ESORTAZIONE
APOSTOLICA
POST-SINODALE
ECCLESIA
IN AFRICA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
CIRCA LA CHIESA IN AFRICA
E LA SUA MISSIONE EVANGELIZZATRICE
VERSO L'ANNO 2000
INTRODUZIONE
1.La Chiesa che è in Africa ha
celebrato con gioia e speranza, durante quattro settimane, la sua fede
in Cristo risorto, nel corso di una Assemblea speciale del Sinodo dei
Vescovi. Vivo ne resta ancora il ricordo nella memoria dell'intera
comunità ecclesiale.
Fedeli alla tradizione dei primi
secoli del cristianesimo in Africa, i Pastori di questo continente, in
comunione con il Successore dell'apostolo Pietro ed i membri del
Collegio episcopale venuti da altre regioni del mondo, hanno tenuto un
Sinodo che s'è posto come evento di speranza e di risurrezione, nel
momento stesso in cui le vicende umane sembravano piuttosto spingere
l'Africa allo scoraggiamento e alla disperazione.
I Padri sinodali, assistiti da
qualificati rappresentanti del clero, dei religiosi e del laicato,
hanno sottoposto ad un esame approfondito e realistico le luci e le
ombre, le sfide e le prospettive dell'evangelizzazione in Africa,
all'approssimarsi del terzo millennio della fede cristiana.
I membri dell'Assemblea sinodale
mi hanno domandato di portare a conoscenza di tutta la Chiesa i frutti
delle loro riflessioni e delle loro preghiere, delle loro discussioni
e dei loro scambi.1 Con letizia e con riconoscenza verso il Signore ho
accolto tale richiesta, ed oggi, nel momento stesso in cui, in
comunione con i Pastori e i fedeli della Chiesa cattolica in Africa,
apro la fase celebrativa dell'Assemblea speciale per l'Africa, rendo
noto il testo di questa Esortazione apostolica postsinodale, frutto di
un lavoro collegiale intenso e prolungato.
Ma prima di addentrarmi
nell'esposizione di quanto è maturato nel corso del Sinodo, ritengo
opportuno ripercorrere, seppur velocemente, le varie fasi di un evento
di così decisiva importanza per la Chiesa in Africa.
Il Concilio
2. Il Concilio Ecumenico Vaticano
II può certamente considerarsi, dal punto di vista della storia della
salvezza, come la pietra angolare di questo secolo, prossimo ormai a
sfociare nel terzo millennio. Nel contesto di quel grande avvenimento,
la Chiesa di Dio che è in Africa poté vivere, per parte sua,
autentici momenti di grazia. In effetti, l'idea di un incontro, sotto
una forma o l'altra, di Vescovi dell'Africa per discutere circa
l'evangelizzazione del continente, risale al periodo del Concilio.
Quello storico evento fu veramente il crogiuolo della collegialità e
un'espressione peculiare della comunione affettiva ed effettiva
dell'episcopato mondiale. I Vescovi, in tale occasione, cercarono
di individuare gli strumenti adatti per meglio condividere e rendere
efficace la loro sollecitudine nei confronti di tutte le Chiese (cfr 2
Cor 11, 28) ed iniziarono a proporre, a tale scopo, le opportune
strutture a livello nazionale, regionale e continentale.
Il Simposio delle Conferenze
episcopali d'Africa e Madagascar
3. È in tale clima che i Vescovi
dell'Africa e del Madagascar, presenti al Concilio, decisero
d'istituire un proprio Segretariato Generale col compito di coordinare
i loro interventi, così da presentare in aula, per quanto possibile,
un punto di vista comune. Questa iniziale cooperazione tra i Vescovi
dell'Africa si istituzionalizzò poi con la creazione a Kampala del Simposio
delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar (S.C.E.A.M.). Ciò
avvenne in occasione della visita del Papa Paolo VI in Uganda nel
luglio-agosto del 1969, prima visita in Africa di un Pontefice dei
tempi moderni.
La convocazione
dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi
4. Le Assemblee generali del
Sinodo dei Vescovi, che si susseguirono periodicamente dal 1967 in
poi, offrirono alla Chiesa che è in Africa preziose opportunità di
far sentire la propria voce nell'ambito universale della Chiesa. Così,
nella seconda Assemblea generale ordinaria (1971), i Padri sinodali
dell'Africa colsero con gioia l'occasione che loro si presentava per
invocare una maggiore giustizia nel mondo. La terza Assemblea generale
ordinaria sull'evangelizzazione nel mondo contemporaneo (1974) permise
di prendere in esame particolarmente i problemi dell'evangelizzazione
in Africa. Fu in tale circostanza che i Vescovi del continente,
presenti al Sinodo, pubblicarono un importante messaggio dal titolo «
Promozione dell'evangelizzazione nella corresponsabilità ».2 Poco
dopo, durante l'Anno Santo del 1975, lo S.C.E.A.M. convocò la propria
Assemblea plenaria a Roma, per approfondire il tema
dell'evangelizzazione.
5. In seguito, dal 1977 al 1983,
vari Vescovi, sacerdoti, persone consacrate, teologi e laici
espressero il desiderio di un Concilio oppure di un Sinodo
africano, avente lo scopo di fare il punto sull'evangelizzazione
in Africa in ordine alle grandi scelte da compiere per il futuro del
continente. Accolsi con favore ed incoraggiai l'idea di una «
concertazione nell'una o nell'altra forma » dell'intero episcopato
africano, « per esaminare i problemi religiosi comuni a tutto il
continente ».3 Di conseguenza lo S.C.E.A.M. si preoccupò di cercare
vie e mezzi per condurre a buon fine il progetto di un simile incontro
continentale. Fu organizzata una consultazione delle Conferenze
episcopali e di ciascun Vescovo dell'Africa e del Madagascar, in
seguito alla quale potei convocare un'Assemblea speciale per l'Africa
del Sinodo dei Vescovi. Il 6 Gennaio 1989, nel contesto della solennità
dell'Epifania — ricorrenza liturgica nel corso della quale la Chiesa
prende rinnovata coscienza dell'universalità della sua missione e del
conseguente compito di portare la luce di Cristo a tutti i popoli —,
annunciai di aver preso questa « iniziativa di grande importanza per
la diffusione del Vangelo ». E precisai di averlo fatto accogliendo
l'istanza molte volte e da diverso tempo espressa dai Vescovi
dell'Africa, da sacerdoti, teologi ed esponenti del laicato, « perché
sia promossa un'organica solidarietà pastorale nell'intero
territorio africano ed isole attigue ».4
Un evento di grazia
6. L'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi è stata un momento storico di
grazia: il Signore ha visitato il suo popolo che è in
Africa. In effetti, questo continente vive oggi ciò che può
definirsi un segno dei tempi, un momento propizio, un giorno
di salvezza per l'Africa. Sembra giunta un'« ora dell'Africa »,
un'ora favorevole che invita con insistenza i messaggeri di Cristo a
prendere il largo e a gettare le reti per la pesca (cfr Lc 5,
4). Come agli inizi del cristianesimo l'alto funzionario di Candace,
regina d'Etiopia, felice di avere ricevuto la fede mediante il
Battesimo, proseguì il suo cammino divenendo testimone di Cristo (cfr
At 8, 27-39), così oggi la Chiesa in Africa, piena di gioia e
di riconoscenza per la fede ricevuta, deve proseguire la sua missione
evangelizzatrice, per attrarre i popoli del continente al Signore,
insegnando loro ad osservare quanto Egli ha comandato (cfr Mt 28,
20).
A partire dalla solenne liturgia
eucaristica inaugurale che, il 10 Aprile 1994, ho celebrato nella
Basilica Vaticana insieme con trentacinque Cardinali, un Patriarca,
trentanove Arcivescovi, centoquarantasei Vescovi e novanta sacerdoti,
la Chiesa, Famiglia di Dio,5 popolo dei credenti, si è raccolta
attorno alla tomba di Pietro. Era presente l'Africa con la varietà
dei suoi riti, insieme all'intero popolo di Dio: essa danzava la sua
gioia, esprimendo la sua fede nella vita al suono dei tam-tam e di
altri strumenti musicali africani. In tale occasione, l'Africa ha
sentito di essere, secondo l'espressione di Paolo VI, « nuova patria
di Cristo »,6 terra amata dall'eterno Padre.7 Ecco perché io stesso
ho salutato quel momento di grazia con le parole del Salmista: «
Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in
esso » (Sal 118 [117], 24).
Destinatari dell'Esortazione
7. Con questa Esortazione
apostolica post- sinodale, in comunione con l'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi, desidero rivolgermi in primo luogo ai
Pastori ed ai fedeli cattolici, e poi ai fratelli delle altre
Confessioni cristiane, a quanti professano le grandi religioni
monoteiste, in particolare i seguaci della religione tradizionale
africana, ed a tutti gli uomini di buona volontà che, in un modo o
nell'altro, hanno a cuore lo sviluppo spirituale e materiale
dell'Africa o tengono nelle loro mani le sorti di questo grande
continente.
Innanzitutto il mio pensiero si
rivolge naturalmente agli Africani stessi e a tutti coloro che abitano
il continente; penso, in particolare, ai figli e alle figlie della
Chiesa cattolica: Vescovi, sacerdoti, diaconi, seminaristi, membri
degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica,
catechisti e tutti coloro che fanno del servizio ai loro fratelli
l'ideale della loro esistenza. Desidero confermarli nella fede (cfr Lc
22, 32) ed esortarli a perseverare nella speranza che dona il
Cristo risorto, vincendo ogni tentazione di scoraggiamento.
Piano dell'Esortazione
8. L'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha esaminato in profondità il tema
che le era stato proposto: « La Chiesa in Africa e la sua missione
evangelizzatrice verso l'anno 2000: "Mi sarete testimoni" (At
1, 8) ». Questa Esortazione si sforzerà perciò di seguire da
vicino questo stesso itinerario. Prenderà l'avvio dal momento
storico, vero kairos, in cui s'è tenuto il Sinodo,
esaminandone gli obiettivi, la preparazione, lo svolgimento. Si
soffermerà sull'attuale situazione della Chiesa in Africa, ricordando
le varie fasi dell'impegno missionario. Affronterà, poi, i vari
aspetti della missione evangelizzatrice con cui la Chiesa deve
misurarsi nel momento presente: l'evangelizzazione, l'inculturazione,
il dialogo, la giustizia e la pace, i mezzi di comunicazione sociale.
L'accenno alle urgenze e alle sfide, che interpellano la
Chiesa in Africa nell'immediata vigilia dell'anno 2000, consentirà
di tratteggiare i compiti del testimone di Cristo in Africa, in ordine
ad un più efficace apporto all'edificazione del Regno di Dio. Sarà
così possibile delineare, alla fine, gli impegni della Chiesa in
Africa come Chiesa missionaria: una Chiesa di missione che diventa
essa stessa missionaria: « Mi sarete testimoni [...] fino agli
estremi confini della terra » (At 1, 8).
CAPITOLO
I
UNO
STORICO MOMENTO ECCLESIALE
9. « Questa Assemblea speciale
per l'Africa del Sinodo dei Vescovi è un avvenimento
provvidenziale, per il quale dobbiamo rendere grazie al Padre
onnipotente e misericordioso mediante il Figlio nello Spirito, e
glorificarlo ».8 È con queste parole che i Padri, nel corso della
prima Congregazione generale, hanno solennemente aperto la discussione
relativa al tema del Sinodo. In una precedente occasione, io stesso
avevo già espresso una simile convinzione riconoscendo che «
l'Assemblea speciale è un avvenimento ecclesiale di fondamentale
importanza per l'Africa, un kairos, un momento di grazia, in
cui Dio manifesta la sua salvezza. Tutta la Chiesa è invitata a
vivere pienamente questo tempo di grazia, ad accogliere e a diffondere
la Buona Novella. Lo sforzo di preparazione al Sinodo recherà
beneficio non solo alla celebrazione sinodale stessa, ma si volgerà
sin da ora a favore delle Chiese locali pellegrine in Africa, la
cui fede e la cui testimonianza si rafforzano, rendendole sempre più
mature ».9
Professione di fede
10. Questo momento di grazia si
concretò innanzitutto in una solenne professione di fede. Raccolti
intorno alla Tomba di Pietro per l'inaugurazione dell'Assemblea
speciale, i Padri del Sinodo proclamarono la loro fede, la fede di
Pietro che, rispondendo alla domanda di Cristo: « Forse anche voi
volete andarvene? », rispose: « Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il
Santo di Dio » (Gv 6, 67-69). I Vescovi dell'Africa, nei quali
la Chiesa cattolica trovava in quei giorni una sua particolare
espressione presso la Tomba dell'Apostolo, ribadirono di credere
fermamente che l'onnipotenza e la misericordia dell'unico Dio si sono
manifestate soprattutto nell'Incarnazione redentrice del Figlio di
Dio, Figlio che è consostanziale al Padre nell'unità dello Spirito
Santo e che, in questa unità trinitaria, riceve in pienezza gloria e
onore. Questa — affermarono i Padri — è la nostra fede, questa è
la fede della Chiesa, questa è la fede di tutte le Chiese locali che,
disseminate sul continente africano, sono in cammino verso la casa di
Dio.
Questa fede in Gesù Cristo fu
manifestata in modo costante, con forza e unanimità, negli interventi
dei Padri del Sinodo lungo l'intero svolgimento dell'Assemblea
speciale. Forti di questa fede i Vescovi dell'Africa affidarono il
loro continente a Cristo Signore, convinti che lui solo, col suo
Vangelo e con la sua Chiesa, può salvare l'Africa dalle attuali
difficoltà e guarirla dai suoi numerosi mali.10
11. Al tempo stesso, in occasione
dell'apertura solenne dell'Assemblea speciale, i Vescovi dell'Africa
proclamarono pubblicamente la loro fede nell'« unica Chiesa di
Cristo, che nel simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica
».11 Questi attributi indicano tratti essenziali della Chiesa e della
sua missione. Essa « non se li conferisce da se stessa; è Cristo
che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere
una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a
realizzare ciascuna di queste caratteristiche ».12
Tutti coloro che hanno avuto il
privilegio di assistere alla celebrazione dell'Assemblea speciale per
l'Africa si sono rallegrati nel vedere che i cattolici africani vanno
assumendo sempre più responsabilità nelle loro Chiese locali e si
sforzano di meglio comprendere quel che significa essere cattolici ed
insieme africani. La celebrazione dell'Assemblea speciale ha
manifestato al mondo intero che le Chiese locali dell'Africa hanno un
posto legittimo nella comunione della Chiesa, che esse hanno il
diritto di conservare e sviluppare « proprie tradizioni, rimanendo
integro il primato della Cattedra di Pietro, la quale presiede alla
comunione universale della carità, tutela le varietà legittime, e
insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non nuoccia
all'unità, ma piuttosto la serva ».13
Sinodo di risurrezione,
Sinodo di speranza
12. Per un singolare disegno della
Provvidenza, la solenne inaugurazione dell'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi ebbe luogo la seconda domenica di
Pasqua, a conclusione cioè dell'ottava di Pasqua. I Padri sinodali,
riuniti quel giorno nella Basilica Vaticana, erano ben consapevoli del
fatto che la gioia della loro Chiesa scaturiva dal medesimo evento che
aveva colmato di letizia i cuori degli Apostoli nel giorno di Pasqua:
la risurrezione del Signore Gesù (cfr Lc 24, 40-41). Essi
erano profondamente coscienti della presenza in mezzo a loro del
Signore risorto, che diceva loro come agli Apostoli: « Pace a voi! »
(Gv 20, 21.26). Essi erano consapevoli della sua promessa di
restare con la sua Chiesa per sempre (cfr Mt 28, 20) e, quindi,
anche durante l'intero svolgimento dell'Assemblea sinodale. Il clima
pasquale in cui l'Assemblea speciale iniziò il suo lavoro, con i suoi
componenti uniti nel celebrare la loro fede in Cristo risorto,
richiamava spontaneamente al mio spirito le parole rivolte da Gesù
all'apostolo Tommaso: « Beati quelli che pur non avendo visto
crederanno! » (Gv 20, 29).
13. È stato, in effetti, il
Sinodo della risurrezione e della speranza, come hanno dichiarato con
gioia ed entusiasmo i Padri sinodali nelle prime frasi del loro Messaggio
indirizzato al popolo di Dio. Sono parole che volentieri faccio
mie: « Come Maria Maddalena la mattina della Risurrezione, come i
discepoli di Emmaus dal cuore ardente e dall'intelligenza illuminata,
l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi proclama: Cristo
nostra speranza è risuscitato. Ci ha raggiunti, ha camminato con noi.
Ha commentato per noi le Scritture ed ecco quello che ci ha detto:
"Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora
vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap
1, 17-18) [...]. E come san Giovanni a Patmos, in tempi
particolarmente difficili, ha ricevuto profezie di speranza per il
popolo di Dio, anche noi annunciamo la speranza. In questo stesso
momento in cui tanti odi fratricidi, provocati da interessi politici,
lacerano i nostri popoli, nel momento in cui il peso del debito
internazionale o della svalutazione li schiaccia, noi, Vescovi
dell'Africa, assieme a tutti i partecipanti a questo santo Sinodo,
uniti al Santo Padre e a tutti i nostri Fratelli nell'episcopato che
ci hanno eletti, vogliamo pronunciare una parola di speranza e di
conforto nei tuoi confronti, Famiglia di Dio che sei in Africa: nei
tuoi confronti, Famiglia di Dio sparsa nel mondo: Cristo nostra
speranza è vivo, noi vivremo! ».14
14. Esorto tutto il popolo di Dio
in Africa ad accogliere con animo aperto il messaggio di speranza che
gli è stato indirizzato dall'Assembla sinodale. Durante le loro
discussioni, i Padri del Sinodo, pienamente consapevoli di esser
portatori delle attese non soltanto dei cattolici africani, ma anche
di tutti gli uomini e di tutte le donne di quel continente, hanno
affrontato con chiarezza i molteplici mali che opprimono l'Africa di
oggi. Essi hanno esplorato tutta la complessità e l'estensione di ciò
che la Chiesa è chiamata a compiere per favorire l'auspicato
cambiamento, ma l'hanno fatto con un atteggiamento libero da
pessimismo o da disperazione. Nonostante il panorama prevalentemente
negativo che oggi presentano numerose regioni dell'Africa e malgrado
le tristi esperienze che non pochi paesi attraversano, la Chiesa ha il
dovere di affermare con forza che è possibile superare queste
difficoltà. Essa deve rinvigorire in tutti gli Africani la speranza
in una vera liberazione. La sua fiducia è fondata, in ultima istanza,
sulla consapevolezza della promessa divina, la quale ci assicura che
la nostra storia non è chiusa in se stessa, ma è aperta al Regno di
Dio. Ecco perché né la disperazione né il pessimismo possono essere
giustificati quando si pensa al futuro sia dell'Africa che di ogni
altra parte del mondo.
Collegialità affettiva ed
effettiva
15. Prima di inoltrarmi nella
trattazione dei vari argomenti, vorrei rilevare come il Sinodo dei
Vescovi costituisca uno strumento quanto mai propizio per favorire la
comunione ecclesiale. Quando, verso la fine del Concilio Vaticano II,
il Papa Paolo VI di v.m. istituì il Sinodo, indicò chiaramente che
una delle sue finalità essenziali sarebbe stata quella di esprimere e
promuovere, sotto la guida del Successore di Pietro, la comunione
reciproca dei Vescovi sparsi nel mondo.15 Il principio soggiacente
all'istituzione del Sinodo dei Vescovi è semplice: più è salda la
comunione dei Vescovi tra loro, più risulta arricchita la comunione
della Chiesa stessa nel suo insieme. La Chiesa in Africa è testimone
della verità di queste parole, perché ha fatto l'esperienza
dell'entusiasmo e dei concreti risultati che hanno accompagnato i
preparativi dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi a lei dedicata.
16. In occasione del mio primo
incontro con il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei
Vescovi, radunato in vista dell'Assemblea speciale per l'Africa,
indicai la ragione per la quale era parso opportuno convocare questa
Assemblea: la promozione di « una solidarietà pastorale organica in
tutto il territorio africano e nelle isole adiacenti ».16 Con questa
espressione intendevo abbracciare gli scopi e gli obiettivi principali
verso i quali detta Assemblea avrebbe dovuto orientarsi. Per meglio
chiarire le mie aspettative, aggiunsi che le riflessioni in
preparazione dell'Assemblea avrebbero dovuto riguardare « tutti gli
aspetti importanti della vita della Chiesa in Africa, comprendendo, in
particolare, l'evangelizzazione, l'inculturazione, il dialogo, la cura
pastorale in campo sociale e i mezzi di comunicazione sociale ».17
17. Durante le mie visite
pastorali in Africa, mi sono riferito di frequente all'Assemblea
speciale per l'Africa ed ai principali obiettivi per i quali essa era
stata convocata. Quando ho partecipato, per la prima volta sul suolo
africano, ad una riunione del Consiglio del Sinodo, non ho mancato di
sottolineare la mia convinzione che un'Assemblea sinodale non può
ridursi ad una consultazione su argomenti pratici. La sua vera ragion
d'essere sta nel fatto che la Chiesa non può crescere se non
rafforzando la comunione tra i suoi membri, a cominciare dai suoi
Pastori.18
Ogni Assemblea sinodale manifesta
e sviluppa la solidarietà tra i capi delle Chiese particolari nel
compimento della loro missione oltre i confini delle rispettive
diocesi. Come ha insegnato il Concilio Vaticano II, « i Vescovi, sia
come legittimi successori degli Apostoli sia come membri del collegio
episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti e dimostrarsi
solleciti di tutte le Chiese; pensando che per divina disposizione e
comando del dovere apostolico ognuno di essi, insieme con gli altri
Vescovi, è garante della Chiesa ».19
18. Il tema che ho assegnato
all'Assemblea speciale — « La Chiesa in Africa e la sua missione
evangelizzatrice verso l'anno 2000: "Mi sarete testimoni" (At
1, 8) » — manifesta il mio desiderio che questa Chiesa viva il
tempo fino al Grande Giubileo come un « nuovo Avvento », tempo di
attesa e di preparazione. Considero infatti la preparazione all'anno
2000 come una delle chiavi di interpretazione del mio Pontificato.20
Le Assemblee sinodali che si sono
succedute nell'arco di quasi trent'anni — le Assemblee Generali e
quelle Speciali continentali, regionali o nazionali — si situano
tutte in questa prospettiva di preparazione del Grande Giubileo. Il
fatto che l'evangelizzazione sia il tema di tutte queste Assemblee
sinodali sta ad indicare quanto viva sia oggi nella Chiesa la
coscienza della missione salvifica ricevuta da Cristo. Tale presa di
coscienza si manifesta con una particolare evidenza nelle Esortazioni
apostoliche post-sinodali dedicate all'evangelizzazione, alla
catechesi, alla famiglia, alla penitenza ed alla riconciliazione nella
vita della Chiesa e dell'intera umanità, alla vocazione e alla
missione dei laici, alla formazione dei presbiteri.
In piena comunione con la
Chiesa universale
19. Sin dall'inizio della
preparazione dell'Assemblea speciale è stato mio vivo desiderio,
pienamente condiviso dal Consiglio della Segreteria Generale, di far sì
che questo Sinodo fosse autenticamente africano, senza equivoci. Era
al tempo stesso di fondamentale importanza che l'Assemblea speciale
fosse celebrata in piena comunione con la Chiesa universale. In
effetti, l'Assemblea ha sempre tenuto conto della Chiesa universale.
Reciprocamente, quando venne il momento di pubblicare i Lineamenta,
non mancai di invitare i miei Fratelli nell'episcopato e tutto il
popolo di Dio sparso per il mondo a ricordare nella preghiera
l'Assemblea speciale per l'Africa ed a sentirsi coinvolti nelle
attività promosse in vista di tale evento.
Questa Assemblea, come ho spesso
avuto modo di ribadire, riveste notevole importanza per la Chiesa
universale, non solamente a motivo dell'interesse che la sua
convocazione ha suscitato dappertutto, ma anche per la natura stessa
della comunione ecclesiale che trascende ogni frontiera di tempo e di
spazio. Di fatto, l'Assemblea speciale ha ispirato molte preghiere e
buone opere, con le quali i singoli fedeli e le comunità della Chiesa
negli altri continenti hanno accompagnato lo svolgimento del Sinodo. E
come dubitare che, nel mistero della comunione ecclesiale, ad esso
siano venute in sostegno anche le preghiere dei santi nel Cielo?
Quando ho disposto che la prima
fase dei lavori dell'Assemblea speciale si tenesse a Roma, l'ho deciso
per sottolineare ancor più eloquentemente la comunione che lega la
Chiesa che è in Africa con la Chiesa universale, sì da evidenziare
l'impegno di tutti i fedeli in favore dell'Africa.
20. La solenne concelebrazione
eucaristica di apertura del Sinodo, che ho presieduto nella Basilica
di san Pietro, ha posto in rilievo l'universalità della Chiesa in
modo meraviglioso e commovente. Questa universalità, « che non è
uniformità ma comunione di differenze compatibili con il Vangelo »,21
è stata vissuta da tutti i Vescovi. Tutti avevano consapevolezza di
essere stati consacrati in quanto membri del corpo episcopale che
succede al Collegio degli Apostoli, non solo per una diocesi, ma per
la salvezza del mondo intero.22
Rendo grazie a Dio Onnipotente per
l'occasione che ci ha donato di sperimentare, grazie all'Assemblea
speciale, ciò che comporta un'autentica cattolicità. « In virtù di
questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre
parti e a tutta la Chiesa ».23
Un messaggio pertinente e
credibile
21. Secondo i Padri sinodali, la
questione principale che la Chiesa in Africa deve affrontare consiste
nel descrivere con tutta la chiarezza possibile ciò che essa è e ciò
che deve realizzare in pienezza, perché il suo messaggio sia
pertinente e credibile.24 Tutte le discussioni in Assemblea hanno
fatto riferimento a tale esigenza veramente essenziale e fondamentale,
che è un'autentica sfida per la Chiesa in Africa.
È senz'altro vero « che lo
Spirito Santo è l'agente principale dell'evangelizzazione: è Lui che
spinge ad annunciare il Vangelo e che nell'intimo delle coscienze fa
accogliere e comprendere la parola della salvezza ».25 Ma,
riaffermata questa verità, l'Assemblea speciale ha voluto giustamente
aggiungere che l'evangelizzazione è anche una missione che il Signore
Gesù ha affidato alla sua Chiesa sotto la guida e la potenza dello
Spirito. È necessaria la nostra cooperazione mediante la preghiera
fervente, una grande riflessione, adeguati progetti e la mobilitazione
delle risorse.26
Il dibattito sinodale sul tema
della pertinenza e della credibilità del messaggio
della Chiesa in Africa non poteva non implicare una riflessione sulla credibilità
stessa degli annunciatori di tale messaggio. I Padri hanno
affrontato la questione in modo diretto, con profonda sincerità,
aliena da ogni indulgenza. Di questo s'era già occupato il Papa Paolo
VI che, con parole memorabili, aveva ricordato: « Si ripete spesso,
oggi, che il nostro secolo ha sete di autenticità. Soprattutto a
proposito dei giovani, si afferma che hanno orrore del fittizio, del
falso, e ricercano sopra ogni cosa la verità e la trasparenza. Questi
segni dei tempi dovrebbero trovarci all'erta. Tacitamente o con
alte grida, ma sempre con forza, ci domandano: Credete veramente a
quello che annunziate? Vivete quello che credete? Predicate veramente
quello che vivete? La testimonianza della vita è divenuta più che
mai una condizione essenziale per l'efficacia profonda della
predicazione. Per questo motivo, eccoci responsabili, fino ad un certo
punto, della riuscita del Vangelo che proclamiamo ».27
Ecco perché, in riferimento alla
missione evangelizzatrice della Chiesa nel campo della giustizia e
della pace, io stesso ho detto: « Oggi più che mai la Chiesa è
cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza
delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna ».28
22. Come non richiamare qui che
l'ottava Assemblea Plenaria dello S.C.E.A.M., tenutasi a Lagos, in
Nigeria, nel 1987, aveva già preso in considerazione con notevole
chiarezza la questione della credibilità e della pertinenza del
messaggio della Chiesa in Africa? Quella stessa Assemblea aveva
dichiarato che la credibilità della Chiesa in Africa dipendeva da
Vescovi e sacerdoti capaci di dare, sulle orme di Cristo, la
testimonianza di una vita esemplare; da religiosi realmente fedeli,
autentici testimoni con il loro modo di vivere i consigli evangelici;
da un laicato dinamico, con genitori profondamente credenti, educatori
coscienti delle loro responsabilità, dirigenti politici animati da
profondo senso morale.29
Famiglia di Dio in cammino
sinodale
23. Rivolgendomi il 23 giugno 1989
ai Membri del Consiglio della Segreteria Generale, insistei molto
sulla partecipazione dell'intero popolo di Dio, a tutti i livelli,
specialmente in Africa, alla preparazione dell'Assemblea speciale. «
Se è ben preparata, dissi, la sessione del Sinodo permetterà di
coinvolgere tutti i settori della comunità cristiana: singoli,
piccole comunità, parrocchie, diocesi ed istituzioni locali,
nazionali ed internazionali ».30
Tra l'inizio del mio Pontificato e
l'inaugurazione dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi, ho potuto effettuare dieci Visite pastorali in Africa e in
Madagascar, raggiungendo trentasei nazioni. In occasione dei Viaggi
apostolici successivi alla convocazione dell'Assemblea speciale, il
tema del Sinodo e quello della necessità per tutti i fedeli di
prepararsi all'Assemblea sinodale sono sempre stati presenti in
maniera preminente nei miei incontri con il popolo di Dio in Africa.
Ho anche approfittato delle visite ad limina dei Vescovi di
quel continente per sollecitare la collaborazione di tutti alla
preparazione dell'Assemblea speciale per l'Africa. In tre occasioni
diverse, poi, ho tenuto, insieme al Consiglio della Segreteria
Generale del Sinodo, sessioni di lavoro sul suolo africano: a
Yamoussoukro, in Costa d'Avorio (1990), a Luanda, in Angola (1992) e a
Kampala, in Uganda (1993), sempre in vista di chiamare gli Africani a
prendere parte attiva e corale alla preparazione dell'Assemblea
sinodale.
24. La presentazione, il 25 luglio
1990, dei Lineamenta a Lomé, in Togo, in occasione della nona
Assemblea generale dello S.C.E.A.M., è stata senz'altro una tappa
nuova e importante dell'iter preparatorio all'Assemblea speciale. Si
può ben dire che la pubblicazione dei Lineamenta ha avviato
decisamente i preparativi del Sinodo in tutte le Chiese particolari
dell'Africa. L'Assemblea dello S.C.E.A.M. a Lomé ha adottato una Preghiera
per l'Assemblea speciale ed ha chiesto che fosse recitata, sia in
pubblico che in privato, in tutte le parrocchie africane fino alla
celebrazione del Sinodo. Questa iniziativa dello S.C.E.A.M. è stata
veramente felice e non è passata inosservata nella Chiesa universale.
Per favorire, poi, la diffusione
dei Lineamenta, parecchie Conferenze episcopali e diocesi hanno
tradotto il documento nella loro lingua, come, per esempio, in swahili,
arabo, malgascio ed altri idiomi. « Pubblicazioni, conferenze e
simposi sui temi del Sinodo sono stati organizzati da diverse
Conferenze episcopali, Istituti di teologia e seminari, Associazioni
di Istituti di vita consacrata, diocesi, alcuni importanti giornali e
periodici, singoli Vescovi e teologi ».31
25. Rendo vivamente grazie a Dio
Onnipotente per la cura attenta con cui sono stati redatti i Lineamenta
e l'Instrumentum laboris 32 del Sinodo. È stato un impegno
affrontato e svolto da africani, Vescovi ed esperti, a cominciare
dalla Commissione antepreparatoria del Sinodo, nel gennaio e nel marzo
1989. La Commissione fu poi rilevata dal Consiglio della Segreteria
Generale dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi,
da me istituito il 20 giugno 1989.
Sono profondamente riconoscente,
inoltre, al gruppo di lavoro che ha così ben curato le liturgie
eucaristiche per l'apertura e la chiusura del Sinodo. Il gruppo, che
contava tra i suoi membri teologi, liturgisti ed esperti in canti e
strumenti africani d'espressione liturgica, ha voluto far sì, secondo
il mio desiderio, che esse fossero segnate da un chiaro carattere
africano.
26. Ora devo aggiungere che la
risposta degli Africani al mio appello a partecipare alla preparazione
del Sinodo è stata veramente ammirevole. L'accoglienza riservata ai Lineamenta,
sia all'interno che al di fuori delle comunità ecclesiali
africane, ha superato largamente ogni previsione. Molte Chiese locali
si sono servite dei Lineamenta per mobilitare i fedeli e, fin
d'ora, possiamo senz'altro dire che i frutti del Sinodo cominciano a
manifestarsi in un nuovo impegno e in una rinnovata presa di coscienza
dei cristiani d'Africa.33
Lungo le diverse fasi della
preparazione dell'Assemblea speciale, numerosi membri della Chiesa in
Africa — clero, religiosi, religiose, laici — si sono inseriti in
maniera esemplare nell'itinerario sinodale, « camminando insieme »,
mettendo ciascuno i propri talenti al servizio della Chiesa e pregando
insieme con fervore per il successo del Sinodo. Più d'una volta gli
stessi Padri del Sinodo hanno segnalato, nel corso dell'Assemblea
sinodale, che il loro lavoro veniva facilitato grazie proprio alla «
preparazione accurata e minuziosa di questo Sinodo, svoltasi con il
coinvolgimento attivo di tutta la Chiesa in Africa ad ogni livello ».34
Dio vuole salvare l'Africa
27. L'Apostolo dei Gentili ci dice
che Dio « vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla
conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il
mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, che ha dato se
stesso in riscatto per tutti » (1 Tm 2, 4-6). Poiché Dio
chiama tutti gli uomini ad un unico e medesimo destino, che è divino,
« dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità
di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale
».35 L'amore redentore di Dio abbraccia l'intera umanità, ogni
razza, tribù e nazione: abbraccia quindi anche le popolazioni del
continente africano. La Provvidenza divina volle che l'Africa fosse
presente durante la Passione di Cristo nella persona di Simone di
Cirene, costretto dai soldati romani ad aiutare il Signore nel portare
la Croce (cfr Mc 15, 21).
28. La liturgia della sesta
domenica di Pasqua del 1994, durante la solenne Celebrazione
eucaristica per la conclusione della Sessione di lavoro dell'Assemblea
speciale, mi offrì l'occasione di sviluppare una riflessione sul
disegno salvifico di Dio nei confronti dell'Africa. Una delle letture
bibliche, tratta dagli Atti degli Apostoli, rievocava un avvenimento
che può essere considerato come il primo passo nella missione
della Chiesa verso i pagani: il racconto della visita fatta da
Pietro, sotto l'impulso dello Spirito Santo, alla casa di un pagano,
il centurione Cornelio. Fino a quel momento il Vangelo era stato
proclamato soprattutto tra gli ebrei. Dopo aver esitato non poco,
Pietro, illuminato dallo Spirito, decise di recarsi nella casa di un
pagano. Arrivato colà, fu gioiosamente sorpreso per il fatto che il
centurione attendeva Cristo e il Battesimo. Il libro degli Atti degli
Apostoli riferisce: « I fedeli circoncisi, che erano venuti con
Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il
dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e
glorificare Dio » (10, 45-46).
In casa di Cornelio, in un certo
senso, si riprodusse il miracolo della Pentecoste. Pietro disse
allora: « In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze
di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo
appartenga, è a lui accetto [...]. Forse che si può proibire che
siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito
Santo al pari di noi? » (At 10, 34-35.47).
Cominciò così la missione della
Chiesa ad gentes, della quale Paolo di Tarso diventerà il
principale araldo. I primi missionari arrivati nel cuore dell?Africa
hanno certamente conosciuto una meraviglia simile a quella
sperimentata dai cristiani dei tempi apostolici davanti all'effusione
dello Spirito Santo.
29. Il disegno di Dio per la
salvezza dell'Africa sta all'origine della diffusione della Chiesa nel
continente africano. Essendo tuttavia la Chiesa, secondo la volontà
di Cristo, per sua natura missionaria, ne segue che la Chiesa in
Africa è chiamata ad assumere essa stessa un ruolo attivo al servizio
del progetto salvifico di Dio. Per questo ho spesso detto che « la
Chiesa in Africa è la Chiesa missionaria e di missione ».36
L'Assemblea speciale per l'Africa
del Sinodo dei Vescovi ha avuto il compito di esaminare gli strumenti
mediante i quali gli Africani potranno meglio realizzare il mandato
che il Signore risorto ha donato ai suoi discepoli: « Andate, dunque,
ed ammaestrate tutte le nazioni » (Mt 28, 19).
CAPITOLO
II
LA
CHIESA IN AFRICA
I. Breve storia
dell'Evangelizzazione nel Continente
30. Il giorno dell'apertura
dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, prima
assise del genere nella storia, i Padri sinodali hanno ricordato
alcune delle meraviglie operate da Dio nel corso dell'evangelizzazione
dell'Africa. È una storia che risale all'epoca della nascita stessa
della Chiesa. La diffusione del Vangelo in Africa è avvenuta in fasi
diverse. I primi secoli del cristianesimo videro l'evangelizzazione
dell'Egitto e dell'Africa del Nord. Una seconda fase, riguardante le
regioni di quel continente situate al sud del Sahara, ha avuto luogo
nei secoli XV e XVI. Una terza fase, caratterizzata da uno sforzo
missionario straordinario, è iniziata nel XIX secolo.
Prima fase
31. In un messaggio ai Vescovi e a
tutti i popoli dell'Africa in ordine alla promozione del benessere
materiale e spirituale del continente, il mio venerato predecessore
Paolo VI richiamò con parole memorabili il glorioso splendore del
passato cristiano dell'Africa. « Pensiamo alle Chiese cristiane
d'Africa, l'origine delle quali risale ai tempi apostolici ed è
legata, secondo la tradizione, al nome e all'insegnamento
dell'evangelista Marco. Pensiamo alla schiera innumerevole di santi,
martiri, confessori, vergini, che ad esse appartengono. In realtà,
dal secolo II al secolo IV la vita cristiana nelle regioni
settentrionali dell'Africa fu intensissima e all'avanguardia tanto
nello studio teologico quanto nella espressione letteraria. Balzano
alla memoria i nomi dei grandi dottori e scrittori, come Origene,
sant'Atanasio, san Cirillo, luminari della Scuola alessandrina, e,
sull'altro lembo della sponda mediterranea africana, Tertulliano, san
Cipriano, e soprattutto sant'Agostino, una delle luci più fulgenti
della cristianità. Ricorderemo i grandi santi del deserto, Paolo,
Antonio, Pacomio, primi fondatori del monachesimo, diffusosi poi, sul
loro esempio, in Oriente e in Occidente. E, tra i tanti altri, non
vogliamo omettere il nome di san Frumenzio, chiamato Abba Salama, il
quale, consacrato vescovo da sant'Atanasio, fu l'apostolo dell'Etiopia
».37 Durante questi primi secoli della Chiesa in Africa, anche alcune
donne hanno reso la loro testimonianza a Cristo. Tra esse è doverosa
una menzione particolare delle sante Felicita e Perpetua, di santa
Monica e di santa Tecla.
« Questi luminosi esempi, come
pure le figure dei santi Papi africani Vittore I, Melchiade e Gelasio
I, appartengono al patrimonio comune della Chiesa, e gli scritti degli
autori cristiani d'Africa ancor oggi sono fondamentali per
approfondire, alla luce della Parola di Dio, la storia della salvezza.
Nel ricordo delle antiche glorie dell'Africa cristiana, noi
desideriamo esprimere il nostro profondo rispetto per le Chiese con le
quali non siamo in piena comunione: la Chiesa greca del Patriarcato di
Alessandria, la Chiesa copta dell'Egitto e la Chiesa etiopica, che
hanno in comune con la Chiesa cattolica l'origine e l'eredità
dottrinale e spirituale dei grandi Padri e Santi, non soltanto della
loro terra, ma di tutta la Chiesa antica. Esse hanno molto operato e
sofferto per mantenere vivo il nome cristiano in Africa attraverso le
vicende dei tempi ».38 Tali Chiese recano ancora oggi la
testimonianza della vitalità cristiana che esse attingono dalle loro
radici apostoliche, particolarmente in Egitto e in Etiopia e, fino al
XVII secolo, in Nubia. Sul resto del continente cominciava allora
un'altra tappa dell'evangelizzazione.
Seconda fase
32. Nei secoli XV e XVI,
l'esplorazione della costa africana da parte dei portoghesi fu ben
presto accompagnata dall'evangelizzazione delle regioni dell'Africa
situate a sud del Sahara. Tale sforzo riguardava, tra altre zone, le
regioni dell'attuale Benin, di São Tomé, dell'Angola, del Mozambico
e del Madagascar.
Il 7 giugno 1992, domenica di
Pentecoste, in occasione della commemorazione dei 500 anni
dell'evangelizzazione dell'Angola, a Luanda, ebbi a dire tra l'altro:
« Gli Atti degli Apostoli indicano con il loro nome gli abitanti di
diversi luoghi che presero direttamente parte alla nascita della
Chiesa ad opera del soffio dello Spirito Santo. Ecco ciò che tutti
dicevano: "Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi
opere di Dio" (At 2, 11). Cinquecento anni fa, a questo
coro di lingue si sono aggiunti i popoli dell'Angola. In quel momento,
nella vostra Patria africana, si è rinnovata la Pentecoste di
Gerusalemme. I vostri antenati udirono il messaggio della Buona
Novella, che è la lingua dello Spirito. I loro cuori accolsero per la
prima volta questa parola ed essi chinarono il capo nell'acqua del
fonte battesimale, in cui l'uomo, ad opera dello Spirito Santo, muore
insieme a Cristo crocifisso e rinasce a nuova vita nella sua
risurrezione [...]. Fu certamente lo stesso Spirito a spingere quegli
uomini di fede, i primi missionari, che nel 1491 approdarono alla foce
del fiume Zaire, a Pinda, dando inizio ad una vera e propria epopea
missionaria. Fu ancora lo Spirito Santo, operante a modo suo nel cuore
degli uomini, che spinse il grande re del Congo Nzinga-a-Nkuwu a
sollecitare la venuta di missionari per annunciare il Vangelo. Fu lo
Spirito Santo che sostenne la vita di quei quattro primi cristiani
angolani che, di ritorno dall'Europa, testimoniarono il valore della
fede cristiana. Dopo i primi missionari, molti altri vennero dal
Portogallo e da altri paesi europei per continuare, ampliare e
consolidare l'opera iniziata».39
Un certo numero di sedi episcopali
fu eretto durante tale periodo, e una delle primizie di questo impegno
missionario fu la consacrazione a Roma, nel 1518, da parte di Leone X,
di Don Enrico, figlio di Don Alfonso I, re del Congo, come vescovo
titolare di Utica. Don Enrico diventò così il primo vescovo
autoctono dell'Africa nera.
Fu in quel periodo, esattamente
nell'anno 1622, che il mio predecessore Gregorio XV eresse stabilmente
la Congregazione De Propaganda Fide con lo scopo di meglio
organizzare e sviluppare le missioni.
A causa di difficoltà di vario
genere, la seconda fase dell'evangelizzazione dell'Africa si concluse
nel XVIII secolo con l'estinzione di pressoché tutte le missioni
nelle regioni situate a sud del Sahara.
Terza fase
33. La terza fase di
evangelizzazione sistematica dell'Africa cominciò nel XIX secolo,
periodo caratterizzato da uno sforzo straordinario, promosso dai
grandi apostoli e animatori della missione africana. Fu un periodo di
rapida crescita, come mostrano chiaramente le statistiche presentate
all'Assemblea sinodale dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei
Popoli.40 L'Africa ha risposto molto generosamente alla chiamata di
Cristo. In questi ultimi decenni numerosi paesi africani hanno
celebrato il primo centenario dell'inizio della loro evangelizzazione.
Veramente la crescita della Chiesa in Africa, da cent'anni a questa
parte, costituisce una meraviglia della grazia di Dio.
La gloria e lo splendore del
periodo contemporaneo dell'evangelizzazione in Africa sono illustrati
in modo mirabile dai santi che l'Africa moderna ha donato alla Chiesa.
Papa Paolo VI ebbe modo di esprimere con eloquenza questa realtà
quando canonizzò i martiri dell'Uganda nella Basilica di San Pietro,
in occasione della Giornata Missionaria Mondiale del 1964: « Questi
martiri africani aggiungono all'albo dei vittoriosi, qual è il
Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di
aggiungersi a quelle meravigliose dell'Africa antica [...]. L'Africa,
bagnata dal sangue di questi Martiri, primi dell'èra nuova (oh, Dio
voglia che siano gli ultimi, tanto il loro olocausto è grande e
prezioso!), risorge libera e redenta ».41
34. La lista dei santi che
l'Africa dona alla Chiesa, lista che è il suo più grande titolo di
onore, continua ad allungarsi. Come potremmo non menzionare, tra i più
recenti, Clementina Anwarite, vergine e martire dello Zaire, che ho
beatificato in terra africana nel 1985, Vittoria Rasoamanarivo, del
Madagascar e Giuseppina Bakhita, del Sudan, beatificate anch'esse
durante il mio Pontificato? E come non ricordare il beato Isidoro
Bakanja, martire dello Zaire, che ho avuto il privilegio di elevare
all'onore degli altari durante l'Assemblea speciale per l'Africa?
« Altre cause stanno maturando. La
Chiesa in Africa deve provvedere a redigere il suo proprio
Martirologio, aggiungendo alle magnifiche figure dei primi secoli
[...] i martiri e i santi degli ultimi tempi ».42
Di fronte alla formidabile
crescita della Chiesa in Africa durante gli ultimi cent'anni, di
fronte ai frutti di santità che sono stati ottenuti, non vi è che
un'unica spiegazione possibile: tutto ciò è dono di Dio, poiché
nessuno sforzo umano avrebbe potuto compiere una simile opera in un
periodo relativamente così breve. Tuttavia, non c'è posto per un
trionfalismo umano. Facendo memoria dello splendore glorioso della
Chiesa in Africa, i Padri sinodali hanno voluto soltanto celebrare le
meraviglie compiute da Dio per la liberazione e la salvezza
dell'Africa.
« Ecco l'opera del Signore,
una meraviglia ai nostri occhi » (Sal 118 [117], 23).
« Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome » (Lc 1, 49).
Omaggio ai missionari
35. La splendida crescita e le
realizzazioni della Chiesa in Africa sono dovute in gran parte
all'eroica e disinteressata dedizione di generazioni di missionari. Ciò
è da tutti riconosciuto. La terra benedetta dell'Africa è, in
effetti, disseminata di tombe di valorosi araldi del Vangelo.
Quando i Vescovi dell'Africa si
sono incontrati a Roma per l'Assemblea speciale, erano ben consapevoli
del debito di riconoscenza che il loro continente ha verso i suoi
antenati nella fede.
Nel discorso rivolto alla prima
Assemblea dello S.C.E.A.M. a Kampala, il 31 luglio 1969, Papa Paolo VI
fece riferimento a questo debito di riconoscenza: « Voi Africani
siete oramai i missionari di voi stessi. La Chiesa di Cristo è
davvero piantata in questa terra benedetta (cfr Decr. Ad gentes, 6).
Un dovere dobbiamo noi compiere: noi dobbiamo ricordare coloro che
hanno in Africa, prima di voi ed ancora oggi con voi, predicato il
Vangelo, come ci ammonisce la Sacra Scrittura: "Ricordatevi dei
vostri predecessori, che vi hanno annunciato la parola di Dio, e
considerando la fine della loro vita, imitate la loro fede" (Eb
13, 7). È una storia che non dobbiamo dimenticare. Essa
conferisce alla Chiesa locale la nota della sua autenticità e della
sua nobiltà, la nota "apostolica"; essa è un dramma di
carità, di eroismo, di sacrificio, che fa grande e santa, fin
dall'origine, la Chiesa africana ».43
36. L'Assemblea speciale ha
degnamente assolto questo debito di riconoscenza in occasione della
sua prima Congregazione generale, quando ha dichiarato: « È il caso
qui di rendere un vibrante omaggio ai missionari, uomini e
donne di tutti gli Istituti religiosi e secolari, e a tutti i paesi
che, nel corso dei 2000 anni circa di evangelizzazione del continente
africano [...] si sono dedicati intensamente a trasmettere la fiamma
della fede cristiana [...]. Ecco perché noi, felici eredi di questa
meravigliosa avventura, vogliamo rendere grazie a Dio in questa
solenne circostanza ».44
Nel Messaggio al popolo di
Dio i Padri sinodali hanno rinnovato con vigore l'omaggio ai
missionari, ma non hanno dimenticato di rendere omaggio ai figli ed
alle figlie dell'Africa, specialmente ai catechisti ed agli
interpreti, che hanno collaborato con loro.45
37. È grazie alla grande epopea
missionaria, di cui il continente africano è stato teatro
particolarmente durante gli ultimi due secoli, che abbiamo potuto
incontrarci a Roma per celebrare l'Assemblea speciale per l'Africa. Il
seme a suo tempo sparso ha recato frutti abbondanti. I miei Fratelli
nell'episcopato, figli dei popoli dell'Africa, ne sono eloquenti
testimoni. Insieme con i loro presbiteri, essi portano ormai sulle
spalle gran parte del lavoro dell'evangelizzazione. L'attestano anche
i numerosi figli e figlie dell'Africa che aderiscono alle antiche
Congregazioni missionarie o che entrano nei nuovi Istituti nati in
terra africana, raccogliendo nelle loro mani la fiaccola della
consacrazione totale al servizio di Dio e del Vangelo.
Radicamento e crescita della
Chiesa
38. Il fatto che nell'arco di
quasi due secoli il numero dei cattolici in Africa sia rapidamente
cresciuto costituisce di per sé un risultato notevole sotto ogni
punto di vista. Confermano, in particolare, il consolidamento della
Chiesa nel continente elementi quali il sensibile e rapido aumento del
numero delle circoscrizioni ecclesiastiche, la crescita del clero
autoctono, dei seminaristi e dei candidati negli Istituti di vita
consacrata, la progressiva estensione della rete dei catechisti, il
cui contributo alla diffusione del Vangelo fra le popolazioni africane
è a tutti ben noto. Di fondamentale rilievo è, infine, l'alta
percentuale di Vescovi nativi, che compongono ormai la Gerarchia nel
continente.
I Padri sinodali hanno preso atto
di numerosi passi assai significativi compiuti dalla Chiesa in Africa
nei campi dell'inculturazione e del dialogo ecumenico.46 Le notevoli e
meritorie realizzazioni nel campo dell'educazione sono universalmente
riconosciute.
Anche se i cattolici costituiscono
solo il quattordici per cento della popolazione africana, le
istituzioni cattoliche nel campo della sanità rappresentano il
diciassette per cento dell'insieme delle strutture sanitarie di tutto
il continente.
Le iniziative intraprese con
coraggio dalle giovani Chiese dell'Africa per portare il Vangelo «
fino agli estremi confini della terra » (At 1, 8) sono
sicuramente degne di nota. Gli Istituti missionari sorti in Africa si
sono numericamente accresciuti ed hanno iniziato a fornire missionari
non solo per i paesi del continente, ma anche per altre regioni della
terra. Sacerdoti diocesani d'Africa, il cui numero sta lentamente
crescendo, cominciano a rendersi disponibili, per periodi limitati,
come presbiteri fidei donum, in altre diocesi, povere di
personale, nella loro nazione o altrove. Le province africane degli
Istituti religiosi di diritto pontificio, sia maschili che femminili,
hanno anch'esse visto aumentare i loro membri. In tal modo la Chiesa
si pone al servizio dei popoli africani; essa accetta inoltre di
essere coinvolta nello « scambio di doni » con altre Chiese
particolari nell'ambito dell'intero popolo di Dio. Tutto questo
manifesta, in modo tangibile, la maturità raggiunta dalla Chiesa in
Africa: è questo che ha reso possibile la celebrazione dell'Assemblea
speciale del Sinodo dei Vescovi.
Che cosa è diventata
l'Africa?
39. Poco meno di trent'anni fa,
non pochi paesi africani si rendevano indipendenti rispetto alle
potenze coloniali. Questo ha suscitato grandi attese per quanto
riguarda lo sviluppo politico, economico, sociale e culturale dei
popoli africani. Benché « in alcuni paesi la situazione interna,
purtroppo, non si sia ancora consolidata, e la violenza abbia avuto o
abbia ancora talvolta il sopravvento, ciò non può dar luogo ad una
condanna generale che coinvolga tutto un popolo o tutta una nazione o,
peggio ancora, tutto un continente ».47
40. Ma qual è la situazione reale
d'insieme del continente africano oggi, specialmente dal punto di
vista della missione evangelizzatrice della Chiesa? I Padri sinodali,
in proposito, si sono posti innanzitutto una domanda: « In un
continente saturo di cattive notizie, in che modo il messaggio
cristiano costituisce una "buona novella" per il nostro
popolo? In mezzo ad una disperazione che invade ogni cosa, dove sono
la speranza e l'ottimismo che il Vangelo reca con sé?
L'evangelizzazione promuove molti di quei valori essenziali che tanto
mancano al nostro continente: speranza, pace, gioia, armonia, amore e
unità ».48
Dopo aver sottolineato,
giustamente, che l'Africa è un immenso continente con situazioni
molto diverse e che occorre per questo evitare di generalizzare sia
nel valutare problemi che nel suggerire soluzioni, l'Assemblea
sinodale ha dovuto con dolore rilevare: « Una situazione comune è,
senza dubbio, il fatto che l'Africa sia piena di problemi: in quasi
tutte le nostre nazioni c'è una miseria spaventosa, cattiva
amministrazione delle scarse risorse disponibili, instabilità
politica e disorientamento sociale. Il risultato è sotto i nostri
occhi: squallore, guerre, disperazione. In un mondo controllato dalle
nazioni ricche e potenti, l'Africa è praticamente divenuta
un'appendice senza importanza, spesso dimenticata e trascurata da
tutti ».49
41. Per molti Padri sinodali
l'Africa di oggi può essere paragonata a quell'uomo che scendeva da
Gerusalemme a Gerico; egli cadde nelle mani dei briganti che lo
spogliarono, lo percossero e se ne andarono lasciandolo mezzo morto (cfr
Lc 10, 30-37). L'Africa è un continente in cui innumerevoli
esseri umani — uomini e donne, bambini e giovani — sono distesi,
in qualche modo, sul bordo della strada, malati, feriti, impotenti,
emarginati e abbandonati. Essi hanno un bisogno estremo di buoni
Samaritani che vengano loro in aiuto.
Da parte mia, auspico che la
Chiesa continui pazientemente ed instancabilmente la sua opera di buon
Samaritano. In effetti per un lungo periodo regimi, oggi scomparsi,
hanno posto a dura prova gli Africani ed hanno indebolito la loro
capacità di reazione: l'uomo ferito deve ritrovare tutte le risorse
della propria umanità. I figli e le figlie dell'Africa hanno bisogno
di presenza comprensiva e di sollecitudine pastorale. Occorre aiutarli
a raccogliere le proprie energie, per porle al servizio del bene
comune.
Valori positivi della
cultura africana
42. L'Africa, malgrado le sue
grandi ricchezze naturali, permane in una situazione economica di
povertà. Essa possiede, tuttavia, una molteplice varietà di valori
culturali e di inestimabili qualità umane, che può offrire alle
Chiese e all'intera umanità. I Padri sinodali hanno posto in evidenza
alcuni di tali valori culturali, che certamente costituiscono una
preparazione provvidenziale alla trasmissione del Vangelo; sono valori
che possono favorire un'evoluzione positiva della drammatica
situazione del continente, ed avviare quella ripresa globale da cui
dipende l'auspicato sviluppo delle singole nazioni.
Gli Africani hanno un profondo
senso religioso, il senso del sacro, il senso dell'esistenza di Dio
creatore e di un mondo spirituale. La realtà del peccato nelle sue
forme individuali e sociali è assai presente alla coscienza di quei
popoli, e sentito è pure il bisogno di riti di purificazione e di
espiazione.
43. Nella cultura e nella
tradizione africane, il ruolo della famiglia è universalmente
considerato come fondamentale. Aperto a questo senso della famiglia,
dell'amore e del rispetto della vita, l'Africano ama i figli, che sono
accolti gioiosamente come un dono di Dio. « I figli e le figlie
dell'Africa amano la vita. È proprio l'amore per la vita a
comandare loro di attribuire così grande importanza alla venerazione
degli avi. Credono istintivamente che quei morti continuino a vivere e
rimangono in comunione con loro. Non è questa, in qualche modo, una
preparazione alla fede nella comunione dei santi? I popoli
dell'Africa rispettano la vita che viene concepita e nasce. Gioiscono
di questa vita. Rifiutano l'idea che possa essere annientata, anche
quando a ciò vorrebbero indurli le cosiddette "civiltà
progressiste". E le pratiche ostili alla vita vengono loro
imposte per mezzo di sistemi economici al servizio dell'egoismo dei
ricchi ».50 Gli Africani manifestano rispetto per la vita fino al suo
termine naturale e riservano in seno alla famiglia un posto agli
anziani e ai parenti.
Le culture africane hanno un senso
acuto della solidarietà e della vita comunitaria. Non si concepisce
in Africa una festa che non venga condivisa con l'intero villaggio. Di
fatto, la vita comunitaria nelle società africane è espressione
della famiglia allargata. Con ardente desiderio prego e chiedo di
pregare perché l'Africa conservi sempre tale preziosa eredità
culturale e perché mai soccomba alla tentazione dell'individualismo,
così estraneo alle sue migliori tradizioni.
Alcune opzioni dei popoli
africani
44. Anche se non vanno affatto
minimizzati gli aspetti tragici della situazione africana più sopra
evocati, vale la pena di ricordare qui talune realizzazioni positive
dei popoli del continente che meritano di essere lodate e
incoraggiate. I Padri sinodali nel loro Messaggio al popolo di
Dio hanno, ad esempio, ricordato con gioia l'avvio del processo
democratico in tanti paesi africani, ed hanno auspicato che esso si
consolidi e siano prontamente rimossi gli ostacoli e le resistenze
allo Stato di diritto, grazie alla collaborazione di tutti i
protagonisti ed al loro senso del bene comune.51
I « venti di cambiamento »
soffiano con vigore in molti luoghi del continente, e il popolo chiede
con sempre maggiore insistenza il riconoscimento e la promozione dei
diritti e delle libertà dell'uomo. Al riguardo, rilevo con
soddisfazione che la Chiesa in Africa, fedele alla sua vocazione, si
colloca con decisione al fianco degli oppressi, dei popoli senza voce
ed emarginati. L'incoraggio fermamente a continuare nel rendere tale
testimonianza. L'opzione preferenziale per i poveri è « una
forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana,
testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa [...]. La
preoccupazione stimolante verso i poveri — i quali, secondo la
significativa formula, sono i « poveri del Signore » — deve
tradursi, a tutti i livelli, in atti concreti e giungere con decisione
a una serie di necessarie riforme ».52
45. Nonostante la povertà e i
pochi mezzi a disposizione, la Chiesa in Africa riveste un ruolo di
primo piano in ciò che concerne lo sviluppo umano integrale; le sue
notevoli realizzazioni in questo campo sono spesso riconosciute dai
governi e dagli esperti internazionali.
L'Assemblea speciale per l'Africa
ha espresso profonda riconoscenza verso « tutti i cristiani e tutti
gli uomini di buona volontà che lavorano nel campo dell'assistenza e
della promozione umana con la nostra Caritas o con le nostre
organizzazioni per lo sviluppo ».53 L'assistenza che essi, come buoni
Samaritani, danno alle vittime africane delle guerre e delle
catastrofi, ai rifugiati ed ai profughi, merita ammirazione,
riconoscenza e sostegno da parte di tutti.
Ritengo doveroso manifestare un
vivo ringraziamento alla Chiesa in Africa per il ruolo che essa ha
svolto, nel corso degli anni, a favore della pace e della
riconciliazione in non poche situazioni di conflitto, di
sconvolgimento politico o di guerra civile.
II. Problemi attuali della
Chiesa in Africa
46. I Vescovi d'Africa si trovano
di fronte a due quesiti di fondo: come deve la Chiesa portare avanti
la sua missione evangelizzatrice all'approssimarsi dell'anno 2000?
Come i cristiani africani potranno divenire testimoni sempre più
fedeli del Signore Gesù? Per offrire a tali quesiti adeguate risposte
i Vescovi, prima e durante l'Assemblea speciale, hanno passato in
rassegna le principali sfide alle quali la comunità ecclesiale
africana deve oggi far fronte.
Evangelizzazione in
profondità
47. Il primo, fondamentale dato
rilevato dai Padri sinodali è la sete di Dio dei popoli africani. Per
non mandare delusa una simile attesa, i membri della Chiesa devono
anzitutto approfondire la loro fede.54 In effetti, proprio perché
evangelizzatrice, la Chiesa deve cominciare « con l'evangelizzare se
stessa ».55 Occorre che essa raccolga la sfida contenuta in « questo
tema della Chiesa che si evangelizza mediante una conversione e un
rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità ».56
Il Sinodo ha preso atto
dell'urgenza di proclamare in Africa la Buona Novella a milioni di
persone non ancora evangelizzate. La Chiesa sicuramente rispetta e
stima le religioni non cristiane professate da numerosissime persone
sul continente africano, perché esse costituiscono l'espressione
vivente dell'anima di larghi settori della popolazione, tuttavia « né
il rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei
problemi sollevati costituiscono per la Chiesa un invito a tacere
l'annuncio di Cristo di fronte ai non cristiani. Al contrario, essa
pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la
ricchezza del mistero di Cristo (cfr Ef 3, 8), nella quale noi
crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza
insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo
e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità ».57
48. I Padri sinodali affermano con
ragione che « un interesse profondo per un'inculturazione vera ed
equilibrata del Vangelo si rivela necessario per evitare la confusione
e l'alienazione nella nostra società, sottoposta ad una rapida
evoluzione ».58 Visitando il Malawi, io stesso ebbi modo di dire: « Io
vi lancio una sfida oggi, una sfida che consiste nel rigettare un
modo di vivere che non corrisponde al meglio delle vostre tradizioni
locali e della fede cristiana. Molte persone in Africa guardano al di
là dell'Africa, verso la cosiddetta "libertà del modo di vivere
moderno". Oggi io vi raccomando caldamente di guardare in voi
stessi. Guardate alle ricchezze delle vostre tradizioni, guardate alla
fede che abbiamo celebrato in questa assemblea. Là voi troverete
la vera libertà, là troverete il Cristo che vi condurrà alla verità
».59
Superamento delle divisioni
49. Un'altra sfida evidenziata dai
Padri sinodali riguarda le diverse forme di divisione che occorre
comporre grazie ad una sincera pratica del dialogo.60 È stato a
ragione rilevato che, all'interno delle frontiere ereditate dalle
potenze coloniali, la coesistenza di gruppi etnici, di tradizioni, di
lingue ed anche di religioni diverse incontra spesso ostacoli dovuti a
gravi ostilità reciproche. « Le opposizioni tribali mettono a
volte in pericolo se non la pace, almeno il perseguimento del bene
comune della società nel suo insieme, e creano anche difficoltà alla
vita delle Chiese e all'accoglienza dei Pastori di altre etnie ».61
Ecco perché la Chiesa in Africa si sente interpellata dal preciso
compito di ridurre tali fratture. Anche da questo punto di vista
l'Assemblea speciale ha sottolineato l'importanza del dialogo
ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure del
dialogo con la religione tradizionale africana e con l'Islam. I Padri
si sono domandati, inoltre, con quali mezzi si possa raggiungere tale
meta.
Matrimonio e vocazioni
50. Una sfida importante,
sottolineata quasi unanimemente dalle Conferenze episcopali d'Africa
nelle risposte ai Lineamenta, concerne il Matrimonio cristiano
e la vita familiare.62 La posta in gioco è altissima: infatti « il
futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia ».63
Un altro fondamentale compito che
l'Assemblea speciale ha posto in evidenza è costituito dalla cura
delle vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata: occorre
discernerle con saggezza, farle accompagnare da formatori capaci,
controllare la qualità della formazione di fatto offerta. Dalla
sollecitudine posta nella soluzione di questo problema dipende
l'avverarsi della speranza di una fioritura di vocazioni missionarie
africane, quale è richiesta dall'annunzio del Vangelo in ogni parte
del continente ed anche oltre i suoi confini.
Difficoltà socio-politiche
51. « In Africa, la necessità di
applicare il Vangelo alla vita concreta è fortemente sentita. Come si
potrebbe annunciare Cristo in quell'immenso continente, dimenticando
che esso coincide con una delle aree più povere del mondo? Come non
tener conto della storia intrisa di sofferenze di una terra dove molte
nazioni sono tuttora alle prese con la fame, la guerra, le tensioni
razziali e tribali, l'instabilità politica e la violazione dei
diritti umani? Tutto ciò costituisce una sfida all'evangelizzazione
».64
Tutti i documenti preparatori,
come anche le discussioni durante lo svolgimento dell'Assemblea, hanno
messo ampiamente in evidenza il fatto che questioni come la povertà
crescente in Africa, l'urbanizzazione, il debito internazionale, il
commercio delle armi, il problema dei rifugiati e dei profughi, i
problemi demografici e le minacce che pesano sulla famiglia,
l'emancipazione delle donne, la propagazione dell'AIDS, la
sopravvivenza in alcuni luoghi della pratica della schiavitù, l'etnocentrismo
e le opposizioni tribali, fanno parte delle sfide fondamentali
esaminate dal Sinodo.
Invadenza dei mass-media
52. Infine, l'Assemblea speciale
si è preoccupata dei mezzi di comunicazione sociale, questione di
enorme importanza poiché si tratta, al tempo stesso, di strumenti di
evangelizzazione e di mezzi di diffusione di una nuova cultura che ha
bisogno di essere evangelizzata.65 I Padri sinodali sono stati, così,
messi di fronte al triste fatto che « i paesi in via di sviluppo, più
che trasformarsi in nazioni autonome, preoccupate del proprio cammino
verso la giusta partecipazione ai beni ed ai servizi destinati a
tutti, diventano pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio
gigantesco. Ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di
comunicazione sociale, i quali, essendo per lo più gestiti da centri
nella parte Nord del mondo, non tengono sempre nella dovuta
considerazione le priorità e i problemi propri di questi paesi né
rispettano la loro fisionomia culturale, ma anzi, non di rado, essi
impongono una visione distorta della vita e dell'uomo, e così non
rispondono alle esigenze del vero sviluppo ».66
III. Formazione degli operatori
dell'Evangelizzazione
53. Con quali risorse la Chiesa in
Africa riuscirà a rilevare le sfide appena menzionate? « La più
importante, dopo la grazia di Cristo, è evidentemente quella del
popolo. Il popolo di Dio — inteso nel senso teologico della Lumen
gentium, questo popolo che comprende i membri del Corpo di Cristo
nella sua totalità — ha ricevuto il mandato, che è allo stesso
tempo un onore e un dovere, di proclamare il messaggio evangelico
[...]. La comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e
rafforzata per l'evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo
specifico all'interno della Chiesa ».67 Per questo il Sinodo ha messo
fortemente l'accento sulla formazione degli operatori
dell'evangelizzazione in Africa. Ho già ricordato la necessità di
una formazione appropriata dei candidati al sacerdozio e di quelli che
sono chiamati alla vita consacrata. L'Assemblea ha ugualmente prestato
dovuta attenzione alla formazione dei fedeli laici, ben riconoscendone
il ruolo insostituibile nell'evangelizzazione dell'Africa. In
particolare, si è messo l'accento, giustamente, sulla formazione dei
catechisti laici.
54. Un'ultima domanda s'impone: la
Chiesa in Africa ha formato sufficientemente i laici ad assumere con
competenza le loro responsabilità civili ed a considerare i problemi
d'ordine socio-politico alla luce del Vangelo e della fede in Dio? È
questo sicuramente un compito che interpella i cristiani; esercitare
sul tessuto sociale un influsso volto a trasformare non soltanto le
mentalità, ma le stesse strutture della società in modo che vi si
rispecchino meglio i disegni di Dio sulla famiglia umana. Proprio per
questo ho auspicato per i laici una formazione completa che li aiuti a
condurre una vita pienamente coerente. La fede, la speranza e la carità
non possono non orientare il comportamento dell'autentico discepolo di
Cristo in ogni sua attività, situazione e responsabilità. Giacché
« evangelizzare per la Chiesa è portare la Buona Novella in tutti
gli strati dell'umanità e, con il suo influsso, trasformare dal di
dentro, rendere nuova l'umanità stessa »,68 i cristiani devono
essere formati a vivere le implicazioni sociali del Vangelo in modo
che la loro testimonianza divenga una sfida profetica nei confronti di
tutto ciò che nuoce al vero bene degli uomini e delle donne
dell'Africa, come di ogni altro continente.
CAPITOLO
III
EVANGELIZZAZIONE
E INCULTURAZIONE
Missione della Chiesa
55. « Andate in tutto il mondo e
predicate il Vangelo ad ogni creatura » (Mc 16, 15). Tale è
il mandato che, prima di salire al Padre, Cristo risorto lasciò agli
Apostoli: « Allora essi partirono e predicarono dappertutto » (Mc
16, 20).
« Il mandato di evangelizzare
tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa
[...]. Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della
Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per
evangelizzare ».69 Nata dall'azione evangelizzatrice di Gesù e
dei Dodici, essa è a sua volta inviata, « depositaria della Buona
Novella che si deve annunziare [...]. La Chiesa comincia con
l'evangelizzare se stessa ». In seguito, « la Chiesa, a sua volta,
invia gli evangelizzatori. Mette nella loro bocca la parola che salva
».70 Come l'Apostolo dei Gentili, la Chiesa può dire: « Predicare
il Vangelo è per me un dovere: guai a me se non predicassi il
Vangelo! » (1 Cor 9, 16).
La Chiesa annuncia la Buona
Novella non solamente attraverso la proclamazione della parola che
ha ricevuto dal Signore, ma anche mediante la testimonianza della
vita, grazie alla quale i discepoli di Cristo rendono ragione
della fede, della speranza e dell'amore che sono in essi (cfr 1 Pt 3,
15).
Questa testimonianza che il
cristiano rende a Cristo e al Vangelo può condurre fino al sacrificio
supremo: il martirio (cfr Mc 8, 35). La Chiesa e il cristiano,
infatti, annunciano Colui che è « segno di contraddizione » (Lc 2,
34). Proclamano « un Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e
stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 23). Come ho avuto modo di
dire più sopra, oltre agli illustri martiri dei primi secoli,
l'Africa può gloriarsi dei suoi martiri e santi dell'epoca moderna.
L'evangelizzazione ha per scopo di
« trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa ».71
Nell'unico Figlio e attraverso di Lui, saranno rinnovati i rapporti
degli uomini con Dio, con gli altri uomini, con la creazione tutta
intera. Per questo l'annuncio del Vangelo può contribuire
all'interiore trasformazione di tutte le persone di buona volontà che
hanno il cuore aperto all'azione dello Spirito Santo.
56. Testimoniare il Vangelo con le
parole e con gli atti: ecco la consegna che l'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha ricevuto e che trasmette ora alla
Chiesa del continente. « Mi sarete testimoni » (At 1, 8):
questa è la posta in gioco, questi dovranno essere in Africa i frutti
del Sinodo in ogni ambito della vita umana.
Nata dalla predicazione di
coraggiosi Vescovi e sacerdoti missionari, efficacemente aiutati dai
catechisti — « degna di lode è anche quella schiera tanto
benemerita dell'opera missionaria tra le genti »72 —, la Chiesa in
Africa, terra divenuta « nuova Patria di Cristo »,73 è ormai
responsabile della missione nel continente e nel mondo: « Africani,
voi siete ormai missionari di voi stessi », diceva a Kampala il mio
predecessore Paolo VI.74 Poiché la grande maggioranza degli abitanti
del continente africano non ha ancora ricevuto l'annuncio della Buona
Novella della salvezza, il Sinodo raccomanda che siano incoraggiate le
vocazioni missionarie e domanda che sia favorita e attivamente
sostenuta l'offerta di preghiere, di sacrifici e di aiuti concreti in
favore del lavoro missionario della Chiesa.75
Annuncio
57. « Il Sinodo ricorda che
evangelizzare è annunciare attraverso la parola e la vita la Buona
Novella di Gesù Cristo, crocifisso, morto e risuscitato, via, verità
e vita ».76 All'Africa, pressata d'ogni parte da germi d'odio e di
violenza, da conflitti e da guerre, gli evangelizzatori devono
proclamare la speranza della vita radicata nel mistero pasquale. È
proprio quando, umanamente parlando, la sua vita sembrava destinata
alla sconfitta, che Gesù instituì l'Eucaristia, « pegno dell'eterna
gloria »,77 per perpetuare nel tempo e nello spazio la sua vittoria
sulla morte. Ecco perché l'Assemblea speciale per l'Africa, in questo
periodo in cui il continente africano per certi aspetti versa in
condizioni critiche, ha voluto presentarsi come « Sinodo della
risurrezione, Sinodo della speranza [...]. Cristo, nostra
Speranza, è vivo, noi vivremo! ».78 L'Africa non è votata alla
morte, ma alla vita!
È dunque necessario « che la
nuova evangelizzazione sia centrata sull'incontro con la persona
vivente di Cristo ».79 « Il primo annuncio deve mirare a far
fare questa esperienza sconvolgente ed entusiasmante di Gesù Cristo
che chiama e trascina al suo seguito in un'avventura di fede ».80
Compito, questo, singolarmente facilitato dal fatto che « l'Africano
crede in Dio creatore a partire dalla sua vita e dalla sua religione
tradizionale. È dunque aperto anche alla piena e definitiva
rivelazione di Dio in Gesù Cristo, Dio con noi, Verbo fatto carne.
Gesù, la Buona Novella, è Dio che salva l'Africano [...]
dall'oppressione e dalla schiavitù ».81
L'evangelizzazione deve
raggiungere « l'uomo e la società a tutti i livelli della loro
esistenza. Essa si manifesta in attività diverse, in particolare in
quelle specificamente prese in considerazione dal Sinodo: annuncio,
inculturazione, dialogo, giustizia e pace, mezzi di comunicazione
sociale ».82
Perché questa missione riesca
pienamente, occorre fare in modo che « nell'evangelizzazione il
ricorso allo Spirito Santo sia insistente, così che si realizzi una
continua Pentecoste, nella quale Maria, come già nella prima, avrà
il suo posto ».83 In effetti, la forza dello Spirito Santo guida la
Chiesa alla verità tutta intera (cfr Gv 16, 13) e le dona di
andare incontro al mondo per testimoniare Cristo con fiduciosa
sicurezza.
58. La parola che esce dalla bocca
di Dio è viva ed efficace, e non ritorna mai a Lui senza effetto (cfr
Is 55, 11; Eb 4, 12-13). Bisogna dunque proclamarla
senza sosta, insistere « in ogni occasione opportuna e non opportuna
[...] con ogni magnanimità e dottrina » (2 Tm 4, 2). Affidata
in primo luogo alla Chiesa, la parola di Dio scritta « non va
soggetta a privata spiegazione » (2 Pt 1, 20); spetta alla
Chiesa di offrirne l'autentica interpretazione.84
Per far sì che la parola di Dio
sia conosciuta, amata, meditata e serbata nel cuore dei fedeli (cfr Lc
2, 19.51) è necessario intensificare gli sforzi per facilitare
l'accesso alla Sacra Scrittura, specialmente mediante traduzioni
integrali o parziali della Bibbia, fatte per quanto possibile in
collaborazione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali e
accompagnate da guide di lettura per la preghiera, lo studio in
famiglia o in comunità. Occorre inoltre promuovere la formazione
biblica per i membri del clero, per i religiosi, per i catechisti e
per gli stessi laici in generale; predisporre adeguate celebrazioni
della Parola; favorire l'apostolato biblico con l'aiuto del Centro
Biblico per l'Africa e il Madagascar e di altre strutture simili, da
incoraggiare ad ogni livello. In breve, si dovrà cercare di porre la
Sacra Scrittura nelle mani di tutti i fedeli sin dall'infanzia.85
Urgenza e necessità dell'inculturazione
59. I Padri sinodali hanno a più
riprese sottolineato l'importanza particolare che riveste per
l'evangelizzazione l'inculturazione, quel processo cioè mediante il
quale la « catechesi "s'incarna" nelle differenti
culture ».86 L'inculturazione comprende una duplice dimensione: da
una parte, « l'intima trasformazione degli autentici valori culturali
mediante l'integrazione nel cristianesimo » e, dall'altra, « il
radicamento del cristianesimo nelle varie culture ».87 Il Sinodo
considera l'inculturazione come una priorità e un'urgenza nella vita
delle Chiese particolari per un reale radicamento del Vangelo in
Africa,88 « un'esigenza dell'evangelizzazione »,89 « un cammino
verso una piena evangelizzazione »,90 una delle maggiori sfide per la
Chiesa nel continente all'approssimarsi del terzo millennio.91
Fondamenti teologici
60. « Ma quando venne la pienezza
del tempo » (Gal 4, 4), il Verbo, seconda Persona della
Santissima Trinità, Figlio unico di Dio, « si è incarnato per opera
dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo ».92
È il sublime mistero dell'Incarnazione del Verbo, un mistero che ha
avuto luogo nella storia: in circostanze di tempo e di luogo
ben definite, in mezzo ad un popolo con una sua propria cultura, che
Dio aveva eletto ed accompagnato lungo l'intera storia della salvezza
allo scopo di mostrare, mediante quanto operava in esso, ciò che
intendeva fare per tutto il genere umano.
Dimostrazione evidente dell'amore
di Dio per gli uomini (cfr Rm 5, 8), Gesù Cristo, con la sua
vita, con la Buona Novella annunciata ai poveri, con la passione, la
morte e la gloriosa risurrezione, ha operato la remissione dei nostri
peccati e la nostra riconciliazione con Dio, suo Padre e, grazie a
Lui, nostro Padre. La Parola che la Chiesa annuncia è precisamente il
Verbo di Dio fatto uomo, soggetto e oggetto Egli stesso di tale
Parola. La Buona Novella è Gesù Cristo.
Come « il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1, 14), così la Buona
Novella, la parola di Gesù Cristo annunciata alle nazioni, deve
calarsi dentro l'ambiente di vita dei suoi ascoltatori. L'inculturazione
è precisamente questo inserimento del messaggio evangelico nelle
culture.93 In effetti, l'Incarnazione del Figlio di Dio, proprio perché
integrale e concreta,94 è stata anche incarnazione in una specifica
cultura.
61. Data la stretta e organica
relazione che esiste tra Gesù Cristo e la parola che annuncia la
Chiesa, l'inculturazione del messaggio rivelato non potrà non seguire
la « logica » propria del mistero della Redenzione. L'Incarnazione
del Verbo, in effetti, non costituisce un momento isolato, ma tende
verso « l'Ora » di Gesù e il mistero pasquale: « Se il chicco di
grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto » (Gv 12, 24). « Io, dice Gesù, quando sarò
elevato da terra, attirerò tutti a me » (Gv 12, 32). Questo
annientamento di sé, questa kenosi necessaria all'esaltazione,
itinerario di Gesù e di ciascuno dei suoi discepoli (cfr Fil 2,
6-9), è illuminante per l'incontro delle culture con Cristo e il
suo Vangelo. « Ogni cultura ha bisogno di essere trasformata dai
valori del Vangelo alla luce del mistero pasquale ».95
È guardando al mistero
dell'Incarnazione e della Redenzione che si deve operare il
discernimento dei valori e degli anti-valori delle culture. Come il
Verbo di Dio è divenuto in tutto simile a noi, ad eccezione del
peccato, così l'inculturazione della Buona Novella assume tutti gli
autentici valori umani purificandoli dal peccato e restituendoli al
loro pieno significato.
L'inculturazione ha profondi
legami anche con il mistero della Pentecoste. Grazie
all'effusione e all'azione dello Spirito, che unifica doni e talenti,
tutti i popoli della terra, entrando nella Chiesa, vivono una nuova
Pentecoste, professano nella loro lingua l'unica fede in Gesù Cristo
e proclamano le meraviglie che il Signore ha operato per loro. Lo
Spirito, che sul piano naturale è sorgente originaria della saggezza
dei popoli, conduce con un'illuminazione soprannaturale la Chiesa alla
conoscenza della Verità tutta intera. A sua volta la Chiesa,
assumendo i valori delle diverse culture, diviene la « sponsa
ornata monilibus suis », la « sposa che si adorna dei suoi
gioielli » (cfr Is 61, 10).
Criteri e ambiti dell'inculturazione
62. È un compito difficile e
delicato, poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al
Vangelo e alla Tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle
culture. Giustamente, quindi, i Padri sinodali hanno osservato: «
Circa i rapidi cambiamenti culturali, sociali, economici e politici,
le nostre Chiese locali dovranno lavorare ad un processo d'inculturazione
sempre rinnovato, rispettando i due criteri seguenti: la compatibilità
con il messaggio cristiano e la comunione con la Chiesa universale
[...]. In ogni caso si avrà cura di evitare ogni sincretismo ».96
« Come cammino verso una piena
evangelizzazione, l'inculturazione mira a porre l'uomo in condizione
di accogliere Gesù Cristo nell'integralità del proprio essere
personale, culturale, economico e politico, in vista della piena
adesione a Dio Padre, e di una vita santa mediante l'azione dello
Spirito Santo ».97
Nel rendere grazie a Dio per i
frutti che gli sforzi dell'inculturazione hanno già portato alla vita
delle Chiese del continente, particolarmente alle antiche Chiese
orientali d'Africa, il Sinodo ha raccomandato « ai Vescovi e alle
Conferenze episcopali di tenere conto che l'inculturazione ingloba
tutti gli ambiti della vita della Chiesa e dell'evangelizzazione:
teologia, liturgia, vita e struttura della Chiesa. Tutto ciò
sottolinea il bisogno di una ricerca nell'ambito delle culture
africane in tutta la loro complessità ». Proprio per questo il
Sinodo ha invitato i Pastori « a sfruttare al massimo le molteplici
possibilità che la disciplina attuale della Chiesa già accorda al
riguardo ».98
Chiesa come Famiglia di Dio
63. Non solo il Sinodo ha parlato
dell'inculturazione, ma l'ha anche concretamente applicata, assumendo
come idea-guida per l'evangelizzazione dell'Africa quella di Chiesa
come Famiglia di Dio.99 In essa i Padri sinodali hanno
riconosciuto una espressione della natura della Chiesa particolarmente
adatta per l'Africa. L'immagine pone, in effetti, l'accento sulla
premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni,
sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia.100 La nuova
evangelizzazione tenderà dunque ad edificare la Chiesa come
famiglia, escludendo ogni etnocentrismo e ogni particolarismo
eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera
comunione tra le diverse etnie, favorendo la solidarietà e la
condivisione per quanto concerne il personale e le risorse tra le
Chiese particolari, senza indebite considerazioni di ordine etnico.101
« È vivamente auspicabile che i teologi elaborino la teologia della
Chiesa-Famiglia in tutta la ricchezza insita in tale concetto,
sviluppandone la complementarietà mediante altre immagini della
Chiesa ».102
Ciò suppone una riflessione
approfondita sul patrimonio biblico e tradizionale che il Concilio
Vaticano II ha raccolto nella Costituzione dogmatica Lumen gentium.
Il mirabile testo espone la dottrina sulla Chiesa ricorrendo ad
immagini, tratte dalla Sacra Scrittura, quali Corpo mistico, popolo di
Dio, tempio dello Spirito, gregge ed ovile, casa in cui Dio dimora con
gli uomini. Secondo il Concilio, la Chiesa è sposa di Cristo ed è
madre nostra, città santa e primizia del Regno venturo. Di queste
suggestive immagini occorrerà tener conto nello sviluppare, secondo
il suggerimento del Sinodo, una ecclesiologia centrata sul concetto di
Chiesa-famiglia di Dio.103 Si potrà allora apprezzare in tutta la sua
ricchezza e densità l'affermazione da cui prende le mosse la
Costituzione conciliare: « La Chiesa è in Cristo come il sacramento,
cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di
tutto il genere umano ».104
Campi di applicazione
64. Nella pratica, senza alcun
pregiudizio per le tradizioni proprie di ciascuna Chiesa, latina o
orientale, « dovrà essere perseguita l'inculturazione della liturgia,
avendo cura che nulla cambi quanto agli elementi essenziali,
affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le
celebrazioni liturgiche ».105
Il Sinodo ha inoltre riaffermato
che, anche quando la dottrina è difficilmente assimilabile nonostante
un lungo periodo di evangelizzazione, o, ancora, quando la sua pratica
pone seri problemi pastorali, soprattutto nella vita sacramentale,
occorre restare fedeli all'insegnamento della Chiesa e, al tempo
stesso, rispettare le persone nella giustizia e con vera carità
pastorale. Ciò presupposto, il Sinodo ha espresso l'auspicio che le
Conferenze episcopali, in collaborazione con le Università e gli
Istituti cattolici, creino delle commissioni di studio, specialmente
per quanto riguarda il Matrimonio, la venerazione degli antenati e il
mondo degli spiriti, al fine di esaminare a fondo tutti gli aspetti
culturali dei problemi posti dal punto di vista teologico,
sacramentale, rituale e canonico.106
Dialogo
65. « L'atteggiamento di dialogo
è il modo d'essere del cristiano all'interno della sua comunità,
come nei confronti degli altri credenti e degli uomini e donne di
buona volontà ».107 Il dialogo anzitutto va praticato all'interno
della Chiesa-Famiglia, a tutti i livelli: tra Vescovi, Conferenze
episcopali o Assemblee della Gerarchia e Sede Apostolica, fra le
Conferenze o Assemblee episcopali delle varie nazioni dello stesso
continente e quelle degli altri continenti e, in ciascuna Chiesa
particolare, tra il Vescovo, il presbiterio, le persone consacrate,
gli operatori pastorali ed i fedeli laici; come pure tra i differenti
riti all'interno della stessa Chiesa. Sarà cura dello S.C.E.A.M.
dotarsi « di strutture e di mezzi che garantiscano l'esercizio di
questo dialogo »,108 in particolare per favorire una solidarietà
pastorale organica.
« Uniti a Cristo nella loro
testimonianza in Africa, i cattolici sono invitati a sviluppare un dialogo
ecumenico con tutti i fratelli battezzati delle altre Confessioni
cristiane, affinché si realizzi l'unità per la quale Cristo ha
pregato ed in tal modo il loro servizio alle popolazioni del
continente renda il Vangelo più credibile agli occhi di quanti e di
quante cercano Dio ».109 Tale dialogo potrà concretizzarsi in
iniziative come la traduzione ecumenica della Bibbia,
l'approfondimento teologico dell'uno o dell'altro aspetto della fede
cristiana, o ancora offrendo insieme una testimonianza evangelica a
favore della giustizia, della pace e del rispetto della dignità
umana. Ci si preoccuperà per questo di creare commissioni nazionali e
diocesane per l'ecumenismo.110 Insieme, i cristiani sono responsabili
della testimonianza da rendere al Vangelo nel continente. I progressi
dell'ecumenismo hanno anche come scopo quello di dare maggiore
efficacia a questa testimonianza.
66. « L'impegno del dialogo deve
abbracciare pure i musulmani di buona volontà. I cristiani non
possono dimenticare che molti musulmani intendono imitare la fede di
Abramo e vivere le esigenze del Decalogo ».111 A questo riguardo, il Messaggio
del Sinodo sottolinea che il Dio vivo, Creatore del cielo e della
terra e Signore della storia, è il Padre della grande famiglia umana
che noi formiamo. Come tale, Egli vuole che gli rendiamo testimonianza
nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di
ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a
tutti i livelli. Lungi dal desiderare di essere colui in nome del
quale si uccidono altri uomini, Egli impegna i credenti a mettersi
insieme al servizio della vita nella giustizia e nella pace.112 Si farà
dunque particolare attenzione a che il dialogo islamico-cristiano
rispetti da una parte e dall'altra l'esercizio della libertà
religiosa, con tutto ciò che questo comporta, comprese anche le
manifestazioni esteriori e pubbliche della fede.113 Cristiani e
musulmani sono chiamati ad impegnarsi nel promuovere un dialogo immune
dai rischi derivanti da un irenismo di cattiva lega o da un
fondamentalismo militante, e nel levare la loro voce contro politiche
e pratiche sleali, così come contro ogni mancanza di reciprocità in
fatto di libertà religiosa.114
67. Quanto alla religione
tradizionale africana, un dialogo sereno e prudente potrà, da una
parte, garantire da influssi negativi che condizionano il modo di
vivere di molti cattolici e, dall'altra, assicurare l'assimilazione di
valori positivi quali la credenza in un Essere Supremo, Eterno,
Creatore, Provvidente e giusto Giudice che ben s'armonizzano col
contenuto della fede. Essi possono anzi essere visti come una preparazione
al Vangelo, poiché contengono preziosi semina Verbi in
grado di condurre, come già è avvenuto nel passato, un grande numero
di persone ad « aprirsi alla pienezza della Rivelazione in Gesù
Cristo attraverso la proclamazione del Vangelo ».115
Occorre, pertanto, trattare con
molto rispetto e stima quanti aderiscono alla religione tradizionale,
evitando ogni linguaggio inadeguato ed irrispettoso. A tal fine, nelle
case di formazione sacerdotali e religiose verranno date opportune
istruzioni sulla religione tradizionale.116
Sviluppo umano integrale
68. Lo sviluppo umano integrale
— sviluppo di ogni uomo e di tutto l'uomo, specialmente di chi è più
povero ed emarginato nella comunità — si pone nel cuore stesso
dell'evangelizzazione. « Tra evangelizzazione e promozione umana —
sviluppo e liberazione — ci sono infatti dei legami profondi. Legami
d'ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un
essere astratto, ma condizionato dalle questioni sociali ed
economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare
il piano della creazione da quello della redenzione che arriva fino
alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della
giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico,
quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento
nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, autentica
crescita dell'uomo? ».117
Così, quando inaugurò il
ministero pubblico nella sinagoga di Nazaret, il Signore Gesù scelse,
per illustrare la sua missione, il testo messianico del libro di
Isaia: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un
lieto messaggio; per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai
ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un
anno di grazia del Signore » (Lc 4, 18-19; cfr Is 61,
1-2).
Il Signore si considera, dunque,
come inviato per alleviare la miseria degli uomini e combattere ogni
forma di emarginazione. È venuto a liberare l'uomo; è venuto
a prendere le nostre infermità e a caricarsi delle nostre malattie:
« Di fatto tutto il ministero di Gesù è legato all'attenzione di
quanti, attorno a lui, erano toccati dalla sofferenza: persone nel
dolore, paralitici, lebbrosi, ciechi, sordi, muti (cfr Mt 8,
17) ».118 « È impossibile accettare che nell'evangelizzazione si
possa o si debba trascurare l'importanza dei problemi, oggi così
dibattuti, che riguardano la giustizia, la liberazione, lo sviluppo e
la pace del mondo »: 119 la liberazione che l'evangelizzazione
annuncia « non può limitarsi alla semplice e ristretta dimensione
economica, politica, sociale o culturale, ma deve mirare all'uomo
intero, in ogni sua dimensione, compresa la sua apertura verso
l'assoluto, anche l'Assoluto che è Dio ».120
Giustamente afferma il Concilio
Vaticano II: « La Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di
salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde
la sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo,
soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona
umana, consolida la compagine della umana società, e immette nel
lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato.
Così la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua
comunità, crede di poter contribuire molto a rendere più umana la
famiglia degli uomini e la sua storia ».121 La Chiesa annuncia e
comincia ad attuare il Regno di Dio sulle orme di Gesù, poiché « la
natura del Regno è la comunione di tutti gli esseri umani tra di loro
e con Dio ».122 Così « il Regno è fonte di liberazione piena e di
salvezza totale per gli uomini: con questi la Chiesa cammina e vive,
realmente e intimamente solidale con la loro storia ».123
69. La storia degli uomini assume
il proprio autentico senso nell'Incarnazione del Verbo di Dio che è
il fondamento della ripristinata dignità umana. È mediante
Cristo, « immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni
creatura » (Col 1, 15), che l'uomo è stato redento; anzi, «
con l'Incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni
uomo ».124 Come non gridare con san Leone Magno: « Cristiano, prendi
coscienza della tua dignità »? 125
Annunciare Cristo è dunque rivelare
all'uomo la sua dignità inalienabile, che Dio ha riscattato
mediante l'incarnazione del suo unico Figlio. Il Concilio Vaticano II
così prosegue: « Poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di
manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo personale
dell'uomo, essa al tempo stesso svela all'uomo il senso della sua
propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull'uomo ».126
Dotato di tale incomparabile
dignità, l'uomo non può vivere in condizioni di vita sociale,
economica, culturale e politica infra-umane. Ecco il fondamento
teologico della lotta per la difesa della dignità personale, per la
giustizia e la pace sociale, per la promozione umana, la liberazione e
lo sviluppo integrale dell'uomo e di ogni uomo. Ecco anche perché,
tenendo conto di questa dignità, lo sviluppo dei popoli —
all'interno di ciascuna nazione e nelle relazioni internazionali —
deve realizzarsi in maniera solidale, come osservava in modo
quanto mai appropriato il mio predecessore Paolo VI.127 È
precisamente in questa prospettiva che egli poteva affermare: « Lo
sviluppo è il nuovo nome della pace ».128 Si può, dunque, a giusto
titolo dire che « lo sviluppo integrale suppone il rispetto della
dignità umana, la quale non può realizzarsi che nella giustizia e
nella pace ».129
Farsi voce di chi non ha
voce
70. Forti della fede e della
speranza nella potenza salvifica di Gesù, i Padri del Sinodo hanno
concluso i lavori rinnovando l'impegno ad accettare la sfida di essere
strumenti della salvezza in ogni differente ambito della vita dei
popoli africani. « La Chiesa — hanno dichiarato — deve continuare
ad esercitare il suo ruolo profetico ed essere la voce di coloro che
non hanno voce »,130 affinché ovunque la dignità umana sia
riconosciuta ad ogni persona, e l'uomo sia sempre al centro di ogni
programma dei governi. Il Sinodo « interpella la coscienza dei capi
di Stato e dei responsabili della cosa pubblica, perché garantiscano
sempre più la liberazione e lo sviluppo delle loro popolazioni ».131
Solo a questo prezzo si costruisce la pace tra le nazioni.
L'evangelizzazione deve promuovere
quelle iniziative che contribuiscono a sviluppare e a nobilitare l'uomo
nella sua esistenza spirituale e materiale. Si tratta dello sviluppo
di ogni uomo e di tutto l'uomo, preso non soltanto in modo isolato, ma
anche e specialmente nel quadro di uno sviluppo solidale ed armonioso
di tutti i membri di una nazione e di tutti i popoli della terra.132
Infine, l'evangelizzazione deve
denunciare e combattere quanto avvilisce e distrugge l'uomo. «
All'esercizio del ministero dell'evangelizzazione in campo
sociale, che è un aspetto della funzione profetica della
Chiesa, appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma
conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della
denuncia, e questa non può prescindere da quello, che le offre la
vera solidità e la forza della motivazione più alta ».133
Mezzi di comunicazione
sociale
71. « Da sempre Dio si
caratterizza per la sua volontà di comunicare. Egli lo compie in modi
differenti. A tutte le creature animate o inanimate egli dona
l'essere. Con l'uomo particolarmente egli intreccia delle relazioni
privilegiate. "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi
molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del
Figlio" (Eb 1, 1-2) ».134 Il Verbo di Dio è, per sua
natura, parola, dialogo e comunicazione. Egli è venuto a restaurare,
da una parte, la comunicazione e la relazione fra Dio e gli uomini, e,
dall'altra, quella degli uomini tra di loro.
I mass-media hanno attirato
l'attenzione del Sinodo sotto due aspetti importanti e complementari:
come universo culturale nuovo ed emergente e come un insieme di mezzi
al servizio della comunicazione. Essi costituiscono dall'inizio una
cultura nuova che ha il suo linguaggio proprio e soprattutto i suoi
valori e controvalori specifici. A questo titolo hanno bisogno, come
tutte le culture, di essere evangelizzati.135
In effetti, ai nostri giorni i
mass-media costituiscono non solamente un mondo, ma una cultura e una
civiltà. Ed è anche a questo mondo che la Chiesa è inviata a
portare la Buona Novella della salvezza. Gli araldi del Vangelo devono
dunque entrarvi per lasciarsi permeare da tale nuova
civiltà e cultura, al fine però di sapersene opportunamente servire.
« Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della
comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendola — come
si suol dire — "un villaggio globale". I mezzi di
comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere
per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e
di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali ».136
La formazione all'uso dei
mass-media è dunque una necessità, non soltanto per chi annuncia il
Vangelo, il quale deve, tra l'altro, possedere lo stile della
comunicazione, ma anche per il lettore, il recettore ed
il telespettatore che, formati alla comprensione del tipo di
comunicazione, devono saperne cogliere gli apporti con discernimento e
spirito critico.
In Africa, dove la trasmissione
orale è una delle caratteristiche della cultura, tale formazione
riveste una capitale importanza. Questo stesso tipo di comunicazione
deve ricordare ai Pastori, specialmente ai Vescovi ed ai sacerdoti,
che la Chiesa è inviata per parlare, per predicare il Vangelo
mediante la parola ed i gesti. Essa non può dunque tacere, col
rischio di venir meno alla sua missione; a meno che, in certe
circostanze, il silenzio non sia esso stesso un modo di parlare e di
testimoniare. Noi dobbiamo dunque sempre annunciare in ogni occasione
opportuna e non opportuna (cfr 2 Tm 4, 2), allo scopo di
edificare nella carità e nella verità.
CAPITOLO
IV
NELLA
PROSPETTIVA DEL TERZO MILLENNIO CRISTIANO
I. Le sfide attuali
72. L'Assemblea speciale per
l'Africa del Sinodo dei Vescovi è stata convocata per dare modo alla
Chiesa di Dio, diffusa sul continente, di riflettere sulla sua
missione evangelizzatrice in vista del terzo millennio, e di
predisporre, come ebbi a ricordare, « un'organica solidarietà
pastorale nell'intero territorio africano e nelle isole attigue ».137
Tale missione comporta, come già s'è rilevato, urgenze e sfide
dovute ai profondi e rapidi mutamenti delle società africane ed
agli effetti derivanti dall'affermarsi di una civiltà planetaria.
La necessità del Battesimo
73. La prima urgenza è
naturalmente l'evangelizzazione stessa. Da un lato, la Chiesa deve
assimilare e vivere sempre meglio il messaggio di cui il Signore l'ha
costituita depositaria. Dall'altro, essa deve testimoniare ed
annunciare questo messaggio a quanti ancora non conoscono Gesù
Cristo. È infatti per loro che il Signore ha detto agli Apostoli: «
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni » (Mt 28,
19).
Come nella Pentecoste, la
predicazione del kérigma ha come scopo naturale di condurre
chi ascolta alla metànoia e al Battesimo: « L'annuncio
della parola di Dio mira alla conversione cristiana, cioè
all'adesione piena e sincera a Cristo e al suo Vangelo mediante la
fede ».138 La conversione a Cristo, peraltro, « è connessa col
Battesimo: lo è non solo per la prassi della Chiesa, ma per volere di
Cristo, che ha inviato la sua Chiesa a far discepole tutte le genti e
a battezzarle (cfr Mt 28, 19); lo è anche per l'intrinseca
esigenza di ricevere la pienezza della vita in Lui: "In verità,
in verità ti dico — Gesù insegna a Nicodemo — se uno non
nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio" (Gv
3, 5). Il Battesimo, infatti, ci rigenera alla vita dei figli di
Dio, ci unisce a Gesù Cristo, ci unge nello Spirito Santo: esso non
è un semplice suggello della conversione, quasi un segno esteriore
che la dimostri e la attesti, bensì è sacramento che
significa e opera questa nuova nascita dallo Spirito, instaura
vincoli reali e inscindibili con la Trinità, rende membri del Corpo
di Cristo, che è la Chiesa ».139 Pertanto, un itinerario di
conversione che non giungesse al Battesimo si fermerebbe a metà
strada.
In verità, gli uomini di buona
volontà che, senza alcuna loro colpa, non sono raggiunti
dall'annuncio evangelico, ma vivono in armonia con la loro coscienza
secondo la legge di Dio, saranno salvati da Cristo e in Cristo. Per
ogni essere umano, infatti, c'è sempre in atto la chiamata di
Dio, che attende di essere riconosciuta ed accolta (cfr 1 Tm 2,
4). È proprio per facilitare questo riconoscimento e questa
accoglienza che ai discepoli di Cristo è richiesto di non darsi pace
finché a tutti non sia portato il lieto annuncio della salvezza.
Urgenza
dell'evangelizzazione
74. Il Nome di Gesù Cristo,
infatti, è il solo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati
(cfr At 4, 12). Poiché vi sono in Africa milioni di persone
non ancora evangelizzate, la Chiesa si trova di fronte al compito,
necessario ed urgente, di proclamare la Buona Novella a tutti, e di
condurre coloro che ascoltano al Battesimo e alla vita cristiana. «
L'urgenza dell'attività missionaria emerge dalla radicale novità
di vita, portata da Cristo e vissuta dai suoi discepoli. Questa
nuova vita è dono di Dio, e all'uomo è richiesto di accoglierlo e di
svilupparlo, se vuole realizzarsi secondo la sua vocazione integrale
in conformità a Cristo ».140 Questa vita nuova nell'originalità
radicale del Vangelo comporta anche delle rotture rispetto ai costumi
ed alla cultura di qualunque popolo della terra, poiché il Vangelo
non è mai un prodotto interno di un determinato paese, ma viene
sempre « da fuori », viene dall'Alto. Per i battezzati la grande
sfida sarà sempre costituita dalla coerenza di un'esistenza cristiana
conforme agli impegni del Battesimo, che significa morte al peccato e
risurrezione quotidiana ad una vita nuova (cfr Rm 6, 4-5).
Senza tale coerenza, i discepoli di Cristo difficilmente potranno
essere « sale della terra » e « luce del mondo » (Mt
5, 13.14). Se la Chiesa in Africa s'impegna con vigore e senza
esitazioni su questa via, la Croce potrà essere piantata in ogni
parte del continente per la salvezza dei popoli che non hanno paura di
aprire le porte al Redentore.
Importanza della formazione
75. In tutti i settori della vita
ecclesiale la formazione è di capitale importanza. Nessuno, infatti,
può realmente conoscere le verità di fede che non ha mai avuto modo
di apprendere, né è in grado di porre atti ai quali non è mai stato
iniziato. Ecco perché « la comunità intera ha bisogno di essere
preparata, motivata e rafforzata per l'evangelizzazione, ognuno
secondo il proprio ruolo specifico all'interno della Chiesa ».141
Questo concerne pure i Vescovi, i presbiteri, i membri degli Istituti
di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, quelli degli
Istituti secolari e tutti i fedeli laici.
La formazione missionaria non può
non occupare un posto privilegiato. Essa è « opera della Chiesa
locale con l'aiuto dei missionari e dei loro Istituti, nonché del
personale delle giovani Chiese. Questo lavoro deve essere inteso non
come marginale, ma come centrale nella vita cristiana ».142 Il
programma di formazione includerà, in modo particolare, la formazione
dei laici a svolgere appieno il loro ruolo di animazione cristiana
dell'ordine temporale (politico, culturale, economico, sociale), che
è impegno caratteristico della vocazione secolare del laicato. Non si
mancherà, a questo proposito, di incoraggiare laici competenti e
motivati ad impegnarsi nell'azione politica,143 nella quale, mediante
un degno esercizio delle cariche pubbliche, potranno « provvedere al
bene comune e al tempo stesso aprire la via al Vangelo ».144
Approfondire la fede
76. La Chiesa in Africa, per
essere evangelizzatrice, deve « cominciare con l'evangelizzare se
stessa [...]. Essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve
credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo
dell'amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli
idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di
Dio ».145
Oggi in Africa, « la formazione
alla fede [...] è rimasta troppo spesso allo stadio elementare, e le
sètte traggono facilmente vantaggio da questa ignoranza ».146 È
perciò urgente un serio approfondimento della fede, perché la rapida
evoluzione della società ha fatto sorgere nuove sfide, legate in
particolare ai fenomeni di sradicamento familiare, di urbanizzazione,
di disoccupazione, come pure alle molteplici seduzioni materialiste,
ad una certa secolarizzazione e a quella sorta di trauma intellettuale
che provoca la valanga di idee insufficientemente vagliate, diffuse
dai media.147
La forza della testimonianza
77. La formazione deve mirare a
dare ai cristiani non soltanto un'abilità tecnica per trasmettere
meglio i contenuti della fede, ma anche una convinzione personale
profonda per testimoniarli efficacemente nella vita. Tutti coloro che
sono chiamati a proclamare il Vangelo cercheranno dunque di agire con
totale docilità allo Spirito, il quale « oggi come agli inizi della
Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e
condurre da Lui ».148 « Le tecniche dell'evangelizzazione sono
buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire
l'azione discreta dello Spirito. Anche la preparazione più raffinata
dell'evangelizzatore, non opera nulla senza di Lui. Senza di Lui la
dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini.
Senza di Lui, i più elaborati schemi a base sociologica o psicologica
si rivelano vuoti e privi di valore ».149
Una vera testimonianza da parte
dei credenti è oggi essenziale in Africa per proclamare in maniera
autentica la fede. In particolare, è necessario che essi offrano la
testimonianza di un sincero amore reciproco. « La vita eterna è che
"conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
Cristo" (Gv 17, 3). Scopo ultimo della missione è di far
partecipare alla comunione che esiste tra il Padre e il Figlio: i
discepoli devono vivere l'unità tra loro, rimanendo nel Padre e nel
Figlio, perché il mondo conosca e creda (cfr Gv 17, 21-23). È,
questo, un significativo testo missionario, il quale fa capire che si
è missionari anzitutto per ciò che si è, come Chiesa che
vive profondamente l'unità nell'amore, prima di esserlo per ciò
che si dice o si fa ».150
Inculturare la fede
78. A motivo della profonda
convinzione che « la sintesi tra cultura e fede non è solo
un'esigenza della cultura, ma anche della fede », perché « una
fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non
interamente pensata, non fedelmente vissuta »,151 l'Assemblea
speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha ritenuto l'inculturazione
una priorità ed un'urgenza nella vita delle Chiese particolari in
Africa: solo così il Vangelo può porre salde radici nelle comunità
cristiane del continente. Sulla scia del Concilio Vaticano II,152 i
Padri sinodali hanno interpretato l'inculturazione come un processo
comprendente tutta l'estensione della vita cristiana — teologia,
liturgia, consuetudini, strutture della Chiesa —, senza ovviamente
intaccare il diritto divino e la grande disciplina della Chiesa,
avvalorata nel corso dei secoli da straordinari frutti di virtù e di
eroismo.153
La sfida dell'inculturazione in
Africa consiste nel far sì che i discepoli di Cristo possano
assimilare sempre meglio il messaggio evangelico, pur restando fedeli
a tutti i valori africani autentici. Inculturare la fede in tutti i
settori della vita cristiana ed umana si pone quindi come compito
arduo, per il cui assolvimento è necessaria l'assistenza dello
Spirito del Signore che conduce la Chiesa alla verità tutta intera (cfr
Gv 16, 13).
Una comunità riconciliata
79. La sfida del dialogo è, in
fondo, la sfida della trasformazione delle relazioni tra gli uomini,
tra le nazioni e tra i popoli nella vita religiosa, politica,
economica, sociale e culturale. È la sfida dell'amore di Cristo per
tutti gli uomini, amore che il discepolo deve riprodurre nella sua
vita: « Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete
amore gli uni per gli altri » (Gv 13, 35).
« L'evangelizzazione continua il
dialogo di Dio con l'umanità, un dialogo che tocca il suo vertice
nella persona di Gesù Cristo ».154 Per mezzo della Croce, Egli ha
distrutto in se stesso l'inimicizia (cfr Ef 2, 16) che divide
ed allontana gli uomini gli uni dagli altri.
Ora, nonostante la civiltà
contemporanea del « villaggio globale », in Africa come altrove nel
mondo lo spirito di dialogo, di pace e di riconciliazione è lungi
dall'abitare il cuore di tutti gli uomini. Le guerre, i conflitti, gli
atteggiamenti razzisti e xenofobi dominano ancora troppo il mondo
delle relazioni umane.
La Chiesa in Africa avverte
l'esigenza di diventare per tutti, grazie alla testimonianza resa dai
suoi figli e dalle sue figlie, luogo di autentica riconciliazione. Così,
perdonati e riconciliati vicendevolmente, essi potranno recare al
mondo il perdono e la riconciliazione che Cristo, nostra pace (cfr Ef
2, 14), offre all'umanità mediante la sua Chiesa. Altrimenti il
mondo assomiglierà sempre più ad un campo di battaglia, dove contano
solo gli interessi egoistici e dove regna la legge della forza, che
allontana fatalmente l'umanità dall'auspicata civiltà dell'amore.
II. La famiglia
Evangelizzare la famiglia
80. « Il futuro del mondo e della
Chiesa passa attraverso la famiglia ».155 In effetti, non solamente
la famiglia è la prima cellula della comunità ecclesiale viva, ma lo
è anche della società. In Africa, in particolare, la famiglia
rappresenta il pilastro su cui è costruito l'edificio della società.
Ecco perché il Sinodo considera l'evangelizzazione della famiglia
africana come una delle priorità maggiori, se si vuole che essa
assuma, a sua volta, il ruolo di soggetto attivo nella
prospettiva dell'evangelizzazione delle famiglie mediante le famiglie.
Dal punto di vista pastorale, ciò
costituisce una vera sfida, date le difficoltà d'ordine politico,
economico, sociale e culturale alle quali i nuclei familiari in Africa
devono far fronte nel contesto dei grandi mutamenti della società
contemporanea. Pur adottando i valori positivi della modernità, la
famiglia africana dovrà pertanto salvaguardare i propri valori
essenziali.
La Santa Famiglia come
modello
81. A questo proposito la Santa
Famiglia che, secondo il Vangelo (cfr Mt 2, 14-15), ha vissuto
per qualche tempo in Africa, è « prototipo ed esempio di tutte le
famiglie cristiane »,156 modello e sorgente spirituale per
ogni famiglia cristiana.157
Per riprendere le parole di Papa
Paolo VI, pellegrino in Terra Santa, « Nazaret è la scuola dove si
è iniziati a comprendere la vita di Gesù: la scuola del Vangelo [...].
Qui, a questa scuola si comprende la necessità di avere una
disciplina spirituale, se si vuole [...] diventare discepoli di Cristo
».158 Nella sua profonda meditazione sul mistero di Nazaret, Paolo VI
invita a raccogliere una triplice lezione: di silenzio, di vita
familiare, di lavoro. Nella casa di Nazaret ciascuno vive
la propria missione in perfetta armonia con gli altri membri della
Santa Famiglia.
Dignità e ruolo dell'uomo e
della donna
82. La dignità dell'uomo e della
donna deriva dal fatto che, quando Dio creò l'uomo, « a immagine
di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1, 27).
Sia l'uomo che la donna sono creati « ad immagine di Dio », dotati
cioè d'intelligenza e di volontà e, conseguentemente, di libertà.
Lo dimostra il racconto relativo al peccato dei progenitori (cfr Gn
3). Il Salmista canta così la dignità incomparabile dell'uomo:
« Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo
hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto
hai posto sotto i suoi piedi » (Sal 8, 6-7).
Creati l'uno e l'altro ad immagine
di Dio, l'uomo e la donna, pur differenti, sono essenzialmente
uguali dal punto di vista dell'umanità. « Ambedue sin
dall'inizio sono persone, a differenza degli altri esseri viventi del
mondo che li circonda. La donna è un altro "io" nella loro
comune umanità »,159 e ciascuno costituisce un aiuto per l'altro (cfr
Gn 2, 18-25).
« Creando l'uomo "maschio e
femmina", Dio dona la dignità personale in eguale modo all'uomo
e alla donna, arricchendoli dei diritti inalienabili e delle
responsabilità che sono proprie della persona umana ».160 Il Sinodo
ha deplorato quei costumi africani e quelle pratiche « che privano le
donne dei loro diritti e del rispetto che è loro dovuto » 161 e ha
chiesto che la Chiesa nel continente si sforzi di promuovere la
salvaguardia di tali diritti.
Dignità e ruolo del
Matrimonio
83. Dio, Padre, Figlio e Spirito
Santo, è Amore (cfr 1 Gv 4, 8). « La comunione tra Dio e gli
uomini trova il suo definitivo compimento in Gesù Cristo, lo sposo
che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a sé come
suo proprio corpo. Egli rivela la verità originaria del Matrimonio,
la verità del "principio" e, liberando l'uomo dalla durezza
del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa
rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che
il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana e nel
sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla croce per la sua
Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel
disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna fin
dalla loro creazione (cfr Ef 5, 32-33); il Matrimonio dei
battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna
Alleanza, sancita nel sangue di Cristo ».162
L'amore reciproco fra gli sposi
battezzati manifesta l'amore di Cristo e della Chiesa. Segno
dell'amore di Cristo, il Matrimonio è un sacramento della Nuova
Alleanza: « Gli sposi sono per la Chiesa il richiamo
permanente di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per
l'altro, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il
sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il
Matrimonio, come ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e
profezia ».163
Esso dunque è uno stato di vita,
una via di santità cristiana, una vocazione che deve condurre alla
risurrezione gloriosa ed al Regno, dove « non si prende né moglie né
marito » (Mt 22, 30). Per questo, il Matrimonio esige un amore
indissolubile; grazie a questa sua stabilità può contribuire
efficacemente a realizzare appieno la vocazione battesimale degli
sposi.
Salvare la famiglia africana
84. Molti sono stati gli
interventi nell'aula del Sinodo che hanno evidenziato le minacce
attualmente incombenti sulla famiglia africana. Le preoccupazioni dei
Padri sinodali erano tanto più giustificate in quanto il documento
preparatorio di una Conferenza delle Nazioni Unite, tenutasi nel
settembre del 1994 al Cairo, in terra africana, sembrava con tutta
evidenza voler adottare risoluzioni in contrasto con non pochi valori
familiari africani. Facendo proprie le preoccupazioni da me
precedentemente manifestate alla Conferenza ed ai Capi di Stato del
mondo intero,164 essi hanno lanciato un pressante appello perché sia
salvaguardata la famiglia: « Non lasciate — essi hanno gridato —
che la famiglia africana venga umiliata proprio sulla sua terra! Non
permettete che l'Anno Internazionale della Famiglia divenga l'anno
della distruzione della famiglia! ».165
La famiglia aperta alla
società
85. Il matrimonio, per sua natura,
trascende la coppia, avendo la speciale missione di perpetuare
l'umanità. Allo stesso modo, per natura, la famiglia va oltre i
limiti del focolare domestico: essa è orientata verso la società. «
La famiglia possiede vincoli vitali ed organici con la società, perché
ne costituisce il fondamento e l'alimento continuo mediante il suo
compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i
cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù
sociali, che sono l'anima della vita e lo sviluppo della società
stessa. Così in forza della sua natura e vocazione, lungi dal
rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre famiglie e
alla società, assumendo il suo compito sociale ».166
In tale linea, l'Assemblea
speciale per l'Africa afferma che fine dell'evangelizzazione è
edificare la Chiesa, come Famiglia di Dio, anticipazione, anche se
imperfetta, del Regno sulla terra. Le famiglie cristiane dell'Africa
diventeranno in questo modo vere « chiese domestiche », contribuendo
al progresso della società verso una vita più fraterna. È così che
si opererà la trasformazione delle società africane mediante il
Vangelo!
CAPITOLO
V
«
MI SARETE TESTIMONI » IN AFRICA
Testimonianza e santità
86. Le sfide segnalate mostrano
quanto opportuna sia stata l'Assemblea speciale per l'Africa del
Sinodo dei Vescovi: il compito della Chiesa nel continente è immenso;
per affrontarlo è necessaria la collaborazione di tutti. La
testimonianza ne costituisce l'elemento centrale. Cristo interpella i
suoi discepoli in Africa ed affida loro il mandato che diede agli
Apostoli il giorno dell'Ascensione: « Mi sarete testimoni » (At 1,
8) in Africa.
87. L'annuncio della Buona Novella
con la parola e le opere apre il cuore delle persone al desiderio
della santità, della configurazione a Cristo. San Paolo, nella
prima Lettera ai Corinti, si rivolge « a coloro che sono stati
santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti
quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù
Cristo » (1, 2). La predicazione del Vangelo ha pure come scopo la
costruzione della Chiesa di Dio, nella prospettiva dell'avvento del
Regno, che Cristo consegnerà al Padre alla fine dei tempi (cfr 1
Cor 15, 24).
« L'entrata nel Regno di Dio
domanda una trasformazione di mentalità (metanoia) e di
comportamento e una vita di testimonianza in parole e opere, nutrita
in seno alla Chiesa dalla partecipazione ai sacramenti,
particolarmente all'Eucarestia, sacramento della salvezza ».167
Costituisce una via alla santità
anche l'inculturazione, mediante la quale la fede penetra nella vita
delle persone e delle loro comunità originarie. Come
nell'Incarnazione Cristo ha assunto la natura umana con esclusione
solo del peccato, analogamente mediante l?inculturazione il messaggio
cristiano assimila i valori della società alla quale è annunciato,
scartando quanto è segnato dal peccato. Nella misura in cui la
comunità ecclesiale sa integrare i valori positivi di una determinata
cultura, diventa strumento della sua apertura alle dimensioni della
santità cristiana. Una inculturazione condotta con saggezza purifica
ed eleva le culture dei vari popoli.
Un ruolo importante, da questo
punto di vista, è chiamata a svolgere la liturgia. In quanto
modo efficace di proclamare e di vivere i misteri della salvezza, essa
può validamente contribuire ad elevare ed arricchire specifiche
manifestazioni della cultura di un certo popolo. Sarà pertanto
compito dell'autorità competente curare l'inculturazione, secondo
modelli artisticamente pregevoli, di quegli elementi liturgici che,
alla luce delle norme vigenti, possono essere modificati.168
I. Operatori
dell'Evangelizzazione
88. L'evangelizzazione ha bisogno
di operatori. Infatti, « come potranno invocarlo [il Signore] senza
aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne
sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo
annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? » (Rm
10, 14-15). L'annuncio del Vangelo può realizzarsi pienamente
solo con il contributo di tutti i credenti, ad ogni livello della
Chiesa sia universale che locale.
Spetta in particolare a quest'ultima,
la Chiesa locale posta sotto la responsabilità del Vescovo, di
coordinare l'impegno dell'evangelizzazione, raccogliendo i fedeli,
confermandoli nella fede mediante l'opera dei presbiteri e dei
catechisti, sostenendoli nell'adempimento delle rispettive missioni. A
questo scopo, la diocesi provvederà ad istituire le necessarie
strutture di incontro, di dialogo, di programmazione. Valendosi di
esse, il Vescovo potrà orientare opportunamente il lavoro di
sacerdoti, religiosi e laici, accogliendo doni e carismi di ciascuno
per metterli al servizio di una pastorale aggiornata ed incisiva. Di
grande utilità saranno in tal senso i vari Consigli previsti dalle
vigenti norme del Diritto Canonico.
Comunità ecclesiali vive
89. I Padri sinodali hanno subito
riconosciuto che la Chiesa come Famiglia potrà dare la sua piena
misura di Chiesa solo ramificandosi in comunità sufficientemente
piccole per permettere strette relazioni umane. Le caratteristiche di
tali comunità sono state così sintetizzate dall'Assemblea: esse
dovranno essere luoghi in cui provvedere innanzitutto alla propria
evangelizzazione per poi portare la Buona Novella agli altri; dovranno
perciò essere luoghi di preghiera e di ascolto della Parola di Dio;
di responsabilizzazione dei membri stessi; di apprendistato di vita
ecclesiale; di riflessione sui vari problemi umani, alla luce del
Vangelo. Soprattutto, in esse ci si impegnerà a vivere l'amore
universale di Cristo, che trascende le barriere delle solidarietà
naturali dei clan, delle tribù o di altri gruppi d'interesse.169
Laicato
90. I laici saranno aiutati a
prendere sempre più coscienza del ruolo che devono occupare nella
Chiesa, onorando così la missione che è loro peculiare in quanto
battezzati e cresimati, conformemente all'insegnamento
dell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici
170 e dell'Enciclica Redemptoris missio.171 Essi devono
conseguentemente essere formati a questo mediante appositi centri o
scuole di formazione biblica e pastorale. In una prospettiva simile, i
cristiani che occupano posti di responsabilità saranno accuratamente
preparati al loro compito politico, economico e sociale con una solida
formazione nella dottrina sociale della Chiesa, al fine di essere
fedeli testimoni del Vangelo nel loro ambito d'azione.172
Catechisti
91. « Il ruolo dei catechisti è
stato e rimane determinante nella fondazione e nell'espansione della
Chiesa in Africa. Il Sinodo raccomanda che i catechisti non solo
beneficino di una perfetta preparazione iniziale [...], ma continuino
anche a ricevere una formazione dottrinale nonché un sostegno morale
e spirituale ».173 Tanto i Vescovi che i sacerdoti abbiano perciò a
cuore i loro catechisti, procurando che siano loro assicurate degne
condizioni di vita e di lavoro, così che essi possano compiere bene
la loro missione. Il loro compito sia riconosciuto e onorato
all'interno della comunità cristiana.
La famiglia
92. Il Sinodo ha lanciato un
esplicito appello affinché ciascuna famiglia cristiana divenga « un
luogo privilegiato di testimonianza evangelica »,174 una vera «
chiesa domestica »,175 una comunità che crede ed evangelizza,176 una
comunità in dialogo con Dio 177 e generosamente aperta al servizio
dell'uomo.178 « È in seno alla famiglia che i genitori devono essere
per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori
della fede ».179 « È qui che si esercita in maniera privilegiata il
sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei
figli, di tutti i membri della famiglia, "con la partecipazione
ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la
testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità".
Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e "una
scuola di umanità più ricca" ».180
I genitori si prenderanno cura
dell'educazione cristiana dei figli. Con l'aiuto concreto di famiglie
cristiane salde, serene ed impegnate, le diocesi programmeranno
l'apostolato familiare nel quadro della pastorale d'insieme. In quanto
« chiesa domestica », costruita sulle solide basi culturali e sui
ricchi valori della tradizione familiare africana, la famiglia
cristiana è chiamata ad essere una valida cellula di testimonianza
cristiana nella società segnata da mutamenti rapidi e profondi. Il
Sinodo ha sentito quest'appello con particolare urgenza nel contesto
dell'Anno della Famiglia, che la Chiesa stava allora celebrando
insieme a tutta la comunità internazionale.
Giovani
93. La Chiesa in Africa sa bene
che la gioventù non è solo il presente, ma soprattutto l'avvenire
dell'umanità. Bisogna dunque aiutare i giovani a superare gli
ostacoli che frenano il loro sviluppo: l'analfabetismo, l'oziosità,
la fame, la droga.181 Per far fronte a queste sfide, si dovranno
chiamare i giovani ad essere evangelizzatori del loro ambiente.
Nessuno può esserlo meglio di loro. È necessario che la pastorale
della gioventù sia esplicitamente presente nella pastorale
complessiva delle diocesi e delle parrocchie, in modo da fornire ai
giovani l'occasione di scoprire molto presto il valore del dono di sé,
essenziale cammino di sviluppo della persona.182 A questo proposito,
la celebrazione della Giornata Mondiale dei Giovani si presenta come
un mezzo privilegiato di pastorale della gioventù, che ne favorisce
la formazione mediante la preghiera, lo studio e la riflessione.
Uomini e donne consacrati
94. « In una Chiesa Famiglia di
Dio, la vita consacrata riveste un ruolo particolare, non solo
per indicare a tutti l'appello alla santità, ma anche per
testimoniare la vita fraterna nella comunità. Di conseguenza i
consacrati sono invitati a rispondere alla loro vocazione in spirito
di comunione e di collaborazione con i rispettivi Vescovi, con il
clero e i laici ».183
Nelle presenti condizioni della
missione in Africa, è urgente promuovere le vocazioni religiose alla
vita contemplativa ed attiva, operando innanzitutto scelte oculate e
provvedendo poi ad impartire una solida formazione umana, spirituale e
dottrinale, apostolica e missionaria, biblica e teologica. Questa
formazione va rinnovata nel corso degli anni, con costanza e regolarità.
Per la fondazione di nuovi Istituti religiosi, si deve procedere con
grande prudenza ed illuminato discernimento, facendo riferimento ai
criteri indicati dal Concilio Vaticano II ed alle norme canoniche
vigenti.184 Gli Istituti, una volta fondati, vanno aiutati ad
acquisire la personalità giuridica ed a raggiungere l'autonomia nella
gestione tanto delle proprie opere che dei rispettivi cespiti
finanziari.
L'Assemblea sinodale, dopo aver
ammonito « gli Istituti religiosi che non hanno case in Africa » a
non sentirsi autorizzati a « cercarvi nuove vocazioni senza un
preventivo dialogo con l'Ordinario del luogo »,185 ha poi esortato i
responsabili delle Chiese locali, come anche degli Istituti di vita
consacrata e delle Società di vita apostolica, a promuovere tra loro
il dialogo per creare, nello spirito della Chiesa Famiglia, gruppi
misti di concertazione quale testimonianza di fraternità e segno di
unità a servizio della comune missione.186 In questa prospettiva, ho
anche accolto l'invito dei Padri sinodali a rivedere, se necessario,
qualche punto del documento Mutuae relationes 187 per una
migliore definizione del ruolo della vita religiosa nella Chiesa
locale.188
Futuri sacerdoti
95. « Oggi più che mai — hanno
affermato i Padri sinodali — ci si preoccuperà di formare i futuri
sacerdoti ai veri valori culturali dei rispettivi paesi, al senso
dell'onestà, della responsabilità e della fedeltà alla parola data.
Saranno formati in modo da rivestire le qualità di rappresentanti di
Cristo, di veri servitori e animatori di comunità cristiane [...] così
da essere sacerdoti spiritualmente solidi e disponibili, votati alla
causa del Vangelo, capaci di gestire con trasparenza i beni della
Chiesa e di condurre una vita semplice in conformità al loro ambiente
».189 Pur rispettando le tradizioni proprie delle Chiese orientali, i
seminaristi siano formati in modo « che acquisiscano una vera maturità
affettiva ed abbiano idee chiare e un'intima convinzione sull'indissociabilità
del celibato e della castità del sacerdote »; 190 essi inoltre «
ricevano una adeguata formazione sul senso e il posto della
consacrazione a Cristo nel sacerdozio ».191
Diaconi
96. Laddove le condizioni
pastorali si prestino alla stima e alla comprensione di questo antico
ministero della Chiesa, le Conferenze e le Assemblee episcopali
studieranno i modi più adatti per promuovere ed incoraggiare il
diaconato permanente « come ministero ordinato e anche come mezzo di
evangelizzazione ».192 E dove i diaconi esistono già, ci si adopererà
per fornire loro un aggiornamento organico e completo.
Sacerdoti
97. Profondamente grata a tutti i
sacerdoti, diocesani e membri di Istituti, per l'opera apostolica da
essi svolta e cosciente delle esigenze poste dall'evangelizzazione dei
popoli d'Africa e Madagascar, l'Assemblea sinodale li ha esortati a
vivere la « fedeltà alla loro vocazione, nel dono totale di sé alla
missione e in piena comunione con il proprio Vescovo ».193 Sarà
compito dei Vescovi prendersi cura della formazione permanente dei
sacerdoti, soprattutto nei primi anni di ministero,194 aiutandoli in
particolare ad approfondire il senso del sacro celibato ed a
perseverare nella fedele adesione ad esso, « sapendo apprezzare
questo dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il
Signore ha così esplicitamente esaltato, ed avendo anche presenti i
grandi misteri che in esso sono significati e realizzati ».195 In
tale iter formativo va pure riservata attenzione ai sani valori
dell'ambiente di vita dei sacerdoti. È opportuno ricordare, inoltre,
che il Concilio Vaticano II ha incoraggiato fra i presbiteri « una
certa vita comune », ossia una qualche comunità di vita nelle
diverse forme suggerite dai concreti bisogni personali e pastorali. Ciò
contribuirà a fomentare la vita spirituale ed intellettuale, l'azione
apostolica e pastorale, la carità e la sollecitudine reciproca,
specie nei riguardi dei sacerdoti anziani, malati o in difficoltà.196
Vescovi
98. I Vescovi stessi porranno ogni
cura nel pascere la Chiesa che Dio si è acquistata con il sangue del
proprio Figlio, in adempimento dell'incarico loro affidato dallo
Spirito Santo (cfr At 20, 28). Impegnati, secondo la
raccomandazione conciliare, a « svolgere il loro dovere apostolico
come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini »,197 essi
eserciteranno personalmente, in collaborazione fiduciosa col
presbiterio e con gli altri operatori pastorali, l'insostituibile
servizio dell'unità nella carità, attendendo con sollecitudine ai
compiti di insegnamento, di santificazione e di governo pastorale. Non
mancheranno, inoltre, di provvedere all'approfondimento della loro
cultura teologica ed al corroboramento della loro vita spirituale,
prendendo parte, per quanto possibile, alle sessioni di aggiornamento
e di formazione organizzate dalle Conferenze episcopali o dalla Sede
apostolica.198 Mai dimenticheranno, in particolare, l'ammonimento di
san Gregorio Magno, secondo cui il Pastore è luce dei suoi fedeli
soprattutto mediante una condotta morale esemplare e impregnata di
santità.199
II. Strutture di
evangelizzazione
99. È motivo di gioia e
consolazione costatare che « i fedeli laici sono sempre più
associati alla missione della Chiesa in Africa e Madagascar », grazie
specialmente « al dinamismo dei movimenti di azione cattolica, delle
associazioni di apostolato e dei nuovi movimenti di spiritualità. I
Padri del Sinodo hanno caldamente auspicato che « questo slancio
continui e si sviluppi a tutti i livelli del laicato, sia che si
tratti degli adulti, che dei giovani, come pure dei bambini ».200
Parrocchie
100. La parrocchia è per sua
natura l'abituale luogo di vita e di culto dei fedeli. Essi possono
esprimervi ed attuarvi le iniziative che la fede e la carità
cristiana suggeriscono alla comunità dei credenti. La parrocchia è
il luogo dove si manifesta la comunione dei diversi gruppi e
movimenti, che vi trovano sostegno spirituale e appoggio
materiale. Sacerdoti e laici porranno ogni impegno perché la vita
della parrocchia sia armoniosa, nel contesto di una Chiesa come
Famiglia, dove tutti sono « assidui nell'ascoltare l'insegnamento
degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle
preghiere » (At 2, 42).
Movimenti e associazioni
101. L'unione fraterna per una
testimonianza vivente del Vangelo sarà anche la finalità dei
movimenti apostolici e delle associazioni a carattere religioso. I
fedeli laici vi trovano, in effetti, un'occasione privilegiata per
essere lievito nella pasta (cfr Mt 13, 33), specialmente per
quanto riguarda la gestione delle cose temporali secondo Dio e la
lotta per la promozione della dignità umana, della giustizia e della
pace.
Scuole
102. « Le scuole cattoliche sono
contemporaneamente luoghi di evangelizzazione, di educazione
integrale, d'inculturazione e di apprendimento di un dialogo vitale
tra giovani di religioni e ambienti sociali differenti ».201 La
Chiesa in Africa e in Madagascar offrirà pertanto il proprio
contributo alla promozione della « scuola per tutti » 202 nel quadro
della scuola cattolica, senza trascurare « l'educazione cristiana
degli alunni delle scuole non cattoliche. Agli universitari sarà
fornito un programma di formazione religiosa corrispondente al loro
livello di studio ».203 Tutto ciò, ovviamente, suppone la
preparazione umana, culturale e religiosa degli educatori stessi.
Università e Istituti
superiori
103. « Le Università e gli
Istituti superiori cattolici in Africa svolgono un ruolo importante
nella proclamazione della Parola salvifica di Dio. Sono un segno della
crescita della Chiesa in quanto integrano nelle loro ricerche le verità
e le esperienze della fede, ed aiutano ad interiorizzarle. Questi
centri di studio sono così a servizio della Chiesa, fornendole
personale ben preparato; studiando importanti questioni teologiche e
sociali; sviluppando la teologia africana; promuovendo il lavoro d'inculturazione
specialmente nella celebrazione liturgica; pubblicando libri e
diffondendo il pensiero cattolico; intraprendendo le ricerche loro
affidate dai Vescovi e contribuendo ad uno studio scientifico delle
culture ».204
In questi tempi di capovolgimenti
sociali generalizzati sul continente, la fede cristiana può
illuminare efficacemente la società africana. « I centri
culturali cattolici offrono alla Chiesa singolari possibilità di
presenza e di azione nel campo dei mutamenti culturali. In effetti,
essi costituiscono dei forum pubblici che permettono la larga
diffusione, mediante il dialogo creativo, delle convinzioni cristiane
sull'uomo, sulla donna, sulla famiglia, sul lavoro, sull'economia,
sulla società, sulla politica, sulla vita internazionale,
sull'ambiente ».205 Essi so no così luoghi d'ascolto, di rispetto e
di tolleranza.
Mezzi materiali
104. Proprio in questa
prospettiva, i Padri sinodali hanno messo in rilievo come sia
necessario che ogni comunità cristiana sia posta in grado di
provvedere da sola, per quanto è possibile, alle proprie necessità.206
L'evangelizzazione richiede, oltre a personale qualificato, mezzi
materiali e finanziari cospicui, e le diocesi sono non di rado ben
lungi dal disporne in misura sufficiente. È dunque urgente che le
Chiese particolari d'Africa si propongano l'obiettivo di giungere
quanto prima a provvedere esse stesse ai loro bisogni, assicurando così
la loro autosufficienza. Di conseguenza, invito pressantemente le
Conferenze episcopali, le diocesi e tutte le comunità cristiane delle
Chiese del continente, in ciò che è di loro competenza, ad
impegnarsi perché questa autosufficienza divenga sempre più reale.
Al tempo stesso, faccio appello alle Chiese sorelle del mondo, affinché
sostengano più generosamente le Pontificie Opere Missionarie così
che, mediante i loro organismi di aiuto, esse possano offrire alle
diocesi bisognose aiuti economici destinati a progetti d'investimento,
capaci di produrre risorse che conducano al loro progressivo
autofinanziamento.207 Non si deve, peraltro, dimenticare che una
Chiesa può pervenire all'autosufficienza materiale e finanziaria solo
se il popolo ad essa affidato non subisce condizioni di miseria
estrema.
CAPITOLO
VI
EDIFICARE
IL REGNO DI DIO
Regno di giustizia e di pace
105. Il mandato che Gesù ha
conferito ai discepoli al momento di salire al cielo è indirizzato
alla Chiesa di Dio per tutti i tempi e tutti i luoghi. La Chiesa
Famiglia di Dio in Africa deve testimoniare Cristo anche mediante la
promozione della giustizia e della pace sul continente e nel mondo
intero. « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli
di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di
essi è il regno dei cieli » (Mt 5, 9-10), dice il Signore. La
testimonianza della Chiesa deve essere accompagnata dall'impegno
convinto di ciascun membro del popolo di Dio per la giustizia e la
solidarietà. Ciò è particolarmente importante per i laici che
occupano funzioni pubbliche, poiché questa testimonianza esige un
atteggiamento spirituale permanente e uno stile di vita in armonia con
la fede cristiana.
La dimensione ecclesiale
della testimonianza
106. I Padri sinodali,
sottolineando la dimensione ecclesiale di tale testimonianza, hanno
solennemente dichiarato: « La Chiesa deve continuare a svolgere il
suo ruolo profetico ed essere voce di chi non ha voce ».208
Ma per realizzare ciò in maniera
efficace, la Chiesa, in quanto comunità di fede, dev'essere una
testimone forte della giustizia e della pace nelle sue strutture e
nelle relazioni tra i suoi membri. Il Messaggio del Sinodo
coraggiosamente dichiara: « Le Chiese d'Africa hanno anche
riconosciuto che nel loro seno la giustizia non è sempre rispettata
nei confronti di quanti sono al loro servizio. La Chiesa deve essere
testimone di giustizia e, perciò, riconosce che chiunque osi parlare
agli uomini di giustizia deve sforzarsi egli stesso di essere giusto
ai loro occhi. Bisogna perciò prendere in esame con cura le
procedure, i beni e lo stile di vita della Chiesa ».209
Il suo apostolato, per quanto
riguarda la promozione della giustizia e, in particolare, la difesa
dei diritti umani fondamentali, non può essere lasciato
all'improvvisazione. Cosciente del fatto che in numerosi paesi
d'Africa vengono perpetrate flagranti violazioni della dignità e dei
diritti dell'uomo, domando alle Conferenze episcopali d'istituire,
laddove non esistano ancora, delle Commissioni « Giustizia e Pace »
ai vari livelli. Queste dovranno sensibilizzare le comunità cristiane
alle loro responsabilità evangeliche in merito alla difesa dei
diritti umani.210
107. Se l'annuncio della giustizia
e della pace è parte integrante del compito di evangelizzazione, ne
deriva che la promozione di questi valori dovrà anche far parte del
programma pastorale di ciascuna comunità cristiana. Ecco perché
insisto sulla necessità di formare tutti gli operatori pastorali in
modo adeguato in vista di tale apostolato: « La formazione del clero,
dei religiosi e dei laici impartita nei campi propri del loro
apostolato porrà l'accento sulla dottrina sociale della Chiesa.
Ciascuno, secondo il proprio stato di vita, prenderà coscienza dei
suoi diritti e dei suoi doveri, imparerà il senso e il servizio del
bene comune, come pure i criteri di una onesta gestione dei beni
pubblici e di una corretta presenza nella vita politica, così da
poter intervenire in maniera credibile dinanzi alle ingiustizie
sociali ».211
Come corpo organizzato all'interno
della comunità e della nazione, la Chiesa ha il diritto e il dovere
di partecipare pienamente all'edificazione di una società giusta e
pacifica con tutti i mezzi a sua disposizione. Bisogna qui ricordare
il suo apostolato nei campi dell'educazione, delle cure sanitarie,
della sensibilizzazione sociale e di altri programmi di assistenza.
Nella misura in cui con queste sue attività contribuisce a ridurre
l'ignoranza, a migliorare la salute pubblica e favorire una maggiore
partecipazione di tutti ai problemi della società in spirito di
libertà e di corresponsabilità, la Chiesa crea le condizioni per il
progresso della giustizia e della pace.
Il sale della terra
108. Ai nostri giorni, nel
contesto di una società pluralista, è soprattutto grazie all'impegno
dei cattolici nella vita pubblica che la Chiesa può esercitare
un'influenza efficace. Dai cattolici, siano essi professionisti o
insegnanti, uomini d'affari o funzionari, agenti di sicurezza o
politici, ci si aspetta che testimonino bontà, verità, giustizia e
amore di Dio nelle loro attività di ogni giorno. « Il compito del
fedele laico [...] è quello di essere il sale e la luce nella vita
quotidiana, specialmente laddove è il solo a poter intervenire ».212
Collaborare con gli altri
credenti
109. L'obbligo di impegnarsi per
lo sviluppo dei popoli non è un dovere soltanto individuale, né
tanto meno individualistico, come se fosse possibile conseguirlo con
gli sforzi isolati di ciascuno. Esso è un imperativo per ogni uomo ed
ogni donna, come per le società e le nazioni; in particolare, esso è
un imperativo per la Chiesa cattolica e per le altre Chiese e Comunità
ecclesiali, con le quali i cattolici sono disposti a collaborare in
questo campo.213 In tal senso, come i cattolici invitano i fratelli
cristiani a partecipare alle loro iniziative, così, accogliendo gli
inviti che sono loro rivolti, si dichiarano pronti a collaborare a
quelle da questi avviate. Per favorire lo sviluppo integrale dell'uomo
i cattolici possono fare molto anche con i credenti delle altre
religioni, come del resto già stanno facendo in diversi luoghi.214
Una buona gestione degli
affari pubblici
110. I Padri del Sinodo sono stati
unanimi nel riconoscere che la più grande sfida per realizzare la
giustizia e la pace in Africa consiste nel gestire bene gli affari
pubblici nei due campi, tra loro connessi, della politica e
dell'economia. Certi problemi hanno origine fuori dal continente e,
per questo motivo, non sono interamente sotto il controllo dei
governanti e dei dirigenti nazionali. Ma l'Assemblea sinodale ha
riconosciuto che molte problematiche del continente sono la
conseguenza di un modo di governare sovente inquinato dalla
corruzione. È necessario un forte risveglio delle coscienze, unito ad
una ferma determinazione della volontà, per porre in essere quelle
soluzioni che non è ormai più possibile rimandare.
Costruire la nazione
111. Sul versante politico,
l'arduo processo della costruzione di unità nazionali incontra nel
continente africano particolari ostacoli, essendo la maggior parte
degli Stati entità politiche relativamente recenti. Conciliare
profonde differenze, superare antiche animosità di natura etnica e
integrarsi in un ordine mondiale esige grande abilità nell'arte di
governare. Per questo motivo, l'Assemblea sinodale ha elevato al
Signore una fervente preghiera perché sorgano in Africa politici —
uomini e donne — santi; perché si abbiano santi capi di Stato, che
amino il proprio popolo fino in fondo e che desiderino servire
piuttosto che servirsi.215
La via del diritto
112. Le fondamenta di un buon
governo devono essere stabilite sulla solida base delle leggi, che
proteggono i diritti e definiscono i doveri dei cittadini.216 Debbo
constatare con grande tristezza che non poche nazioni africane
soffrono ancora sotto regimi autoritari e oppressivi, che negano ai
sudditi la libertà personale e i diritti umani fondamentali, in
particolar modo la libertà di associazione e di espressione politica,
e il diritto di scegliere i propri governanti mediante libere ed eque
elezioni. Tali ingiustizie politiche provocano tensioni che sovente
degenerano in conflitti armati e in guerre interne, recando con sé
gravi conseguenze, quali carestie, epidemie, distruzioni, per non
parlare degli stermini, dello scandalo e della tragedia dei rifugiati.
Per questo motivo, il Sinodo ha sostenuto con ragione che un'autentica
democrazia, nel rispetto del pluralismo, è « una delle vie
principali sulle quali la Chiesa cammina con il popolo. [...] Il laico
cristiano, impegnato nelle lotte democratiche secondo lo spirito del
Vangelo, è il segno di una Chiesa che vuol essere presente alla
costruzione di uno Stato di diritto, in tutta l'Africa ».217
Gestire il patrimonio comune
113. Il Sinodo, inoltre, fa
appello ai governi africani affinché adottino politiche appropriate
al fine di promuovere la crescita economica e gli investimenti, in
vista della creazione di nuovi posti di lavoro.218 Ciò comporta
l'impegno di perseguire politiche economiche sane, stabilendo corrette
priorità per lo sfruttamento e la distribuzione delle risorse
nazionali talora esigue, in modo da provvedere ai bisogni fondamentali
delle persone e da assicurare un'onesta ed equa divisione dei benefici
e degli oneri. I governi hanno, in particolare, l'inderogabile dovere
di proteggere il patrimonio comune contro tutte le forme di spreco e
di appropriazione indebita da parte di cittadini privi di senso civico
o di stranieri senza scrupoli. Ai governi spetta pure di intraprendere
adeguate iniziative per migliorare le condizioni del commercio
internazionale.
I problemi economici dell'Africa
sono resi più gravi dalla disonestà di taluni governanti corrotti,
che, in connivenza con interessi privati locali o stranieri, stornano
a loro profitto le risorse nazionali, trasferendo denaro pubblico su
conti privati in banche estere. Si tratta di veri e propri furti,
qualunque ne sia la copertura legale. Auspico vivamente che gli
organismi internazionali e persone integre di paesi africani o di
altri paesi del mondo sappiano apprestare i mezzi giuridici adeguati
per far rientrare i capitali indebitamente sottratti. Anche nella
concessione di prestiti è importante assicurarsi circa la
responsabilità e la trasparenza dei destinatari.219
La dimensione internazionale
114. In quanto Assemblea di
Vescovi della Chiesa universale presieduta dal Successore di Pietro,
il Sinodo è stato una occasione provvidenziale per valutare in
maniera positiva il posto e il ruolo dell'Africa nel contesto della
Chiesa universale e della comunità mondiale. Essendo il mondo in cui
viviamo sempre più interdipendente, i destini e i problemi delle
varie regioni sono tra loro connessi. La Chiesa, in quanto Famiglia di
Dio sulla terra, deve essere il segno vivente e lo strumento efficace
della solidarietà universale, in vista dell'edificazione di una
comunità di giustizia e di pace di dimensioni planetarie. Un mondo
migliore sorgerà soltanto se verrà costruito sulle fondamenta solide
di sani principi etici e spirituali.
Nell'attuale situazione mondiale,
le nazioni africane sono tra le più svantaggiate. È necessario che i
paesi ricchi prendano chiara coscienza del loro dovere di sostenere
gli sforzi dei paesi che lottano per uscire dalla povertà e dalla
miseria. Del resto, è nello stesso interesse delle nazioni ricche
scegliere la via della solidarietà, perché solo così è possibile
assicurare all'umanità una pace ed una armonia durevoli. La Chiesa,
poi, che vive nei paesi sviluppati non può ignorare la responsabilità
aggiuntiva che le deriva dall'impegno cristiano per la giustizia e la
carità: poiché tutti, uomini e donne, portano in sé l'immagine di
Dio e sono chiamati a far parte della stessa famiglia redenta dal
sangue di Cristo, deve essere garantito a ciascuno un giusto accesso
alle risorse della terra che Dio ha posto a disposizione di tutti.220
Non è difficile intravvedere le
numerose implicazioni pratiche che una simile impostazione comporta.
Occorre innanzitutto adoperarsi per migliori relazioni socio-politiche
tra le nazioni, assicurando condizioni di maggiore giustizia e dignità
per quelle tra di esse che, con la raggiunta indipendenza, sono
entrate da minor tempo nel consesso internazionale. È necessario poi
prestare ascolto con interiore partecipazione al grido angosciato
delle nazioni povere, che chiedono aiuto in ambiti di particolare
importanza: la denutrizione, il deterioramento generalizzato della
qualità della vita, l'insufficienza dei mezzi per la formazione dei
giovani, la carenza dei servizi sanitari e sociali elementari, con la
conseguente persistenza di malattie endemiche, la diffusione del
terribile flagello dell'AIDS, il gravoso e talora insopportabile peso
del debito internazionale, l'orrore delle guerre fratricide alimentate
da un traffico d'armi senza scrupoli, lo spettacolo vergognoso e
miserando dei profughi e dei rifugiati. Ecco alcuni campi in cui sono
necessari interventi immediati, che restano opportuni anche se
appaiono insufficienti nel quadro globale dei problemi.
I. Elementi di preoccupazione
Ridare la speranza ai
giovani
115. La situazione economica di
povertà ha un impatto particolarmente negativo sui giovani. Essi
entrano nella vita degli adulti con scarso entusiasmo a causa di un
presente segnato da non poche frustrazioni, e guardano con ancor
minore speranza all'avvenire, che appare ai loro occhi triste ed
oscuro. Per questo tendono a fuggire dalle zone rurali trascurate e si
raggruppano nelle città, che, in fondo, non hanno da offrire loro
molto di meglio. Non pochi di loro vanno all'estero come in esilio, e
lì vivono un'esistenza precaria di rifugiati economici. Sento il
dovere, insieme ai Padri del Sinodo, di perorare la loro causa: è
necessario ed urgente trovare una soluzione alla loro impazienza di
partecipare alla vita della nazione e della Chiesa.221
Al tempo stesso, però, è ai
giovani che voglio pure rivolgere un appello: Cari giovani, il Sinodo
vi chiede di farvi carico dello sviluppo delle vostre nazioni, di
amare la cultura del vostro popolo e di lavorare alla sua
rivitalizzazione con fedeltà alla vostra eredità culturale, con
l'affinamento dello spirito scientifico e tecnico e, soprattutto, con
la testimonianza della fede cristiana.222
Il flagello dell'AIDS
116. Su questo sfondo di povertà
generale e di servizi sanitari inadeguati, il Sinodo ha preso in
considerazione il tragico flagello dell'AIDS, che semina dolore e
morte in numerose zone dell'Africa. Esso ha costatato il ruolo svolto
nella diffusione di tale malattia da comportamenti sessuali
irresponsabili e ha formulato questa ferma raccomandazione: «
L'affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal Matrimonio
cristiano e dalla fedeltà, così come la sicurezza data dalla castità,
devono essere continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai
giovani ».223
La lotta contro l'AIDS deve essere
ingaggiata da tutti. Facendo eco alla voce dei Padri sinodali, anch'io
domando agli operatori pastorali di portare ai fratelli e alle sorelle
colpiti dall'AIDS tutto il conforto possibile sia materiale che morale
e spirituale. Agli uomini di scienza e ai responsabili politici di
tutto il mondo chiedo con viva insistenza che, mossi dall'amore e dal
rispetto dovuti ad ogni persona umana, non facciano economia quanto ai
mezzi capaci di mettere fine a questo flagello.
« Forgiate le spade in
vomeri » (cfr Is 2, 4): mai più guerre!
117. La tragedia delle guerre che
dilaniano l'Africa è stata descritta dai Padri sinodali con parole
incisive: « L'Africa è da parecchi decenni il teatro di guerre
fratricide, che decimano le popolazioni e distruggono le loro
ricchezze naturali e culturali ».224 Il dolorosissimo fenomeno, oltre
a cause esterne all'Africa, ha pure cause interne, quali « il
tribalismo, il nepotismo, il razzismo, l'intolleranza religiosa, la
sete di potere, spinta all'estremo nei regimi totalitari che deridono
impunemente i diritti e la dignità dell'uomo. Le popolazioni beffate
e ridotte al silenzio subiscono, quali vittime innocenti e rassegnate,
tutte queste situazioni d'ingiustizia ».225
Non posso non unire la mia voce a
quella dei membri dell'Assemblea sinodale per deplorare le situazioni
di indicibile sofferenza, provocate dai tanti conflitti in atto o
potenziali, e per chiedere a quanti ne hanno la possibilità di
impegnarsi a fondo per porre fine a simili tragedie.
Esorto, inoltre, insieme con i
Padri sinodali, a fattivo impegno per promuovere nel continente
condizioni di maggiore giustizia sociale e di più equo esercizio del
potere, per preparare così il terreno alla pace. « Se vuoi la pace,
lavora per la giustizia ».226 È preferibile — ed anche più facile
— prevenire le guerre piuttosto che tentare di arrestarle dopo che
sono scoppiate. tempo che i popoli spezzino le loro spade per farne
vomeri e le loro lance per farne falci (cfr Is 2, 4).
118. La Chiesa in Africa — in
particolare attraverso taluni suoi responsabili — è stata in prima
linea nella ricerca di soluzioni negoziate per i conflitti armati
scoppiati in numerose zone del continente. Questa missione di
pacificazione dovrà continuare, incoraggiata da quanto il Signore
promette nelle Beatitudini: « Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5, 9).
Coloro che alimentano le guerre in
Africa mediante il traffico di armi sono complici di odiosi crimini
contro l'umanità. Faccio mie, al riguardo, le raccomandazioni del
Sinodo che, dopo aver dichiarato: « Il commercio di armi che semina
la morte è uno scandalo », ha fatto appello a tutti i Paesi che
vendono armi all'Africa per implorarli di « smettere questo commercio
» ed ha chiesto ai governi africani di « rinunciare alle eccessive
spese militari per dedicare più risorse all'educazione, alla sanità
e al benessere dei loro popoli ».227
L'Africa deve continuare a cercare
mezzi pacifici ed efficaci affinché i regimi militari passino il
potere ai civili. Tuttavia, è altrettanto vero che i militari sono
chiamati a svolgere un loro peculiare ruolo nel paese. Per questo il
Sinodo, mentre elogia « i fratelli soldati, per il servizio che
rendono in nome delle nostre nazioni »,228 li avverte subito con
forza che « dovranno rispondere direttamente a Dio di qualsiasi atto
di violenza compiuto contro la vita degli innocenti ».229
Rifugiati e profughi
119. Uno dei frutti più amari
delle guerre e delle difficoltà economiche è il triste fenomeno dei
rifugiati e dei profughi, fenomeno che, come ricorda il Sinodo, ha
raggiunto dimensioni tragiche. La soluzione ideale sta nel
ristabilimento di una pace giusta, nella riconciliazione e nello
sviluppo economico. È, pertanto, urgente che le organizzazioni
nazionali, regionali e internazionali risolvano in modo equo e
durevole i problemi dei rifugiati e dei profughi.230 Nel frattempo,
però, giacché il continente continua a soffrire della migrazione in
massa di rifugiati, lancio un pressante appello affinché ad essi sia
recato aiuto materiale e sia offerto sostegno pastorale là dove si
trovano, in Africa o in altri continenti.
Il peso del debito
internazionale
120. La questione del debito delle
nazioni povere verso quelle ricche è oggetto di grande preoccupazione
per la Chiesa, come risulta da numerosi documenti ufficiali e da non
pochi interventi della Santa Sede in varie occasioni.231
Riprendendo ora le parole dei
Padri sinodali, sento innanzitutto il dovere di esortare « i capi di
Stato e i loro governi in Africa a non schiacciare il popolo con
debiti interni ed esterni ».232 Rivolgo poi un pressante appello «
al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, come pure a
tutti i creditori, perché alleggeriscano i debiti che soffocano le
nazioni africane ».233 Chiedo infine con insistenza « alle
Conferenze episcopali dei Paesi industrializzati di farsi avvocati di
tale causa presso i loro governi ed altri organismi interessati ».234
La situazione di numerosi Paesi africani è così drammatica da non
consentire atteggiamenti di indifferenza e di disimpegno.
Dignità della donna
africana
121. Uno dei segni tipici della
nostra epoca è la crescente presa di coscienza della dignità della
donna e del suo specifico ruolo nella Chiesa e nella società in
generale. « Dio creò l'uomo a sua immagine, ad immagine di Dio lo
creò, maschio e femmina li creò » (Gn 1, 27).
Io stesso ho ripetutamente
affermato la fondamentale uguaglianza e l'arricchente complementarietà
esistente tra l'uomo e la donna.235 Il Sinodo ha applicato questi
principi alla condizione delle donne in Africa. I loro diritti e
doveri quanto all'edificazione della famiglia e alla piena
partecipazione allo sviluppo della Chiesa e della società sono stati
fortemente sottolineati. Per quanto riguarda specificamente la Chiesa,
è opportuno che le donne, adeguatamente formate, vengano rese
partecipi, ai livelli appropriati, dell'attività apostolica della
Chiesa.
La Chiesa deplora e condanna,
nella misura in cui sono ancora presenti in diverse società africane,
tutti « i costumi e le pratiche che privano le donne dei loro diritti
e del rispetto che è loro dovuto ».236 È quanto mai auspicabile che
le Conferenze episcopali diano vita a commissioni speciali per
approfondire lo studio dei problemi della donna in collaborazione con
gli uffici governativi interessati, là dove è possibile.237
II. Comunicare la Buona novella
Seguire Cristo, Comunicatore
per eccellenza
122. Il Sinodo ha avuto molto da
dire circa il tema della comunicazione sociale nel campo
dell'evangelizzazione dell'Africa, tenendo ben presenti le attuali
circostanze. Il punto di partenza teologico è Cristo, il Comunicatore
per eccellenza, che a coloro che credono in lui partecipa la verità,
la vita e l'amore condiviso con il Padre celeste e lo Spirito Santo.
Per questo « la Chiesa prende coscienza del dovere di promuovere la
comunicazione sociale ad intra e ad extra. Essa intende favorire la
comunicazione al suo interno migliorando la diffusione
dell'informazione tra i suoi membri ».238 Ciò l'avvantaggerà nel
comunicare al mondo la Buona Novella dell'amore di Dio rivelato in Gesù
Cristo.
Forme tradizionali di
comunicazione
123. Le forme tradizionali di
comunicazione sociale non devono in nessun caso essere sottovalutate.
In numerosi ambienti africani esse risultano ancora molto utili ed
efficaci. Inoltre, esse sono « meno costose e più accessibili ».239
Comprendono i canti e la musica, i mimi e il teatro, i proverbi e i
racconti. In quanto veicoli della saggezza e dello spirito popolare,
essi costituiscono una sorgente preziosa di contenuti e di ispirazione
per i mezzi moderni.
Evangelizzazione del mondo
dei mezzi di comunicazione
124. I moderni mass-media non
costituiscono soltanto strumenti di comunicazione; sono anche un mondo
da evangelizzare. Circa i messaggi da essi trasmessi, bisogna
assicurarsi che vi si propongano il bene, il vero e il bello. Facendo
eco alla preoccupazione dei Padri del Sinodo, manifesto la mia
inquietudine per quanto riguarda il contenuto morale di moltissimi
programmi che i mezzi di comunicazione diffondono nel continente
africano; in particolare, metto in guardia contro la pornografia e la
violenza, con cui si intende invadere le nazioni povere. D'altra
parte, giustamente il Sinodo ha deplorato « la rappresentazione molto
negativa che i mass-media fanno dell'Africano e domanda che essa
finisca immediatamente ».240
Ogni cristiano deve preoccuparsi
che i mezzi di comunicazione siano veicolo di evangelizzazione. Ma il
cristiano che opera come professionista in questo settore ha un suo
ruolo speciale da svolgere. È suo dovere, infatti, fare in modo che i
principi cristiani influenzino la pratica della professione, ivi
compreso anche il settore tecnico e amministrativo. Per permettergli
di svolgere tale ruolo in modo adeguato, occorre fornirgli una sana
formazione umana, religiosa e spirituale.
Uso dei mezzi della
comunicazione sociale
125. La Chiesa di oggi può
disporre di una varietà di mezzi di comunicazione sociale, tanto
tradizionali quanto moderni. È suo dovere farne il miglior uso per
diffondere il messaggio della salvezza. Per quanto concerne la Chiesa
in Africa, l'accesso a questi mezzi è reso difficile da numerosi
ostacoli, non ultimo il loro costo elevato. In molte località,
inoltre, esistono norme governative che impongono, al riguardo, un
controllo indebito. È necessario fare ogni sforzo per rimuovere tali
ostacoli: i mezzi di comunicazione, privati o pubblici che siano,
devono essere al servizio delle persone, senza eccezione. Invito
pertanto le Chiese particolari d'Africa a fare tutto ciò che è in
loro potere per conseguire tale obiettivo.241
Collaborazione e
coordinamento dei mass-media
126. I mezzi di comunicazione,
soprattutto nelle loro forme più moderne, esercitano un influsso che
supera ogni frontiera; in tale ambito si rende perciò necessario un
coordinamento stretto, che consenta una più efficace collaborazione a
tutti i livelli: diocesano, nazionale, continentale e universale. In
Africa, la Chiesa ha molto bisogno della solidarietà delle Chiese
sorelle dei Paesi più ricchi, e più avanzati dal punto di vista
tecnologico. Sempre in Africa, alcuni programmi di collaborazione
continentale già operanti, come il « Comitato episcopale
pan-africano di comunicazioni sociali », dovrebbero essere
incoraggiati e rivitalizzati. E come ha suggerito il Sinodo, bisognerà
stabilire una più stretta collaborazione in altri settori, quali la
formazione professionale, le strutture produttive della radio e della
televisione, e le emittenti a portata continentale.242
CAPITOLO
VII
«
MI SARETE TESTIMONI FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA »
127. Durante l'Assemblea speciale
i Padri sinodali hanno esaminato a fondo la situazione africana nel
suo insieme, al fine di incoraggiare una sempre più concreta e
credibile testimonianza a Cristo in seno a ciascuna Chiesa locale, a
ciascuna nazione, a ciascuna regione, e nell'intero continente
africano. In tutte le riflessioni e le raccomandazioni fatte
dall'Assemblea speciale traspare il desiderio preponderante di testimoniare
Cristo. Vi ho ritrovato lo spirito di quanto avevo detto ad un
gruppo di Vescovi in Africa: « Rispettando, preservando e favorendo i
valori propri e le ricchezze dell'eredità culturale del vostro
popolo, sarete in condizione di guidarlo verso una migliore
comprensione del mistero di Cristo che dev'essere vissuto nelle
esperienze nobili, concrete e quotidiane della vita africana. Non si
tratta di falsificare la Parola di Dio o di svuotare la Croce della
sua potenza (cfr 1 Cor 1, 17), ma piuttosto di portare Cristo
al cuore stesso della vita africana e di elevare la vita africana
tutta intera fino a Cristo. Così, non soltanto il cristianesimo si
rivela adatto all'Africa, ma Cristo stesso, nelle membra del suo
corpo, è africano ».243
Aperti alla missione
128. La Chiesa in Africa non è
chiamata a testimoniare Cristo solamente sul continente; anche ad essa
è infatti rivolta la parola del Signore risorto: « Mi sarete
testimoni [...] fino agli estremi confini della terra » (At 1,
8). Proprio per questo, nel corso delle discussioni sul tema del
Sinodo, i Padri hanno accuratamente evitato ogni tendenza
all'isolamento della Chiesa in Africa. In ogni momento l'Assemblea
speciale s'è mantenuta nella prospettiva del mandato missionario che
la Chiesa ha ricevuto da Cristo di testimoniarlo nel mondo intero.244
I Padri sinodali hanno riconosciuto la chiamata che Dio rivolge
all'Africa perché svolga a pieno titolo, su scala mondiale, il suo
ruolo nel piano di salvezza del genere umano (cfr 1 Tm 2, 4).
129. È proprio in funzione di
questo impegno per la cattolicità della Chiesa che già i Lineamenta
dell'Assemblea speciale per l'Africa dichiaravano: « Nessuna
Chiesa particolare, neanche la più povera, potrà essere dispensata
dall'obbligo di condividere le sue risorse spirituali, temporali e
umane con altre Chiese particolari e con la Chiesa universale (cfr At
2, 44-45) ».245 Da parte sua, l'Assemblea speciale ha fortemente
sottolineato la responsabilità dell'Africa per la missione « fino
agli estremi confini del mondo » con i seguenti termini: « La frase
profetica di Paolo VI — "Voi, Africani, siete chiamati ad
essere missionari di voi stessi" — va intesa così: "siete
missionari per il mondo intero" [...]. È stato lanciato un
appello alle Chiese particolari d'Africa per la missione al di fuori
dei limiti delle loro proprie diocesi ».246
130. Approvando con gioia e
riconoscenza questa dichiarazione dell'Assemblea speciale, desidero
ripetere a tutti i miei fratelli Vescovi d'Africa ciò che dicevo
qualche anno fa: « L'obbligo per la Chiesa in Africa di essere
missionaria nel proprio seno e di evangelizzare il continente implica
la collaborazione tra Chiese particolari nel contesto di ogni paese
africano e in quello delle diverse nazioni del continente o anche di
altri continenti. È in questo modo che l'Africa si integra pienamente
nell'attività missionaria ».247 In un appello precedente,
indirizzato a tutte le Chiese particolari, di recente e di antica
fondazione, già dicevo che « il mondo va sempre più unificandosi,
lo spirito evangelico deve portare al superamento di barriere
culturali e nazionalistiche, evitando ogni chiusura ».248
La coraggiosa determinazione
manifestata dall'Assemblea speciale di impegnare le giovani Chiese
d'Africa nella missione « fino agli estremi confini della terra »
riflette il desiderio di seguire, il più generosamente possibile, una
delle importanti direttive del Concilio Vaticano II: « Perché questo
zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria, è assai
conveniente che le giovani Chiese partecipino quanto prima di fatto
alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei
missionari a predicare dappertutto il Vangelo, anche quando soffrono
per scarsezza di clero. La comunione con la Chiesa universale
raggiungerà in un certo modo la sua perfezione solo quando anch'esse
prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le
altre nazioni ».249
Solidarietà pastorale
organica
131. All'inizio della presente
Esortazione ho fatto notare che, annunciando la convocazione
dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, miravo in
prospettiva alla promozione di « una solidarietà pastorale organica
nell'intero territorio africano ed isole attigue ».250 Ho il piacere
di costatare che l'Assemblea ha coraggiosamente perseguito tale
obiettivo. Le discussioni al Sinodo hanno rivelato la premura e la
generosità dei Vescovi per questa solidarietà pastorale e per la
condivisione delle loro risorse con altri, anche quando avevano essi
stessi bisogno di missionari.
132. Proprio ai miei fratelli
Vescovi, che « sono con me direttamente responsabili
dell'evangelizzazione del mondo, sia come membri del Collegio
episcopale, sia come Pastori delle Chiese particolari »,251 voglio
rivolgere a questo riguardo una speciale parola. Nella quotidiana
dedizione al gregge loro affidato, essi non devono mai perdere di
vista le necessità della Chiesa nel suo insieme. In quanto Vescovi cattolici,
essi non possono non avvertire la sollecitudine per tutte le
Chiese, che bruciava nel cuore dell'Apostolo (cfr 2 Cor 11,
28). Non possono non avvertirla soprattutto quando riflettono e
decidono insieme, come membri delle rispettive Conferenze
episcopali, le quali, mediante gli organismi di collegamento a livello
regionale e continentale, sono in grado di meglio percepire e valutare
le urgenze pastorali emergenti in altre parti del mondo.
Un'espressione eminente di solidarietà apostolica i Vescovi la
realizzano, poi, nel Sinodo: esso « tra gli affari di importanza
generale deve seguire con particolare sollecitudine l'attività
missionaria, che è il dovere più alto e più sacro della Chiesa ».252
133. L'Assemblea speciale ha fatto
inoltre giustamente notare che, per preparare una solidarietà
pastorale d'insieme in Africa, è necessario promuovere il
rinnovamento della formazione dei sacerdoti. Non si mediteranno mai
abbastanza le parole del Concilio Vaticano II là dove afferma che «
il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione
non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una
vastissima e universale missione di salvezza, "fino agli estremi
confini della terra" (At 1, 8) ».253
Per questo motivo io stesso ho
esortato i sacerdoti a « rendersi concretamente disponibili allo
Spirito Santo e al Vescovo, per essere mandati a predicare il Vangelo
oltre i confini del loro paese. Ciò richiederà in essi non solo
maturità nella vocazione, ma pure una capacità non comune di
distacco dalla propria patria, etnia e famiglia, e una particolare
idoneità a inserirsi nelle altre culture con intelligenza e rispetto
».254
Sono profondamente grato a Dio
nell'apprendere che in numero crescente sacerdoti africani hanno
risposto all'appello ad essere testimoni « fino agli estremi confini
della terra ». Spero ardentemente che questa tendenza venga stimolata
e consolidata in tutte le Chiese particolari d'Africa.
134. È pure motivo di grande
conforto sapere che gli Istituti missionari, presenti in Africa da
lungo tempo, « accolgono oggi in misura crescente candidati
provenienti dalle giovani Chiese che hanno fondato »,255 permettendo
così a queste stesse Chiese di partecipare all'attività missionaria
della Chiesa universale. Esprimo parimenti grato compiacimento ai
nuovi Istituti missionari che sono sorti nel continente e che oggi
inviano i loro membri ad gentes. È uno sviluppo provvidenziale
e meraviglioso che manifesta la maturità e il dinamismo della Chiesa
che è in Africa.
135. Vorrei far mia in modo
particolare l'esplicita raccomandazione dei Padri sinodali perché si
stabiliscano le quattro Pontificie Opere Missionarie in ciascuna
Chiesa particolare e in ciascun Paese, come mezzo per realizzare una solidarietà
pastorale organica in favore della missione « fino agli estremi
confini della terra ». Opere del Papa e del Collegio episcopale, esse
occupano « giustamente il primo posto, perché sono mezzi sia per
infondere nei cattolici, fin dall'infanzia, uno spirito veramente
universale e missionario, sia per favorire un'adeguata raccolta di
sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di
ciascuna ».256 Un frutto significativo della loro attività « è
quello di suscitare vocazioni ad gentes e a vita, sia nelle
Chiese antiche come in quelle più giovani. Raccomando vivamente di
orientare sempre più a questo fine il loro servizio di animazione ».257
Santità e missione
136. Il Sinodo ha riaffermato che
tutti i figli e le figlie d'Africa sono chiamati alla santità e ad
essere testimoni di Cristo in ogni parte del mondo. « Le lezioni
della storia confermano che, mediante l'azione dello Spirito Santo,
l'evangelizzazione si compie prima di tutto attraverso la testimonianza
di carità, la testimonianza di santità ».258 Per questo,
desidero ripetere a tutti i cristiani d'Africa le parole che ho
scritto qualche anno fa: « Ogni missionario è autenticamente tale
solo se si impegna nella via della santità [...]. Ogni fedele è
chiamato alla santità e alla missione [...]. La rinnovata spinta
verso la missione ad gentes esige missionari santi. Non basta
rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le
forze ecclesiali, né esplorare con maggiore acutezza le basi bibliche
e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo "ardore di
santità" fra i missionari e in tutta la comunità cristiana ».259
Anche adesso, come allora, mi
rivolgo ai cristiani delle giovani Chiese per metterli di fronte alle
loro responsabilità: « Siete voi, oggi, la speranza di questa nostra
Chiesa, che ha duemila anni: essendo giovani nella fede, dovete essere
come i primi cristiani, ed irradiare entusiasmo e coraggio, in
generosa dedizione a Dio e al prossimo; in una parola, dovete mettervi
sulla via della santità. Solo così potete essere segno di Dio nel
mondo e rivivere nei vostri paesi l'epopea missionaria della Chiesa
primitiva. E sarete anche fermento di spirito missionario per le
Chiese più antiche ».260
137. La Chiesa che è in Africa
condivide con la Chiesa universale « la sublime vocazione di
realizzare, in se stessa prima di tutto, l'unità del genere umano al
di là delle differenze etniche, culturali, nazionali, sociali e di
altro genere, al fine di mostrare proprio la caducità di queste
differenze, abolite dalla croce di Cristo ».261 Rispondendo alla
vocazione di essere nel mondo il popolo redento e riconciliato, la
Chiesa contribuisce a promuovere una coesistenza fraterna tra i
popoli, trascendendo le distinzioni di razza e di nazionalità.
Attesa la specifica vocazione
affidata alla Chiesa dal suo divino Fondatore, chiedo con insistenza
alla comunità cattolica che è in Africa di offrire davanti
all'intera umanità un'autentica testimonianza dell'universalismo
cristiano che sgorga dalla paternità di Dio. « Tutti gli uomini
creati in Dio hanno la stessa origine; qualunque possa essere
la loro dispersione geografica o l'accentuazione delle loro differenze
nel corso della storia, essi sono destinati a formare una sola
famiglia secondo il disegno di Dio stabilito "al principio"
».262 La Chiesa in Africa è chiamata ad andare incontro per amore ad
ogni essere umano credendo con forza che « con l'incarnazione il
Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo ».263
In particolare, l'Africa deve
offrire il proprio contributo al movimento ecumenico, del quale, nella
Lettera enciclica Ut unum sint, ho di recente nuovamente
sottolineato l'urgenza in vista del terzo millennio.264 Essa può
sicuramente giocare un ruolo importante anche nel dialogo tra le
religioni, soprattutto coltivando relazioni intense con i musulmani e
favorendo un attento rispetto verso i valori della religione
tradizionale africana.
Praticare la solidarietà
138. Testimoniando Cristo « fino
agli estremi confini della terra », la Chiesa in Africa sarà
sostenuta di sicuro dalla convinzione del « valore positivo e
morale » che riveste la « crescente consapevolezza dell'interdipendenza
tra gli uomini e le nazioni. Il fatto che uomini e donne, in varie
parti del mondo, sentano come proprie le ingiustizie e le violazioni
dei diritti umani commesse in paesi lontani, che forse non visiteranno
mai, è un segno ulteriore di una realtà interiorizzata dalla coscienza,
ed elevata così ad una connotazione morale ».265
Auspico che i cristiani in Africa
diventino sempre più coscienti di questa interdipendenza tra gli
individui e le nazioni, e siano pronti a corrispondervi, praticando la
virtù della solidarietà. Il frutto della solidarietà è la
pace, bene così prezioso per i popoli e le nazioni di ogni parte del
mondo. In effetti, proprio attraverso mezzi capaci di promuovere e di
rafforzare la solidarietà, la Chiesa può fornire un contributo
specifico e determinante ad una vera cultura della pace.
139. Entrando in rapporto senza
discriminazioni con i popoli del mondo nel dialogo con le varie
culture, la Chiesa avvicina gli uni agli altri ed aiuta ciascuno di
essi ad assumere, nella fede, gli autentici valori degli altri.
Pronta a cooperare con ogni uomo
di buona volontà e con la comunità internazionale, la Chiesa in
Africa non cerca vantaggi per se stessa. La solidarietà che essa
esprime « tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificamente
cristiane della gratuità totale, del perdono e della
riconciliazione ».266 La Chiesa cerca di contribuire alla conversione
dell'umanità, portandola ad aprirsi al piano salvifico di Dio
mediante la testimonianza evangelica, accompagnata dall?attività
caritativa a servizio dei poveri e degli ultimi. E quando compie
questo, non perde mai di vista il primato del trascendente e di quelle
realtà spirituali che costituiscono le primizie dell'eterna salvezza
dell'uomo.
Durante i dibattiti riguardanti la
solidarietà della Chiesa nei confronti dei popoli e delle nazioni, i
Padri sinodali sono stati, in ogni momento, consapevoli che « si deve
accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del
Regno di Cristo » e che, tuttavia, « nella misura in cui può
contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di
grande importanza per il Regno di Dio ».267 Proprio per questo la
Chiesa in Africa è convinta — e il lavoro dell'Assemblea speciale
lo ha chiaramente mostrato — che l'attesa del ritorno finale di
Cristo « non potrà esser mai una scusa per disinteressarsi degli
uomini nella loro concreta situazione personale e nella loro vita
sociale, nazionale e internazionale »,268 poiché le condizioni
terrene influenzano il pellegrinaggio dell'uomo verso l'eternità.
CONCLUSIONE
Verso il nuovo millennio
cristiano
140. Riuniti attorno alla Vergine
Maria come per una nuova Pentecoste, i membri dell'Assemblea speciale
hanno esaminato a fondo la missione evangelizzatrice della Chiesa in
Africa alla soglia del terzo millennio. Concludendo questa
Esortazione apostolica post-sinodale, nella quale presento i frutti di
tale Assemblea alla Chiesa che è in Africa, nel Madagascar e nelle
isole attigue e all'intera Chiesa cattolica, rendo grazie a Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo, che ci ha accordato il privilegio di
vivere quest'autentico « momento di grazia » che è stato il Sinodo.
Sono vivamente grato al popolo di Dio in Africa per quanto ha fatto
per l'Assemblea speciale. Questo Sinodo è stato preparato con zelo ed
entusiasmo, come attestano le risposte al questionario, allegato al
documento preliminare (Lineamenta), e le riflessioni raccolte
nel documento di lavoro (Instrumentum laboris). Le comunità
cristiane d'Africa hanno pregato con fervore per la riuscita dei
lavori dell'Assemblea speciale, che è stata largamente benedetta dal
Signore.
141. Poiché il Sinodo è stato
convocato per permettere alla Chiesa in Africa di assumere, in maniera
per quanto possibile efficace, la sua missione evangelizzatrice in
vista del terzo millennio cristiano, invito con questa Esortazione il
popolo di Dio in Africa — Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e
laici — a volgersi risolutamente verso il Grande Giubileo, che sarà
celebrato fra qualche anno. Per tutti i popoli dell'Africa la miglior
preparazione al nuovo millennio non può consistere che nel fermo
impegno di porre in atto con grande fedeltà le decisioni e gli
orientamenti che, con l'autorità apostolica di Successore di Pietro,
presento in questa Esortazione. Sono decisioni e orientamenti che si
iscrivono nella genuina linea degli insegnamenti e delle direttive
della Chiesa e, in particolare, del Concilio Vaticano II, che è stato
la principale fonte d'ispirazione dell'Assemblea speciale per
l'Africa.
142. Il mio invito al popolo di
Dio che è in Africa a prepararsi per il Grande Giubileo dell'Anno
2000 vuol essere anche un vibrante appello alla gioia cristiana. «
La grande gioia annunciata dall'angelo, nella notte di Natale, è
davvero per tutto il popolo (cfr Lc 2, 10) [...]. Per prima, la
Vergine Maria, ne aveva ricevuto l'annuncio dall'angelo Gabriele e il
suo Magnificat era già l'inno di esultanza di tutti gli umili.
I misteri gaudiosi ci mettono così, ogni volta che recitiamo il
Rosario, dinanzi all'avvenimento ineffabile che è centro e culmine
della storia: la venuta sulla terra dell'Emmanuele, Dio con noi ».269
È il duemillesimo anniversario di
tale avvenimento, ricco di gioia, che ci prepariamo a celebrare con il
prossimo Grande Giubileo. L'Africa, che « è, in un certo senso, la
"seconda patria" di Gesù di Nazaret, (il quale), piccolo
bambino, proprio in Africa ha trovato rifugio contro la crudeltà di
Erode »,270 è chiamata dunque alla gioia. Nello stesso tempo, «
tutto dovrà mirare all'obiettivo prioritario del Giubileo che è il
rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani ».271
143. A causa delle numerose
difficoltà, crisi e conflitti che portano tanta miseria e sofferenza
sul continente, vi sono Africani talvolta tentati di pensare che il
Signore li abbia abbandonati, che Egli li abbia dimenticati (cfr Is
49, 14)! « E Dio risponde con le parole del grande Profeta:
"Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non
commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna
che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho
disegnato sulle palme delle mie mani" (Is 49, 15-16). Sì,
sulle palme delle mani di Cristo, trafitte dai chiodi della
crocifissione! Il nome di ciascuno di voi (Africani) è scritto su
queste mani. Quindi, con grande fiducia, diciamo: "Il Signore è
la mia forza e il mio scudo, ho posto in Lui la mia fiducia; mi ha
dato aiuto ed esulta il mio cuore" (Sal 28 [27], 7) ».272
Preghiera a Maria, Madre
della Chiesa
144. Riconoscente per la grazia di
questo Sinodo, mi rivolgo a Maria, Stella dell'evangelizzazione, e,
mentre il terzo millennio s'avvicina, affido a Lei l'Africa e la sua
missione evangelizzatrice. A Lei mi rivolgo con i pensieri e i
sentimenti espressi nella preghiera che i miei fratelli Vescovi hanno
composto a conclusione della sessione di lavoro del Sinodo a Roma:
O Maria, Madre di Dio e Madre
della Chiesa,
grazie a Te, nel giorno dell'Annunciazione,
all'alba dei tempi nuovi,
tutto il genere umano con le sue culture
s'è rallegrato di scoprirsi capace del Vangelo.
Alla vigilia di una nuova Pentecoste
per la Chiesa in Africa,
Madagascar ed isole attigue,
il popolo di Dio con i suoi Pastori
a Te si rivolge e insieme con Te implora:
l'effusione dello Spirito Santo
faccia delle culture africane
luoghi di comunione nella diversità,
trasformando
gli abitanti di questo grande continente
in figli generosi della Chiesa,
che è Famiglia del Padre,
Fraternità del Figlio,
Immagine della Trinità,
germe e inizio in terra
di quel Regno eterno
che avrà la sua pienezza
nella Città il cui costruttore è Dio:
Città di giustizia, di amore e di pace.
Dato a Yaoundé, in Camerun, il
14 settembre, Festa dell'Esaltazione della Santa Croce, dell'anno
1995, decimosettimo di Pontificato.