ESORTAZIONE APOSTOLICA
POST-SINODALE
ECCLESIA IN ASIA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
CIRCA GESÙ CRISTO, IL SALVATORE
E LA SUA MISSIONE DI AMORE
E DI SERVIZIO IN ASIA:
"... PERCHÉ ABBIANO LA VITA
E L'ABBIANO IN ABBONDANZA" (Gv 10,10)
INTRODUZIONE
Le meraviglie del piano di Dio in Asia
1. La Chiesa in Asia canta le lodi del « Dio
della salvezza » (Sal 68 [67], 20) per avere scelto di
dare inizio al suo piano salvifico sul suolo dell'Asia, mediante
uomini e donne di quel Continente. È stato in Asia, infatti,
che Dio sin dall'inizio rivelò e portò a compimento il suo
progetto salvifico. Guidò i Patriarchi (cfr Gn 12) e
chiamò Mosè affinché conducesse il suo popolo verso la libertà
(cfr Es 3, 10). Al popolo che si era scelto Egli parlò
attraverso molti Profeti, Giudici, Re e intrepide donne di fede.
Nella « pienezza del tempo » (Gal 4, 4), inviò
l'Unigenito suo Figlio, Gesù Cristo il Salvatore, che si incarnò
come asiatico! Esultando per la bontà dei popoli del
Continente, per le culture e la vitalità religiosa, e
cosciente, allo stesso tempo, dell'unicità del dono della fede
ricevuta per il bene di tutti, la Chiesa in Asia non può
cessare di proclamare: « Celebrate il Signore, perché è
buono; perché eterna è la sua misericordia » (Sal 118
[117], 1).
Dato che Gesù è nato, vissuto, morto e
risorto in Terra Santa, questa piccola porzione dell'Asia
occidentale è diventata terra di promessa e di speranza per
tutto il genere umano. Gesù conobbe ed amò quella terra,
facendo sue la storia, le sofferenze e le speranze di quel
popolo; ne ebbe cara la gente, abbracciando le tradizioni e
l'eredità ebraiche. Dio, infatti, sin dall'antichità scelse
questo popolo e ad esso si rivelò in preparazione della venuta
del Salvatore. Da questa terra, mediante la predicazione del
Vangelo, con la potenza dello Spirito Santo, la Chiesa andò
ovunque per « ammaestrare tutte le nazioni » (cfr Mt 28,
19). Insieme con la comunità ecclesiale diffusa nel mondo, la
Chiesa in Asia varcherà la soglia del terzo millennio
cristiano, contemplando con meraviglia quanto Dio ha compiuto
dagli inizi sino ad oggi e forte della consapevolezza che «
come nel primo millennio la Croce fu piantata sul suolo europeo,
nel secondo millennio su quello americano e africano, nel terzo
millennio si potrà sperare di raccogliere una grande messe
di fede in questo continente così vasto e vivo ».1
La preparazione all'Assemblea Speciale
2. Nella Lettera apostolica Tertio
millennio adveniente, ho delineato per la Chiesa in vista
del terzo millennio del cristianesimo un programma centrato
sulle sfide della nuova evangelizzazione. Elemento importante di
questo piano era la celebrazione di Sinodi continentali,
così che i Vescovi potessero affrontare la questione
dell'evangelizzazione secondo le situazioni locali e le necessità
di ogni continente. Questa serie di sinodi, collegati dal tema
comune della nuova evangelizzazione, è risultata un importante
contributo per la preparazione della Chiesa al Grande Giubileo
dell'Anno 2000.
Nella stessa Lettera, riferendomi
all'Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo dei Vescovi,
osservavo che in quella parte del mondo « più marcata è la
questione dell'incontro del cristianesimo con le antichissime
culture e religioni locali. Una grande sfida, questa, per
l'evangelizzazione, dato che sistemi religiosi come il buddismo
o l'induismo si propongono con un chiaro carattere soteriologico
».2 È davvero un mistero perché mai il Salvatore
del mondo, nato in Asia, sia rimasto fino ad ora largamente
sconosciuto ai popoli del Continente asiatico. Il Sinodo ha
offerto una opportunità provvidenziale alla Chiesa in Asia per
riflettere su tale mistero e per affermare un rinnovato impegno
nella missione di far meglio conoscere a tutti Gesù Cristo. Due
mesi dopo la pubblicazione della Tertio millennio adveniente,
rivolgendomi alla sesta Assemblea plenaria della Federazione
delle Conferenze Episcopali dell'Asia, a Manila nelle Filippine,
durante le indimenticabili celebrazioni della decima Giornata
mondiale della Gioventù, ho ricordato ai Vescovi: « Se la
Chiesa in Asia deve compiere il suo destino provvidenziale,
l'evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva
predicazione della morte salvifica e della Risurrezione di Gesù
Cristo, deve essere una vostra priorità assoluta ».3
Lungo la fase preparatoria si è evidenziata
la positiva risposta dei Vescovi e delle Chiese particolari alla
proposta di un'Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo dei
Vescovi. Ad ogni tappa, essi hanno comunicato i loro desideri ed
opinioni con franchezza e penetrante conoscenza del Continente,
pienamente coscienti del vincolo di comunione che li lega alla
Chiesa universale. In linea con l'idea originale della Tertio
millennio adveniente e seguendo le proposte del Consiglio
Presinodale che aveva valutato i pareri dei Vescovi e delle
Chiese particolari nel Continente asiatico, ho scelto per tema
del Sinodo: Gesù Cristo, il Salvatore e la sua missione di
amore e di servizio in Asia: « perché abbiano la vita e
l'abbiano in abbondanza » (Gv 10, 10). Mediante questa
particolare formulazione del tema, era mio auspicio che il
Sinodo « illustrasse e approfondisse la verità su Cristo come
unico Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del
mondo, ben distinguendolo dai fondatori di altre grandi
religioni ».4 Mentre ci avviciniamo al Grande
Giubileo, la Chiesa in Asia ha bisogno di essere in grado di
proclamare con rinnovato vigore: Ecce natus est nobis
Salvator mundi, « Ecco, è nato per noi il Salvatore del
mondo »... è nato in Asia!
La celebrazione dell'Assemblea Speciale
3. Per grazia di Dio, l'Assemblea Speciale
per l'Asia del Sinodo dei Vescovi si è svolta dal 18 aprile al
14 maggio 1998 in Vaticano, dopo le Assemblee per l'Africa
(1994) e per l'America (1997) e prima dell'Assemblea Speciale
per l'Oceania, tenutasi alla fine dell'anno 1998. Per quasi un
mese, i Padri sinodali e gli altri partecipanti, riuniti attorno
al Successore di Pietro e condividendo il dono della comunione
gerarchica, hanno dato voce e volto alla Chiesa in Asia. Si è
trattato senza dubbio di uno speciale momento di grazia!5
Precedenti riunioni di Vescovi dell'Asia avevano contribuito
alla preparazione del Sinodo, rendendo possibile un'atmosfera di
intensa comunione ecclesiale e fraterna. A tale proposito, di
particolare rilevanza furono le precedenti Assemblee plenarie e
i Seminari sponsorizzati dalla Federazione delle Conferenze
Episcopali dell'Asia e dai suoi uffici, che hanno radunato
periodicamente un gran numero di Vescovi dell'Asia, promuovendo
tra di loro vincoli e legami ministeriali. Ad alcuni di tali
incontri ho avuto la gioia di partecipare, presiedendo a volte
le solenni Celebrazioni eucaristiche di apertura o di chiusura.
In quelle circostanze, ho potuto osservare direttamente l'incontro
nel dialogo tra le Chiese particolari, comprese le Chiese
orientali, nella persona dei Pastori. Queste e altre Assemblee
regionali dei Vescovi dell'Asia sono provvidenzialmente servite
alla preparazione remota dell'Assemblea sinodale.
L'effettiva celebrazione del Sinodo stesso ha
confermato l'importanza del dialogo quale modo caratteristico
della vita della Chiesa in Asia. Una condivisione sincera ed
onesta di esperienze, di idee e di proposte si è rivelata come
la via per un genuino incontro di spiriti, una comunione di
menti e di cuori che, nell'amore, rispetta e trascende le
differenze. È stato particolarmente commovente l'incontro delle
nuove con le antiche Chiese, che fanno risalire le proprie
origini agli Apostoli. Abbiamo sperimentato la gioia
incomparabile di vedere i Pastori delle Chiese particolari in
Myanmar, in Vietnam, nel Laos, nella Cambogia, nella Mongolia,
nella Siberia e nelle nuove repubbliche dell'Asia Centrale
seduti a fianco dei loro Fratelli, che avevano a lungo
desiderato di incontrarli e dialogare con loro. C'è stato però
anche un senso di tristezza per il fatto che Vescovi della Cina
continentale non hanno potuto essere presenti. La loro assenza
si è trasformata in un costante richiamo ai sacrifici eroici ed
alle sofferenze che la Chiesa continua ad affrontare in molte
parti dell'Asia.
L'incontro nel dialogo dei Vescovi con il
Successore di Pietro, al quale è affidato il compito di
confermare i fratelli (cfr Lc 22, 32), è servito a
rinsaldarli nella fede e nella missione. Giorno dopo giorno,
l'Aula sinodale e le sale degli incontri si sono riempite di
testimonianze di fede profonda, di amore pronto al sacrificio,
di speranza incrollabile, d'impegno a lungo provato, di
perseverante coraggio, di perdono misericordioso. Nelle diverse
esposizioni si è manifestata eloquentemente la verità delle
parole di Gesù: « Io sono con voi tutti i giorni » (Mt 28,
20). Il Sinodo è stato un momento di grazia, un incontro con il
Salvatore che continua ad essere presente nella sua Chiesa
mediante la potenza dello Spirito Santo, sperimentata nel
dialogo fraterno di vita, di comunione e di missione.
Condividere i frutti dell'Assemblea
Speciale
4. Attraverso questa Esortazione
post-sinodale, desidero condividere con la Chiesa che è in Asia
e nel mondo intero i frutti dell'Assemblea Speciale. Il
documento si sforza di offrire la ricchezza del Sinodo, grande
evento spirituale di comunione e di collegialità episcopale,
che è stato anzitutto una memoria celebrativa delle
radici asiatiche del cristianesimo. I Padri sinodali hanno
ricordato la prima comunità cristiana, la Chiesa primitiva, il
piccolo gregge di Gesù in questo immenso Continente (cfr Lc 12,
32). Hanno rammentato quanto la Chiesa ha ricevuto e udito sin
dagli inizi (cfr Ap 3, 3) e, dopo averne fatto memoria,
hanno celebrato « l'immensa bontà » di Dio (Sal 145
[144], 7) che non viene mai meno. Il Sinodo è stato anche
un'occasione per riconoscere le antiche tradizioni religiose e
civiltà, le profonde filosofie e la sapienza da cui è stata
plasmata l'Asia di oggi. Al di sopra di tutto, sono stati
ricordati i popoli stessi dell'Asia quale vera ricchezza del
Continente e speranza per il futuro. Durante il Sinodo, quanti
di noi erano presenti sono stati testimoni di un incontro
straordinariamente ricco di frutti tra le antiche e nuove
culture e civiltà dell'Asia, meravigliose da vedersi nella loro
diversità e convergenza, specialmente quando simboli, canti,
danze e colori si sono radunati insieme in armonioso accordo
attorno all'unica Mensa del Signore nelle Liturgie eucaristiche
di apertura e di chiusura.
Il Sinodo non è stato una celebrazione
motivata dall'orgoglio per i risultati umani conseguiti, ma un
evento consapevole di ciò che l'Altissimo ha fatto per la
Chiesa in Asia (cfr Lc 1, 49). Rammentando l'umile
condizione della Comunità cattolica, come pure la debolezza dei
suoi membri, il Sinodo è stato anche una chiamata alla
conversione, affinché la Chiesa in Asia possa divenire
sempre più degna delle grazie continuamente offerte da Dio.
Oltre a memoria e a celebrazione, il Sinodo
è stato un'ardente affermazione di fede in Gesù Cristo
Salvatore. Riconoscenti per il dono della fede, i Padri
sinodali non hanno trovato modo migliore per celebrarla che di
affermarla nella sua integrità, riflettendo su di essa in
rapporto ai contesti entro i quali essa deve essere proclamata e
professata nell'Asia contemporanea. Essi hanno frequentemente
sottolineato che la fede viene già oggi proclamata con fiducia
e coraggio nel Continente anche in mezzo a grandi difficoltà. A
nome di tanti milioni di uomini e donne in Asia, che ripongono
la loro fiducia in nessun altro all'infuori del Signore, i Padri
sinodali hanno confessato: « Noi abbiamo creduto e conosciuto
che tu sei il Santo di Dio » (Gv 6, 69). A fronte delle
molte questioni dolorose connesse con la sofferenza, la
violenza, la discriminazione e la povertà, alle quali la
maggioranza dei popoli dell'Asia sono soggetti, essi hanno
pregato: « Credo, aiutami nella mia incredulità » (Mc 9,
24).
Nel 1995, ho invitato i Vescovi dell'Asia
riuniti a Manila a « spalancare in Asia le porte a Cristo ».6
Confidando nel mistero della comunione con gli innumerevoli e
spesso sconosciuti martiri della fede in Asia e confermati nella
speranza dalla costante presenza dello Spirito Santo, i Padri
sinodali hanno coraggiosamente chiamato i discepoli di Cristo in
Asia a un nuovo impegno nella missione. Durante
l'Assemblea sinodale, i Vescovi e gli altri partecipanti hanno
dato testimonianza del carattere, del fuoco spirituale e dello
zelo che rendono certamente l'Asia terra di un'abbondante messe
nel prossimo millennio.
CAPITOLO I
IL CONTESTO DELL'ASIA
L'Asia, luogo di nascita di Gesù e
della Chiesa
5. L'incarnazione del Figlio di Dio, che la
Chiesa intera commemorerà nel Grande Giubileo dell'Anno 2000,
avvenne in un ben definito contesto storico e geografico, che
esercitò un importante influsso sulla vita e sulla missione del
Redentore in quanto uomo. « Dio ha assunto in Gesù di Nazareth
le caratteristiche proprie della natura umana, compresa la
necessaria appartenenza dell'uomo a un determinato popolo e a
una determinata terra [...] La concretezza fisica della terra e
le sue coordinate geografiche fanno un tutt'uno con la verità
della carne umana assunta dal Verbo ».7 Di
conseguenza, conoscere il mondo nel quale il Salvatore « venne
ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1, 14) è una chiave
importante per una comprensione più precisa del disegno
dell'eterno Padre, e dell'immensità del suo amore per ogni
creatura: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma
abbia la vita eterna » (Gv 3, 16).
Alla stessa maniera, la Chiesa vive ed
adempie alla sua missione in circostanze concrete di tempo e di
spazio. Se il Popolo di Dio in Asia vuole, mediante la nuova
evangelizzazione, rispondere alla volontà di Dio nei suoi
confronti, deve acquisire una consapevolezza profonda delle
complesse realtà di questo Continente. I Padri sinodali hanno
sottolineato che la missione di amore e di servizio della Chiesa
in Asia è condizionata da due fattori: da un lato, la
comprensione di se stessa come comunità dei discepoli di Gesù
Cristo radunata attorno ai Pastori; dall'altra le realtà
sociali, politiche, religiose, culturali ed economiche
estremamente diversificate nell'immenso continente asiatico,8
esaminate in modo dettagliato durante il Sinodo da quanti con
esse vivono in quotidiano contatto. Quanto segue è, in sintesi,
il risultato delle riflessioni dei Padri sinodali.
Realtà religiose e culturali
6. L'Asia è il più vasto continente della
terra ed è abitato da circa i due terzi della popolazione
mondiale, mentre la Cina e l'India insieme costituiscono quasi
la metà della popolazione totale del globo. Ciò che più
colpisce del Continente è la varietà delle popolazioni, «
eredi di antiche culture, religioni e tradizioni ».9
Non possiamo non rimanere colpiti dall'enorme quantità numerica
della popolazione asiatica e dal variegato mosaico delle sue
numerose culture, lingue, credenze e tradizioni, che comprendono
una parte veramente considerevole della storia e del patrimonio
della famiglia umana.
L'Asia è anche la culla delle maggiori
religioni del mondo, quali il giudaismo, il cristianesimo,
l'islamismo e l'induismo. È il luogo di nascita di molte altre
tradizioni spirituali, quali il buddismo, il taoismo, il
confucianesimo, lo zoroastrismo, il giainismo, il sikhismo e lo
shintoismo. Inoltre, milioni di persone seguono altre religioni
tradizionali o tribali, con vari gradi di riti, di strutture e
di insegnamenti religiosi formali. La Chiesa ha il rispetto più
profondo per queste tradizioni e cerca di intrecciare un dialogo
sincero con i loro seguaci. I valori religiosi che esse
insegnano attendono il loro compimento in Gesù Cristo.
I popoli dell'Asia sono fieri dei propri
valori religiosi e culturali tipici, come ad esempio l'amore per
il silenzio e la contemplazione, la semplicità, l'armonia, il
distacco, la non violenza, lo spirito di duro lavoro, di
disciplina, di vita frugale, la sete di conoscenza e di ricerca
filosofica.10 Essi hanno cari i valori del rispetto
per la vita, della compassione per ogni essere vivente, della
vicinanza alla natura, del filiale rispetto per i genitori, per
gli anziani e per gli antenati, ed un senso della comunità
altamente sviluppato.11 In modo tutto particolare,
considerano la famiglia come una sorgente vitale di forza, come
una comunità strettamente intrecciata, che possiede un forte
senso della solidarietà.12 I popoli dell'Asia sono
conosciuti per il loro spirito di tolleranza religiosa e di
coesistenza pacifica. Senza negare la presenza di aspre tensioni
e di violenti conflitti, si può tuttavia dire che l'Asia ha
spesso dimostrato una notevole capacità di adattamento ed una
naturale apertura al reciproco arricchimento dei popoli, nella
pluralità di religioni e di culture. Inoltre, nonostante
l'influsso della modernizzazione e della secolarizzazione, le
religioni dell'Asia mostrano segni di grande vitalità e capacità
di rinnovamento, come si può vedere nei movimenti di riforma
all'interno dei vari gruppi religiosi. Molti, specie tra i
giovani, sperimentano una profonda sete di valori spirituali,
come traspare dall'insorgere di nuovi movimenti religiosi.
Tutto questo sta ad indicare un innato
intuito spirituale ed una saggezza morale tipica dell'animo
asiatico, che costituisce il nucleo attorno al quale si edifica
una crescente coscienza di « essere abitante dell'Asia ». Tale
coscienza può essere meglio scoperta ed affermata non tanto
nella contrapposizione o nell'opposizione, quanto piuttosto
nella complementarità e nell'armonia. In tale quadro di
complementarità e di armonia, la Chiesa può comunicare il
Vangelo in un modo che sia fedele tanto alla propria tradizione,
che all'animo asiatico.
Realtà economiche e sociali
7. Nell'ambito dello sviluppo economico, le
situazioni nel Continente asiatico sono molto diverse e sfuggono
a qualsiasi classificazione semplificatrice. Alcuni Paesi sono
altamente sviluppati, altri si stanno sviluppando attraverso
politiche economiche efficaci, mentre altri si trovano tuttora
in un'abietta povertà, e certamente tra le più povere Nazioni
della terra. Nel processo di sviluppo, stanno prendendo piede il
materialismo e il secolarismo, specialmente nelle aree urbane.
Queste ideologie, che minano i valori tradizionali, sociali e
religiosi, possono arrecare incalcolabili danni alle culture
dell'Asia.
I Padri sinodali hanno parlato dei rapidi
cambiamenti che stanno avvenendo all'interno delle società
asiatiche e degli aspetti positivi e negativi di tali
cambiamenti. Tra questi vi sono il fenomeno dell'urbanesimo ed
il formarsi di enormi città, spesso con larghe aree depresse
dove prosperano il crimine organizzato, il terrorismo, la
prostituzione e lo sfruttamento dei settori più deboli della
società. Un altro dei più vistosi fenomeni sociali è
l'emigrazione, che espone milioni di persone a situazioni
economicamente, culturalmente e moralmente difficili. Le persone
emigrano all'interno dell'Asia e dall'Asia verso altri
Continenti per molteplici ragioni, tra le quali la povertà, la
guerra e i conflitti etnici, la negazione dei diritti umani e
delle libertà fondamentali. La costruzione di giganteschi
complessi industriali è un'altra causa della migrazione interna
o verso l'estero, con effetti distruttivi sulla vita familiare e
sui valori che la compongono. È stata pure menzionata
l'installazione di centrali nucleari con particolare riguardo ai
costi e all'efficienza, ma con minima attenzione nei confronti
della sicurezza delle persone e dell'integrità dell'ambiente.
La realtà del turismo abbisogna poi di
speciale attenzione. Pur trattandosi di un'industria legittima
con propri valori culturali ed educativi, il turismo ha in
alcuni casi un'influenza devastante sulla fisionomia morale e
fisica di numerosi Paesi asiatici, che si manifesta sotto forma
di degradazione di giovani donne ed anche di bambini mediante la
prostituzione.13 La cura pastorale degli emigranti e
dei turisti è difficile e complessa in modo speciale in Asia,
dove mancano adeguate strutture per tale scopo. La
pianificazione pastorale a tutti i livelli ha bisogno di
prendere in considerazione queste realtà. Né vanno dimenticati
gli emigranti delle Chiese cattoliche orientali che hanno
bisogno di cure pastorali secondo le tradizioni loro proprie.14
Diversi Paesi dell'Asia si trovano ad
affrontare difficoltà connesse con la crescita della
popolazione, che « non è un semplice problema demografico o
economico, bensì soprattutto un problema morale ».15
È chiaro che la questione della popolazione è strettamente
legata a quella della promozione umana, ma abbondano false
soluzioni che minacciano la dignità e l'inviolabilità della
vita, e costituiscono una speciale sfida per la Chiesa in Asia.
È forse appropriato a questo punto ricordare il contributo
della Chiesa nella difesa e nella promozione della vita
attraverso l'impegno in campo sanitario, nell'ambito dello
sviluppo sociale e nell'educazione, con speciale attenzione ai
poveri. Quanto mai opportuno è stato l'omaggio reso a Madre
Teresa di Calcutta, « conosciuta nel mondo intero per il suo
amore e la cura disinteressata dei più poveri dei poveri ».16
Ella rimane un'icona del servizio alla vita che la Chiesa offre
in Asia, in coraggioso contrasto con le molteplici forze oscure
operanti nella società.
Un certo numero di Padri sinodali ha
sottolineato le influenze che dall'esterno vengono esercitate
sulle culture asiatiche. Stanno emergendo nuove forme di
comportamento che sono il risultato di una eccessiva esposizione
ai mezzi di comunicazione e al genere di letteratura, di musica
e di film che proliferano nel Continente. Senza negare che i
mezzi di comunicazione sociale possono essere una grande risorsa
per il bene,17 non possiamo non considerare l'impatto
negativo che spesso essi hanno. Gli effetti benefici possono
talvolta essere vanificati dal modo con cui tali mezzi sono
controllati ed usati da parte di quanti nutrono discutibili
interessi politici, economici e ideologici. Conseguenza di ciò
è che gli aspetti negativi delle industrie dei media e
dell'intrattenimento minacciano i valori tradizionali, in
particolare la sacralità del matrimonio e la stabilità della
famiglia. L'effetto di immagini di violenza, di edonismo, di
sfrenato individualismo e materialismo « colpisce al cuore le
culture asiatiche, il carattere religioso delle persone, delle
famiglie e di intere società ».18 Si tratta di una
situazione che pone una grande sfida alla Chiesa e all'annuncio
del suo messaggio.
La persistente realtà della povertà e dello
sfruttamento delle persone è un dato urgente e preoccupante. In
Asia vi sono milioni di persone oppresse, che per secoli sono
state tenute economicamente, culturalmente e politicamente ai
margini della società.19 Riflettendo sulla
situazione delle donne nelle società asiatiche, i Padri
sinodali hanno notato che « anche se il risveglio della presa
di coscienza delle donne circa la loro dignità e diritti è uno
dei segni più significativi del nostro tempo, la loro povertà
e il loro sfruttamento resta un serio problema in tutta l'Asia
».20 L'analfabetismo femminile è di molto superiore
a quello maschile; e le bambine sono molto più soggette ad
essere abortite o addirittura ad essere soppresse subito dopo la
nascita. Vi sono inoltre in tutta l'Asia milioni di persone
indigene o appartenenti a tribù che vivono in isolamento
sociale, culturale e politico nei confronti della popolazione
dominante.21 È stato motivo di conforto sentire dai
Vescovi presenti al Sinodo che, in alcuni casi, a questi
problemi viene prestata una crescente attenzione a livello
nazionale, regionale e internazionale, e che la Chiesa cerca
attivamente di affrontare questa seria situazione.
I Padri sinodali hanno affermato che la
riflessione, necessariamente breve, circa gli aspetti delle
realtà economiche e sociali dell'Asia non sarebbe completa se
non si riconoscesse anche la massiccia crescita economica di
molte società asiatiche negli ultimi decenni: sta crescendo
giorno per giorno una nuova generazione di lavoratori
specializzati, di scienziati e di tecnici, e il loro gran numero
promette bene per lo sviluppo dell'Asia. Tuttavia, non tutto è
stabile e solido in questo processo: ciò è apparso con
evidenza nelle recenti e vaste crisi finanziarie, che hanno
colpito molti Paesi del Continente. Il futuro dell'Asia resta
nella cooperazione, sia all'interno sia con Nazioni di altri
Continenti, sempre, però, costruendo su quanto i popoli stessi
dell'Asia fanno a favore del proprio sviluppo.
Realtà politiche
8. Alla Chiesa è sempre necessaria una
esatta comprensione della situazione politica nei diversi Paesi
dove svolge la propria missione. Oggi, in Asia, il panorama
politico è assai complesso, con un vasto insieme di ideologie
che ispirano forme di governo che vanno dalla democrazia alla
teocrazia. Sono purtroppo presenti anche dittature militari e
ideologie atee. Alcuni Paesi riconoscono una religione ufficiale
di Stato che permette poca, o addirittura nessuna, libertà di
religione alle minoranze e ai seguaci di altre religioni. Altri
Stati, anche se non esplicitamente teocratici, riducono le
minoranze a cittadini di seconda classe, con scarsa salvaguardia
dei diritti umani fondamentali. In alcuni luoghi, i cristiani
sono visti come dei traditori del proprio Paese;22
sono perseguitati e a loro viene negato il legittimo posto nella
società. I Padri sinodali hanno ricordato in modo speciale il
popolo della Cina, ed hanno espresso la fervida speranza che
tutti i cattolici cinesi possano un giorno esercitare la propria
religione liberamente e professare apertamente la loro piena
comunione con la Sede di Pietro.23
Pur apprezzando i progressi che molti Paesi
asiatici stanno compiendo sotto forme diverse di governo, i
Padri sinodali hanno attirato l'attenzione anche sulla diffusa
corruzione che esiste a vari livelli sia di governo che della
società.24 Troppo spesso le persone sembrano
impotenti a difendere se stesse nei confronti di politici
corrotti, di ufficiali giudiziari, di amministratori e
burocrati. Ma non manca una crescente presa di coscienza in Asia
della capacità del popolo di cambiare strutture ingiuste. Vi
sono nuove richieste di maggiore giustizia sociale, di maggiore
partecipazione nel governo e nella vita economica, di uguali
opportunità nel campo dell'educazione e di una giusta
distribuzione delle risorse della Nazione. I cittadini stanno
prendendo sempre più consapevolezza della propria dignità e
dei propri diritti umani, e stanno divenendo maggiormente
determinati a proteggerli. Gruppi minoritari etnici, sociali e
culturali che da lungo tempo non davano segni di vita, cercano
le vie per divenire agenti del proprio sviluppo sociale. Lo
Spirito di Dio aiuta e sostiene gli sforzi delle persone volti a
trasformare la società, così che la ricerca umana di vita più
abbondante possa realizzarsi nella maniera voluta da Dio (cfr Gv
10, 10).
La Chiesa in Asia: passato e presente
9. La storia della Chiesa in Asia è antica
quanto la Chiesa stessa, dato che proprio in Asia Gesù alitò
sui discepoli lo Spirito Santo e li inviò sino ai confini della
terra perché proclamassero la Buona Novella e riunissero
comunità di credenti. « Come il Padre ha mandato me, anch'io
mando voi » (Gv 20, 21, cfr Mt 28, 18-20; Mc 16,
15-18; Lc 24, 47; At 1, 8). Seguendo il comando
del Signore, gli Apostoli predicarono la parola e fondarono
Chiese. Sarà utile richiamare alcuni elementi di questa storia
affascinante e complessa dispiegatasi sul suolo asiatico.
Da Gerusalemme, la Chiesa si diffuse ad
Antiochia, a Roma e oltre, raggiungendo l'Etiopia al sud, la
Scizia al nord e l'India all'est, dove, secondo la tradizione,
san Tommaso apostolo giunse nel 52 d.C. e fondò Chiese nel sud
del Paese. Straordinario fu lo spirito missionario durante il
terzo e quarto secolo della comunità siriana dell'est, avente
come centro Edessa. Le comunità ascetiche della Siria
rappresentarono una forza fondamentale dell'evangelizzazione in
Asia dal terzo secolo in poi, e fornirono l'energia spirituale
della Chiesa, specialmente durante i tempi di persecuzione.
L'Armenia fu la prima nazione ad abbracciare il cristianesimo
alla fine del terzo secolo: essa si sta ora preparando a
celebrare il 1700 anniversario del suo battesimo. Alla fine del
quinto secolo, il messaggio cristiano aveva raggiunto i regni
arabi, ma per molte ragioni, incluse le divisioni tra i
cristiani, il messaggio non si radicò fra questi popoli.
Mercanti persiani portarono la Buona Novella
in Cina nel quinto secolo e la prima chiesa cristiana fu qui
costruita all'inizio del settimo secolo. Durante la dinastia T'ang
(618-907 d.C.), la Chiesa fiorì per circa due secoli. Il
declino della vivace Chiesa in Cina, alla fine del primo
millennio, è uno dei capitoli più tristi nella storia del
Popolo di Dio nel Continente asiatico.
Nel tredicesimo secolo, la Buona Novella fu
annunciata ai Mongoli e ai Turchi e, ancora una volta, ai
Cinesi, ma il cristianesimo quasi scomparve in queste regioni
per una serie di cause, tra le quali l'insorgere dell'Islam,
l'isolamento geografico, l'assenza di un appropriato adattamento
alle culture locali, e forse, soprattutto, la mancanza di
preparazione ad incontrare le grandi religioni dell'Asia. Alla
fine del quattordicesimo secolo si verificò un drammatico
ridimensionamento della Chiesa in Asia, eccetto per quanto
concerne la comunità isolata dell'India del sud. La Chiesa in
Asia doveva attendere una nuova era di sforzi missionari.
Le fatiche apostoliche di san Francesco
Saverio, la fondazione della Congregazione di Propaganda Fide
per opera di Papa Gregorio XV e le direttive ai missionari
di rispettare ed apprezzare le culture locali contribuirono, nel
corso del sedicesimo e diciassettesimo secolo, a conseguire
risultati più positivi. Nel diciannovesimo secolo, vi fu un
risveglio dell'attività missionaria e varie congregazioni
religiose si dedicarono totalmente a questo compito. Fu
riorganizzata Propaganda Fide; fu posto un maggiore
accento sull'edificazione delle Chiese locali; attività
educative e caritative andarono di pari passo con la
predicazione del Vangelo. La Buona Novella continuò così a
raggiungere un più vasto numero di persone, specialmente tra i
poveri e gli svantaggiati, ma anche, qua e là, tra l'élite
sociale e intellettuale. Furono effettuati nuovi tentativi di
inculturazione della Buona Novella, anche se non si rivelarono
per nulla sufficienti. Nonostante la sua plurisecolare presenza
e i suoi sforzi apostolici, la Chiesa in molte parti veniva
ancora considerata estranea all'Asia e di fatto era spesso
associata nella mentalità popolare con le potenze coloniali.
Tale era la situazione alla vigilia del
Concilio Vaticano II. Grazie, tuttavia, all'impulso che esso
fornì, la Chiesa maturò una nuova comprensione della propria
missione e con ciò si accese una grande speranza. L'universalità
del piano salvifico di Dio, la natura missionaria della Chiesa
e, al suo interno, la responsabilità di ciascuno nei confronti
dei compiti così fortemente riaffermati nel decreto conciliare
sull'attività missionaria Ad gentes, costituirono il
quadro di riferimento di un impegno rinnovato. Durante
l'Assemblea speciale, i Padri hanno reso testimonianza alla
recente crescita della comunità ecclesiale tra molti e diversi
popoli in varie parti del Continente ed hanno, al tempo stesso,
lanciato l'appello per nuovi sforzi missionari negli anni a
venire, specialmente in considerazione del fatto che nuove
possibilità di annuncio del Vangelo emergono nelle regioni
dell'Asia centrale, come ad esempio la Siberia, o nei Paesi che
hanno di recente raggiunto l'indipendenza, quali il Kazakhstan,
l'Uzbekistan, il Kyrgyzstan, il Tagikistan e il Turkmenistan.25
Una rassegna delle comunità cattoliche in
Asia mostra una splendida varietà per l'origine e lo sviluppo
storico, come pure per le diverse tradizioni spirituali e
liturgiche dei vari riti. Tutte però sono unite nel proclamare
la Buona Novella di Gesù Cristo mediante la testimonianza
cristiana e le opere di carità e di solidarietà umana. Mentre
alcune Chiese particolari svolgono la loro missione in
condizioni di pace e di libertà, altre si trovano in situazioni
di violenza e di conflitto, o si sentono minacciate da vari
gruppi per motivi religiosi o per altre ragioni. Nel
diversificato mondo culturale dell'Asia, la Chiesa si trova di
fronte a specifiche sfide filosofiche, teologiche e pastorali,
ed il suo compito è reso ancor più difficile dal fatto di
essere minoranza, con l'unica eccezione delle Filippine, dove i
cattolici sono invece maggioranza.
Quali che siano le circostanze, la Chiesa in
Asia si trova inserita fra popoli che dimostrano un intenso
desiderio di Dio e sa che tale desiderio può essere pienamente
soddisfatto da Gesù Cristo, Buona Novella di Dio per tutte le
Nazioni. I Padri sinodali hanno ardentemente auspicato che la
presente Esortazione apostolica post-sinodale focalizzasse la
propria attenzione su tale desiderio ed incoraggiasse la Chiesa
in Asia a proclamare con vigore in parole e in opere che Gesù
Cristo è il Salvatore.
Lo Spirito di Dio, sempre all'opera nella
storia della Chiesa in Asia, continua a guidarla e i molteplici
elementi positivi che si trovano nelle Chiese locali,
frequentemente richiamati nel Sinodo, rafforzano la speranza di
una « nuova primavera di vita cristiana ».26 Solida
ragione di speranza è l'incremento di laici maggiormente
formati, entusiasti e pieni di Spirito, sempre più coscienti
della propria specifica vocazione all'interno della comunità
ecclesiale. E fra questi va reso un grato encomio ai catechisti.27
Inoltre, i movimenti apostolici e carismatici sono un dono dello
Spirito, poiché portano nuova vita e vigore alla formazione dei
laici, delle famiglie e della gioventù.28 Le
associazioni e i movimenti ecclesiali che si dedicano alla
promozione della dignità umana e della giustizia, infine,
rendono accessibile e tangibile l'universalità del messaggio
evangelico della nostra adozione a figli di Dio (cfr Rm 8,
15-16).
Allo stesso tempo, vi sono Chiese che vivono
in circostanze difficilissime, e « stanno sperimentando intense
prove nella pratica della fede ».29 I Padri sinodali
si sono commossi per i racconti di testimonianza eroica,
perseveranza incrollabile e continua crescita della Chiesa
cattolica in Cina, per gli sforzi della Chiesa nella Corea del
Sud nell'offrire assistenza al popolo della Corea del Nord, per
l'umile fermezza della comunità cattolica in Viêt Nam, per
l'isolamento dei cristiani in luoghi quali il Laos e Myanmar,
per la difficile coesistenza con la maggioranza in alcuni Stati
a predominanza islamica.30 Il Sinodo ha prestato pure
attenzione speciale alla situazione della Chiesa in Terra Santa
e nella santa città di Gerusalemme, « cuore del cristianesimo
»,31 città cara a tutti i figli di Abramo. I Padri
sinodali hanno espresso l'opinione che la pace nella regione, e
addirittura nel mondo, dipende in larga misura dalla
riconciliazione e dalla pace da lungo tempo assente a
Gerusalemme.32
Non posso concludere questa breve panoramica
della situazione della Chiesa in Asia, necessariamente
incompleta, senza menzionare i santi e i martiri dell'Asia,
quelli dichiarati tali, come pure quelli che solo Dio conosce.
Il loro esempio è fonte di « ricchezza spirituale e un grande
mezzo di evangelizzazione ».33 Con il loro silenzio,
essi parlano ancor più potentemente dell'importanza della
santità di vita e di come occorra essere pronti ad offrire la
propria esistenza per il Vangelo. Sono i maestri e i protettori,
la gloria della Chiesa in Asia nella sua opera di
evangelizzazione. Insieme con tutta la Chiesa, prego il Signore
di mandare ancor più operai per mietere la messe di anime,
ormai pronta e abbondante (cfr Mt 9, 37-38). A questo
riguardo, desidero richiamare quanto ho scritto nella Redemptoris
missio: « Dio apre alla Chiesa gli orizzonti di un'umanità
più preparata alla semina evangelica ».34 Vedo
schiudersi un nuovo e promettente orizzonte in Asia, dove Gesù
nacque e dove ebbe inizio il cristianesimo.
CAPITOLO II
GESU SALVATORE:
UN DONO PER L'ASIA
Il dono della fede
10. Mentre andava svolgendosi la discussione
sinodale sulle complesse realtà dell'Asia, diventava sempre più
evidente a tutti che lo specifico contributo della Chiesa ai
popoli del Continente è la proclamazione di Gesù Cristo, vero
Dio e vero Uomo, il solo e unico Salvatore di tutte le genti.35
Ciò che distingue la Chiesa dalle altre comunità religiose è
la fede in Gesù Cristo; ed essa non può tenere per sé questa
preziosa luce della fede sotto il moggio (cfr Mt 5, 15),
poiché la sua missione è quella di condividerla con tutti. «
La vita nuova che ha trovato in Gesù Cristo, [la Chiesa] la
vuole offrire a tutti i popoli dell'Asia che ricercano la
pienezza di vita, affinché possano instaurare la stessa
comunione con il Padre e con suo Figlio Gesù Cristo nella
potenza dello Spirito Santo ».36 È questa fede in
Gesù Cristo ad ispirare l'attività evangelizzatrice della
Chiesa in Asia, spesso portata avanti in circostanze difficili,
se non addirittura pericolose. I Padri sinodali hanno osservato
che proclamare Gesù quale unico Salvatore può presentare
particolari difficoltà nelle loro culture, dato che molte
religioni dell'Asia insegnano esservi divine automanifestazioni
che mediano la salvezza. Lungi dallo scoraggiare i Padri
sinodali, le sfide che stanno davanti ai loro sforzi di
evangelizzazione sono state un ulteriore incentivo all'impegno
di trasmettere « la fede che la Chiesa in Asia ha ereditato
dagli Apostoli e mantiene con la Chiesa di tutte le generazioni
e luoghi »,37 nel convincimento che « il cuore
della Chiesa in Asia rimarrà inquieto fino a che tutta l'Asia
non trovi riposo nella pace di Cristo, il Signore Risorto ».38.
La fede della Chiesa in Gesù è un dono
ricevuto ed un dono da condividere; è il dono più grande che
essa può offrire all'Asia. Condividere la verità di Gesù
Cristo con gli altri è il solenne dovere di quanti hanno
ricevuto il dono della fede. Nella Lettera enciclica Redemptoris
missio, scrivevo che « la Chiesa e, in essa, ogni cristiano
non può nascondere né conservare per sé questa novità e
ricchezza, ricevuta dalla bontà divina per essere comunicata a
tutti gli uomini ».39 E proseguivo: « Coloro che
sono incorporati nella Chiesa cattolica devono sentirsi dei
privilegiati, e per ciò stesso maggiormente impegnati a testimoniare
la fede e la vita cristiana come servizio ai fratelli e
doverosa risposta a Dio ».40
Profondamente convinti di ciò, i Padri
sinodali si sono mostrati egualmente coscienti della loro
personale responsabilità nel fare propria l'eterna verità di
Gesù mediante lo studio, la preghiera e la riflessione per
portarne la potenza e la vitalità nelle sfide presenti e future
dell'evangelizzazione in Asia.
Gesù Cristo, l'Uomo-Dio che salva
11. Le Scritture attestano che Gesù visse
una vita autenticamente umana. Quel Gesù che proclamiamo unico
Salvatore, ha camminato sulla terra come Uomo-Dio in pieno
possesso di una natura umana. Nato da Madre Vergine negli umili
dintorni di Betlemme, fu bisognoso di cure come gli altri
bambini, soffrendo pure il destino di rifugiato, per sfuggire
l'ira di un crudele governante (cfr Mt 2, 13-15). Fu
soggetto a genitori umani che non sempre comprendevano il suo
agire, ma dei quali egli ebbe piena fiducia e ai quali
amorevolmente obbedì (cfr Lc 2, 41-52). Costantemente in
preghiera, visse in intima relazione con Dio, al quale si
rivolgeva chiamandolo Abbà, « Padre », con sconcerto
di quanti lo ascoltavano (cfr Gv 8, 34-59).
Fu vicino ai poveri, ai dimenticati e agli
umili, dichiarandoli veramente beati, perché Dio era con loro.
Sedette a mensa con i peccatori, assicurando che alla mensa del
Padre c'era un posto anche per loro, se si allontanavano dalle
loro vie peccaminose per ritornare a Lui. Toccando gli impuri e
lasciandosi toccare da essi, fece loro comprendere la vicinanza
di Dio. Pianse per un amico morto, restituì vivo alla madre
vedova un figlio morto, accolse con benevolenza i bambini e lavò
i piedi ai suoi discepoli. La divina compassione non era mai
stata così immediatamente accessibile.
Malati, storpi, ciechi, sordi e muti, tutti
sperimentarono guarigione e perdono al suo tocco. Scelse come
suoi più stretti compagni e collaboratori un insolito gruppo in
cui dei pescatori erano al fianco di esattori di tasse, zeloti
insieme con persone inesperte della Legge, e vi erano anche
alcune donne. Venne così a crearsi una nuova famiglia, sotto
l'accogliente e sorprendente amore del Padre. Gesù predicava
con semplicità, usando esempi tratti dalla vita di ogni giorno
per parlare dell'amore di Dio e del suo Regno; e le moltitudini
riconobbero che parlava con autorità.
Tuttavia, fu accusato di essere un
bestemmiatore, uno che violava la sacra Legge, un pubblico
mestatore che doveva essere eliminato. Dopo un processo basato
su false testimonianze (cfr Mc 14, 56), fu condannato a
morire come un criminale sulla croce; abbandonato e umiliato,
sembrò uno sconfitto. Fu velocemente sepolto in una tomba presa
a prestito. Ma il terzo giorno dopo la sua morte, nonostante la
vigilanza delle guardie, la tomba fu trovata vuota! Gesù,
risorto dai morti, apparve in seguito ai discepoli prima di
ritornare al Padre, dal quale era venuto.
Con tutti i cristiani, noi crediamo che
questa singolare esistenza, da una parte così ordinaria e
semplice, dall'altra così mirabile e avvolta nel mistero, ha
introdotto nella storia umana il Regno di Dio e ha « immesso la
sua potenza in ogni aspetto della vita umana e della società
afflitta dal peccato e dalla morte ».41 Mediante le
sue parole e le sue azioni, specialmente la sua passione, morte
e risurrezione Gesù ha adempiuto la volontà del Padre di
riconciliare con se stesso l'umanità, dopo che il peccato
originale aveva introdotto una frattura nel rapporto tra il
Creatore e la creazione. Sulla Croce egli ha preso su di sé il
peccato del mondo - passato, presente e futuro. San Paolo
ricorda che noi eravamo morti per i nostri peccati e la morte di
Cristo ci ha riportato alla vita: « Con lui Dio ha dato vita
anche a [noi][...] perdonandoci tutti i peccati, annullando il
documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano
sfavorevoli » (Col 2, 13-14). In questo modo la salvezza
è stata sancita una volta per tutte. Gesù è il nostro
Salvatore nel senso pieno del termine perché le sue parole e le
sue opere, specialmente la sua risurrezione dai morti, lo hanno
rivelato come il Figlio di Dio, il Verbo preesistente, che regna
per sempre come Signore e Messia.
La persona e la missione del Figlio di
Dio
12. Lo « scandalo » del cristianesimo sta
nel credere che il santissimo, onnipotente e onnisciente Dio ha
assunto la nostra natura umana ed ha sopportato sofferenza e
morte al fine di guadagnare la salvezza per tutti i popoli (cfr 1
Cor 1, 23). La fede che abbiamo ricevuto afferma che Gesù
Cristo ha rivelato e portato a compimento il piano del Padre di
salvare il mondo e l'intera umanità in ragione di « chi
egli è » e di « ciò che compie in ragione di chi egli
è ». « Chi egli è » e « ciò che fa »
acquistano il loro pieno significato solo quando sono posti
all'interno del mistero di Dio Uno e Trino. È stata costante
preoccupazione del mio Pontificato ricordare ai fedeli la
comunione di vita della Trinità beata e l'unità delle tre
Persone nel piano della creazione e della redenzione. Le Lettere
encicliche Redemptor hominis, Dives in misericordia e
Dominum et vivificantem riflettono rispettivamente sul
Figlio, sul Padre e sullo Spirito Santo e sui rispettivi ruoli
nel piano divino della salvezza. Non si può, tuttavia, isolare
o separare una Persona dalle altre, poiché ciascuna si rivela
soltanto all'interno della comunione di vita e di azione della
Trinità. L'opera salvifica di Gesù ha la sua origine nella
comunione della natura divina, e a quanti credono in lui spiana
la strada per entrare in intima comunione con la Trinità e tra
loro stessi nella Trinità.
« Chi ha visto me ha visto il Padre »,
afferma Gesù (Gv 14, 9). Solo in Gesù Cristo abita
corporalmente tutta la pienezza della divinità (cfr Col 2,
9), e ciò lo costituisce unica e assoluta Parola salvifica di
Dio (cfr Eb 1, 1-4). Quale Parola definitiva del Padre,
Gesù fa conoscere Dio e la sua volontà salvifica nel modo più
perfetto possibile. « Nessuno viene al Padre se non per mezzo
di me », dice Gesù (Gv 14, 6). Egli è « la Via, la
Verità e la Vita » (Gv 14, 6), poiché — come egli
stesso spiega — « il Padre che è in me compie le sue opere
» (Gv 14, 10). Soltanto nella persona di Gesù la parola
di salvezza di Dio appare nella sua pienezza, introducendo gli
ultimi tempi (cfr Eb 1, 1-2). Agli albori della Chiesa,
pertanto, Pietro poteva proclamare che « in nessun altro c'è
salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il
cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati » (At
4, 12).
La missione del Salvatore raggiunse il suo
culmine nel Mistero pasquale. Sulla Croce, quando stese le
braccia fra il cielo e la terra in segno di perenne alleanza,42
Gesù levò l'ultimo grido al Padre affinché perdonasse i
peccati dell'umanità: « Padre, perdonali, perché non sanno
quello che fanno » (Lc 23, 34). Egli distrusse il
peccato con la potenza del suo amore per il Padre e per l'umanità.
Prese su di sé le ferite inferte dal peccato all'umanità ed
offrì la liberazione da esse attraverso la conversione, i cui
primi frutti appaiono evidenti nel ladrone pentito, appeso ad
una croce al fianco della sua (cfr Lc 23, 43). Le sue
ultime parole furono il grido del figlio fedele: « Padre, nelle
tue mani consegno il mio spirito » (Lc 23, 46). In
questo supremo atto di amore, egli affidò tutta la sua vita e
la sua missione nelle mani del Padre che l'aveva inviato. Così
restituì al Padre tutta la creazione e l'intera l'umanità,
affinché l'accogliesse di nuovo con amore compassionevole.
Tutto ciò che il Figlio è ed ha compiuto è
accolto dal Padre, che può così offrirlo come dono al mondo
nel momento in cui risuscita Gesù dai morti e lo fa sedere alla
sua destra, dove peccato e morte non hanno più alcun potere.
Nel sacrificio pasquale di Gesù, il Padre offre
irrevocabilmente al mondo riconciliazione e pienezza di vita.
Questo dono straordinario poté essere offerto soltanto
attraverso l'amato Figlio, l'unico in grado di rispondere
pienamente all'amore del Padre, amore rifiutato dal peccato. In
Cristo Gesù, mediante la potenza dello Spirito Santo, noi
veniamo a conoscere che Dio non è lontano, al di sopra e al di
fuori dell'uomo, ma, al contrario, è vicinissimo, anzi è unito
ad ogni persona e a tutta l'umanità in ogni circostanza della
vita. Questo è il messaggio che il cristianesimo offre al
mondo, messaggio di incomparabile conforto e di speranza per
tutti i credenti.
Cristo Gesù: verità dell'uomo
13. Come può l'umanità di Gesù e
l'ineffabile mistero dell'incarnazione del Figlio del Padre
illuminare la condizione umana? Il Figlio di Dio incarnato non
soltanto rivela completamente il Padre e il suo piano di
salvezza, ma anche « rivela pienamente l'uomo a se stesso ».43
Le sue parole e le sue opere, e soprattutto la sua morte e
risurrezione, rivelano in profondità che cosa significhi essere
uomo. In Gesù, l'uomo può finalmente conoscere la verità su
se stesso. La vita perfettamente umana di Gesù, dedicata
interamente all'amore e al servizio del Padre e dell'umanità,
rivela che la vocazione di ogni essere umano è quella di
ricevere e donare amore. In Gesù rimaniamo stupiti
dall'inesauribile capacità del cuore umano di amare Dio e
l'uomo, anche quando ciò può comportare grande sofferenza.
Soprattutto sulla Croce, Gesù spezza il potere dell'autodistruttrice
resistenza all'amore inflittaci dal peccato. Per parte sua, il
Padre risponde innalzando Gesù come il primogenito di coloro
che ha predestinato ad essere conformi all'immagine del Figlio
suo (cfr Rm 8, 29). In quel momento, Gesù è divenuto
una volta per sempre la rivelazione e il compimento di una
umanità rigenerata e rinnovata secondo il piano di Dio. In Gesù,
pertanto, scopriamo la grandezza e la dignità di ogni persona
al cospetto di Dio, che creò l'uomo a sua immagine (cfr Gn 1,
26) e troviamo l'origine della nuova creazione di cui siamo
divenuti parte mediante la sua grazia.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha
insegnato che « con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito
in certo modo ad ogni uomo ».44 I Padri sinodali
hanno visto in questa profonda intuizione la sorgente ultima di
speranza e di forza per gli abitanti dell'Asia nelle loro
fatiche e nelle loro incertezze. Quando uomini e donne
rispondono con fede viva all'offerta d'amore di Dio, la sua
presenza porta amore e pace ad ogni cuore umano, trasformandolo
dal di dentro. Scrivevo nella Redemptor hominis che « la
redenzione del mondo — questo tremendo mistero dell'amore, in
cui la creazione viene rinnovata — è, nella sua più profonda
radice, la pienezza della giustizia in un cuore umano: nel cuore
del Figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia
dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio
primogenito sono stati, fin dall'eternità, predestinati a
divenire figli di Dio e chiamati alla grazia, chiamati all'amore
».45
La missione di Gesù non soltanto ha
ristabilito la comunione tra Dio e l'umanità, ma ha istituito
una nuova comunione tra gli esseri umani alienati l'uno
dall'altro a causa del peccato. Al di là di ogni divisione, Gesù
rende possibile per tutti di vivere come fratelli e sorelle,
riconoscendo un unico Padre che è nei cieli (cfr Mt 23,
9). In lui, è emersa una nuova armonia, in cui « non c'è più
Giudeo né Greco, non c'è più schiavo né libero; non c'è più
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù » (Gal
3, 28). « Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei
due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era
frammezzo, cioè l'inimicizia » (Ef 2, 14). In tutto ciò
che ha detto e fatto, Gesù è stato la voce, le mani e le
braccia del Padre, radunando tutti i figli di Dio in un'unica
famiglia d'amore; ha pregato perché i suoi discepoli vivessero
in comunione alla stessa maniera in cui egli è in comunione con
il Padre (cfr Gv 17, 11), e tra le sue ultime parole
l'abbiamo udito dire: « Come il Padre ha amato me, così
anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore [...] Questo è il
mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati » (Gv 15, 9.12). Inviato dal Dio della comunione,
Gesù ha stabilito la comunione tra il cielo e la terra nella
sua persona, poiché è vero Dio e vero uomo. Noi crediamo che
« piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per
mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando
con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose
che stanno sulla terra e quelle nei cieli » (Col 1,
19-20). La salvezza può essere trovata nella persona del Figlio
di Dio fatto uomo e nella missione affidata soltanto a lui come
Figlio, una missione di servizio e di amore per la vita di
tutti. Insieme con la Chiesa in tutto il mondo, la Chiesa in
Asia proclama la verità della fede: « Uno solo è Dio e uno
solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che
ha dato se stesso in riscatto per tutti » (1 Tm 2, 5-6).
L'unicità e l'universalità della
salvezza in Gesù
14. I Padri sinodali hanno ricordato che la
Parola preesistente, l'Unigenito ed eterno Figlio di Dio, « era
già presente nella creazione, nella storia e in ogni essere
umano che anela al bene ».46 Mediante la Parola,
presente nel cosmo anche prima dell'Incarnazione, il mondo ebbe
l'esistenza (cfr Gv 1, 1-4.10; Col 1, 15-20). Ma
come Parola incarnata che visse, morì e risuscitò dai morti,
Gesù Cristo viene ora proclamato compimento dell'intera
creazione, di tutta la storia e di ogni aspirazione umana alla
pienezza della vita.47 Risorto dai morti, egli « è
presente a tutti e all'intera creazione in un modo nuovo e
misterioso ».48 In lui, « i valori autentici di
ogni tradizione religiosa e culturale, quali la misericordia e
la sottomissione alla volontà di Dio, la compassione e la
rettitudine, la non violenza e la giustizia, la pietà filiale e
l'armonia con il creato trovano il loro compimento e la loro
realizzazione ».49 Dal primo istante del tempo sino
all'ultimo, Gesù è il solo Mediatore universale. Anche per
quanti non professano esplicitamente la fede in lui quale
Salvatore, la salvezza giunge da lui come grazia, mediante la
comunicazione dello Spirito Santo.
Noi crediamo che Gesù Cristo, vero Dio e
vero uomo, è l'unico Salvatore, poiché soltanto lui — il
Figlio — ha portato a compimento il piano universale della
salvezza. Quale definitiva manifestazione del mistero dell'amore
del Padre verso tutti, Gesù è infatti unico ed « è proprio
questa singolarità unica di Cristo che a lui conferisce un
significato assoluto e universale, per cui, mentre è nella
storia, è il centro e il fine della stessa storia ».50
Nessuna persona, nessuna nazione, nessuna
cultura è impermeabile all'appello di Gesù, che parla dal
cuore stesso della condizione umana. « È la sua stessa vita
che parla, la sua umanità, la sua fedeltà alla verità, il suo
amore che abbraccia tutti. Parla, inoltre, la sua morte in
croce, cioè l'imperscrutabile profondità della sua sofferenza
e dell'abbandono ».51 Nel contemplarne la natura
umana, i popoli dell'Asia trovano risposta alle proprie domande
più profonde e compimento alle proprie speranze; essi trovano
la loro dignità innalzata e vinta la loro disperazione. Gesù
è la Buona Novella per gli uomini e le donne di ogni tempo e
luogo, i quali cercano il significato dell'esistenza e la verità
della loro stessa umanità.
CAPITOLO III
LO SPIRITO SANTO:
SIGNORE E DATORE DI VITA
Lo Spirito di Dio nella creazione e
nella storia
15. Se è vero che il significato salvifico
di Gesù può essere compreso soltanto nel contesto della sua
rivelazione del piano di salvezza della Trinità, ne consegue
che lo Spirito Santo appartiene intrinsecamente al mistero di
Gesù e della salvezza da lui recata. I Padri sinodali hanno
fatto spesso riferimento al ruolo dello Spirito Santo nella
storia della salvezza, notando come una falsa separazione tra il
Redentore e lo Spirito Santo potrebbe mettere a repentaglio la
stessa verità che Cristo è l'unico Salvatore di tutti.
Nella tradizione cristiana, lo Spirito Santo
è stato sempre associato alla vita e alla sua comunicazione. Il
Credo niceno-costantinopolitano chiama lo Spirito Santo «
Signore e datore di vita ». Non sorprende, perciò, che molte
interpretazioni del racconto della creazione nel libro della
Genesi abbiano riconosciuto lo Spirito Santo nel vento poderoso
che aleggiava sopra le acque (cfr Gn 1, 2). Egli è
presente sin dal primo istante della creazione; sin dalla prima
manifestazione dell'amore di Dio Trinità, ed è sempre presente
nel mondo come la sua forza che dona vita.52 Poiché
la creazione è l'inizio della storia, lo Spirito è, in un
certo senso, una potenza nascosta all'opera nella storia, che la
guida sulle vie della verità e del bene.
La rivelazione della persona dello Spirito
Santo, che è il vicendevole amore del Padre e del Figlio, è
propria del Nuovo Testamento. Nel pensiero cristiano, egli viene
visto come la sorgente di vita per tutte le creature. La
creazione è la libera comunicazione d'amore di Dio, che, dal
nulla, chiama ogni cosa all'esistenza. Tutto ciò che è creato
è riempito dell'incessante scambio d'amore che contraddistingue
l'intima vita della Trinità, cioè è ricolmato di Spirito
Santo: « Lo Spirito del Signore riempie l'universo » (Sap 1,
7). La presenza dello Spirito nella creazione genera ordine,
armonia e interdipendenza in tutto ciò che esiste. Creati ad
immagine di Dio, gli esseri umani diventano in modo nuovo la
dimora dello Spirito, quando sono innalzati alla dignità
dell'adozione divina (cfr Gal 4, 5). Rinati nel
battesimo, essi sperimentano la presenza e la potenza dello
Spirito non soltanto come Autore della vita, ma anche come Colui
che purifica e salva, producendo frutti di « amore, gioia,
pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio
di sé » (Gal 5, 22). Questi frutti sono il segno che «
l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo che ci è stato dato » (Rm 5, 5).
Quando viene accolto nella libertà, questo amore rende uomini e
donne strumenti visibili dell'incessante attività
dell'invisibile Spirito nella creazione e nella storia. È
anzitutto questa nuova capacità di dare e ricevere amore che
rende testimonianza dell'interiore presenza e potenza dello
Spirito Santo. Come conseguenza della trasformazione e del
rinnovamento che produce nei cuori e nelle menti delle persone,
lo Spirito influenza le società e le culture umane.53
« Lo Spirito, infatti, sta all'origine dei nobili ideali e
delle iniziative di bene dell'umanità in cammino: "Con
ammirabile provvidenza egli dirige il corso dei tempi e rinnova
la faccia della terra" ».54
Seguendo il percorso del Concilio Vaticano II,
i Padri del Sinodo hanno prestato attenzione all'azione
molteplice e diversificata dello Spirito Santo che semina
costantemente semi di verità fra tutti i popoli e nelle loro
religioni, culture e filosofie.55 Ciò significa che
queste sono capaci di aiutare le persone, individualmente e
collettivamente, ad operare contro il male e a servire la vita e
tutto ciò che è bene. Le forze della morte isolano tra loro i
popoli, le società e le comunità religiose e generano sospetti
e rivalità che conducono a conflitti. Al contrario, lo Spirito
Santo sostiene le persone nella mutua comprensione e
accettazione. A ragione, dunque, il Sinodo ha visto nello
Spirito di Dio l'agente primario del dialogo della Chiesa con
tutti i popoli, culture e religioni.
Lo Spirito Santo e l'Incarnazione del
Verbo
16. Sotto la guida dello Spirito la storia
della salvezza si dispiega sulla scena del mondo, e addirittura
del cosmo, secondo il piano eterno del Padre. Questo piano,
iniziato dallo Spirito fin dall'origine della creazione, viene
rivelato nell'Antico Testamento, è portato a compimento dalla
grazia di Gesù Cristo e viene messo in opera nella nuova
creazione da questo stesso Spirito fino a quando il Signore
tornerà nella gloria alla fine dei tempi.56
L'incarnazione del Figlio di Dio è l'opera suprema dello
Spirito Santo: « La concezione e la nascita di Gesù Cristo
sono la più grande opera compiuta dallo Spirito Santo nella
storia della creazione e della salvezza: la suprema grazia –
la "grazia dell'unione", fonte di ogni altra grazia ».57
L'Incarnazione è l'evento in cui Dio riconduce ad una nuova e
definitiva unione con se stesso non soltanto l'uomo, ma l'intera
creazione e tutta la storia.58
Concepito nel grembo della Vergine Maria per
la potenza dello Spirito (cfr Lc 1, 35; Mt 1, 20),
Gesù di Nazareth, Messia e unico Salvatore, fu pieno di Spirito
Santo, che discese su di lui al momento del battesimo (cfr Mc
1, 10) e lo guidò nel deserto per irrobustirlo prima del
ministero pubblico (cfr Mc 1, 12; Lc 4, 1; Mt 4,
1). Nella sinagoga di Nazareth, Gesù diede inizio al suo
ministero profetico applicando a sé l'oracolo di Isaia
sull'unzione dello Spirito che porta alla predicazione della
Buona Novella ai poveri, della libertà ai prigionieri, e di un
anno di grazia del Signore (cfr Lc 4, 18-19). Per la
potenza dello Spirito, Gesù guariva i malati e scacciava i
demoni come segno che il Regno di Dio era giunto (cfr Mt 12,
28). Dopo esser risorto dai morti, donò lo Spirito Santo ai
discepoli, ai quali aveva promesso di effonderlo nella Chiesa
quando sarebbe tornato al Padre (cfr Gv 20, 22-23).
Tutto questo mostra come la missione
salvifica di Gesù porti l'inconfondibile marchio della presenza
dello Spirito: è vita, vita nuova. Tra l'invio del
Figlio da parte del Padre e l'invio dello Spirito da
parte del Padre e del Figlio vi è un legame stretto e vitale.59
L'azione dello Spirito nella creazione e nella storia umana
riceve un significato completamente nuovo nella sua azione nella
vita e nella missione di Gesù. I « semi del Verbo » seminati
dallo Spirito preparano l'intera creazione, la storia e l'uomo
alla piena maturità in Cristo.60
I Padri sinodali hanno espresso
preoccupazione circa la tendenza a separare l'attività dello
Spirito Santo da quella di Gesù Salvatore; e rispondendo al
loro assillo, ripeto quanto ho già scritto nella Redemptoris
missio: « [Lo Spirito] non è alternativo a Cristo, né
riempie una specie di vuoto, come talvolta si ipotizza esserci
tra Cristo e il Logos. Quando lo Spirito opera nel cuore
degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e nelle
religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica e non può
non avere riferimento a Cristo, Verbo fatto carne per l'azione
dello Spirito, "per operare lui, l'Uomo perfetto, la
salvezza di tutti e la ricapitolazione universale" ».61
L'universale presenza dello Spirito,
pertanto, non può servire come scusa per omettere di proclamare
Gesù Cristo esplicitamente come il solo ed unico Salvatore. Al
contrario, la presenza universale dello Spirito Santo è
inseparabile dalla salvezza universale in Gesù. La presenza
dello Spirito nella creazione e nella storia orienta a Gesù
Cristo, nel quale entrambe sono redente e portate a compimento.
La presenza e l'azione dello Spirito, sia nel momento
dell'Incarnazione sia in quello culminante della Pentecoste,
mirano sempre a Gesù e alla salvezza da lui recata. Per questo
motivo la presenza universale dello Spirito non può mai essere
separata dalla sua azione all'interno del Corpo di Cristo, che
è la Chiesa.62
Lo Spirito Santo e il Corpo di Cristo
17. Lo Spirito Santo custodisce saldo il
legame di comunione tra Gesù e la sua Chiesa. Dimorando in essa
come in un tempio (cfr 1 Cor 3, 16), lo Spirito la guida,
anzitutto, alla pienezza della verità su Gesù. È lui, poi,
che rende possibile alla Chiesa di continuare la missione di Gesù,
dando in primo luogo testimonianza a Gesù stesso e portando così
a compimento quanto da lui promesso prima della sua morte e
risurrezione, che cioè avrebbe inviato lo Spirito ai discepoli affinché
gli rendessero testimonianza (cfr Gv 15, 26-27).
L'opera dello Spirito nella Chiesa è quindi di attestare che i
credenti sono figli adottivi di Dio, destinati ad ereditare la
salvezza, la promessa piena comunione con il Padre (cfr Rm 8,
15-17). Adornando la Chiesa di differenti doni e carismi, lo
Spirito la fa crescere nella comunione come corpo unico,
composto di molte parti diverse (cfr 1 Cor 12, 4; Ef 4,
11-16). Lo Spirito raduna in unità ogni genere di persone, con
i rispettivi costumi, risorse e talenti, rendendo la Chiesa
segno della comunione dell'intera umanità sotto l'unico capo,
Cristo.63 Lo Spirito conferisce alla Chiesa la forma
di comunità di testimoni, che, con la sua potenza, rendono
testimonianza a Gesù Salvatore (cfr At 1, 8) e, in
questo senso, è l'agente primario dell'evangelizzazione. Da
tutto ciò, i Padri sinodali hanno potuto concludere che, come
il ministero terreno di Gesù si è svolto nella potenza dello
Spirito Santo, così « questo stesso Spirito è stato dato alla
Chiesa a Pentecoste dal Padre e dal Figlio per portare a
compimento la missione di amore e di servizio di Gesù in Asia
».64
Il piano del Padre per la salvezza dell'uomo
non termina con la morte e la risurrezione di Cristo. Con il
dono dello Spirito di Cristo, i frutti della missione salvifica
vengono offerti attraverso la Chiesa a tutti i popoli di tutti i
tempi mediante l'annuncio del Vangelo e il servizio e la
promozione dell'umana famiglia. Come insegna il Concilio
Vaticano II, la Chiesa « è spinta dallo Spirito Santo a
cooperare perché sia mandato ad effetto il piano di Dio, il
quale ha costituito Cristo principio di salvezza per il mondo
intero ».65 Avendo ricevuto dallo Spirito il potere
di portare a compimento la salvezza di Cristo sulla terra, la
Chiesa è il germe del Regno di Dio e ne attende con impazienza
la venuta finale. La sua identità e missione sono inseparabili
dal Regno di Dio che Gesù ha annunciato ed inaugurato mediante
tutto ciò che ha fatto e detto, principalmente mediante la sua
morte e risurrezione. Lo Spirito ricorda alla Chiesa che essa
non esiste per se stessa, ma per servire Cristo e la salvezza
del mondo in tutto ciò che essa è e fa. Nella presente
economia della salvezza, l'attività dello Spirito Santo nella
creazione, nella storia e nella Chiesa è parte del disegno
eterno della Trinità nei confronti di tutto ciò che esiste.
Lo Spirito Santo e la missione della
Chiesa in Asia
18. Lo Spirito che si librava in Asia al
tempo dei Patriarchi e dei Profeti e, in modo più potente,
all'epoca di Gesù e della Chiesa primitiva, è ora sopra i
cristiani dell'Asia, rafforzandone la testimonianza di fede tra
i popoli, le culture e le religioni del Continente. Come il
grande dialogo d'amore tra Dio e l'uomo fu preparato dallo
Spirito Santo e si è compiuto in terra d'Asia nel mistero di
Cristo, così il dialogo tra il Salvatore e i popoli del
Continente continua oggi con la potenza dello stesso Spirito,
operante nella Chiesa. In tale processo, i vescovi, i sacerdoti,
i consacrati e i laici, uomini e donne, hanno un ruolo
essenziale da svolgere, memori delle parole di Gesù, che sono
al tempo stesso una promessa e un mandato: « Avrete forza dallo
Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a
Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi
confini della terra » (At 1, 8).
La Chiesa è convinta che nel profondo del
cuore degli uomini, delle culture e delle religioni dell'Asia vi
sia sete di « acqua viva » (cfr Gv 4, 10-15), sete che
lo Spirito stesso suscita e che solo Gesù Salvatore potrà
pienamente saziare. Essa si volge allo Spirito Santo perché
continui a preparare i popoli dell'Asia al dialogo salvifico con
il Redentore di tutti. Guidata dallo Spirito nella missione di
servizio e di amore, la Chiesa può offrire un incontro fra Gesù
Cristo e i popoli dell'Asia, alla ricerca della pienezza della
vita. Solo in tale incontro può essere trovata l'acqua viva che
sgorga per la vita eterna, e cioè la conoscenza dell'unico vero
Dio e del suo inviato, Gesù Cristo (cfr Gv 17, 3).
La Chiesa sa bene di poter adempiere alla sua
missione soltanto se obbedisce agli impulsi dello Spirito Santo;
impegnata ad essere segno e strumento genuino dell'azione dello
Spirito nelle complesse realtà dell'Asia, essa deve saper
discernere, nelle diverse circostanze del Continente, la
chiamata dello Spirito a testimoniare Gesù Salvatore in modi
nuovi ed efficaci. La piena verità di Gesù e della salvezza da
lui guadagnata per noi è sempre un dono e mai il risultato di
uno sforzo umano. « Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito
che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi:
eredi di Dio, coeredi di Cristo » (Rm 8, 16-17). Perciò
la Chiesa grida incessantemente: « Vieni, Santo Spirito! Invadi
nell'intimo i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco
del tuo amore! ». È questo il fuoco che Gesù lascia cadere
sulla terra, e la Chiesa in Asia condivide il suo ardente
desiderio affinché quel fuoco si accenda ora (cfr Lc 12,
49). Con tale intenso sentimento, i Padri del Sinodo hanno
cercato di discernere le principali aree di missione che la
Chiesa deve affrontare in Asia, mentre si prepara a varcare la
soglia del Terzo Millennio.
CAPITOLO IV
GESU SALVATORE:
PROCLAMARE IL DONO
Il primato dell'annuncio
19. Alla vigilia del Terzo Millennio, la voce
di Cristo risorto risuona nuovamente nel cuore di ogni
cristiano: « Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando
loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,
18-20). Certi dell'immancabile sostegno dello stesso Gesù e
della potente presenza dello Spirito, subito dopo Pentecoste gli
Apostoli si apprestarono ad adempiere a questo comando: « Essi
partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava
insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che
l'accompagnavano » (Mc 16, 20) e quanto essi
annunciavano può essere riassunto con le parole di san Paolo:
« Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore;
quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù » (2
Cor 4, 5). Benedetta dal dono della fede, la Chiesa, dopo
duemila anni, continua ad andare ovunque per incontrare i popoli
del mondo, per condividere con loro la Buona Novella di Cristo,
come comunità infiammata di zelo missionario per far conoscere,
amare e seguire Gesù.
Non vi può essere vera evangelizzazione
senza l'esplicita proclamazione che Gesù è il Signore. Il
Concilio Vaticano II e, da allora, il Magistero, nel rispondere
ad una certa confusione circa la vera natura della missione
della Chiesa, hanno ripetutamente sottolineato il primato della
proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di
evangelizzazione. Al riguardo, Papa Paolo VI ha scritto
esplicitamente che « non c'è vera evangelizzazione se il nome,
l'insegnamento, la vita e le promesse, il Regno, il mistero di
Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati ».66
Questo è ciò che generazioni di cristiani hanno fatto lungo i
secoli. Con comprensibile orgoglio, i Padri sinodali hanno
ricordato che « numerose comunità cristiane dell'Asia hanno
preservato la fede lungo i secoli nonostante grandi
tribolazioni, e sono rimaste attaccate a questa eredità
spirituale con perseveranza eroica. Questo immenso tesoro è per
loro sorgente di grande gioia e slancio apostolico ».67
Allo stesso tempo, i partecipanti
all'Assemblea Speciale hanno testimoniato più e più volte la
necessità di un rinnovato impegno nell'annuncio di Gesù Cristo
proprio nel Continente che ha visto l'inizio di quella
proclamazione duemila anni fa. Le parole dell'apostolo Paolo
diventano ancor più puntuali, date le molte persone che in quel
Continente non hanno mai incontrato la persona di Gesù in
maniera chiara e cosciente: « Chiunque invocherà il nome del
Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver
prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne
sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che
lo annunzi? » (Rm 10, 13-14). La grande questione che
sta ora dinanzi alla Chiesa in Asia è come condividere
con i nostri fratelli e sorelle asiatici ciò che noi
gelosamente custodiamo come dono che contiene ogni altro dono, e
cioè la Buona Novella di Gesù Cristo.
Annunciare Gesù Cristo in Asia
20. La Chiesa in Asia è molto ben disposta
al dovere dell'annuncio, sapendo che « esiste già nei singoli
e nei popoli, per l'azione dello Spirito, un'attesa, anche se
inconscia, di conoscere la verità su Dio, sull'uomo, sulla via
che porta alla liberazione dal peccato e dalla morte ».68
Questa insistenza sulla proclamazione non deriva da impulso
settario né da spirito di proselitismo, né da alcun senso di
superiorità. La Chiesa evangelizza in obbedienza al comando di
Cristo, nella consapevolezza che ogni persona ha il diritto di
udire la Buona Novella di Dio che rivela e dona se stesso in
Cristo.69 Rendere testimonianza a Gesù Cristo è il
servizio supremo che la Chiesa può offrire ai popoli dell'Asia,
poiché risponde alla loro profonda ricerca di Assoluto e svela
le verità e i valori che garantiscono loro lo sviluppo umano
integrale. Profondamente cosciente della complessità di così
differenti situazioni in Asia e « vivendo secondo la verità
nella carità » (Ef 4, 15), la Chiesa proclama la Buona
Novella con rispetto e stima amorevole nei confronti di quanti
l'ascoltano. Una proclamazione che rispetta i diritti delle
coscienze non viola la libertà, dal momento che la fede
richiede sempre una libera risposta da parte dell'individuo.70
Ma il rispetto non elimina la necessità dell'esplicita
proclamazione del Vangelo nella sua interezza. Specialmente nel
contesto della ricca varietà di culture e religioni in Asia,
occorre rilevare che « né il rispetto e la stima verso queste
religioni, né la complessità dei problemi sollevati sono per
la Chiesa un invito a tacere l'annuncio di Cristo di fronte ai
non cristiani ».71 Durante la Visita in India nel
1986, ho detto chiaramente che « l'approccio della Chiesa ad
altre religioni è fatto di autentico rispetto [...]. Questo
rispetto è duplice: rispetto per l'uomo nella sua ricerca di
risposte alle domande più profonde della sua vita, e rispetto
per l'azione dello Spirito nell'uomo ».72 I Padri
sinodali hanno volentieri riconosciuto l'azione dello Spirito
nelle società, nelle culture e nelle religioni asiatiche,
attraverso le quali il Padre prepara i cuori dei popoli
dell'Asia alla pienezza di vita in Cristo.73
Nonostante questo, anche prima delle
consultazioni antecedenti al Sinodo molti Vescovi dell'Asia
hanno fatto presenti difficoltà nel proclamare Gesù quale
unico Salvatore. Durante l'Assemblea, la situazione fu
descritta in questi termini: « Alcuni dei seguaci delle grandi
religioni asiatiche non hanno alcun problema ad accettare Gesù
come una manifestazione della divinità o dell'Assoluto, o come
un ‘essere illuminato'. Tuttavia hanno difficoltà a
considerarlo come l'unica manifestazione della divinità ».74
Infatti, lo sforzo di condividere il dono della fede in Gesù
quale unico Salvatore è denso di difficoltà filosofiche,
culturali e teologiche, specialmente alla luce delle credenze
delle grandi religioni dell'Asia, strettamente intrecciate con
valori culturali e specifiche visioni del mondo.
Nell'opinione dei Padri sinodali, la
difficoltà è aggravata dal fatto che Gesù viene spesso
percepito come estraneo all'Asia. È un paradosso che molti
abitanti del Continente tendano a vedere Gesù, nato su suolo
asiatico, come un occidentale piuttosto che come una figura
asiatica. In fondo, era inevitabile che l'annuncio del Vangelo
da parte dei missionari occidentali fosse influenzato dalle
culture di provenienza. I Padri del Sinodo hanno preso atto di
ciò come di un fatto da tener presente nella storia
dell'evangelizzazione. Allo stesso tempo essi hanno approfittato
dell'occasione per « esprimere in maniera speciale la propria
gratitudine a tutti i missionari, uomini e donne, religiosi e
laici, stranieri ed autoctoni, che hanno recato il messaggio di
Gesù Cristo e il dono della fede. Speciale riconoscenza va
anche a tutte le Chiese sorelle che hanno inviato e continuano a
mandare missionari in Asia ».75
Gli evangelizzatori possono prendere spunto
dall'esperienza di san Paolo che stabilì un dialogo con i
valori filosofici, culturali e religiosi dei suoi ascoltatori (cfr
At 14, 13-17; 17, 22-31). Anche i Concili ecumenici, nel
formulare dottrine vincolanti per la Chiesa, hanno dovuto
adoperare le risorse linguistiche, filosofiche e culturali che
avevano a disposizione; ma queste risorse sono divenute parte
dell'eredità della Chiesa universale, essendosi rivelate capaci
di esprimere la dottrina cristologica in modo appropriato e
universale. Esse sono parte dell'eredità della fede, che deve
essere assimilata e condivisa costantemente nell'incontro con le
varie culture.76 Pertanto, il compito di proclamare
Gesù in maniera da consentire ai popoli dell'Asia di
identificarsi con lui, rimanendo fedeli sia alla dottrina
teologica della Chiesa che alle proprie origini asiatiche,
costituisce una sfida enorme.
La presentazione di Gesù Cristo come unico
Salvatore esige l'adozione di una pedagogia che introduca
le persone passo dopo passo alla piena appropriazione del
mistero. Chiaramente, la prima evangelizzazione di non cristiani
e la susseguente proclamazione a dei credenti dovrà avere
approcci diversi. Nella proclamazione iniziale, ad esempio, «
la presentazione di Gesù Cristo dovrebbe giungere come
compimento dell'anelito espresso nelle mitologie e nel folklore
dei popoli dell'Asia ».77 In generale, i metodi
narrativi affini alle forme culturali asiatiche sono da
preferire. Di fatto, la proclamazione di Gesù Cristo può
essere attuata in modo molto efficace mediante la narrazione
della sua vicenda terrena, come fa il Vangelo. Le nozioni
ontologiche, che devono sempre essere presupposte ed espresse
nel presentare Gesù, possono essere arricchite da prospettive
più relazionali, storiche o anche cosmiche. La Chiesa, come
hanno sottolineato i Padri sinodali, deve essere aperta alle
nuove e sorprendenti vie con le quali il volto di Gesù può
essere oggi presentato in Asia.78
Il Sinodo ha raccomandato che la successiva
catechesi segua « una pedagogia evocativa che usi storie,
parabole e simboli così caratteristici della metodologia
asiatica nell'insegnamento ».79 Il ministero di Gesù
stesso mostra chiaramente il valore del contatto personale che
richiede all'evangelizzatore di prendere a cuore la situazione
dell'ascoltatore, offrendo una proclamazione adatta al suo grado
di maturità, attraverso forme e linguaggi appropriati. In tale
prospettiva, i Padri sinodali hanno sottolineato molte volte la
necessità di evangelizzare in un modo che faccia riferimento
alle sensibilità dei popoli asiatici, suggerendo immagini di
Gesù intelligibili alla mentalità e alle culture asiatiche e,
allo stesso tempo, fedeli alla Sacra Scrittura e alla
Tradizione. Tra esse vi sono state: « Gesù Cristo, Maestro di
Sapienza, il Guaritore, il Liberatore, la Guida spirituale,
l'Illuminato, l'Amico compassionevole dei poveri, il Buon
Samaritano, il Buon Pastore, l'Obbediente ».80 Gesù
potrebbe essere presentato come la Sapienza incarnata di Dio, la
cui grazia porta a maturazione i « semi » della Sapienza
divina già presenti nelle vite, nelle religioni e nei popoli
dell'Asia.81 Tra le tante sofferenze che affliggono i
popoli dell'Asia, Gesù potrebbe essere meglio annunciato come
Salvatore « che può dare senso a quanti patiscono indicibile
dolore e sofferenza ».82
La fede che la Chiesa offre in dono ai suoi
figli e figlie dell'Asia non può essere confinata entro i
limiti della comprensione e dell'espressione di alcuna cultura
umana, dato che li trascende e in verità sfida ogni cultura ad
elevarsi a nuove altezze di comprensione ed espressione. Ma allo
stesso tempo, i Padri del Sinodo erano ben coscienti
dell'impellente necessità che le Chiese locali in Asia hanno di
presentare il mistero di Cristo ai loro popoli secondo i criteri
culturali e i modi di pensare di questi, sottolineando pure che
una tale inculturazione della fede nel Continente coinvolge una
riscoperta del volto asiatico di Gesù, individuando modi
attraverso i quali le culture asiatiche possano afferrare
l'universale significato salvifico del mistero di Cristo e della
sua Chiesa.83 Occorre emulare ai nostri giorni la
penetrante comprensione dei popoli e delle culture, di cui sono
esempio uomini come Giovanni da Montecorvino, Matteo Ricci e
Roberto de Nobili, per nominarne solo alcuni.
La sfida dell'inculturazione
21. La cultura è lo spazio vitale entro il
quale la persona umana si confronta faccia a faccia con il
Vangelo. Come una cultura è il risultato della vita e
dell'attività di un gruppo umano, così le persone che
appartengono a quel gruppo sono formate in larga misura dalla
cultura nella quale si trovano a vivere. E poiché sia le
persone sia le società cambiano, così la cultura cambia con
esse. Come questa è trasformata, così da essa lo sono le
persone e le società. Da tale punto di vista, diventa più
chiaro come l'evangelizzazione e l'inculturazione siano tra loro
in naturale ed intima relazione. Il Vangelo e l'evangelizzazione
non si identificano certamente con la cultura, ma anzi sono da
essa indipendenti. E tuttavia, il Regno di Dio giunge a persone
profondamente legate a una cultura, e la costruzione del Regno
non può esimersi dal prendere a prestito elementi di culture
umane. Perciò Paolo VI definì la spaccatura tra Vangelo e
cultura il dramma del nostro tempo, con un impatto profondo sia
sull'evangelizzazione sia sulle culture.84
Nel processo di incontro tra le diverse
culture del mondo, la Chiesa non trasmette soltanto le sue verità
e i suoi valori rinnovando le culture dal di dentro, ma attinge
anche da esse gli elementi positivi già presenti. Questo è il
sentiero obbligato degli evangelizzatori nel presentare la fede
cristiana e nel farla diventare parte del bagaglio culturale di
un popolo e, d'altra parte, le diverse culture, quando sono
purificate e rinnovate alla luce del Vangelo, possono divenire
espressioni vere dell'unica fede cristiana. « Con l'inculturazione
la Chiesa diventa segno più comprensibile di ciò che è e
strumento più atto della missione ».85 Questo
coinvolgimento con le culture è sempre stato parte del
pellegrinaggio della Chiesa nella storia, ma ha una speciale
urgenza oggi, nella situazione multietnica, multireligiosa e
multiculturale dell'Asia, dove il cristianesimo è troppo spesso
visto come straniero.
A questo punto, è bene ricordare quanto è
stato ripetutamente detto al Sinodo, e cioè che lo Spirito
Santo è l'agente primario dell'inculturazione della fede
cristiana in Asia.86 Lo stesso Spirito che ci conduce
alla verità tutt'intera rende possibile un dialogo fruttuoso
con i valori culturali e religiosi di differenti popoli, tra i
quali, in certa misura, è presente, offrendo agli uomini e alle
donne di cuore sincero la forza di superare il male e l'inganno
del Maligno e porgendo a ciascuno la possibilità di far parte
del Mistero pasquale in un modo che solo Dio conosce.87
La presenza dello Spirito Santo fa sì che questo dialogo si
svolga nella verità, con onestà, umiltà e rispetto.88
« Nell'offrire agli altri la Buona Novella della Redenzione, la
Chiesa si sforza di comprendere le loro culture. Essa cerca di
conoscere le menti e i cuori di chi l'ascolta, i loro valori e
costumi, i loro problemi e le loro difficoltà, le loro speranze
e i loro sogni. Una volta che essa conosce e comprende questi
diversi aspetti della cultura, allora può iniziare il dialogo
di salvezza; essa è in grado di offrire, con rispetto ma
chiaramente e con convinzione, la Buona Novella della Redenzione
a tutti coloro che liberamente desiderano ascoltare e rispondere
».89 Pertanto, i popoli dell'Asia desiderosi di
appropriarsi della fede cristiana siano sicuri che le loro
speranze, attese, ansietà e sofferenze non solo sono
abbracciate da Gesù, ma diventano il vero punto nel quale il
dono della fede e la potenza dello Spirito entrano nel più
profondo delle loro vite.
È compito dei Pastori, in virtù del carisma
loro proprio, guidare questo dialogo con discernimento. Allo
stesso modo, gli esperti in discipline sacre o secolari hanno
ruoli importanti da svolgere nel processo di inculturazione. Ma
il processo stesso deve coinvolgere tutto il popolo di Dio,
dato che la vita della Chiesa come tale deve rendere visibile la
fede annunciata e fatta propria. Per essere certi che ciò
avvenga in modo adeguato, il Padri del Sinodo hanno identificato
alcune aree bisognose di particolare attenzione: la riflessione
teologica, la liturgia, la formazione dei sacerdoti e dei
religiosi, la catechesi e la spiritualità.90
Aree chiave di inculturazione
22. Il Sinodo ha espresso incoraggiamento ai teologi
nel delicato compito di sviluppare una teologia inculturata,
specialmente nell'area della cristologia.91 Essi
hanno sottolineato che « questa maniera di fare teologia deve
essere perseguita con coraggio, rimanendo fedeli alla Scrittura
e alla Tradizione della Chiesa, con sincera adesione al
Magistero e con conoscenza delle situazioni pastorali ».92
Anch'io desidero invitare i teologi ad operare in spirito di
unione con i Pastori e con i membri del Popolo di Dio, che —
in unità e mai separati gli uni dagli altri — « riflettono
il genuino senso della fede che non bisogna mai perdere di vista
».93 Il lavoro teologico deve essere sempre guidato
dal rispetto per le sensibilità dei cristiani, in modo che,
mediante una crescita graduale verso forme inculturate
dell'espressione della fede, le persone non siano né indotte a
confusione né scandalizzate. In ogni caso, l'inculturazione
deve essere guidata dalla compatibilità con il Vangelo e dalla
comunione con la fede della Chiesa universale,94 e
perseguita in pieno accordo con la Tradizione della Chiesa,
avendo di vista il rafforzamento della fede del popolo. La prova
di una vera inculturazione è se i credenti diventano più
impegnati nella fede cristiana per la ragione che la
percepiscono più chiaramente con gli occhi della propria
cultura.
La liturgia è la fonte e il culmine
di tutta la vita e la missione cristiana,95 ed un
mezzo fondamentale di evangelizzazione, specialmente in Asia,
dove i seguaci di diverse religioni sono così attirati dal
culto, dalle festività religiose e dalle devozioni popolari.96
La liturgia delle Chiese orientali per la maggior parte è stata
inculturata con successo attraverso secoli di interazione con la
cultura che la circondava, mentre le Chiese fondate più di
recente hanno bisogno di far sì che essa divenga una sorgente
ancora maggiore di nutrimento per i fedeli attraverso un uso
saggio ed efficace di elementi tolti dalle culture locali. E
ciononostante, l'inculturazione liturgica richiede ben più che
un concentrarsi su valori culturali tradizionali, su simboli e
riti. Occorre tener presenti i cambiamenti nella coscienza e
negli atteggiamenti causati dall'emergere di culture
secolaristiche e consumistiche che influiscono sul senso
asiatico del culto e della preghiera; né, per una genuina
inculturazione liturgica in Asia, si possono dimenticare i
bisogni specifici dei poveri, degli emigrati, dei rifugiati,
della gioventù e delle donne.
Le Conferenze Episcopali nazionali e
regionali devono lavorare più a stretto contatto con la
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
per ricercare vie efficaci per promuovere forme appropriate di
culto nel contesto dell'Asia.97 Una simile
collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e
celebra l'unica fede professata da tutti ed essendo eredità di
tutta la Chiesa non può essere determinata dalle Chiese locali
isolate dalla Chiesa universale.
I Padri sinodali hanno particolarmente
insistito sull'importanza della parola biblica nel comunicare il
messaggio della salvezza ai popoli del Continente, dove la
parola trasmessa è così importante per preservare e comunicare
l'esperienza religiosa.98 Ne consegue, pertanto, che
un apostolato biblico efficace ha bisogno di essere sviluppato
per poter assicurare che il testo sacro sia più ampiamente
diffuso e più intensamente usato con spirito d'orazione tra i
membri della Chiesa in Asia. I Padri del Sinodo hanno
sottolineato l'urgenza che essa sia presa come base di ogni
annuncio missionario, catechesi, predicazione e stile di
spiritualità.99 Devono pure essere incoraggiati e
sostenuti gli sforzi per tradurre nelle lingue locali la Bibbia,
mentre la formazione biblica dovrebbe essere considerata un
importante mezzo per educare alla fede le persone e renderle
pronte al compito della proclamazione. Dovranno essere inclusi
corsi sulla Scrittura orientati alla pastorale, con l'accento
sull'applicazione dei suoi insegnamenti alle complesse realtà
dell'Asia nei programmi di formazione per il clero, per i
consacrati e per il laicato. 100 La Sacra Scrittura
dovrebbe essere fatta conoscere anche tra i seguaci di altre
religioni, poiché la Parola di Dio ha un intrinseco potere di
toccare il cuore dell'uomo, dato che attraverso di essa lo
Spirito di Dio rivela il piano divino della salvezza per il
mondo. Inoltre, gli stili narrativi che si possono rilevare in
molti libri della Bibbia hanno affinità con i testi religiosi
tipici dell'Asia. 101
Un altro aspetto chiave dell'inculturazione
è la formazione degli evangelizzatori, dai quali dipende
in larga parte il suo futuro. Nel passato, la formazione spesso
ha seguito lo stile, i metodi e i programmi mediati
dall'Occidente. Pur apprezzando il servizio reso da quel tipo di
formazione, i Padri sinodali hanno riconosciuto come uno
sviluppo positivo gli sforzi recentemente fatti per adattare la
formazione degli evangelizzatori ai contesti culturali
dell'Asia. Oltre a una solida istruzione biblica e patristica, i
seminaristi devono acquisire una conoscenza articolata e sicura
del patrimonio teologico e filosofico della Chiesa, come ho
sottolineato nell'Enciclica Fides et ratio. 102
Sulla base di questa preparazione, essi troveranno beneficio
nell'avvicinare le tradizioni filosofiche e religiose dell'Asia.
103 I Padri sinodali hanno incoraggiato inoltre professori
di seminario e collaboratori a cercare di comprendere gli
elementi di spiritualità e di preghiera prossimi all'animo
asiatico e a lasciarsi coinvolgere più profondamente nella
ricerca da parte dei popoli dell'Asia di una vita più piena.
104 A tale scopo, è stata posta particolare enfasi sulla
necessità di assicurare un'adeguata formazione del corpo
educativo dei seminari. 105 Il Sinodo ha pure
espresso preoccupazione per la formazione di uomini e donne alla
vita consacrata, specificando chiaramente che la loro
spiritualità e il loro stile di vita devono dimostrare
sensibilità al patrimonio religioso e culturale delle persone
tra le quali vivono e che servono, sempre supponendo il
necessario discernimento su ciò che è conforme al Vangelo e ciò
che non lo è. 106 Inoltre, dato che l'inculturazione
del Vangelo coinvolge tutto il Popolo di Dio, il ruolo del
laicato è di importanza fondamentale. Sono essi prima di tutti
ad essere chiamati alla trasformazione della società, in
collaborazione con i Vescovi, il clero e i religiosi, infondendo
il « pensiero di Cristo » nella mentalità, nei costumi, nelle
leggi e nelle strutture del mondo secolare nel quale vivono.
107 Una più ampia inculturazione del Vangelo ad ogni
livello della società in Asia dipenderà considerevolmente
dalla formazione appropriata che le Chiese locali sapranno dare
al laicato.
Vita cristiana come annuncio
23. Più la comunità cristiana è fondata
sull'esperienza di Dio che promana da una fede vissuta e più
sarà capace di annunciare in modo credibile agli altri il
compimento del Regno di Dio in Gesù Cristo. Questo dipende
dall'ascolto fedele della Parola di Dio, dalla preghiera e dalla
contemplazione, dalla celebrazione del mistero di Gesù nei
sacramenti, anzitutto nell'Eucaristia, e dall'esempio di vera
comunione di vita e di integrità dell'amore. Il centro della
Chiesa particolare deve essere posto nella contemplazione di Gesù
Cristo, Dio fatto uomo: la Chiesa deve tendere costantemente ad
una più intima unione con lui, del quale continua la missione. La
missione è azione contemplativa e attiva contemplazione.
Pertanto, un missionario che non abbia una profonda esperienza
di Dio nella preghiera e nella contemplazione avrà poca
influenza spirituale o successo nel ministero. Si tratta di una
riflessione che traggo dalla mia personale esperienza
sacerdotale e, come ho scritto altrove, il contatto con
rappresentanti delle tradizioni spirituali non cristiane,
particolarmente quelle asiatiche, mi ha confermato nel
convincimento che il futuro della missione dipende in grande
misura dalla contemplazione. 108 In Asia, dimora di
grandi religioni dove persone ed interi popoli hanno sete del
divino, la Chiesa è chiamata ad essere una Chiesa di preghiera,
profondamente spirituale anche se coinvolta in preoccupazioni
umane e sociali immediate: ogni cristiano ha bisogno di
un'autentica spiritualità missionaria fatta di preghiera e di
contemplazione.
Una persona realmente religiosa è con grande
facilità rispettata e seguita in Asia. Preghiera, digiuno e
varie forme di ascetismo sono tenute in grande considerazione.
Rinuncia, distacco, umiltà, semplicità e silenzio sono
considerati dei grandi valori dai seguaci di ogni religioni.
Affinché la preghiera non venga staccata dalla promozione
umana, i Padri sinodali hanno sottolineato che « l'opera di
giustizia, di carità e di compassione è strettamente legata ad
una vita di autentica preghiera e di contemplazione e, inoltre,
questa stessa spiritualità sarà la sorgente di ogni nostra
opera di evangelizzazione ». 109 Pienamente convinti
dell'importanza di una testimonianza autentica nella
evangelizzazione dell'Asia, i Padri del Sinodo hanno affermato:
« La Buona Novella di Gesù Cristo potrà essere annunciata
soltanto da coloro che sono presi e ispirati dall'amore del
Padre verso i suoi figli, manifestato nella persona di Gesù
Cristo. Tale annuncio è una missione che ha bisogno di uomini e
donne santi che faranno conoscere ed amare il Salvatore
attraverso la loro vita. Un fuoco non può essere acceso che
mediante qualcosa che sia esso stesso infiammato. Così, un
annuncio riuscito della Buona Novella della Salvezza in Asia può
essere istituito soltanto se i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi
e i laici sono essi stessi accesi di amore per Cristo e ardenti
di zelo per farlo conoscere a più ampio raggio, per farlo amare
più intensamente e seguirlo più da vicino ». 110 I
cristiani che parlano di Cristo devono incarnare nella vita il
messaggio che proclamano.
A tale riguardo, tuttavia, una particolare
circostanza nel contesto asiatico esige attenzione. La Chiesa sa
che la silenziosa testimonianza di vita a tutt'oggi
rimane l'unico modo di proclamare il Regno di Dio in molti
luoghi in Asia, dove la proclamazione esplicita è proibita e la
libertà religiosa negata o sistematicamente ridotta. La Chiesa
vive questo tipo di testimonianza in modo consapevole,
considerandola il suo « prendere la propria croce » (cfr Lc
9, 23), anche se non si stanca di richiamare i governi e di
spingerli a riconoscere la libertà religiosa come diritto umano
fondamentale. È significativo ripetere, a tale riguardo, le
parole del Concilio Vaticano II: « La persona umana ha diritto
alla libertà religiosa. Tale libertà consiste in questo, che
tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione da parte
di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana,
così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire
contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti,
di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o
pubblicamente, in forma individuale o associata ». 111
In alcuni Paesi asiatici, questo principio deve ancora essere
riconosciuto e posto in atto.
Chiaramente, pertanto, l'annuncio di Gesù
Cristo in Asia presenta molti aspetti complessi sia di contenuto
che di metodo. I Padri sinodali erano acutamente coscienti della
legittima varietà di approcci alla proclamazione di Gesù, a
patto, però, che la fede sia rispettata nella sua integrità
nel processo di appropriazione e di condivisione della medesima.
Il Sinodo ha sottolineato che « l'evangelizzazione è oggi una
realtà ricca e dinamica, con vari aspetti, quali la
testimonianza, il dialogo, l'annuncio, la catechesi, la
conversione, il Battesimo, l'inserimento nella comunità
ecclesiale, l'implantazione della Chiesa, l'inculturazione e lo
sviluppo integrale dell'uomo. Alcuni di questi elementi
procedono insieme, mentre altri sono delle tappe o fasi
successive del processo intero di evangelizzazione ». 112
In tutta l'opera evangelizzatrice, tuttavia, è la completa
verità di Gesù Cristo che deve essere annunciata.
Sottolineare alcuni aspetti dell'inesauribile mistero di Gesù
è legittimo e necessario nel proporre gradualmente Cristo ad
una persona, ma non può essere permesso alcun compromesso
nell'integrità della fede. Alla fin fine, l'accettazione della
fede da parte di una persona deve basarsi su una comprensione
certa della persona di Gesù Cristo, il Signore di tutti che «
è lo stesso ieri, oggi e sempre » (Eb 13, 8), come
insegnato dalla Chiesa di ogni tempo e luogo.
CAPITOLO V
COMUNIONE E DIALOGO
PER LA MISSIONE
Comunione e missione procedono di pari
passo
24. In obbedienza all'eterno disegno del
Padre, la Chiesa, prevista sin dalle origini del mondo,
preparata nell'Antico Testamento, istituita da Cristo Gesù e
resa presente nel mondo dallo Spirito Santo nel giorno di
Pentecoste, « prosegue il suo pellegrinaggio tra le
persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio », 113
mentre incede verso la perfezione nella gloria del cielo. Poiché
Dio desidera « la costituzione di tutto il genere umano
nell'unico Popolo di Dio, la sua riunione nell'unico Corpo di
Cristo, la sua edificazione nell'unico tempio dello Spirito
Santo », 114 la Chiesa è nel mondo « il disegno
visibile dell'amore di Dio per l'umanità, il sacramento della
salvezza ». 115 Non la si può, pertanto,
considerare semplicemente come un'organizzazione sociale o
un'agenzia di assistenza umanitaria. Nonostante abbia tra i suoi
membri uomini e donne peccatori, essa deve essere vista come il
luogo privilegiato dell'incontro tra Dio e l'uomo, nel quale Dio
sceglie di rivelare il mistero della sua vita intima e di
realizzare il suo piano di salvezza del mondo.
Il mistero del disegno d'amore di Dio è reso
presente e attivo nella comunità degli uomini e delle donne che
sono stati sepolti con Cristo mediante il Battesimo nella morte,
così che come Cristo è stato risuscitato dai morti dalla
gloria del Padre, anch'essi possano camminare in novità di vita
(cfr Rm 6, 4). Al centro del mistero della Chiesa c'è il
vincolo di comunione che unisce Cristo-Sposo a tutti i
battezzati. Attraverso questa comunione vivente e vivificante,
« i cristiani non appartengono a se stessi, ma sono proprietà
di Cristo »; 116 uniti al Figlio nel vincolo d'amore
dello Spirito, sono uniti al Padre, e da questa comunione
fluisce la comunione che essi condividono l'uno con l'altro
mediante Cristo nello Spirito Santo. 117 Il fine
primario della Chiesa, pertanto, è di essere il sacramento
dell'intima unione della persona umana con Dio e, poiché
la comunione delle persone l'una con l'altra è radicata in
questa unione con Dio, la Chiesa è pure il sacramento dell'unità
del genere umano, 118 in lei già iniziata; allo
stesso tempo, essa è « segno e strumento » della piena
realizzazione di questa unità che deve ancora compiersi.
119
E un requisito essenziale della vita in
Cristo che chi entra nella comunione con il Signore porti
frutto: « Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto » (Gv
15, 5), e ciò è così vero che la persona che non porta
frutto non rimane nella comunione: « Ogni tralcio che in me non
porta frutto, [il Padre] lo pota » (Gv 15, 2). La
comunione con Gesù, che dà origine alla comunione dei
cristiani tra di loro, è la condizione indispensabile per
portare frutto; e la comunione con gli altri, dono di Cristo e
del suo Spirito, è il frutto più bello che i tralci possano
offrire. In questo senso, comunione e missione sono
inseparabilmente connesse l'una con l'altra, sono intrecciate e
si implicano vicendevolmente, così che « la comunione
rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la
comunione è missionaria e la missione è per la comunione ».
120
Adoperando la teologia di comunione, il
Concilio Vaticano II ha potuto descrivere la Chiesa come il
Popolo di Dio in pellegrinaggio al quale, in certo modo, tutti i
popoli sono collegati. 121 Su questa base, i Padri
sinodali hanno posto l'accento sul legame misterioso tra la
Chiesa e i seguaci di altre religioni asiatiche, notando che
essi sono « relazionati alla [Chiesa] in modi e gradi
differenti ». 122 Tra popoli, culture e religioni
così differenti, « la vita della Chiesa come comunione è
della più grande importanza ». 123 In effetti, il
servizio di unità della Chiesa ha una specifica rilevanza in
Asia, dove vi sono molte tensioni, divisioni e conflitti,
causati da differenze etniche, sociali, culturali, linguistiche,
economiche e religiose. E in tale contesto che le Chiese locali
in Asia, in comunione con il Successore di Pietro, hanno bisogno
di promuovere tra loro una più profonda comunione di mente e di
cuore mediante una più stretta collaborazione tra di loro. Sono
inoltre vitali alla missione evangelizzatrice le relazioni con
le altre Chiese e Comunità ecclesiali e con i seguaci di altre
religioni. 124 Il Sinodo, pertanto, ha rinnovato
l'impegno della Chiesa in Asia nel compito di promuovere sia i
rapporti ecumenici che il dialogo interreligioso, prendendo atto
del fatto che il costruire unità, l'adoperarsi per la
riconciliazione, il plasmare vincoli di solidarietà, il
promuovere il dialogo tra religioni e culture, lo sradicare
pregiudizi e il suscitare fiducia tra i popoli è essenziale
alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel Continente.
Tutto ciò richiede dalla comunità cattolica un sincero esame
di coscienza, il coraggio della riconciliazione e un rinnovato
impegno al dialogo. Alle soglie del Terzo Millennio, è chiaro
che la capacità della Chiesa di evangelizzare richiede che essa
si sforzi vigorosamente di servire la causa dell'unità in tutte
le dimensioni, poiché comunione e missione procedono di pari
passo.
Comunione dentro la Chiesa
25. Riuniti attorno al Successore di Pietro,
pregando e lavorando insieme, i Vescovi dell'Assemblea Speciale
per l'Asia hanno offerto un'immagine concreta di quel che
sarebbe la comunione della Chiesa in tutta la ricca diversità
delle Chiese particolari sulle quali presiedono nella carità.
La mia stessa presenza alle Congregazioni Generali del Sinodo è
stata sia una grande opportunità per condividere le difficoltà,
le gioie e le speranze dei Vescovi, sia un esercizio intenso e
profondamente sentito del mio ministero. E proprio all'interno
della prospettiva della comunione ecclesiale che l'autorità
universale del Successore di Pietro risplende più chiaramente,
non in primo luogo come potere giuridico sulle Chiese locali, ma
anzitutto come primato pastorale al servizio dell'unità della
fede e della vita dell'intero Popolo di Dio. Profondamente
coscienti che « il Ministero petrino ha la specifica funzione
di garantire e promuovere l'unità della Chiesa », 125
i Padri sinodali hanno riconosciuto con apprezzamento il
servizio che i Dicasteri della Curia Romana e il Servizio
Diplomatico della Santa Sede rendono alle Chiese locali, nello
spirito di comunione e di collegialità. 126
Essenziale dimensione di questo servizio è il rispetto e la
sensibilità che questi stretti collaboratori del Successore di
Pietro mostrano nei confronti della legittima diversità delle
Chiese locali e della varietà di culture e di popoli con i
quali vengono a contatto.
Ogni Chiesa particolare deve fondarsi sulla
testimonianza della comunione ecclesiale che costituisce la
natura stessa della Chiesa. I Padri sinodali hanno scelto di
descrivere la Diocesi come una comunione di comunità riunite
attorno al Pastore, dove il clero, i consacrati e i laici sono
impegnati in un « dialogo di vita e di cuore » sorretto dalla
grazia dello Spirito Santo. 127 E in primo luogo
nella Diocesi che la visione di una comunione di comunità può
avverarsi nel mezzo delle complesse realtà sociali, politiche,
religiose, culturali ed economiche dell'Asia. La comunione
ecclesiale implica che ogni Chiesa locale deve diventare ciò
che i Padri sinodali hanno chiamato una « Chiesa partecipativa
», una Chiesa, cioè, nella quale ognuno vive la propria
vocazione ed adempie al proprio ruolo. Al fine di edificare la
« comunione per la missione » e la « missione di comunione »,
il singolare carisma di ogni membro deve essere riconosciuto,
sviluppato ed utilizzato in modo efficace. 128 In
particolare, vi è la necessità di promuovere un maggiore
coinvolgimento dei laici e delle persone consacrate nella
programmazione pastorale e nel processo decisionale mediante le
strutture partecipative come i consigli pastorali e le assemblee
parrocchiali. 129
In ogni Diocesi, la parrocchia rimane
il luogo ordinario dove i fedeli si riuniscono per crescere
nella fede, per vivere il mistero della comunione ecclesiale e
per prendere parte alla missione della Chiesa. Pertanto, il
Padri del Sinodo hanno caldamente invitato i Parroci ad
approntare nuovi ed efficaci modi di guidare pastoralmente i
fedeli, così che ciascuno, specialmente il povero, si senta
realmente parte della parrocchia e dell'intero Popolo di Dio. La
programmazione pastorale con i laici dovrebbe essere una prassi
normale di tutte le parrocchie. 130 Il Sinodo, poi,
ha individuato in particolare i giovani come coloro per i quali
« la parrocchia dovrebbe offrire maggiori opportunità di
amicizia e di comunione attraverso attività di apostolato
giovanile organizzato e di associazioni di giovani ». 131
Nessuno a priori dovrebbe essere escluso dal condividere
pienamente la vita e la missione della parrocchia in ragione
della condizione sociale, economica, politica, culturale o
educativa e come ogni seguace di Cristo ha un dono da offrire
alla comunità, così la comunità dovrebbe mostrare
disponibilità a ricevere il dono di ognuno e beneficiarne.
In tale contesto e riferendosi alla propria
esperienza pastorale, i Padri sinodali hanno sottolineato il
valore delle comunità ecclesiali di base come un modo
efficace per promuovere la comunione e la partecipazione nelle
parrocchie e nelle Diocesi, ed anche una genuina forza per
l'evangelizzazione. 132 Questi piccoli gruppi aiutano
i fedeli a vivere come comunità che credono, pregano e si amano
come i primi cristiani (cfr At 2, 44-47; 4, 32-35). Essi
tendono ad aiutare i propri membri a vivere il Vangelo in
spirito di amore fraterno e di servizio, e sono perciò un
solido punto di partenza per costruire una nuova società che
sia espressione della civiltà dell'amore. Insieme con il
Sinodo, incoraggio la Chiesa in Asia, là dove possibile, a
considerare queste comunità di base come uno strumento utile
per l'attività evangelizzatrice della Chiesa. Allo stesso
tempo, saranno efficaci se, come ha scritto Paolo VI, vivono in
unione con la Chiesa particolare e universale in sincera
comunione con i Pastori e il Magistero, con un impegno all'opera
missionaria e senza dare spazio ad isolazionismi o a
sfruttamento ideologico. 133 La presenza di queste
piccole comunità non è contraria alle istituzioni e alle
strutture stabilite, che rimangono necessarie alla Chiesa per
adempiere alla propria missione.
Il Sinodo ha riconosciuto pure il ruolo dei movimenti
di rinnovamento nella edificazione della comunione, quando
offrono opportunità per un'esperienza di Dio più interiore
attraverso la fede e i sacramenti e la promozione della
conversione di vita. 134 E responsabilità dei
Pastori guidare, accompagnare ed incoraggiare tali gruppi così
che possano integrarsi bene nella vita e nella missione della
parrocchia e della Diocesi. Quanti sono coinvolti in
associazioni o movimenti dovrebbero offrire sostegno alla Chiesa
locale e non presentare se stessi come alternativi alle
strutture diocesane e alla vita parrocchiale. La comunione
cresce più robusta quando i responsabili locali di questi
movimenti lavorano insieme con i Pastori in spirito di carità
per il bene di tutti (cfr 1 Cor 1, 13).
Solidarietà tra le Chiese
26. Questa comunione ad intra contribuisce
alla solidarietà tra le stesse Chiese particolari.
L'attenzione ai bisogni locali è legittima e indispensabile, ma
la comunione esige che le Chiese particolari rimangano aperte
l'una nei confronti dell'altra e tra di loro collaborino, così
che nella loro diversità preservino e manifestino chiaramente
il vincolo di comunione con la Chiesa universale. La comunione
esige la mutua comprensione ed un approccio coordinato alla
missione, senza pregiudizio all'autonomia e ai diritti delle
Chiese secondo le rispettive tradizioni teologiche, liturgiche e
spirituali. La storia, tuttavia, dimostra come le divisioni
abbiano spesso ferito la comunione delle Chiese in Asia; lungo i
secoli, le relazioni tra Chiese particolari di differenti
giurisdizioni ecclesiastiche, di tradizioni liturgiche e di
metodi missionari sono talvolta state tese o difficili. I
Vescovi presenti al Sinodo hanno riconosciuto come anche oggi
tanto tra le Chiese particolari in Asia quanto al loro interno
vi siano, purtroppo, di quando in quando delle divisioni, spesso
connesse con diversità rituali, linguistiche, etniche,
ideologiche e di casta. Alcune ferite sono state parzialmente
rimarginate, ma non vi è ancora totale guarigione.
Riconoscendo che là dove la comunione è
indebolita, viene a soffrire la testimonianza della Chiesa e il
lavoro missionario, i Padri hanno proposto iniziative concrete
per rafforzare i rapporti tra le Chiese particolari in Asia.
Oltre alle necessarie espressioni spirituali di sostegno e di
incoraggiamento, hanno suggerito una più equa distribuzione dei
sacerdoti, una solidarietà economica più efficace, scambi
culturali e teologici, ed aumentate opportunità di gemellaggio
fra Diocesi. 135
Associazioni regionali e continentali di
Vescovi, in particolare il Consiglio dei Patriarchi cattolici
del Medio Oriente e la Federazione delle Conferenze dei Vescovi
dell'Asia, hanno contribuito a promuovere l'unità tra le Chiese
locali ed hanno fornito un luogo di incontro per la
collaborazione al fine di risolvere problemi pastorali. Allo
stesso modo, vi sono molti centri di teologia, di spiritualità
e di attività pastorale in Asia che promuovono la comunione e
la collaborazione pratica. 136 Deve essere
preoccupazione di tutti far sì che queste promettenti
iniziative siano ulteriormente sviluppate per il bene sia della
Chiesa che della società in Asia.
Le Chiese orientali cattoliche
27. La situazione delle Chiese orientali
cattoliche, principalmente del Medio Oriente e dell'India,
merita una attenzione speciale. Esse sono state custodi sin dai
tempi apostolici di una preziosa eredità spirituale, liturgica
e teologica; i loro riti e le loro tradizioni, nati in una
profonda inculturazione della fede sul suolo di molti Paesi
dell'Asia, hanno diritto al più grande rispetto. Con i Padri
del Sinodo, chiedo ad ognuno di riconoscere i legittimi costumi
e libertà di queste Chiese in materie disciplinari e
liturgiche, come stabilito dal Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali. 137 Alla luce degli insegnamenti del
Concilio Vaticano II, vi è l'urgente necessità di superare le
paure e le incomprensioni che sembrano comparire talvolta fra le
Chiese orientali cattoliche e la Chiesa latina, e pure fra
quelle Chiese stesse, specialmente per quanto attiene alla cura
pastorale dei fedeli, anche al di fuori dei territori loro
propri. 138 Come figli dell'unica Chiesa, rinati alla
novità della vita in Cristo, i credenti sono chiamati ad
affrontare ogni cosa in spirito di comunione di intenti, di
fiducia e di incrollabile carità. Non si deve lasciare che i
conflitti generino divisioni, ma devono essere affrontati in
spirito di verità e di rispetto, poiché non vi può essere
alcun bene se non dall'amore. 139
Queste venerabili Chiese sono coinvolte
direttamente nel dialogo ecumenico con le Chiese ortodosse
sorelle, e i Padri sinodali le hanno incoraggiate a proseguire
su questa strada. 140 Esse hanno anche avuto preziose
esperienze di dialogo interreligioso, specialmente con l'Islam,
e ciò può aiutare altre Chiese in Asia e altrove. E chiaro che
le Chiese orientali cattoliche hanno una grande ricchezza di
tradizioni e di esperienze che possono grandemente recare
beneficio a tutta la Chiesa.
Condividere le speranze e i patimenti
28. I Padri del Sinodo erano pure coscienti
della necessità di un'effettiva comunione e collaborazione con
le Chiese locali presenti nei territori asiatici dell'ex Unione
Sovietica che si stanno ricostituendo tra le difficili
circostanze ereditate da un tormentato periodo della storia. La
Chiesa le accompagna con la preghiera, condividendone le
sofferenze e le ritrovate speranze. Incoraggio tutta la Chiesa
ad offrire sostegno morale, spirituale e materiale, mettendo a
disposizione anche persone ordinate e non ordinate: esse sono
veramente necessarie per aiutare queste comunità nel compito di
condividere l'amore di Dio rivelato in Gesù con i popoli di
queste terre. 141
In molte parti dell'Asia, i nostri fratelli e
sorelle continuano a vivere la fede tra restrizioni o totale
negazione della libertà. Per questi membri sofferenti della
Chiesa, i Padri sinodali hanno espresso speciale
preoccupazione e sollecitudine. Con i Vescovi dell'Asia, esorto
i fratelli e le sorelle di queste Chiese che vivono in difficili
circostanze ad unire le loro sofferenze a quelle del Signore
crocifisso, poiché noi e loro sappiamo che soltanto la Croce,
quando portata con fede e amore, è via alla risurrezione e a
vita nuova per l'umanità. Incoraggio le varie Conferenze
Episcopali nazionali in Asia a stabilire un ufficio per aiutare
queste Chiese; per parte mia garantisco la continua vicinanza e
sollecitudine della Santa Sede a quanti soffrono persecuzione
per la fede in Cristo. 142 Faccio appello ai governi
e ai responsabili delle Nazioni ad adottare e a mettere in
pratica politiche che garantiscano la libertà religiosa per
tutti i cittadini.
In diverse occasioni i Padri sinodali hanno
volto gli sguardi alla Chiesa cattolica nella Cina Continentale
ed hanno pregato affinché venga presto il giorno in cui i
nostri amatissimi fratelli e sorelle cinesi siano liberi di
praticare la fede in piena comunione con la Sede di Pietro e la
Chiesa universale. A voi, cari fratelli e sorelle cinesi,
rivolgo questa fervente esortazione: non permettete mai che le
difficoltà e le lacrime diminuiscano la vostra devozione a
Cristo e il vostro impegno per la vostra grande Nazione.
143 Il Sinodo ha pure espresso una cordiale solidarietà
con la Chiesa cattolica in Corea ed ha manifestato sostegno agli
« sforzi [dei cattolici] di offrire assistenza al popolo della
Corea del Nord, privato dei mezzi minimi di sopravvivenza, e di
portare riconciliazione tra due Paesi formati da un unico
popolo, con un'unica lingua ed un'unica eredità culturale ».
144
Allo stesso modo, i pensieri del Sinodo si
sono spesso rivolti alla Chiesa in Gerusalemme, che ha un posto
speciale nel cuore di tutti i cristiani. Le parole del profeta
Isaia trovano senza dubbio un'eco nei cuori di milioni di
credenti in tutto il mondo, per i quali Gerusalemme occupa un
posto unico e molto amato: « Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa quanti l'amate succhierete con delizia
all'abbondanza del suo seno » (66, 10-11). Gerusalemme, città
della riconciliazione degli uomini con Dio e tra di loro, è
stata così spesso luogo di conflitti e di divisione. I Padri
sinodali hanno esortato le Chiese particolari a dimostrare
solidarietà con la Chiesa in Gerusalemme condividendone le
sofferenze, pregando per lei e con lei collaborando per servire
la pace, la giustizia e la riconciliazione tra i due popoli e le
tre religioni presenti nella Città Santa. 145
Rinnovo l'appello più volte fatto ai leader politici e
religiosi e a tutte le persone di buona volontà di cercare vie
per assicurare la pace e l'integrità di Gerusalemme. Come ho già
avuto modo di scrivere, è mio fervido auspicio andarvi in
religioso pellegrinaggio, come il mio Predecessore Papa Paolo
VI, per pregare nella Città Santa dove Gesù Cristo è vissuto,
morto e risorto e a visitare il luogo dal quale, nella potenza
dello Spirito Santo, gli Apostoli partirono per proclamare il
Vangelo di Gesù Cristo al mondo. 146
Una missione di dialogo
29. Il tema comune dei vari Sinodi «
continentali », che hanno contribuito alla preparazione della
Chiesa al Grande Giubileo dell'Anno 2000, è quello della nuova
evangelizzazione. Una nuova epoca di annuncio del Vangelo è
essenziale non solo perché, dopo duemila anni, una grande parte
della famiglia umana ancora non riconosce Cristo, ma anche perché
la situazione in cui la Chiesa e il mondo si trovano alle soglie
del nuovo millennio presenta particolari sfide alla fede
religiosa e alle verità morali che discendono da essa. Vi è
una tendenza pressoché ovunque a costruire il progresso e la
prosperità senza riferimenti a Dio ed a ridurre la dimensione
religiosa della persona alla sfera privata. La società,
separata dalle più fondamentali verità che riguardano l'uomo,
e specificamente la sua relazione con il Creatore e con la
redenzione realizzata da Cristo nello Spirito Santo, può
soltanto smarrire sempre più le vere sorgenti della vita,
dell'amore e della felicità. Questo secolo violento che sta
rapidamente giungendo al termine dà terrificante testimonianza
di ciò che può succedere quando si abbandonano la Verità e la
Bontà per la brama del potere e per l'affermazione di sé a
scapito degli altri. La nuova evangelizzazione, come invito alla
conversione, alla grazia e alla sapienza, è l'unica speranza
genuina per un mondo migliore e per un futuro più luminoso. La
questione non è se la Chiesa abbia qualcosa di essenziale da
dire agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma piuttosto se
lo possa dire con chiarezza e in modo convincente!
All'epoca del Concilio Vaticano II, il mio
Predecessore, il Papa Paolo VI ha dichiarato, nella Lettera
enciclica Ecclesiam suam, che la questione del rapporto
tra la Chiesa e il mondo moderno era una delle preoccupazioni più
importanti del nostro tempo, e scrisse che « la sua esistenza e
la sua urgenza sono tali da creare un peso nel nostro animo, uno
stimolo, una chiamata ». 147 Dal Concilio ad oggi la
Chiesa ha coerentemente dimostrato di voler perseguire quel
rapporto in spirito di dialogo. Il desiderio di dialogo,
tuttavia, non è semplicemente una strategia per una pacifica
coesistenza tra i popoli; è invece una parte essenziale della
missione della Chiesa poiché esso affonda le proprie origini
nell'amorevole dialogo di salvezza che il Padre intrattiene con
l'umanità nel Figlio con la potenza dello Spirito Santo. La
Chiesa può adempiere alla sua missione soltanto in un modo che
corrisponde alla maniera in cui Dio ha agito in Gesù Cristo,
che si è fatto uomo, ha condiviso la vita umana ed ha parlato
un linguaggio umano per comunicare il suo messaggio salvifico.
Questo dialogo che la Chiesa propone trova fondamento nella
logica dell'Incarnazione. Pertanto, nient'altro che una fervida
e disinteressata solidarietà sospinge il dialogo della Chiesa
con gli uomini e le donne d'Asia che sono alla ricerca della
verità nell'amore.
Sacramento dell'unità del genere umano, la
Chiesa non può non entrare in dialogo con tutti i popoli di
ogni tempo e in ogni luogo. In ragione della missione che ha
ricevuto, essa prende il largo per incontrare i popoli del
mondo, conscia di essere un « piccolo gregge » all'interno di
una vasta folla di umanità (cfr Lc 12, 32), ma anche di
essere lievito nella pasta del mondo (cfr Mt 13, 33). Gli
sforzi per impegnarsi nel dialogo sono anzitutto rivolti verso
quanti condividono la fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore,
per poi estendersi al di là del mondo cristiano e raggiungere i
seguaci di ogni altra tradizione religiosa, sulla base
dell'ansia religiosa presente in ogni cuore umano. Il dialogo
ecumenico e il dialogo interreligioso costituiscono dunque per
la Chiesa una vera vocazione.
Dialogo ecumenico
30. Il dialogo ecumenico è una sfida e una
chiamata alla conversione per tutta la Chiesa, specialmente per
la Chiesa in Asia, dove gli abitanti si attendono dai cristiani
un più chiaro segno di unità. Occorre restaurare la comunione
tra quanti con fede hanno accettato Gesù Cristo come Signore,
perché tutti i popoli possano riunirsi insieme nella grazia di
Dio. Gesù stesso ha pregato per l'unità visibile dei suoi
discepoli e non cessa di stimolarli ad essa, così che il mondo
creda che il Padre l'ha mandato (cfr Gv 17, 21). 148
Ma la volontà del Signore che la sua Chiesa sia una, attende
una risposta completa e coraggiosa dai suoi discepoli.
In Asia, proprio dove il numero dei cristiani
è proporzionalmente piccolo, la divisione rende l'attività
missionaria ancora più difficile. I Padri sinodali hanno preso
atto che « lo scandalo di una cristianità divisa è un grande
ostacolo per l'evangelizzazione in Asia ». 149
Infatti, la divisione tra i cristiani è considerata una
contro-testimonianza a Gesù Cristo da quanti in Asia sono alla
ricerca di armonia e di unità attraverso le loro religioni e
culture. Pertanto, la Chiesa cattolica in Asia si sente
particolarmente sospinta ad operare per l'unità con gli altri
cristiani, rendendosi conto che la ricerca della piena comunione
esige da ciascuno carità, discernimento, coraggio e speranza.
« Per essere autentico e fruttuoso, l'ecumenismo richiede, da
parte dei fedeli cattolici, alcune fondamentali disposizioni.
Innanzitutto la carità, con uno sguardo pieno di simpatia e un
vivo desiderio di cooperare, dove è possibile, con i fratelli
delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. In secondo luogo la
fedeltà alla Chiesa cattolica, pur senza ignorare né negare le
mancanze manifestate dal comportamento di certi suoi membri. In
terzo luogo lo spirito di discernimento, per apprezzare ciò che
è buono e degno di lode. Infine, è richiesta una sincera
volontà di purificazione e di rinnovamento ». 150
Anche se hanno riconosciuto le difficoltà
tuttora esistenti nei rapporti tra cristiani, che implicano non
soltanto pregiudizi ereditati dal passato ma anche convincimenti
radicati in profonde convinzioni che coinvolgono la coscienza,
151 i Padri del Sinodo hanno tuttavia evidenziato i segni
delle migliorate relazioni tra alcune Chiese e comunità
cristiane in Asia. Ad esempio, cattolici e ortodossi riconoscono
spesso una unità culturale tra loro, un senso di condivisione
di elementi importanti di una tradizione ecclesiale comune.
Questo costituisce una solida base per un dialogo ecumenico
fruttuoso che possa proseguire anche nel prossimo millennio, e
che, speriamo e preghiamo, alla fine ponga termine alle
divisioni del millennio che si sta per concludere.
A livello pratico, il Sinodo ha proposto che
le Conferenze Episcopali in Asia invitino le altre Chiese
cristiane ad unirsi in un cammino di preghiera e di
consultazioni per esplorare le possibilità di nuove strutture e
associazioni ecumeniche per promuovere l'unità dei cristiani.
Aiuterà pure il suggerimento del Sinodo affinché la Settimana
di preghiera per l'unità dei cristiani sia celebrata più
fruttuosamente. I Vescovi sono incoraggiati ad istituire e a
presiedere dei centri ecumenici di preghiera e di dialogo; ed è
necessario includere nel curriculum dei seminari, delle case di
formazione e nelle istituzioni educative una formazione adeguata
per il dialogo ecumenico.
Dialogo interreligioso
31. Nella Lettera apostolica Tertio
millennio adveniente, ho indicato che l'avvicinarsi di un
nuovo millennio offre una grande opportunità per il dialogo
interreligioso e per incontri con i leader delle grandi
religioni del mondo. 152 Contatti, dialogo e
cooperazione con i seguaci delle altre religioni è compito che
il Concilio Vaticano II ha affidato a tutta la Chiesa come un
dovere ed una sfida. I principi per la ricerca di un positivo
rapporto con le altre tradizioni religiose sono enunciati nella
Dichiarazione conciliare Nostra aetate, promulgata il 28
ottobre 1965. Essa è la magna carta del dialogo
interreligioso per i nostri tempi. Dal punto di vista cristiano,
il dialogo interreligioso è ben più che un modo per promuovere
la conoscenza e l'arricchimento reciproci; è parte della
missione evangelizzatrice della Chiesa, una espressione della
missione ad gentes. 153 I cristiani apportano
a questo dialogo la ferma convinzione che la pienezza della
salvezza proviene soltanto da Cristo e che la comunità della
Chiesa alla quale appartengono è il mezzo ordinario di
salvezza. 154 Ripeto qui quanto scrissi alla Quinta
Assemblea Plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali
dell'Asia: « Sebbene la Chiesa riconosca con piacere ciò che
c'è di vero e santo nelle tradizioni religiose del Buddismo,
dell'Induismo e dell'Islamismo, come riflesso di quella verità
che illumina tutti gli uomini, questo non limita il suo compito
di proclamare incessantemente Gesù Cristo che è "la via,
la verità e la vita" (Gv 14,6) Il fatto che seguaci
di altre religioni possano ricevere la grazia di Dio e possano
essere salvati da Cristo al di là dei mezzi che lui ha
stabilito, non annulla la chiamata alla fede e al Battesimo che
Dio vuole per tutte le persone ». 155
Riguardo al processo del dialogo, nella
Lettera enciclica Redemptoris missio ho scritto: « Non
ci deve essere nessuna abdicazione né falso irenismo, ma la
testimonianza reciproca per un comune progresso nel cammino di
ricerca e di esperienza religiosa e, al tempo stesso, per il
superamento di pregiudizi, intolleranze e malintesi ». 156
Solo quanti sono dotati di una fede cristiana matura e convinta
sono qualificati per un coinvolgimento in un genuino dialogo
interreligioso. « Soltanto i cristiani che sono profondamente
immersi nel mistero di Cristo e sono felici nella propria
comunità di fede possono, senza inutile rischio e con speranza
di frutti positivi, coinvolgersi nel dialogo interreligioso ».
157 E perciò importante per la Chiesa in Asia fornire
modelli appropriati di dialogo interreligioso (evangelizzazione
nel dialogo e dialogo per l'evangelizzazione) e preparazione
adeguata per quanti ne sono coinvolti.
Dopo aver sottolineato la necessità di una
ferma fede in Cristo nel dialogo interreligioso, i Padri
sinodali hanno parlato del bisogno di un dialogo di vita e di
cuore. I seguaci di Cristo devono avere il cuore umile e
cordiale del Maestro, mai superbo né condiscendente, quando
incontrano la controparte nel dialogo (cfr Mt 11, 29). «
Le relazioni interreligiose si sviluppano al meglio in un
contesto di apertura ad altri credenti, di volontà d'ascolto e
di desiderio di rispettare e di comprendere gli altri nelle loro
differenze. Per tutto questo è indispensabile l'amore per gli
altri. Ciò dovrebbe condurre alla collaborazione, all'armonia
ed al mutuo arricchimento ». 158
Per guidare quanti sono impegnati in questo
processo, il Sinodo ha suggerito di stendere un direttorio sul
dialogo interreligioso. 159 Mentre la Chiesa esplora
nuove vie d'incontro con altre religioni, desidero ricordare
alcune forme di dialogo già in corso con buoni risultati,
inclusi scambi accademici tra esperti nelle varie tradizioni
religiose o rappresentanti di queste, l'azione comune a favore
dello sviluppo umano integrale e la difesa dei valori umani e
religiosi. 160 Desidero riaffermare quanto sia
importante, nel processo del dialogo, rivitalizzare la preghiera
e la contemplazione. Le persone di vita consacrata possono
contribuire in modo significativo al dialogo interreligioso
testimoniando la vitalità delle grandi tradizioni cristiane di
ascetismo e di misticismo. 161
Il memorabile incontro ad Assisi, la città
di san Francesco, il 27 ottobre 1986 tra la Chiesa cattolica e i
rappresentanti delle altre religioni mondiali dimostra che gli
uomini e le donne di religione, senza abbandonare le rispettive
tradizioni, possono tuttavia impegnarsi nella preghiera e
operare per la pace e il bene dell'umanità. 162 La
Chiesa deve continuare ad impegnarsi per preservare e promuovere
a tutti i livelli questo spirito di incontro e di collaborazione
con le altre religioni.
La comunione e il dialogo sono due aspetti
essenziali della missione della Chiesa: essi hanno il loro
esemplare infinitamente trascendente nel mistero della Trinità,
dalla quale viene ogni missione ed alla quale deve tornare. Uno
dei grandi doni « di compleanno » che i membri della Chiesa,
specialmente i Pastori, possono offrire al Signore della storia
nel duemillesimo anniversario dell'Incarnazione è il
rafforzamento dello spirito di unità e di comunione ad
ogni livello della vita ecclesiale, una « santa fierezza »
nella continua fedeltà della Chiesa a quanto le è stato dato,
una nuova fiducia nella grazia e nella missione perenni che la
inviano tra i popoli del mondo quale testimone dell'amore e
della misericordia salvifici di Dio. Solo se il Popolo di Dio
riconoscerà il dono che in Cristo gli è proprio, sarà in
grado di comunicarlo agli altri mediante l'annuncio e il
dialogo.
CAPITOLO VI
IL SERVIZIO
DELLA PROMOZIONE UMANA
La dottrina sociale della Chiesa
32. Nel servizio alla famiglia umana, la
Chiesa si rivolge a tutti gli uomini e a tutte le donne senza
distinzione, sforzandosi di costruire insieme con loro la civiltà
dell'amore, fondata sui valori universali della pace, della
giustizia, della solidarietà e della libertà, che trovano il
pieno compimento in Cristo. Come ha affermato con parole
memorabili il Concilio Vaticano II: « Le gioie e le speranze,
le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi soprattutto e di
tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di
genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore ». 163
La Chiesa in Asia, pertanto, con la sua moltitudine di poveri e
di oppressi, è chiamata a vivere una comunione di vita che si
manifesta in modo particolare nell'amorevole servizio ai poveri
e agli indifesi.
Se nei tempi recenti il Magistero della
Chiesa ha vieppiù insistito sulla necessità di promuovere lo
sviluppo autentico e integrale della persona umana, 164
lo ha fatto in risposta alla reale situazione dei popoli del
mondo e ad un'aumentata consapevolezza che non soltanto le
azioni degli individui ma anche strutture della vita sociale,
politica ed economica sono spesso nemiche dell'umano benessere.
Gli squilibri connessi col crescente divario tra coloro che
beneficiano della aumentata capacità del mondo di produrre
ricchezza e quanti sono lasciati ai margini del progresso
esigono un cambiamento radicale sia di mentalità sia di
strutture a favore della persona umana. La grande sfida
morale che sta di fronte alle Nazioni e alla comunità
internazionale nei confronti dello sviluppo è di avere il
coraggio di una nuova solidarietà, capace di fare passi
creativi ed efficaci per superare tanto il sottosviluppo
disumanizzante quanto il « supersviluppo » che tende a ridurre
la persona ad una particella economica in una ragnatela di
consumi sempre più oppressiva. Mentre cerca di promuovere
questo cambiamento, « la Chiesa non ha soluzioni tecniche da
offrire », ma « dà il suo primo contributo alla soluzione
dell'urgente problema dello sviluppo quando proclama la verità
su Cristo, su se stessa e sull'uomo, applicandola a una
situazione concreta ». 165 Lo sviluppo umano non è
mai una semplice questione tecnica o economica. E anzitutto una
questione umana e morale.
La dottrina sociale della Chiesa, che propone
un insieme di principi di riflessione, di criteri per il
giudizio e di direttive per l'azione, 166 è rivolta
in primo luogo ai membri della Chiesa. E essenziale che i fedeli
impegnati nella promozione umana abbiano una solida comprensione
di questo prezioso corpo di insegnamenti e lo rendano
parte integrante della loro missione evangelizzatrice. I Padri
sinodali, perciò, hanno sottolineato l'importanza di offrire ai
fedeli — in ogni attività educativa, e specialmente nei
seminari e nelle case di formazione — una solida preparazione
nei riguardi della dottrina sociale della Chiesa. 167
I leader cristiani nella Chiesa e nella società, specialmente i
laici con responsabilità nella vita pubblica, debbono essere
ben formati in questo insegnamento così che possano ispirare e
vivificare la società civile e le sue strutture con il lievito
del Vangelo. 168 La dottrina sociale della Chiesa non
soltanto richiamerà questi leader cristiani ai loro doveri, ma
offrirà loro anche delle linee guida per agire a favore dello
sviluppo umano, e li libererà da false nozioni circa la persona
e l'attività umana.
La dignità della persona umana
33. Gli esseri umani e non la ricchezza o la
tecnologia sono gli agenti primari e i destinatari dello
sviluppo. Pertanto, il tipo di sviluppo che la Chiesa promuove
va ben al di là delle questioni di economia o di tecnologia:
inizia e termina con l'integrità della persona umana creata ad
immagine di Dio e dotata di dignità e diritti umani
inalienabili dati ad essa da Dio. Le diverse dichiarazioni
internazionali sui diritti umani e le molte iniziative da esse
ispirate sono segno di una crescente attenzione a livello
mondiale alla dignità della persona umana. Purtroppo, queste
dichiarazioni vengono spesso violate nella pratica. A cinquant'anni
dalla solenne proclamazione della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani, molte persone sono ancora soggette alle più
degradanti forme di sfruttamento e di manipolazione, che le
riducono a vere forme di schiavitù in balìa dei più potenti,
di ideologie, del potere economico, di sistemi politici
oppressivi, della tecnocrazia scientifica o dell'invadenza dei
mass media. 169
I Padri del Sinodo erano ben coscienti della
persistente violazione dei diritti umani in molte parti del
mondo, e in maniera particolare in Asia, dove « milioni di
persone soffrono discriminazione, sfruttamento, povertà ed
emarginazione »; 170 essi hanno espresso la necessità
che tutto il popolo di Dio in Asia giunga ad una chiara
consapevolezza della sfida inevitabile e irrinunciabile connessa
con la difesa dei diritti umani e con la promozione della
giustizia e della pace.
Amore preferenziale per i poveri
34. Nella ricerca della promozione della
dignità umana, la Chiesa dimostra un amore preferenziale per i
poveri e i senza voce, perché il Signore si è identificato con
loro in modo speciale (cfr Mt 25, 40). Questo amore non
esclude nessuno, ma incarna semplicemente una priorità di
servizio alla quale tutta la tradizione cristiana dà
testimonianza. « Questo amore preferenziale, con le decisioni
che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense
moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza
assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro
migliore: non si può non prendere atto dell'esistenza di queste
realtà. L'ignorarle significherebbe assimilarci al "ricco
epulone", che fingeva di non conoscere Lazzaro, il mendico
giacente fuori della sua porta (cfr Lc 16, 19-31) ».
171 Ciò è particolarmente vero per quanto concerne
l'Asia, continente con abbondanti risorse e grandi civiltà, ma
dove si possono trovare alcune delle Nazioni più povere della
terra e dove più della metà della popolazione soffre
privazioni, povertà e sfruttamento. 172 I poveri
dell'Asia e del mondo troveranno sempre le migliori ragioni di
speranza nel comandamento evangelico di amarsi l'un l'altro come
Cristo ci ha amati (cfr Gv 13, 34) e la Chiesa in Asia
non può non sforzarsi con grande zelo per adempiere, in parole
e in opere, quel comandamento nei confronti dei poveri.
La solidarietà con i poveri diviene più
credibile se i cristiani stessi vivono in semplicità, seguendo
l'esempio di Gesù. La semplicità di vita, la fede profonda e
il sincero amore verso tutti, specialmente per i poveri e i
reietti, sono esempi luminosi del Vangelo all'opera. I Padri
sinodali hanno invitato i cattolici dell'Asia ad adottare uno
stile di vita consono all'insegnamento del Vangelo, così da
poter servire meglio la missione della Chiesa e affinché la
Chiesa stessa possa diventare una Chiesa dei poveri e per i
poveri. 173
Nel suo amore per i poveri dell'Asia, la
Chiesa si rivolge in modo speciale agli emigranti, alle
popolazioni indigene e tribali, alle donne e ai bambini, poiché
sono spesso vittime delle forme peggiori di sfruttamento.
Innumerevoli persone, inoltre, soffrono discriminazione a causa
della loro cultura, colore, razza, casta, stato economico o modo
di pensare. Tra di essi vi sono coloro che sono oppressi a causa
della loro conversione al cristianesimo. 174 Mi
unisco ai Padri del Sinodo nel fare appello a tutte le Nazioni
affinché riconoscano il diritto alla libertà di coscienza e di
religione e agli altri diritti umani fondamentali. 175
Nelle attuali circostanze l'Asia sta
sperimentando un flusso senza precedenti di rifugiati, di
persone che cercano asilo, di emigranti e di lavoratori
d'oltremare. Nei Paesi dove arrivano, queste persone si trovano
spesso senza amici, estraniati culturalmente, svantaggiati
linguisticamente e vulnerabili economicamente. Hanno bisogno di
sostegno e di attenzione per poter preservare la propria dignità
umana e la propria eredità culturale e religiosa. 176
Nonostante le limitate risorse, la Chiesa in Asia cerca
generosamente di essere una casa accogliente per quanti sono
stanchi e affaticati, sapendo che nel Cuore di Gesù, dove
nessuno è straniero, troveranno ristoro (cfr Mt 11,
28-29).
In quasi tutte le Nazioni dell'Asia vi sono
consistenti popolazioni aborigene, alcune di queste al livello
più basso dell'economia. Il Sinodo ha più volte rilevato che
gli indigeni o i tribali spesso si sentono attratti dalla
persona di Gesù Cristo e dalla Chiesa, comunità di amore e di
servizio. 177 Qui si prospetta un campo immenso di
azione nell'educazione e nella sanità, come pure nel campo
della promozione della partecipazione sociale. La comunità
cattolica deve intensificare il lavoro pastorale tra costoro,
prestando attenzione alle loro preoccupazioni e alle questioni
di giustizia che toccano la loro vita. Ciò suppone un
atteggiamento di grande rispetto per la loro religione
tradizionale e i suoi valori; suppone inoltre la necessità di
aiutarli ad aiutare se stessi, così che possano lavorare per
migliorare la loro situazione e divenire gli evangelizzatori
della propria cultura e della propria società. 178
Nessuno può rimanere indifferente di fronte
alle sofferenze di innumerevoli bambini in Asia, vittime di
intollerabile sfruttamento e violenza, non semplicemente come
risultato del male perpetrato da individui, ma spesso come
conseguenza diretta di strutture sociali corrotte. I Padri
sinodali hanno identificato il lavoro minorile, la pedofilia e
il fenomeno della droga come mali sociali che direttamente
colpiscono i bambini ed hanno chiaramente individuato il fatto
che si combinano con altri mali, come la povertà e mal
concepiti programmi di sviluppo nazionale. 179 La
Chiesa deve fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per
vincere il potere di questi mali, agendo per conto dei più
sfruttati e cercando di condurre questi piccoli all'amore di Gesù,
poiché a loro appartiene il Regno di Dio (cfr Lc 18,
16). 180
Il Sinodo ha manifestato una speciale
preoccupazione per le donne la cui situazione rimane un serio
problema in Asia, dove la discriminazione e la violenza contro
di esse avviene spesso tra le mura domestiche, nel luogo di
lavoro e addirittura nel sistema legale. L'analfabetismo è
particolarmente diffuso tra le donne, e molte sono trattate
semplicemente come oggetti nell'ambito della prostituzione, del
turismo e dell'industria del divertimento. 181 Nella
lotta contro ogni forma di ingiustizia e di discriminazione, le
donne dovrebbero trovare nella comunità cristiana un alleato, e
per tale ragione il Sinodo ha proposto che le Chiese locali in
Asia promuovano, ove possibile, iniziative a tutela dei diritti
umani per conto delle donne. Lo scopo deve essere quello di
introdurre un cambiamento di atteggiamenti attraverso
un'adeguata comprensione del ruolo degli uomini e delle donne
nella famiglia, nella società e nella Chiesa attraverso una
maggiore coscienza della originaria complementarità tra uomini
e donne, e un maggiore apprezzamento della dimensione femminile
in ogni attività umana. Il contributo delle donne è stato
troppo spesso sottovalutato o ignorato, con il risultato di un
impoverimento spirituale di umanità. La Chiesa in Asia potrebbe
difendere più visibilmente ed efficacemente la dignità e la
libertà delle donne incoraggiandone il ruolo nella vita della
Chiesa, inclusa la vita intellettuale, ed aprendo loro maggiori
opportunità per essere attivamente presenti nella missione di
amore e di servizio che le è propria. 182
Il Vangelo della vita
35. Il servizio a favore dello sviluppo umano
inizia con il servizio alla vita stessa, che è un grande dono
datoci da Dio: egli ce lo affida come progetto e come
responsabilità. Siamo, pertanto, i custodi della vita, non i
proprietari. Abbiamo ricevuto liberamente il dono e, in
atteggiamento di gratitudine, non possiamo mai esimerci dal
rispettarlo e dal difenderlo, dal momento del suo inizio fino
alla sua naturale conclusione. Dal momento del concepimento, la
vita umana coinvolge l'azione creatrice di Dio e rimane per
sempre in un legame speciale con il Creatore, sorgente della
vita e suo unico termine. Non vi è vero progresso, né vera
società civile e nemmeno promozione umana senza il rispetto
della vita umana, specialmente quella di quanti non hanno voce
per difendere se stessi. La vita di ogni persona, sia quella del
bimbo nel grembo materno o quella del malato, dell'handicappato
o dell'anziano, è un dono per tutti.
Circa la santità della vita umana, i Padri
sinodali hanno riaffermato in maniera incondizionata
l'insegnamento del Concilio Vaticano II e del Magistero
susseguente, compreso quello della mia Lettera enciclica Evangelium
vitae. Mi unisco a loro nell'esortare i fedeli dei loro
Paesi, dove la questione demografica viene spesso usata come
argomento per la necessità di introdurre l'aborto e programmi
artificiali di controllo della popolazione, a resistere alla «
cultura della morte ». 183 Essi potranno dimostrare
la loro fedeltà a Dio e il loro impegno per la vera promozione
umana sostenendo e partecipando a programmi che difendono la
vita di quanti non hanno il potere di difendere se stessi.
La sanità
36. Seguendo le orme di Gesù Cristo che ebbe
compassione per tutti e curò « ogni malattia e infermità » (Mt
9, 35), la Chiesa in Asia è impegnata a divenire ancora più
coinvolta nella cura dei malati, poiché questo è una parte
vitale della sua missione tesa ad offrire la grazia sanante di
Cristo a tutta la persona. Come il Buon Samaritano della
parabola (cfr Lc 10, 29-37), la Chiesa vuole prendersi
cura dei malati e dei disabili in modi concreti, 184
specialmente là dove le persone sono prive delle cure mediche
elementari a causa della povertà e dell'emarginazione.
In diverse occasioni durante le mie visite
alla Chiesa nelle differenti parti del mondo mi sono
profondamente commosso per la straordinaria testimonianza
cristiana offerta da religiosi e da consacrati, medici,
infermieri e altri operatori sanitari, specialmente da coloro
che lavorano con gli handicappati, o nel campo dei malati
terminali, oppure nella lotta contro la diffusione di nuove
malattie, come l'AIDS. Sempre più gli operatori sanitari
cristiani sono chiamati ad essere generosi e disinteressati nel
donarsi nei confronti delle vittime della droga e dell'AIDS,
spesso disprezzati ed abbandonati dalla società. 185
Molte istituzioni mediche cattoliche in Asia si trovano a dover
fronteggiare politiche della sanità pubblica non basate su
principi cristiani, e diverse di loro si trovano appesantite da
difficoltà economiche sempre maggiori. Nonostante questi
problemi, l'amore disinteressato e la sollecita professionalità
degli operatori fanno di queste istituzioni un ammirevole ed
apprezzato servizio alla comunità, come pure un segno
particolarmente visibile ed efficace dell'inesauribile amore di
Dio. Questi operatori sanitari devono essere incoraggiati e
sostenuti per il bene che compiono. La loro perseverante
dedizione ed efficienza sono il modo migliore per far sì che i
valori cristiani ed etici entrino profondamente nei sistemi
della sanità in Asia, trasformandoli dall'interno. 186
L'educazione
37. In tutta l'Asia l'impegno della Chiesa
nel campo dell'educazione è vasto e ampiamente visibile, ed è
pertanto un elemento chiave della sua presenza tra i popoli del
Continente. In molti Paesi, le scuole cattoliche hanno un ruolo
importante nell'evangelizzazione, inculturando la fede,
insegnando uno stile di apertura e di rispetto, e promuovendo la
comprensione interreligiosa. Le scuole della Chiesa spesso
forniscono le uniche opportunità educative per bambine, per
minoranze tribali, per i poveri delle campagne e per i bambini
meno privilegiati. I Padri sinodali si sono dimostrati convinti
della necessità di espandere e di sviluppare l'apostolato
dell'educazione in Asia, avendo uno sguardo particolare per gli
svantaggiati, così da aiutarli a prendere il posto a cui hanno
diritto come cittadini a pieno titolo nella società. 187
Come hanno segnalato i Padri sinodali, questo significherà che
il sistema dell'educazione cattolica deve diventare ancor più
chiaramente diretto alla promozione umana, fornendo un ambiente
dove gli studenti ricevano non soltanto gli elementi formali
dell'apprendimento ma, più in generale, una formazione umana
integrale basata sugli insegnamenti di Cristo. 188 Le
scuole cattoliche dovrebbero continuare ad essere luoghi dove la
fede può essere liberamente proposta e ricevuta. Allo stesso
modo, le università cattoliche, oltre a perseguire l'eccellenza
accademica per la quale sono già note, devono mantenere una
chiara identità cristiana al fine di essere lievito cristiano
nelle società dell'Asia. 189
L'edificazione della pace
38. Al temine del ventesimo secolo il mondo
è ancora minacciato da forze che generano conflitti e guerre, e
l'Asia certamente non ne è esente. Fra queste forze si
annoverano l'intolleranza e l'emarginazione di ogni tipo:
sociale, culturale, politica ed anche religiosa. Giorno dopo
giorno nuova violenza viene esercitata su individui e su popoli
interi, e la cultura della morte prende piede
nell'ingiustificabile ricorso alla violenza per risolvere le
tensioni. Di fronte alla tragica situazione di conflitto
esistente in troppe parti del mondo, la Chiesa è chiamata ad
essere profondamente coinvolta negli sforzi internazionali e
interreligiosi per far trionfare la pace, la giustizia e la
riconciliazione. Essa continua ad insistere sul negoziato e
sulla soluzione non militare dei conflitti, e attende il giorno
in cui le Nazioni abbandoneranno la guerra quale strumento per
venire a capo delle rivendicazioni o quale mezzo per risolvere
le dispute. Essa è convinta che la guerra crei maggiori
problemi di quanti ne risolva, che il dialogo sia l'unica strada
giusta e nobile per giungere all'accordo e alla riconciliazione,
e che l'arte paziente e saggia dell'edificazione della pace è
benedetta in maniera speciale da Dio.
Particolarmente preoccupante nel contesto
asiatico è l'incremento di arsenali di armi di distruzione di
massa: ciò costituisce una spesa immorale e rovinosa nei piani
di bilancio nazionali, che in alcuni casi non possono soddisfare
neppure i bisogni fondamentali del popolo. I Padri del Sinodo
hanno parlato pure dell'enorme numero di mine antiuomo in Asia,
che hanno mutilato o ucciso centinaia di migliaia di persone
innocenti, rendendo inutilizzabili allo stesso tempo terreni
fertili che avrebbero potuto essere usati per la produzione di
cibo. 190 E responsabilità di tutti, specialmente di
chi governa le Nazioni, adoperarsi con maggiore energia a favore
del disarmo. Il Sinodo ha invocato la fine della costruzione,
della vendita e dell'uso di armi nucleari, chimiche e biologiche
ed ha esortato quanti hanno disseminato mine nel terreno ad
aiutare nell'opera di bonifica e di ricostruzione. 191
Al di sopra di tutto, i Padri sinodali hanno invocato Dio, che
conosce le profondità di ogni coscienza umana, affinché ponga
sentimenti di pace nel cuore di quanti sono tentati di seguire
le vie della violenza, così che possa divenire realtà la
visione della Bibbia: « Forgeranno le loro spade in vomeri, le
loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro
un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della
guerra » (Is 2, 4).
Il Sinodo ha ascoltato molte testimonianze
sulle sofferenze del popolo dell'Iraq, e come molti iracheni,
specie i bambini, siano morti a causa della mancanza di medicine
e di altri beni di prima necessità in conseguenza del
persistente embargo. Insieme con i Padri sinodali, esprimo
ancora una volta la mia solidarietà al popolo dell'Iraq e sono
particolarmente vicino nella preghiera e nella speranza ai figli
e alle figlie della Chiesa di quel Paese. Il Sinodo ha
supplicato Dio di illuminare le coscienze di quanti hanno la
responsabilità di dare giusta soluzione alla crisi, affinché
ad un popolo già duramente provato siano risparmiate ulteriori
sofferenze e lacrime. 192
La globalizzazione
39. I Padri del Sinodo hanno riconosciuto
l'importanza del processo di globalizzazione economica nel
considerare la questione della promozione umana in Asia. Pur
prendendo atto dei molteplici aspetti positivi della
globalizzazione, hanno rilevato anche il fatto che essa si è
risolta a svantaggio dei poveri 193 per l'intrinseca
tendenza a spingere le Nazioni più povere ai margini dei
rapporti internazionali di carattere economico e politico. Molti
Paesi asiatici non sono in grado di inserirsi in una economia
globale di mercato. Forse anche più significativo è poi
l'aspetto di una globalizzazione culturale, resa
possibile dai moderni mezzi di comunicazione: essa sta
rapidamente attirando le società asiatiche in una cultura
consumistica globale, secolarizzata e materialistica. Ne risulta
l'erosione della famiglia tradizionale e dei valori sociali che
fino ad ora hanno sostenuto popoli e società. Tutto ciò rende
evidente che gli aspetti etici e morali della globalizzazione
devono essere direttamente affrontati dai capi delle Nazioni
e dalle organizzazioni coinvolte nella promozione umana.
La Chiesa insiste sulla necessità di una «
globalizzazione senza marginalizzazione ». 194 Con i
Padri del Sinodo, invito le Chiese particolari dovunque,
specialmente quelle che sono nelle regioni dell'Occidente, ad
operare per far sì che la dottrina sociale della Chiesa abbia
il dovuto impatto nella formulazione delle norme etiche e
giuridiche che regolano il mercato libero mondiale e i mezzi di
comunicazione sociale. I leader e i professionisti cattolici
dovrebbero spronare le istituzioni governative e internazionali
della finanza e del commercio a riconoscere e a rispettare
queste norme. 195
Il debito estero
40. Inoltre, nel perseguimento della
giustizia in un mondo contrassegnato da ineguaglianze sociali ed
economiche, la Chiesa non può ignorare il pesante fardello del
debito nel quale sono incorse molte Nazioni asiatiche in via di
sviluppo, con le conseguenze che ne derivano per il loro
presente e il loro futuro. In molti casi, questi Paesi sono
obbligati a tagliare le spese per le necessità vitali, come il
cibo, la sanità, la casa e l'educazione, per pagare i debiti
nei confronti delle agenzie monetarie internazionali e delle
banche. Questo significa che molte persone sono intrappolate in
condizioni di vita che sono un affronto alla dignità umana. Pur
cosciente delle complessità della materia, il Sinodo ha
affermato che tale problematica mette alla prova la capacità di
popoli, di società e di governi nel valutare la persona umana e
le vite di milioni di esseri umani al di sopra e al di là della
considerazione dei vantaggi economici e materiali. 196
L'avvicinarsi del Grande Giubileo dell'Anno
2000 è un tempo favorevole per le Conferenze episcopali del
mondo, specialmente quelle delle Nazioni più ricche, per
incoraggiare le agenzie monetarie internazionali e le banche ad
esplorare modi atti ad alleviare la situazione del debito
internazionale. Tra i più ovvi vi è la rinegoziazione dei
debiti, con una sostanziale riduzione o addirittura la totale
cancellazione, come pure iniziative d'affari e investimenti per
assistere le economie dei Paesi più poveri. 197 Allo
stesso tempo, i Padri sinodali hanno avuto una parola anche per
le nazioni debitrici, sottolineando la necessità di sviluppare
il senso della responsabilità nazionale, ricordando loro
l'importanza di una saggia pianificazione economica, della
trasparenza e del buon governo, ed invitandole ad impegnarsi in
una decisa campagna contro la corruzione. 198 Hanno
fatto appello ai cristiani dell'Asia, affinché condannino ogni
forma di corruzione ed appropriazione indebita di fondi pubblici
da parte di chi ha il potere politico. 199 I
cittadini dei Paesi debitori sono stati troppo spesso vittime di
sprechi ed inefficienza all'interno, prima di cadere vittime
della crisi del debito internazionale.
L'ambiente
41. Quando la preoccupazione per il progresso
economico e tecnologico non è accompagnata da uguale
preoccupazione per l'equilibrio dell'ecosistema, la nostra terra
è inevitabilmente esposta a seri guasti ecologici, con grave
danno al bene degli esseri umani. Il disprezzo per l'ambiente
naturale che è sotto gli occhi di tutti continuerà fintantoché
la terra e il suo potenziale sono visti semplicemente come
oggetto di immediato uso e consumo, come una cosa da manipolare
per lo sfrenato desiderio di profitto. 200 E compito
dei cristiani e di quanti guardano a Dio come Creatore di
proteggere l'ambiente restaurando il senso di rispetto per tutte
le creature di Dio. E volontà del Creatore che l'uomo operi
nella natura non come uno sfruttatore spietato, ma come
amministratore saggio e responsabile. 201 I Padri
sinodali hanno invocato in modo speciale una maggiore
responsabilità da parte dei capi delle Nazioni, dei
legislatori, del mondo degli affari e di quanti sono
direttamente coinvolti nell'amministrare le risorse della terra.
202 Hanno poi sottolineato la necessità di educare le
persone, specie i giovani, alla responsabilità ambientale,
insegnando loro l'arte affidata da Dio all'umanità di gestire
la creazione. La protezione dell'ambiente non è soltanto una
questione tecnica, ma anche e soprattutto una questione etica.
Tutti hanno il dovere morale di prendersi cura dell'ambiente,
non soltanto per il proprio bene, ma anche per il bene delle
generazioni future.
Nel concludere queste riflessioni, vale la
pena ricordare che facendo appello ai cristiani perché lavorino
e si sacrifichino al servizio dello sviluppo umano, i Padri del
Sinodo hanno fatto riferimento ai valori fondamentali della
tradizione biblica ed ecclesiale. L'antico Israele ha insistito
appassionatamente sull'inscindibile legame tra l'adorazione di
Dio e la cura del debole, rappresentato in modo tipico nelle
Scritture come « la vedova, lo straniero e l'orfano » (cfr Es
22, 21-22; Dt 10, 18; 27, 19), i quali nelle società
di quel tempo erano i più esposti alla minaccia
dell'ingiustizia. Molte volte nei Profeti sentiamo l'invocazione
alla giustizia, al giusto ordine della società umana senza i
quali non vi può essere vero culto a Dio (cfr Is 1,
10-17; Am 5, 21-24). Negli ammonimenti dei Padri
sinodali, pertanto, udiamo una eco dei Profeti che erano pieni
di Spirito di Dio, il quale vuole « l'amore e non il sacrificio
» (Os 6, 6). Gesù fece sue queste parole (cfr Mt 9,
13) e la stessa cosa vale per i santi di ogni tempo e di ogni
luogo. Consideriamo le parole di san Giovanni Crisostomo: «
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non ignorarlo quando è nudo.
Non dargli onori di seta nel tempio per poi dimenticarlo quando
fuori lo vedi infreddolito e nudo. Colui che disse "Questo
è il mio corpo" è lo stesso che disse pure "Mi hai
visto affamato e non mi hai dato da mangiare" [...]. Quale
bene c'è se la Mensa eucaristica scricchiola sotto il peso dei
calici d'oro mentre Cristo sta morendo di fame? Inizia a placare
la sua fame, e poi con ciò che ti rimane puoi adornare anche
l'altare! ». 203 Nell'appello del Sinodo per lo
sviluppo umano e per la giustizia nei rapporti umani, udiamo una
voce che è simultaneamente antica e nuova. E antica perché
sorge dalle profondità della nostra tradizione cristiana, che
guarda a quella profonda armonia che il Creatore intende; è
nuova perché parla proprio della situazione immediata di
moltissime persone nell'Asia di oggi.
CAPITOLO VII
TESTIMONI DEL VANGELO
Una Chiesa che testimonia
42. Il Concilio Vaticano II ha chiaramente
insegnato che tutta la Chiesa è missionaria, e che l'opera di
evangelizzazione è compito di tutto il Popolo di Dio. 204
Dato che il Popolo di Dio come tale è inviato a predicare il
Vangelo, l'evangelizzazione non è mai opera di un individuo
isolato; essa è piuttosto un compito ecclesiale, che deve
essere espletato in comunione con tutta la comunità di fede. La
missione è unica e indivisa, poiché ha un'unica origine ed un
unico scopo. Vi sono tuttavia, al suo interno, diverse
responsabilità e diversi tipi di attività. 205 In
ogni caso, è chiaro che non vi può essere vero annuncio del
Vangelo, se i cristiani non offrono in pari tempo la
testimonianza di una vita che si accordi al messaggio che
predicano: « La prima forma di testimonianza è la vita stessa
del missionario, della famiglia cristiana e della comunità
ecclesiale, che rende visibile un modo nuovo di comportarsi
[...]. Tutti nella Chiesa, sforzandosi di imitare il divino
Maestro, possono e debbono dare tale testimonianza, che in molti
casi è l'unico modo possibile di essere missionari ». 206
Oggi vi è bisogno specialmente di una genuina testimonianza
cristiana, poiché « l'uomo contemporaneo crede più ai
testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla dottrina,
più alla vita e ai fatti che alle teorie ». 207 Ciò
è particolarmente vero nel contesto dell'Asia, dove le persone
sono persuase più dalla santità della vita che dagli argomenti
intellettuali. L'esperienza della fede e dei doni dello Spirito
Santo divengono perciò il punto di partenza di ogni attività
missionaria nei villaggi, nelle città, nelle scuole o negli
ospedali, tra gli handicappati, gli emigranti o le popolazioni
tribali, oppure nel perseguimento della giustizia e dei diritti
umani. Ogni situazione costituisce per i cristiani un'occasione
per dimostrare quale potenza la verità di Cristo abbia
acquistato nella loro vita. Pertanto, ispirata dai tanti
missionari che nel passato hanno dato eroica testimonianza
dell'amore di Dio tra i popoli del Continente, la Chiesa in Asia
si sforza oggi di testimoniare con non minore zelo Gesù Cristo
e il suo Vangelo. Nulla di meno esige la missione cristiana.
Consci del carattere essenzialmente
missionario della Chiesa e con lo sguardo volto ad una nuova
effusione del dinamismo dello Spirito Santo all'inizio del nuovo
millennio, i Padri sinodali hanno chiesto che la presente
Esortazione Apostolica post-sinodale offra alcune direttive ed
indicazioni a quanti operano nel vasto campo
dell'evangelizzazione in Asia.
I Pastori
43. È lo Spirito Santo che rende la Chiesa
capace di compiere la missione affidatale da Cristo. Prima di
inviare i discepoli come suoi testimoni, Gesù diede loro lo
Spirito Santo (cfr Gv 20, 22), che operava attraverso di loro
rendendo disponibili i cuori di quanti li ascoltavano (cfr At
2, 37). Lo stesso avviene nei confronti di coloro che egli
invia ora. Da un lato, tutti i battezzati, per la grazia stessa
del sacramento, sono delegati a prendere parte alla
continuazione della missione salvifica di Cristo e sono in grado
di adempiere a questo compito precisamente perché l'amore di
Dio è stato effuso nei loro cuori mediante lo Spirito Santo che
è stato loro dato (cfr Rm 5, 5). D'altro canto, questa
comune missione viene a compiersi attraverso una varietà di
funzioni e carismi specifici. Cristo ha affidato la
responsabilità principale della missione della Chiesa agli
Apostoli e ai loro successori. In virtù dell'ordinazione
episcopale e della comunione gerarchica con il Capo del Collegio
episcopale, i Vescovi ricevono il mandato e l'autorità di
insegnare, governare e santificare il Popolo di Dio. Per volontà
di Cristo stesso, all'interno del Collegio dei Vescovi, il
Successore di Pietro – roccia sulla quale la Chiesa è
edificata (cfr Mt 16, 18) – esercita uno speciale
ministero di unità. I Vescovi, pertanto, devono adempiere al
loro ministero in unione col Successore di Pietro, che è il
garante della verità del loro insegnamento e della loro piena
comunione nella Chiesa.
Associati ai Vescovi nell'opera dell'annuncio
del Vangelo, i sacerdoti mediante l'ordinazione sono chiamati ad
essere pastori del gregge, araldi della Buona Novella della
salvezza e ministri dei sacramenti. Per servire la Chiesa come
Cristo vuole, i Vescovi e i sacerdoti hanno bisogno di una
solida e permanente formazione, che offra loro opportunità di
rinnovamento umano, spirituale e pastorale; abbisognano,
pertanto, di corsi di teologia, di spiritualità e di scienze
umane. 208 Gli abitanti dell'Asia devono poter vedere
i membri del clero non soltanto come operatori della carità o
amministratori istituzionalizzati, bensì come uomini con le
menti ed i cuori sintonizzati sulle profondità dello Spirito (cfr
Rm 8, 5). Al rispetto che gli Asiatici hanno per le
persone rivestite di autorità, deve corrispondere da parte di
quanti hanno responsabilità ministeriali nella Chiesa una
chiara rettitudine morale. Con la loro vita di preghiera, con il
servizio zelante e l'esemplare stile di vita, i membri del clero
offrono una potente testimonianza al Vangelo nelle comunità che
essi pascono nel nome di Cristo. E mia fervente preghiera che i
ministri ordinati della Chiesa in Asia vivano ed operino in
spirito di comunione e di collaborazione con i Vescovi e con
tutti i membri della Chiesa, dando testimonianza all'amore che
Gesù ha dichiarato essere il vero distintivo dei suoi discepoli
(cfr Gv 13, 35).
Desidero sottolineare particolarmente la
preoccupazione del Sinodo per la preparazione di quanti saranno
gli educatori e gli insegnanti nei seminari e nelle facoltà
teologiche. 209 Dopo un'accurata preparazione nelle
scienze sacre e nelle materie correlate, dovrebbero ricevere una
formazione specifica focalizzata sulla spiritualità
sacerdotale, sull'arte della direzione spirituale e sugli altri
aspetti del difficile e delicato compito che li attende
nell'educazione dei futuri sacerdoti. Si tratta di un apostolato
che non è secondo a nessun altro per il benessere e la vitalità
della Chiesa.
La vita consacrata e le società
missionarie
44. Nell'Esortazione apostolica post-sinodale
Vita consecrata ho sottolineato l'intimo legame esistente
tra vita consacrata e missione. Nei tre aspetti di confessio
Trinitatis, signum fraternitatis e servitium
caritatis, la vita consacrata rende visibile l'amore di Dio
nel mondo, testimoniando in maniera specifica la missione
salvifica compiuta da Gesù mediante la sua totale consacrazione
al Padre. Riconoscendo che ogni azione nella Chiesa trova
sostegno nella preghiera e nella comunione con Dio, la Chiesa in
Asia guarda con profondo rispetto ed apprezzamento alle comunità
religiose contemplative come ad una sorgente speciale di forza e
di ispirazione. Facendo seguito alle raccomandazioni dei Padri
sinodali, incoraggio vivamente la fondazione di comunità
monastiche e contemplative, ove possibile. Così, come ricorda
il Concilio Vaticano II, l'opera di edificazione della città
terrena può avere il proprio fondamento nel Signore e a lui
tendere, affinché i costruttori non fatichino invano. 210
La ricerca di Dio, una vita di comunione e il
servizio agli altri sono le tre caratteristiche principali della
vita consacrata, che possono offrire una attraente testimonianza
cristiana ai popoli dell'Asia oggi. L'Assemblea Speciale per
l'Asia ha insistito affinché i consacrati siano testimoni
davanti ai cristiani e ai non cristiani della chiamata
universale alla santità, e siano un esempio ispiratore tanto
per gli uni quanto per gli altri di amore generoso verso tutti,
specialmente verso i più piccoli tra i fratelli e le sorelle.
In un mondo in cui il senso della presenza di Dio è spesso
offuscato, le persone consacrate devono rendere una
testimonianza convincente e profetica del primato di Dio e della
vita eterna. Vivendo in comunità, essi attestano i valori della
fraternità cristiana e della potenza trasformante della Buona
Novella. 211 Quanti hanno abbracciato la vita
consacrata sono chiamati a divenire leader nella ricerca di Dio,
una ricerca che ha sempre appassionato il cuore umano ed è
particolarmente visibile nelle diverse forme di spiritualità e
di ascetismo dell'Asia. 212 Nelle numerose tradizioni
religiose di quel Continente, gli uomini e le donne che si sono
dedicati alla vita contemplativa e ascetica godono di grande
rispetto e la loro testimonianza ha un potere particolarmente
persuasivo. Vivendo in comunità, mediante una testimonianza
pacifica e silenziosa, con le loro esistenze essi possono
ispirare le persone a lavorare per una maggiore armonia nella
società. Ciò è quanto ci si attende pure dalle donne e dagli
uomini consacrati della tradizione cristiana. L'esempio di
povertà e di abnegazione, di purezza e di sincerità, di
capacità di sacrificio nell'obbedienza può divenire
un'eloquente testimonianza capace di toccare le persone di buona
volontà e condurre ad un dialogo fruttuoso con le culture e le
religioni circostanti e con i poveri e gli indifesi. Ciò rende
la vita consacrata un mezzo privilegiato per una
evangelizzazione efficace. 213
I Padri sinodali hanno riconosciuto il ruolo
vitale che gli ordini religiosi e le congregazioni, come pure
gli istituti missionari e le società di vita apostolica hanno
avuto nell'evangelizzazione dell'Asia nei secoli passati. Per
questo magnifico contributo, il Sinodo ha espresso loro la
gratitudine della Chiesa e li ha incoraggiati a non deflettere
dal loro impegno missionario. 214 Mi unisco ai Padri
sinodali per invitare i consacrati a rinnovare il loro zelo nel
proclamare la verità salvifica di Cristo. A tutti devono essere
assicurati una formazione e un addestramento appropriati, che
siano centrati su Cristo e fedeli al proprio carisma di
fondazione, con accentuazione della santità personale e della
testimonianza; la loro spiritualità e il loro stile di vita
dovrebbero essere attenti all'eredità religiosa delle persone
tra le quali si trovano a vivere e a servire. 215 Nel
rispetto del carisma specifico, è chiesto loro di integrarsi
nei piani pastorali della Diocesi in cui si trovano; e le Chiese
locali, per parte loro, devono ravvivare la consapevolezza
dell'ideale della vita religiosa e consacrata, promuovendo tali
vocazioni. Ciò esige che ogni Diocesi appronti un programma
pastorale per le vocazioni, assegnando anche sacerdoti o
religiosi che lavorino a tempo pieno tra i giovani per aiutarli
ad ascoltare e discernere la chiamata di Dio. 216
Nel contesto della comunione della Chiesa
universale, non posso non invitare la Chiesa in Asia ad inviare
missionari, anche se essa stessa ha bisogno di operai nella
vigna. Sono lieto di constatare che sono stati recentemente
fondati istituti missionari di vita apostolica in diversi Paesi
dell'Asia come riconoscimento del carattere missionario della
Chiesa e della responsabilità delle Chiese particolari in Asia
di annunciare il Vangelo in tutto il mondo. 217 I
Padri del Sinodo hanno raccomandato « là dove ancora non
esista, l'istituzione in seno ad ogni Chiesa locale dell'Asia,
di Società missionarie di vita apostolica caratterizzate da
specifico impegno per la missione ad gentes, ad
exteros e ad vitam ». 218 Una simile
iniziativa porterà sicuramente frutti abbondanti non soltanto
nelle Chiese che ricevono i missionari, ma anche in quelle che
li inviano.
I laici
45. Come chiaramente indicato dal Concilio
Vaticano II, la vocazione laicale inserisce saldamente i laici
nel mondo, perché assumano i compiti più svariati, essendo
chiamati a diffondere in esso il Vangelo di Gesù Cristo.
219 In virtù della grazia e della chiamata del Battesimo
e della Cresima, tutti i laici sono missionari; e il campo del
loro lavoro missionario è il vasto e complesso mondo della
politica, dell'economia, dell'industria, dell'educazione, dei
mezzi di comunicazione, della scienza, della tecnologia, delle
arti e dello sport. In molti Paesi del Continente, i laici
stanno già operando come veri missionari, raggiungendo i
conterranei che non avrebbero altrimenti mai contatto con il
clero o con i religiosi. 220 Esprimo loro la
gratitudine di tutta la Chiesa e incoraggio tutti i laici, ad
assumersi il ruolo che è loro proprio nella vita e nella
missione del Popolo di Dio, quali testimoni di Cristo ovunque si
trovino.
E compito dei Pastori assicurare che i laici
siano formati come evangelizzatori in grado di affrontare le
sfide del mondo contemporaneo non soltanto con la sapienza e
l'efficienza del mondo, ma con un cuore rinnovato e rafforzato
dalla verità di Cristo. 221 Testimoniando il Vangelo
in ogni ambito della vita sociale, i fedeli laici possono
svolgere un ruolo unico nello sradicare l'ingiustizia e
l'oppressione, ed anche per tale compito devono ricevere
adeguata formazione. A questo scopo, mi unisco ai Padri del
Sinodo nel proporre l'istituzione a livello diocesano o
nazionale di centri per la formazione dei laici, che li
preparino alla attività missionaria come testimoni di Cristo in
Asia oggi. 222
I Padri sinodali hanno manifestato
particolare preoccupazione, affinché la Chiesa sia
partecipativa, così che nessuno in essa si senta escluso, ed
hanno ritenuto che una più ampia partecipazione delle donne
alla vita e alla missione della Chiesa sia una necessità
veramente urgente. « La donna ha una attitudine tutta
particolare a trasmettere la fede, sicché Gesù stesso vi ha
fatto appello per l'evangelizzazione. Così avviene con la
Samaritana, che Gesù incontrò al "pozzo di Giacobbe"
e scelse per la prima espansione della nuova fede in territorio
non giudaico ». 223 Per valorizzare il loro servizio
nella Chiesa, occorre che siano offerte alle donne maggiori
opportunità di frequentare corsi di teologia e di altre materie
di studio; e gli uomini nei seminari e nelle case di formazione
debbono essere educati a considerare le donne come
collaboratrici nell'apostolato. 224 Esse dovrebbero
essere coinvolte nei programmi pastorali in maniera più
efficace, nei consigli pastorali diocesani e parrocchiali e nei
sinodi diocesani. Le loro capacità di servizio dovrebbero
essere pienamente apprezzate nell'ambito della sanità,
nell'educazione, nella preparazione dei fedeli ai sacramenti,
nell'edificazione della comunità, nell'opera a favore della
pace. Come hanno notato i Padri del Sinodo, la presenza delle
donne nella missione di amore e di servizio della Chiesa
contribuisce grandemente a portare agli abitanti dell'Asia,
specialmente ai poveri ed agli emarginati, Gesù, ricco di
misericordia, capace di guarire e riconciliare. 225
La famiglia
46. La famiglia è il luogo normale dove le
giovani generazioni giungono alla maturità personale e sociale.
La famiglia reca con sé l'eredità dell'umanità stessa, poiché
la vita passa attraverso di essa di generazione in generazione.
La famiglia occupa un posto molto importante nelle culture
dell'Asia e, come hanno sottolineato i Padri sinodali, i valori
familiari quali il rispetto filiale, l'amore e la cura per gli
anziani e i malati, l'amore per i piccoli e l'armonia sono
tenuti in grande stima in tutte le culture e le tradizioni
religiose di quel Continente.
Vista attraverso occhi cristiani, la famiglia
è « la Chiesa domestica (ecclesia domestica) ».
226 La famiglia cristiana, come l'intera Chiesa, dovrebbe
essere il luogo in cui la verità del Vangelo è regola di vita
e dono che i membri della famiglia portano alla comunità più
ampia. Essa non è semplicemente l'oggetto della cura pastorale
della Chiesa, ma ne è anche uno degli agenti di
evangelizzazione più efficaci. Le famiglie cristiane sono oggi
chiamate a testimoniare il Vangelo in tempi e circostanze
difficili, quando la famiglia stessa è minacciata da un
coacervo di forze. 227 Per essere agente di
evangelizzazione in simili circostanze, la famiglia cristiana ha
bisogno di essere in modo genuino « la Chiesa domestica »,
vivendo con umile amorevolezza la vocazione cristiana.
Come hanno indicato i Padri del Sinodo, ciò
significa che la famiglia dovrebbe assumere un ruolo attivo
nella vita della parrocchia, prendendo parte ai sacramenti,
specialmente all'Eucaristia e al sacramento della Penitenza, e
coinvolgendosi nel servizio agli altri. Ciò significa anche che
i genitori dovrebbero sforzarsi di rendere i momenti in cui la
famiglia naturalmente si riunisce insieme una opportunità di
preghiera, di lettura e di riflessione sulla Bibbia, di
appropriate celebrazioni presiedute dai genitori e di sana
ricreazione. Ciò aiuterà la famiglia cristiana a divenire un
focolare di evangelizzazione, dove ogni membro sperimenta
l'amore di Dio e lo comunica agli altri. 228 I Padri
sinodali hanno pure riconosciuto che i figli svolgono un ruolo
nell'evangelizzazione sia della propria famiglia che della
comunità più vasta. 229 Convinto che « il futuro
del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia »,
230 ancora una volta propongo di studiare e di porre in
atto quanto ho indicato circa il tema della famiglia
nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio, a
seguito della Quinta Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei
Vescovi del 1980.
I giovani
47. I Padri sinodali si sono mostrati
particolarmente sensibili al tema della gioventù nella Chiesa.
I molti e complessi problemi che i giovani si trovano oggi ad
affrontare nel mondo asiatico in cambiamento spingono la Chiesa
a richiamarli alle loro responsabilità nei confronti del futuro
della società e della Chiesa, incoraggiandoli e sostenendoli ad
ogni passo per essere sicura che siano in grado di accettare
questa responsabilità. A loro la Chiesa offre la verità del
Vangelo come un mistero gioioso e liberante da conoscere, da
vivere e da condividere con gli altri con convinzione e
coraggio.
Perché i giovani possano essere agenti
efficaci di missione, è necessario che la Chiesa offra loro una
cura pastorale adatta. 231 In sintonia con i Padri
sinodali, raccomando che, dove possibile, ogni Diocesi in Asia
designi dei cappellani o direttori della gioventù per
promuoverne la formazione spirituale e l'apostolato tra i
giovani. Alle scuole cattoliche ed alle parrocchie compete un
ruolo vitale nell'offrire una formazione integrale ai giovani,
cercando di condurli sulla via del vero discepolato e
sviluppando in essi le qualità umane che la missione richiede.
Opere apostoliche organizzate per la gioventù o club specifici
per loro possono offrire l'esperienza dell'amicizia cristiana,
così importante per i giovani. La parrocchia, le associazioni e
i movimenti sono in grado di aiutarli a meglio affrontare le
pressioni sociali, offrendo loro non soltanto una più matura
crescita nella vita cristiana, ma anche un sostegno sotto forma
di consulenze per l'orientamento professionale, la ricerca
vocazionale, la problematica giovanile.
La formazione cristiana dei giovani in Asia
deve partire dal riconoscimento che essi non sono soltanto
oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma anche « agenti e
cooperatori nella missione della Chiesa nei vari compiti
apostolici di amore e di servizio ». 232 Pertanto,
nelle parrocchie e nelle Diocesi, i giovani e le giovani
dovrebbero essere invitati a prender parte all'organizzazione di
attività che li riguardano e li coinvolgono. La freschezza e
l'entusiasmo, lo spirito di solidarietà e di speranza li
possono rendere costruttori di pace in un mondo diviso; a tale
riguardo, è incoraggiante vedere giovani coinvolti in programmi
di scambio tra Chiese particolari e Paesi asiatici e di altri
continenti, in vista della promozione del dialogo interreligioso
e interculturale.
Le comunicazioni sociali
48. In un'epoca di globalizzazione, « i
mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale
importanza da essere per molti il principale strumento
informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i
comportamenti individuali, familiari, sociali. Le giovani
generazioni crescono in un mondo condizionato soprattutto da
essi ». 233 Il mondo si trova a veder emergere una
nuova cultura che « nasce, prima ancora che dai contenuti, dal
fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi
linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici ».
234 Il ruolo eccezionale che svolgono i mezzi di
comunicazione sociale nel plasmare il mondo, le culture e i modi
di pensare ha condotto nelle società asiatiche vasti e rapidi
cambiamenti.
Inevitabilmente, anche la missione
evangelizzatrice della Chiesa è profondamente segnata
dall'impatto dei mass media, i quali, in considerazione della
loro crescente influenza sino nelle aree più remote dell'Asia,
possono essere di grande aiuto nell'annuncio del Vangelo in ogni
angolo del Continente. Tuttavia, « non basta usarli per
diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa,
ma occorre integrare il messaggio stesso in questa "nuova
cultura" creata dalla comunicazione moderna ». 235
A tale scopo, la Chiesa necessita di esplorare nuovi modi di
integrare accuratamente i mass media nella pianificazione e
nelle attività pastorali, così che, mediante il loro uso
efficace, la potenza del Vangelo possa raggiungere ancor più
individui ed intere popolazioni, e infondere nelle culture
dell'Asia i valori del Regno.
Mi unisco all'elogio dei Padri del Sinodo di Radio
Veritas Asia, l'unica stazione radio del Continente per la
Chiesa in Asia, per i suoi quasi trent'anni di evangelizzazione
mediante radiodiffusione. Occorrerà impegnarsi per rafforzare
questo eccellente strumento missionario attraverso una
appropriata programmazione linguistica, l'apporto di
collaboratori, il sostegno finanziario da parte delle Conferenze
Episcopali e delle Diocesi in Asia. 236 Oltre alla
radio, le pubblicazioni cattoliche e le agenzie di stampa
possono aiutare a diffondere informazione ed offrire educazione
e formazione religiosa continua in tutto il Continente. In
luoghi dove i cristiani sono in minoranza, questi possono essere
strumenti importanti per sostenere e nutrire il senso
dell'identità cattolica e diffondere la conoscenza dei principi
morali cattolici. 237
Faccio mie le raccomandazioni dei Padri
sinodali circa l'evangelizzazione mediante le comunicazioni
sociali, l'« areopago dei tempi moderni », nella speranza che
ciò possa servire la promozione umana e la diffusione della
verità di Cristo e dell'insegnamento della Chiesa. 238
Sarebbe d'aiuto se ogni Diocesi allestisse, dove possibile, un
ufficio per le comunicazioni e per i media. L'educazione ai
media, comprendente la valutazione critica dei prodotti
mediatici, deve essere sempre più parte della formazione dei
sacerdoti, dei seminaristi, dei religiosi, dei catechisti, dei
professionisti laici, degli studenti nelle scuole cattoliche e
delle comunità parrocchiali. Data l'ampia influenza e l'impatto
straordinario dei mass media, i cattolici hanno bisogno di
lavorare insieme con i membri di altre Chiese e Comunità
ecclesiali, e con i seguaci di altre religioni per assicurare ai
valori spirituali e morali un posto nei media. Con i Padri del
Sinodo, incoraggio lo sviluppo di piani pastorali per le
comunicazioni sia a livello nazionale che diocesano, sulla scia
delle indicazioni dell'Istruzione pastorale Aetatis novae,
prestando la dovuta attenzione alle circostanze prevalenti in
Asia.
I martiri
49. Per quanto importanti possano essere i
programmi di formazione e le strategie, alla fine è il
martirio che rivela l'essenza più vera del messaggio cristiano.
La parola stessa « martire » significa testimone, e quanti
hanno sparso il proprio sangue per Cristo hanno dato la
testimonianza estrema all'autentico valore del Vangelo. Nella
Bolla di indizione del Grande Giubileo dell'Anno 2000, Incarnationis
mysterium, ho sottolineato l'importanza vitale di ricordare
i martiri. Ho scritto: « Dal punto di vista psicologico, il
martirio è la prova più eloquente della verità della fede,
che sa dare un volto umano anche alla più violenta delle morti
e manifesta la sua bellezza anche nelle più atroci persecuzioni
». 239 Lungo i secoli, l'Asia ha dato alla Chiesa e
al mondo un grande numero di questi eroi della fede, e dal cuore
dell'Asia si innalza il grande canto di lode: « Te martyrum
candidatus laudat exercitus ». E questo l'inno di coloro
che sono morti per Cristo sul suolo dell'Asia nei primi secoli
della Chiesa, ed è anche il grido gioioso di uomini e donne di
tempi più recenti, come san Paolo Miki e compagni, san Lorenzo
Ruiz e compagni, sant'Andrea Dung Lac e compagni, sant'Andrea
Kim Taegon e compagni. Che la grande schiera di martiri
dell'Asia, antichi e nuovi, non cessi mai di insegnare alla
Chiesa in quel Continente cosa significhi rendere testimonianza
all'Agnello nel cui sangue essi hanno lavato le loro vesti
splendenti (cfr Ap 7, 14)! Siano essi testimoni indomiti
del fatto che i cristiani sono chiamati a proclamare sempre e
ovunque nient'altro che la potenza della Croce del Signore! E il
sangue dei martiri dell'Asia sia, ora come sempre, seme di nuova
vita per la Chiesa in ogni angolo del Continente!
CONCLUSIONE
Gratitudine e incoraggiamento
50. Al termine di questa Esortazione
apostolica post-sinodale, che, nell'intento di discernere ciò
che lo Spirito dice alle Chiese in Asia (cfr Ap 1, 11),
ha cercato di delineare i frutti dell'Assemblea Speciale per
l'Asia del Sinodo dei Vescovi, desidero esprimere la gratitudine
della Chiesa a tutti voi, cari fratelli e sorelle dell'Asia, che
avete in molti modi contribuito al successo di questo importante
evento ecclesiale. In primo luogo, rendiamo lode a Dio per la
ricchezza di culture, di lingue, di tradizioni e sensibilità
religiose di questo grande Continente. Dio sia benedetto per i
popoli dell'Asia, così ricchi nella loro diversità ed uniti
nella ricerca della pace e della pienezza della vita. Ora
specialmente, nell'immediata prossimità del duemillesimo
anniversario della nascita di Gesù Cristo, ringraziamo Dio per
aver scelto l'Asia quale dimora terrena del Figlio suo
incarnato, Salvatore del mondo.
Non posso non esprimere il mio apprezzamento
ai Vescovi dell'Asia per il loro profondo amore a Gesù Cristo,
alla Chiesa e ai popoli dell'Asia e per la loro testimonianza di
comunione e la generosa dedizione al compito
dell'evangelizzazione. Sono grato a quanti formano la grande
famiglia della Chiesa in quel Continente: i sacerdoti, i
consacrati e le consacrate, i missionari, i laici, i giovani, i
popoli indigeni, i lavoratori, i poveri e gli afflitti. Nel
profondo del mio cuore vi è un posto speciale per quanti in
Asia sono perseguitati a causa della fede in Cristo: essi sono i
pilastri nascosti della Chiesa, ai quali Gesù stesso si rivolge
con parole di consolazione: « Voi siete benedetti nel Regno dei
cieli » (cfr Mt 5, 10).
Le parole di Gesù rassicurano la Chiesa in
Asia: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è
piaciuto di darvi il suo regno » (Lc 12, 32). I credenti
in Cristo sono ancora una piccola minoranza in questo vasto e
popoloso Continente. Ciononostante, lungi dall'essere una timida
minoranza, sono vivi nella fede, ricolmi di quella speranza e
vitalità che solo la fede può recare. Nella loro umile ma
coraggiosa maniera, hanno influenzato le culture e le società
dell'Asia, specialmente le vite dei poveri e degli indifesi,
molti dei quali non condividono la fede cattolica. Offrono così
un esempio ai cristiani di ogni luogo, perché siano pronti a
condividere il tesoro della Buona Novella « in ogni occasione
opportuno e non opportuna » (2 Tm 4, 2). Essi trovano
forza nel mirabile potere dello Spirito Santo, il quale fa sì
che la presenza della Chiesa in Asia, nonostante la sua in
genere limitata diffusione, sia come il fermento che fa
lievitare tutta la pasta in modo silenzioso e nascosto (cfr Mt
13, 33).
I popoli dell'Asia hanno bisogno di Gesù
Cristo e del suo Vangelo, poiché il Continente ha sete
dell'acqua viva che solo lui può dare (cfr Gv 4, 10-15).
I discepoli di Cristo in Asia devono pertanto essere generosi
nello sforzo di adempiere alla missione ricevuta dal Signore, il
quale ha promesso di essere con loro sino alla fine dei tempi (cfr
Mt 28, 20). Fiduciosa nel Signore che non abbandonerà
quanti ha chiamato, la Chiesa in Asia compie con gioia il suo
pellegrinaggio verso il Terzo Millennio. L'unico suo gaudio è
quello che discende dal condividere con la moltitudine dei
popoli dell'Asia l'immenso dono che anch'essa ha ricevuto,
l'amore di Gesù Salvatore. L'unica sua ambizione è di
continuarne la missione di servizio e d'amore, affinché tutti
gli abitanti del Continente « abbiano la vita e l'abbiano in
abbondanza » (Gv 10, 10).
Preghiera alla Madre di Cristo
51. Di fronte a questa formidabile missione,
ci rivolgiamo a Maria, Madre del Redentore, per la quale, come
hanno affermato i Padri del Sinodo, i cristiani dell'Asia hanno
grande amore e devozione venerandola quale loro Madre e Madre di
Cristo. 240 In tutto il Continente vi sono centinaia
di templi e santuari mariani nei quali si riuniscono non
soltanto i fedeli cattolici, ma anche credenti di altre
religioni.
A Maria, modello di tutti i discepoli e
Stella luminosa della evangelizzazione, affido la Chiesa in Asia
alle soglie del Terzo Millennio dell'era cristiana, confidando
pienamente nel suo orecchio che sempre ascolta, nel suo cuore
che sempre accoglie, nella sua preghiera che mai fallisce:
O Madre Santa, Figlia dell'Altissimo,
Vergine Madre del Salvatore e Madre nostra,
volgi il tuo tenero sguardo sulla Chiesa
che il tuo Figlio ha piantato sul suolo d'Asia.
Siile guida e modello, mentre continua la missione
di amore e di servizio del Figlio tuo in Asia.
Tu hai accettato pienamente e liberamente
l'invito del Padre ad essere Madre di Dio;
insegnaci a svuotare
il cuore da tutto ciò che non è di Dio,
sì da essere riempiti anche noi
di Spirito Santo dall'alto.
Tu hai contemplato i misteri della volontà di Dio
nel silenzio del tuo cuore;
aiutaci nel cammino di discernere
i segni della potente mano di Dio.
Tu ti sei prontamente recata a visitare Elisabetta
per aiutarla nei giorni dell'attesa;
ottieni per noi lo stesso spirito zelante e servizievole
nel compito dell'evangelizzazione.
Tu hai levato la voce
per cantare le lodi del Signore;
guidaci nel gioioso annuncio della fede
in Cristo Salvatore.
Tu hai avuto compassione
di quanti erano nel bisogno
ed hai implorato a loro nome il Figlio tuo;
insegnaci a non temere di parlare
del mondo a Gesù
e di Gesù al mondo.
Tu eri ai piedi della Croce,
quando tuo Figlio esalò l'ultimo respiro;
sii al nostro fianco mentre cerchiamo di essere uniti
nello spirito e nel servizio con quanti soffrono.
Tu hai pregato con i discepoli nel Cenacolo;
aiutaci ad attendere il dono dello Spirito,
per andare ovunque Egli ci conduce.
Proteggi la Chiesa da ogni potere che la
minaccia.
Aiutala ad essere immagine vera
della Trinità Santissima.
Prega affinché,
mediante il servizio reso con amore dalla Chiesa,
tutti i popoli dell'Asia possano giungere a conoscere
il Figlio tuo Gesù Cristo,
unico Salvatore del mondo,
ed assaporare così la gioia della vita
nella sua pienezza.
O Maria, Madre della nuova creazione
e Madre dell'Asia
prega per noi, figli tuoi, ora e sempre!
Dato a Nuova Delhi, in India, il 6
novembre dell'anno 1999, ventiduesimo di Pontificato.
INDICE
INTRODUZIONE
Le meraviglie del piano di Dio in Asia [1]
La preparazione all'Assemblea Speciale [2]
La celebrazione dell'Assemblea Speciale [3]
Condividere i frutti dell'Assemblea Speciale
[4]
CAPITOLO I
IL CONTESTO DELL'ASIA
L'Asia, luogo di nascita di Gesù e della
Chiesa [5]
Realtà religiose e culturali [6]
Realtà economiche e sociali [7]
Realtà politiche [8]
La Chiesa in Asia: passato e presente [9]
CAPITOLO II
GESU SALVATORE:
UN DONO PER L'ASIA
Il dono della fede [10]
Gesù Cristo, l'Uomo-Dio che salva [11]
La persona e la missione del Figlio di Dio
[12]
Cristo Gesù: verità dell'uomo [13]
L'unicità e l'universalità della salvezza
in Gesù [14]
CAPITOLO III
LO SPIRITO SANTO:
SIGNORE E DATORE DI VITA
Lo Spirito di Dio nella creazione e nella
storia [15]
Lo Spirito Santo e l'Incarnazione del Verbo
[16]
Lo Spirito Santo e il Corpo di Cristo [17]
Lo Spirito Santo e la missione della Chiesa
in Asia [18]
CAPITOLO IV
GESU SALVATORE:
PROCLAMARE IL MONDO
Il primato dell'annuncio [19]
Annunciare Gesù Cristo in Asia [20]
La sfida dell'inculturazione [21]
Aree chiave di inculturazione [22]
Vita cristiana come annuncio [23]
CAPITOLO V
COMUNIONE E DIALOGO
PER LA MISSIONE
Comunione e missione procedono di pari passo
[24]
Comunione dentro la Chiesa [25]
Solidarietà tra le Chiese [26]
Le Chiese orientali cattoliche [27]
Condividere le speranze e i patimenti [28]
Una missione di dialogo [29]
Dialogo ecumenico [30]
Dialogo interreligioso [31]
CAPITOLO VI
IL SERVIZIO DELLA PROMOZIONE UMANA
La dottrina sociale della Chiesa [32]
La dignità della persona umana [33]
Amore preferenziale per i poveri [34]
Il Vangelo della vita [35]
La sanità [36]
L'educazione [37]
L'edificazione della pace [38]
La globalizzazione [39]
Il debito estero [40]
L'ambiente [41]
CAPITOLO VII
TESTIMONI DEL VANGELO
Una Chiesa che testimonia [42]
I Pastori [43]
La vita consacrata e le società missionarie
[44]
I laici [45]
La famiglia [46]
I giovani [47]
Le comunicazioni sociali [48]
I martiri [49]
CONCLUSIONE
Gratitudine e incoraggiamento [50]
Preghiera alla Madre di Cristo [51]
(1) Giovanni Paolo II, Discorso alla sesta
Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali
dell'Asia (FABC), Manila (15 gennaio 1995), 11: Insegnamenti XVIII,
1 (1995), 159.
(2) Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10
novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30.
(3) N. 11: Insegnamenti XVIII, 1
(1995), 159.
(4) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio
millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87
(1995), 30.
(5) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Messaggio finale, 2.
(6) Discorso alla sesta Assemblea plenaria
della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (FABC),
Manila (15 gennaio 1995), 10: Insegnamenti XVIII, 1
(1995), 159.
(7) Giovanni Paolo II, Lettera sul
pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza (29
giugno 1999), 3: L'Osservatore Romano, 30 giugno – 1
luglio 1999, p. 8.
(8) Cfr Propositio 3.
(9) Propositio 1.
(10) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 3.
(11) Cfr ibid.
(12) Cfr Propositio 32.
(13) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Instrumentum laboris, 9.
(14) Cfr Propositiones 36 e 50.
(15) Propositio 44.
(16) Propositio 27.
(17) Cfr Propositio 45.
(18) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Instrumentum laboris, 9.
(19) Cfr Propositio 39.
(20) Propositio 35.
(21) Cfr Propositio 38.
(22) Cfr Propositio 22.
(23) Cfr Propositio 52.
(24) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 6.
(25) Cfr Propositio 56.
(26) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio
millennio adveniente (10 novembre 1994), 18: AAS 87
(1995), 16.
(27) Cfr Propositio 29.
(28) Cfr Propositiones 29 e 31.
(29) Propositio 51.
(30) Cfr Propositiones 51, 52, 53.
(31) Propositio 57.
(32) Cfr ibid.
(33) Propositio 54.
(34) N. 3: AAS 83 (1991), 252.
(35) Cfr Propositio 5.
(36) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 5.
(37) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 3.
(38) Propositio 8.
(39) N. 11: AAS 83 (1991), 260.
(40) Ibid.
(41) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 3.
(42) Cfr Messale Romano, Preghiera
eucaristica della riconciliazione I.
(43) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor
hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274.
(44) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 22.
(45) N. 9: AAS 71 (1979), 272-273.
(46) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 3.
(47) Cfr ibid.
(48) Ibid.
(49) Propositio 5.
(50) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 6: AAS 83 (1991), 255.
(51) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor
hominis (4 marzo 1979), 7: AAS 71 (1979), 269.
(52) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum
et vivificantem (18 maggio 1986), 54: AAS 78 (1986),
875.
(53) Cfr ibid., 59, l.c., 885.
(54) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 28: AAS 83 (1991), 274; cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 26.
(55) Cfr Propositio 11; Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad
gentes, 4, 15: Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium,
17; Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium
et spes, 11, 22, 38; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 28: AAS 83 (1991), 273-274.
(56) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano 22 aprile 1998, p. 5.
(57) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum
et vivificantem (18 maggio 1986), 50: AAS 78 (1986),
870; cfr S. Tommaso D'Aquino, Summa Theol. III, 2, 10-12;
6, 6; 7, 13.
(58) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum
et vivificantem (18 maggio 1986), 50: AAS 78 (1986),
870.
(59) Cfr ibid., 24, l.c., 832.
(60) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 28: AAS 83 (1991), 274.
(61) N. 29: AAS 83 (1991), 275; cfr
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 45.
(62) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 29: AAS 83 (1991), 275.
(63) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen
gentium, 13.
(64) Propositio 12.
(65) Cost. dogm. Lumen gentium, 17.
(66) Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8
dicembre 1975), 22: AAS 68 (1976), 20.
(67) Propositio 8.
(68) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 45: AAS 83 (1991), 292.
(69) Cfr ibid., 46: l.c.,
292-293.
(70) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla
libertà religiosa Dignitatis humanae, 3-4; Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre
1990), 39: AAS 83 (1991), 287; Propositio 40.
(71) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii
nuntiandi (8 dicembre 1975), 53: AAS 68 (1976),
41-42.
(72) Discorso a rappresentanti delle
religioni non cristiane (5 febbraio 1986), 2: AAS 78
(1986), 767.
(73) Cfr Propositiones 11, 12;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7
dicembre 1990), 28: AAS 83 (1991), 273-274.
(74) Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 5.
(75) Propositio 58.
(76) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides
et ratio (14 settembre 1998), 72: AAS 91 (1999), 61.
(77) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 15.
(78) Cfr ibid.
(79) Ibid.
(80) Propositio 6.
(81) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 6.
(82) Ibid.
(83) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 5.
(84) Cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8
dicembre 1975), 20: AAS 68 (1976), 18-19.
(85) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 52: AAS 83 (1991), 300.
(86) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 9.
(87) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22;
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7
dicembre 1990), 28: AAS 83 (1991), 273-274.
(88) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 56: AAS 83 (1991), 304.
(89) Giovanni Paolo II, Omelia alla Messa con
i cattolici del Bengala occidentale (Calcutta, 4 febbraio 1986),
3: Insegnamenti IX1 (1986), 314.
(90) Cfr Propositio 43.
(91) Cfr Propositio 7.
(92) Ibid.
(93) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 54: AAS 83 (1991), 302.
(94) Cfr ibid., l.c., 301.
(95) Cfr Conc. Ecum Vat. II, Cost. sulla
sacra Liturgia, Sacrosanctum concilium, 2; Assemblea
Speciale per l'Asia del Sinodo dei Vescovi, Relatio post
disceptationem, 14.
(96) Assemblea Speciale per l'Asia del Sinodo
dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 14; Propositio
43.
(97) Cfr Propositio 43.
(98) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio post disceptationem, 13.
(99) Cfr ibid.
(100) Cfr Propositio 18.
(101) Cfr Propositio 17.
(102) Cfr NN. 60, 62, 105: AAS 91
[1999], 52-53; 54; 85-86.
(103) Cfr Propositio 24.
(104) Cfr Propositio 25.
(105) Cfr ibid.
(106) Cfr Propositio 27.
(107) Cfr Propositio 29.
(108) Cfr Lett. enc. Redemptoris missio (7
dicembre 1990), 91: AAS 83 (1991), 338.
(109) Propositio 19.
(110) Propositio 8.
(111) Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis
humanae, 2.
(112) Propositio 6.
(113) S. Agostino, De civitate Dei,
XVIII, 51, 2: PL 41, 614; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8.
(114) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Sull'attività
missionaria della Chiesa Ad gentes, 7; cfr Cost. dogm.
sulla Chiesa Lumen gentium, 17.
(115) Paolo VI, Discorso ai Cardinali in
occasione della propria festa onomastica (22 giugno 1973): AAS
65 (1973), 391.
(116) Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988),
18: AAS 81 (1989), 421.
(117) Cfr ibid.; cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 4.
(118) Cfr Catechismo della Chiesa
Cattolica, 775.
(119) Cfr ibid.
(120) Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988),
32: AAS 81 (1989), 451-452.
(121) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa Lumen gentium, 16.
(122) Propositio 13.
(123) Ibid.
(124) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia
del Sinodo dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 6.
(125) Propositio 13; cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 22.
(126) Cfr ibid.
(127) Cfr Propositio 15; Congregazione
per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa
cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis
notio (28 maggio 1992), 3-10: AAS 85 (1993), 839-844.
(128) Cfr Propositio 15.
(129) Cfr. ibid.
(130) Cfr Propositio 16.
(131) Propositio 34.
(132) Cfr Propositio 30; Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre
1990), 51: AAS 83 (1991), 298.
(133) Cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8
dicembre 1975), 58: AAS 68 (1976), 46-49; Giovanni Paolo
II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 51: AAS
83 (1991), 299.
(134) Cfr Propositio 31.
(135) Cfr Propositio 14.
(136) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 6.
(137) Cfr Propositio 50.
(138) Cfr Propositiones 36; 50.
(139) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al
Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Malabarese (8 gennaio
1996), 6: AAS 88 (1996), 41.
(140) Cfr Propositio 50.
(141) Cfr Propositio 56.
(142) Cfr Propositio 51.
(143) Cfr Propositio 52.
(144) Propositio 53.
(145) Cfr Propositio 57.
(146) Cfr Giovanni Paolo II, Lettera sul
pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza (29
giugno 1999), 7: L'Osservatore Romano, 30 giugno – 1
luglio 1999, p. 9.
(147) AAS 56 (1964), 613.
(148) Cfr Propositio 42.
(149) Ibid.
(150) Giovanni Paolo II, Discorso
all'Udienza generale del 26 luglio 1995, 4: Insegnamenti XVIII,
2 (1995), 138.
(151) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso
all'Udienza generale del 20 gennaio 1982, 2: Insegnamenti V,
1 (1982), 162.
(152) Cfr n. 53: AAS 87 (1995), 37.
(153) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 55: AAS 83 (1991), 302.
(154) Cfr ibid., l.c., 304.
(155) N. 4: AAS 83 (1991), 101-102.
(156) N. 56: AAS 83 (1991), 304.
(157) Propositio 41.
(158) Ibid.
(159) Cfr ibid.
(160) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 57: AAS 83 (1991), 305.
(161) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 8: AAS 88
(1996), 383.
(162) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo
rei socialis (30 dicembre 1987), 47: AAS 80 (1988),
582.
(163) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 1.
(164) Per molti aspetti il punto di partenza
fu la Lettera enciclica Rerum novarum di Papa Leone XIII
(15 maggio 1891) che introdusse una serie di solenni
dichiarazioni su vari aspetti della questione sociale. Fra
queste vi è stata la Lettera enciclica Populorum progressio (26
marzo 1967) che Papa Paolo VI pubblicò come risposta agli
insegnamenti del Concilio Vaticano II e alle mutate situazioni
del mondo. Per commemorare il 20 anniversario di questo
Documento ho scritto la Lettera enciclica Sollicitudo rei
socialis (30 dicembre 1987) nella quale, seguendo il
Magistero precedente, ho invitato tutti i fedeli a considerarsi
chiamati ad una missione di servizio che include necessariamente
la promozione dello sviluppo umano integrale.
(165) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo
rei socialis (30 dicembre 1987), 41: AAS 80 (1988),
570-571.
(166) Cfr Congregazione per la Dottrina della
Fede, Istr. sulla libertà cristiana e sulla liberazione Libertatis
conscientia (22 marzo 1986), 72: AAS 79 (1987), 586.
(167) Cfr Propositio 22.
(168) Cfr Propositio 21.
(169) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 5:
AAS 81 (1989), 400-402; Lett. enc. Evangelium vitae (25
marzo 1995), 18: AAS 87 (1995), 419 ss.
(170) Propositio 22; cfr Propositio
39.
(171) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo
rei socialis (30 dicembre 1987), 42: AAS 80 (1988),
573; cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. sulla
libertà cristiana e sulla liberazione Libertatis conscientia
(22 marzo 1986), 68: AAS 79 (1987), 583.
(172) Cfr Propositio 44.
(173) Cfr ibid.
(174) Cfr Propositio 39.
(175) Cfr Propositio 22.
(176) Cfr Propositio 36.
(177) Cfr Propositio 38.
(178) Cfr ibid.
(179) Cfr Propositio 33.
(180) Cfr ibid.
(181) Cfr Propositio 35.
(182) Cfr ibid.
(183) Cfr Propositio 32.
(184) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici
doloris (11 febbraio 1984), 28-29: AAS 76 (1984),
242-244.
(185) Cfr Propositio 20.
(186) Cfr ibid.
(187) Cfr Propositio 21.
(188) Cfr ibid.
(189) Cfr ibid.
(190) Cfr Propositio 23.
(191) Cfr ibid.
(192) Cfr Propositio 55.
(193) 3 Cfr Propositio 49.
(194) Giovanni Paolo II, Messaggio per la
giornata mondiale della pace del 1o gennaio 1998, 3: AAS 90
(1998), 50.
(195) Cfr Propositio 49.
(196) Cfr Propositio 48.
(197) Cfr ibid.; Giovanni Paolo II,
Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994),
51: AAS 87 (1995), 36.
(198) Cfr Propositio 48.
(199) Cfr Propositio 22; Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30
dicembre 1987), 44: AAS 80 (1988), 576 ss.
(200) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor
hominis (4 marzo 1979), 15: AAS 71 (1979), 287.
(201) Cfr ibid.
(202) Cfr Propositio 47.
(203) Hom. in Matth., 50, 3-4: PG 58,
508-509.
(204) Cfr Decr. sull'attività missionaria
della Chiesa Ad gentes, 2 e 35.
(205) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 31: AAS 83 (1991), 277.
(206) Ibid., 42; l.c., 289.
(207) Ibid.
(208) Cfr Propositio 25.
(209) Cfr ibid.
(210) Cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen
gentium, 46.
(211) Cfr Propositio 27.
(212) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap.
post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 103: AAS
88 (1996), 479.
(213) Cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii
nuntiandi (8 dicembre 1975), 69: AAS 68 (1976), 59.
(214) Cfr Propositio 27.
(215) Cfr ibid.
(216) Cfr ibid.
(217) Cfr Propositio 28.
(218) Ibid.
(219) Cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen
gentium, 31.
(220) Cfr Propositio 29.
(221) Cfr ibid.
(222) Cfr ibid.
(223) Giovanni Paolo II, Discorso all'Udienza
generale del 13 luglio 1994, 4: Insegnamenti XVII, 2
(1994), 40.
(224) Cfr Propositio 35.
(225) Cfr ibid.
(226) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa Lumen gentium, 11.
(227) Cfr Assemblea Speciale per l'Asia del
Sinodo dei Vescovi, Relatio ante disceptationem: L'Osservatore
Romano, 22 aprile 1998, p. 6.
(228) Cfr Propositio 32.
(229) Cfr Propositio 33.
(230) Discorso alla Confederazione dei
Consultorii cristiani (29 novembre 1980), 4: Insegnamenti III,
2 (1980), 1454.
(231) Cfr Propositio 34.
(232) Ibid.
(233) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 285.
(234) Ibid.
(235) Ibid.
(236) Cfr Propositio 45.
(237) Cfr ibid.
(238) Cfr ibid.
(239) N. 13: AAS 91 (1999), 142.
(240) Cfr Propositio 59.
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