|
Capitolo LVI
RINNEGARE
SE STESSI E IMITARE CRISTO NELLA CROCE
- O figlio, tu potrai trasmutarti in me, a misura che riuscirai ad
uscire da te stesso. Ché l'intimo oblio di se stessi congiunge a
Dio, come la mancanza di desideri esterni porta la pace interiore.
Io voglio che tu apprenda a rinnegare pienamente te stesso, in
adesione alla mia volontà, senza obiezioni, senza lamentele. "Seguimi"
(Mt 9,9). "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv
14,6). Senza la via non si cammina; senza la verità non si conosce;
senza la vita non si vive. Io sono la via che devi seguire; la verità
cui devi credere; la vita che devi sperare. Io sono la via che non
si deve lasciare, la verità che non sbaglia, la vita che non ha
termine. Io sono la via diritta, la verità ultima, la vita eterna,
beata, increata. "Se rimarrai nella mia via, conoscerai la
verità e la verità ti farà libero" (Gv 8,32); così
raggiungerai la vita eterna. "Vuoi entrare nella vita? Osserva
i comandamenti" (Mt 19,17). Vuoi conoscere la verità? Chiedi a
me. "Vuoi essere perfetto? Vendi ogni tua cosa" (Mt
19,21). Vuoi essere mio discepolo? Rinnega te stesso (cfr Lc 9,23;
14,27; Mt 16,24). Vuoi avere la vita eterna? Disprezza la vita
presente. Vuoi essere esaltato in cielo? Umiliati in questo mondo.
Vuoi regnare con me? Con me porta la croce. Soltanto quelli che si
fanno servi della croce trovano la via della beatitudine e della
vera luce.
- O Signore Gesù, dura fu la tua vita, e disprezzata dagli uomini;
fa' che io ti possa imitare, disprezzato dal mondo, giacché
"il servo non è da più del suo padrone, né il discepolo è
da più del maestro" (Mt 10,24). Che il tuo servo si addestri
alla scuola della vita, perché in essa sta la mia salvezza e la
vera santità; qualunque cosa io legga o ascolti, fuori di essa, non
mi ristora e non mi allieta pienamente. Figlio, tutte queste cose le
conosci e le hai lette; sarai beato se le metterai in pratica.
"Chi ha dinanzi agli occhi i miei comandamenti, e li osserva,
questi mi ama; e io l'amerò, mi manifesterò a lui" (Gv 24,21)
e lo farò sedere con me nel regno del Padre mio (Ap 3,21). O
Signore Gesù, come hai detto e hai promesso, così sia fatto
veramente, e a me sia dato di meritarlo. Ho ricevuto la croce, l'ho
ricevuta dalla tua mano; la porterò, la porterò fino alla morte,
come tu me l'hai posta sulle spalle. In verità la vita di un santo
monaco è la croce; ma la croce è guida al paradiso. Abbiamo
cominciato; non ci è lecito tornare indietro, né lasciare ciò che
abbiamo intrapreso. Via, o fratelli, procediamo insieme: Gesù sarà
con noi. Abbiamo preso questa croce per amore di Gesù; per amore di
Gesù perseveriamo nella croce. Colui che ci guida e ci precede sarà
il nostro aiuto. Ecco, il nostro re camminare avanti a noi;
"egli combatterà per noi" (2Esd 4,20). Seguiamolo con
animo virile; che nessuno abbia paura, né si lasci atterrire; che
noi siamo pronti a morire coraggiosamente nella lotta; che non
abbiamo a gravare il nostro buon nome con una delittuosa fuga (1Mac
9,10) dinanzi alla croce.
Capitolo LVII
NON
CI SI DEVE ABBATTERE ECCESSIVAMENTE QUANDO SI CADE IN QUALCHE MANCANZA
- O figlio, più mi è cara l'umile sopportazione nelle avversità,
che la pienezza di devota consolazione del tempo favorevole. Perché
ti rattrista una piccolezza che venga detta contro di te? Anche se
si trattasse di qualcosa di più, non dovresti turbarti. Lascia
andare, invece. Non è cosa strana; non è la prima volta, né sarà
l'ultima, se vivrai a lungo. Tu sei molto forte fino a che nulla ti
contraria; sai persino dare buoni consigli e fare forza ad altri con
le tue parole. Ma non appena si presenta alla tua porta
un'improvvisa tribolazione, consiglio e forza ti vengono meno.
Guarda alla tua grande fragilità, che hai constatata molto spesso,
di fronte a piccole contraddizioni. Pure, è per il tuo bene che
accadono simili cose; deponile, dunque, dal tuo cuore, come meglio
puoi. E se una cosa ti colpisce, non per questo ti abbatta o ti
tenga legato a lungo. Sopporta almeno con pazienza, se non ti riesce
con gioia. Anche se una cosa te la senti dire malvolentieri e ne
provi indignazione, devi dominarti; non devi permettere che dalla
tua bocca esca alcunché di ingiusto, che dia scandalo ai semplici.
Ben presto l'eccitazione emotiva si placherà, e l'eterna sofferenza
si farà più lieve, con il ritorno della grazia.
- Ecco, "io vivo - dice il Signore -" (Is 49,18), pronto
ad aiutarti più ancora del solito, se a me ti affiderai,
devotamente invocandomi. "Tu sii più rassegnato" (Bar
4,30); sii pronto a una maggiore sopportazione. Non è del tutto
inutile che tu ti senta tribolato e fortemente tentato: sei un uomo,
e non Dio; carne, non spirito angelico. Come potresti mantenerti
sempre nel medesimo stato di virtù, quando questo venne meno a un
angelo, in cielo, e al primo uomo, nel paradiso? Io sono "colui
che solleva e libera quelli che piangono" (Gb 5,11); colui che
innalza alla mia condizione divina quelli che riconoscono la loro
debolezza. O Signore, benedetta sia la tua parola, dolce al mio
orecchio "più del miele di favo" (Sal 18,11). Che farei
io mai, in così grandi tribolazioni e nelle mie angustie, se tu non
mi confortassi con le tue sante parole? Purché, alla fine, io
giunga al porto della salvezza, che importa quali e quanto grandi
cose dovrò aver patito? Concedimi un felice concepimento, un felice
trapasso da questo mondo. "Ricordati di me , o mio Dio"
(2Esd 13,22) e conducimi nel tuo regno, per retto cammino. Amen.
Capitolo LVIII
NON
DOBBIAMO CERCAR DI CONOSCERE LE SUPERIORI COSE DEL CIELO E GLI OCCULTI
GIUDIZIO DI DIO
- O figlio, guardati dal voler disputare delle cose del cielo e
degli occulti giudizi di Dio: perché quello è così derelitto e
quell'altro è portato a un così grande stato di grazia; ancora,
perché quello viene tanto colpito e quell'altro viene tanto
innalzato. Tutto ciò va al di là di ogni umana capacità; non v'è
alcun ragionamento, non v'è alcuna disquisizione che valga a
comprendere il giudizio di Dio. Quando, dunque, una spiegazione ti
viene suggerita dal nemico, oppure certuni indiscreti la vanno
cercando, rispondi con quel detto del profeta: "tu sei giusto,
o Signore, e retto è il tuo giudizio" (Sal 118,137); o con
quest'altro: "veri sono i giudizi di Dio, santi in se
stessi" (Sal 18,10). Tu devi venerare i miei giudizi, non
discuterli, perché essi sono incomprensibili per l'intelletto
umano. Neppure devi indagare e discutere dei meriti dei beati: chi
sia più santo o chi sia più grande nel regno dei cieli. Sono cose
che danno luogo spesso a dispute e a contese inutili e fomentano la
superbia e la vanagloria; onde nascono invidie e divisioni, giacché
uno si sforza, presuntuosamente, di portare innanzi un santo, un
altro, un altro santo. Ma sono cose che, a volerle conoscere ed
indagare, non portano alcun frutto; cose che, invece sono sgradite
ai beati, poiché "io non sono un Dio di discordia ma di
pace" (1Cor 14,33). Una pace che consiste nella vera umiltà,
più che nella esaltazione di sé.
- Ci sono alcuni che, quasi per un geloso affetto, sono tratti verso
questi o questi altri santi, con maggior sentimento: sentimento
umano, però, piuttosto che divino. Sono io che ho fatto i santi
tutti; sono io che ho elargito la grazia; sono io che ho accordato
la gloria; sono io che, conoscendo i meriti di ciascuno, sono andato
loro incontro benedicendoli nella mia bontà (Sal 20,4): io che li
sapevo eletti, prima di tutti i secoli. "Sono stato io a
sceglierli dal mondo, non loro a scegliere me" (Gv 15,16.19);
sono stato io a chiamarli con la mia grazia, ad attirarli con la mia
misericordia; sono stato io a condurli attraverso varie tentazioni,
e ad infondere loro stupende consolazioni; sono stato io a dar loro
la perseveranza e a premiare le loro sofferenze. Io conosco chi è
primo tra di essi, e chi è ultimo; ma tutti li abbraccio in un
amore che non ha misura. In tutti i miei santi, a me va data la
lode; sopra ogni cosa, a me va data la benedizione; a me va dato
l'onore per ciascuno di quelli che io ho fatto grandi, con tanta
gloria, ed ho predestinati, senza che ne avessero dapprima alcun
merito. Per questo chi disprezza il più piccolo dei miei santi, non
onora neppure quello che sia grande, perché "fui io a fare e
il piccolo e il grande" (Sap 6,8). E chi diminuisce uno
qualunque dei santi, diminuisce anche me e tutti gli altri che sono
nel regno dei cieli. Una cosa sola costituiscono tutti i beati, a
causa del vincolo dell'amore; uno è il loro sentimento, uno il loro
volere, e tutti unitamente si amano. Di più - cosa molto più
eccelsa - amano me più che se stessi e più che i propri meriti.
Giacché, innalzati sopra di sé e strappati dall'amore di sé,
essi, nell'amore, si volgono totalmente verso di me; di me godono,
in me trovano pace. Non c'è nulla che li possa distogliere o tirare
al basso: colmi dell'eterna verità, ardono del fuoco di un
inestinguibile amore. Smettano, dunque, gli uomini carnali e
materiali, essi che sanno apprezzare soltanto il proprio personale
piacere, di disquisire della condizione dei santi. Essi tolgono e
accrescono secondo il loro capriccio, non secondo quanto è disposto
dall'eterna verità. Molti non capiscono; soprattutto quelli che,
per scarso lume interiore, a stento sanno amare qualcuno di perfetto
amore spirituale. Molti, per naturale affetto e per umano sentimento
, sono attratti verso questi o quei santi, e concepiscono il loro
atteggiamento verso i santi del cielo come quello verso gli uomini
di quaggiù; mentre c'è un divario incolmabile tra il modo di
pensare della gente lontana dalla perfezione e le intuizioni
raggiunte, per superiore rivelazione, da coloro che sono
particolarmente illuminati.
- Guardati dunque, o figlio, dall'occuparti avidamente di queste
cose, che vanno al di là della possibile tua conoscenza;
preoccupati e sforzati piuttosto di poterti trovare tu nel regno dei
cieli, magari anche ultimo. Ché, pure se uno sapesse chi sia più
santo di un altro o sia considerato più grande nel regno dei cieli,
a che cosa ciò gli gioverebbe, se non ne traesse motivo di
abbassarsi dinanzi a me, levandosi poi a lodare ancor più il mio
nome? Compie cosa molto più gradita a Dio colui che pensa alla
enormità dei suoi peccati, alla pochezza delle sue virtù e a
quanto egli sia lontano dalla perfezione dei santi; molto più
gradita di quella che fa colui che disputa intorno alla maggiore o
minore grandezza dei santi. E' cosa migliore implorare i santi, con
devote preghiere e supplicarli umilmente affinché, dalla loro
gloria, ci diano aiuto; migliore che andare indagando, con inutile
ricerca, il segreto della loro condizione. Essi sono paghi, e
pienamente. Magari gli uomini riuscissero a limitarsi, frenando i
loro vaniloqui. I santi non si vantano dei loro meriti; non
ascrivono a sé nulla di ciò che è buono, tutto attribuendo a me;
poiché sono stato io, nel mio amore infinito a donare ad essi ogni
cosa. Di un così grande amore di Dio e di una gioia così
strabocchevole i santi sono ricolmi; ché ad essi nulla manca di
gloria, nulla può mancare di felicità. I santi, quanto più sono
posti in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e a
me più cari. Per questo trovi scritto che "deponevano le loro
corone dinanzi a Dio, cadendo faccia a terra dinanzi all'Agnello e
adorando il Vivente nei secoli dei secoli" (Ap 4,10; 5,14).
- Molti cercano di sapere chi sia il maggiore nel regno di Dio, e
non sanno neppure se saranno degni di essere colà annoverati tra i
più piccoli. Ed è gran cosa essere pure il più piccolo, in cielo,
dove tutti sono grandi, perché "saranno detti - e lo saranno -
figli di Dio" (Mt 5,9); "il più piccolo diventerà come
mille" (Is 60,22); "il più misero morirà di cento
anni" (Is 65,20). Quando infatti i discepoli andavano chiedendo
chi sarebbe stato il maggiore nel regno dei cieli, si sentirono
rispondere così: "se non vi sarete convertiti e non vi sarete
fatti come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli; chi dunque
si sarà fatto piccolo come questo fanciullo, questi è il più
grande nel regno dei cieli" (Mt 18,3s). Guai a coloro che non
vogliono accettare di buon grado di farsi piccoli come fanciulli: la
piccola porta del regno dei cieli non permetterà loro di entrare.
Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro consolazioni;
mentre i poveri entreranno nel regno di Dio, essi resteranno fuori,
in lamenti. Godete, voi piccoli; esultate, voi "poveri, perché
il regno di Dio è vostro" (Lc 6,20); a condizione però che
voi camminiate nella verità.
Capitolo LIX
PORRE
OGNI NOSTRA SPERANZA E OGNI FIDUCIA SOLTANTO IN DIO
- O Signore, che cosa è mai la fiducia che ho in questa vita. Quale
è il mio più grande conforto, tra tutte le cose che si vedono
sotto il cielo? Non sei forse tu, o Signore, mio Dio di infinita
misericordia? Dove mai ho avuto bene, senza di te; quando mai ho
avuto male con te? Voglio essere povero per te, piuttosto che ricco
senza di te; voglio restare pellegrino su questa terra, con te,
piuttosto che possedere il cielo, senza di te. Giacché dove sei tu,
là è cielo; e dove tu non sei, là è morte ed inferno. Sei tu il
mio desiderio ultimo; perciò io ti debbo seguire, con gemiti e
lacrime ed alte, commosse preghiere. In una parola, non posso avere
piena fiducia in alcuno che mi venga in aiuto nelle varie necessità,
fuori che in te soltanto, mio Dio. "La mia speranza" e la
mia fiducia sei tu (Sal 141,6); tu, il mio consolatore, il più
fedele in ogni momento. "Ognuno va cercando ciò che a lui
giova" (Fil 2,21); e tu, o Dio, ti prefiggi soltanto la mia
salvezza e tutto volgi in bene per me. Pur quando mi esponi a varie
tentazioni e avversità, tutto questo tu lo vuoi per il mio bene,
giacché quelli che tu ami usi metterli in vario modo alla prova; e
in questa prova io debbo amare e ringraziare, non meno che quando tu
mi colmi di celesti consolazioni.
- In te, dunque, o Signore Dio, ripongo tutta la mia speranza; in te
cerco il mio rifugio; in te rimetto tutte le mie tribolazioni e le
mie difficoltà, ché tutto trovo debole e insicuro ciò che io vedo
fuori di te. Non mi gioveranno, infatti, i molti amici; non mi
saranno di aiuto coloro che vengono a soccorrermi, per quanto forti;
non mi potranno dare un parere utile i prudenti, per quanto saggi;
non mi potranno dare conforto i libri dei sapienti; non ci sarà una
preziosa ricchezza che mi possa dare libertà; non ci sarà un luogo
ameno e raccolto che mi possa dare sicurezza, se non sarai presente
tu ad aiutarmi, a confortarmi, a consolarmi; se non sarai presente
tu ad ammaestrarmi e a proteggermi. In verità, tutte le cose che
sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno
realmente felicità alcuna, se non ci sei tu. Tu sei, dunque,
l'ultimo termine di ogni bene, il supremo senso della vita, la
massima profondità di ogni parola. Sperare in te sopra ogni cosa è
il maggior conforto di chi si è posto al tuo servizio. "A te
sono rivolti i miei occhi (Sal 140,80); in te confido, o mio Dio (Sal
24,1s), padre di misericordia" (2Cor 1,3). Benedici e
santifica, con la tua celeste benedizione, l'anima mia, affinché
essa sia fatta tua santa dimora e sede della eterna gloria; e nulla
si trovi in questo tempio della tua grandezza, che offenda l'occhio
della tua maestà. Guarda a me, nella tua immensa bontà e
nell'abbondanza della tua misericordia; ascolta la preghiera del tuo
servo, che va peregrinando in questa terra oscura di morte. Proteggi
e custodisci l'anima di questo tuo piccolo servo, nei tanti pericoli
della vita di quaggiù; dirigila con la tua grazia per la via della
pace, alla patria della eterna luce. Amen.
FINISCE IL LIBRO DELLA CONSOLAZIONE INTERIORE.
|