mutabilità ed evoluzione; i modi di vivere ed i costumi diventano sempre
più uniformi; l'industrializzazione, l'urbanesimo e le altre cause che
favoriscono la vita collettiva creano nuove forme di cultura (cultura di
massa), da cui nascono nuovi modi di pensare, di agire, di impiegare il
tempo libero; lo sviluppo dei rapporti fra le varie nazioni e le classi
sociali rivela più ampiamente a tutti e a ciascuno i tesori delle diverse
forme di cultura, e così poco a poco si prepara una forma di cultura umana
più universale, la quale tanto più promuove ed esprime l'unità del genere
umano, quanto meglio rispetta le particolarità delle diverse culture.
55. L'uomo artefice della cultura
Cresce sempre più il numero degli uomini e delle donne
di ogni gruppo o nazione che prendono coscienza di essere artefici e
promotori della cultura della propria comunità. In tutto il mondo si
sviluppa sempre più il senso dell'autonomia e della responsabilità, cosa
che è di somma importanza per la maturità spirituale e morale
dell'umanità. Ciò appare ancor più chiaramente se teniamo presente
l'unificazione del mondo e il compito che ci si impone di costruire un
mondo migliore nella verità e nella giustizia. In tal modo siamo testimoni
della nascita d'un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si definisce anzitutto
per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia.
56. Difficoltà e compiti
In queste condizioni non stupisce che l'uomo sentendosi
responsabile del progresso della cultura, nutra grandi speranze, ma
consideri pure con ansietà le molteplici antinomie esistenti ch'egli deve
risolvere. Che cosa si deve fare affinché gli intensificati rapporti
culturali, che dovrebbero condurre ad un vero e fruttuoso dialogo tra
classi e nazioni diverse, non turbino la vita delle comunità, né
sovvertano la sapienza dei padri, né mettano in pericolo il carattere
proprio di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il dinamismo e l'espansione
della nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà al patrimonio della
tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza là dove la
cultura, che nasce dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve
armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene
alimentata dagli studi classici.
In qual maniera conciliare una così rapida e crescente
diversificazione delle scienze specializzate, con la necessità di farne la
sintesi e di mantenere nell'uomo le facoltà della contemplazione e
dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa fare affinché le moltitudini siano rese
partecipi dei beni della cultura, proprio quando la cultura degli
specialisti diviene sempre più alta e complessa?
Come, infine, riconoscere come legittima l'autonomia
che la cultura rivendica a se stessa, senza giungere a un umanesimo
puramente terrestre, anzi avverso alla religione?
In mezzo a queste antinomie, la cultura umana va oggi
sviluppata in modo da perfezionare con giusto ordine la persona umana
nella sua integrità e da aiutare gli uomini nell'esplicazione di quei
compiti, al cui adempimento tutti, ma specialmente i cristiani
fraternamente uniti in seno all'unica famiglia umana, sono chiamati.
Sezione 2:
Alcuni principi riguardanti la retta promozione della cultura
57. Fede e cultura
I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono
ricercare e gustare le cose di lassù questo tuttavia non diminuisce, anzi
aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini
per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della
fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con
maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno
significato di quest'attività, mediante la quale la cultura umana acquista
un posto importante nella vocazione integrale dell'uomo.
L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro
delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca
frutto e diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana, e quando
partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno
di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di
perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nel medesimo tempo mette
in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei
fratelli.
L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie
discipline, quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze
naturali, e coltivando l'arte, può contribuire moltissimo ad elevare
l'umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e a
una visione delle cose di universale valore; in tal modo essa sarà più
vivamente illuminata da quella mirabile Sapienza, che dall'eternità era
con Dio, disponendo con lui ogni cosa, giocando sull'orbe terrestre e
trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.
Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla
schiavitù delle cose, può innalzarsi con maggiore speditezza al culto ed
alla contemplazione del Creatore. Anzi, sotto l'impulso della grazia si
dispone a riconoscere il Verbo di Dio che, prima di farsi carne per tutto
salvare e ricapitolare in se stesso, già era “ nel mondo ” come “ luce
vera che illumina ogni uomo ” (Gv 1,9).
Certo, l'odierno progresso delle scienze e della
tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime
ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo,
quando il metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze viene a
torto innalzato a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è
il pericolo che l'uomo, fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di
bastare a se stesso e non cerchi più valori superiori.
Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono
necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione
di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: il
gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine
scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici
specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza
sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e
proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di
vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione
della responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutti questi
valori possono essere in qualche modo una preparazione a ricevere
l'annunzio del Vangelo; preparazione che potrà essere portata a compimento
dalla divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo.
58. I molteplici rapporti fra il
Vangelo di Cristo e la cultura
Fra il messaggio della salvezza e la cultura esistono
molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo fino alla
piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il
tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche.
Parimenti la Chiesa, che ha conosciuto nel corso dei
secoli condizioni d'esistenza diverse, si è servita delle differenti
culture per diffondere e spiegare nella sua predicazione il messaggio di
Cristo a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio
esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei
fedeli.
Ma nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di
qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, non è legata in modo esclusivo e
indissolubile a nessuna razza o nazione, a nessun particolare modo di
vivere, a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria
tradizione e nello stesso tempo cosciente dell'universalità della sua
missione, può entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale
comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture.
Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la
cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali
derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente
purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale
feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità
spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo
la sua missione già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo
alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica,
educa l'uomo alla libertà interiore.
59. Armonizzazione dei diversi aspetti
della cultura
Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la
cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene
della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare
lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione,
dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un
giudizio personale e di coltivare il senso religioso, morale e
sociale.
Infatti la cultura, scaturendo direttamente dalla
natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della
giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima
possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione
dunque essa esige rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi
evidentemente i diritti della persona e della comunità, sia particolare
sia universale, entro i limiti del bene comune.
Il sacro Concilio, richiamando ciò che insegnò il
Concilio Vaticano I, dichiara che “ esistono due ordini di conoscenza ”
distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa
non vieta che “le arti e le discipline umane (...) si servano, nell'ambito
proprio a ciascuna, di propri principi e di un proprio metodo ”; perciò, “
riconoscendo questa giusta libertà ”, la Chiesa afferma la legittima
autonomia della cultura e specialmente delle scienze.
Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto
dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente cercare la
verità, manifestare e diffondere le sue opinioni, e coltivare qualsiasi
arte; esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi della
vita pubblica.
È compito dei pubblici poteri, non determinare il
carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i
sussidi atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le
minoranze di una nazione. Perciò bisogna innanzi tutto esigere che la
cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere
politico o il potere economico.
Sezione 3:
Alcuni doveri più urgenti per i cristiani circa la cultura
60. Il riconoscimento del diritto di
ciascuno alla cultura e sua attuazione
Poiché si offre ora la possibilità di liberare
moltissimi uomini dal flagello dell'ignoranza, è compito sommamente
confacente al nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare
indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo politico,
tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, siano prese le
decisioni fondamentali, mediante le quali sia riconosciuto e attuato
dovunque il diritto di tutti a una cultura umana conforme alla dignità
della persona, senza distinzione di razza, di sesso, di nazione, di
religione o di condizione sociale. Perciò è necessario procurare a tutti
una quantità sufficiente di beni culturali, specialmente di quelli che
costituiscono la cosiddetta cultura di base, affinché moltissimi non siano
impediti, a causa dell'analfabetismo e della privazione di un'attività
responsabile, di dare una collaborazione veramente umana al bene comune.
Occorre perciò fare ogni sforzo affinché quelli che ne
sono capaci possano accedere agli studi superiori; ma in tale maniera che,
per quanto è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società di
quelle funzioni, compiti e servizi che corrispondono alle loro attitudini
naturali e alle competenze acquisite 11. Così ognuno e i gruppi sociali di
ciascun popolo potranno raggiungere il pieno sviluppo della loro vita
culturale, in conformità con le doti e tradizioni loro proprie.
Bisogna inoltre fare di tutto perché ciascuno prenda
coscienza tanto del diritto alla cultura, quanto del dovere di coltivarsi
e di aiutare gli altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro che
impediscono lo sforzo culturale e perciò distruggono l'interesse per la
cultura. Questo vale in modo speciale per gli agricoltori e gli operai, ai
quali bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non impediscano, ma
promuovano la loro vita culturale. Le donne lavorano già in quasi tutti i
settori della vita; conviene però che esse possano svolgere pienamente i
loro compiti secondo le attitudini loro proprie. Sarà dovere di tutti far
si che la partecipazione propria e necessaria delle donne nella vita
culturale sia riconosciuta e promossa.
61. L'educazione ad una cultura
integrale
Oggi vi è più difficoltà di un tempo di ridurre a
sintesi le varie discipline e arti del sapere. Mentre infatti aumenta il
volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura,
diminuisce nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di
percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'“uomo
universale” diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il
dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui
eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e
della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati
mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.
La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di
questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore,
apprendono più facilmente la gerarchia dei valori, mentre collaudate forme
culturali vengono quasi naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente,
man mano che si sviluppa.
Per la medesima educazione nella società odierna vi
sono opportunità derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione del
libro e dai nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, che
possono favorire la cultura universale. La diminuzione più o meno
generalizzata del tempo dedicato al lavoro fa aumentare di giorno in
giorno per molti uomini le possibilità di coltivarsi. Il tempo libero sia
impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell'anima
e del corpo; mediante attività e studi di libera scelta; mediante viaggi
in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell'uomo, e
gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza; anche mediante
esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mantenere l'equilibrio
dello spirito, ed offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra
gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di razze diverse. I
cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e le attività
culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di
spirito umano e cristiano.
Tuttavia tutte queste facilitazioni non possono
assicurare la piena ed integrale formazione culturale dell'uomo, se nello
stesso tempo trascuriamo di interrogarci profondamente sul significato
della cultura e della scienza per la persona umana.
62. Accordo fra cultura umana e
insegnamento cristiano
Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al
progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni
contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si
realizza sempre senza difficoltà.
Queste difficoltà non necessariamente sono di danno
alla fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad acquisirne una più
accurata e profonda intelligenza. Infatti gli studi recenti e le nuove
scoperte delle scienze, come pure quelle della storia e della filosofia,
suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la vita
pratica ed esigono nuove indagini anche da parte dei teologi. Questi sono
inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie della
scienza teologica, a ricercare modi sempre più adatti di comunicare la
dottrina cristiana agli uomini della loro epoca: altro è, infatti, il
deposito o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono espresse,
a condizione tuttavia di salvaguardarne il significato e il senso
profondo. Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia
uso non soltanto dei principi della teologia, ma anche delle scoperte
delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e della sociologia,
cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e più matura vita di
fede.
A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di
grande importanza per la vita della Chiesa. Esse cercano infatti di
esprimere la natura propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza
nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; cercano di
scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le
sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di
prospettare una sua migliore condizione. Così possono elevare la vita
umana, che esprimono in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.
Bisogna perciò impegnarsi affinché gli artisti si
sentano compresi dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di
un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità
cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze artistiche
adatte ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni.
Siano ammesse negli edifici del culto, quando, con modi d'espressione
adatti e conformi alle esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.
Così la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la
predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli
uomini e appare come connaturata con le loro condizioni d'esistenza.
I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli
uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro
modo di pensare e di sentire, quali si esprimono mediante la cultura.
Sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove
dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero
cristiano, affinché il senso religioso e la rettitudine morale procedano
in essi di pari passo con la conoscenza scientifica e con il continuo
progresso della tecnica; potranno così giudicare e interpretare tutte le
cose con senso autenticamente cristiano.
Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei
seminari e nelle università si studino di collaborare con gli uomini che
eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e
opinioni. La ricerca teologica, mentre persegue la conoscenza profonda
della verità rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per
poter aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del sapere ad
acquistare una più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione
gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri, che potranno
presentare ai nostri contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio,
all'uomo e al mondo in maniera più adatta, così da farla anche da essi più
volentieri accettare. È anzi desiderabile che molti laici acquistino una
conveniente formazione nelle scienze sacre e che non pochi tra loro si
diano di proposito a questi studi e li approfondiscano con mezzi
scientifici adeguati. Ma affinché possano esercitare il loro compito, sia
riconosciuta ai fedeli, tanto ecclesiastici che laici, una giusta libertà
di ricercare, di pensare e di manifestare con umiltà e coraggio la propria
opinione nel campo in cui sono competenti.
CAPITOLO III
VITA ECONOMICO-SOCIALE
63. La vita economica e alcuni aspetti
caratteristici contemporanei
Anche nella vita economico-sociale sono da tenere in
massimo rilievo e da promuovere la dignità della persona umana, la sua
vocazione integrale e il bene dell'intera società. L'uomo infatti è
l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale.
L'economia contemporanea, come ogni altro campo della
vita sociale, è caratterizzata da un dominio crescente dell'uomo sulla
natura, dalla moltiplicazione e dalla intensificazione dei rapporti e
dalla interdipendenza tra cittadini, gruppi e popoli, come pure da un più
intenso intervento dei pubblici poteri. Nello stesso tempo, il progresso
nella efficienza produttiva e nella migliore organizzazione degli scambi e
servizi hanno reso l'economia strumento adatto a meglio soddisfare i
bisogni accresciuti della famiglia umana.
Tuttavia non mancano motivi di preoccupazione. Molti
uomini, soprattutto nelle regioni economicamente sviluppate, appaiono
quasi unicamente retti dalle esigenze dell'economia, cosicché quasi tutta
la loro vita personale e sociale viene permeata da una mentalità
economicistica, e ciò si diffonde sia nei paesi ad economia
collettivistica che negli altri. In un tempo in cui lo sviluppo della vita
economica, orientata e coordinata in una maniera razionale e umana,
potrebbe permettere una attenuazione delle disparità sociali, troppo
spesso essa si tramuta in una causa del loro aggravamento o, in alcuni
luoghi, perfino nel regresso delle condizioni sociali dei deboli e nel
disprezzo dei poveri. Mentre folle immense mancano dello stretto
necessario, alcuni, anche nei paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza
o dissipano i beni. Il lusso si accompagna alla miseria. E, mentre pochi
uomini dispongono di un assai ampio potere di decisione, molti mancano
quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto
la propria responsabilità, spesso permanendo in condizioni di vita e di
lavoro indegne di una persona umana.
Simili squilibri economici e sociali si avvertono tra
l'agricoltura, l'industria e il settore dei servizi, come pure tra le
diverse regioni di uno stesso paese. Una contrapposizione, che può mettere
in pericolo la pace del mondo intero, si fa ogni giorno più grave tra le
nazioni economicamente più progredite e le altre.
Gli uomini del nostro tempo reagiscono con coscienza
sempre più sensibile di fronte a tali disparità: essi sono profondamente
convinti che le più ampie possibilità tecniche ed economiche, proprie del
mondo contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo funesto
stato di cose. Ma per questo si richiedono molte riforme nelle strutture
della vita economico-sociale; è necessario anche da parte di tutti un
mutamento di mentalità e di abitudini di vita. In vista di ciò la Chiesa,
lungo lo svolgersi della storia, ha formulato nella luce del Vangelo e,
soprattutto in questi ultimi tempi, ha largamente insegnato i principi di
giustizia e di equità richiesti dalla retta ragione umana e validi sia per
la vita individuale o sociale che per la vita internazionale. Il sacro
Concilio, tenuto conto delle caratteristiche del tempo presente, intende
riconfermare tali principi e formulare alcuni orientamenti, con
particolare riguardo alle esigenze dello sviluppo economico.
Sezione 1:
Sviluppo economico
64. Lo sviluppo economico a servizio
dell'uomo
Oggi più che mai, per far fronte all'aumento della
popolazione e per rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano,
giustamente si tende ad incrementare la produzione di beni
nell'agricoltura e nell'industria e la prestazione dei servizi. Perciò
sono da favorire il progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la
creazione di nuove imprese e il loro ampliamento, l'adattamento nei metodi
dell'attività produttiva e dello sforzo sostenuto da tutti quelli che
partecipano alla produzione, in una parola tutto ciò che possa contribuire
a questo sviluppo. Ma il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non
consiste nel solo aumento dei beni prodotti, né nella sola ricerca del
profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell'uomo:
dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto della gerarchia
dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita intellettuale,
morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo, diciamo, e di ogni gruppo
umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto l'attività economica deve
essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell'economia, ma
nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al disegno di
Dio sull'uomo.
65. Lo sviluppo economico sotto il
controllo dell'uomo
Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo
dell'uomo. Non deve essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o
gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola
comunità politica, né di alcune nazioni più potenti. Conviene, al
contrario, che il maggior numero possibile di uomini, a tutti i livelli e,
quando si tratta dei rapporti internazionali, tutte le nazioni possano
partecipare attivamente al suo orientamento. È necessario egualmente che
le iniziative spontanee dei singoli e delle loro libere associazioni siano
coordinate e armonizzate in modo conveniente ed organico con la molteplice
azione delle pubbliche autorità.
Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al
solo gioco quasi meccanico della attività economica dei singoli, né alla
sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna denunciare gli
errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di libertà,
si oppongono alle riforme necessarie, quanto delle dottrine che
sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi
all'organizzazione collettiva della produzione.
Si ricordino, d'altra parte, tutti i cittadini che essi
hanno il diritto e il dovere - e il potere civile lo deve riconoscere loro
- di contribuire secondo le loro capacità al progresso della loro propria
comunità. Specialmente nelle regioni economicamente meno progredite, dove
si impone d'urgenza l'impiego di tutte le risorse ivi esistenti,
danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate le
proprie ricchezze o coloro che - salvo il diritto personale di migrazione
- privano la propria comunità dei mezzi materiali e spirituali di cui essa
ha bisogno.
66. Ingenti disparità
economico-sociali da far scomparire
Per rispondere alle esigenze della giustizia e
dell'equità, occorre impegnarsi con ogni sforzo affinché, nel rispetto dei
diritti personali e dell'indole propria di ciascun popolo, siano rimosse
il più rapidamente possibile le ingenti disparità economiche che portano
con sé discriminazioni nei diritti individuali e nelle condizioni sociali
quali oggi si verificano e spesso si aggravano. Similmente, in molte zone,
tenendo presenti le particolari difficoltà del settore agricolo quanto
alla produzione e alla commercializzazione dei beni, gli addetti
all'agricoltura vanno sostenuti per aumentare la produzione e garantirne
la vendita, nonché per la realizzazione delle trasformazioni e innovazioni
necessarie, come pure per raggiungere un livello equo di reddito;
altrimenti rimarranno, come spesso avviene, in condizioni sociali di
inferiorità. Da parte loro gli agricoltori, soprattutto i giovani, si
impegnino con amore a migliorare la loro competenza professionale, senza
la quale non si dà sviluppo dell'agricoltura.
La giustizia e l'equità richiedono similmente che la
mobilità, assolutamente necessaria in una economia di sviluppo, sia
regolata in modo da evitare che la vita dei singoli e delle loro famiglie
si faccia incerta e precaria. Per quanto riguarda i lavoratori che,
provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro lavoro allo
sviluppo economico di un popolo o di una zona, è da eliminare
accuratamente ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di
lavoro. Inoltre tutti e in primo luogo i poteri pubblici, devono trattarli
come persone, e non semplicemente come puri strumenti di produzione;
devono aiutarli perché possano accogliere presso di sé le loro famiglie e
procurarsi un alloggio decoroso, nonché favorire la loro integrazione
nella vita sociale del popolo o della regione che li accoglie. Si creino
tuttavia nella misura del possibile, posti di lavoro nelle regioni stesse
d'origine.
Nelle economie attualmente in fase di ulteriore
trasformazione, come nelle nuove forme della società industriale nelle
quali, per esempio, si va largamente applicando l'automazione, si
richiedono misure per assicurare a ciascuno un impiego sufficiente e
adatto, insieme alla possibilità di una formazione tecnica e professionale
adeguata; inoltre bisogna garantire la sussistenza e la dignità umana di
coloro che, soprattutto per motivi di salute e di età, si trovano in
particolari difficoltà.
Sezione 2:
Alcuni principi relativi all'insieme della vita economico-sociale
67. Lavoro, condizione di lavoro e
tempo libero
Il lavoro umano, con cui si producono e si scambiano
beni o si prestano servizi economici, è di valore superiore agli altri
elementi della vita economica, poiché questi hanno solo valore di
strumento.
Tale lavoro, infatti, sia svolto in forma indipendente
sia per contratto con un imprenditore, procede direttamente dalla persona,
la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo e la sottomette alla
sua volontà. Con il lavoro, l'uomo provvede abitualmente al sostentamento
proprio e dei suoi familiari, comunica con gli altri, rende un servizio
agli uomini suoi fratelli e può praticare una vera carità e collaborare
attivamente al completamento della divina creazione. Ancor più: sappiamo
per fede che l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa
all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una
elevatissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth. Di qui
discendono, per ciascun uomo, il dovere di lavorare fedelmente, come pure
il diritto al lavoro. Corrispondentemente è compito della società, in
rapporto alle condizioni in essa esistenti, aiutare da parte sua i
cittadini a trovare sufficiente occupazione. Infine il lavoro va
rimunerato in modo tale da garantire i mezzi sufficienti per permettere al
singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale,
sociale, culturale e spirituale, tenuto conto del tipo di attività e grado
di rendimento economico di ciascuno, nonché delle condizioni dell'impresa
e del bene comune.
Poiché l'attività economica è per lo più realizzata in
gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è ingiusto ed inumano
organizzarla con strutture ed ordinamenti che siano a danno di chi vi
operi. Troppo spesso avviene invece, anche ai nostri giorni, che i
lavoratori siano in un certo senso asserviti alle proprie opere. Ciò non
trova assolutamente giustificazione nelle cosiddette leggi economiche.
Occorre dunque adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della
persona e alle sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica,
particolarmente in relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto
del sesso e dell'età di ciascuno. Ai lavoratori va assicurata inoltre la
possibilità di sviluppare le loro qualità e di esprimere la loro
personalità nell'esercizio stesso del lavoro. Pur applicando a tale
attività lavorativa, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti
i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero, che
permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa.
Anzi, debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività libere che
sviluppino quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di
coltivare nel loro lavoro professionale.
68. Partecipazione nell'impresa e
nell'indirizzo economico generale; conflitti di lavoro
Nelle imprese economiche si uniscono delle persone,
cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò,
prendendo in considerazione le funzioni di ciascuno - sia proprietari, sia
imprenditori, sia dirigenti, sia operai - e salva la necessaria unità di
direzione dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo
adeguato, la attiva partecipazione di tutti alla gestione dell'impresa.
Poiché, tuttavia, in molti casi non è più a livello dell'impresa, ma a
livello superiore in istituzioni di ordine più elevato, che si prendono le
decisioni economiche e sociali da cui dipende l'avvenire dei lavoratori e
dei loro figli, bisogna che essi siano parte attiva anche in tali
decisioni, direttamente o per mezzo di rappresentanti liberamente eletti.
Tra i diritti fondamentali della persona umana bisogna
annoverare il diritto dei lavoratori di fondare liberamente proprie
associazioni, che possano veramente rappresentarli e contribuire ad
organizzare rettamente la vita economica, nonché il diritto di partecipare
liberamente alle attività di tali associazioni senza incorrere nel rischio
di rappresaglie. Grazie a tale partecipazione organizzata, congiunta con
una formazione economica e sociale crescente, andrà sempre più aumentando
in tutti la coscienza della propria funzione e responsabilità: essi
saranno così portati a sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le
attitudini di ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico e
sociale e della realizzazione del bene comune universale.
In caso di conflitti economico-sociali, si deve fare
ogni sforzo per giungere a una soluzione pacifica. Benché sempre si debba
ricorrere innanzitutto a un dialogo sincero tra le parti, lo sciopero può
tuttavia rimanere anche nelle circostanze odierne un mezzo necessario,
benché estremo, per la difesa dei propri diritti e la soddisfazione delle
giuste aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare quanto prima le
vie atte a riprendere il dialogo per le trattative e la conciliazione.
69. I beni della terra e loro
destinazione a tutti gli uomini
Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa
contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i
beni creati debbono essere partecipati equamente a tutti, secondo la
regola della giustizia, inseparabile dalla carità, Pertanto, quali che
siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei
popoli secondo circostanze diverse e mutevoli, si deve sempre tener conto
di questa destinazione universale dei beni. L'uomo, usando di questi beni,
deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo
come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non
unicamente a lui ma anche agli altri. Del resto, a tutti gli uomini spetta
il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé e alla propria
famiglia. Questo ritenevano giusto i Padri e dottori della Chiesa, i quali
insegnavano che gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non
soltanto con il loro superfluo. Colui che si trova in estrema necessità,
ha diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui.
Considerando il fatto del numero assai elevato di coloro che nel mondo
intero sono oppressi dalla fame, il sacro Concilio richiama urgentemente
tutti, sia singoli che autorità pubbliche, affinché - memori della
sentenza dei Padri: “ Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame,
perché se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso ” realmente
mettano a disposizione ed impieghino utilmente i propri beni, ciascuno
secondo le proprie risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai popoli i
mezzi con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi.
Nelle società economicamente meno sviluppate,
frequentemente la destinazione comune dei beni è in parte attuata mediante
un insieme di consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano a
ciascun membro i beni più necessari. Bisogna certo evitare che alcune
consuetudini vengano considerate come assolutamente immutabili, se esse
non rispondono più alle nuove esigenze del tempo presente; d'altra parte
però, non si deve agire imprudentemente contro quelle oneste consuetudini
che non cessano di essere assai utili, purché vengano opportunamente
adattate alle odierne circostanze. Similmente, nelle nazioni
economicamente molto sviluppate, una rete di istituzioni sociali per la
previdenza e la sicurezza sociale può in parte contribuire a tradurre in
atto la destinazione comune dei beni. Inoltre, è importante sviluppare
ulteriormente i servizi familiari e sociali, specialmente quelli che
provvedono agli aspetti culturali ed educativi. Ma nell'organizzare tutte
queste istituzioni bisogna vegliare affinché i cittadini non siano indotti
ad assumere di fronte alla società un atteggiamento di passività o di
irresponsabilità nei compiti assunti o di rifiuto di servizio.
70. Investimenti e moneta
Gli investimenti, da parte loro, devono contribuire ad
assicurare possibilità di lavoro e reddito sufficiente tanto alla
popolazione attiva di oggi, quanto a quella futura. Tutti i responsabili
di tali investimenti e della organizzazione della vita economica
globale--sia singoli che gruppi o pubbliche autorità --devono aver
presenti questi fini e mostrarsi consapevoli del loro grave obbligo: da
una parte di vigilare affinché si provveda ai beni necessari richiesti per
una vita decorosa sia dei singoli che di tutta la comunità; d'altra parte
di prevedere le situazioni future e di assicurare il giusto equilibrio tra
i bisogni attuali di consumo, sia individuale che collettivo, e le
esigenze di investimenti per la generazione successiva. Si abbiano
ugualmente sempre presenti le urgenti necessità delle nazioni o regioni
economicamente meno sviluppate.
In campo monetario ci si guardi dal danneggiare il bene
della propria nazione e delle altre. Si provveda inoltre affinché coloro
che sono economicamente deboli non siano ingiustamente danneggiati dai
mutamenti di valore della moneta.
71. Accesso alla proprietà e dominio privato dei beni;
problemi dei latifondi Poiché la proprietà e le altre forme di potere
privato sui beni esteriori contribuiscono alla espressione della persona e
danno occasione all'uomo di esercitare il suo responsabile apporto nella
società e nella economia, è di grande interesse favorire l'accesso degli
individui o dei gruppi ad un certo potere sui beni esterni.
La proprietà privata o un qualche potere sui beni
esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia
personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della
libertà umana. Infine, stimolando l'esercizio della responsabilità, essi
costituiscono una delle condizioni delle libertà civili.
Le forme di tale potere o di tale proprietà sono oggi
varie e vanno modificandosi sempre di più di giorno in giorno. Nonostante
i fondi sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le forme
di tale potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non
trascurabile di sicurezza. Tutto ciò non va riferito soltanto alla
proprietà dei beni materiali, ma altresì dei beni immateriali, come sono
ad esempio le capacità professionali.
La legittimità della proprietà privata non è in
contrasto con quella delle varie forme di proprietà pubblica. Però i1
trasferimento dei beni in pubblica proprietà non può essere fatto che
dalla autorità competente, secondo le esigenze ed entro i limiti del bene
comune e con un equo indennizzo. Spetta inoltre alla pubblica autorità
impedire che si abusi della proprietà privata agendo contro il bene
comune.
Ogni proprietà privata ha per sua natura anche un
carattere sociale, che si fonda sulla comune destinazione dei beni. Se si
trascura questo carattere sociale, la proprietà può diventare in molti
modi occasione di cupidigia e di gravi disordini, così da offrire facile
pretesto a quelli che contestano il diritto stesso di proprietà.
In molti paesi economicamente meno sviluppati esistono
proprietà agricole estese od anche immense, scarsamente o anche per nulla
coltivate per motivi di speculazione; mentre la maggioranza della
popolazione è sprovvista di terreni da lavorare o fruisce soltanto di
poderi troppo limitati, e d'altra parte, l'accrescimento della produzione
agricola presenta un carattere di evidente urgenza. Non è raro che coloro
che sono assunti come lavoratori dipendenti dai proprietari di tali vasti
possedimenti, ovvero coloro che ne coltivano una parte a titolo di
locazione, ricevono un salario o altre forme di remunerazione indegne di
un uomo, non dispongono di una abitazione decorosa o sono sfruttati da
intermediari. Mancando così ogni sicurezza, vivono in tale stato di
dipendenza personale, che viene loro interdetta quasi ogni possibilità di
iniziativa e di responsabilità e viene loro impedita ogni promozione
culturale ed ogni partecipazione attiva nella vita sociale e politica. Si
impongono pertanto, secondo le varie situazioni, delle riforme intese ad
accrescere i redditi, a migliorare le condizioni di lavoro, ad aumentare
la sicurezza dell'impiego e a favorire l'iniziativa personale; ed anche
riforme che diano modo di distribuire le proprietà non sufficientemente
coltivate a beneficio di coloro che siano capaci di farle fruttificare. In
questo caso, devono essere loro assicurate le risorse e gli strumenti
indispensabili, in particolare i mezzi di educazione e le possibilità di
una giusta organizzazione cooperativa. Ogni volta che il bene comune esige
l'espropriazione della proprietà, l'indennizzo va calcolato secondo
equità, tenendo conto di tutte le circostanze.
72. L'attività economico-sociale e il
regno di Cristo
I cristiani che partecipano attivamente allo sviluppo
economico-sociale contemporaneo e alla lotta per la giustizia e la carità
siano convinti di poter contribuire molto alla prosperità del genere umano
e alla pace del mondo. In tali attività, sia che agiscano come singoli,
sia come associati, brillino per il loro esempio. A tal fine è di grande
importanza che, acquisite la competenza e l'esperienza assolutamente
indispensabili, mentre svolgono le attività terrestri conservino una
giusta gerarchia di valori, rimanendo fedeli a Cristo e al suo Vangelo,
cosicché tutta la loro vita, individuale e sociale, sia compenetrata dello
spirito delle beatitudini, specialmente dello spirito di povertà. Chi
segue fedelmente Cristo cerca anzitutto il regno di Dio e vi trova un più
valido e puro amore per aiutare i suoi fratelli e per realizzare, con
l'ispirazione della carità, le opere della giustizia.
CAPITOLO IV
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita pubblica contemporanea
Ai nostri giorni si notano profonde trasformazioni
anche nelle strutture e nelle istituzioni dei popoli; tali trasformazioni
sono conseguenza della evoluzione culturale, economica e sociale dei
popoli. Esse esercitano una grande influenza, soprattutto nel campo che
riguarda i diritti e i doveri di tutti nell'esercizio della libertà civile
e nel conseguimento del bene comune, come pure in ciò che si riferisce
alla regolazione dei rapporti dei cittadini tra di loro e con i pubblici
poteri.
Da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in
diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine
politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i
diritti della persona: ad esempio, il diritto di liberamente riunirsi,
associarsi, esprimere le proprie opinioni e professare la religione in
privato e in pubblico. La tutela, infatti dei diritti della persona è
condizione necessaria perché i cittadini, individualmente o in gruppo,
possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa
pubblica.
Assieme al progresso culturale, economico e sociale, si
rafforza in molti il desiderio di assumere maggiori responsabilità
nell'organizzare la vita della comunità politica.
Nella coscienza di molti aumenta la preoccupazione di
salvaguardare i diritti delle minoranze di una nazione, senza che queste
dimentichino il loro dovere verso la comunità politica. Cresce inoltre il
rispetto verso le persone che hanno altre opinioni o professano religioni
diverse. Contemporaneamente si instaura una più larga collaborazione, tesa
a garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi privilegiati,
l'effettivo godimento dei diritti personali.
Vengono condannate tutte quelle forme di regime
politico, vigenti in alcune regioni, che impediscono la libertà civile o
religiosa, moltiplicano le vittime delle passioni e dei crimini politici e
distorcono l'esercizio dell'autorità dal bene comune per farlo servire
all'interesse di una fazione o degli stessi governanti.
Per instaurare una vita politica veramente umana non
c'è niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia,
dell'amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni
fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul
buon esercizio e sui limiti di competenza dell'autorità pubblica.
74. Natura e fine della comunità
politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano
la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di
costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della
natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella
quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità,
allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi
istituzionali, una comunità politica.
La comunità politica esiste dunque in funzione di quel
bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e
che costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza.
Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle
condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani,
alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro
perfezione.
Ma nella comunità politica si riuniscono insieme uomini
numerosi e differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso
decisioni diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal
divergere di ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un'autorità
capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune,
non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale
che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità.
È dunque evidente che la comunità politica e l'autorità
pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono
all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi politici
e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei
cittadini.
Ne segue parimenti che l'esercizio dell'autorità
politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte degli
organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito
dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune (ma concepito in
forma dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da
definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da
ciò risulta chiaramente la responsabilità, la dignità e 1 importanza del
ruolo di coloro che governano.
Dove i cittadini sono oppressi da un'autorità pubblica
che va al di là delle sue competenze, essi non rifiutino ciò che è
oggettivamente richiesto dal bene comune; sia però lecito difendere i
diritti propri e dei concittadini contro gli abusi dell'autorità, nel
rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale e dal Vangelo.
Le modalità concrete con le quali la comunità politica
organizza le proprie strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri possono
variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia; ma
sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e
benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
75. Collaborazione di tutti alla vita
pubblica
È pienamente conforme alla natura umana che si trovino
strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i
cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di
partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti
giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici,
sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti
organismi, sia alla elezione dei governanti.
Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che
è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del
bene comune.
La Chiesa stima degna di lode e di considerazione
l'opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della
cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità.
Affinché la collaborazione di cittadini responsabili
possa ottenere felici risultati nella vita politica quotidiana, si
richiede un ordinamento giuridico positivo, che organizzi una opportuna
ripartizione delle funzioni e degli organi del potere, insieme ad una
protezione efficace dei diritti, indipendente da chiunque.
I diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi e
il loro esercizio devono essere riconosciuti, rispettati e promossi non
meno dei doveri ai quali ogni cittadino è tenuto. Tra questi ultimi non
sarà inutile ricordare il dovere di apportare allo Stato i servizi,
materiali e personali, richiesti dal bene comune.
Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi
familiari, sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li
privino delle loro legittime ed efficaci attività, che al contrario devono
volentieri e ordinatamente favorire.
Quanto ai cittadini, individualmente o in gruppo,
evitino di attribuire un potere eccessivo all'autorità pubblica, né
chiedano inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col
rischio di diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie
e dei gruppi sociali.
Ai tempi nostri, la complessità dei problemi obbliga i
pubblici poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale,
economica e culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che
permettano ai cittadini e ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella
libertà, il bene completo dell'uomo. Il rapporto tra la socializzazione
l'autonomia e lo sviluppo della persona può essere concepito in modo
differente nelle diverse regioni del mondo e in base alla evoluzione dei
popoli. Ma dove l'esercizio dei diritti viene temporaneamente limitato in
vista del bene comune, si ripristini al più presto possibile la libertà
quando le circostanze sono cambiate. È in ogni caso inumano che l'autorità
politica assuma forme totalitarie, oppure forme dittatoriali che ledano i
diritti della persona o dei gruppi sociali.
I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore
verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da
prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la
famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da
innumerevoli legami.
Tutti i cristiani devono prendere coscienza della
propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere
d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la
dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano
armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la
solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua
diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono
ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e
rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta
il loro punto di vista.
I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è
richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio
interesse a tale bene.
Bisogna curare assiduamente la educazione civica e
politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l'insieme del popolo,
sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere
il loro ruolo nella vita della comunità politica. Coloro che sono o
possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così
difficile, ma insieme così nobile. Vi si preparino e si preoccupino di
esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali.
Agiscono con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione,
l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito
politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi
con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica.
76. La comunità politica e la Chiesa
È di grande importanza, soprattutto in una società
pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità
politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni
che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come
cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi
compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua
competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non
è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia
del carattere trascendente della persona umana.
La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e
autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a
titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli
stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti
in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana
collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di
luogo e di tempo. L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte
temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua
vocazione eterna.
Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del Pcedentore,
essa contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e
dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la
verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la
sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e
promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini.
Gli apostoli e i loro successori con i propri
collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo
Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano
sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo
nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al
ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del
Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città
terrestre.
Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione
umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa
si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione lo
richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli
dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti
legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare
della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero
altre disposizioni.
Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto
predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare
senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio
giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando
ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza
delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono
conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità
dei tempi e delle situazioni.
Nella fedeltà del Vangelo e nello svolgimento della sua
missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed
elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità
umana rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio.
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA
COMUNITÀ DELLE NAZIONI
77. Introduzione
In questi nostri anni, nei quali permangono ancora
gravissime tra gli uomini le afflizioni e le angustie derivanti da guerre
ora imperversanti, ora incombenti, l'intera società umana è giunta ad un
momento sommamente decisivo nel processo della sua maturazione. Mentre a
poco a poco l'umanità va unificandosi e in ogni luogo diventa ormai più
consapevole della propria unità, non potrà tuttavia portare a compimento
l'opera che l'attende, di costruire cioè un mondo più umano per tutti gli
uomini e su tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno tutti con
animo rinnovato alla vera pace. Per questo motivo il messaggio evangelico,
in armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati del genere umano,
risplende in questi nostri tempi di rinnovato fulgore quando proclama
beati i promotori della pace, “perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt
5,9).
Illustrando pertanto la vera e nobilissima concezione
della pace, il Concilio, condannata l'inumanità della guerra, intende
rivolgere un ardente appello ai cristiani, affinché con l'aiuto di Cristo,
autore della pace, collaborino con tutti per stabilire tra gli uomini una
pace fondata sulla giustizia e sull'amore e per apprestare i mezzi
necessari per il suo raggiungimento.
78. La natura della pace
La pace non è la semplice assenza della guerra, né può
ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze avverse;
essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta
esattezza definita a opera della giustizia ” (Is 32,7). È il frutto
dell'ordine impresso nella società umana dal suo divino Fondatore e che
deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una
giustizia sempre più perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è
regolato, sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue
esigenze concrete è soggetto a continue variazioni lungo il corso del
tempo; per questo la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per
tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente. Poiché inoltre la
volontà umana è labile e ferita per di più dal peccato, l'acquisto della
pace esige da ognuno il costante dominio delle passioni e la vigilanza
della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta. Tale pace non si può
ottenere sulla terra se non è tutelato il bene delle persone e se gli
uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del
loro animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri
uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica della
fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della
pace. In tal modo la pace è frutto anche dell'amore, il quale va oltre
quanto può apportare la semplice giustizia.
La pace terrena, che nasce dall'amore del prossimo, è
essa stessa immagine ed effetto della pace di Cristo che promana dal
Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della
sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo l'unità
di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne
l'odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di
amore nel cuore degli uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con insistenza
a praticare la verità nell'amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini
sinceramente amanti della pace per implorarla dal cielo e per attuarla.
Mossi dal medesimo spirito, noi non possiamo non lodare
coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro
diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla
portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio
dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità.
Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre
sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma in quanto
riescono, uniti nell'amore, a vincere i1 peccato essi vincono anche la
violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina “ Con le loro
spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo
prenderà più le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per
la guerra” (Is 2,4).
Sezione 1:
Necessità di evitare la guerra
79. Il dovere di mitigare l'inumanità
della guerra
Sebbene le recenti guerre abbiano portato al nostro
mondo gravissimi danni sia materiali che morali, ancora ogni giorno in
qualche punto della terra la guerra continua a produrre le sue
devastazioni. Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi scientifiche
di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti ad una
barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. La
complessità inoltre delle odierne situazioni e la intricata rete delle
relazioni internazionali fanno sì che vengano portate in lungo, con nuovi
metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o meno larvate. In molti casi il
ricorso ai sistemi del terrorismo è considerato anch'esso una nuova forma
di guerra.
Davanti a questo stato di degradazione dell'umanità, il
Concilio intende innanzi tutto richiamare alla mente il valore immutabile
del diritto naturale delle genti e dei suoi principi universali. La stessa
coscienza del genere umano proclama quei principi con sempre maggiore
fermezza e vigore. Le azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a
quei principi e gli ordini che comandano tali azioni sono crimini, né
l'ubbidienza cieca può scusare coloro che li eseguono. Tra queste azioni
vanno innanzi tutto annoverati i metodi sistematici di sterminio di un
intero popolo, di una nazione o di una minoranza etnica; orrendo delitto
che va condannato con estremo rigore. Deve invece essere sostenuto il
coraggio di coloro che non temono di opporsi apertamente a quelli che
ordinano tali misfatti.
Esistono, in materia di guerra, varie convenzioni
internazionali, che un gran numero di nazioni ha sottoscritto per rendere
meno inumane le azioni militari e le loro conseguenze. Tali sono le
convenzioni relative alla sorte dei militari feriti o prigionieri e molti
impegni del genere. Tutte queste convenzioni dovranno essere osservate;
anzi le pubbliche autorità e gli esperti in materia dovranno fare ogni
sforzo, per quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in modo
da renderle capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità
della guerra. Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano
umanamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso
delle armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio
della comunità umana.
La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana
condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà
un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta
esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà
negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e
coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque
il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati,
trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande
importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti
diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su
altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso
militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai
disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le
parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della patria esercitano la
loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come
servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente
adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità
della pace.
80. La guerra totale
Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente
accresciuto l'orrore e l'atrocità della guerra. Le azioni militari,
infatti, se condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani
e indiscriminate, che superano pertanto di gran lunga i limiti di una
legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali ormai si trovano
negli arsenali delle grandi potenze, venissero pienamente utilizzati, si
avrebbe la reciproca e pressoché totale distruzione delle parti
contendenti, senza considerare le molte devastazioni che ne deriverebbero
nel resto del mondo e gli effetti letali che sono la conseguenza dell'uso
di queste armi.
Tutte queste cose ci obbligano a considerare
l'argomento della guerra con mentalità completamente nuova. Sappiano gli
uomini di questa età che dovranno rendere severo conto dei loro atti di
guerra, perché il corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle
loro decisioni di oggi.
Avendo ben considerato tutte queste cose, questo sacro
Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale già pronunciate
dai recenti sommi Pontefici dichiara:
Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla
distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è
delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza
e senza esitazione.
Il rischio caratteristico della guerra moderna consiste
nel fatto che essa offre quasi l'occasione a coloro che posseggono le più
moderne armi scientifiche di compiere tali delitti e, per una certa
inesorabile concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle
più atroci decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere questo in
futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti, in
modo particolare i governanti e i supremi comandanti militari a voler
continuamente considerare, davanti a Dio e davanti alla umanità intera,
l'enorme peso della loro responsabilità.
81. La corsa agli armamenti
Le armi scientifiche, è vero, non vengono accumulate
con l'unica intenzione di poterle usare in tempo di guerra. Poiché infatti
si ritiene che la solidità della difesa di ciascuna parte dipenda dalla
possibilità fulminea di rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va
aumentando di anno in anno, serve, in maniera certo paradossale, a
dissuadere eventuali avversari dal compiere atti di guerra. E questo è
ritenuto da molti il mezzo più efficace per assicurare oggi una certa pace
tra le nazioni.
Qualunque cosa si debba pensare di questo metodo
dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla
quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per conservare
saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere
considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire
eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente.
E mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre
nuove, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie
così grandi del mondo presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i
dissensi tra i popoli, si finisce per contagiare anche altre parti del
mondo. Nuove strade converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti,
perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato
dall'ansietà che l'opprime, possa essere restituita una pace vera.
È necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la
corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia
in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se tale corsa
continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già
preparando i mezzi.
Ammoniti dalle calamità che il genere umano ha rese
possibili, cerchiamo di approfittare della tregua di cui ora godiamo e che
è stata a noi concessa dall'alto, per prendere maggiormente coscienza
della nostra responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera
più degna dell'uomo le nostre controversie. La Provvidenza divina esige da
noi con insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù della
guerra.
Se poi rifiuteremo di compiere tale sforzo non sappiamo
dove ci condurrà la strada perversa per la quale ci siamo incamminati.
82. La condanna assoluta della guerra
e l'azione internazionale per evitarla
È chiaro pertanto che dobbiamo con ogni impegno
sforzarci per preparare quel tempo nel quale, mediante l'accordo delle
nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra.
Questo naturalmente esige che venga istituita un'autorità pubblica
universale, da tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace potere
per garantire a tutti i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e
rispetto dei diritti. Ma prima che questa auspicabile autorità possa
essere costituita, è necessario che le attuali supreme istanze
internazionali si dedichino con tutto l'impegno alla ricerca dei mezzi più
idonei a procurare la sicurezza comune. La pace deve sgorgare spontanea
dalla mutua fiducia delle nazioni, piuttosto che essere imposta ai popoli
dal terrore delle armi. Pertanto tutti debbono impegnarsi con alacrità per
far cessare finalmente la corsa agli armamenti. Perché la riduzione degli
armamenti incominci realmente, non deve certo essere fatta in modo
unilaterale, ma con uguale ritmo da una parte e dall'altra, in base ad
accordi comuni e con l'adozione di efficaci garanzie.
Non sono frattanto da sottovalutare gli sforzi già
fatti e che si vanno tuttora facendo per allontanare il pericolo della
guerra. Va piuttosto incoraggiata la buona volontà di tanti che pur
gravati dalle ingenti preoccupazioni del loro altissimo ufficio, mossi
dalla gravissima responsabilità da cui si sentono vincolati, si danno da
fare in ogni modo per eliminare la guerra, di cui hanno orrore pur non
potendo prescindere dalla complessa realtà delle situazioni. Bisogna
rivolgere incessanti preghiere a Dio affinché dia loro la forza di
intraprendere con perseveranza e condurre a termine con coraggio
quest'opera del più grande amore per gli uomini, per mezzo della quale si
costruisce virilmente l'edificio della pace. Tale opera esige oggi
certamente che essi dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei
confini della propria nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni
ambizione di supremazia su altre nazioni, e nutrendo invece un profondo
rispetto verso tutta l'umanità, avviata ormai così faticosamente verso una
maggiore unità.
Per ciò che riguarda i problemi della pace e del
disarmo, bisogna tener conto degli studi approfonditi, già coraggiosamente
e instancabilmente condotti e dei consessi internazionali che trattarono
questi argomenti e considerarli come i primi passi verso la soluzione di
problemi così gravi; con maggiore insistenza ed energia dovranno quindi
essere promossi in avvenire, al fine di ottenere risultati concreti.
Stiano tuttavia bene attenti gli uomini a non affidarsi esclusivamente
agli sforzi di alcuni, senza preoccuparsi minimamente dei loro propri
sentimenti. I capi di Stato, infatti, i quali sono mallevadori del bene
comune delle proprie nazioni e fautori insieme del bene della umanità
intera, dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle
moltitudini. È inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a
costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di
diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini,
ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui la estrema, urgente necessità
di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento
nell'opinione pubblica. Coloro che si dedicano a un'opera di educazione,
specie della gioventù, e coloro che contribuiscono alla formazione della
pubblica opinione, considerino loro dovere gravissimo inculcare negli
animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace. E ciascuno di noi
deve adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul mondo
intero e su tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per
condurre l'umanità verso un migliore destino.
Né ci inganni una falsa speranza. Se non verranno in
futuro conclusi stabili e onesti trattati di pace universale, rinunciando
ad ogni odio e inimicizia, L'umanità che, pur avendo compiuto mirabili
conquiste nel campo scientifico, si trova già in grave pericolo, sarà
forse condotta funestamente a quell'ora, in cui non potrà sperimentare
altra pace che la pace terribile della morte.
La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta in mezzo
alle angosce del tempo presente, pronuncia tali parole, non cessa tuttavia
di nutrire la più ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa
intende presentare con insistenza, sia che l'accolgano favorevolmente, o
la respingano come importuna, il messaggio degli apostoli: a Ecco ora il
tempo favorevole ” per trasformare i cuori, “ecco ora i giorni della
salvezza”.
Sezione 2: La
costruzione della comunità internazionale
83. Le cause di discordia e i loro
rimedi
L'edificazione della pace esige prima di tutto che, a
cominciare dalle ingiustizie, si eliminino le cause di discordia che
fomentano le guerre. Molte occasioni provengono dalle eccessive disparità
economiche e dal ritardo con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre
nascono dallo spirito di dominio, dal disprezzo delle persone e, per
accennare ai motivi più reconditi, dall'invidia, dalla diffidenza,
dall'orgoglio e da altre passioni egoistiche. Poiché gli uomini non
possono tollerare tanti disordini avviene che il mondo, anche quando non
conosce le atrocità della guerra, resta tuttavia continuamente in balia di
lotte e di violenze. I medesimi mali si riscontrano inoltre nei rapporti
tra le nazioni. Quindi per vincere e per prevenire questi mali, per
reprimere lo scatenamento della violenza, è assolutamente necessario che
le istituzioni internazionali sviluppino e consolidino la loro
cooperazione e la loro coordinazione e che, senza stancarsi, si stimoli la
creazione di organismi idonei a promuovere la pace.
84. La comunità delle nazioni e le
istituzioni internazionali
Dati i crescenti e stretti legami di mutua dipendenza
esistenti oggi tra tutti gli abitanti e i popoli della terra, la ricerca
adeguata e il raggiungimento efficace del bene comune richiedono che la
comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda ai suoi compiti
attuali, tenendo particolarmente conto di quelle numerose regioni che
ancor oggi si trovano in uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire questi fini, le istituzioni
internazionali devono, ciascuna per la loro parte, provvedere ai diversi
bisogni degli uomini, tanto nel campo della vita sociale (cui appartengono
l'alimentazione, la salute, la educazione, il lavoro), quanto in alcune
circostanze particolari che sorgono qua e là: per esempio, la necessità di
aiutare la crescita generale delle nazioni in via di sviluppo, o ancora il
sollievo alle necessità dei profughi in ogni parte del mondo, o degli
emigrati e delle loro famiglie.
Le istituzioni internazionali, tanto universali che
regionali già esistenti, si sono rese certamente benemerite del genere
umano. Esse rappresentano i primi sforzi per gettare le fondamenta
internazionali di tutta la comunità umana al fine di risolvere le più
gravi questioni del nostro tempo: promuovere il progresso in ogni luogo
della terra e prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In tutti questi
campi, la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che
fiorisce tra cristiani e non cristiani, e dello sforzo d'intensificare i
tentativi intesi a sollevare l'immane miseria.
85. La cooperazione internazionale sul
piano economico
La solidarietà attuale del genere umano impone anche
che si stabilisca una maggiore cooperazione internazionale in campo
economico. Se infatti quasi tutti i popoli hanno acquisito l'indipendenza
politica, si è tuttavia ancora lontani dal potere affermare che essi siano
liberati da eccessive ineguaglianze e da ogni forma di dipendenza abusiva,
e che sfuggano al pericolo di gravi difficoltà interne.
Lo sviluppo d'un paese dipende dalle sue risorse in
uomini e in denaro. Bisogna preparare i cittadini di ogni nazione,
attraverso l'educazione e la formazione professionale, ad assumere i
diversi incarichi della vita economica e sociale. A tal fine si richiede
l'opera di esperti stranieri, i quali nel prestare la loro azione, si
comportino non come padroni, ma come assistenti e cooperatori. Senza
profonde modifiche nei metodi attuali del commercio mondiale, le nazioni
in via di sviluppo non potranno ricevere i sussidi materiali di cui hanno
bisogno. Inoltre, altre risorse devono essere loro date dalle nazioni
progredite, sotto forma di dono, di prestiti e d'investimenti finanziari:
ciò si faccia con generosità e senza cupidigia, da una parte, e si
ricevano, dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un vero ordine economico mondiale,
bisognerà rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali, alla
bramosia di dominazione politica, ai calcoli di natura militaristica e
alle manovre tendenti a propagare e imporre ideologie. Vari sono i sistemi
economici e sociali proposti; è desiderabile che gli esperti possano
trovare in essi un fondamento comune per un sano commercio mondiale. Ciò
sarà più facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone
di buon grado a condurre un sincero dialogo.
86. Alcune norme opportune
In vista di questa cooperazione, sembra utile proporre
le norme seguenti:
a) Le nazioni in via di sviluppo tendano soprattutto ad
assegnare, espressamente e senza equivoci, come fine del progresso la
piena espansione umana dei cittadini. Si ricordino che questo progresso
trova innanzi tutto la sua origine e il suo dinamismo nel lavoro e nella
ingegnosità delle popolazioni stesse, visto che esso deve sl far leva
sugli aiuti esterni, ma, prima di tutto, sulla valorizzazione delle
proprie risorse nonché sulla propria cultura e tradizione. In questa
materia, quelli che esercitano sugli altri maggiore influenza devono dare
l'esempio.
b) È dovere gravissimo delle nazioni evolute di aiutare
i popoli in via di sviluppo ad adempiere i compiti sopraddetti. Perciò
esse procedano a quelle revisioni interne, spirituali e materiali,
richieste da questa cooperazione universale. Così bisogna che negli scambi
con le nazioni più deboli e meno fortunate abbiano riguardo al bene di
quelle che hanno bisogno per la loro stessa sussistenza dei proventi
ricavati dalla vendita dei propri prodotti.
c) Spetta alla comunità internazionale coordinare e
stimolare lo sviluppo, curando tuttavia di distribuire con la massima
efficacia ed equità le risorse a ciò destinate. Salvo il principio di
sussidiarietà, ad essa spetta anche di ordinare i rapporti economici
mondiali secondo le norme della giustizia.
Si fondino istituti capaci di promuovere e di regolare
il commercio internazionale, specialmente con le nazioni meno sviluppate,
e destinati pure a compensare gli inconvenienti che derivano
dall'eccessiva disuguaglianza di potere fra le nazioni. Accanto all'aiuto
tecnico, culturale e finanziario, un simile ordinamento dovrebbe mettere a
disposizione delle nazioni in via di sviluppo le risorse necessarie ad
ottenere una crescita soddisfacente della loro economia.
d) In molti casi è urgente procedere a una revisione
delle strutture economiche e sociali. Ma bisogna guardarsi dalle soluzioni
tecniche premature, specialmente da quelle che, mentre offrono all'uomo
certi vantaggi materiali, si oppongono al suo carattere spirituale e alla
sua crescita. Poiché “ non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che
esce dalla bocca di Dio ” (Mt 4,4). Ogni parte della famiglia umana reca
in sé e nelle sue migliori tradizioni qualcosa di quel tesoro spirituale
che Dio ha affidato all'umanità, anche se molti ignorano da quale fonte
provenga.
87. La cooperazione internazionale e
l'accrescimento demografico
La cooperazione internazionale è indispensabile
soprattutto quando si tratta dei popoli che, fra le molte altre
difficoltà, subiscono oggi in modo tutto speciale quelle derivanti da un
rapido incremento demografico. È urgente e necessario ricercare come, con
la cooperazione intera ed assidua di tutti, specie delle nazioni più
favorite, si possa procurare e mettere a disposizione dell'intera comunità
umana quei beni che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente
istruzione di ciascuno. Alcuni popoli potrebbero migliorare seriamente le
loro condizioni di vita se, debitamente istruiti, passassero dai vecchi
metodi di agricoltura ai nuovi procedimenti tecnici di produzione,
applicandoli con la prudenza necessaria alla situazione propria e se
instaurassero inoltre un migliore ordine sociale e attuassero una più
giusta distribuzione della proprietà terriera.
Nei limiti della loro competenza, i governi hanno
diritti e doveri per ciò che concerne il problema demografico della
nazione; come, ad esempio, per quanto riguarda la legislazione sociale e
familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o quando si tratta
dell'informazione relativa alla situazione e ai bisogni del paese. Oggi
gli animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi sperare
che cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare nelle
università, proseguano assiduamente gli studi già iniziati e li sviluppino
maggiormente.
Poiché molti affermano che l'accrescimento demografico
nel mondo, o almeno in alcune nazioni, debba essere frenato in maniera
radicale con ogni mezzo e con non importa quale intervento dell'autorità
pubblica, il Concilio esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie
alla legge morale, siano esse promosse o imposte pubblicamente o in
privato. Infatti, in virtù del diritto inalienabile dell'uomo al
matrimonio e alla generazione della prole, la decisione circa il numero
dei figli da mettere al mondo dipende dal retto giudizio dei genitori e
non può in nessun modo essere lasciata alla discrezione dell'autorità
pubblica. Ma siccome questo giudizio dei genitori suppone una coscienza
ben formata, è di grande importanza dare a tutti il modo di accedere a un
livello di responsabilità conforme alla morale e veramente umano, nel
rispetto della legge divina e tenendo conto delle circostanze. Tutto ciò
esige un po' dappertutto un miglioramento dei mezzi pedagogici e delle
condizioni sociali, soprattutto una formazione religiosa o almeno una
solida formazione morale. Le popolazioni poi siano opportunamente
informate sui progressi della scienza nella ricerca di quei metodi che
potranno aiutare i coniugi in materia di regolamentazione delle nascite,
una volta che sia ben accertato il valore di questi metodi e stabilito il
loro accordo con la morale.
88. Il compito dei cristiani
nell'aiuto agli altri paesi
I cristiani cooperino volentieri e con tutto il cuore
all'edificazione dell'ordine internazionale, nel rispetto delle legittime
libertà e in amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la miseria
della maggior parte del mondo è così grande che il Cristo stesso, nella
persona dei poveri reclama come a voce alta la carità dei suoi discepoli.
Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni, i cui abitanti per la
maggior parte si dicono cristiani, godono d'una grande abbondanza di beni,
altre nazioni sono prive del necessario e sono afflitte dalla fame, dalla
malattia e da ogni sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è
infatti la gloria e il segno della Chiesa di Cristo.
Sono, pertanto, da lodare e da incoraggiare quei
cristiani, specialmente i giovani, che spontaneamente si offrono a
soccorrere gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi spetta a tutto il
popolo di Dio, dietro la parola e l'esempio dei suoi vescovi, sollevare,
nella misura delle proprie forze, la miseria di questi tempi; e ciò,
secondo l'antico uso della Chiesa, attingendo non solo dal superfluo, ma
anche dal necessario.
Le collette e la distribuzione dei soccorsi materiali,
senza essere organizzate in una maniera troppo rigida e uniforme, devono
farsi secondo un piano diocesano, nazionale e mondiale; ovunque la cosa
sembri opportuna, si farà in azione congiunta tra cattolici e altri
fratelli cristiani. Infatti lo spirito di carità non si oppone per nulla
all'esercizio provvido e ordinato dell'azione sociale e caritativa; anzi
l'esige. È perciò necessario che quelli che vogliono impegnarsi al
servizio delle nazioni in via di sviluppo ricevano una formazione adeguata
in istituti specializzati.
89. Efficace presenza della Chiesa
nella comunità internazionale
La Chiesa, in virtù della sua missione divina, predica
il Vangelo e largisce i tesori della grazia a tutte le genti. Contribuisce
così a rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza
della legge divina e naturale a solido fondamento della solidarietà
fraterna tra gli uomini e tra le nazioni. Perciò la Chiesa dev'essere
assolutamente presente nella stessa comunità delle nazioni, per
incoraggiare e stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole. E ciò,
sia attraverso le sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale
collaborazione di tutti i cristiani animata dall'unico desiderio di
servire a tutti.
Per raggiungere questo fine in modo più efficace, i
fedeli stessi, coscienti della loro responsabilità umana e cristiana,
dovranno sforzarsi di risvegliare la volontà di pronta collaborazione con
la comunità internazionale, a cominciare dal proprio ambiente di vita. Si
abbia una cura particolare di formare in ciò i giovani, sia
nell'educazione religiosa che in quella civile.
90. La partecipazione dei cristiani
alle istituzioni internazionali
Indubbiamente una forma eccellente d'impegno per i
cristiani in campo internazionale è l'opera che si presta, individualmente
o associati, all'interno degli istituti già esistenti o da costituirsi,
con il fine di promuovere la collaborazione tra le nazioni. Inoltre, le
varie associazioni cattoliche internazionali possono servire in tanti modi
all'edificazione della comunità dei popoli nella pace e nella fratellanza.
Perciò bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di cooperatori ben
formati, con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento
delle forze. Ai nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e necessità di
dialogo esigono iniziative collettive. Per di più simili associazioni
giovano non poco a istillare quel senso universale, che tanto conviene ai
cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità e di una
solidarietà veramente universali.
Infine è auspicabile che i cattolici si studino di
cooperare, in maniera fattiva ed efficace, sia con i fratelli separati, i
quali pure fanno professione di carità evangelica, sia con tutti gli
uomini desiderosi della pace vera. Adempiranno così debitamente al loro
dovere in seno alla comunità internazionale. Il Concilio, poi, dinanzi
alle immense sventure che ancora affliggono la maggior parte del genere
umano, ritiene assai opportuna la creazione d'un organismo della Chiesa
universale, al fine di fomentare dovunque la giustizia e l'amore di Cristo
verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la comunità
cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia
sociale tra le nazioni.
CONCLUSIONE
91. Compiti dei singoli fedeli e delle
Chiese particolari
Quanto viene proposto da questo santo Sinodo fa parte
del tesoro dottrinale della Chiesa e intende aiutare tutti gli uomini del
nostro tempo--sia quelli che credono in Dio, sia quelli che esplicitamente
non lo riconoscono -- affinché, percependo più chiaramente la pienezza
della loro vocazione, rendano il mondo più conforme all'eminente dignità
dell'uomo, aspirino a una fratellanza universale poggiata su fondamenti
più profondi, e possano rispondere, sotto l'impulso dell'amore, con uno
sforzo generoso e congiunto agli appelli più pressanti della nostra epoca.
Certo dinanzi alla immensa varietà delle situazioni e
delle forme di civiltà, questa presentazione non ha volutamente, in
numerosi punti, che un carattere del tutto generale; anzi, quantunque
venga presentata una dottrina già comune nella Chiesa, siccome non
raramente si tratta di realtà soggette a continua evoluzione,
l'insegnamento presentato qui dovrà essere continuato ed ampliato.
Tuttavia confidiamo che le molte cose che abbiamo
esposto, basandoci sulla parola di Dio e sullo spirito del Vangelo,
possano portare un valido aiuto a tutti, soprattutto dopo che i cristiani,
sotto la guida dei pastori, ne avranno portato a compimento l'adattamento
ai singoli popoli e alle varie mentalità.
92. Il dialogo fra tutti gli uomini
La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare
tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo
Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, razza e civiltà, diventa
segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo.
Ciò esige che innanzitutto nella stessa Chiesa
promuoviamo la mutua stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni
legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più fecondo fra tutti
coloro che formano l'unico popolo di Dio, che si tratti dei pastori o
degli altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono
i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie,
libertà nelle cose dubbie e in tutto carità.
Il nostro pensiero si rivolge contemporaneamente ai
fratelli e alle loro comunità, che non vivono ancora in piena comunione
con noi, ma ai quali siamo uniti nella confessione del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo e dal vincolo della carità, memori che l'unità dei
cristiani è oggi attesa e desiderata anche da molti che non credono in
Cristo.
Quanto più, in effetti, questa unità crescerà nella
verità e nell'amore, sotto la potente azione dello Spirito Santo, tanto
più essa diverrà per il mondo intero un presagio di unità e di pace.
Perciò, unendo le nostre energie ed utilizzando forme e metodi sempre più
adeguati al conseguimento efficace di così alto fine, nel momento
presente, cerchiamo di cooperare fraternamente, in una conformità al
Vangelo ogni giorno maggiore, al servizio della famiglia umana che è
chiamata a diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli di Dio.
Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che
credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi
religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre
tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli
a compimento con alacrità.
Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un
dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità e condotto con la
opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di
alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora l'autore, né coloro
che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere.
Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo
tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e
identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno,
possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera
pace.
93. Un mondo da costruire e da
condurre al suo fine
I cristiani, ricordando le parole del Signore: “in
questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli
uni gli altri” (Gv 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che
servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo
contemporaneo. Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e beneficiando della
sua forza, uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia,
hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso
dovranno rendere conto a colui che tutti giudicherà nell'ultimo
giorno.
Non tutti infatti quelli che dicono: “ Signore, Signore
”, entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del
Padre e coraggiosamente agiscono. Perché la volontà del Padre è che in
tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello,
con la parola e con l'azione, rendendo così testimonianza alla verità, e
comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del Padre celeste.
Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della
terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla fine essi
vengano ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che risplende
della gloria del Signore. “ A colui che, mediante la potenza che opera in
noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo
domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù,
per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen” (Ef
3,20-21).
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