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Capitolo VI
CHI HA
VERO AMORE, COME NE DA' PROVA
- Figlio, ancora non sei forte e saggio nell'amore. Perché, o
Signore? Perché, per una piccola contrarietà lasci la strada
intrapresa e troppo avidamente cerchi consolazione. Chi è forte
nell'amore, regge alle tentazioni e non crede alla suadente furbizia
del nemico. Come gli sono caro nella prosperità, così gli sono
caro nelle avversità. Chi è saggio nell'amore non guarda tanto al
pregio del dono, quanto all'amore di colui che dona. Guarda più
all'affetto che al prezzo, e pone tutti i doni al di sotto della
persona amata. Chi è nobile nell'amore non si appaga nel dono, ma
si appaga in me, al di sopra di qualunque dono. Se talvolta, verso
di me, o verso i miei santi, hai l'animo meno ben disposto di quanto
vorresti, non per questo tutto è perduto. Quell'amore che talora
senti, buono e dolce, è effetto della grazia presente in te; è,
per così dire, un primo assaggio della patria celeste. Ma è cosa
su cui non bisogna fare troppo conto, perché non è ferma e
costante.
- Segno di virtù e di grande merito, è questo: lottare quando si
affacciano cattivi impulsi dell'animo, e disprezzare le suggestioni
del diavolo. Dunque non lasciarti turbare da alcun pensiero che ti
venga dal di fuori, di qualsivoglia natura. Saldamente mantieni,
invece, i tuoi propositi, con l'animo diretto a Dio. Non è una vana
illusione che, talvolta, tu sia d'un tratto portato fino all'estremo
rapimento, per poi ritornare subito alle consuete manchevolezze
spirituali; queste infatti non dipendono da te, ma le subisci contro
tua voglia. Anzi, fino a che tali manchevolezze ti disgustano, e ad
esse resisti, questo è cosa meritoria, non già rovinosa per
l'anima. Sappi che l'antico avversario tenta in ogni modo di
ostacolare il tuo desiderio di bene, distogliendoti da qualsiasi
esercizio di devozione; distogliendoti, cioè dal culto dei santi,
dal pio ricordo della mia passione, dall'utile pensiero dei tuoi
peccati, dalla vigilanza del tuo cuore; infine dal fermo
proponimento di progredire nella virtù. L'antico avversario insinua
molti pensieri perversi, per molestarti e spaventarti, per
distoglierti dalla preghiera e dalle sante letture. Lo disgusta che
uno umilmente si confessi; se potesse, lo farebbe disertare dalla
comunione. Non credergli, non badargli, anche se ti avrà teso
sovente i lacci dell'inganno. Ascrivile a lui, quando ti insinua
cose cattive e turpi. Digli: vattene, spirito impuro; arrossisci,
miserabile. Veramente immondo sei tu, che fai entrare nei miei
orecchi cose simili. Allontanati da me, perfido ingannatore; non
avrai alcun posto in me: presso di me starà Gesù, come un
combattente valoroso; e tu sarai svergognato. Preferisco morire e
patire qualsiasi pena, piuttosto che cedere a te. Taci, ammutolisci;
non ti ascolterò più, per quante insidie tu mi possa tendere.
"Il Signore è per me luce e salvezza; di chi avrò paura? (Sal
26,1). Anche se fossero eretti contro di me interi accampamenti, il
mio cuore non vacillerà (Sal 26,3). Il Signore è il mio alleato e
il mio redentore" (Sal 18,15).
- Combatti come un soldato intrepido. E se talvolta cadi per la tua
debolezza, riprendi forza maggiore, fiducioso in una mia grazia più
grande, guardandoti però attentamente dalla vana compiacenza e
dalla superbia: è a causa di esse che molti vengono indotti in
inganno, cadendo talora in una cecità pressoché incurabile. E'
questa rovina degli uomini superbi, stoltamente presuntuosi, che ti
deve indurre a prudenza e ad indefettibile umiltà.
Capitolo VII
PROTEGGERE
LA GRAZIA SOTTO LA SALVAGUARDIA DELL'UMILTA'
- O figlio, è per te cosa assai utile e sicura tenere nascosta la
grazia della devozione; non insuperbirne, non continuare a parlarne
e neppure a ripensarci molto. Disprezza, invece, temendo questa
grazia come data a uno che non ne era degno. Non devi attaccarti
troppo forte a un tale slancio devoto, che subitamente può
trasformarsi in un sentimento contrario. Nel tempo della grazia
ripensa a quanto, di solito, sei misero e povero senza la grazia. Un
progresso nella vita spirituale non lo avrai raggiunto quando avrai
avuto la grazia della consolazione, ma quando, con umiltà,
abnegazione e pazienza, avrai saputo sopportare che essa ti sia
tolta. Cosicché, neppure allora, tu sia pigro nell'amore alla
preghiera o lasci cadere del tutto le abituali opere di pietà;
anzi, tu faccia volenterosamente tutto quanto è in te, come meglio
potrai e saprai, senza lasciarti andare del tutto a causa
dell'aridità e dell'ansietà spirituale che senti.
- Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto
impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell'uomo non
dipendono sempre da lui. E' Dio che può dare e consolare, quando
vuole e quanto vuole e a chi egli vuole; nella misura che gli piacerà
e non di più. Molti, poi, fattisi arditi per il fatto che sentivano
la grazia della devozione, procurarono la loro rovina: essi vollero
fare di più di quanto era nelle loro possibilità, non considerando
la propria pochezza e seguendo l'impulso del cuore piuttosto che il
giudizio della ragione. Presunsero di poter fare più di quello che
era nella volontà di Dio; perciò d'un tratto persero la grazia.
Essi, che avevano posto il loro nido nel cielo, restarono a mani
vuote, abbandonati alla loro miseria; cosicché, umiliati e
spogliati, imparassero, a non volare con le loro ali, ma a star
sotto le mie ali, nella speranza. Coloro che sono ancora novellini e
inesperti nella via del Signore facilmente si ingannano e cadono, se
non si attaccano al consiglio di persone elette. E se vogliono
seguire quello che loro sembra giusto, anziché affidarsi ad altri
più esperti, finiranno male, a meno che non vogliano ritrarsi dal
proprio interno. Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado
si lasciano umilmente guidare da altri. Sennonché uno scarso sapere
e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall'umiltà,
valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto
compiacimento di sé. E' meglio per te avere poco, piuttosto che
molto; del molto potresti insuperbire.
- Non agisce con sufficiente saggezza colui che, avendo la grazia,
si dà interamente alla gioia, senza pensare alla sua miseria di
prima e alla purezza che si deve aver nel timore di Dio; timore cioè
di perdere quella grazia che gli era stata data. Così non dimostra
di avere sufficiente virtù colui che, al momento dell'avversità o
in altra circostanza che lo opprima, si dispera eccessivamente e
concepisce, nei confronti, pensieri e sentimenti di fiducia meno
piena di quanto mi si dovrebbe. Al momento della lotta, si troverà
spesso estremamente abbattuto e pieno di paura proprio colui che, in
tempo di quiete, avrà voluto essere troppo sicuro. Se tu, invece,
riuscissi a restare umile e piccolo in te stesso, e a ben governare
e dirigere il tuo spirito non cadresti così facilmente nel pericolo
e nel peccato. Un buon consiglio è questo, che, quando hai
nell'animo uno speciale ardore spirituale, tu consideri bene quello
che potrà accadere se verrà meno tale luce interiore. Quando poi
ciò accadesse, pensa che poi di nuovo possa tornare quella luce che
per un certo tempo ti ha tolta, per tua sicurezza e per la mia
gloria. Infatti, subire una simile prova è spesso a te più utile
che godere stabilmente di una situazione tranquilla, secondo il tuo
piacere. In verità i meriti non si valutano secondo questo
criterio, che uno abbia frequenti visioni, o riceva particolari
gioie interiori, o sia posto in un grado più alto. Ma piuttosto
secondo questo criterio, che uno sia radicato nella vera umiltà e
ripieno dell'amore divino; che ricerchi sempre soltanto e
interamente di rendere gloria a Dio; che consideri se stesso un
nulla; che si disprezzi veramente e preferisca perfino essere
disprezzato ed umiliato dagli altri, anziché essere onorato.
Capitolo VIII
LA
BASSA OPINIONE DI SE' AGLI OCCHI DI DIO
- "Che io osi parlare al mio Signore, pure essendo polvere e
cenere" (Gn 18,27). Se avrò tenuto troppo grande opinione di
me, ecco tu mi starai dinanzi e le mie iniquità daranno
testimonianza del vero, contro di me; né potrò controbattere. Se
invece mi sarò considerato cosa da poco - riducendomi a un nulla,
liberandomi da ogni reputazione di me stesso, facendomi polvere,
quale sono - la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà
vicina al mio cuore. Così ogni stima, anche minima, svanirà per
sempre, sommersa nell'abisso della mia umiltà. In tal modo, o Dio,
tu mi mostri a me stesso: che cosa sono e che cosa fui, a che
giunsi. Sono un nulla ì, e neppure me ne rendo conto. Lasciato a me
stesso, ecco il nulla; tutto è manchevolezza. Se, invece, d'un
tratto, tu guardi me, immediatamente divento forte e pieno di nuova
gioia. Ed è così veramente meravigliosa questo sentirmi così
improvvisamente sollevato, e così amorosamente abbracciato da te;
ché, per la mia gravezza, sono portato sempre al basso. E' opera,
questa, del tuo amore: senza mio merito esso mi viene incontro, mi
aiuta in tante mie varie necessità, mi mette al riparo da ogni
grave pericolo e mi strappa da mali veramente innumerevoli.
- Mi ero perduto, amandomi di un amore davvero non retto; invece,
cercando soltanto te, e con retto amore, ho travato, ad un tempo, e
me stesso e te. Per tale amore mi sono sprofondato ancor di più nel
mio nulla; perché sei tu, che, nella tua grande bontà, vai, nei
mie confronti, al di là di ogni merito, e al di là di quello che
io oso sperare e chiedere. Sii benedetto, o mio Dio, perché,
quantunque io non sia degno di alcun dono, la tua magnanimità e la
tua infinita bontà non cessano di largire benefici anche agli
ingrati, che si sono allontanati da te. Portaci di nuovo a te,
affinché siamo pieni di gratitudine, di umiltà e di devozione. Tu
sei infatti il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra salvezza.
Capitolo IX
RIFERIRE
TUTTO A DIO, ULTIMO FINE
- O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo
supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti,
troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è
male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso,
immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque
ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene.
Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci
tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a
fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si
mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito,
riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me,
ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non
godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi
incontrerà molti ostacoli ed angustie.
- Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità,
devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di
Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me,
tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato.
E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria.
Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora
scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di
Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi
essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me.
Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc
18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni
cosa benedetto.
Capitolo X
DOLCE
COSA, ABBANDONARE IL MONDO E SERVIRE A DIO
- Parlerò ancora, e non tacerò; dirò all'orecchio del mio Dio,
mio signore e mio re, che sta nei cieli: se "è tanto grande e
sovrabbondante, o Signore, la dolcezza che hai preparato per coloro
che ti temono" (Sal 30,20), che cosa sei tu, per coloro che ti
amano e per coloro che ti servono con tutto il cuore? Davvero
ineffabile è la dolcezza della tua contemplazione, che tu concedi a
coloro che ti amano. Ecco dove massimamente mostrasti la soavità
del tuo amore per me: non ero, e mi hai creato; mi ero allontanato
da te, e tu mi hai ricondotto a servirti; infine mi hai comandato di
amarti. Oh!, fonte di eterno amore, che potrò dire di te; come mi
potrò dimenticare di te, che ti sei degnato di ricordarti di me,
dopo che mi ero perduto nel marciume? Hai usato misericordia con il
tuo servo, al di là di ogni speranza; gli hai offerto grazia ed
amicizia, al di là di ogni merito. Che cosa mai potrò dare in
cambio di un tal beneficio? Giacché non a tutti è concesso di
abbandonare ogni cosa, di rinunciare al mondo e di scegliere la vita
del monastero.
- E' forse gran cosa che io serva a te, al quale ogni creatura deve
servire? Non già il servirti mi deve sembrare gran cosa; piuttosto
mi deve sembrare grande e meraviglioso che tu, unendolo ad eletti
tuoi servi, ti degni di accogliere quale servo, uno come me, così
misero e privo di meriti. A te appartiene chiaramente tutto ciò che
io posseggo e con cui ti servo. E invece sei tu che mi servi, più
di quanto io non serva te. Ecco, tutto fanno prontamente, secondo il
tuo comando, il cielo e la terra, che tu hai creati per servizio
dell'uomo. E questo è ancor poco; ché anche gli angeli li hai
predisposti per servizio dell'uomo. Ma, al di sopra di tutto ciò,
sta il fatto che tu stesso ti sei degnato di servire l'uomo,
promettendogli in dono te stesso. E io che darò, in cambio di tutti
questi innumerevoli benefici? Potessi stare al tuo servizio tutti i
giorni della mia vita; potessi almeno riuscire a servirti degnamente
per un solo giorno. In verità, a te è dovuto ogni servizio, ogni
onore e ogni lode, in eterno. In verità tu sei il mio Signore, ed
io sono il tuo misero servo, che deve porre al tuo servizio tutte le
sue forze, senza mai stancarsi di cantare le tue lodi. Questo è il
mio desiderio, questa è la mia volontà. Degnati tu di supplire
alle mie deficienze.
- Mettersi al tuo servizio, disprezzando ogni cosa per amor tuo, è
grande onore e grande merito. Infatti, coloro che si saranno
sottoposti spontaneamente al tuo santo servizio avranno grazia
copiosa. Coloro che, per tuo amore, avranno lasciato ogni piacere
della carne troveranno la soave consolazione dello Spirito Santo.
Coloro che, per il tuo nome, saranno entrati nella via stretta,
lasciando ogni cosa mondana, conseguiranno una grande libertà
interiore. Quanto è grato e lieto questo servire a Dio, che rende
l'uomo veramente libero e santo. Quanto è benedetta la condizione
del religioso servizio, che rende l'uomo simile agli angeli:
compiacenza di Dio, terrore dei demoni, esempio ai fedeli. Con
indefettibile desiderio dobbiamo, dunque, abbracciare un tale
servizio, che ci assicura il sommo bene e ci fa conseguire una gioia
perenne, senza fine.
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