DECRETO
PRESBYTERORUM
ORDINIS
SUL
MINISTERO E LA VITA SACERDOTALE
PROEMIO
1.
Più di una volta questo sacro Sinodo ha ricordato a tutti l'alta
dignità dell'ordine dei presbiteri nella Chiesa. Ma poiché
questo ordine ha un compito estremamente importante e sempre più
arduo da svolgere nell'ambito del rinnovamento della Chiesa di
Cristo, è parsa di somma utilità una trattazione più completa e
più approfondita sui presbiteri. Quanto verrà qui detto va
applicato a tutti i presbiteri--specialmente a quelli che si
dedicano alla cura d'anime--fatti i dovuti adattamenti nel caso
dei presbiteri religiosi.
I
presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che
ricevono dai vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro,
sacerdote e re; essi partecipano al suo ministero, per il quale la
Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in popolo di Dio,
corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questo sacro Sinodo,
dunque, affinché il ministero dei presbiteri, nelle attuali
circostanze pastorali e umane, spesso radicalmente nuove, possa
trovare sostegno più valido, e affinché si provveda più
adeguatamente alla loro vita, dichiara e stabilisce quanto segue.
CAPITOLO
I
IL
PRESBITERATO NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
Natura
del presbiterato
2.
Nostro Signore Gesù, “ che il Padre santificò e inviò nel
mondo ” (Gv 10,36), ha reso partecipe tutto il suo corpo mistico
di quella unzione dello Spirito che egli ha ricevuto 1: in esso,
infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale,
offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Gesù Cristo, e
annunziano le grandezze di colui che li ha chiamati dalle tenebre
nella sua luce meravigliosa. Non vi è dunque nessun membro che
non abbia parte nella missione di tutto il corpo, ma ciascuno di
essi deve santificare Gesù nel suo cuore e rendere testimonianza
di Gesù con spirito di profezia.
Ma
lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo
solo, di cui però “ non tutte le membra hanno la stessa
funzione ” (Rm 12,4), promosse alcuni di loro come ministri, in
modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra
potestà dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i
peccati, e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in
forma ufficiale la funzione sacerdotale. Pertanto, dopo aver
inviato gli apostoli come egli stesso era stato inviato dal Padre,
Cristo per mezzo degli stessi apostoli rese partecipi della sua
consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i
vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado
subordinato ai presbiteri questi sono dunque costituiti
nell'ordine del presbiterato per essere cooperatori dell'ordine
episcopale, per il retto assolvimento della missione apostolica
affidata da Cristo.
La
funzione dei presbiteri, in quanto strettamente vincolata
all'ordine episcopale, partecipa della autorità con la quale
Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo.
Per questo motivo il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo
i sacramenti dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel
particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù
dell'unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale
carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo da poter
agire in nome di Cristo, capo della Chiesa.
Dato
che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione
degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter
essere ministri di Cristo Gesù fra le nazioni mediante il sacro
ministero del Vangelo, affinché le nazioni diventino un'offerta
gradita, santificata nello Spirito Santo. È infatti proprio per
mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio
viene convocato e adunato, in modo che tutti coloro che
appartengono a questo popolo, dato che sono santificati nello
Spirito Santo, possano offrire se stessi come “ ostia viva,
santa, accettabile da Dio” (Rm 12,1). Ma è attraverso il
ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli
viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico
mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e
in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'eucaristia in modo
incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore.
A
ciò tende e in ciò trova la sua perfetta realizzazione il
ministero dei presbiteri. Effettivamente, il loro servizio, che
comincia con l'annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la
propria efficacia dal sacrificio di Cristo, e ha come scopo che
“ tutta la città redenta, cioè la riunione e società dei
santi, offra a Dio un sacrificio universale per mezzo del sommo
Sacerdote, il quale ha anche offerto se stesso per noi con la sua
passione, per farci diventare corpo di così eccelso capo ”.
Pertanto,
il fine cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la loro
vita è la gloria di Dio Padre in Cristo. E tale gloria si dà
quando gli uomini accolgono con consapevolezza, con libertà e con
gratitudine l'opera di Dio realizzata in Cristo e la manifestano
in tutta la loro vita. Perciò i presbiteri, sia che si dedichino
alla preghiera e all'adorazione, sia che predichino la parola, sia
che offrano il sacrificio eucaristico e amministrino gli altri
sacramenti, sia che svolgano altri ministeri ancora in servizio
degli uomini, sempre contribuiscono all'aumento della gloria di
Dio e nello stesso tempo ad arricchire gli uomini della vita
divina. E tutte queste cose--le quali scaturiscono dalla pasqua di
Cristo--troveranno pieno compimento nella venuta gloriosa dello
stesso Signore, allorché egli consegnerà il regno a colui che è
Dio e Padre.
I
presbiteri nel popolo di Dio
3.
I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in
favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio,
per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati vivono
quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai
fratelli. Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio
di Dio, uomo inviato dal Padre agli uomini, il quale dimorò
presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli,
eccettuato il peccato. È un esempio, il suo, che già imitarono i
santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, “ segregato
per il Vangelo di Dio” (Rm 1,1), dichiara di essersi fatto tutto
a tutti, allo scopo di salvare tutti. Così i presbiteri del Nuovo
Testamento, in forza della propria chiamata e della propria
ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di
Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da
qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all'opera per
la quale li ha assunti il Signore. Da una parte, essi non
potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e
dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d'altra
parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomini se si
estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. Per il loro
stesso ministero sono tenuti, con speciale motivo, a non
conformarsi con il secolo presente ma allo stesso tempo sono
tenuti a vivere in questo secolo in mezzo agli uomini, a conoscere
bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a cercare di
ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché
anch'esse ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un
solo pastore. Per raggiungere questo scopo risultano di grande
giovamento quelle virtù che sono giustamente molto apprezzate
nella società umana, come la bontà, la sincerità, la fermezza
d'animo e la costanza, la continua cura per la giustizia, la
gentilezza e tutte le altre virtù che raccomanda l'apostolo Paolo
quando dice: “Tutto ciò che è vero, tutto ciò che è onesto,
tutto ciò che è giusto, tutto ciò che è santo, tutto ciò che
è degno di amore, tutto ciò che merita rispetto, qualunque virtù,
qualunque lodevole disciplina: questo sia vostro pensiero ” (Fil
4,8).
CAPITOLO
II
IL
MINISTERO DEI PRESBITERI
I.
Funzioni dei presbiteri
I
presbiteri ministri della parola di Dio
4.
Il popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola
del Dio vivente che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra
dei sacerdoti. Dato infatti che nessuno può essere salvo se prima
non ha creduto, i presbiteri, nella loro qualità di cooperatori
dei vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il
Vangelo di Dio seguendo il mandato del Signore: “ Andate nel
mondo intero e predicate il Vangelo a ogni creatura ” e possono
così costituire e incrementare il popolo di Dio. Difatti, in virtù
della parola salvatrice, la fede si accende nel cuore dei non
credenti si nutre nel cuore dei credenti, e con la fede ha inizio
e cresce la comunità dei credenti, secondo quanto ha scritto
l'Apostolo: “ La fede è possibile per l'ascolto, e l'ascolto è
possibile per la parola di Cristo ” (Rm 10,17). Pertanto i
presbiteri sono debitori verso tutti, nel senso che a tutti devono
comunicare la verità del Vangelo di cui il Signore li fa
beneficiare. Quindi, sia che offrano in mezzo alla gente la
testimonianza di una vita esemplare, che induca a dar gloria a Dio
sia che annuncino il mistero di Cristo ai non credenti con la
predicazione esplicita; sia che svolgano la catechesi cristiana o
illustrino la dottrina della Chiesa; sia che si applichino a
esaminare i problemi del loro tempo alla luce di Cristo: in tutti
questi casi il loro compito non è di insegnare una propria
sapienza, bensì di insegnare la parola di Dio e di invitare tutti
insistentemente alla conversione e alla santità. Inoltre se la
predicazione sacerdotale, che nelle circostanze attuali del mondo
è spesso assai difficile, vuole avere più efficaci risultati
sulle menti di coloro che ascoltano, non può limitarsi ad esporre
la parola di Dio in termini generali e astratti, ma deve applicare
la perenne verità del Vangelo alle circostanze concrete della
vita.
In
tal modo il ministero della parola viene esercitato sotto forme
diverse, in rapporto alle diverse necessità degli ascoltatori e
secondo i diversi carismi dei predicatori. Nelle regioni o negli
ambienti non cristiani, per mezzo del messaggio evangelico gli
uomini vengono attratti alla fede e ai sacramenti della salvezza;
e nella comunità dei cristiani, soprattutto per quanto riguarda
coloro che mostrano di non capire o non credere abbastanza ciò
che praticano, la predicazione della parola è necessaria per lo
stesso ministero dei sacramenti, trattandosi di sacramenti della
fede, la quale nasce e si alimenta con la parola. Ciò vale
soprattutto nel caso della liturgia della parola nella
celebrazione della messa, in cui si realizza un'unità
inscindibile fra l'annuncio della morte e risurrezione del
Signore, la risposta del popolo che ascolta e l'offerta con la
quale Cristo ha confermato nel suo sangue la Nuova Alleanza;
offerta cui si uniscono i fedeli sia con i loro voti e preghiere
sia con la ricezione del sacramento.
I
presbiteri ministri della santificazione con i sacramenti e
l'eucaristia
5.
Dio, il quale solo è santo e santificatore, ha voluto assumere
degli uomini come soci e collaboratori, perché servano umilmente
nell'opera di santificazione. Per questo i presbiteri sono
consacrati da Dio, mediante il vescovo, in modo che, resi
partecipi in maniera speciale del sacerdozio di Cristo, nelle
sacre celebrazioni agiscano come ministri di colui che
ininterrottamente esercita la sua funzione sacerdotale in favore
nostro nella liturgia, per mezzo del suo Spirito. Essi infatti,
con il battesimo, introducono gli uomini nel popolo di Dio; con il
sacramento della penitenza riconciliano i peccatori con Dio e con
la Chiesa; con l'olio degli infermi alleviano le sofferenze degli
ammalati; e soprattutto con la celebrazione della messa offrono
sacramentalmente il sacrificio di Cristo. Ma ogni volta che
celebrano uno di questi sacramenti i presbiteri--come già ai
tempi della Chiesa primitiva attesta S. Ignazio martire--sono
gerarchicamente collegati sotto molti aspetti al vescovo, e in tal
modo lo rendono in un certo senso presente in ciascuna adunanza
dei fedeli.
Tutti
i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere
d'apostolato, sono strettamente uniti alla sacra eucaristia e ad
essa sono ordinati. Infatti, nella santissima eucaristia è
racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso
Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne
vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini
i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a
lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create. Per
questo l'eucarestia si presenta come fonte e culmine di tutta
l'evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco
a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro
battesimo e dalla confermazione, ricevendo l'eucarestia trovano il
loro pieno inserimento nel corpo di Cristo.
L'assemblea
eucaristica è dunque il centro della comunità dei cristiani
presieduta dal presbitero. I presbiteri insegnano dunque ai fedeli
a offrire la vittima divina a Dio Padre nel sacrificio della
messa, e a fare, in unione con questa vittima, l'offerta della
propria vita. Nello spirito di Cristo pastore insegnano altresì a
sottomettere con cuore contrito i propi peccati alla Chiesa nel
sacramento della penitenza , per potersi così convertire ogni
giorno di più al Signore, ricordando le sue parole: “ Fate
penitenza perché si avvicina il regno dei cieli ” ( Mt 4,17).
Insegnano inoltre ai fedeli a partecipare così intensamente alle
celebrazioni liturgiche, da poter arrivare anche in esse alla
preghiera sincera; li spingono ad avere per tutta la vita uno
spirito di orazione sempre più attivo e perfetto, in rapporto
alle grazie e ai bisogni di ciascuno; e invitano tutti a compiere
i doveri del proprio stato, inducendo quelli che hanno fatto
maggiori progressi a seguire i consigli del Vangelo, nel modo che
meglio convenga a ciascuno. Quindi istruiscono i fedeli in modo
che possano cantare in cuor loro al Signore Gesù Cristo.
Le
lodi e il ringraziamento che rivolgono a Dio nella celebrazione
eucaristica, i presbiteri li estendono alle diverse ore del giorno
con il divino ufficio, mediante il quale pregano Iddio in nome
della Chiesa e in favore di tutto il mondo.
La
casa di preghiera - in cui l'eucarestia è celebrata e conservata;
in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di
Dio nostro Salvatore, offerto per noi sull'altare del sacrificio,
viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli - dev'essere
nitida e adatta alla preghiera e alle celebrazioni liturgiche. In
essa i pastori e i fedeli sono invitati a rispondere con
riconoscenza al dono di colui che di continuo infonde la vita
divina, mediante la sua umanità, nelle membra del suo corpo.
Abbiano cura i presbiteri di coltivare adeguatamente la scienza e
l'arte liturgica, affinché per mezzo del loro ministero liturgico
le comunità cristiane ad essi affidate elevino una lode sempre più
perfetta a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
I
presbiteri, guide ed educatori del popolo di Dio
6.
Esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di
autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo,
riuniscono la famiglia di Dio come fraternità viva e unita e la
conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Per
questo ministero, così come per le altre funzioni, viene
conferita al presbitero una potestà spirituale, che è appunto
concessa ai fini dell'edificazione, Nell'edificare la Chiesa i
presbiteri devono avere con tutti dei rapporti improntati alla più
delicata bontà, seguendo l'esempio del Signore. E nel trattare
gli uomini non devono regolarsi in base ai loro gusti bensì in
base alle esigenze della dottrina e della vita cristiana,
istruendoli e anche ammonendoli come figli carissimi secondo le
parole dell'Apostolo: “Insisti a tempo e fuor di tempo:
rimprovera, supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina ” (2
Tm 4,2).
Perciò
spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede,
di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno
dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la
propria vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una
carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui
Cristo ci ha liberati. Di ben poca utilità saranno le cerimonie
più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad
educare gli uomini alla maturità cristiana. Per promuovere tale
maturità, i presbiteri sapranno aiutarli a diventare capaci di
leggere negli avvenimenti stessi--siano essi di grande o di minore
portata--quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio. I
cristiani inoltre devono essere educati a non vivere
egoisticamente ma secondo le esigenze della nuova legge della
carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del
prossimo la misura di grazia che ha ricevuto e che in tal modo
tutti assolvano cristianamente propri compiti nella comunità
umana. Ma, anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri
sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali
lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito e la cui
evangelizzazione è presentata come segno dell'opera messianica.
Anche i giovani vanno seguiti con cura particolare, e così pure i
coniugi e i genitori; è auspicabile che tali persone si
riuniscano amichevolmente in gruppo, per potersi aiutare a vicenda
a vivere più pienamente come cristiani nelle circostanze spesso
difficili in cui si trovano. Ricordino inoltre i presbiteri che i
religiosi tutti --sia uomini che donne--costituiscono una parte
insignita di speciale dignità nella casa del Signore e meritano
quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre
nella perfezione spirituale per il bene di tutta la Chiesa.
Infine, abbiano cura specialmente dei malati e dei moribondi,
visitandoli e confortandoli nel Signore.
Ma
la funzione di pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli:
essa va estesa alla formazione di un'autentica comunità
cristiana. Per fomentare opportunamente lo spirito comunitario,
bisogna mirare non solo alla Chiesa locale ma anche alla Chiesa
universale. A sua volta la comunità locale non deve limitarsi a
prendersi cura dei propri fedeli, ma è tenuta anche a sentire lo
zelo missionario, che spinge ad aprire a tutti gli uomini la
strada che conduce a Cristo.
In
primo luogo poi alla comunità incombe il dovere di occuparsi dei
catecumeni e dei neofiti, che vanno educati gradualmente alla
conoscenza e alla pratica della vita cristiana.
D'altra
parte non è possibile che si formi una comunità cristiana se non
assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra
eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi
educazione tendente a formare lo spirito di comunità. A sua volta
la celebrazione eucaristica, per essere piena e sincera, deve
spingere sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto,
sia all'azione missionaria e alle varie forme di testimonianza
cristiana.
Inoltre,
mediante la carità, la preghiera, l'esempio e le opere di
penitenza, la comunità ecclesiale esercita una vera azione
materna nei confronti delle anime da avvicinare a Cristo. Essa
infatti viene ad essere, per chi ancora non crede, uno strumento
efficace per indicare o per agevolare il cammino che porta a
Cristo e alla sua Chiesa; e per chi già crede è stimolo,
alimento e sostegno per la lotta spirituale.
Infine,
nell'edificare la comunità cristiana i presbiteri non si mettono
mai al servizio di una ideologia o umana fazione, bensì, come
araldi del Vangelo e pastori della Chiesa, si dedicano pienamente
all'incremento spirituale del corpo di Cristo.
II.
Rapporti dei presbiteri con gli altri
Il
vescovo e i presbiteri
7.
Tutti i presbiteri, in unione con i vescovi, partecipano del
medesimo e unico sacerdozio e ministero di Cristo, in modo tale
che la stessa unità di consacrazione e di missione esige la
comunione gerarchica dei presbiteri con l'ordine dei vescovi
manifestata ottimamente nel caso della concelebrazione liturgica,
questa unione con i vescovi è affermata esplicitamente nella
celebrazione eucaristica.
I
vescovi pertanto, grazie al dono dello Spirito Santo che è
concesso ai presbiteri nella sacra ordinazione, hanno in essi dei
necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella
funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio. Il
che è vigorosamente affermato fin dai primi tempi della Chiesa
nei documenti liturgici, là dove essi implorano solennemente da
Dio per colui che viene ordinato sacerdote l'infusione dello “
spirito della grazia e del consiglio, affinché aiuti e governi il
popolo con cuore puro ” proprio come lo spirito di Mosè nel
deserto fu trasmesso a settanta uomini prudenti “con l'aiuto dei
quali egli poté governare agevolmente la moltitudine innumerevole
del popolo ”.
Per
questa comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero,
i vescovi considerino dunque i presbiteri come fratelli e amici, e
stia loro a cuore, in tutto ciò che possono, il loro benessere
materiale e soprattutto spirituale. È ai vescovi, infatti, che
incombe in primo luogo la grave responsabilità della santità dei
loro sacerdoti: essi devono pertanto prendersi cura con la massima
serietà della formazione permanente del proprio presbiterio.
Siano pronti ad ascoltarne il parere, anzi, siano loro stessi a
consultarlo e a esaminare assieme i problemi riguardanti le
necessità del lavoro pastorale e il bene della diocesi. E perché
ciò sia possibile nella pratica, è bene che esista--nel modo più
confacente alle circostanze e ai bisogni di oggi nella forma e
secondo norme giuridiche da stabilire--una commissione o senato di
sacerdoti in rappresentanza del presbiterio, il quale con i suoi
consigli possa aiutare efficacemente il vescovo nel governo della
diocesi.
I
presbiteri, dal canto loro, avendo presente la pienezza del
sacramento dell'ordine di cui godono i vescovi, venerino in essi
l'autorità di Cristo supremo pastore. Siano dunque uniti al loro
vescovo con sincera carità e obbedienza. Questa obbedienza
sacerdotale, pervasa dallo spirito di collaborazione, si fonda
sulla stessa partecipazione del ministero episcopale, conferita ai
presbiteri attraverso il sacramento dell'ordine e la missione
canonica.
L'unione
tra i presbiteri e i vescovi è particolarmente necessaria ai
nostri giorni, dato che oggi, per diversi motivi, le imprese
apostoliche debbono non solo rivestire forme molteplici, ma anche
trascendere i limiti di una parrocchia o di una diocesi. Nessun
presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la
propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza
unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la
guida di coloro che governano la Chiesa.
Unione
fraterna tra i presbiteri
8.
Tutti i presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato
mediante l'ordinazione, sono uniti tra di loro da un'intima
fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un
unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti
sotto il proprio vescovo. Infatti, anche se si occupano di
mansioni differenti, sempre esercitano un unico ministero
sacerdotale in favore degli uomini. Tutti i presbiteri, cioè,
hanno la missione di contribuire a una medesima opera, sia che
esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia che
si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che
esercitino un mestiere manuale, condividendo la condizione
operaia--nel caso ciò risulti conveniente e riceva l'approvazione
dell'autorità competente--, sia infine che svolgano altre opere
d'apostolato od ordinate all'apostolato. È chiaro che tutti
lavorano per la stessa causa, cioè per l'edificazione del corpo
di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti,
soprattutto in questi tempi. Pertanto è oltremodo necessario che
tutti i presbiteri, sia diocesani che religiosi, si aiutino a
vicenda in modo da essere sempre cooperatori della verità.
Di
conseguenza ciascuno è unito agli altri membri di questo
presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di
ministero e di fraternità: il che viene rappresentato
liturgicamente fin dai tempi più antichi nella cerimonia in cui i
presbiteri assistenti all'ordinazione sono invitati a imporre le
mani, assieme al vescovo che ordina, sul capo del nuovo eletto, o
anche quando concelebrano unanimi la sacra eucaristia. Ciascuno
dei presbiteri è dunque legato ai confratelli col vincolo della
carità, della preghiera e della collaborazione nelle forme più
diverse, manifestando così quella unità con cui Cristo volle che
i suoi fossero una sola cosa, affinché il mondo sappia che il
Figlio è stato inviato dal Padre.
Per
tali motivi, i più anziani devono veramente trattare come
fratelli i più giovani, aiutandoli nelle prime attività e
responsabilità del ministero, sforzandosi di comprendere la loro
mentalità, anche se differente, e guardando con simpatia le loro
iniziative. I giovani, a loro volta, abbiano rispetto per l'età e
l'esperienza degli anziani, sappiano studiare assieme ad essi i
problemi riguardanti la cura d'anime e collaborino volentieri.
Animati
da spirito fraterno, i presbiteri non trascurino l'ospitalità
pratichino la beneficenza e la comunità di beni avendo speciale
cura di quanti sono infermi, afflitti, sovraccarichi di lavoro,
soli o in esilio, nonché di coloro che soffrono la persecuzione.
È bene che si riuniscano volentieri per trascorrere assieme
serenamente qualche momento di distensione e riposo, ricordando le
parole con cui il Signore stesso invitava gli apostoli stremati
dalla fatica: “ Venite in un luogo deserto a riposare un poco”
(Mc 6,31). Inoltre, per far sì che i presbiteri possano
reciprocamente aiutarsi a fomentare la vita spirituale e
intellettuale, collaborare più efficacemente nel ministero, ed
eventualmente evitare i pericoli della solitudine, sia
incoraggiata fra di essi una certa vita comune o una qualche
comunità di vita, che può naturalmente assumere forme diverse,
in rapporto ai differenti bisogni personali o pastorali: può
trattarsi, cioè, di coabitazione, là dove è possibile, oppure
di una mensa comune, o almeno di frequenti e periodici raduni.
Vanno anche tenute in grande considerazione e diligentemente
incoraggiate le associazioni che, in base a statuti riconosciuti
dall'autorità ecclesiastica competente, fomentano -- grazie ad un
modo di vita convenientemente ordinato e approvato e all'aiuto
fraterno--la santità dei sacerdoti nell'esercizio del loro
ministero, e mirano in tal modo al servizio di tutto l'ordine dei
presbiteri.
Infine
sappiano i presbiteri che, a causa della partecipazione al
medesimo sacerdozio, essi sono specialmente responsabili nei
confronti di coloro che soffrono qualche difficoltà; procurino
dunque di aiutarli a tempo, anche con un delicato ammonimento,
quando ce ne fosse bisogno. E per quanto riguarda coloro che
fossero caduti in qualche mancanza, li trattino sempre con carità
fraterna e comprensione, preghino per loro incessantemente e si
mostrino in ogni occasione veri fratelli e amici.
I
presbiteri e i laici
9.
I sacerdoti del Nuovo Testamento, anche se in virtù del
sacramento dell'ordine svolgono la funzione eccelsa e
insopprimibile di padre e di maestro nel popolo di Dio e per il
popolo di Dio, sono tuttavia discepoli del Signore, come gli altri
fedeli, chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia
di Dio. In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le
acque del battesimo, i presbiteri sono fratelli membra dello
stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di
tutti.
Perciò
i presbiteri nello svolgimento della propria funzione di
presiedere la comunità devono agire in modo tale che, non mirando
ai propri interessi ma solo al servizio di Gesù Cristo uniscano i
loro sforzi a quelli dei fedeli laici, comportandosi in mezzo a
loro come il Maestro il quale fra gli uomini “ non venne ad
essere servito, ma a servire e a dar la propria vita per la
redenzione della moltitudine” (Mt 20,28). I presbiteri devono
riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché
il loro ruolo specifico nell'ambito della missione della Chiesa.
Abbiano
inoltre il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a
tutti nella città terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere
dei laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro
aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei
diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme
riconoscere i segni dei tempi. Provando gli spiriti per sapere se
sono da Dio, essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia
umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai
laici, devono riconoscerli con gioia e fomentarli con diligenza.
Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente tra i fedeli,
meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi a una
vita spirituale più profonda. Allo stesso modo, non esitino ad
affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa,
lasciando loro libertà d'azione e un conveniente margine di
autonomia, anzi invitandoli opportunamente a intraprendere con
piena libertà anche delle iniziative per proprio conto.
Infine,
i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti
all'unità della carità, “ amandosi l'un l'altro con la carità
fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12,10). A
loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo
che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo.
Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del
vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità,
evitando che i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di
dottrina. In modo speciale devono aver cura di quanti hanno
abbandonato la frequenza dei sacramenti o forse addirittura la
fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di andare alla
loro ricerca.
Avendo
presenti le disposizioni sull'ecumenismo non trascurino i fratelli
che non godono della piena comunione ecclesiastica con noi. Devono
infine considerare come oggetto della propria cura quanti non
conoscono Cristo loro salvatore. I fedeli, dal canto loro, abbiano
coscienza del debito che hanno nei confronti dei presbiteri, e li
trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri;
condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è
possibile, di essere loro di aiuto con la preghiera e con
l'azione, in modo che essi possano superare più agevolmente le
eventuali difficoltà e assolvere con maggiore efficacia i propri
compiti.
III.
Distribuzione dei presbiteri e vocazioni sacerdotali
Sollecitudine
di tutte le Chiese
10.
Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto
nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e
ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di
salvezza, “ fino agli ultimi confini della terra ” (At 1,8),
dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa
ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli
apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri
sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i
popoli e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno di stirpe,
nazione o età, come già veniva prefigurato in modo arcano con
Melchisedec. Ricordino quindi i presbiteri che a essi incombe la
sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i presbiteri di quelle
diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si mostrino
disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il
consenso o l'invito del proprio ordinario, in quelle regioni,
missioni o attività che soffrano di scarsezza di clero.
Inoltre,
le norme sull'incardinazione e l'escardinazione vanno riviste in
modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore,
sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì
dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti
non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche
l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di
diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura
continenti. A questo scopo potrà essere utile la creazione di
seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali,
e altre istituzioni del genere, cui potranno essere ascritti o
incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa, secondo
norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e
rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.
Comunque,
per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati
soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono
ancora bene la lingua e le usanze; è meglio che vadano a gruppi
di almeno due o tre, come i discepoli del Signore, in modo da
aiutarsi a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura
della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale;
inoltre, nei limiti del possibile, è bene che si scelgano il
luogo e le condizioni di lavoro che meglio si adattano alle
possibilità personali di ciascuno di essi. D'altra parte, è
altrettanto necessario che coloro i quali entrano in una nuova
nazione cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma
anche gli speciali caratteri psico-sociologici di quel popolo al
cui servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con
esso nel modo più pieno, così da seguire l'esempio dell'apostolo
Paolo, il quale poté dire di sé: “ Io infatti, pur essendo
libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnarne
il più gran numero. Con i Giudei mi sono fatto Giudeo, per
guadagnare i Giudei... ” (1 Cor 9,19-20).
Le
vocazioni sacerdotali
11.
Il Pastore e vescovo delle nostre anime costituì la sua Chiesa in
tal modo che il popolo da lui scelto e acquistato a prezzo del suo
sangue dovesse avere sempre, fino alla fine del mondo, i propri
sacerdoti, e quindi i cristiani non venissero mai a trovarsi come
pecore senza pastore. Conoscendo questa sua volontà, gli
apostoli, per suggerimento dello Spirito Santo, considerarono
proprio dovere scegliere dei ministri “ i quali fossero capaci
di insegnare anche ad altri ” (2 Tm 2,2). Questa è appunto una
funzione che fa parte della stessa missione sacerdotale, in virtù
della quale il presbiterio partecipa della sollecitudine per la
Chiesa intera, affinché nel popolo di Dio qui sulla terra non
manchino mai gli operai. Ma siccome “ vi è comunità di
interessi fra il capitano della nave e i passeggeri” a tutto il
popolo cristiano va insegnato che è suo dovere collaborare in
vari modi--con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi
a sua disposizione a far sì che la Chiesa disponga sempre dei
sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione
divina. In primo luogo, quindi, abbiano i presbiteri la massima
preoccupazione per far comprendere ai fedeli--con il ministero
della parola e con la propria testimonianza di una vita, in cui si
rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia
pasquale --l'eccellenza e la necessità del sacerdozio. Senza
badare a fatiche o difficoltà, aiutino quanti considerano
veramente idonei a un così elevato ministero siano essi giovani o
adulti, affinché abbiano modo di prepararsi convenientemente e
possano quindi essere eventualmente chiamati dai vescovi, sempre
naturalmente nel pieno rispetto della loro libertà sia esterna
che interna. A questo scopo è oltremodo utile una attenta e
prudente direzione spirituale.
Quanto
poi ai genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui
spetta in un modo o nell'altro l'educazione dei bambini e dei
giovani, essi devono istruirli in modo tale che, conoscendo la
sollecitudine del Signore per il suo gregge e avendo presenti i
bisogni della Chiesa, siano pronti a rispondere con generosità
alla chiamata del Signore dicendogli con il profeta: “ Eccomi
qui, manda me ” (Is 6,8). Ma si badi che questa voce del Signore
che chiama non va affatto attesa come se dovesse giungere
all'orecchio del futuro presbitero in qualche modo straordinario.
Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata attraverso quei segni
di cui si serve ogni giorno il Signore per far capire la sua
volontà ai cristiani che sanno ascoltare; e ai presbiteri spetta
di studiare attentamente questi segni.
Ad
essi pertanto si raccomandano caldamente le opere per le
vocazioni, sia quelle diocesane che quelle nazionali. Nella
predicazione, nella catechesi, nella stampa, si offra
un'informazione precisa sulle necessità della Chiesa locale e
della Chiesa universale e siano messi in luce il significato e
l'importanza del ministero sacerdotale, facendo vedere che esso
comporta pesanti responsabilità, ma allo stesso tempo anche gioie
ineffabili; soprattutto si dica che attraverso esso, come
insegnano i Padri della Chiesa, si può dare a Cristo la più
eccelsa testimonianza d'amore.
CAPITOLO
III
VITA
DEI PRESBITERI
I.
Chiamata dei presbiteri alla perfezione
Il
dovere di tendere alla perfezione
12.
Con il sacramento dell'ordine i presbiteri si configurano a Cristo
sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed
edificare tutto il su corpo che è la Chiesa, in qualità di
cooperatori de: l'ordine episcopale. Già fin dalla consacrazione
del battesimo, essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il segno
e il dono di una vocazione e di una grazi così grande che, pur
nell'umana debolezza possono tendere alla perfezione, anzi debbono
tendervi secondo quanto ha detto il Signore: “ Siate dunque
perfetti così come il Padre vostro celeste è perfetto ” (Mt
5,48). Ma i sacerdoti sono specialmente obbligati a tendere a
questa perfezione, poiché essi--che hanno ricevuto una nuova
consacrazione a Dio mediante l'ordinazione--vengono elevati alla
condizione di strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote, per
proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha restaurato con
divina efficacia l'intera comunità umana. Dato quindi che ogni
sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene il posto di Cristo
in persona, fruisce anche di una grazia speciale, in virtù della
quale, mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di
tutto il popolo di Dio, egli può avvicinarsi più efficacemente
alla perfezione di colui del quale è rappresentante, e la
debolezza dell'umana natura trova sostegno nella santità di lui,
il quale è diventato per noi il pontefice “ santo, innocente,
incontaminato, segregato dai peccatori” (Eb 7,26).
Cristo,
che il Padre santificò e consacrò inviandolo al mondo “
offerse se stesso in favore nostro per redimerci da ogni iniquità
e far di noi un popolo non più immondo, che gli appartenga e
cerchi di compiere il bene ”, e così, passando attraverso la
sofferenza, entrò nella sua gloria allo stesso modo i presbiteri,
consacrati con l'unzione dello Spirito Santo e inviati da Cristo,
mortificano in se stessi le opere della carne e si dedicano
interamente al servizio degli uomini; in tal modo possono
progredire nella santità della quale sono stati dotati in Cristo,
fino ad arrivare all'uomo perfetto.
Pertanto,
esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia, essi
vengono consolidati nella vita dello Spirito, a condizione però
che siano docili agli insegnamenti dello Spirito di Cristo che li
vivifica e li conduce. I presbiteri, infatti, sono ordinati alla
perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che
svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero,
che esercitano in stretta unione con il vescovo e tra di loro. Ma
la stessa santità dei presbiteri, a sua volta, contribuisce non
poco al compimento efficace del loro ministero: infatti, se è
vero che la grazia di Dio può realizzare l'opera della salvezza
anche attraverso ministri indegni, ciò nondimeno Dio,
ordinariamente preferisce manifestare le sue grandezze attraverso
coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione
dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla
propria intima unione con Cristo e santità di vita: “ Ormai non
sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me ” (Gal
2,20).
Perciò
questo sacro Sinodo, per il raggiungimento dei suoi fini pastorali
di rinnovamento interno della Chiesa, di diffusione del Vangelo in
tutto il mondo e di dialogo con il mondo moderno, esorta vivamente
tutti i sacerdoti ad impiegare i mezzi efficaci che la Chiesa ha
raccomandato in modo da tendere a quella santità sempre maggiore
che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più validi
al servizio di tutto il popolo di Dio.
L'esercizio
della funzione sacerdotale esige e favorisce la santità
13.
I presbiteri raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se
nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con
impegno sincero e instancabile.
Essendo
ministri della parola di Dio, essi leggono ed ascoltano ogni
giorno questa stessa parola che devono insegnare agli altri: e se
si sforzano anche di riceverla in se stessi, allora diventano
discepoli del Signore sempre più perfetti, secondo quanto dice
l'apostolo Paolo a Timoteo: “ Occupati di queste cose, dedicati
ad esse interamente, affinché siano palesi a tutti i tuoi
progressi. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento, persevera
in tali cose, poiché così facendo salverai te stesso e quelli
che ti ascoltano ” (1 Tm 4,15-16). Infatti, cercando il miglior
modo di trasmettere agli altri ciò che hanno contemplato,
assaporeranno più intimamente “ le insondabili ricchezze di
Cristo ” (Ef 3,8) e la multiforme sapienza di Dio. Non
dimenticando mai che è il Signore ad aprire i cuori e che
l'efficacia non proviene da essi ma dalla potenza di Dio, all'atto
stesso di predicare la parola si uniranno più intimamente con
Cristo maestro e saranno guidati dal suo Spirito. Uniti così a
Cristo, partecipano della carità di Dio, il cui mistero, nascosto
nei secoli è stato rivelato in Cristo.
Nella
loro qualità di ministri della liturgia, e soprattutto nel
sacrificio della messa, i presbiteri rappresentano in modo
speciale Cristo in persona, il quale si è offerto come vittima
per santificare gli uomini; sono pertanto invitati a imitare ciò
che compiono, nel senso che, celebrando il mistero della morte del
Signore, devono cercare di mortificare le proprie membra dai vizi
e dalle concupiscenze Nel mistero del sacrificio eucaristico, in
cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene
esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione e
quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la
quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando
non è possibile che vi assistano i fedeli.
Così
i presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si offrono
ogni giorno totalmente a Dio, e nutrendosi del Corpo di Cristo
partecipano dal fondo di se stessi alla carità di colui che si dà
come cibo ai fedeli. Allo stesso modo, quando amministrano i
sacramenti si uniscono all'intenzione e alla carità di Cristo; il
che realizzano in modo particolare nell'esercizio del sacramento
della penitenza, se si mostrano sempre e pienamente disposti ad
amministrarla ogniqualvolta i fedeli ne facciano ragionevolmente
richiesta. Nella recitazione dell'ufficio divino essi danno voce
alla Chiesa, la quale persevera in preghiera in nome di tutto il
genere umano assieme a Cristo, che è “ sempre vivente per
intercedere in favore nostro ” (Eb 7,25).
Reggendo
e pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono spinti dalla carità
del buon Pastore a dare la loro vita per il gregge pronti anche al
supremo sacrificio, seguendo l'esempio di quei sacerdoti che anche
ai nostri tempi non hanno esitato a dare la vita; e poiché sono
educatori nella fede, avendo anch'essi “fiducia nell'accesso dei
santi al sangue di Cristo” (Eb 10,19), si rivolgono a Dio “con
cuore sincero nella pienezza della fede ” (Eb 10,22); fanno
mostra di una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli in
modo da poter consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione,
con la medesima consolazione con cui loro stessi sono consolati da
Dio. Nella loro qualità di reggitori della comunità praticano
l'ascetica propria del pastore d'anime, rinunciando ai propri
interessi e mirando non a ciò che fa loro comodo, bensì a ciò
che è utile a molti, in modo che siano salvi in un continuo
progresso nel compimento più perfetto del lavoro pastorale e,
all'occorrenza, pronti anche ad adottare nuovi sistemi pastorali,
sotto la guida dello Spirito d'amore, che soffia dove vuole.
Unità
di vita nello svolgimento del ministero
14.
Nel mondo d'oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono
tanti e i problemi che li preoccupano--e che spesso richiedono una
soluzione urgente--sono assai disparati; di conseguenza in molte
occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si
disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri, immersi e
agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro
missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad
armonizzare la vita interiore con le esigenze dell'azione esterna.
Ed effettivamente, per ottenere questa unità di vita non bastano
né l'organizzazione puramente esteriore delle attività
pastorali, né la sola pratica degli esercizi di pietà,
quantunque siano di grande utilità. L'unità di vita può essere
raggiunta invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del
loro ministero l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il
compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a
realizzare la sua opera.
In
effetti Cristo, per continuare a realizzare incessantemente questa
stessa volontà del Padre nel mondo per mezzo della Chiesa, opera
attraverso i suoi ministri. Egli pertanto rimane sempre il
principio e la fonte della unità di vita dei presbiteri. Per
raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a lui nella scoperta
della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro
affidato. Così, rappresentando il buon Pastore, nell'esercizio
stesso della carità pastorale troveranno il vincolo della
perfezione sacerdotale che realizzerà la unità nella loro vita e
attività. D'altra parte, questa carità pastorale scaturisce
soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il
centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicché lo
spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene
realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti
non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la
preghiera.
E
per poter anche concretizzare nella pratica l'unità di vita,
considerino ogni loro iniziativa alla luce della volontà di Dio
vedendo cioè se tale iniziativa va d'accordo con le norme della
missione evangelica della Chiesa. Infatti la fedeltà a Cristo non
può essere separata dalla fedeltà alla sua Chiesa. Per questo,
la carità pastorale esige che i presbiteri, se non vogliono
correre invano lavorino sempre in stretta unione con i vescovi e
gli altri fratelli nel sacerdozio. Se procederanno con questo
criterio, troveranno l'unità della propria vita nella unità
stessa della missione della Chiesa, e così saranno uniti al loro
Signore, e per mezzo di lui al Padre nello Spirito Santo, per
poter essere colmati di consolazione e di gioia.
II.
Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri
Umiltà
e obbedienza
15.
Tra le virtù che più sono necessarie nel ministero dei
presbiteri, va ricordata quella disposizione di animo per cui
sempre sono pronti a cercare non la soddisfazione dei propri
desideri, ma il compimento della volontà di colui che li ha
inviati. Infatti l'opera divina per la quale sono stati scelti
dallo Spirito Santo trascende ogni forza umana e qualsiasi umana
sapienza: “ Dio ha scelto le cose deboli del mondo per
confondere quelle forti ” (1 Cor 1,27). Consapevole quindi della
propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà,
cercando di sapere ciò che è grato a Dio come se avesse mani e
piedi legati dallo Spirito si fa condurre in ogni cosa dalla
volontà di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvi; e
questa volontà la può scoprire e seguire nel corso della vita
quotidiana, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati
da Dio in ragione della funzione che deve svolgere e dei
molteplici avvenimenti della vita.
D'altra
parte, il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della
Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione
gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto
che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza
facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei
fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le
prescrizioni e i consigli del sommo Pontefice, del loro vescovo e
degli altri superiori, e dando volentieri tutto di sé in ogni
incarico che venga loro affidato, anche se umile e povero. Perché
con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la necessaria
unità con i fratelli nel ministero, specialmente con quelli che
il Signore ha costituito reggitori visibili della sua Chiesa, e
lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce
“ per ogni articolazione di servizio ”. Questa obbedienza, che
porta a una più matura libertà di figli di Dio, esige per sua
natura che i presbiteri nello svolgimento della loro missione,
mentre sono indotti dalla carità a cercare prudentemente vie
nuove per un maggior bene della Chiesa, facciano sapere con
fiducia le loro iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del
proprio gregge, disposti sempre a sottomettersi al giudizio di
coloro che esercitano una funzione superiore nel governo della
Chiesa di Dio.
Con
questa umiltà e obbedienza responsabile e volontaria i presbiteri
si conformano sull'esempio di Cristo, e arrivano ad avere in sé
gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale “ annientò se
stesso prendendo la condizione di servo..., fatto obbediente fino
alla morte ” (Fil 2,7-8) e con questa obbedienza ha vinto e
redento la disobbedienza di Adamo, come testimonia l'Apostolo: “
Come infatti per la disobbedienza di uno solo i molti furono
costituiti peccatori, così per l'obbedienza di quel solo, i molti
saranno costituiti giusti” (Rm 5,19).
Il
celibato
16.
La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli,
raccomandata da Cristo Signore nel corso dei secoli e anche ai
nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da
non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come
particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti
segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonché
fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo. Essa non è
certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come
risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva e
alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a
coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della
grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri
coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il
celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella
disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese
orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno
ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a
perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare
pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro
affidato.
Il
celibato, comunque, ha per molte ragioni un rapporto di
convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è
tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo,
vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito, e che
deriva la propria origine “ non dal sangue, né da volontà di
carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio” (Gv 1,13). Ora, con la
verginità o il celibato osservato per il regno dei cieli, i
presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo ed eccelso titolo,
aderiscono più facilmente a lui con un cuore non diviso si
dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e
degli uomini, servono con maggiore efficacia i1 suo regno e la sua
opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono
meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo.
In
questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di
volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i
cristiani con lo sposo unico e di presentarli a Cristo come
vergine casta evocando così quell'arcano sposalizio istituito da
Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro per il quale la
Chiesa ha come suo unico sposo Cristo. Essi inoltre diventano
segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la
fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si
uniscono in matrimonio.
Per
questi motivi--fondati sul mistero di Cristo e della sua
missione--il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti,
in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti
coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro
Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per
quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato, avendo
piena certezza nello Spirito che il dono del celibato, così
confacente al sacerdozio della nuova legge, viene concesso in
grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che
partecipano del sacerdozio di Cristo con il sacramento
dell'ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e
insistenza. Il sacro Sinodo esorta inoltre tutti i presbiteri, i
quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo
l'esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi
generosamente e cordialmente e a perseverare fedelmente in questo
stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il Padre ha
loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato e
avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono
rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la
perfetta continenza viene considerata impossibile da tante
persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i
presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà
che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai
mezzi soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti.
E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono
garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze
odierne non sono meno necessarie.
Questo
sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti-- e non solo essi, ma anche
tutti i fedeli--di avere a cuore il dono prezioso del celibato
sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinché lo conceda
sempre abbondantemente alla sua Chiesa.
La
povertà
17.
Grazie ai rapporti d'amicizia e di fraternità fra di loro e con
gli altri uomini, i presbiteri sono in grado di imparare ad avere
stima per i valori umani e ad apprezzare i beni creati come doni
di Dio. Vivendo in mezzo al mondo devono però avere sempre
presente che, come ha detto il Signore nostro Maestro, essi non
appartengono al mondo. Perciò, usando del mondo come se non se
usassero possono giungere a quella libertà che riscatta da ogni
disordinata preoccupazione e rende docili all'ascolto della voce
di Dio nella vita di tutti i giorni. Da questa libertà e docilità
nasce il discernimento spirituale, che consente di mettersi nel
giusto rapporto con il mondo e le realtà terrene. Tale rapporto
è estremamente importante nel caso dei presbiteri, dato che la
missione della Chiesa si svolge in mezzo al mondo e i beni creati
sono del tutto necessari per lo sviluppo personale dell'uomo.
Siano perciò riconoscenti per tutte le cose che concede loro il
Padre perché possano ben condurre la loro esistenza. È però
indispensabile che sappiano esaminare attentamente alla luce della
fede tutto ciò che si trova sul loro cammino, in modo da sentirsi
spinti a usare rettamente dei beni in conformità con la volontà
di Dio, respingendo quanto possa nuocere alla loro missione.
I
sacerdoti infatti, dato che il Signore è la loro “parte ed
eredità” (Num 18,20), debbono usare dei beni temporali solo per
quei fini ai quali essi possono essere destinati d'accordo con la
dottrina di Cristo Signore e gli ordinamenti della Chiesa.
Quanto
ai beni ecclesiastici propriamente detti, i sacerdoti devono
amministrarli come esige la natura stessa di tali cose, a norma
delle leggi ecclesiastiche, e possibilmente con l'aiuto di
competenti laici; devono sempre impiegarli per quegli scopi che
giustificano l'esistenza di beni temporali della Chiesa, vale a
dire: l'organizzazione del culto divino, il dignitoso mantenimento
del clero, il sostenimento delle opere di apostolato e di carità,
specialmente in favore dei poveri. Quanto poi ai beni che si
procurano in occasione dell'esercizio di qualche ufficio
ecclesiastico, i presbiteri, come pure i vescovi, salvi restando
eventuali diritti particolari devono impiegarli anzitutto per il
proprio onesto mantenimento e per l'assolvimento dei doveri del
proprio stato; il rimanente potrà essere destinato per il bene
della Chiesa e per le opere di carità. Non trattino dunque
l'ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno, né impieghino
il reddito che ne deriva per aumentare il proprio patrimonio
personale. I sacerdoti, quindi, senza affezionarsi in modo alcuno
alle ricchezze debbono evitare ogni bramosia ed astenersi da
qualsiasi tipo di commercio.
Anzi,
essi sono invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con cui
possono conformarsi a Cristo in un modo più evidente ed essere più
disponibili per il sacro ministero. Cristo infatti da ricco è
diventato per noi povero, affinché la sua povertà ci facesse
ricchi. Gli apostoli, dal canto loro, hanno testimoniato con
l'esempio personale che il dono di Dio, che è gratuito, va
trasmesso gratuitamente e hanno saputo abituarsi tanto
all'abbondanza come alla miseria. Ma anche un certo uso comune
delle cose--sul modello di quella comunità di beni che vanta la
storia della Chiesa primitiva--contribuisce in misura
notevolissima a spianare la via alla carità pastorale; inoltre,
con questo tenore di vita i presbiteri possono mettere
lodevolmente in pratica lo spirito di povertà raccomandato da
Cristo.
Mossi
perciò dallo Spirito del Signore, che consacrò il Salvatore con
l'unzione e lo mandò ad evangelizzare i poveri i presbiteri--come
pure i vescovi--cerchino di evitare tutto ciò che possa in
qualsiasi modo indurre i poveri ad allontanarsi, e più ancora
degli altri discepoli del Signore vedano di eliminare nelle
proprie cose ogni ombra di vanità. Sistemino la propria
abitazione in modo tale che nessuno possa ritenerla inaccessibile,
né debba, anche se di condizione molto umile, trovarsi a disagio
in essa.
III.
Sussidi per la vita dei presbiteri
Mezzi
per favorire la vita spirituale
18.
Per poter alimentare in ogni circostanza della propria vita
l'unione con Cristo, i presbiteri, oltre all'esercizio consapevole
del ministero, dispongono dei mezzi sia comuni che specifici, sia
tradizionali che nuovi, che lo Spirito Santo non ha mai cessato di
suscitare in mezzo al popolo di Dio, e la Chiesa raccomanda--anzi
talvolta prescrive addirittura--per la santificazione dei suoi
membri. Al di sopra di tutti i sussidi spirituali occupano un
posto di rilievo quegli atti per cui i fedeli si nutrono del Verbo
divino alla duplice mensa della sacra Scrittura e dell'eucaristia
a nessuno sfugge, del resto, l'importanza di un frequente uso di
quei mezzi ai fini della santificazione propria dei presbiteri.
Essi,
che sono i ministri della grazia sacramentale, si uniscono
intimamente a Cristo salvatore e pastore attraverso la fruttuosa
recezione dei sacramenti, soprattutto con la confessione
sacramentale frequente, giacché essa--che va preparata con un
quotidiano esame di coscienza--favorisce in sommo grado la
necessaria conversione del cuore all'amore del Padre delle
misericordie. Alla luce della fede, che si alimenta della lettura
della Bibbia, essi possono cercare diligentemente di scoprire
nelle diverse vicende della vita i segni della volontà di Dio e
gli appelli della sua grazia, divenendo così sempre più pronti a
corrispondere a ogni esigenza della missione cui si sono dedicati
nello Spirito Santo. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo
possono trovare sempre nella Madonna, che sotto la guida dello
Spirito Santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione
dell'umanità. Essa è la madre del sommo ed eterno Sacerdote, la
regina degli apostoli, il sostegno del loro ministero: essi devono
quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale.
Inoltre,
se vogliono compiere con fedeltà il proprio ministero, abbiano a
cuore il dialogo quotidiano con Cristo, andandolo a visitare nel
tabernacolo e praticando il culto personale della sacra
eucaristia. Siano anche disposti a dedicare volentieri del tempo
al ritiro spirituale e abbiano in grande stima la direzione
spirituale. In modi assai diversi--soprattutto con l'orazione
mentale, di così provata efficacia, e con le varie forme di
preghiera che ciascuno preferisce--possono i presbiteri ricercare
e implorare da Dio quell'autentico spirito di adorazione che
unisce a Cristo, mediatore della Nuova Alleanza. Animati da questo
spirito, sia essi che i loro fedeli potranno rivolgersi a Dio come
figli adottivi, dicendo: “Abba, Padre mio! ” (Rm 8,15).
Studio
e scienza pastorale
19.
Nel sacro rito dell'ordinazione il vescovo ricorda ai presbiteri
che devono essere “ maturi nella scienza ” e che la loro
dottrina dovrà risultare come “una spirituale medicina per il
popolo di Dio”. Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro
sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e
diretta a un fine altrettanto sacro. Essa va pertanto tratta in
primo luogo dalla lettura e dalla meditazione della sacra
Scrittura ma suo fruttuoso alimento è anche lo studio dei santi
Padri e dottori e degli altri documenti della tradizione. In
secondo luogo, per poter dare una risposta esauriente ai problemi
sollevati dagli uomini d'oggi, è necessario che i presbiteri
conoscano a fondo i documenti del magistero--specie quelli dei
Concili e dei romani Pontefici--e che consultino le opere dei
migliori teologi, la cui scienza è riconosciuta.
Ma
ai nostri giorni la cultura umana e anche le scienze sacre
avanzano a un ritmo prima sconosciuto; è bene quindi che i
presbiteri si preoccupino di perfezionare sempre adeguatamente la
propria scienza teologica e la propria cultura, in modo da essere
in condizione di sostenere con buoni risultati il dialogo con gli
uomini del loro tempo.
D'altra
parte, però, ci si deve preoccupare di agevolare ai presbiteri il
compito di approfondire i propri studi e di apprendere i migliori
metodi di evangelizzazione e apostolato; in questo senso, possono
risultare di grande aiuto--adattandoli logicamente alle situazioni
locali--l'istituzione di corsi o congressi, la fondazione di
centri destinati agli studi pastorali, la creazione di biblioteche
e un'intelligente direzione degli studi da parte di persone
capaci. I vescovi devono studiare altresì da soli o a livello
interdiocesano--il sistema migliore per far in modo che tutti i
loro presbiteri--soprattutto qualche anno dopo
l'ordinazione--possano frequentare periodicamente dei corsi di
perfezionamento nelle scienze teologiche e nei metodi pastorali;
questi corsi dovranno servire anche a rafforzare la vita
spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze
apostoliche con i confratelli. Mediante tutti questi sussidi e
altri del genere, si abbia una cura particolare dei parroci di
nomina recente e di tutti coloro che iniziano una nuova attività
pastorale o sono trasferiti a un'altra diocesi o nazione.
Infine,
i vescovi devono anche procurare che alcuni presbiteri si
dedichino allo studio approfondito delle scienze divine, in modo
che non vengano mai a mancare dei professori competenti per le
scuole ecclesiastiche, e specialisti in grado di orientare gli
altri sacerdoti e i fedeli verso una maggiore istruzione
religiosa; inoltre, con questo lavoro di ricerca si stimola quel
sano progresso delle scienze sacre che è del tutto necessario
alla Chiesa.
Equa
retribuzione
20.
I presbiteri si dedicano pienamente al servizio di Dio nello
svolgimento delle funzioni che sono state loro assegnate; è
logico pertanto che siano equamente retribuiti, dato che “
l'operaio ha diritto alla sua paga ” (Lc 10,7), e “ il Signore
ha disposto che coloro ai quali annunciano il Vangelo vivano del
Vangelo” (1 Cor 9,14). In base a ciò, se non si provvede in un
altro modo a retribuire equamente i presbiteri, sono i fedeli
stessi che vi devono pensare, dato che è per il loro bene che
essi lavorano; i fedeli, cioè, sono tenuti da vero obbligo a
procurare che non manchino ai presbiteri i mezzi per condurre una
vita onesta e dignitosa. Spetta ai vescovi ricordare ai fedeli
questo loro grave obbligo, e provvedere--ognuno per la propria
diocesi, o meglio ancora riunendosi in gruppi interessati a uno
stesso territorio--all'istituzione di norme che garantiscano un
mantenimento dignitoso per quanti svolgono o hanno svolto una
funzione al servizio del popolo di Dio. Quanto poi al tipo di
retribuzione che deve essere assegnata a ciascuno, bisogna
considerare sia la natura stessa della funzione sia le diverse
circostanze di luogo e di tempo. Comunque è bene che tale
retribuzione sia fondamentalmente la stessa per tutti coloro che
si trovano nelle stesse condizioni, e che soddisfi veramente i
loro bisogni ed esigenze: il che significa che deve anche
consentire ai presbiteri di retribuire il personale che presta
servizio presso di loro e di soccorrere personalmente in qualche
modo i bisognosi, dato che questo ministero a favore dei poveri è
stato tenuto in grande considerazione da parte della Chiesa fin
dalle origini.
Nello
stabilire la quantità della retribuzione per i presbiteri,
occorre pensare che essa deve consentire anche un tempo
sufficiente di ferie ogni anno; e i vescovi hanno il dovere di
controllare se i presbiteri dispongono di questo necessario
riposo.
Comunque,
il rilievo maggiore va dato all'ufficio che svolgono i sacri
ministri. Per questo, il sistema noto sotto il nome di sistema
beneficiale deve essere abbandonato, o almeno riformato a fondo,
in modo che la parte beneficiale--ossia il diritto al reddito di
cui è dotato l'ufficio ecclesiastico--sia trattata come cosa
secondaria, e venga messo in primo piano, invece, l'ufficio
stesso. D'ora in avanti, inoltre, per ufficio ecclesiastico si
deve intendere qualsiasi incarico conferito in modo stabile per un
fine spirituale.
Fondo
comune e previdenza sociale
21.
Deve essere sempre tenuto presente l'esempio dei fedeli della
primitiva Chiesa di Gerusalemme, dove “ tutto era ad essi comune
” (At 4,32) e “ veniva diviso fra tutti in base ai bisogni di
ciascuno ” (At 4,35). In conseguenza, è estremamente
conveniente che per il mantenimento del clero esista una
istituzione diocesana, amministrata dal vescovo con la
collaborazione di sacerdoti delegati, e anche di laici esperti in
economia, se ce ne fosse bisogno. È anche auspicabile che, nei
limiti del possibile, venga costituita in ogni diocesi o regione
una cassa comune da cui possono attingere i vescovi per far fronte
ai propri impegni nei riguardi delle persone che prestano servizio
a favore della Chiesa, e per affrontare i diversi bisogni della
diocesi. Con questa cassa comune, inoltre, le diocesi più dotate
potranno venire incontro a quelle più povere, in modo da
bilanciare con la propria abbondanza la loro scarsezza. È bene
che anche questa cassa comune sia formata soprattutto in base alle
offerte dei fedeli; ma vi potranno affluire pure i beni derivanti
da altre fonti, che il diritto dovrà precisare.
Oltre
a ciò, nelle nazioni in cui la previdenza sociale a favore del
clero non è ancora sufficientemente organizzata, le conferenze
episcopali vi devono provvedere, sempre nel massimo rispetto delle
leggi ecclesiastiche e civili. Fra le varie soluzioni possibili vi
sono, ad esempio, gli istituti di previdenza di ambito diocesano
che operano per proprio conto o uniti in federazione; gli istituti
che operano in una zona comprendente varie diocesi; e infine
organismi che coprono tutto il territorio nazionale. In ogni caso,
queste istituzioni devono provvedere, sotto la vigilanza della
gerarchia, sia alla prevenzione e all'assistenza sanitaria, sia al
decoroso mantenimento dei presbiteri che patiscono malattia,
invalidità o vecchiaia. I sacerdoti, dal canto loro, devono
appoggiare l'istituzione che sia stata creata, spinti da un senso
di solidarietà verso i confratelli, che li porta a condividere le
loro pene e abbiano anche presente che in tal modo si
risparmieranno eccessive preoccupazioni per il futuro, potendosi
invece dedicare con spirito evangelico alla pratica della povertà
e alla salvezza delle anime.
Infine,
i responsabili facciano in modo che gli istituti di previdenza di
diverse nazioni che operano in uno stesso settore siano collegati
fra di loro, perché così si consolideranno e si estenderanno.
CONCLUSIONE
ED ESORTAZIONE
22.
Questo sacro Sinodo ha presenti le grandi gioie di cui è ricca la
vita sacerdotale; ma ciò non significa che dimentichi le
difficoltà che i presbite devono affrontare nelle circostanze
della vita di oggi. Non ignora la profonda trasformazione che
tempi hanno operato nelle strutture economiche sociali e nel
costume; e si rende conto che c'è sta un profondo mutamento nella
gerarchia dei valori che viene comunemente adottata. Per questo i
minstri della Chiesa, e talvolta gli stessi fedeli, si sentono
quasi estranei nei confronti del mondo di oggi si domandano
angosciosamente quali sono i mezzi le parole adatte per poter
comunicare con esso. non c'è dubbio che i nuovi ostacoli per la
fede, l'apparente inutilità degli sforzi che si son fatti finora
il crudo isolamento in cui vengono a trovarsi possono costituire
un serio pericolo di scoraggiamento.
Ma
sta di fatto che Dio ha amato tanto il mondo --così come esso
oggi si presenta all'amore e al ministero dei presbiteri della
Chiesa--da dare per esso il Figlio suo unigenito. Ed
effettivamente questo mondo--vincolato certamente a tanti peccati
ma nello stesso tempo dotato di risorse non irrilevanti--fornisce
alla Chiesa pietre vive che tutte insieme servono a edificare
l'abitazione di Dio nello Spirito. E lo stesso Spirito Santo,
mentre spinge la Chiesa ad aprire vie nuove per arrivare al mondo,
di oggi, suggerisce e incoraggia gli opportuni aggiornamenti e
adattamenti del ministero sacerdotale.
I
presbiteri non devono perdere di vista che nel loro lavoro non
sono mai soli, perché hanno come sostegno l'onnipotenza di Dio.
Abbiano fede in Cristo che li chiamò a partecipare del suo
sacerdozio: e con questa fede si dedichino con tutta l'anima
fiduciosamente al loro ministero, nella consapevolezza che Dio è
tanto potente da aumentare in essi la carità. E non dimentichino
che hanno al loro fianco i propri confratelli nel sacerdozio,
anzi, tutti i fedeli del mondo. C'è infatti una cooperazione di
tutti i presbiteri per la realizzazione del disegno di salvezza di
Dio, che e il mistero di Cristo, ossia il mistero nascosto da
secoli in Dio e questo disegno non viene condotto a termine se non
a poco a poco, attraverso la collaborazione organica di diversi
ministeri che tendono tutti all'edificazione del corpo di Cristo,
fin tanto che non venga raggiunta la misura della sua età matura.
Tutto ciò, ripetiamo, è nascosto con Cristo in Dio e quindi è
con la fede soprattutto che può essere avvertito. Effettivamente,
è nella fede che devono camminare le guide del popolo di Dio,
seguendo l'esempio del fedele Abramo, il quale per la fede
“obbedì all'ordine di dirigersi verso il luogo che avrebbe
ricevuto in eredità: e si mosse senza sapere dove sarebbe andato
a finire ” (Eb 11,8). In verità, l'economia dei misteri di Dio
può essere paragonata all'uomo che semina nel campo e di cui dice
il Signore: “ che dorma o che si alzi, di notte e di giorno, il
seme germoglia e cresce senza che lui se ne accorga” (Mc 4,27).
Del
resto, Gesù ha detto: “ Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo
” (Gv 16,33); ma con queste parole non ha voluto promettere alla
sua Chiesa una perfetta vittoria prima della fine dei tempi. Il
sacro Sinodo si rallegra nel vedere che la terra seminata con il
seme del Vangelo dà ora molti frutti in diversi luoghi, grazie
all'azione dello Spirito del Signore, il quale riempie l'orbe
della terra e ha fatto nascere nel cuore di molti sacerdoti e di
molti fedeli uno spirito autenticamente missionario.
Per
tutto ciò il Sinodo ringrazia con il cuore colmo di affetto i
presbiteri di tutto il mondo: “ A colui poi che, mediante la
potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di
tutto ciò che possiamo domandare o pensare, a lui sia la gloria
nella Chiesa e in Cristo Gesù” (Ef 3,20-21).
7
dicembre 1965
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