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Capitolo XI
IL
CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA MASSIMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA
DEVOTA
Parola del discepolo
- O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere
alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come
cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più
di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave
sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con
la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è
tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime
sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli,
dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel
Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto
altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere,
nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe
sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro,
dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento.
Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo.
Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia,
senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare
in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il
velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi
verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà
l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non
hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non
ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia
a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi
della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne,
quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose
meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale:
infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente,
fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria.
Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare
conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza,
all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è
possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che
mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i
miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te
nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre
erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi
credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io;
dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io.
Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei
santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio
di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e
come rifugio, il tuo Corpo santissimo.
- In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me,
quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe
insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose
riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che
sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo
corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua
parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce
dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere
santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero
essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una
parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la
mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di
Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa
dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo
del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).
- Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di
eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai
preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli
altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli
uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai
preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il
simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue,
inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli
di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie
del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce
soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore,
nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le
sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie
labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria
bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle
mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e
immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte
l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e
buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così
spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di
lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo;
pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente
toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i
sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io,
il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente
Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che
abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente
vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di
cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci
in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a
noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a
noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di
umiltà e con proposito di buona volontà.
Capitolo XII
COLUI
CHE SI APPRESTA A COMUNICARSI CON CRISTO VI SI DEVE PREPARARE CON
SCRUPOLOSA DILIGENZA
Voce del Diletto
- Io sono colui che ama la purezza; io sono colui che dona ogni
santità. Io cerco un cuore puro: là è il luogo del mio so.
Allestisci e "apparecchia per me un'ampia sala ove cenare (Mc
14,15; Lc 22,12), e farò la Pasqua presso di te con i miei
discepoli". Se vuoi che venga a te e rimanga presso di te,
espelli "il vecchio fermento" (1Cor 5,7) e purifica la
dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il
disordine delle passioni; sta "come il passero solitario sul
tetto" (Sal 101,8) e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi
peccati. Invero, colui che ama prepara al suo caro, da cui è amato,
il luogo migliore e più bello: di qui si conosce l'amorosa
disposizione di chi riceve il suo diletto. Sappi tuttavia che, per
questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non
avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue
sole forze. E' soltanto per mia benevolenza e per mia grazia, che ti
viene concesso di accostarti alla mensa: come se un poveretto fosse
chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per
ripagare quel beneficio che farsi piccolo e rendere grazie. Fa'
dunque tutto quello che sta in te; fallo con tutta attenzione, non
per abitudine, non per costrizione. Il corpo del tuo Diletto Signore
Dio, che si degna di venire a te, accoglilo con timore, con
venerazione, con amore. Sono io ad averti chiamato; sono io ad aver
comandato che così fosse fatto; sarò io a supplire a quel che ti
manca. Vieni ed accoglimi. Se ti concedo la grazia della devozione,
che tu ne sia grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto
che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non
hai questa devozione, e ti senti piuttosto arido, insisti nella
preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato
di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di
salvezza. Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che
vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a
dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità,
nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato,
ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa
grazia" (1Tm 4,14); prepara invece il tuo cuore con ogni cura e
fa' entrare in te il tuo diletto.
- Ancora, occorre, non solo che tu ti disponga a pietà, avanti la
Comunione, ma anche che tu ti conservi in essa, con ogni cura, dopo
aver ricevuto il Sacramento. La vigilanza di poi non deve essere
inferiore alla devota preparazione di prima; ché tale attenta
vigilanza è a sua volta la migliore preparazione per ottenere una
grazia più grande. Taluno diventa assai mal disposto, proprio per
essersi subito abbandonato a consolazioni esteriori. Guardati dal
molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. E' lui che
tu possiedi; neppure il mondo intero te lo potrà togliere. Io sono
colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in
te, ma in me, fuori da ogni affanno.
Capitolo XIII
NEL
SACRAMENTO L'ANIMA DEVOTA TENDA CON TUTTO SE STESSA ALL'UNIONE CON
CRISTO
Voce del discepolo
- "Chi mi darà, o Signore, di trovare te solo", di
aprirti tutto il mio cuore e di godere di te, secondo il desiderio
dell'anima mia? "Allora nessuno potrebbe offendermi" (Ct
8,1), nessuna creatura potrebbe scuotermi, e neppure sfiorarmi con
uno sguardo; ma sarai tu solo a parlarmi, ed io a te, come colui che
ama suole parlare con la persona amata, e come l'amico suole stare a
mensa con l'amico. Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi
tutto a te, distogliere il mio cuore da tutto ciò che è creato e
apprendere a gustare sempre più le cose celesti ed eterne, grazie
alla santa Comunione e alla frequente celebrazione della Messa. Ah,
Signore Dio, quando sarò interamente unito e assunto in te,
dimenticando del tutto me stesso? Tu in me ed io in te. Fa' che
possiamo rimanere uniti così. Veramente tu sei "il mio diletto
scelto tra mille" (Ct 5,10), con il quale piacque all'anima mia
di restare per tutti i giorni della vita. Veramente tu sei colui che
mi dà la pace; colui nel quale consiste la pace suprema, il riposo
vero, e fuori del quale tutto è fatica e dolore e miseria senza
fine. "Veramente tu sei il Dio nascosto" (Is 45,15); la
tua conversazione non è con i malvagi; la tua parola si rivolge
agli umili e ai semplici. "Oh, quanto è soave, o Signore, il
tuo Spirito" (Sap 12,1): tu vuoi mostrare la tua benevolenza ai
tuoi figli e ti degni di ristorarli "con il pane sommamente
soave che scende dal cielo" (Sap 16,20s).
- Davvero "non c'è altro popolo così grande, a cui i propri
dei si siano fatti così vicini, come sei vicino tu, o Dio
nostro" (Dt 4,7), a tutti i tuoi fedeli. A questi, infatti, tu
doni te stesso in salutare nutrimento, quale quotidiano conforto e
quale mezzo per volgere il cuore verso il cielo. C'è un'altra gente
così gloriosa, come il popolo cristiano? C'è, sotto il nostro
cielo, una creatura da te così amata come l'anima devota, nella
quale entra Dio stesso, per nutrirla del suo corpo di Gloria? Oh!,
grazia ineffabile, degnazione meravigliosa, oh!, amore
incommensurabile, privilegio concesso agli uomini. Ma che cosa darò
io al Signore in cambio di tale grazia, di un amore così
straordinario? Nulla io posso offrire, che sia più gradito del dono
totale del mio cuore al mio Dio e dell'intima unione con lui. Allora
esulterò nel profondo, quando l'anima mia sarà perfettamente unita
a Dio. Allora Dio stesso mi dirà: se tu vuoi essere con me, io
voglio essere con te. Ed io a lui risponderò: degnati, o Signore,
di restare con me; mi piace, e lo voglio, essere con te. Qui è
tutto il mio desiderio, che il mio cuore sia unito al tuo.
Capitolo XIV
L'ARDENTE
BRAMA DEL CORPO DI CRISTO IN ALCUNI DEVOTI
Parola del discepolo
- "Quanto è grande, o Signore, la ricchezza della tua bontà,
riservata a coloro che ti temono" (Sal 30,20). O Signore,
quando penso a certe anime devote, che si accostano al tuo
Sacramento con grandissima devozione ed amore, spesso mi sento in
colpa ed arrossisco. Al tuo altare e alla mensa della santa
Comunione io vengo infatti con tanta tiepidezza e freddezza,
restando così arido e senza slancio del cuore, non totalmente
infiammato dinanzi a te, o mio Dio, e non così fortemente attratto
d'amore verso di te, come lo furono molte anime devote. Nel loro
grande desiderio della Comunione e nel palpitante loro amore, queste
anime devote non potevano trattenersi dal pianto; con la bocca del
cuore, e insieme con quella del corpo, anelavano dal profondo a te,
fonte viva, non potendo calmare o saziare la propria sete in altro
modo che ricevendo il tuo corpo, con piena letizia e con spirituale
avidità. Veramente ardente, la loro fede; tale da costituire essa
stessa motivo di prova della tua presenza. Questi devoti riconoscono
davvero il loro Signore nello spezzare il pane, e il loro cuore arde
tutto per quel Gesù, che sta camminando con loro (Lc 24,30s). Da me
sono spesso ben lontani un tale slancio devoto, un amore così
ardente.
- Usami misericordia, o buon Gesù, dolce e benigno. Al poveretto
tuo, che va implorando, concedi di sentire, almeno qualche volta,
nella santa Comunione, un poco dell'impeto amoroso del tuo cuore;
così si irrobustirà la mia fede, si dilaterà la speranza nella
tua bontà, e in me non verrà mai meno un amore che già arde
pienamente e che ha potuto gustare la manna del cielo. Ben può la
tua misericordia concedermi almeno la grazia del desiderio e venire
a me donandomi ardore di spirito, finché non giunga il giorno da te
stabilito. In verità, benché io non sia acceso da una brama così
grande come quella delle persone particolarmente a te devote,
tuttavia sento, per grazia sua, di desiderare quel desiderio, grande
e ardente; prego e sospiro di essere unito a tutti coloro che ti
amano con fervore e di essere considerato della loro santa schiera.
Capitolo XV
UMILTA'
E RINNEGAMENTO DI SE', MEZZI PER OTTENERE LA GRAZIA DELLA DEVOZIONE
Parola del Diletto
- La grazia della devozione devi cercarla senza posa, chiederla con
gran desiderio, aspettarla con fiduciosa pazienza; devi riceverla
con gratitudine e umilmente conservarla; con essa devi
diligentemente operare; devi poi rimetterti a Dio per il tempo e il
modo di questa visita dall'alto. Quando dentro di te non senti
alcuna devozione, o ne senti ben poca, ti devi fare particolarmente
umile, ma senza abbatterti troppo, senza rattristarti oltre misura.
Quello che per lungo tempo non aveva concesso, spesso Dio lo concede
in un breve istante; quello che al principio della preghiera non
aveva voluto dare, talvolta Dio lo dà alla fine. Se questa grazia
venisse data sempre prontamente e si presentasse ogni volta che la
si desidera, l'uomo, nella sua fragilità, non la saprebbe portare.
Perciò la grazia della devozione la si deve attendere con totale
fiducia e con umile pazienza. Quando non ti viene data, oppure ti
viene tolta senza che tu ne veda la ragione, danne la colpa a te
stesso e ai tuoi peccati. Talvolta è una piccola cosa che fa
ostacolo alla grazia e la nasconde: se pur piccola, e non grande
cosa, possa chiamarsi ciò che impedisce un bene così eccelso. E se
questa piccola, o, meglio, grande cosa riuscirai a rimuoverla e a
vincerla del tutto, ciò che chiedevi si avvererà. In verità, non
appena ti sarai dato a Dio con tutto il tuo cuore; non appena,
anziché chiedere questo o quest'altro, ti sarai rimesso interamente
a lui, ti troverai tranquillo e in pace con te stesso, giacché
nulla avrà per te sapore più gradito di ciò che vuole Iddio.
- Perciò colui che, con semplicità di cuore, avrà elevato la sua
intenzione a Dio, liberandosi da qualsiasi attaccamento non retto e
da un distorto amore per le cose di questo mondo, sarà veramente
degno di ricevere la grazia e meriterà il dono della devozione.
Giacché dove trova un terreno sgombro, là il Signore concede la
sua benedizione. E tanto più rapida scende la grazia, tanto più
copiosa si riversa, tanto più in alto trasporta un cuore libero,
quanto più uno rinuncia del tutto alle cose di quaggiù, morendo a
se stesso e disprezzando se stesso. Allora, "il cuore di costui
vedrà e sarà traboccante, e contemplerà e si allargherà in
Dio" (Is 60,5), poiché "con lui è la potenza del
Signore" (Ez 3,14; Lc 1,66), nelle mani del quale egli si è
messo, interamente e per sempre. "Ecco, così sarà
benedetto" (Sal 127,4), colui che cerca il Signore con tutto il
cuore, e "non ha ricevuto invano la sua vita" (Sal 23,4).
Della grazia grande di essere unito a Dio egli si rende degno
proprio qui, nel ricevere la santa Eucarestia; perché non mira alla
propria devozione e alla propria consolazione, e mira invece, di là
di ogni devozione o consolazione, a glorificare e ad onorare Iddio.
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