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Capitolo XI
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E' IL NUMERO DI COLORO CHE AMANO LA CROCE DI GESU'
- Oggi, di innamorati del suo regno celeste, Gesù ne trova molti;
pochi invece ne trova di pronti a portare la sua croce. Trova molti
desiderosi di consolazione, pochi desiderosi della tribolazione,
molti disposti a sedere a mensa, pochi disposti a digiunare. Tutti
desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffrire per Lui. Molti
seguono Gesù fino alla distribuzione del pane, pochi invece fino al
momento di bere il calice della passione. Molti guardano con
venerazione ai suoi miracoli, pochi seguono l'ignominia della croce.
Molti amano Iddio fin tanto che non succedono avversità. Molti lo
lodano e lo benedicono soltanto mentre ricevono da lui qualche
consolazione; ma, se Gesù si nasconde e li abbandona per un poco,
cadono in lamentazione e in grande abbattimento. Invece coloro che
amano Gesù per Gesù, non già per una qualche consolazione
propria, lo benedicono nella tribolazione e nella angustia del
cuore, come nel maggior gaudio spirituale. E anche se Gesù non
volesse mai dare loro una consolazione, ugualmente vorrebbero sempre
lodarlo e ringraziarlo.
- Oh!, quanta è la potenza di un amore schietto di Gesù, non
commisto con alcun interesse ed egoismo! Forse che non si debbono
definire quali mercenari tutti quelli che vanno sempre cercando
consolazione? Forse che non si dimostrano più innamorati di sé che
di Cristo quelli che pensano sempre al proprio utile e al proprio
vantaggio? Dove si troverà uno che voglia servire Iddio senza
ricompensa? E' difficile trovare chi sia spiritualmente così alto
da voler essere spogliato di ogni cosa. Invero, chi lo troverà uno
veramente povero nello spirito e distaccato da ogni creatura? Il suo
pregio è come quello di cose provenienti da lontano, dagli estremi
confini della terra (Pro 31,10). Anche se uno si spogliasse di tutte
le sue sostanze (Ct 8,7), non è ancor nulla; anche se facesse
grande penitenza, è ancora poca cosa; anche se avesse appreso ogni
scienza, egli è ancora ben lungi dalla meta; anche se avesse grande
virtù e fervente devozione, ancora gli manca molto: cioè la sola
cosa, che gli è massimamente necessaria. Che cosa dunque? Che,
abbandonato tutto, abbandoni anche se stesso, ed esca totalmente da
sé, senza che gli rimanga un briciolo di amore di sé; che, dopo
aver compiuto tutto quello che riconosce suo dovere, sia persuaso di
non aver fatto niente; che non faccia gran conto di ciò che pur
possa sembrare grande, ma sinceramente si proclami servo inutile,
come dice la Verità stessa: "Quando avrete fatto tutto ciò
che vi è stato comandato, dite: siamo servi inutili" (Lc
17,10). Allora sì, che uno potrà essere davvero povero e nudo
spiritualmente, e dire col profeta: "Sono abbandonato e
povero" (Sal 24,16). Ma nessuno è più ricco, nessuno più
potente, nessuno più libero di costui, che sa abbandonare se stesso
e ogni cosa e porsi all'ultimo posto.
Capitolo XII
LA VIA
MAESTRA DELLA SANTA CROCE
- Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la
tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più
duro sentire, alla fine, questa parola: "allontanatevi da me
maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). In verità coloro che
ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno
timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel
cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a
giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a
Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si
conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere
la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza;
nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella
croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella
croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella
croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto
nella croce si ha la salvezza dell'anima e la speranza della vita
eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai
nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce
(Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi
la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti,
se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai
stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella
gloria.
- Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte.
La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è
quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va' pure
dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là,
una strada più alta e più sicura della via della santa croce.
Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il
tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di
buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce.
Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell'anima
qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti,
talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più,
frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare
conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò
fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a
soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta
interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza.
Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui
al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque,
sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi
sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi
sempre te stesso. Volgiti verso l'alto o verso il basso, volgiti
fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa
devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il
premio eterno.
- Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a
condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine
che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la
porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e
tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza
dubbio un'altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a
ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in
questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo,
nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il
dolere della passione. "Era necessario - diceva - che il Cristo
patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria" (Lc
24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa
via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di
Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia?
Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d'altro, che non sia il patire
tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria
e segnata tutt'intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà
salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti
saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio
su questa terra aumenta insieme con l'amore di Dio.
- Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di
consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente
crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla
croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma
in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è
prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza
per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi
alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare
tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e
dell'afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più
numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che
ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale
tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle
affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura,
essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e
amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire
gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso
e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e
patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene
quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto
questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo,
e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure
avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai
per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e
fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo
Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte
avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà
infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai,
dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così.
Non c'è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal
dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del
Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto
alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come
meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le
tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi;
giacché "i patimenti di questa nostra vita terrena",
anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, "non sono
nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm
8,18).
- Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce
e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a
posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a
che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a
posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma
le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti
sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire.
Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non
saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna
contrarietà. "Io gli mostrerò - dice Gesù - quante cose egli
debba patire per il mio nomo" (At 9,16). Dunque, se vuoi
davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire
ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome
di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne
avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti!
Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però
quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire
di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose
più gravose per il mondo.
- Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si
progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi.
Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta
a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio,
nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente
per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di
sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere
allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a
Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e
il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti
soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle
tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e
di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe
certamente indicato, con la parola e con l'esempio. Invece egli
esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro
che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: "Se uno vuol
venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua" (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale,
attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa,
"che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso
molte tribolazioni" (At 14,22).
FINISCONO LE ESORTAZIONI CHE CI INDUCONO ALL'INTERIORITA'.
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