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Capitolo XXXVI
CONTRO I VUOTI
GIUDIZI UMANI
- O figlio, poni saldamente il tuo cuore nel Signore; e se la
coscienza ti proclama onesto e senza colpa, non temere il giudizio
degli uomini. Cosa buona e santa è sopportare il giudizio umano;
cosa non gravosa per chi è umile di cuore e confida in Dio, più
che in se stesso. C'è molta gente che parla tanto: e, perciò, poco
è il credito che le si deve dare. Del resto, fare contenti tutti
non è possibile. Che se Paolo cercò di piacere a tutti nel Signore
e si fece "tutto per tutti" (1Cor 9,22), tuttavia non
diede alcuna importanza al fatto d'essere giudicato da questo
tempo"(1Cor 4,3). Egli operò grandemente, con tutto se stesso
e con tutte le sue forze, per l'edificazione e la salvezza del
prossimo; ma non poté impedire che talvolta fosse giudicato e
persino disprezzato dagli altri. Per questo, tutto mise nelle mani
di Dio, a cui tutto è noto. Con la pazienza e con l'umiltà egli si
difese dalla sfrontatezza di quelli che dicevano iniquità o
pensavano vuotaggini e menzogne o buttavano fuori ogni cosa a loro
capriccio: pur talvolta rispondendo, perché dal suo silenzio non
nascesse scandalo ai deboli.
- "Chi sei tu mai, per avere paura di un uomo mortale? " (Is
51,12). L'uomo, oggi c'è, e domani non lo si vede più. Temi Iddio,
e non ti sgomenterai di ciò che può farti paura da parte degli
uomini. Che cosa può un uomo contro di te, con parole e improperi?
Egli nuoce a se stesso, più che a te; né potrà sfuggire al
giudizio di Dio, chiunque egli sia. Per quanto ti riguarda, tu tieni
fissi gli occhi in Dio, e "non voler opporti a lui, con parole
di lamento" ("Tm 2,14). Che se, al momento, sembra che tu
soccomba e che tu sia coperto di vergogna immeritata, non devi, per
questo, sdegnarti; né devi fare che sia più piccolo il tuo premio,
per difetto di pazienza. Guarda, invece, a me, cui è dato di
strappare l'uomo da ogni ingiustizia, "rendendo a ciascuno
secondo le sue opere" (Mt 16,27; Rm 2,6).
Capitolo XXXVII
L'ASSOLUTA
E TOTALE RINUNCIA A SE STESSO PER OTTENERE LIBERTA' DI SPIRITO
- O figlio, abbandona te stesso, e mi troverai. Vivi libero da
preferenze, libero da tutto ciò che sia tuo proprio, e ne avrai
sempre vantaggio; ché una grazia sempre più grande sarà riversata
sopra di te, non appena avrai rinunciato a te stesso, senza volerti
più riavere. O Signore, quante volte dovrò rinunciare, e in quali
cose dovrò abbandonare me stesso? Sempre, e in ogni momento, sia
nelle piccole come nelle grandi cose. Nulla io escludo: ti voglio
trovare spogliato di tutto. Altrimenti, se tu non fossi
interiormente ed esteriormente spogliato di ogni tua volontà, come
potresti essere mio; e come potrei io essere tuo? Più presto lo
farai, più sarai felice; più completamente e sinceramente lo
farai, più mi sarai caro e tanto maggior profitto spirituale ne
trarrai. Ci sono alcuni che rinunciano a se stessi, ma facendo certe
eccezioni: essi non confidano pienamente in Dio, e perciò si
affannano a provvedere a se stessi. Ci sono alcuni che dapprima
offrono tutto; ma poi, sotto i colpi della tentazione, ritornano a
ciò che è loro proprio, senza progredire minimamente nella virtù.
Alla vera libertà di un cuore puro e alla grazia della rallegrante
mia intimità, costoro non giungeranno, se non dopo una totale
rinuncia e dopo una continua immolazione; senza di che non si ha e
non si avrà una giovevole unione con me.
- Te l'ho detto tante volte, ed ora lo ripeto: lascia te stesso,
abbandona te stesso e godrai di grande pace interiore. Da' il tutto
per il tutto; non cercare, non richiedere nulla; sta' risolutamente
soltanto in me, e mi possederai, avrai libertà di spirito, e le
tenebre non ti schiacceranno. A questo debbono tendere il tuo
sforzo, la tua preghiera, il tuo desiderio: a saperti spogliare di
tutto ciò che è tuo proprio, a metterti nudo al seguito di Cristo
nudo, a morire a te stesso, a vivere sempre in me. Allora i vani
pensieri, i perversi turbamenti, le inutili preoccupazioni, tutto
questo scomparirà. Allora scompariranno il timore dissennato, e
ogni amore non conforme al volere di Dio.
Capitolo XXXVIII
IL
BUON GOVERNO DI SE' NELLE COSE ESTERNE E IL RICORSO A DIO NEI PERICOLI
- O figlio, tu devi attentamente mirare a questo, che dappertutto, e
in qualunque azione ed occupazione esterna, tu rimanga interiormente
libero e padrone di te; che le cose siano tutte sotto di te, e non
tu sotto di esse. Cosicché tu abbia a dominare e governare i tuoi
atti, e tu non sia come un servo o mercenario, ma tu sia libero
veramente come l'ebreo, che passa dalla servitù alla condizione di
erede e alla libertà dei figli di Dio. I figli di Dio stanno al di
sopra delle cose di questo mondo, e tengono gli occhi fissi
all'eterno; guardano con l'occhio sinistro le cose che passano, e
con il destro le cose del cielo; infine non sono attratti, così da
attaccarvisi, dalle cose di questo tempo, ma traggono le cose a sé,
perché servano al bene, così come sono state disposte da Dio e
istituite dal sommo artefice. Il quale nulla lascia, in alcuna sua
creatura, che non abbia il suo giusto posto.
- Se, di fronte a qualunque avvenimento, non ti fermerai
all'apparenza esterna e non apprezzerai con occhio carnale tutto ciò
che vedi ed ascolti; se, all'incontro, in ogni questione, entrerai
subito, come Mosè, sotto la tenda, per avere consiglio dal Signore,
udrai talvolta la risposta di Dio, e ne uscirai istruito su molte
cose di oggi e del futuro. Era solito Mosè ritornare alla sua
tenda, per dubbi e quesiti da risolvere; era solito rifugiarsi nella
preghiera, per alleviare i pericoli e le perversità degli uomini.
Così anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, implorando
con tanta intensità l'aiuto divino. Che se - come si legge - Giosuè
e i figli di Israele furono raggirati dai Gabaoniti, fu proprio
perché non chiesero prima il responso del Signore; ma, facendo
troppo affidamento su questi allettanti discorsi, furono traditi da
una falsa benevolenza.
Capitolo XXXIX
NESSUN
AFFANNO NEL NOSTRO AGIRE
- O figlio, ogni tua faccenda affidala a me; al tempo giusto disporrò
sempre io per il meglio. Attieniti al mio comando e ne sentirai
vantaggio. O Signore, di gran cuore affido a te ogni cosa; poco
infatti potranno giovare i miei piani. Volesse il cielo che io non
fossi tanto preso da ciò che potrà accadere in futuro, e mi
offrissi, invece, senza esitare alla tua volontà.
- O figlio, capita spesso che l'uomo persegua con ardore alcunché
di cui sente la mancanza; e poi, quando l'ha raggiunto, cominci a
giudicare diversamente, perché i nostri amori non restano fermi
intorno a uno stesso punto, e ci spingono invece da una cosa
all'altra. Non è una questione da nulla rinunciare a se stessi,
anche in cose di poco conto. Il vero progresso dell'uomo consiste
nell'abnegazione di sé. Pienamente libero e sereno è appunto
soltanto chi rinnega se stesso. Ecco, però, che l'antico
avversario, il quale si pone contro tutti coloro che amano il bene,
non tralascia la sua opera di tentazione; anzi, giorno e notte,
prepara gravi insidie, se mai gli riesca di far cadere nel laccio
dell'inganno qualcuno che sia poco guardingo. "Vegliate e
pregate, dice i Signore, per non entrare in tentazione" (Mt
26,41).
Capitolo XL
NULLA
DI BUONO HA L'UOMO DA SE' E DI NULLA PUO' VANTARSI
- "O Signore, che cosa è l'uomo, che tu abbia a ricordarti di
lui? Che cosa è il figlio dell'uomo, che tu venga a lui?" (Sal
8,5). Quali meriti ha mai l'uomo, perché tu gli dia la tua grazia?
O Signore, di che posso lamentarmi se mi abbandoni; che cosa posso,
a buon diritto, addurre se tu non mi concedi quello che chiedo?
Soltanto questo, in verità, posso dire, con certezza, in cuor mio:
Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me
stesso; anzi fallisco in ogni cosa, tendendo sempre al nulla. Se non
vengo aiutato da te e plasmato interiormente, mi infiacchisco
totalmente e mi abbandono. "Invece tu, o Signore, sei sempre te
stesso e tale resti in eterno" (Sal 101, 28.31), immutabilmente
buono, giusto, santo, talché fai e disponi ogni cosa con sapienza.
Io, invece, essendo più pronto a regredire che ad avanzare, non mi
mantengo sempre nella stessa condizione; che anzi "sette tempi
diversi passano sopra di me" (Dn 4, 13.20.22); anche se il mio
stato può, d'un tratto, mutarsi in meglio, non appena tu lo vuoi, e
mi porgi la mano soccorritrice. Da te solo, infatti, non già
dall'uomo soccorso, mi può venire l'aiuto e il dono della fermezza,
cosicché la mia faccia non muti continuamente, e il mio cuore si
volga solo a te, e in te trovi pace. Dunque, se io fossi capace di
disprezzare ogni consolazione degli uomini - sia per conseguire
maggior fervore, sia per rispondere al bisogno di cercare te, in
mancanza di chi mi possa confortare - allora potrei fondatamente
sperare nella tua grazia ed esultare del dono di una rinnovellata
consolazione.
- Siano rese grazie a te; a te dal quale tutto discende, se qualcosa
di buono mi accade. Ché io non sono altro che vanità, "anzi
un nulla, al tuo cospetto" (Sal 38, 6), un uomo incostante e
debole. Di che cosa posso io vantarmi; come posso pretendere di
essere stimato? Forse per quel nulla che io sono? Sarebbe vanità
sempre più grande. O veramente vuota vanteria, peste infame,
massima presunzione, che distoglie dalla vera gloria, privandoci
della grazia del cielo. Giacché mentre si compiace di se stesso,
l'uomo dispiace a te; mentre ambisce ad essere lodato dagli altri,
si spoglia della vera virtù. Vera gloria, invece, e gaudio santo,
è gloriarci in te, non in noi; trovare compiacimento nel tuo nome,
non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se
non per te. Sia lodato il tuo nome, non il mio; siano esaltate le
tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo nome santo, e a me non
sia data lode alcuna da parte degli uomini. Tu sei la mia gloria e
la gioia del mio cuore; in te esulterò e mi glorierò sempre:
"per nulla invece in me, se non nella mia debolezza"
("Cor 12,5). Lasciando ai Farisei il cercare gloria gli uni
dagli altri, io cercherò quella gloria che viene solo da Dio. A
confronto della tua gloria eterna, è vanità e stoltezza ogni lode
che viene dagli uomini, ogni onore di quaggiù, ogni mondana
grandezza. O mia verità e mia misericordia, mio Dio, Trinità
beata, a te solo sia lode, onore, virtù e gloria, per gli infiniti
secoli dei secoli!
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