ESORTAZIONE
APOSTOLICA
FAMILIARIS
CONSORTIO
DI SUA SANTITA'
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO
AL CLERO ED AI FEDELI
DI TUTTA LA CHIESA CATTOLICA
CIRCA I COMPITI
DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
NEL MONDO DI OGGI
INTRODUZIONE
La Chiesa al servizio della
famiglia
1. La famiglia nei tempi odierni
è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle
ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della
cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei
valori che costituiscono il fondamento dell'istituto familiare. Altre
sono divenute incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o,
addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e della
verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite
da svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro
fondamentali diritti.
Consapevole che il matrimonio e la
famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità, la
Chiesa vuole far giungere la sua voce ed offrire il suo aiuto a chi,
già conoscendo il valore del matrimonio e della famiglia, cerca di
viverlo fedelmente a chi, incerto ed ansioso, è alla ricerca della
verità ed a chi è ingiustamente impedito di vivere liberamente il
proprio progetto familiare. Sostenendo i primi, illuminando i secondi
ed aiutando gli altri, la Chiesa offre il suo servizio ad ogni uomo
pensoso dei destini del matrimonio e della famiglia («Gaudium et Spes»,
52).
In modo particolare essa si
rivolge ai giovani, che stanno per iniziare il loro cammino verso il
matrimonio e la famiglia, al fine di aprire loro nuovi orizzonti,
aiutandoli a scoprire la bellezza e la grandezza della vocazione
all'amore e al servizio della vita.
Il Sinodo del 1980 in
continuità con i Sinodi precedenti
2. Un segno di questo profondo
interessamento della Chiesa per la famiglia è stato l'ultimo Sinodo
dei Vescovi, celebratosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980.
Esso è stato la naturale continuazione dei due precedenti (cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei
Vescovi, 2 (26 Settembre 1980): la famiglia cristiana, infatti, è la
prima comunità chiamata ad annunciare il Vangelo alla persona umana
in crescita e a portarla, attraverso una progressiva educazione e
catechesi, alla piena maturità umana e cristiana.
Non solo, ma il precedente Sinodo
si collega idealmente in qualche modo anche a quello sul sacerdozio
ministeriale e sulla giustizia nel mondo contemporaneo. Infatti, in
quanto comunità educativa, la famiglia deve aiutare l'uomo a
discernere la propria vocazione e ad assumersi il necessario impegno
per una più grande giustizia, formandolo fin dall'inizio a relazioni
interpersonali, ricche di giustizia e di amore.
I Padri Sinodali, concludendo la
loro assemblea, mi hanno presentato un ampio elenco di proposte, in
cui avevano raccolto i frutti delle riflessioni sviluppate nel corso
delle loro intense giornate di lavoro, e mi hanno chiesto con voto
unanime di farmi interprete davanti all'umanità della viva
sollecitudine della Chiesa per la famiglia, e di dare le indicazioni
opportune per un rinnovato impegno pastorale in questo fondamentale
settore della vita umana ed ecclesiale.
Nell'adempiere tale compito con la
presente esortazione, come una peculiare attuazione del ministero
apostolico affidatomi, desidero esprimere la mia gratitudine a tutti i
componenti del Sinodo per il prezioso contributo di dottrina e di
esperienza, che hanno offerto soprattutto mediante le «Propositiones»,
il cui testo affido al Pontificio Consiglio per la Famiglia,
disponendo che ne approfondisca lo studio al fine di valorizzare ogni
aspetto delle ricchezze in esso contenute.
Il prezioso bene del
matrimonio e della famiglia
3. La Chiesa, illuminata dalla
fede, che le fa conoscere tutta la verità sul prezioso bene del
matrimonio e della famiglia e sui loro significati più profondi,
ancora una volta sente l'urgenza di annunciare il Vangelo, cioè la «buona
novella» a tutti indistintamente, in particolare a tutti coloro che
sono chiamati al matrimonio e vi si preparano, a tutti gli sposi e
genitori del mondo.
Essa è profondamente convinta che
solo con l'accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni
speranza, che l'uomo legittimamente pone nel matrimonio e nella
famiglia.
Voluti da Dio con la stessa
creazione (cfr. Gen 1-2), il matrimonio e la famiglia sono
interiormente ordinati a compiersi in Cristo (cfr. Ef 5) ed hanno
bisogno della sua grazia per essere guariti dalle ferite del peccato (cfr.
«Gaudium et Spes», 47; «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2
[1980] 388s) e riportati al loro «principio» (cfr. Mt 19,4), cioè
alla conoscenza piena e alla realizzazione integrale del disegno di
Dio.
In un momento storico nel quale la
famiglia è oggetto di numerose forze che cercano di distruggerla o
comunque di deformarla, la Chiesa, consapevole che il bene della
società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia
(cfr. «Gaudium et Spes», 47), sente in modo più vivo e stringente
la sua missione di proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio
e sulla famiglia, assicurandone la piena vitalità e promozione umana
e cristiana, e contribuendo così al rinnovamento della società e
dello stesso Popolo di Dio.
PARTE
PRIMA
LUCI
E OMBRE DELLA FAMIGLIA, OGGI
Necessità di conoscere la
situazione
4. Poiché il disegno di Dio sul
matrimonio e sulla famiglia riguarda l'uomo e la donna nella
concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni
sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve
applicarsi a conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la
famiglia oggi si realizzano (cfr. «Insegnamenti di Giovanni Paolo II»,
III, 1 [1980] 472-476).
Questa conoscenza è, dunque, una
imprescindibile esigenza dell'opera evangelizzatrice. E', infatti,
alle famiglie del nostro tempo che la Chiesa deve portare l'immutabile
e sempre nuovo Vangelo di Gesù Cristo, così come sono le famiglie
implicate nelle presenti condizioni del mondo che sono chiamate ad
accogliere e a vivere il progetto di Dio che le riguarda. Non solo, ma
le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi
avvenimenti della storia, e pertanto la Chiesa può essere guidata ad
una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del
matrimonio e della famiglia anche dalle situazioni, domande, ansie e
speranze dei giovani, degli sposi e dei genitori di oggi (cfr. «Gaudium
et Spes», 4).
A ciò si deve aggiungere poi una
ulteriore riflessione di particolare importanza nel tempo presente.
Non raramente all'uomo e alla donna di oggi, in sincera e profonda
ricerca di una risposta ai quotidiani e gravi problemi della loro vita
matrimoniale e familiare, vengono offerte visioni e proposte anche
seducenti, ma che compromettono in diversa misura la verità e la
dignità della persona umana. E' un'offerta sostenuta spesso dalla
potente e capillare organizzazione dei mezzi di comunicazione sociale,
che mettono sottilmente in pericolo la libertà e la capacità di
giudicare con obiettività.
Molti sono già consapevoli di
questo pericolo in cui versa la persona umana ed operano per la verità.
La Chiesa, col suo discernimento evangelico, si unisce ad essi,
offrendo il proprio servizio alla verità, alla libertà e alla dignità
di ogni uomo e di ogni donna.
Il discernimento evangelico
5. Il discernimento operato dalla
Chiesa diventa l'offerta di un orientamento perché sia salvata e
realizzata l'intera verità e la piena dignità del matrimonio e della
famiglia.
Esso è compiuto dal senso della
fede (cfr. «Lumen Gentium», 12), che è un dono che lo Spirito
partecipa a tutti i fedeli (cfr. Gv 2,20), ed è, pertanto, opera di
tutta la Chiesa, secondo le diversità dei vari doni e carismi che,
insieme e secondo la responsabilità propria di ciascuno, cooperano
per una più profonda intelligenza ed attuazione della Parola di Dio.
La Chiesa, dunque, non compie il proprio discernimento evangelico solo
per mezzo dei Pastori, i quali insegnano in nome e col potere di
Cristo, ma anche per mezzo dei laici: Cristo «li costituisce suoi
testimoni e li provvede del senso della fede e della grazia della
parola (cfr. At 2,17-18; Ap 19,10) perché la forza del Vangelo
risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale» («Lumen
Gentium», 35). I laici, anzi, in ragione della loro particolare
vocazione, hanno il compito specifico di interpretare alla luce di
Cristo la storia di questo mondo, in quanto sono chiamati ad
illuminare ed ordinare le realtà temporali secondo il disegno di Dio
Creatore e Redentore.
Il «soprannaturale senso della
fede» (cfr. «Lumen Gentium», 12; Sacra Congregazione della Fede, «Mysterium
Ecclesiae», 2: AAS 65 [1973] 398-400) non consiste però solamente o
necessariamente nel consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo,
cerca la verità, che non sempre coincide con l'opinione della
maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere ed in questo difende
i poveri e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca
sociologica e statistica, quando si rivela utile per cogliere il
contesto storico nel quale l'azione pastorale deve svolgersi e per
conoscere meglio la verità; tale ricerca sola, però, non è da
ritenersi senz'altro espressione del senso della fede.
Perché è compito del ministero
apostolico di assicurare la permanenza della Chiesa nella verità di
Cristo e di introdurvela più profondamente, i Pastori devono
promuovere il senso della fede in tutti i fedeli, vagliare e giudicare
autorevolmente la genuinità delle sue espressioni, educare i credenti
a un discernimento evangelico sempre più maturo (cfr. «Lumen
Gentium», 12 «Dei Verbum», 10).
Per l'elaborazione di un autentico
discernimento evangelico nelle varie situazioni e culture in cui
l'uomo e la donna vivono il loro matrimonio e la loro vita familiare,
gli sposi e i genitori cristiani possono e devono offrire un loro
proprio e insostituibile contributo. A questo li abilita il loro
carisma o dono proprio, il dono del sacramento del matrimonio (cfr. «Insegnamenti
di Giovanni Paolo II», III, 2 [1980] 735s).
La situazione della famiglia
nel mondo di oggi
6. La situazione, in cui versa la
famiglia, presenta aspetti positivi ed aspetti negativi: segno, gli
uni, della salvezza di Cristo operante nel mondo; segno, gli altri,
del rifiuto che l'uomo oppone all'amore di Dio.
Da una parte, infatti, vi è una
coscienza più viva della libertà personale, e una maggiore
attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel
matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla
procreazione responsabile, alla educazione dei figli; vi è inoltre la
coscienza della necessità che si sviluppino relazioni tra le famiglie
per un reciproco aiuto spirituale e materiale, la riscoperta della
missione ecclesiale propria della famiglia e della sua responsabilità
per la costruzione di una società più giusta. Dall'altra parte,
tuttavia non mancano segni di preoccupante degradazione di alcuni
valori fondamentali: una errata concezione teorica e pratica
dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa
il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà
concrete, che la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei
valori; il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il
ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l'instaurarsi di
una vera e propria mentalità contraccettiva.
Alla radice di questi fenomeni
negativi sta spesso una corruzione dell'idea e dell'esperienza della
libertà, concepita non come la capacità di realizzare la verità del
progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma come autonoma forza
di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio
egoistico benessere.
Merita la nostra attenzione anche
il fatto che, nei Paesi del così detto Terzo Mondo, vengono spesso a
mancare alle famiglie sia i fondamentali mezzi per la sopravvivenza,
quali sono il cibo, il lavoro, l'abitazione, le medicine, sia le più
elementari libertà. Nei Paesi più ricchi, invece, l'eccessivo
benessere e la mentalità consumistica, paradossalmente unita ad una
certa angoscia e incertezza per il futuro, tolgono agli sposi la
generosità e il coraggio di suscitare nuove vite umane: così la vita
è spesso percepita non come una benedizione, ma come un pericolo da
cui difendersi.
La situazione storica in cui vive
la famiglia si presenta, dunque, come un insieme di luci e di ombre.
Questo rivela che la storia non è
semplicemente un progresso necessario verso il meglio, bensì un
evento di libertà, ed anzi un combattimento fra libertà che si
oppongono fra loro, cioè, secondo la nota espressione di san
Agostino, un conflitto, fra due amori: l'amore di Dio spinto fino al
disprezzo di sé, e l'amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio (cfr.
S. Agostino «De civitate Dei», XIV, 28: CSEL 40, II, 25s).
Ne consegue che solo l'educazione
all'amore radicato nella fede può portare ad acquistare la capacità
di interpretare «i segni dei tempi», che sono l'espressione storica
di questo duplice amore.
L'influsso della situazione
sulla coscienza dei fedeli
7. Vivendo in un mondo siffatto,
sotto le pressioni derivanti soprattutto dai mass-media, non sempre i
fedeli hanno saputo e sanno mantenersi immuni dall'oscurarsi dei
valori fondamentali e porsi come coscienza critica di questa cultura
familiare e come soggetti attivi della costruzione di un autentico
umanesimo familiare.
Fra i segni più preoccupanti di
questo fenomeno, i Padri Sinodali hanno sottolineato, in particolare,
il diffondersi del divorzio e del ricorso ad una nuova unione da parte
degli stessi fedeli, l'accettazione del matrimonio puramente civile,
in contraddizione con la vocazione dei battezzati a «sposarsi nel
Signore»; la celebrazione del matrimonio sacramento senza una fede
viva, ma per altri motivi; il rifiuto delle norme morali che guidano e
promuovono l'esercizio umano e cristiano della sessualità nel
matrimonio.
La nostra epoca ha bisogno
di sapienza
8. Si pone così a tutta la Chiesa
il compito di una riflessione e di un impegno assai profondi, perché
la nuova cultura emergente sia intimamente evangelizzata, siano
riconosciuti i veri valori, siano difesi i diritti dell'uomo e della
donna e sia promossa la giustizia nelle strutture stesse della società.
In tal modo il «nuovo umanesimo» non distoglierà gli uomini dal
loro rapporto con Dio, ma ve li condurrà più pienamente.
Nella costruzione di tale
umanesimo, la scienza e le sue applicazioni tecniche offrono nuove ed
immense possibilità. Tuttavia, la scienza, in conseguenza di scelte
politiche che ne decidono la direzione di ricerca e le applicazioni,
viene spesso usata contro il suo significato originario, la promozione
della persona umana.
Si rende, pertanto, necessario
ricuperare da parte di tutti la coscienza del primato dei valori
morali, che sono i valori della persona umana come tale. La
ricomprensione del senso ultimo della vita e dei suoi valori
fondamentali è il grande compito che si impone oggi per il
rinnovamento della società. Solo la consapevolezza del primato di
questi valori consente un uso delle immense possibilità, messe nelle
mani dell'uomo dalla scienza, che sia veramente finalizzato alla
promozione della persona umana nella sua intera verità, nella sua
libertà e dignità. La scienza è chiamata ad allearsi con la
sapienza.
Si possono pertanto applicare
anche ai problemi della famiglia le parole del Concilio Vaticano II:
«L'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di
questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove
scoperte. E' in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che
non vengano suscitati uomini più saggi» («Gaudium et Spes», 15).
L'educazione della coscienza
morale, che rende ogni uomo capace di giudicare e di discernere i modi
adeguati per realizzarsi secondo la sua verità originaria, diviene
così una esigenza prioritaria ed irrinunciabile.
E' l'alleanza con la Sapienza
divina che deve essere più profondamente ricostituita nella cultura
odierna. Di tale Sapienza ogni uomo è reso partecipe dallo stesso
gesto creatore di Dio. Ed è solo nella fedeltà a questa alleanza che
le famiglie di oggi saranno in grado di influire positivamente nella
costruzione di un mondo più giusto e fraterno.
Gradualità e conversione
9. Alla ingiustizia originata dal
peccato - profondamente penetrato anche nelle strutture del mondo di
oggi - e che spesso ostacola la famiglia nella piena realizzazione di
se stessa e dei suoi diritti fondamentali, dobbiamo tutti opporci con
una conversione della mente e del cuore, seguendo Cristo Crocifisso
nel rinnegamento del proprio egoismo: una simile conversione non potrà
non avere influenza benefica e rinnovatrice anche sulle strutture
della società.
E' richiesta una conversione
continua, permanente, che, pur esigendo l'interiore distacco da ogni
male e l'adesione al bene nella sua pienezza, si attua però
concretamente in passi che conducono sempre oltre. Si sviluppa così
un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva
integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo
ed assoluto nell'intera vita personale e sociale dell'uomo. E' perciò
necessario un cammino pedagogico di crescita affinché i singoli
fedeli, le famiglie ed i popoli, anzi la stessa civiltà, da ciò che
hanno già accolto del Mistero di Cristo siano pazientemente condotti
oltre, giungendo ad una conoscenza più ricca e ad una integrazione più
piena di questo Mistero nella loro vita.
Inculturazione
10. E' conforme alla costante
tradizione della Chiesa accogliere dalle culture dei popoli tutto ciò
che è in grado di meglio esprimere le inesauribili ricchezze di
Cristo (cfr. Ef 3,8; «Gaudium et Spes», 15 e 22). Solo col concorso
di tutte le culture, tali ricchezze potranno manifestarsi sempre più
chiaramente e la Chiesa potrà camminare verso una conoscenza ogni
giorno più completa e profonda della verità, che già le è stata
donata interamente dal suo Signore.
Tenendo fisso il duplice principio
della compatibilità col Vangelo delle varie culture da assumere e
della comunione con la Chiesa universale, si dovrà proseguire nello
studio, particolarmente da parte delle Conferenze Episcopali e dei
Dicasteri competenti della Curia Romana, e nell'impegno pastorale
perché questa «inculturazione» della fede cristiana avvenga sempre
più ampiamente, anche nell'ambito del matrimonio e della famiglia.
E' mediante l'«inculturazione»
che si cammina verso la ricostituzione piena dell'alleanza con la
Sapienza di Dio, che è Cristo stesso. La Chiesa intera sarà
arricchita anche da quelle culture che, pur essendo prive di
tecnologia, sono cariche di saggezza umana e vivificate da profondi
valori morali.
Perché sia chiara la meta di
questo cammino, e di conseguenza, sicuramente indicata la strada, il
Sinodo ha, in primo luogo, giustamente considerato a fondo il progetto
originario di Dio circa il matrimonio e la famiglia: ha voluto «ritornare
al principio», in ossequio all'insegnamento di Cristo (cfr. Mt
19,4ss).
PARTE
SECONDA
IL
DISEGNO DI DIO SUL MATRIMONIO E SULLA FAMIGLIA
L'uomo immagine di Dio Amore
11. Dio ha creato l'uomo a sua
immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per
amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.
Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in
se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua
immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive
nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la
capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr. «Gaudium
et Spes», 12). L'amore è,
pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.
In quanto spirito incarnato, cioè
anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito
immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità
unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso
partecipe dell'amore spirituale.
La Rivelazione cristiana conosce
due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana,
nella sua interezza, all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia
l'uno che l'altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione
della verità più profonda dell'uomo, del suo «essere ad immagine di
Dio».
Di conseguenza la sessualità,
mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli
atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di
puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana
come tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte
integrale dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente
l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione fisica totale
sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale
totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione
temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la
possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo
essa non si donerebbe totalmente.
Questa totalità, richiesta
dall'amore coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità
responsabile, la quale, volta come è a generare un essere umano,
supera per sua natura l'ordine puramente biologico, ed investe un
insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è
necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi i genitori.
Il «luogo» unico, che rende
possibile questa donazione secondo l'intera sua verità, è il
matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e
libera, con la quale l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di
vita e d'amore, voluta da Dio stesso (cfr. «Gaudium et Spes», 48),
che solo in questa luce manifesta il suo vero significato.
L'istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società
o dell'autorità, ne l'imposizione estrinseca di una forma, ma
esigenza interiore del patto d'amore coniugale che pubblicamente si
afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena
fedeltà al disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi dal
mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni
soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice.
Il matrimonio e la comunione
tra Dio e gli uomini
12. La comunione d'amore tra Dio e
gli uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione e dell'esperienza
di fede di Israele, trova una significativa espressione nell'alleanza
sponsale, che si instaura tra l'uomo e la donna.
E' per questo che la parola
centrale della Rivelazione, «(Dio ama il suo popolo», viene
pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l'uomo
e la donna si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo di amore
diventa l'immagine e il simbolo dell'Alleanza che unisce Dio e il suo
popolo (cfr. ad es. Os
2,21; Ger 3,6-13; Is 54). E lo
stesso peccato, che può ferire il patto coniugale diventa immagine
dell'infedeltà del popolo al suo Dio: l'idolatria e prostituzione (cfr.
Ez 16,25), l'infedeltà è adulterio, la disobbedienza alla legge e
abbandono dell'amore sponsale del Signore. Ma l'infedeltà di Israele
non distrugge la fedeltà eterna del Signore e, pertanto, l'amore
sempre fedele di Dio si pone come esemplare delle relazioni di amore
fedele che devono esistere tra gli sposi (cfr. Os 3).
Gesù Cristo, sposo della
Chiesa, e il Sacramento del matrimonio
13. La comunione tra Dio e gli
uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo
che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come
suo corpo.
Egli rivela la verità originaria
del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5)
e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di
realizzarla interamente.
Questa rivelazione raggiunge la
sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa
all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù
Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In
questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha
impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro
creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così
il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di
Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e
rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati.
L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente
ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con
cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa
di Cristo che si dona sulla Croce.
In una pagina meritatamente
famosa, Tertulliano ha ben espresso la grandezza di questa vita
coniugale in Cristo e la sua bellezza: «Come sarò capace di esporre
la felicità di quel matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta
eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e
il Padre ratifica?... Quale giogo quello di due fedeli uniti in
un'unica speranza, in un'unica osservanza, in un'unica servitù! Sono
tutt'e due fratelli e tutt'e due servono insieme; non vi è nessuna
divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente
due in una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito»
(Tertulliano «Ad uxorem», II; VIII, 6-8: CCL I, 393).
Accogliendo e meditando fedelmente
la Parola di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che
il matrimonio dei battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova
Alleanza (cfr. Conc. Ecum. Trident., Sessio XXIV, can. 1: I. D. Mansi,
«Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima Collectio», 33, 149s).
Infatti, mediante il battesimo,
l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna
Alleanza, nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in
ragione di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità
di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore (cfr. «Gaudium et
Spes», 48), viene elevata ed assunta nella carità sponsale del
Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice.
In virtù della sacramentalità
del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno all'altra nella
maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca
appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno
sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa.
Gli sposi sono pertanto il
richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce;
sono l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui
il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il
matrimonio, come ogni sacramento è memoriale, attualizzazione e
profezia: «in quanto memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il
dovere di fare memoria delle grandi opere di Dio e di darne
testimonianza presso i loro figli; in quanto attualizzazione, dà loro
la grazia e il dovere di mettere in opera nel presente, l'uno verso
l'altra e verso i figli, le esigenze di un amore che perdona e che
redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di vivere e
di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo» (Giovanni
Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre de Liaison des Equipes
de Recherche», 3 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo
II», II, 2 [1979] 1032).
Come ciascuno dei sette
sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale dell'evento della
salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi partecipano in quanto
sposi, in due, come coppia, a tal punto che l'effetto primo ed
immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la grazia
soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione
a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero
dell'Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza. E il
contenuto della partecipazione alla vita del Cristo è anch'esso
specifico: l'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano
tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto,
forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e
della volontà -; esso mira ad una unità profondamente personale,
quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non
fare che un cuor solo e un'anima sola: esso esige l'indissolubilità e
la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla
fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9). In una parola, si
tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma
con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma
le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente
cristiani» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre
de Liaison des Equipes de Recherche», 4 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti
di Giovanni Paolo II», II, 2 [1979] 1032).
I figli, preziosissimo dono
del matrimonio
14. Secondo il disegno di Dio, il
matrimonio è il fondamento della più ampia comunità della famiglia,
poiché l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono
ordinati alla procreazione ed educazione della prole, in cui trovano
il loro coronamento (cfr. «Gaudium
et Spes», 50).
Nella sua realtà più profonda,
l'amore è essenzialmente dono e l'amore coniugale, mentre conduce gli
sposi alla reciproca «conoscenza» che li fa «una carne sola» (cfr.
Gen 2,24), non si esaurisce all'interno della coppia, poiché li rende
capaci della massima donazione possibile, per la quale diventano
cooperatori con Dio per il dono della vita ad una nuova persona umana.
Così i coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se
stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno
permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del
loro essere padre e madre.
Divenendo genitori, gli sposi
ricevono da Dio il dono di una nuova responsabilità. Il loro amore
parentale è chiamato a divenire per i figli il segno visibile dello
stesso amore di Dio, «dal quale ogni paternità nei cieli e sulla
terra prende nome» (Ef 3,15).
Non si deve, tuttavia, dimenticare
che anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la
vita coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può
essere occasione per gli sposi di altri servizi importanti alla vita
della persona umana, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di
opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o
handicappati.
La famiglia, comunione di
persone
15. Nel matrimonio e nella
famiglia si costituisce un complesso di relazioni interpersonali -
nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità -, mediante
le quali ogni persona umana è introdotta nella «famiglia umana» e
nella «famiglia di Dio», che è la Chiesa.
Il matrimonio e la famiglia
cristiani edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona
umana non solo viene generata e progressivamente introdotta, mediante
l'educazione, nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del
battesimo e l'educazione alla fede, essa viene introdotta anche nella
famiglia di Dio, che è la Chiesa.
La famiglia umana, disgregata dal
peccato, è ricostituita nella sua unità dalla forza redentrice della
morte e risurrezione di Cristo (cfr. «Gaudium
et Spes», 78). Il matrimonio
cristiano, partecipe dell'efficacia salvifica di questo avvenimento,
costituisce il luogo naturale nel quale si compie l'inserimento della
persona umana nella grande famiglia della Chiesa.
Il mandato di crescere e
moltiplicarsi, rivolto in principio all'uomo e alla donna, raggiunge
in questo modo la sua intera verità e la sua piena realizzazione.
La Chiesa trova così nella
famiglia, nata dal sacramento, la sua culla e il luogo nel quale essa
può attuare il proprio inserimento nelle generazioni umane, e queste,
reciprocamente, nella Chiesa.
Matrimonio e verginità
16. La verginità e il celibato
per il Regno di Dio non solo non contraddicono alla dignità del
matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la
verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l'unico Mistero
dell'Alleanza di Dio con il suo popolo. Quando non si ha stima del
matrimonio, non può esistere neppure la verginità consacrata; quando
la sessualità umana non è ritenuta un grande valore donato dal
Creatore, perde significato il rinunciarvi per il Regno dei Cieli.
Dice infatti assai giustamente san
Giovanni Crisostomo: «Chi condanna il matrimonio priva anche la
verginità della gloria: chi invece lo loda, rende la verginità più
ammirabile, e splendente. Ciò che appare un bene soltanto a paragone
di un male, non è poi un grande bene; ma ciò che è ancora migliore
di beni universalmente riconosciuti tali, è certamente un bene al
massimo grado» (San Giovanni Crisostomo, «La Verginità», X: PG
48,540).
Nella verginità l'uomo è in
attesa, anche corporalmente, delle nozze escatologiche di Cristo con
la Chiesa, donandosi integralmente alla Chiesa nella speranza che
Cristo si doni a questa nella piena verità della vita eterna. La
persona vergine anticipa così nella sua carne il mondo nuovo della
risurrezione futura (cfr. Mt 22,30).
In forza di questa testimonianza,
la verginità tiene viva nella Chiesa la coscienza del mistero del
matrimonio e lo difende da ogni riduzione e da ogni impoverimento.
Rendendo libero in modo speciale
il cuore dell'uomo (cfr. 1Cor 7,32-35), «così da accenderlo
maggiormente di carità verso Dio e verso tutti gli uomini» («Perfectae
Caritatis», 12), la verginità testimonia che il Regno di Dio e la
sua giustizia sono quella perla preziosa che va preferita ad ogni
altro valore sia pure grande, e va anzi cercato come l'unico valore
definitivo. E' per questo che la Chiesa, durante tutta la sua storia,
ha sempre difeso la superiorità di questo carisma nei confronti di
quello del matrimonio, in ragione del legame del tutto singolare che
esso ha con il Regno di Dio (cfr. Pio XII, «Sacra Virginitas», II:
AAS 46 [1954] 174ss).
Pur avendo rinunciato alla
fecondità fisica, la persona vergine diviene spiritualmente feconda,
padre e madre di molti, cooperando alla realizzazione della famiglia
secondo il disegno di Dio.
Gli sposi cristiani hanno perciò
il diritto di aspettarsi dalle persone vergini il buon esempio e la
testimonianza della fedeltà alla loro vocazione fino alla morte. Come
per gli sposi la fedeltà diventa talvolta difficile ed esige
sacrificio, mortificazione e rinnegamento di sé, così può avvenire
anche per le persone vergini. La fedeltà di queste, anche nella prova
eventuale, deve edificare la fedeltà di quelli (cfr. Giovanni Paolo
PP. II, «Novo Incipiente», 9 [8 Aprile 1979]: AAS 71 [1979], 410s).
Queste riflessioni sulla verginità
possono illuminare ed aiutare coloro che, per motivi indipendenti
dalla loro volontà, non hanno potuto sposarsi ed hanno poi accettato
la loro situazione in spirito di servizio.
PARTE
TERZA
I
COMPITI DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
Famiglia diventa ciò che
sei!
17. Nel disegno di Dio Creatore e
Redentore la famiglia scopre non solo la sua «identità», ciò che
essa «è», ma anche la sua «missione)», ciò che essa può e deve
«fare». I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere
nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo
sviluppo dinamico ed esistenziale. Ogni famiglia scopre e trova in se
stessa l'appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua
dignità e la sua responsabilità: famiglia, «diventa» ciò che «sei»!
Risalire al «principio» del
gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se
vuole conoscersi e realizzarsi secondo l'interiore verità non solo
del suo essere ma anche del suo agire storico. E poiché, secondo il
disegno divino, è costituita quale «intima comunità di vita e di
amore («Gaudium et Spes», 48), la famiglia ha la missione di
diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di
amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta
troverà il suo componimento nel Regno di Dio. In una prospettiva poi
che giunge alle radici stesse della realtà, si deve dire che
l'essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente definiti
dall'amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire,
rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale
partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo
Signore per la Chiesa sua sposa.
Ogni compito particolare della
famiglia è l'espressione e l'attuazione concreta di tale missione
fondamentale. E' necessario pertanto penetrare più a fondo nella
singolare ricchezza della missione della famiglia e scandagliarne i
molteplici ed unitari contenuti.
In tal senso, partendo dall'amore
e in costante riferimento ad esso, il recente Sinodo ha messo in luce
quattro compiti generali della famiglia:
1) la formazione di una comunità
di persone;
2) il servizio alla vita;
3) la partecipazione allo sviluppo
della società;
4) la partecipazione alla vita e
alla missione della Chiesa.
I. La formazione di una comunità
di persone
L'amore, principio e forza
della comunione
18. La famiglia fondata e
vivificata dall'amore, è una comunità di persone: dell'uomo e della
donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito
è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell'impegno
costante di sviluppare un'autentica comunità di persone.
Il principio interiore, la forza
permanente e la meta ultima di tale compito è l'amore: come, senza
l'amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza
l'amore, la famiglia non può vivere, crescere e perfezionarsi come
comunità di persone. Quanto ho scritto nell'enciclica «Redemptor
Hominis» trova la sua originaria e privilegiata applicazione proprio
nella famiglia come tale: «L'uomo non può vivere senza amore. Egli
rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva
di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra con
l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa
vivamente» (num. 10).
L'amore tra l'uomo e la donna nel
matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l'amore tra i membri
della stessa famiglia - tra genitori e figli tra fratelli e sorelle,
tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e
incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre
più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale
e familiare.
L'indivisibile unità della
comunione coniugale
19. La prima comunione è quella
che si instaura e si sviluppa tra i coniugi: in forza del patto
d'amore coniugale, l'uomo e la donna «non sono più due, ma una carne
sola» (Mt 19,6; cfr. Gen 2,24) e sono chiamati a crescere
continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana
alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale.
Questa comunione coniugale affonda
le sue radici nella naturale complementarietà che esiste tra l'uomo e
la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di
condividere l'intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono:
perciò tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza
profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza
umana, la conferma, la purifica e la eleva, conducendola a perfezione
col sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella
celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una
comunione nuova d'amore che è immagine viva e reale di quella
singolarissima unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo
mistico del Signore Gesù.
Il dono dello Spirito è
comandamento di vita per gli sposi cristiani, ed insieme stimolante
impulso affinché ogni giorno progrediscano verso una sempre più
ricca unione tra loro a tutti i livelli - dei corpi dei caratteri, dei
cuori, delle intelligenze, e delle volontà, delle anime (cfr.
Giovanni Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3 maggio
1980]: AAS 72 [1980], 426s), - rivelando così alla Chiesa e al mondo
la nuova comunione d'amore, donata dalla grazia di Cristo.
Una simile comunione viene
radicalmente contraddetta dalla poligamia: questa, infatti, nega in
modo diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini,
perché è contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della
donna, che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò
stesso unico ed esclusivo. Come scrive il Concilio Vaticano II: «L'unità
del matrimonio confermata dal Signore appare in maniera lampante anche
dalla uguale dignità personale sia dell'uomo che della donna, che
deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore» («Gaudium et Spes»,
49; cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso agli Sposi, 4 [Kinshasa, 3
maggio 1980]; l. c.).
Una comunione indissolubile
20. La comunione coniugale si
caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua
indissolubilità: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di
due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà
dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità» («Gaudium et Spes»,
48).
E' dovere fondamentale della
Chiesa riaffermare con forza - come hanno fatto i Padri del Sinodo -
la dottrina dell'indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai nostri
giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una
persona per tutta la vita e a quanti sono travolti da una cultura che
rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente
l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto
annuncio della definitività di quell'amore coniugale, che ha in Gesù
Cristo il suo fondamento e la sua forza (cfr. Ef 5,25).
Radicata nella personale e totale
donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l'indissolubilità
del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha
manifestato nella sua Rivelazione. Egli vuole e dona l'indissolubilità
matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell'amore assolutamente
fedele che Dio ha per l'uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua
Chiesa.
Cristo rinnova il primitivo
disegno che il Creatore ha iscritto nel cuore dell'uomo e della donna,
e nella celebrazione del sacramento del matrimonio offre un «cuore
nuovo»: così i coniugi non solo possono superare la «durezza del
cuore» (Mt 19,8), ma anche e soprattutto possono condividere l'amore
pieno e definitivo di Cristo, nuova ed eterna Alleanza fatta carne.
Come il Signore Gesù è il «testimone fedele» (Ap 3,14), è il «sì»
delle promesse di Dio (cfr. 2Cor 1,20) e quindi la realizzazione
suprema dell'incondizionata fedeltà con cui Dio ama il suo popolo,
così i coniugi cristiani sono chiamati a partecipare realmente
all'indissolubilità irrevocabile, che lega Cristo alla Chiesa sua
sposa, da Lui amata sino alla fine (cfr. Gc 13,1).
Il dono del sacramento è nello
stesso tempo vocazione e comandamento per gli sposi cristiani, perché
rimangano tra loro fedeli per sempre, al di là di ogni prova e
difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà del Signore:
«Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19,6).
Testimoniare l'inestimabile valore
dell'indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno dei doveri
più preziosi e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo.
Per questo, insieme con tutti i confratelli che hanno preso parte al
Sinodo dei Vescovi, lodo e incoraggio tutte quelle numerose coppie
che, pur incontrando non lievi difficoltà, conservano e sviluppano il
bene dell'indissolubilità: assolvono così, in modo umile e
coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo un «segno»
- un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione,
ma sempre rinnovato - dell'instancabile fedeltà con cui Dio e Gesù
Cristo amano tutti gli uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche
riconoscere il valore della testimonianza di quei coniugi che, pur
essendo stati abbandonati dal partner, con la forza della fede e della
speranza cristiana non sono passati ad una nuova unione: anche questi
coniugi danno un'autentica testimonianza di fedeltà, di cui il mondo
oggi ha grande bisogno. Per tale motivo devono essere incoraggiati e
aiutati dai pastori e dai fedeli della Chiesa.
La più ampia comunione
della famiglia
21. La comunione coniugale
costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la più ampia
comunione della famiglia, dei genitori e dei figli, dei fratelli e
delle sorelle tra loro, dei parenti e di altri familiari.
Tale comunione si radica nei
legami naturali della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il
suo perfezionamento propriamente umano nell'instaurarsi e nel maturare
dei legami ancora più profondi e ricchi dello spirito: l'amore, che
anima i rapporti interpersonali dei diversi membri della famiglia,
costituisce la forza interiore che plasma e vivifica la comunione e la
comunità familiare.
La famiglia cristiana è poi
chiamata a fare l'esperienza di una nuova e originale comunione, che
conferma e perfeziona quella naturale e umana. In realtà, la grazia
di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), è
per sua natura e interiore dinamismo una «grazia di fraternità»,
come la chiama san Tommaso d'Aquino («Summa Theologiae», II· II··,
14, 2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei
sacramenti, è la radice viva e l'alimento inesauribile della
soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo
e tra loro nell'unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e
attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla
famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa
domestica» («Lumen Gentium», 11; cfr. «Apostolicam Actuositatem»,
11).
Tutti i membri della famiglia,
ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità
di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo
della famiglia una «scuola di umanità più completa e più ricca»:
(«Gaudium et Spes», 52) è quanto avviene con la cura e l'amore
verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col servizio reciproco di
tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle
sofferenze.
Un momento fondamentale per
costruire una simile comunione è costituito dallo scambio educativo
tra genitori e figli (cfr. Ef 6,1-4; Col 3,20s), nel quale ciascuno dà
e riceve. Mediante l'amore, il rispetto, l'obbedienza verso i
genitori, i figli portano il loro specifico e insostituibile
contributo all'edificazione di una famiglia autenticamente umana e
cristiana («Gaudium et Spes», 48). In questo saranno facilitati, se
i genitori eserciteranno la loro irrinunciabile autorità come un vero
e proprio «ministero», ossia come un servizio ordinato al bene umano
e cristiano dei figli, e in particolare ordinato a far loro acquistare
una libertà veramente responsabile, e se i genitori manterranno viva
la coscienza del «dono», che continuamente ricevono dai figli.
La comunione familiare può essere
conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio.
Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di tutti e di
ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla
riconciliazione. Nessuna famiglia ignora come l'egoismo, il
disaccordo, le tensioni, i conflitti aggrediscano violentemente e a
volte colpiscano mortalmente la propria comunione: di qui le
molteplici e varie forme di divisione nella vita familiare. Ma, nello
stesso tempo, ogni famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a
fare l'esperienza gioiosa e rinnovatrice della «riconciliazione» cioè
della comunione ricostruita, dell'unità ritrovata. In particolare la
partecipazione al sacramento della riconciliazione e al banchetto
dell'unico Corpo di Cristo offre alla famiglia cristiana la grazia e
la responsabilità di superare ogni divisione e di camminare verso la
piena verità della comunione voluta da Dio, rispondendo così al
vivissimo desiderio del Signore: che «tutti siano una sola cosa» (Gv
17,21).
Diritti e compiti della
donna
22. In quanto è, e deve sempre
diventare, comunione e comunità di persone, la famiglia trova
nell'amore la sorgente e la spinta incessante per accogliere,
rispettare e promuovere ciascuno dei suo membri nell'altissima dignità
di persone, e cioè di immagini viventi di Dio. Come hanno giustamente
affermato i Padri Sinodali, il criterio morale dell'autenticità delle
relazioni coniugali e familiari consiste nella promozione della dignità
e vocazione delle singole persone, le quali si ritrovano nella loro
pienezza mediante il dono sincero di se stesse (cfr. «Gaudium
et Spes», 24).
In questa prospettiva, il Sinodo
ha voluto riservare una privilegiata attenzione alla donna, ai suoi
diritti e compiti nella famiglia e nella società. Nella stessa
prospettiva vanno considerati anche l'uomo come sposo e padre, il
bambino e gli anziani.
Della donna è da rilevare,
anzitutto, l'eguale dignità e responsabilità rispetto all'uomo: tale
uguaglianza trova una singolare forma di realizzazione nella reciproca
donazione di sé all'altro e di ambedue ai figli, propria del
matrimonio e della famiglia. Quanto la stessa ragione umana intuisce e
riconosce, viene rivelato in pienezza dalla Parola di Dio: la storia
della salvezza, infatti, è una continua e luminosa testimonianza
della dignità della donna.
Creando l'uomo «maschio e femmina
(Gen 1,27), Dio dona la dignità personale in eguale modo all'uomo e
alla donna, arricchendoli dei diritti inalienabili e delle
responsabilità che sono proprie della persona umana. Dio poi
manifesta nella forma più alta possibile la dignità della donna
assumendo Egli stesso la carne umana da Maria Vergine che la Chiesa
onora come Maria Madre di Dio, chiamandola nuova Eva e proponendola
come modello della donna redenta. Il delicato rispetto di Gesù verso
le donne che ha chiamato alla sua sequela ed alla sua amicizia, la sua
apparizione il mattino di Pasqua ad una donna prima che agli altri
discepoli, la missione affidata alle donne di portare la buona novella
della Resurrezione agli apostoli, sono tutti segni che confermano la
stima speciale del Signore Gesù verso la donna. Dirà l'apostolo
Paolo: «Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù...
Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non
c'è più uomo ne donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù)»
(Gal 3,26.28).
Donna e società
23. Senza entrare ora a trattare
nei suoi vari aspetti l'ampio e complesso tema dei rapporti
donna-società, ma limitando il discorso ad alcuni rilievi essenziali,
non si può non osservare come nel campo più specificamente familiare
un'ampia e diffusa tradizione sociale e culturale abbia voluto
riservare alla donna solo il compito di sposa e madre, senza aprirla
adeguatamente ai compiti pubblici, in genere riservati all'uomo.
Non c'è dubbio che l'uguale
dignità e responsabilità dell'uomo e della donna giustifichino
pienamente l'accesso della donna ai compiti pubblici. D'altra parte la
vera promozione della donna esige pure che sia chiaramente
riconosciuto il valore del suo compito materno e familiare nei
confronti di tutti gli altri compiti pubblici e di tutte le altre
professioni. Del resto, tali compiti e professioni devono tra loro
integrarsi se si vuole che l'evoluzione sociale e culturale sia
veramente e pienamente umana.
Ciò risulterà più facile se,
come il Sinodo ha auspicato, una rinnovata «teologia del lavoro»
porrà in luce e approfondirà il significato del lavoro nella vita
cristiana e determinerà il fondamentale legame che esiste tra il
lavoro e la famiglia, e, di conseguenza, il significato originale ed
insostituibile del lavoro della casa e dell'educazione dei figli («Laborem
Exercens», 19). Pertanto la Chiesa può e deve aiutare la società
attuale, chiedendo instancabilmente che sia da tutti riconosciuto e
onorato nel suo valore insostituibile il lavoro della donna in casa.
Ciò è di particolare importanza nell'opera educativa: viene
eliminata, infatti, la radice stessa della possibile discriminazione
tra i diversi lavori e professioni, una volta che risulti chiaramente
come tutti, in ogni campo, si impegnino con identico diritto e con
identica responsabilità. Apparirà così più splendida l'immagine di
Dio nell'uomo e nella donna.
Se dev'essere riconosciuto anche
alle donne, come agli uomini, il diritto di accedere ai diversi
compiti pubblici, la società deve però strutturarsi in maniera tale
che le spose e le madri non siano difatto costrette a lavorare fuori
casa e che le loro famiglie possano dignitosamente vivere e
prosperare, anche se esse si dedicano totalmente alla propria
famiglia.
Si deve inoltre superare la
mentalità secondo la quale l'onore della donna deriva più dal lavoro
esterno che dall'attività familiare. Ma ciò esige che gli uomini
stimino ed amino veramente la donna con ogni rispetto della sua dignità
personale, e che la società crei e sviluppi le condizioni adatte per
il lavoro domestico.
La Chiesa, col dovuto rispetto per
la diversa vocazione dell'uomo e della donna, deve promuovere nella
misura del possibile nella sua stessa vita la loro uguaglianza di
diritti e di dignità: e questo per il bene di tutti, della famiglia,
della società e della Chiesa.
E' evidente però che tutto questo
significa per la donna non la rinuncia alla sua femminilità né
l'imitazione del carattere maschile, ma la pienezza della vera umanità
femminile quale deve esprimersi nel suo agire, sia in famiglia sia al
di fuori di essa, senza peraltro dimenticare in questo campo la varietà
dei costumi e delle culture.
Offese alla dignità della
donna
24. Purtroppo il messaggio
cristiano sulla dignità della donna viene contraddetto da quella
persistente mentalità che considera l'essere umano non come persona,
ma come cosa, come oggetto di compravendita, al servizio
dell'interesse egoistico e del solo piacere: e prima vittima di tale
mentalità è la donna.
Questa mentalità produce frutti
assai amari, come il disprezzo dell'uomo e della donna, la schiavitù,
l'oppressione dei deboli, la pornografia, la prostituzione - tanto più
quando viene organizzata - e tutte quelle varie discriminazioni che si
incontrano nell'ambito dell'educazione, della professione, della
retribuzione del lavoro, ecc.
Inoltre, ancora oggi, in gran
parte della nostra società, permangono molte forme di avvilente
discriminazione che colpiscono ed offendono gravemente alcune
categorie particolari di donne, come ad esempio, le spose che non
hanno figli, le vedove, le separate, le divorziate, le madri-nubili.
Queste ed altre discriminazioni
sono state deplorate dai Padri Sinodali con tutta la forza possibile:
chiedo pertanto che da parte di tutti si svolga un'azione pastorale
specifica più vigorosa ed incisiva, affinché esse siano
definitivamente vinte, così da giungere alla stima piena
dell'immagine di Dio che risplende in tutti gli essere umani, nessuno
escluso.
L'uomo sposo e padre
25. Entro la comunione-comunità
coniugale e familiare, l'uomo è chiamato a vivere il suo dono e
compito di sposo e di padre.
Egli vede nella sposa il compiersi
del disegno di Dio: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare
un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18), e fa sua l'esclamazione di
Adamo, il primo sposo: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e
osso dalle mie ossa» (Ibid. 2,23).
L'autentico amore coniugale
suppone ed esige che l'uomo porti profondo rispetto per l'eguale
dignità della donna: «Non sei il suo padrone - scrive san Ambrogio -
bensì il suo marito; non ti è stata data schiava, ma in moglie...
Ricambia a lei le sue attenzioni verso di te e sii ad essa grato del
suo amore» («Exameron», V,7,19: CSEL 32,I,154). Con la sposa l'uomo
deve vivere «una forma tutta speciale di amicizia personale» (Paolo
PP. VI, «Humanae Vitae», 9). Il cristiano poi è chiamato a
sviluppare un atteggiamento di amore nuovo, manifestando verso la
propria sposa la carità delicata e forte che Cristo ha per la Chiesa
(cfr. Ef 5,25).
L'amore alla sposa diventata madre
e l'amore ai figli sono per l'uomo la strada naturale per la
comprensione e la realizzazione della sua paternità. Soprattutto là
dove le condizioni sociali e culturali spingono facilmente il padre ad
un certo disimpegno rispetto alla famiglia o comunque ad una sua minor
presenza nell'opera educativa, è necessario adoperarsi perché si
recuperi socialmente la convinzione che il posto e il compito del
padre nella e per la famiglia sono di un'importanza unica e
insostituibile (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Omelia ai fedeli di Terni,
3-5 [19 Marzo 1981]: ASS 73 [1981], 268-271). Come l'esperienza
insegna, l'assenza del padre provoca squilibri psicologici e morali e
difficoltà notevoli nelle relazioni familiari, come pure, in
circostanze opposte, la presenza oppressiva del padre, specialmente là
dove e ancora in atto il fenomeno del «machismo», ossia della
superiorità abusiva delle prerogative maschili che umiliano la donna
e inibiscono lo sviluppo di sane relazioni familiari.
Rivelando e rivivendo in terra la
stessa paternità di Dio (cfr. Ef 3,15), l'uomo è chiamato a
garantire lo sviluppo unitario di tutti i membri della famiglia:
assolverà a tale compito mediante una generosa responsabilità per la
vita concepita sotto il cuore della madre, un impegno educativo più
sollecito e condiviso con la propria sposa (cfr. «Gaudium et Spes»,
52), un lavoro che non disgreghi mai la famiglia ma la promuova nella
sua compattezza e stabilità, una testimonianza di vita cristiana
adulta, che introduca più evidentemente i figli nell'esperienza viva
di Cristo e della Chiesa.
I diritti del bambino
26. Nella famiglia, comunità di
persone, deve essere riservata una specialissima attenzione al
bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità personale,
come pure un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi
diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza
quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato,
sofferente o handicappato.
Sollecitando e vivendo una premura
tenera e forte per ogni bambino che viene in questo mondo, la Chiesa
adempie una sua fondamentale missione: è chiamata, infatti, a
rivelare e a riproporre nella storia l'esempio e il comandamento di
Cristo Signore, che ha voluto porre il bambino al centro del Regno di
Dio: «Lasciate che i bambini vengano a me... perché a chi è come
loro appartiene il regno di Dio» (Lc 18,16; cfr. Mt 19,14; Mc 10,14).
Ripeto nuovamente quanto ho detto
all'assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979: «Desidero...
esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini,
primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle
presenti patrie terrene. Nessun paese del mondo, nessun sistema
politico può pensare al proprio avvenire se non attraverso l'immagine
di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il
molteplice patrimonio dei valori, dei doveri e delle aspirazioni della
nazione alla quale appartengono e di tutta la famiglia umana. La
sollecitudine per il bambino ancora prima della sua nascita, dal primo
momento della concezione e, in seguito, negli anni dell'infanzia e
della giovinezza, è la primaria e fondamentale verifica della
relazione dell'uomo all'uomo. E perciò, che cosa di più si potrebbe
augurare a ogni nazione e a tutta l'umanità, a tutti i bambini del
mondo se non quel migliore futuro in cui il rispetto dei diritti
dell'uomo diventi piena realtà nelle dimensioni del duemila che si
avvicina?» (2 Ottobre 1979).
L'accoglienza, l'amore, la stima,
il servizio molteplice ed unitario - materiale, affettivo, educativo,
spirituale - per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno
costituire sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in
particolare delle famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno
crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc
2,52), porteranno il loro prezioso contributo all'edificazione della
comunità familiare e alla stessa santificazione dei genitori (cfr. «Gaudium
et Spes», 48).
Gli anziani in famiglia
27. Ci sono culture che
manifestano una singolare venerazione ed un grande amore per
l'anziano: lungi dall'essere estromesso dalla famiglia o dall'essere
sopportato come un peso inutile, l'anziano ridervi parte attiva e
responsabile - pur dovendo rispettare l'autonomia della nuova famiglia
- e soprattutto svolge la preziosa missione di testimone del passato e
di ispiratore di saggezza per i giovani e per l'avvenire.
Altre culture, invece,
specialmente in seguito ad un disordinato sviluppo industriale ed
urbanistico, hanno condotto e continuano a condurre gli anziani a
forme inaccettabili di emarginazione, che sono fonte ad un tempo di
acute sofferenze per loro stessi e di impoverimento spirituale per
tante famiglie.
E' necessario che l'azione
pastorale della Chiesa stimoli tutti a scoprire e a valorizzare i
compiti degli anziani nella comunità civile ed ecclesiale, e in
particolare nella famiglia. In realtà, «la vita degli anziani ci
aiuta a far luce sulla scala dei valori umani; fa vedere la continuità
delle generazioni e meravigliosamente dimostra l'interdipendenza del
Popolo di Dio. Gli anziani inoltre hanno il carisma di oltrepassare le
barriere fra le generazioni, prima che queste insorgano. Quanti
bambini hanno trovato comprensione e amore negli occhi, nelle parole e
nelle carezze degli anziani! E quante persone anziane hanno volentieri
sottoscritto le ispirate parole bibliche che «corona dei vecchi sono
i figli dei figli» (Pr 17,6) (Giovanni Paolo PP. II Discorso ai
partecipanti all'«International Forum on Active Aging» 5 [5
Settembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 2 [1980]
539).
II. Il servizio della vita
1) La trasmissione della vita
Cooperatori dell'amore di
Dio Creatore
28. Con la creazione dell'uomo e
della donna a sua immagine e somiglianza, Dio corona e porta a
perfezione l'opera delle sue mani: Egli li chiama ad una speciale
partecipazione del suo amore ed insieme del suo potere di Creatore e
di Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a
trasmettere il dono della vita umana: «Dio li benedisse e disse loro:
"Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela"» (Gen 1,28).
Così il compito fondamentale
della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia
la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione
l'immagine divina da uomo a uomo (cfr. ibid. 5,1ss).
La fecondità è il frutto e il
segno dell'amore coniugale, la testimonianza viva della piena
donazione reciproca degli sposi «II vero culto dell'amore coniugale e
tutta la struttura familiare che ne nasce senza trascurare gli altri
fini del matrimonio, a questo tendono, che i coniugi, con fortezza
d'animo siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del
Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce
la sua famiglia» («Gaudium et Spes», 50).
La fecondità dell'amore coniugale
non si restringe però alla sola procreazione dei figli, sia pure
intesa nella sua dimensione specificamente umana: si allarga e si
arricchisce di tutti quei frutti di vita morale, spirituale e
soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare ai figli
e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.
La dottrina e la norma
sempre antiche e sempre nuove della Chiesa
29. Proprio perché l'amore dei
coniugi è una singolare partecipazione al mistero della vita e
dell'amore di Dio stesso, la Chiesa sa di aver ricevuto la missione
speciale di custodire e di proteggere l'altissima dignità del
matrimonio e la gravissima responsabilità della trasmissione della
vita umana.
Così, in continuità con la
tradizione viva della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente
Concilio Vaticano II e il magistero del mio predecessore Paolo VI,
espresso soprattutto nell'enciclica «Humanae Vitae», hanno trasmesso
ai nostri tempi un annuncio veramente profetico, che riafferma e
ripropone con chiarezza la dottrina e la norma sempre antiche e sempre
nuove della Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione della vita
umana.
Per questo, nella loro ultima
assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: «Questo
Sacro Sinodo, riunito nell'unità della fede col successore di Pietro,
fermamente mantiene ciò che nel Concilio Vaticano II (cfr. «Gaudium
et Spes», 50) e, in seguito, nell'enciclica «Humanae Vitae» viene
proposto, e in particolare che l'amore coniugale deve essere
pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova vita (Propositio 22.
La conclusione del n. 11 dell'enciclica «Humanae Vitae» così
afferma: «Richiamando gli uomini all'osservanza delle norme della
legge naturale interpreta dalla sua costante dottrina, la Chiesa
insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla
trasmissione della vita» AAS 60 [1968] 488).
La Chiesa sta dalla parte
della vita
30. La dottrina della Chiesa si
colloca oggi in una situazione sociale e culturale, che la rende ad un
tempo più difficile da comprendere e più urgente ed insostituibile
per promuovere il vero bene dell'uomo e della donna.
Infatti, il progresso
scientifico-tecnico, che l'uomo contemporaneo accresce di continuo nel
suo dominio sulla natura, non sviluppa solo la speranza di creare una
nuova e migliore umanità, ma anche un'angoscia sempre più profonda
circa il futuro. Alcuni si domandano se sia bene vivere o se non sia
meglio neppure essere nati; dubitano, se sia lecito chiamare altri
alla vita, i quali forse malediranno la propria esistenza in un mondo
crudele, i cui terrori non sono neppure prevedibili. Altri pensano di
essere gli unici destinatari dei vantaggi della tecnica ed escludono
gli altri, ai quali vengono imposti mezzi contraccettivi o metodi
ancor peggiori. Altri ancora, imprigionati come sono dalla mentalità
consumistica e con l'unica preoccupazione di un continuo aumento di
beni materiali, finiscono per non comprendere più e quindi per
rifiutare la ricchezza spirituale di una nuova vita umana. La ragione
ultima di queste mentalità è l'assenza, nel cuore degli uomini di
Dio, il cui amore soltanto è più forte di tutte le possibile paure
del mondo e le può vincere.
E' nata così una mentalità
contro la vita (anti-life mentality), come emerge in molte questioni
attuali: si pensi, ad esempio, a un certo panico derivato dagli studi
degli ecologi e dei futurologi sulla demografia, che a volte esagerano
il pericolo dell'incremento demografico per la qualità della vita.
Ma la Chiesa fermamente crede che
la vita umana, anche se debole e sofferente, è sempre uno splendido
dono del Dio della bontà. Contro il pessimismo e l'egoismo, che
oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna
vita umana sa scoprire lo splendore di quel «Sì», di quell'«Amen»,
che è Cristo stesso (cfr. 2Cor 1,19; Ap 3,14). Al «no» che invade
ed affligge il mondo, contrappone questo vivente «Sì», difendendo
in tal modo l'uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la
vita.
La Chiesa è chiamata a
manifestare nuovamente a tutti, con un più chiaro e fermo
convincimento, la sua volontà di promuovere con ogni mezzo e di
difendere contro ogni insidia la vita umana, in qualsiasi condizione e
stadio di sviluppo si trovi.
Per questo la Chiesa condanna come
grave offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle
attività dei governi o di altre autorità pubbliche, che tentano di
limitare in qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel decidere dei
figli. Di conseguenza qualsiasi violenza esercitata da tali autorità
in favore della contraccezione e persino della sterilizzazione e
dell'aborto procurato e del tutto da condannare e da respingere con
forza. Allo stesso modo è da esecrare come gravemente ingiusto il
fatto che nelle relazioni internazionali l'aiuto economico concesso
per la promozione dei popoli venga condizionato a programmi di
contraccezione, sterilizzazione e aborto procurato (cfr. Messaggio del
VI Sinodo dei Vescovi alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo,
5 [24 Ottobre 1980]).
Perché il progetto divino
sia sempre più pienamente attuato
31. La Chiesa è certamente
consapevole anche dei molteplici e complessi problemi, che oggi in
molti Paesi coinvolgono i coniugi nel loro compito di trasmettere
responsabilmente la vita. Riconosce pure il grave problema
dell'incremento demografico, come si configura in varie parti del
mondo, con le implicazioni morali che esso comporta.
Essa ritiene, tuttavia, che una
approfondita considerazione di tutti gli aspetti di tali problemi
offra una nuova e più forte conferma dell'importanza della dottrina
autentica circa la regolazione della natalità, riproposta nel
Concilio Vaticano II e nell'enciclica «Humanae Vitae».
Per questo, insieme con i Padri
del Sinodo, sento il dovere di rivolgere un pressante invito ai
teologi, affinché, unendo le loro forze per collaborare col Magistero
gerarchico, si impegnino a porre sempre meglio in luce i fondamenti
biblici, le motivazioni etiche e le ragioni personalistiche di questa
dottrina. Sarà così possibile, nel contesto di un'esposizione
organica, rendere la dottrina della Chiesa su questo importante
capitolo veramente accessibile a tutti gli uomini di buona volontà,
favorendone la comprensione ogni giorno più luminosa e profonda in
tal modo il progetto divino potrà essere sempre più pienamente
attuato per la salvezza dell'uomo e per la gloria del Creatore.
A questo riguardo, il concorde
impegno dei teologi, ispirato da convinta adesione al Magistero, che
è l'unica guida autentica del Popolo di Dio, presenta particolare
urgenza anche in ragione dell'intimo legame che esiste tra la dottrina
cattolica su questo punto e la visione dell'uomo che la Chiesa
propone: dubbi o errori nel campo matrimoniale o familiare comportano
un grave oscurarsi della verità integrale sull'uomo in una situazione
culturale già così spesso confusa e contraddittoria. Il contributo
di illuminazione e di approfondimento, che i teologi sono chiamati ad
offrire in adempimento del loro compito specifico, ha un valore
incomparabile e rappresenta un servizio singolare, altamente
meritorio, alla famiglia e all'umanità.
Nella visione integrale
dell'uomo e della sua vocazione
32. Nel contesto di una cultura
che gravemente deforma o addirittura smarrisce il vero significato
della sessualità umana, perché la sradica dal suo essenziale
riferimento alla persona, la Chiesa sente più urgente e
insostituibile la sua missione di presentare la sessualità come
valore e compito di tutta la persona creata, maschio e femmina, ad
immagine di Dio.
In questa prospettiva il Concilio
Vaticano II ha chiaramente affermato che «quando si tratta di
comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della
vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla
sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato
da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa
della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un
contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e della
procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga
coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale» («Gaudium
et Spes», 51).
E' proprio movendo dalla «visione
integrale dell'uomo e della sua vocazione, non solo naturale e
terrena, ma anche soprannaturale ed eterna» (Paolo PP. VI, «Humanae
Vitae», 7), che Paolo VI ha affermato che la dottrina della Chiesa
«è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che
l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati
dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato
procreativo» (Ibid. 12). Ed ha concluso ribadendo che è da escludere
come intrinsecamente disonesta «ogni azione che, o in previsione
dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere
impossibile la procreazione» (Ibid. 14).
Quando i coniugi, mediante il
ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio
Creatore ha inscritti nell'essere dell'uomo e della donna e nel
dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come «arbitri»
del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la sessualità
umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il
valore di donazione «totale». Così, al linguaggio nativo che
esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione
impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del
non donarsi all'altro in totalità: ne deriva, non soltanto il
positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione
dell'interiore verità del personale.
Quando invece i coniugi, mediante
il ricorso a periodi di infecondità, rispettano la connessione
inscindibile dei significati unitivo e procreativo della sessualità
umana, si comportano come «ministri» del disegno di Dio ed «usufruiscono»
della sessualità secondo l'originario dinamismo della donazione «totale»,
senza manipolazioni ed alterazioni (Ibid 13).
Alla luce della stessa esperienza
di tante coppie di sposi e dei dati delle diverse scienze umane, la
riflessione teologica può cogliere ed è chiamata ad approfondire la
differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la
contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali: si tratta di una
differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si
pensi e che coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e
della sessualità umana tra loro irriducibili. La scelta dei ritmi
naturali comporta l'accettazione del tempo della persona, cioè della
donna, e con ciò l'accettazione anche del dialogo, del rispetto
reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé.
Accogliere poi il tempo e il dialogo significa riconoscere il
carattere insieme spirituale e corporeo della comunione coniugale,
come pure vivere l'amore personale nella sua esigenza di fedeltà. In
questo contesto la coppia fa l'esperienza che la comunione coniugale
viene arricchita di quei valori di tenerezza e di affettività, i
quali costituiscono l'anima profonda della sessualità umana, anche
nella sua dimensione fisica. In tal modo la sessualità viene
rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e pienamente
umana, non mai invece «usata» come un «oggetto» che, dissolvendo
l'unità personale di anima e corpo, colpisce la stessa creazione di
Dio nell'intreccio più intimo tra natura e persona.
La Chiesa Maestra e Madre
per i coniugi in difficoltà
33. Anche nel campo della morale
coniugale la Chiesa è ed agisce come Maestra e Madre.
Come Maestra, essa non si stanca
di proclamare la norma morale che deve guidare la trasmissione
responsabile della vita. Di tale norma la Chiesa non è affatto né
l'autrice né l'arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la
cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona
umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli
uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità
e di perfezione.
Come Madre, la Chiesa si fa vicina
alle molte coppie di sposi che si trovano in difficoltà su questo
importante punto della vita morale: conosce bene la loro situazione,
spesso molto ardua e a volte veramente tormentata da difficoltà di
ogni genere, non solo individuali ma anche sociali; sa che tanti
coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta,
ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma
morale.
Ma è la stessa ed unica Chiesa ad
essere insieme Maestra e Madre. Per questo la Chiesa non cessa mai di
invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali
siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è
infatti convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge
divina del trasmettere la vita e quella di favorire l'autentico amore
coniugale (cfr. «Gaudium
et Spes«, 51). Per questo, la
pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai
separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la medesima
persuasione del mio predecessore: «Non sminuire in nulla la salutare
dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime»
(Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 29).
D'altra parte l'autentica
pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo
sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere
tutte quelle condizioni umane - psicologiche, morali e spirituali -
che sono indispensabili per comprendere e vivere il valore e la norma
morale.
Non c'è dubbio che tra queste
condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l'umiltà
e la fortezza d'animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia,
il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell'Eucaristia e
della riconciliazione (cfr. ibid. 25). Così corroborati, i coniugi
cristiani potranno mantenere viva la coscienza del singolare influsso
che la grazia del sacramento del matrimonio esercita su tutte le realtà
della vita coniugale, e quindi anche sulla loro sessualità: il dono
dello Spirito, accolto e corrisposto dai coniugi, li aiuta a vivere la
sessualità umana secondo il piano di Dio e come segno dell'amore
unitivo e fecondo di Cristo per la sua Chiesa.
Ma tra le condizioni necessarie
rientra anche la conoscenza della corporeità e dei suoi ritmi di
fertilità. In tal senso bisogna far di tutto perché una simile
conoscenza sia resa accessibile a tutti i coniugi, e prima ancora alle
persone giovani, mediante un'informazione ed una educazione chiare,
tempestive e serie, ad opera di coppie, di medici e di esperti. La
conoscenza poi deve sfociare nell'educazione all'autocontrollo: di qui
l'assoluta necessità della virtù della castità e della permanente
educazione ad essa. Secondo la visione cristiana, la castità non
significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana:
significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l'amore dai
pericoli dell'egoismo e dell'aggressività e sa promuoverlo verso la
sua piena realizzazione.
Paolo VI, con profondo intuito di
sapienza e di amore, altro non ha fatto che dare voce all'esperienza
di tante coppie di sposi quando ha scritto nella sua enciclica: «il
dominio dell'istinto mediante la ragione e la libera volontà, impone
indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive della
vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per
l'osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria
della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore coniugale,
gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo
sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano
integralmente la loro personalità arricchendosi di valori spirituali:
essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e
agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l'attenzione verso
l'altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l'egoismo, nemico del vero
amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità nel
compimento dei loro doveri. I genitori acquistano con essa la capacità
di un influsso più profondo ed efficace per l'educazione dei figli»
(«Humanae Vitae», 21).
L'itinerario morale degli
sposi
34. E' sempre di grande importanza
possedere una retta concezione dell'ordine morale, dei suoi valori e
delle sue norme: l'importanza cresce, quando più numerose e gravi si
fanno le difficoltà a rispettarli.
Proprio perché rivela e propone
il disegno di Dio Creatore, l'ordine morale non può essere qualcosa
di mortificante per l'uomo e di impersonale; al contrario, rispondendo
alle esigenze più profonde dell'uomo creato da Dio, si pone al
servizio della sua piena umanità, con l'amore delicato e vincolante
con cui Dio stesso ispira, sostiene e guida ogni creatura verso la sua
felicità.
Ma l'uomo, chiamato a vivere
responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere
storico, che si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose
libere scelte: per questo egli conosce ama e compie il bene morale
secondo tappe di crescita.
Anche i coniugi, nell'ambito della
loro vita morale, sono chiamati ad un incessante cammino, sostenuti
dal desiderio sincero e operoso di conoscere sempre meglio i valori
che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà retta e
generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non
possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere
in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a
superare con impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta
"legge della gradualità", o cammino graduale, non può
identificarsi con la "gradualità della legge", come se ci
fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per
uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno
divino, sono chiamati alla santità nel matrimonio e questa alta
vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di
rispondere al comando divino con animo sereno, confidando nella grazia
divina e nella propria volontà» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per
la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72
[1980] 1083). In questa stessa linea, rientra nella pedagogia della
Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina
della «Humanae Vitae» come normativa per l'esercizio della loro
sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le condizioni
necessarie per osservare questa norma.
Questa pedagogia, come ha rilevato
il Sinodo, comprende tutta la vita coniugale. Per questo il compito di
trasmettere la vita deve essere integrato nella missione globale
dell'intera vita cristiana, la quale senza la croce non può giungere
alla risurrezione. In simile contesto si comprende come non si possa
togliere il sacrificio dalla vita familiare, anzi si debba accettare
di cuore, perché l'amore coniugale si approfondisca e diventi fonte
di intima gioia.
Questo comune cammino esige
riflessione, informazione, idonea educazione dei sacerdoti, dei
religiosi e dei laici, che sono impegnati nella pastorale familiare:
tutti costoro potranno aiutare i coniugi nel loro itinerario umano e
spirituale, che comporta la coscienza del peccato, il sincero impegno
di osservare la legge morale, il ministero della riconciliazione. E'
pure da tenere presente come nell'intimità coniugale siano implicate
le volontà di due persone, chiamate però ad una armonia di mentalità
e di comportamento: ciò esige non poca pazienza, simpatia e tempo. Di
singolare importanza in questo campo è l'unità dei giudizi morali e
pastorali dei sacerdoti: tale unità dev'essere accuratamente
ricercata ed assicurata, perché i fedeli non abbiano a soffrire
ansietà di coscienza (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 28).
Il cammino dei coniugi sarà
dunque facilitato se, nella stima della dottrina della Chiesa e nella
fiducia verso la grazia di Cristo, aiutati ed accompagnati dai pastori
d'anime e dall'intera comunità ecclesiale, essi sapranno scoprire e
sperimentare il valore di liberazione e di promozione dell'amore
autentico, che il Vangelo offre ed il comandamento del Signore
propone.
Suscitare convinzioni e
offrire aiuti concreti
35. Di fronte al problema di
un'onesta regolazione della natalità, la comunità ecclesiale, nel
tempo presente, deve assumersi il compito di suscitare convinzioni e
di offrire aiuti concreti per quanti vogliono vivere la paternità e
la maternità in modo veramente responsabile.
In questo campo, mentre si
compiace dei risultati raggiunti dalle ricerche scientifiche per una
conoscenza più precisa dei ritmi di fertilità femminile e stimola
una più decisiva ed ampia estensione di tali studi, la Chiesa non può
non sollecitare con rinnovato vigore la responsabilità di quanti -
medici, esperti, consulenti coniugali, educatori, coppie - possono
aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel rispetto
della struttura e delle finalità dell'atto coniugale che lo esprime.
Ciò significa un impegno più vasto, decisivo e sistematico per far
conoscere, stimare e applicare i metodi naturali di regolazione della
fertilità (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Delegati del «Centre
de Liaison des Equipes de Recherche», 9 [3 Novembre 1979]: «Insegnamenti
di Giovanni Paolo II», II 2 [1979] 1035; cfr. anche Discorso ai
Partecipanti al primo Congresso per la Famiglia d'Africa e d'Europa
(15 Gennaio 1981): «L'Osservatore Romano» (16 Gennaio 1981).
Una preziosa testimonianza può e
deve essere data da quegli sposi che, mediante l'impegno comune della
continenza periodica, sono giunti ad una più matura responsabilità
personale di fronte all'amore ed alla vita. Come scriveva Paolo VI, «ad
essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la
santità e la soavità della legge che unisce l'amore vicendevole
degli sposi con la loro cooperazione all'amore di Dio autore della
vita umana» («Humanae Vitae», 25).
2) L'educazione
Il diritto-dovere educativo
dei genitori
36. Il compito dell'educazione
affonda le radici nella primordiale vocazione dei coniugi a
partecipare all'opera creatrice di Dio: generando nell'amore e per
amore una nuova persona, che in sé ha la vocazione alla crescita ed
allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito di
aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana. Come ha
ricordato il Concilio Vaticano II: «I genitori, poiché hanno
trasmesso la vita ai figli, hanno l'obbligo gravissimo di educare la
prole: vanno pertanto considerati come i primi e principali educatori
di essa. Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se
manca, può appena essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare
in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla
pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione
completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia è dunque
la prima scuola di virtù sociali di cui appunto han bisogno tutte le
società» («Gravissimum Educationis», 3).
Il diritto-dovere educativo dei
genitori si qualifica come essenziale, connesso com'è con la
trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al
compito educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che
sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e
che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da
altri usurpato.
Al di là di queste
caratteristiche, non si può dimenticare che l'elemento più radicale,
tale da qualificare il compito educativo dei genitori, è l'amore
paterno e materno, il quale trova nell'opera educativa il suo
compimento nel rendere pieno e perfetto il servizio alla vita: l'amore
dei genitori da sorgente diventa anima e pertanto norma, che ispira e
guida tutta l'azione educativa concreta, arricchendola di quei valori
di dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di
sacrificio, che sono il più prezioso frutto dell'amore.
Educare ai valori essenziali
della vita umana
37. Pur in mezzo alle difficoltà
dell'opera educativa, oggi spesso aggravate, i genitori devono con
fiducia e coraggio formare i figli ai valori essenziali della vita
umana. I figli devono crescere in una giusta libertà di fronte ai
beni materiali, adottando uno stile di vita semplice ed austero, ben
convinti che «l'uomo vale più per quello che è che per quello che
ha» («Gaudium et Spes», 35)
In una società scossa e
disgregata da tensioni e conflitti per il violento scontro tra i
diversi individualismi ed egoismi, i figli devono arricchirsi non
soltanto del senso della vera giustizia, che sola conduce al rispetto
della dignità personale di ciascuno, ma anche e ancora più del senso
del vero amore, come sollecitudine sincera e servizio disinteressato
verso gli altri, in particolare i più poveri e bisognosi. La famiglia
è la prima e fondamentale scuola di socialità: in quanto comunità
di amore, essa trova nel dono di sé la legge che la guida e la fa
crescere. Il dono di sé, che ispira l'amore dei coniugi tra di loro,
si pone come modello e norma del dono di sé quale deve attuarsi nei
rapporti tra fratelli e sorelle e tra le diverse generazioni che
convivono nella famiglia. E la comunione e la partecipazione
quotidianamente vissuta nella casa, nei momenti di gioia e di
difficoltà, rappresenta la più concreta ed efficace pedagogia dei
figli nel più ampio orizzonte della società.
L'educazione all'amore come dono
di sé costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori
chiamati ad offrire ai figli una chiara e delicata educazione
sessuale. Di fronte ad una cultura che «banalizza» in larga parte la
sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e
impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere egoistico,
il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su di una
cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la
sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona - corpo,
sentimento e anima - e manifesta il suo intimo significato nel portare
la persona al dono di sé nell'amore.
L'educazione sessuale, diritto e
dovere fondamentale dei genitori, deve attuarsi sempre sotto la loro
guida sollecita, sia in casa sia nei centri educativi da essi scelti e
controllati. In questo senso la Chiesa ribadisce la legge della
sussidiarietà, che la scuola è tenuta ad osservare quando coopera
all'educazione sessuale, collocandosi nello spirito stesso che anima i
genitori.
In questo contesto è del tutto
irrinunciabile l'educazione alla castità, come virtù che sviluppa
l'autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e
promuovere il «significato sponsale» del corpo. Anzi, i genitori
cristiani riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo
i segni della chiamata di Dio, per l'educazione alla verginità, come
forma suprema di quel dono di sé che costituisce il senso stesso
della sessualità umana.
Per gli stretti legami che
intercorrono tra la dimensione sessuale della persona e i suoi valori
etici, il compito educativo deve condurre i figli a conoscere e a
stimare le norme morali come necessaria e preziosa garanzia per una
responsabile crescita personale nella sessualità umana.
Per questo la Chiesa si oppone
fermamente a una certa forma di informazione sessuale, avulsa dai
principi morali, così spesso diffusa, la quale altro non sarebbe che
un'introduzione all'esperienza del piacere e uno stimolo che porta a
perdere la serenità - ancora negli anni dell'innocenza - aprendo la
strada al vizio.
La missione educativa e il
sacramento del matrimonio
38. Per i genitori cristiani la
missione educativa, radicata come si è detto nella loro
partecipazione all'opera creatrice di Dio, ha una nuova e specifica
sorgente nel sacramento del matrimonio, che li consacra all'educazione
propriamente cristiana dei figli, li chiama cioè a partecipare alla
stessa autorità e allo stesso amore di Dio Padre e di Cristo Pastore,
come pure all'amore materno della Chiesa, e li arricchisce di
sapienza, consiglio, fortezza e di ogni altro dono dello Spirito Santo
per aiutare i figli nella loro crescita umana e cristiana.
Dal sacramento del matrimonio il
compito educativo riceve la dignità e la vocazione di essere un vero
e proprio «ministero» della Chiesa al servizio della edificazione
dei suoi membri. Tale è la grandezza e lo splendore del ministero
educativo dei genitori cristiani, che san Tommaso non esita a
paragonare al ministero dei sacerdoti: «Alcuni propagano e conservano
la vita spirituale con un ministero unicamente spirituale, e questo
spetta al sacramento dell'ordine; altri lo fanno quanto alla vita ad
un tempo corporale e spirituale e ciò avviene col sacramento del
matrimonio, nel quale l'uomo e la donna si uniscono per generare la
prole ed educarla al culto di Dio («Summa contra Gentiles», IV, 58).
La coscienza viva e vigile della
missione ricevuta col sacramento del matrimonio aiuterà i genitori
cristiani a porsi con grande serenità e fiducia al servizio educativo
dei figli e, nello stesso tempo, con senso di responsabilità di
fronte a Dio che li chiama e li manda ad edificare la Chiesa nei
figli. Così la famiglia dei battezzati, convocata quale chiesa
domestica dalla Parola e dal Sacramento, diventa insieme, come la
grande Chiesa, maestra e madre.
La prima esperienza di
Chiesa
39. La missione dell'educazione
esige che i genitori cristiani propongano ai figli tutti quei
contenuti che sono necessari per la graduale maturazione della loro
responsabilità da un punto di vista cristiano ed ecclesiale.
Riprenderanno allora le linee educative sopra ricordate, con la cura
di mostrare ai figli a quale profondità di significati la fede e la
carità di Gesù Cristo sanno condurre. Inoltre la consapevolezza che
il Signore affida loro la crescita di un figlio di Dio, di un fratello
di Cristo, di un tempio dello Spirito Santo, di un membro della
Chiesa, sorreggerà i genitori cristiani nel loro compito di
rafforzare nell'anima dei figli il dono della grazia divina.
Il Concilio Vaticano II così
precisa il contenuto dell'educazione cristiana: «Essa non comporta
solo la maturità propria dell'umana persona... ma tende soprattutto a
far sì che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del
mistero della salvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono
della fede, che hanno ricevuto: imparino ad adorare Dio in spirito e
verità (cfr. Gv 4,23), specialmente attraverso l'azione liturgica, si
preparino a vivere la propria vita secondo l'uomo nuovo della
giustizia e nella santità della verità (Ef 4,22-24), così
raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr.
Ef 4,13) e diano il loro apporto all'aumento del corpo mistico. Essi
inoltre, consapevoli della loro vocazione, devono addestrarsi sia a
testimoniare quella speranza che è in loro (cfr. 1Pt 3,14), sia a
promuovere la elevazione in senso cristiano del mondo» («Gravissimum
Educationis», 2).
Anche il Sinodo, riprendendo e
sviluppando le linee conciliari, ha presentato la missione educativa
della famiglia cristiana come un vero ministero, per mezzo del quale
viene trasmesso e irradiato il Vangelo, al punto che la stessa vita di
famiglia diventa itinerario di fede e in qualche modo iniziazione
cristiana e scuola della sequela di Cristo. Nella famiglia cosciente
di tale dono, come ha scritto Paolo VI, «tutti i membri evangelizzano
e sono evangelizzati» («Evangelii Nuntiandi», 71).
In forza del mistero
dell'educazione i genitori mediante la testimonianza della vita, sono
i primi araldi del Vangelo presso i figli. Di più, pregando con i
figli, dedicandosi con essi alla lettura della Parola di Dio ed
inserendoli nell'intimo del Corpo - eucaristico ed ecclesiale - di
Cristo mediante l'iniziazione cristiana, diventano pienamente genitori
generatori cioè non solo della vita carnale, ma anche di quella che,
mediante la rinnovazione dello Spirito, scaturisce dalla Croce e
risurrezione di Cristo.
Perché i genitori cristiani
possano compiere degnamente il loro ministero educativo, i Padri
Sinodali hanno auspicato che sia preparato un adeguato testo di
catechismo per le famiglie, chiaro, breve e tale da poter essere
facilmente assimilato da tutti. Le conferenze episcopali sono state
caldamente invitate ad impegnarsi per la realizzazione di questo
catechismo.
Rapporti con altre forze
educative
40. La famiglia è la prima, ma
non l'unica ed esclusiva comunità educante: la stessa dimensione
comunitaria, civile ed ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad
un'opera più ampia ed articolata, che sia il frutto della
collaborazione ordinata delle diverse forze educative. Queste forze
sono tutte necessarie, anche se ciascuna può e deve intervenire con
una sua competenza e con un suo contributo propri (cfr. «Gravissimum
Educationis», 3).
Il compito educativo della
famiglia cristiana ha perciò un posto assai importante nella
pastorale organica: ciò implica una nuova forma di collaborazione tra
i genitori e le comunità cristiane, tra i diversi gruppi educativi e
i pastori. In questo senso il rinnovamento della scuola cattolica deve
riservare una speciale attenzione sia ai genitori degli alunni sia
alla formazione di una perfetta comunità educante.
Dev'essere assolutamente
assicurato il diritto dei genitori alla scelta di un'educazione
conforme alla loro fede religiosa.
Lo Stato e la Chiesa hanno
l'obbligo di dare alle famiglie tutti gli aiuti possibili, affinché
possano adeguatamente esercitare i loro compiti educativi. Per questo
sia la Chiesa sia lo Stato devono creare e promuovere quelle
istituzioni ed attività, che le famiglie giustamente richiedono: e
l'aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze delle famiglie.
Pertanto, tutti coloro che nella società sono alla guida delle scuole
non devono mai dimenticare che i genitori sono stati costituiti da Dio
stesso come primi e principali educatori dei figli, e che il loro
diritto è del tutto inalienabile.
Ma complementare al diritto, si
pone il grave dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in un rapporto
cordiale e fattivo con gli insegnanti ed i dirigenti delle scuole.
Se nelle scuole si insegnano
ideologie contrarie alla fede cristiana, la famiglia insieme ad altre
famiglie, possibilmente mediante forme associative familiari, deve con
tutte le forze e con sapienza aiutare i giovani a non allontanarsi
dalla fede. In questo caso la famiglia ha bisogno di aiuti speciali da
parte dei pastori d'anime, i quali non dovranno dimenticare che i
genitori hanno l'inviolabile diritto di affidare i loro figli alla
comunità ecclesiale.
Un servizio molteplice alla
vita
41. Il fecondo amore coniugale si
esprime in un servizio alla vita dalle forme molteplici, delle quali
la generazione e l'educazione sono quelle più immediate, proprie ed
insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso l'uomo
testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché
è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell'amore come
donazione di sé agli altri.
A questa prospettiva, per tutti
ricca di valore e di impegno, sapranno ispirarsi in particolare quei
coniugi che fanno l'esperienza della sterilità fisica.
Le famiglie cristiane che nella
fede riconoscono tutti gli uomini come figli del comune Padre dei
cieli, verranno generosamente incontro ai figli delle altre famiglie,
sostenendoli ed amandoli non come estranei, ma come membri dell'unica
famiglia dei figli di Dio. I genitori cristiani potranno così
allargare il loro amore al di là dei vincoli della carne e del
sangue, alimentando i legami che si radicano nello spirito e che si
sviluppano nel servizio concreto ai figli di altre famiglie, spesso
bisognosi delle cose più necessarie.
Le famiglie cristiane sapranno
vivere una maggiore disponibilità verso l'adozione e l'affidamento di
quei figli che sono privati dei genitori o da essi abbandonati: mentre
questi bambini, ritrovando il valore affettivo di una famiglia,
possono fare esperienza dell'amorevole e provvida paternità di Dio,
testimoniata dai genitori cristiani, e così crescere con serenità e
fiducia nella vita, la famiglia intera sarà arricchita dai valori
spirituali di una più ampia fraternità.
La fecondità delle famiglie deve
conoscere una sua incessante «creatività», frutto meraviglioso
dello Spirito di Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le
nuove necessità e sofferenze della nostra società, e che infonde
coraggio per assumerle e darvi risposta. In questo quadro si presenta
alle famiglie un vastissimo campo d'azione: infatti, ancor più
preoccupante dell'abbandono dei bambini è oggi il fenomeno
dell'emarginazione sociale e culturale, che duramente colpisce
anziani, ammalati, handicappati, tossicodipendenti, ex carcerati, ecc.
In tal modo si dilata enormemente
l'orizzonte della paternità e della maternità delle famiglie
cristiane: il loro amore spiritualmente fecondo è sfidato da queste e
da tante altre urgenze del nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo
loro, il Signore Gesù continua ad avere «compassione» delle folle.
III. La partecipazione allo
sviluppo della società
La famiglia prima e vitale
cellula della società
42. «Poiché il Creatore di tutte
le cose ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento
dell'umana società», la famiglia e divenuta la «prima e vitale
cellula della società» («Apostolicam Actuositatem», 11).
La famiglia possiede vincoli
vitali e organici con la società, perché ne costituisce il
fondamento e l'alimento continuo mediante il suo compito di servizio
alla vita: dalla famiglia infatti nascono i cittadini e nella famiglia
essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono
l'anima della vita e dello sviluppo della società stessa.
Così in forza della sua natura e
vocazione, lungi dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre
alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito sociale.
La vita familiare come
esperienza di comunione e di partecipazione
43. La stessa esperienza di
comunione e di partecipazione, che deve caratterizzare la vita
quotidiana della famiglia, rappresenta il suo primo e fondamentale
contributo alla società.
Le relazioni tra i membri della
comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della «gratuità»
che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità
personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale,
incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso,
solidarietà profonda.
Così la promozione di
un'autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa
prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i
più ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della
giustizia, del dialogo, dell'amore.
In tal modo, come hanno ricordato
i Padri Sinodali, la famiglia costituisce il luogo nativo e lo
strumento più efficace di umanizzazione e di personalizzazione della
società: essa collabora in un modo originale e profondo alla
costruzione del mondo, rendendo possibile una vita propriamente umana,
in particolare custodendo e trasmettendo le virtù e i «valori».
Come scrive il Concilio Vaticano II, nella famiglia «le diverse
generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere
una saggezza umana più completa e a comporre i diritti delle persone
con le altre esigenze della vita sociale («Gaudium et Spes», 52)
Di conseguenza, di fronte ad una
società che rischia di essere sempre più spersonalizzata e
massificata, e quindi disumana e disumanizzante, con le risultanze
negative di tante forme di «evasione» - come sono, ad esempio,
l'alcoolismo, la droga e lo stesso terrorismo -, la famiglia possiede
e sprigiona ancora oggi energie formidabili capaci di strappare l'uomo
dall'anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale,
di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo, attivamente con la
sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società.
Compito sociale e politico
44. Il compito sociale della
famiglia non può certo fermarsi all'opera procreativa ed educativa,
anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di
espressione.
Le famiglie, sia singole che
associate, possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di
servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di
tutte quelle persone e situazioni che l'organizzazione previdenziale
ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere.
Il contributo sociale della
famiglia ha una sua originalità, che domanda di essere meglio
conosciuta e più decisamente favorita, soprattutto man mano che i
figli crescono, coinvolgendo di fatto il più possibile tutti i membri
(cfr. «Apostolicam Actuositatem», 11).
In particolare è da rilevare
l'importanza sempre più grande che nella nostra società assume
l'ospitalità, in tutte le sue forme, dall'aprire la porta della
propria casa e ancor più del proprio cuore alle richieste dei
fratelli, all'impegno concreto di assicurare ad ogni famiglia la sua
casa, come ambiente naturale che la conserva e la fa crescere.
Soprattutto la famiglia cristiana è chiamata ad ascoltare la
raccomandazione dell'apostolo: «Siate... premurosi nell'ospitalità»
(Rm 12,13), e quindi ad attuare, imitando l'esempio e condividendo la
carità di Cristo, l'accoglienza del fratello bisognoso: «Chi avrà
dato anche solo un bicchiere di acqua fresca ad uno di questi piccoli,
perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua
ricompensa» (Mt 10,42).
Il compito sociale delle famiglie
è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico: le
famiglie, cioè, devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le
istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e
difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal
senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere «protagoniste»
della cosiddetta «politica familiare» ed assumersi la responsabilità
di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le prime
vittime di quei mali, che si sono limitate ad osservare con
indifferenza. L'appello del Concilio Vaticano II a superare l'etica
individualistica ha perciò valore anche per la famiglia come tale
(cfr. «Gaudium
et Spes», 30).
La società al servizio
della famiglia
45. L'intima connessione tra la
famiglia e la società, come esige l'apertura e la partecipazione
della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che la
società non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare
e di promuovere la famiglia stessa.
Certamente la famiglia e la società
hanno una funzione complementare nella difesa e nella promozione del
bene di tutti gli uomini e di ogni uomo. Ma la società, e più
specificamente lo Stato, devono riconoscere che la famiglia è «una
società che gode di un diritto proprio e primordiale» («Dignitatis
Humanae», 5), e quindi nelle loro relazioni con la famiglia sono
gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà.
In forza di tale principio lo
Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse
possono ugualmente svolgere bene da sole o liberamente associate, ma
positivamente favorire e sollecitare al massimo l'iniziativa
responsabile delle famiglie. Convinte che il bene della famiglia
costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità
civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare
alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi,
politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo
umano a tutte le loro responsabilità.
La carta dei diritti della
famiglia
46. L'ideale di una reciproca
azione di sostegno e di sviluppo tra la famiglia e la società si
scontra spesso, e in termini assai gravi, con la realtà di una loro
separazione, anzi di una loro contrapposizione.
In effetti, come ha continuamente
denunciato il Sinodo, la situazione che tantissime famiglie di diversi
Paesi incontrano è molto problematica, se non addirittura decisamente
negativa: istituzioni e leggi misconoscono ingiustamente i diritti
inviolabili della famiglia e della stessa persona umana, e la società,
lungi dal porsi al servizio della famiglia, la aggredisce con violenza
nei suoi valori e nelle sue esigenze fondamentali. E così la famiglia
che, secondo il disegno di Dio, è cellula base della società,
soggetto di diritti e doveri prima dello Stato e di qualunque altra
comunità, si trova ad essere vittima della società, dei ritardi e
delle lentezze dei suoi interventi e ancor più delle sue palesi
ingiustizie.
Per questo la Chiesa difende
apertamente e fortemente i diritti della famiglia dalle intollerabili
usurpazioni della società e dello Stato. In particolare, i Padri
Sinodali hanno ricordato, tra gli altri, i seguenti diritti della
famiglia:
- di
esistere e di progredire come famiglia, cioè il diritto di ogni
uomo, specialmente anche se povero, a fondare una famiglia e ad
avere i mezzi adeguati per sostenerla;
- di
esercitare la propria responsabilità nell'ambito della
trasmissione della vita e di educare i figli;
- dell'intimità
della vita coniugale e familiare;
- della
stabilità del vincolo e dell'istituto matrimoniale;
- di
credere e di professare la propria fede, e di diffonderla;
- di
educare i figli secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e
culturali, con gli strumenti, i mezzi e le istituzioni necessarie;
- di
ottenere la sicurezza fisica, sociale, politica, economica,
specialmente dei poveri e degli infermi;
- il
diritto all'abitazione adatta a condurre convenientemente la vita
familiare;
- di
espressione e di rappresentanza davanti alle pubbliche autorità
economiche, sociali e culturali e a quelle inferiori, sia
direttamente sia attraverso associazioni
- di
creare associazioni con altre famiglie e istituzioni, per svolgere
in modo adatto e sollecito il proprio compito;
- di
proteggere i minorenni mediante adeguate istituzioni e
legislazioni da medicinali dannosi, dalla pornografia,
dall'alcoolismo, ecc.;
- di
un onesto svago che favorisca anche i valori della famiglia;
- il
diritto degli anziani ad una vita degna e ad una morte dignitosa;
- il
diritto di emigrare come famiglie per cercare una vita migliore
(Propositio 42).
La Santa Sede, accogliendo
l'esplicita richiesta del Sinodo, avrà cura di approfondire tali
suggerimenti, elaborando una «carta dei diritti della famiglia» da
proporre agli ambienti e alle Autorità interessate.
Grazia e responsabilità
della famiglia cristiana
47. Il compito sociale proprio di
ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo ed originale alla famiglia
cristiana, fondata sul sacramento del matrimonio. Assumendo la realtà
umana dell'amore coniugale in tutte le implicazioni, il sacramento
abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la loro
vocazione di laici, e pertanto a «cercare il regno di Dio trattando
le cose temporali e ordinandole secondo Dio» («Lumen Gentium», 31).
Il compito sociale e politico
rientra in quella missione regale o di servizio, alla quale gli sposi
cristiani partecipano in forza del sacramento del matrimonio,
ricevendo ad un tempo un comandamento al quale non possono sottrarsi
ed una grazia che li sostiene e li stimola.
In tal modo la famiglia cristiana
è chiamata ad offrire a tutti la testimonianza di una dedizione
generosa e disinteressata ai problemi sociali, mediante la «scelta
preferenziale» dei poveri e degli emarginati. Perciò essa,
progredendo nella sequela del Signore mediante una speciale dilezione
verso tutti i poveri, deve avere a cuore specialmente gli affamati,
gli indigenti, gli anziani, gli ammalati, i drogati, i senza famiglia.
Per un nuovo ordine
internazionale
48. Di fronte alla dimensione
mondiale che oggi caratterizza i vari problemi sociali, la famiglia
vede allargarsi in modo del tutto nuovo il suo compito verso lo
sviluppo della società: si tratta di cooperare anche ad un nuovo
ordine internazionale, perché solo nella solidarietà mondiale si
possono affrontare e risolvere gli enormi e drammatici problemi della
giustizia nel mondo, della libertà dei popoli, della pace dell'umanità.
La comunione spirituale delle
famiglie cristiane, radicate nella fede e speranza comuni e vivificate
dalla carità, costituisce un'interiore energia che origina, diffonde
e sviluppa giustizia, riconciliazione, fraternità e pace tra gli
uomini. In quanto «piccola Chiesa», la famiglia cristiana è
chiamata, a somiglianza della «grande Chiesa», ad essere segno di
unità per il mondo e ad esercitare in tal modo il suo ruolo profetico
testimoniando il Regno e la pace di Cristo, verso cui il mondo intero
è in cammino.
Le famiglie cristiane potranno far
questo sia mediante la loro opera educativa, offrendo cioè ai figli
un modello di vita fondato sui valori della verità, della libertà,
della giustizia e dell'amore, sia con un attivo e responsabile impegno
per la crescita autenticamente umana della società e delle sue
istituzioni, sia col sostenere in vario modo le associazioni
specificamente dedicate ai problemi dell'ordine internazionale.
IV. La partecipazione alla vita
e alla missione della Chiesa
La famiglia nel mistero
della Chiesa
49. Tra i compiti fondamentali
della famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale: essa, cioè,
è posta al servizio dell'edificazione del Regno di Dio nella storia,
mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.
Per meglio comprendere i
fondamenti, i contenuti e le caratteristiche di tale partecipazione,
occorre approfondire i molteplici e profondi vincoli che legano tra
loro la Chiesa e la famiglia cristiana, e costituiscono quest'ultima
come «una Chiesa in miniatura» (Ecclesia domestica) (cfr. «Lumen
Gentium», 11; «Apostolicam Actuositatem», 11; Giovanni Paolo PP II,
Omelia per l'apertura del VI Sinodo dei Vescovi, 3 [26 Settembre
1980]: AAS 72 [1980] 1008), facendo sì che questa, a suo modo, sia
viva immagine e storica ripresentazione del mistero stesso della
Chiesa.
E' anzitutto la Chiesa Madre che
genera, educa, edifica la famiglia cristiana, mettendo in opera nei
suoi riguardi la missione di salvezza che ha ricevuto dal suo Signore.
Con l'annuncio della Parola di Dio, la Chiesa rivela alla famiglia
cristiana la sua vera identità, ciò che essa è e deve essere
secondo il disegno del Signore; con la celebrazione dei sacramenti, la
Chiesa arricchisce e corrobora la famiglia cristiana con la grazia di
Cristo in ordine alla sua santificazione per la gloria del Padre; con
la rinnovata proclamazione del comandamento nuovo della carità, la
Chiesa anima e guida la famiglia cristiana al servizio dell'amore,
affinché imiti e riviva lo stesso amore di donazione e di sacrificio,
che il Signore Gesù nutre per l'umanità intera.
A sua volta la famiglia cristiana
è inserita a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare
partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa: i
coniugi e i genitori cristiani, in virtù del sacramento, «hanno nel
loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al
Popolo di Dio» («Lumen Gentium», 11). Perciò non solo «ricevono»
l'amore di Cristo diventando comunità «salvata», ma sono anche
chiamati a «trasmettere» ai fratelli il medesimo amore di Cristo,
diventando così comunità «salvante». In tal modo, mentre è frutto
e segno della fecondità soprannaturale della Chiesa, la famiglia
cristiana è resa simbolo, testimonianza, partecipazione della
maternità della Chiesa (cfr. ibid. 41).
Un compito ecclesiale
proprio e originale
50. La famiglia cristiana è
chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della
Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della
Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in quanto
intima comunità di vita e di amore.
Se la famiglia cristiana è
comunità, i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i
sacramenti, la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve
avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi
in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono
vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo. Devono essere nella
fede «un cuore solo e un'anima sola» (cfr. At 4,32), mediante il
comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li
impegna nelle opere di servizio alla comunità ecclesiale e civile.
La famiglia cristiana, poi,
edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà
quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di
vita; è allora nell'amore coniugale e familiare - vissuto nella sua
straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalità, unicità,
fedeltà e fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9) - che
si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana
alla missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della
sua Chiesa: l'amore e la vita costituiscono pertanto il nucleo della
missione salvifica della famiglia cristiana nella Chiesa e per la
Chiesa.
Lo ricorda il Concilio Vaticano II
quando scrive: «La famiglia metterà con generosità in comune con le
altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. Perciò la famiglia
cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del
patto di amore del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti
la viva presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della
Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà
degli sposi che con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri»
(«Gaudium et Spes», 48)
Posto così il fondamento della
partecipazione della famiglia cristiana alla missione ecclesiale, è
ora da illustrare il suo contenuto nel triplice e unitario riferimento
a Gesù Cristo Profeta, Sacerdote e Re, presentando perciò la
famiglia cristiana come 1) comunità credente ed evangelizzante, 2)
comunità in dialogo con Dio, 3) comunità al servizio dell'uomo.
1) La famiglia cristiana
comunità credente ed evangelizzante
La fede scoperta e
ammirazione del disegno di Dio sulla famiglia
51. Partecipe della vita e della
missione della Chiesa, la quale sta in religioso ascolto della Parola
di Dio e la proclama con ferma fiducia (cfr. «Dei Verbum», 1), la
famiglia cristiana vive il suo compito profetico accogliendo e
annunciando la Parola di Dio: diventa così, ogni giorno di più,
comunità credente ed evangelizzante.
Anche agli sposi e ai genitori
cristiani è chiesta l'obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26): sono
chiamati ad accogliere la Parola del Signore, che ad essi rivela la
stupenda novità - la Buona Novella - della loro vita coniugale e
familiare, resa da Cristo santa e santificante. Infatti, soltanto
nella fede essi possono scoprire e ammirare in gioiosa gratitudine a
quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia,
costituendoli segno e luogo dell'alleanza d'amore tra Dio e gli
uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa.
Già la stessa preparazione al
matrimonio cristiano si qualifica come itinerario di fede: si pone,
infatti, come privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e
approfondiscano la fede ricevuta col Battesimo e nutrita con
l'educazione cristiana. In tal modo riconoscono e liberamente
accolgono la vocazione a vivere la sequela di Cristo e il servizio del
Regno di Dio nello stato matrimoniale.
Il momento fondamentale della fede
degli sposi è dato dalla celebrazione del sacramento del matrimonio,
che nella sua profonda natura è la proclamazione, nella Chiesa, della
Buona Novella sull'amore coniugale: esso è Parola di Dio che «rivela»
e «compie» il progetto sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi,
introdotti nella misteriosa e reale partecipazione all'amore stesso di
Dio per l'umanità. Se in se stessa la celebrazione sacramentale del
matrimonio è proclamazione della Parola di Dio, in quanti sono a
vario titolo protagonisti e celebranti deve essere una «professione
di fede» fatta entro e con la Chiesa, comunità di credenti.
Questa professione di fede
richiede di essere prolungata nel corso della vita vissuta degli sposi
e della famiglia: Dio, infatti, che ha chiamato gli sposi «al»
matrimonio, continua a chiamarli «nel» matrimonio (cfr. Paolo PP. VI
«Humanae Vitae», 25). Dentro e attraverso i fatti, i problemi, le
difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza di tutti i giorni, Dio
viene ad essi rivelando e proponendo le «esigenze» concrete della
loro partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa in rapporto alla
particolare situazione - familiare, sociale ed ecclesiale - nella
quale si trovano.
La scoperta e l'obbedienza al
disegno di Dio devono farsi «insieme» dalla comunità coniugale e
familiare, attraverso la stessa esperienza umana dell'amore vissuto
nello Spirito di Cristo tra gli sposi, tra i genitori e i figli.
Per questo, come la grande Chiesa,
così anche la piccola Chiesa domestica ha bisogno di essere
continuamente e intensamente evangelizzata: da qui il suo dovere di
educazione permanente nella fede.
Il ministero di
evangelizzazione della famiglia cristiana
52. Nella misura in cui la
famiglia cristiana accoglie il Vangelo e matura nella fede diventa
comunità evangelizzante. Riascoltiamo Paolo VI: «La famiglia, come
la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da
cui il Vangelo si irradia. Dunque nell'intimo di una famiglia
cosciente di questa missione tutti i componenti evangelizzano e sono
evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo,
ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E
una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e
dell'ambiente nel quale è inserita» («Evangelii Nuntiandi», 71).
Come ha ripetuto il Sinodo,
riprendendo il mio appello lanciato a Puebla, la futura
evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica (cfr.
Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi dell'America Latina,
IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204). Questa missione
apostolica della famiglia è radicata nel battesimo e riceve dalla
grazia sacramentale del matrimonio una nuova forza per trasmettere la
fede. per santificare e trasformare l'attuale società secondo il
disegno di Dio.
La famiglia cristiana, soprattutto
oggi, ha una speciale vocazione ad essere testimone dell'alleanza
pasquale di Cristo, mediante la costante irradiazione della gioia
dell'amore e della sicurezza della speranza, della quale deve rendere
ragione: «La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù
presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata» («Lumen
Gentium», 35).
L'assoluta necessità della
catechesi familiare emerge con singolare forza in determinate
situazioni, che la Chiesa purtroppo registra in diversi luoghi: «Laddove
una legislazione antireligiosa pretende persino di impedire
l'educazione alla fede, laddove una diffusa miscredenza o un invadente
secolarismo rendono praticamente impossibile una vera crescita
religiosa, questa che si potrebbe chiamare "Chiesa
domestica" resta l'unico ambiente, in cui fanciulli e giovani
possono ricevere una autentica catechesi» (Giovanni Paolo PP. II «Catechesi
Tradendae», 68).
Un servizio ecclesiale
53. Il ministero di
evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e insostituibile:
assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta come
dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di concretezza e di
testimonianza quotidiana (cfr. ibid. 36).
La famiglia deve formare i figli
alla vita, in modo che ciascuno adempia in pienezza il suo compito
secondo la vocazione ricevuta da Dio. Infatti, la famiglia che è
aperta ai valori trascendenti, che serve i fratelli nella gioia, che
adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della
sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di
Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla
vita di consacrazione al Regno di Dio.
Il ministero di evangelizzazione e
di catechesi dei genitori deve accompagnare la vita dei figli anche
negli anni della loro adolescenza e giovinezza, quando questi, come
spesso avviene, contestano o addirittura rifiutano la fede cristiana
ricevuta nei primi anni della loro vita. Come nella Chiesa l'opera di
evangelizzazione non va mai disgiunta dalla sofferenza dell'apostolo,
così nella famiglia cristiana i genitori devono affrontare con
coraggio e con grande serenità d'animo le difficoltà, che il loro
ministero di evangelizzazione alcune volte incontra negli stessi
figli.
Non si dovrà dimenticare che il
servizio svolto dai coniugi e dai genitori cristiani in favore del
Vangelo è essenzialmente un servizio ecclesiale, rientra cioè nel
contesto dell'intera Chiesa quale comunità evangelizzata ed
evangelizzante. In quanto radicato e derivato dall'unica missione
della Chiesa ed in quanto ordinato all'edificazione dell'unico Corpo
di Cristo (cfr. 1Cor 12,4ss; Ef 4,12s), il ministero di
evangelizzazione e di catechesi della Chiesa domestica deve restare in
intima comunione e deve responsabilmente armonizzarsi con tutti gli
altri servizi di evangelizzazione e di catechesi, presenti e operanti
nella comunità ecclesiale, sia diocesana sia parrocchiale.
Predicare il Vangelo ad ogni
creatura
54. L'universalità senza
frontiere è l'orizzonte proprio dell'evangelizzazione, interiormente
animata dallo slancio missionario: è infatti la risposta alla
esplicita ed inequivocabile consegna di Cristo: «Andate in tutto il
mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15).
Anche la fede e la missione
evangelizzatrice della famiglia cristiana posseggono questo respiro
missionario cattolico. Il sacramento del matrimonio, che riprende e
ripropone il compito, radicato nel battesimo e nella cresima, di
difendere e diffondere la fede (cfr. «Lumen Gentium», 11),
costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo «fino
agli estremi confini della terra» (At 1,8), veri e propri «missionari»
dell'amore e della vita.
Una certa forma di attività
missionaria può essere svolta già all'interno della famiglia. Ciò
avviene quando qualche componente di essa non ha la fede o non la
pratica con coerenza. In tale caso i congiunti devono offrirgli una
testimonianza vissuta della loro fede, che lo stimoli e lo sostenga
nel cammino verso la piena adesione a Cristo Salvatore (cfr. 1Pt
3,1s).
Animata dallo spirito missionario
già al proprio interno, la Chiesa domestica è chiamata ad essere un
segno luminoso della presenza di Cristo e del suo amore anche per i «lontani»,
per le famiglie che non credono ancora e per le stesse famiglie
cristiane che non vivono più in coerenza con la fede ricevuta: è
chiamata «col suo esempio e con la sua testimonianza» a illuminare
«quelli che cercano la verità» (cfr. «Lumen Gentium», 35; «Apostolicam
Actuositatem», 11).
Come già agli albori del
cristianesimo Aquila e Priscilla si presentavano come coppia
missionaria (cfr. At 18; Rm 16,3s), così oggi la Chiesa testimonia la
sua incessante novità e fioritura con la presenza di coniugi e di
famiglie cristiane che, almeno per un certo periodo di tempo, vanno
nelle terre di missione ad annunciare il Vangelo, servendo l'uomo con
l'amore di Gesù Cristo.
Le famiglie cristiane portano un
particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando
le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie (cfr. «Ad
Gentes», 39) e, più generalmente, con un'opera educativa che fa «disporre
i loro figli, fin dalla giovinezza, a riconoscere l'amore di Dio verso
tutti gli uomini» («Apostolicam Actuositatem», 30).
2) La famiglia cristiana
comunità in dialogo con Dio
Il santuario domestico della
Chiesa
55. L'annuncio del Vangelo e la
sua accoglienza nella fede raggiungono la loro pienezza nella
celebrazione sacramentale. La Chiesa, comunità credente ed
evangelizzante, e anche popolo sacerdotale, rivestito cioè della
dignità e partecipe della potestà di Cristo Sacerdote Sommo della
Nuova ed Eterna Alleanza. (cfr.
«Lumen Gentium», 10).
Anche la famiglia cristiana è
inserita nella Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il sacramento del
matrimonio, nel quale è radicata e da cui trae alimento, essa viene
continuamente vivificata dal Signore Gesù, e da Lui chiamata e
impegnata al dialogo con Dio mediante la vita sacramentale, l'offerta
della propria esistenza e la preghiera.
E' questo il compito sacerdotale
che la famiglia cristiana può e deve esercitare in intima comunione
con tutta la Chiesa, attraverso le realtà quotidiane della vita
coniugale e familiare: in tal modo la famiglia cristiana è chiamata a
santificarsi ed a santificare la comunità ecclesiale e il mondo.
Il matrimonio sacramento di
mutua santificazione e atto di culto
56. Fonte propria e mezzo
originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana
è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia
santificante del battesimo. In virtù del mistero della morte e
risurrezione di Cristo, entro cui il matrimonio cristiano nuovamente
inserisce, l'amore coniugale viene purificato e santificato: «il
Signore si è degnato di sanare ed elevare questo amore con uno
speciale dono di grazia e di carità» («Gaudium et Spes», 49).
Il dono di Gesù Cristo non si
esaurisce nella celebrazione del sacramento del matrimonio, ma
accompagna i coniugi lungo tutta la loro esistenza. Lo ricorda
esplicitamente il Concilio Vaticano II, quando dice che Gesù Cristo
«rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è
dato per lei, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro
fedelmente, per sempre, con mutua dedizione... Per questo motivo i
coniugi cristiani sono corroborati e sono consacrati da uno speciale
sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi,
compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e
familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale
tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a
raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua
santificazione, e perciò partecipano alla glorificazione di Dio («Gaudium
et Spes», 48).
La vocazione universale alla
santità è rivolta anche ai coniugi e ai genitori cristiani: viene
per essi specificata dal sacramento celebrato e tradotta concretamente
nelle realtà proprie della esistenza coniugale e familiare («Lumen
Gentium», 41). Nascono di qui la grazia e l'esigenza di una autentica
e profonda spiritualità coniugale e familiare, che si ispiri ai
motivi della creazione, dell'alleanza, della Croce, della risurrezione
e del segno, sui quali più volte si è soffermato il Sinodo.
Il matrimonio cristiano, come
tutti i sacramenti che «sono ordinati alla santificazione degli
uomini, alla edificazione del Corpo di Cristo, e, infine a rendere
culto a Dio» («Sacrosantum Concilium», 59), è in se stesso un atto
liturgico di glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa:
celebrandolo, i coniugi cristiani professano la loro gratitudine a Dio
per il sublime dono ad essi elargito di poter rivivere nella loro
esistenza coniugale e familiare l'amore stesso di Dio per gli uomini e
del Signore Gesù per la Chiesa sua sposa.
E come dal sacramento derivano ai
coniugi il dono dell'obbligo di vivere quotidianamente la
santificazione ricevuta, così dallo stesso sacramento discendono la
grazia e l'impegno morale di trasformare tutta la loro vita in un
continuo «sacrificio spirituale» (cfr. 1Pt 2,5; «Lumen Gentium»,
34). Anche agli sposi e ai genitori cristiani, in particolare per
quelle realtà terrene e temporali che li caratterizzano, si applicano
le parole del Concilio: «Così anche i laici, in quanto adoratori
dappertutto santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso» («Lumen
Gentium», 34).
Matrimonio ed Eucaristia
57. II compito di santificazione
della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel battesimo e la sua
massima espressione nell'Eucaristia, alla quale è intimamente legato
il matrimonio cristiano. Il Concilio Vaticano II ha voluto richiamare
la speciale relazione che esiste tra l'Eucaristia e il matrimonio,
chiedendo che questo «in via ordinaria si celebri nella Messa» («Sacrosantum
Concilum», 78): riscoprire e approfondire tale relazione è del tutto
necessario, se si vogliono comprendere e vivere con maggior intensità
le grazie e le responsabilità del matrimonio e della famiglia
cristiana.
L'Eucaristia è la fonte stessa
del matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti,
ripresenta l'alleanza di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto
sigillata con il sangue della sua Croce (cfr. Gv 19,34). E' in questo
sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i coniugi cristiani
trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e
continuamente vivificata la loro alleanza coniugale. In quanto
ripresentazione del sacrificio d'amore di Cristo per la Chiesa,
l'Eucaristia è sorgente di carità. E nel dono eucaristico della
carità la famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima della sua
«comunione» e della sua «missione»: il Pane eucaristico fa dei
diversi membri della comunità familiare un unico corpo, rivelazione e
partecipazione della più ampia unità della Chiesa; la partecipazione
poi al Corpo «dato» e al Sangue «versato» di Cristo diventa
inesauribile sorgente del dinamismo missionario ed apostolico della
famiglia cristiana.
Il Sacramento della
conversione e della riconciliazione
58. Parte essenziale e permanente
del compito di santificazione della famiglia cristiana è
l'accoglienza dell'appello evangelico alla conversione rivolto a tutti
i cristiani, che non sempre rimangono fedeli alla «novità» di quel
battesimo, che li ha costituiti «santi». Anche la famiglia cristiana
non è sempre coerente con la legge della grazia e della santità
battesimale, proclamata nuovamente dal sacramento del matrimonio.
Il pentimento e il perdono
vicendevole in seno alla famiglia cristiana, che tanta parte hanno
nella vita quotidiana, trovano il momento sacramentale specifico nella
penitenza cristiana. A riguardo dei coniugi così scriveva Paolo VI
nell'enciclica «Humanae vitae»: «Se il peccato facesse ancora presa
su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza
alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza nel
sacramento della penitenza» (num. 25).
La celebrazione di questo
sacramento acquista un significato particolare per la vita familiare:
mentre nella fede scoprono come il peccato contraddice non solo
all'alleanza con Dio ma anche all'alleanza dei coniugi e alla
comunione della famiglia, gli sposi e tutti i membri della famiglia
sono condotti all'incontro con Dio «ricco di misericordia» (Ef 2,4),
il quale, elargendo il suo amore che è più potente del peccato (cfr.
Giovanni Paolo PP: II «Dives in Misericordia», 13), ricostruisce e
perfeziona l'alleanza coniugale e la comunione familiare.
La preghiera familiare
59. La Chiesa prega per la
famiglia cristiana e la educa a vivere in generosa coerenza con il
dono e il compito sacerdotale, ricevuti da Cristo Sommo Sacerdote. In
realtà, il sacerdozio battesimale dei fedeli, vissuto nel
matrimonio-sacramento, costituisce per i coniugi e per la famiglia il
fondamento di una vocazione e di una missione sacerdotale, per la
quale le loro esistenze quotidiane si trasformano in «sacrifici
spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (cfr. 1Pt 2,5):
è quanto avviene, non solo con la celebrazione dell'Eucaristia e
degli altri sacramenti e con l'offerta di se stessi alla gloria di
Dio, ma anche con la vita di preghiera, con il dialogo orante col
Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo.
La preghiera familiare ha sue
caratteristiche. E' una preghiera fatta in comune, marito e moglie
insieme, genitori e figli insieme. La comunione nella preghiera è, ad
un tempo, frutto ed esigenza di quella comunione che viene donata dai
sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai membri della famiglia
cristiana si possono applicare in modo particolare le parole con le
quali il Signore Gesù promette la sua presenza: «In verità vi dico
ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché
dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»
(Mt 18,19s).
Tale preghiera ha come contenuto
originale la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse
circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come
risposta filiale al suo appello: gioie e dolori, speranze e tristezze,
nascite e compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze,
lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di
persone care, ecc. segnano l'intervento dell'amore di Dio nella storia
della famiglia, così come devono segnare il momento favorevole per il
rendimento di grazie, per l'implorazione, per l'abbandono fiducioso
della famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La dignità, poi, e
la responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa domestica
possono essere vissute solo con l'aiuto incessante di Dio, che
immancabilmente sarà concesso, se sarà implorato con umiltà e
fiducia nella preghiera.
Educatori di preghiera
60. In forza della loro dignità e
missione, i genitori cristiani hanno il compito specifico di educare i
figli alla preghiera, di introdurli nella progressiva scoperta del
mistero di Dio e nel colloquio con lui: «Soprattutto nella famiglia
cristiana, arricchita della grazia e della missione del
matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono
imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il
prossimo secondo la fede che hanno ricevuto nel battesimo» («Gravissimum
Educationis», 5; cfr. Giovanni Paolo PP. II «Catechesi Tradendae»,
36).
Elemento fondamentale e
insostituibile dell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto,
la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli,
il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio
regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce
che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare.
Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha rivolto ai genitori: «Mamme,
le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li
preparate, in consonanza con i sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti
della prima età: confessione, comunione, cresima? Li abituate, se
ammalati, a pensare a Cristo sofferente? A invocare l'aiuto della
Madonna e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, papà,
sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la comunità
domestica, almeno qualche volta? L'esempio vostro, nella rettitudine
del pensiero e dell'azione, suffragato da qualche preghiera comune,
vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito;
portate così la pace nelle pareti domestiche: "Pax huic
domui!" Ricordate: così costruite la Chiesa!» (Discorso
all'Udienza generale [11 agosto 1976]: «Insegnamenti di Paolo VI»,
XIV [1976] 640).
Preghiera liturgica e
privata
61. Tra la preghiera della Chiesa
e quella dei singoli fedeli vi è un profondo e vitale rapporto, come
ha chiaramente riaffermato il Concilio Vaticano II (cfr. «Sacrosantum
Concilium», 12). Ora una finalità importante della preghiera della
Chiesa domestica è di costituire, per i figli, la naturale
introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera Chiesa, nel
senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della
vita personale, familiare e sociale. Di qui la necessità di una
progressiva partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana
all'Eucaristia, soprattutto domenicale e festiva, e agli altri
sacramenti, in particolare quelli dell'iniziazione cristiana dei
figli. Le direttive conciliari hanno aperto una nuova possibilità
alla famiglia cristiana, che è stata annoverata tra i gruppi ai quali
si raccomanda la celebrazione comunitaria dell'Ufficio divino (cfr. «Institutio
Generalis de Liturgia Horarum» 27). Così pure sarà cura della
famiglia cristiana celebrare, anche nella casa e in forma adatta ai
suoi membri, i tempi e le festività dell'anno liturgico.
Per preparare e prolungare nella
casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre
alla preghiera privata, che presenta una grande varietà, di forme:
questa varietà mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo
cui lo Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle
diverse esigenze e situazioni di vita di chi si rivolge al Signore.
Oltre alla preghiera del mattino e della sera, sono espressamente da
consigliare, seguendo anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la
lettura e la meditazione della Parola di Dio, la preparazione ai
sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di Gesù, le varie
forme di culto alla Vergine Santissima, la benedizione della mensa,
l'osservanza della pietà popolare.
Nel rispetto della libertà dei
figli di Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli
alcune pratiche di pietà con una particolare sollecitudine ed
insistenza. Tra queste è da ricordare la recita del Rosario: «Vogliamo
ora, in continuità con i nostri predecessori, raccomandare vivamente
la recita del santo Rosario in famiglia... Non v'è dubbio che la
Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più
eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana
è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente
auspichiamo che, quando l'incontro familiare diventa tempo di
preghiera. il Rosario ne sia espressione frequente e gradita» (Paolo
PP. VI «Marialis Cultus», 52-54). Così l'autentica devozione
mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela
degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima, costituisce
uno strumento privilegiato per alimentare la comunione d'amore della
famiglia e per sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei,
la Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera speciale
anche la Madre delle famiglie cristiane delle Chiese domestiche.
Preghiera e vita
62. Non si dovrà mai dimenticare
che la preghiera è parte costitutiva essenziale della vita cristiana,
colta nella sua integralità e centralità, anzi appartiene alla
nostra stessa «umanità»: è «la prima espressione della verità
interiore dell'uomo, la prima condizione dell'autentica libertà dello
spirito» (Giovanni Paolo PP. II, Discorso al Santuario della
Mentorella [29 Ottobre 1978]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I
[1978] 78 s.).
Per questo la preghiera non
rappresenta affatto un'evasione dall'impegno quotidiano, ma
costituisce la spinta più forte perché la famiglia cristiana assuma
ed assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e
fondamentale della società umana. In tal senso, l'effettiva
partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è
proporzionale alla fedeltà e all'intensità della preghiera con la
quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo
Signore (cfr. «Apostolicam Actuositatem», 4).
Dall'unione vitale con Cristo,
alimentata dalla liturgia, dall'offerta di sé e dalla preghiera,
deriva pure la fecondità della famiglia cristiana nel suo specifico
servizio di promozione umana, che di per se non può non portare alla
trasformazione del mondo (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai
Vescovi della XII Regione Pastorale degli Stati Uniti d'America [21
Settembre 1978]: ASS 70 [1978] 767).
3) La famiglia cristiana
comunità al servizio dell'uomo
Il comandamento nuovo
dell'amore
63. La Chiesa, popolo
profetico-sacerdotale-regale, ha la missione di portare tutti gli
uomini ad accogliere nella fede la Parola di Dio, e celebrarla e
professarla nei sacramenti e nella preghiera, ed infine a manifestarla
nella concretezza della vita secondo il dono e il comandamento nuovo
dell'amore.
La vita cristiana trova la sua
legge non in un codice scritto, ma nell'azione personale dello Spirito
Santo che anima e guida il cristiano, cioè nella «legge dello
Spirito che dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2): «L'amore di Dio è
stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci
è stato dato» (Ibid. 5,5).
Ciò ha valore anche per la coppia
e per la famiglia cristiana: loro guida e norma è lo Spirito di Gesù,
diffuso nei cuori con la celebrazione del sacramento del matrimonio.
In continuità col battesimo nell'acqua e nello Spirito il matrimonio
ripropone la legge evangelica dell'amore e col dono dello Spirito la
incide più a fondo nel cuore dei coniugi cristiani: il loro amore,
purificato e salvato, è frutto dello Spirito, che agisce nel cuore
dei credenti, e si pone, nello stesso tempo, come il comandamento
fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà
responsabile.
La famiglia cristiana viene così
animata e guidata con la legge nuova dello Spirito ed in intima
comunione con la Chiesa, popolo regale, è chiamata a vivere il suo «servizio»
d'amore a Dio e ai fratelli. Come Cristo esercita la sua potestà
regale ponendosi al servizio degli uomini (Mc 10,45), così il
cristiano trova il senso autentico della sua partecipazione alla
regalità del suo Signore nel condividerne lo spirito e il
comportamento di servizio nei confronti dell'uomo: «Questa potestà
Egli (Cristo) l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano
costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita
santa vincano in se stessi il regno del peccato (cfr. Rm 6,12), anzi,
servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano
i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare. Il Signore infatti
desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici, il
regno cioè "della verità e della vita, il regno della santità
e della grazia, il regno della giustizia, dell'amore e della
pace"; e in questo regno anche le stesse creature saranno
liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla
gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21)» («Lumen Gentium»,
36).
Scoprire in ogni fratello
l'immagine di Dio
64. Animata e sostenuta dal
comandamento nuovo dell'amore, la famiglia cristiana vive
l'accoglienza, il rispetto, il servizio verso ogni uomo, considerato
sempre nella sua dignità di persona e di figlio di Dio.
Ciò deve avvenire, anzitutto,
all'interno e a favore della coppia e della famiglia, mediante il
quotidiano impegno a promuovere un'autentica comunità di persone,
fondata e alimentata dall'interiore comunione di amore. Ciò deve poi
svilupparsi entro la più vasta cerchia della comunità ecclesiale,
entro cui la famiglia cristiana è inserita: grazie alla carità della
famiglia, la Chiesa può e deve assumere una dimensione più
domestica, cioè più familiare, adottando uno stile più umano e
fraterno di rapporti.
La carità va oltre i propri
fratelli di fede, perché «ogni uomo è mio fratello»; in ciascuno,
soprattutto se povero, debole, sofferente e ingiustamente trattato, la
carità sa scoprire il volto di Cristo e un fratello da amare e da
servire.
Perché il servizio dell'uomo sia
vissuto dalla famiglia secondo lo stile evangelico, occorrerà attuare
con premura quanto scrive il Concilio Vaticano II: «Affinché tale
esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni sospetto e
manifestarsi tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo
cui è stato creato, e Cristo Signore al quale veramente è donato
quanto si dà al bisognoso» («Apostolicam Actuositatem», 8)
La famiglia cristiana, mentre
nella carità edifica la Chiesa, si pone al servizio dell'uomo e del
mondo, attuando veramente quella «promozione umana», il cui
contenuto è stato sintetizzato nel Messaggio del Sinodo alle
famiglie: «Un altro compito della famiglia è quello di formare gli
uomini all'amore e di praticare l'amore in ogni rapporto con gli
altri, cosicché essa non si chiuda in se stessa, bensì rimanga
aperta alla comunità, essendo mossa dal senso della giustizia e dalla
sollecitudine verso gli altri, nonché dal dovere della propria
responsabilità verso la società intera» (Messaggio del VI Sinodo
dei Vescovi alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo, 12 [24
Ottobre 1980]).
PARTE
QUARTA
LA
PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI
I. I tempi della pastorale
familiare
La Chiesa accompagna la
famiglia cristiana nel suo cammino
65. Come ogni realtà vivente,
anche la famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo la
preparazione del fidanzamento e la celebrazione sacramentale del
matrimonio, la coppia inizia il cammino quotidiano verso la
progressiva attuazione dei valori e dei doveri del matrimonio stesso.
Alla luce della fede e in virtù
della speranza, anche la famiglia cristiana partecipa, in comunione
con la Chiesa, all'esperienza del pellegrinaggio terreno verso la
piena rivelazione e realizzazione del Regno di Dio.
Perciò è da sottolineare una
volta di più l'urgenza dell'intervento pastorale della Chiesa a
sostegno della famiglia. Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale
della famiglia si affermi e si sviluppi, dedicandosi a un settore
veramente prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in
futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica (cfr. Giovanni
Paolo PP. II, Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi
dell'America Latina, IV, a [28 Gennaio 1979]: AAS 71 [1979] 204).
La sollecitudine pastorale della
Chiesa non si limiterà soltanto alle famiglie cristiane più vicine,
ma, allargando i propri orizzonti sulla misura del Cuore di Cristo, si
mostrerà ancor più viva per l'insieme delle famiglie in genere, e
per quelle, in particolare, che si trovano in situazioni difficili o
irregolari. Per tutte la Chiesa avrà una parola di verità, di bontà,
di comprensione, di speranza, di viva partecipazione alle loro
difficoltà a volte drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto
disinteressato affinché possano avvicinarsi al modello di famiglia,
che il Creatore ha voluto fin dal «principio» e che Cristo ha
rinnovato con la sua grazia redentrice.
L'azione pastorale della Chiesa
deve essere progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia,
accompagnandola passo a passo nelle diverse tappe della sua formazione
e del suo sviluppo.
La preparazione
66. Più che mai necessaria ai
nostri giorni è la preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita
familiare. In alcuni Paesi sono ancora le famiglie stesse che, secondo
antiche usanze, si riservano di trasmettere ai giovani i valori
riguardanti la vita matrimoniale e familiare, mediante una progressiva
opera di educazione o iniziazione. Ma i mutamenti sopravvenuti in seno
a quasi tutte le società moderne esigono che non solo la famiglia, ma
anche la società e la Chiesa siano impegnate nello sforzo di
preparare adeguatamente i giovani alle responsabilità del loro
domani. Molti fenomeni negativi che oggi si lamentano nella vita
familiare derivano dal fatto che, nelle nuove situazioni, i giovani
non solo perdono di vista la giusta gerarchia dei valori, ma, non
possedendo più criteri sicuri di comportamento, non sanno come
affrontare e risolvere le nuove difficoltà. L'esperienza però
insegna che i giovani ben preparati alla vita familiare in genere
riescono meglio degli altri.
Ciò vale ancor più per il
matrimonio cristiano, il cui influsso si estende sulla santità di
tanti uomini e donne. Per questo la Chiesa deve promuovere migliori e
più intensi programmi di preparazione al matrimonio, per eliminare,
il più possibile, le difficoltà in cui si dibattono tante coppie a
ancor più per favorire positivamente il sorgere e il maturare dei
matrimoni riusciti.
La preparazione al matrimonio va
vista e attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti,
comporta tre principali momenti: una preparazione remota, una prossima
e una immediata.
La preparazione remota ha inizio
fin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare, orientata a
condurre i fanciulli a scoprire se stessi come esseri dotati di una
ricca e complessa psicologia e di una personalità particolare con le
proprie forze e debolezze. E' il periodo in cui va istillata la stima
per ogni autentico valore umano, sia nei rapporti interpersonali, sia
in quelli sociali, con quel che ciò significa per la formazione del
carattere, per il dominio ed il retto uso delle proprie inclinazioni,
per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro sesso, e
così via. E' richiesta, inoltre, specialmente per i cristiani, una
solida formazione spirituale e catechetica, che sappia mostrare nel
matrimonio una vera vocazione e missione, senza escludere la
possibilità del dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita
sacerdotale o religiosa.
Su questa base in seguito si
imposterà, a largo respiro, la preparazione prossima, la quale -
dall'età opportuna e con un'adeguata catechesi, come in un cammino
catecumenale - comporta una più specifica preparazione ai sacramenti,
quasi una loro riscoperta. Questa rinnovata catechesi di quanti si
preparano al matrimonio cristiano è del tutto necessaria, affinché
il sacramento sia celebrato e vissuto con le dovute disposizioni
morali e spirituali. La formazione religiosa dei giovani dovrà essere
integrata, al momento conveniente e secondo le varie esigenze
concrete, da una preparazione alla vita a due che, presentando il
matrimonio come un rapporto interpersonale dell'uomo e della donna da
svilupparsi continuamente, stimoli ad approfondire i problemi della
sessualità coniugale e della paternità responsabile, con le
conoscenze medico-biologiche essenziali che vi sono connesse, ed avvii
alla familiarità con retti metodi di educazione dei figli, favorendo
l'acquisizione degli elementi di base per un'ordinata conduzione della
famiglia (lavoro stabile, sufficiente disponibilità finanziaria,
saggia amministrazione, nozioni di economia domestica, ecc.).
lnfine non si dovrà tralasciare
la preparazione all'apostolato familiare, alla fraternità e
collaborazione con le altre famiglie, all'inserimento attivo in
gruppi, associazioni, movimenti e iniziative che hanno per finalità
il bene umano e cristiano della famiglia.
La preparazione immediata a
celebrare il sacramento del matrimonio deve aver luogo negli ultimi
mesi e settimane che precedono le nozze quasi a dare un nuovo
significato, nuovo contenuto e forma nuova al cosiddetto esame
prematrimoniale richiesto dal diritto canonico. Sempre necessaria in
ogni caso, tale preparazione si impone con maggiore urgenza per quei
fidanzati che ancora presentassero carenze e difficoltà nella
dottrina e nella pratica cristiana.
Tra gli elementi da comunicare in
questo cammino di fede, analogo al catecumenato, ci deve essere anche
una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei
significati di grazia e di responsabilità del matrimonio cristiano,
nonché la preparazione a prendere parte attiva e consapevole ai riti
della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della
preparazione al matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi linee
indicative - devono sentirsi impegnate la famiglia cristiana e tutta
la comunità ecclesiale. E' auspicabile che le conferenze episcopali,
come sono interessate ad opportune iniziative per aiutare i futuri
sposi ad essere più consapevoli della serietà della loro scelta e i
pastori d'anime ad accertarsi delle loro convenienti disposizioni, così
curino che sia emanato un Direttorio per la pastorale della famiglia.
In esso si dovranno stabilire, anzitutto, gli elementi minimi di
contenuto, di durata e di metodo dei «Corsi di preparazione»,
equilibrando fra loro i diversi aspetti - dottrinali, pedagogici,
legali e medici - che interessano il matrimonio, e strutturandoli in
modo che quanti si preparano al matrimonio, al di là di un
approfondimento intellettuale, si sentano spinti ad inserirsi
vitalmente nella comunità ecclesiale.
Benché il carattere di necessità
e di obbligatorietà della preparazione immediata al matrimonio non
sia da sottovalutare - ciò che succederebbe qualora se ne concedesse
facilmente la dispensa - tuttavia, tale preparazione, deve essere
sempre proposta e attuata in modo che la sua eventuale omissione non
sia di impedimento per la celebrazione delle nozze.
La celebrazione
67. Il matrimonio cristiano
richiede di norma una celebrazione liturgica, che esprima in forma
sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e
sacramentale del patto coniugale fra i battezzati.
In quanto gesto sacramentale di
santificazione, la celebrazione del matrimonio - inserita nella
liturgia, culmine di tutta l'azione della Chiesa e fonte della sua
forza santificatrice (cfr. «Sacrosantum Concilium» 10) - deve essere
per sé valida, degna e fruttuosa. Si apre qui un vasto campo alla
sollecitudine pastorale, affinché siano pienamente assolte le
esigenze derivanti dalla natura del patto coniugale elevato a
sacramento, e sia altresì fedelmente osservata la disciplina della
Chiesa per quanto riguarda il libero consenso, gli impedimenti, la
forma canonica e il rito stesso della celebrazione. Quest'ultimo
dev'essere semplice e dignitoso, secondo le norme delle competenti
autorità della Chiesa, alle quali spetta pure - secondo le concrete
circostanze di tempo e di luogo e in conformità con le norme
impartite dalla Sede Apostolica (cfr. «Ordo celebrandi Matrimonium»,
17) - di assumere eventualmente nella celebrazione liturgica quegli
elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgono ad esprimere
il profondo significato umano e religioso del patto coniugale purché
nulla contengano di meno confacente con la fede e la morale cristiana.
In quanto segno, la celebrazione
liturgica deve svolgersi in modo da costituire, anche nella sua realtà
esteriore, una proclamazione della Parola di Dio e una professione di
fede della comunità dei credenti. L'impegno pastorale si esprimerà
qui con la cura intelligente e diligente della «liturgia della Parola»
e con l'educazione alla fede dei partecipanti alla celebrazione e, in
primo luogo, dei nubendi.
In quanto gesto sacramentale della
Chiesa, la celebrazione liturgica del matrimonio deve coinvolgere la
comunità cristiana, con la partecipazione piena, attiva e
responsabile di tutti i presenti, secondo il posto e il compito di
ciascuno: gli sposi, il sacerdote, i testimoni, i parenti, gli amici,
gli altri fedeli, tutti membri di un'assemblea che manifesta e vive il
mistero di Cristo e della sua Chiesa.
Per la celebrazione del matrimonio
cristiano nell'ambito delle culture o tradizioni ancestrali, si
seguano i principi qui sopra enunziati.
Celebrazione del matrimonio
ed evangelizzazione dei battezzati non credenti
68. Proprio perché nella
celebrazione del sacramento una attenzione tutta speciale va riservata
alle disposizioni morali e spirituali dei nubendi, in particolare alla
loro fede, va qui affrontata una difficoltà non infrequente, nella
quale possono trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto della
nostra società secolarizzata.
La fede, infatti, di chi domanda
alla Chiesa di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere
primario dei pastori di farla riscoprire, di nutrirla e di renderla
matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni che consigliano
alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è
imperfettamente disposto.
Il sacramento del matrimonio ha
questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di
una realtà che già esiste nell'economia della creazione, di essere
lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore «al principio». La
decisione dunque dell'uomo e della donna di sposarsi secondo questo
progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile
consenso coniugale tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in
una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche se non in modo
pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla
volontà di Dio, che non può darsi senza la sua grazia. Essi sono già,
pertanto, inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza, che la
celebrazione del sacramento e l'immediata preparazione alla medesima
possono completare e portare a termine, data la rettitudine della loro
intenzione.
E' vero, d'altra parte, che in
alcuni territori motivi di carattere più sociale che non
autenticamente religioso spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi
in chiesa. La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio, infatti, non
è un avvenimento che riguarda solo chi si sposa. Esso è per sua
stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli sposi davanti
alla società. E da sempre la sua celebrazione è stata una festa, che
unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque, che motivi sociali
entrino, assieme a quelli personali, nella richiesta di sposarsi in
chiesa.
Tuttavia, non si deve dimenticare
che questi fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente già
inseriti nell'Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la
loro retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio
e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa
intende fare quando celebra il matrimonio. E, dunque, il solo fatto
che in questa richiesta entrino anche motivi di carattere sociale non
giustifica un eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del resto, come
ha insegnato il Concilio Vaticano II, i sacramenti con le parole e gli
elementi rituali nutrono ed irrobustiscono la fede (cfr. «Sacrosantum
Concilium», 59): quella fede verso cui i fidanzati già sono
incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la
grazia di Cristo non manca certo di favorire e di sostenere.
Voler stabilire ulteriori criteri
di ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che
dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre
tutto gravi rischi. Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi
infondati e discriminatori; il rischio, poi, di sollevare dubbi sulla
validità di matrimoni già celebrati, con grave danno per le comunità
cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini per la coscienza
degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di mettere in
dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati
dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la
tradizione ecclesiale.
Quando, al contrario, nonostante
ogni tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo
esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si
celebra il matrimonio dei battezzati, il pastore d'anime non può
ammetterli alla celebrazione. Anche se a malincuore, egli ha il dovere
di prendere atto della situazione e di far comprendere agli
interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono essi
stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano.
Ancora una volta appare in tutta
la sua urgenza la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e
post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana,
perché ogni uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il
sacramento del matrimonio non solo validamente ma anche
fruttuosamente.
Pastorale post-matrimoniale
69. La cura pastorale della
famiglia regolarmente costituita significa, in concreto, l'impegno di
tutte le componenti della comunità ecclesiale locale nell'aiutare la
coppia a scoprire e a vivere la sua nuova vocazione e missione. Perché
la famiglia divenga sempre più una vera comunità di amore, è
necessario che tutti i suoi membri siano aiutati e formati alle loro
responsabilità di fronte ai nuovi problemi che si presentano, al
servizio reciproco, alla compartecipazione attiva alla vita di
famiglia.
Ciò vale soprattutto per le
giovani famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori
e di nuove responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi
anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà, come quelle create
dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di figli. I
giovani coniugi sappiano accogliere cordialmente e valorizzare
intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e generoso di altre
coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del matrimonio e
della famiglia. Così in seno alla comunità ecclesiale - grande
famiglia formata da famiglie cristiane - si attuerà un mutuo scambio
di presenza e di aiuto fra tutte le famiglie, ciascuna mettendo a
servizio delle altre la propria esperienza umana, come pure i doni di
fede e di grazia. Animato da vero spirito apostolico, questo aiuto da
famiglia a famiglia costituirà uno dei modi più semplici, più
efficaci e alla portata di tutti per trasfondere capillarmente quei
valori cristiani, che sono il punto di partenza e di arrivo di ogni
cura pastorale. In tal modo le giovani famiglie non si limiteranno
solo a ricevere, ma a loro volta, così aiutate, diverranno fonte di
arricchimento per le altre famiglie, già da tempo costituite, con la
loro testimonianza di vita e il loro contributo fattivo.
Nell'azione pastorale verso le
giovani famiglie, poi, la Chiesa dovrà riservare una specifica
attenzione per educarle a vivere responsabilmente l'amore coniugale in
rapporto alle sue esigenze di comunione e di servizio alla vita, come
pure a conciliare l'intimità della vita di casa con la comune e
generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana. Quando,
con l'avvento dei figli, la coppia diventa in senso pieno e specifico
una famiglia, la Chiesa sarà ancora vicina ai genitori perché
accolgano i loro figli e li amino come dono ricevuto dal Signore della
vita, assumendo con gioia la fatica di servirli nella loro crescita
umana e cristiana.
II. Strutture della pastorale
familiare
L'azione pastorale è sempre
espressione dinamica della realtà della Chiesa, impegnata nella sua
missione di salvezza. Anche la pastorale familiare - forma particolare
e specifica della pastorale - ha come suo principio operativo e come
protagonista responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue
strutture e i suoi operatori.
La comunità ecclesiale e in
particolare la parrocchia
70. Comunità al tempo stesso
salvata e salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella sua
duplice dimensione universale e particolare: questa si esprime e si
attua nella comunità diocesana, pastoralmente divisa in comunità
minori fra cui si distingue, per la sua peculiare importanza, la
parrocchia.
La comunione con la Chiesa
universale non mortifica, ma garantisce e promuove la consistenza e
l'originalità delle diverse Chiese particolari; queste ultime restano
il soggetto operativo più immediato e più efficace per l'attuazione
della pastorale familiare. In tal senso ogni Chiesa locale e, in
termini più particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più
viva coscienza della grazia e della responsabilità che riceve dal
Signore in ordine a promuovere la pastorale della famiglia. Ogni piano
di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere dal
prendere in considerazione la pastorale della famiglia.
Alla luce di tale responsabilità
va compresa anche l'importanza di un'adeguata preparazione da parte di
quanti verranno più specificamente impegnati in questo genere di
apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le religiose, fin dal tempo
della loro formazione, vengano orientati e formati in maniera
progressiva e adeguata ai rispettivi compiti. Fra le altre iniziative
mi compiaccio di sottolineare la recente creazione in Roma, presso la
Pontificia Università Lateranense, di un Istituto Superiore
consacrato allo studio dei problemi della famiglia. Anche in alcune
diocesi sono stati fondati Istituti di questo genere; i Vescovi
s'impegnino affinché il più gran numero possibile di sacerdoti,
prima di assumere responsabilità parrocchiali, vi frequentino corsi
specializzati. Altrove corsi di formazione vengono periodicamente
tenuti presso Istituti Superiori di studi teologici e pastorali. Tali
iniziative vanno incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed aperte,
ovviamente, anche ai laici che presteranno la loro opera professionale
(medica, legale, psicologica, sociale, educativa) in aiuto della
famiglia.
La famiglia
71. Ma soprattutto dev'essere
riconosciuto il posto singolare che, in questo campo, spetta alla
missione dei coniugi e delle famiglie cristiane, in forza della grazia
ricevuta nel sacramento. Tale missione dev'essere posta a servizio
dell'edificazione della Chiesa, della costruzione del Regno di Dio
nella storia. Ciò è richiesto come atto di docile obbedienza a
Cristo Signore. Egli, infatti, in forza del matrimonio dei battezzati
elevato a sacramento, conferisce agli sposi cristiani una peculiare
missione di apostoli, inviandoli come operai nella sua vigna, e, in
modo tutto speciale, in questo campo della famiglia.
In questa attività essi operano
in comunione e collaborazione con gli altri membri della Chiesa, che
pure s'impegnano a favore della famiglia, mettendo a frutto i loro
doni e ministeri. Tale apostolato si svolgerà anzitutto in seno alla
propria famiglia, con la testimonianza della vita vissuta in conformità
della legge divina in tutti i suoi aspetti, con la formazione
cristiana dei figli, con l'aiuto dato alla loro maturazione nella
fede, con l'educazione alla castità, con la preparazione alla vita,
con la vigilanza per preservarli dai pericoli ideologici e morali da
cui spesso sono minacciati, col loro graduale e responsabile
inserimento nella comunità ecclesiale e in quella civile, con
l'assistenza e il consiglio nella scelta della vocazione, col mutuo
aiuto tra i membri della famiglia per la comune crescita umana e
cristiana, e così via. L'apostolato della famiglia, poi, si irradierà
con opere di carità spirituale e materiale verso le altre famiglie,
specialmente quelle più bisognose di aiuto e di sostegno, verso i
poveri, i malati, gli anziani, gli handicappati, gli orfani, le
vedove, i coniugi abbandonati, le madri nubili e quelle che, in
situazioni difficili, sono tentate di disfarsi del frutto del loro
seno, ecc.
Le associazioni di famiglie
per le famiglie
72. Sempre nell'ambito della
Chiesa, soggetto responsabile della pastorale familiare, sono da
ricordare i diversi raggruppamenti di fedeli, nei quali si manifesta e
si vive in qualche misura il mistero della Chiesa di Cristo. Sono
perciò da riconoscere e valorizzare - ciascuna in rapporto alle
caratteristiche, finalità, incidenze e metodi propri - le diverse
comunità ecclesiali, i vari gruppi e i numerosi movimenti impegnati
in vario modo, a diverso titolo e a diverso livello, nella pastorale
familiare.
Per tale motivo il Sinodo ha
espressamente riconosciuto l'utile apporto di tali associazioni di
spiritualità, di formazione e di apostolato. Sarà loro compito
suscitare nei fedeli un vivo senso di solidarietà, favorire una
condotta di vita ispirata al Vangelo e alla fede della Chiesa, formare
le coscienze secondo i valori cristiani e non sui parametri della
pubblica opinione, stimolare alle opere di carità vicendevole e verso
gli altri con uno spirito di apertura, che faccia delle famiglie
cristiane una vera sorgente di luce e un sano fermento per le altre.
Similmente e desiderabile, che,
con vivo senso del bene comune, le famiglie cristiane si impegnino
attivamente a ogni livello anche in altre associazioni non ecclesiali.
Alcune di tali associazioni si propongono la preservazione,
trasmissione e tutela dei sani valori etici e culturali dei rispettivi
popoli, lo sviluppo della persona umana, la protezione medica,
giuridica e sociale della maternità e dell'infanzia, la giusta
promozione della donna e la lotta a quanto mortifica la sua dignità,
l'incremento della mutua solidarietà, la conoscenza dei problemi
connessi con la responsabile regolazione della fecondità secondo i
metodi naturali conformi alla dignità umana e alla dottrina della
Chiesa. Altre mirano alla costruzione di un mondo più giusto e più
umano, alla promozione di leggi giuste che favoriscano il retto ordine
sociale nel pieno rispetto della dignità e di ogni legittima libertà
dell'individuo e della famiglia, a livello sia nazionale sia
internazionale, alla collaborazione con la scuola e con le altre
istituzioni, che completano l'educazione dei figli, e così via
III. Operatori della pastorale
familiare
Oltre che la famiglia - oggetto,
ma anzitutto soggetto essa stessa della pastorale familiare - vanno
ricordati anche gli altri principali operatori in questo particolare
settore.
I vescovi ed i presbiteri
73. Il primo responsabile della
pastorale familiare nella diocesi è il vescovo. Come Padre e Pastore
egli dev'essere particolarmente sollecito di questo settore, senza
dubbio prioritario, della pastorale. Ad esso deve consacrare
interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto,
però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti, nelle diverse
strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della famiglia. Avrà
particolarmente a cuore il proposito di far sì che la propria diocesi
sia sempre più una vera «famiglia diocesana», modello e sorgente di
speranza per tante famiglie che vi appartengono. La creazione del
Pontificio Consiglio per la Famiglia va vista in questo contesto:
essere un segno dell'importanza che attribuisco alla pastorale della
famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per
aiutare a promuoverla ad ogni livello.
I vescovi si valgono in modo
particolare dei presbiteri, il cui compito - come ha espressamente
sottolineato il Sinodo - costituisce parte essenziale del ministero
della Chiesa verso il matrimonio e la famiglia. Lo stesso si dica di
quei diaconi, ai quali eventualmente venga affidata la cura di questo
settore pastorale.
La loro responsabilità si estende
non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di
carattere personale e sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle
sue difficoltà e sofferenze, affiancandosi ai membri di essa,
aiutandoli a vedere la loro vita alla luce del Vangelo. Non è
superfluo notare che da tale missione, se esercitata col dovuto
discernimento e con vero spirito apostolico, il ministro della Chiesa
attinge nuovi stimoli ed energie spirituali anche per la propria
vocazione e per l'esercizio stesso del ministero.
Tempestivamente e seriamente
preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono
comportarsi costantemente, nei riguardi delle famiglie, come padre,
fratello, pastore e maestro, aiutandole coi sussidi della grazia e
illuminandole con la luce della verità. Il loro insegnamento e i loro
consigli, quindi, dovranno essere sempre in piena consonanza col
Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il Popolo di Dio
a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita
concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di
curare con ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai
fedeli ansietà di coscienza.
Pastori e laici partecipano, nella
Chiesa, alla missione profetica di Cristo: i laici, testimoniando la
fede con le parole e con la vita cristiana; i pastori, discernendo in
tale testimonianza ciò che è espressione di fede genuina da ciò che
è meno rispondente alla luce della fede; la famiglia, in quanto
comunità cristiana, con la sua peculiare partecipazione e
testimonianza di fede. Si avvia così un dialogo anche tra i pastori e
le famiglie. I teologi e gli esperti di problemi familiari possono
essere di grande aiuto a tale dialogo, spiegando esattamente il
contenuto del Magistero della Chiesa e quello dell'esperienza della
vita di famiglia. In tal modo l'insegnamento del Magistero viene
meglio compreso e si spiana la strada al suo progressivo sviluppo.
Giova tuttavia ricordare che la norma prossima e obbligatoria nella
dottrina della fede - anche circa i problemi della famiglia - compete
al Magistero gerarchico. Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti di
problemi familiari e il Magistero giovano non poco alla retta
intelligenza della fede ed a promuovere - entro i confini di essa - il
legittimo pluralismo.
Religiosi e Religiose
74. Il contributo che i religiosi
e le religiose, e le anime consacrate in genere, possono dare
all'apostolato della famiglia trova la sua prima, fondamentale e
originale espressione proprio nella loro consacrazione a Dio, che li
rende «davanti a tutti i fedeli... richiamo di quel mirabile connubio
operato da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, per
cui la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo» («Perfectae Caritatis»,
12), e testimoni di quella carità universale che, per mezzo della
castità abbracciata per il Regno dei cieli, li rende sempre più
disponibili per dedicarsi generosamente al servizio divino e alle
opere di apostolato.
Di qui la possibilità che
religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di altri Istituti
di perfezione, singolarmente o associati, sviluppino un loro servizio
alle famiglie, con particolare sollecitudine verso i bambini,
specialmente se abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o
handicappati; visitando le famiglie e prendendosi cura dei malati;
coltivando rapporti di rispetto e di carità con famiglie incomplete,
in difficoltà o disgregate; offrendo la propria opera di insegnamento
e di consulenza nella preparazione dei giovani al matrimonio e
nell'aiuto alle coppie per una procreazione veramente responsabile;
aprendo le proprie case all'ospitalità semplice e cordiale, affinché
le famiglie possano trovarvi il senso di Dio, il gusto della preghiera
e del raccoglimento, l'esempio concreto di una vita vissuta in carità
e letizia fraterna come membri della più grande famiglia di Dio.
Vorrei aggiungere l'esortazione più
pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata, a voler
considerare - sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed
originario - l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti
prioritari, resi più urgenti dall'odierno stato di cose.
Laici specializzati
75. Non poco giovamento possono
recare alle famiglie quei laici specializzati (medici, uomini di
legge, psicologi, assistenti sociali, consulenti, ecc.) che sia
individualmente sia impegnati in diverse associazioni e iniziative,
prestano la loro opera di illuminazione, di consiglio, di
orientamento, di sostegno. Ad essi possono bene applicarsi le
esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla Confederazione dei
Consultori familiari di ispirazione cristiana: «E' un impegno il
vostro, che ben merita la qualifica di missione, tanto nobili sono le
finalità che persegue e tanto determinati, per il bene della società
e della stessa comunità cristiana, sono i risultati che ne
derivano... Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno della
famiglia è destinato ad avere un'efficacia che, travalicando il suo
ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide sulla società.
Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia»
(num. 3-4 [29 Novembre 1980]: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II,
III, 2 [1980] 1453).
Recettori e operatori della
comunicazione sociale
76. Una parola a parte è da
riservare a questa categoria tanto importante nella vita moderna. E'
risaputo che gli strumenti della comunicazione sociale «incidono, e
spesso profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo e intellettuale,
sia sotto l'aspetto morale e religioso, nell'ambito di quanti li usano»,
specialmente se giovani (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali [7 Aprile 1969]: ASS 61 [1969]
455). Essi, perciò, possono esercitare un benefico influsso sulla
vita e sui costumi della famiglia e sulla educazione dei figli, ma al
tempo stesso nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili»
(Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali 1980 [1· Maggio 1980]: «Insegnamenti di
Giovanni Paolo II» III, 1 [1980] 1042, e potrebbero diventare veicolo
- a volte abilmente e sistematicamente manovrato, come purtroppo
accade in diversi Paesi del mondo - di ideologie disgregatrici e di
visioni deformate della vita, della famiglia, della religione, della
moralità, non rispettose della vera dignità e del destino dell'uomo.
Pericolo tanto più reale, in
quanto «l'odierno modo di vivere - specialmente nelle nazioni più
industrializzate - porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle
loro responsabilità educative, trovando nella facilità di evasione
(rappresentata, in casa, specialmente dalla televisione e da certe
pubblicazioni), il modo di tenere occupati tempo ed attività dei
bambini e dei ragazzi» (Giovanni Paolo PP. II, Messaggio per la
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1981, 5 [10 Maggio
1980]: «L'Osservatore Romano», 22 Maggio 1981). Di qui «il
dovere... di proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle
"aggressioni" che subiscono dai mass-media», procurando che
l'uso di questi in famiglia sia accuratamente regolato. Così pure
dovrebbe stare altrettanto a cuore alla famiglia cercare, per i propri
figli, anche altri diversivi più sani, più utili e formativi
fisicamente, moralmente e spiritualmente, «per potenziare e
valorizzare il tempo libero dei ragazzi e indirizzarne le energie»
(Ibid).
Poiché, poi, gli strumenti della
comunicazione sociale - al pari della scuola e dell'ambiente -
incidono spesso anche in notevole misura sulla formazione dei figli, i
genitori, in quanto recettori, devono farsi parte attiva nell'uso
moderato, critico, vigile e prudente di essi, individuando quale
influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa che
consenta «di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi
sereni e oggettivi, che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei
programmi proposti» (Paolo PP. VI, Messaggio per la III Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali: ASS 61 [1969] 456).
Con eguale impegno i genitori
cercheranno di influire sulla scelta e preparazione dei programmi
stessi, mantenendosi in contatto - con opportune iniziative - con i
responsabili dei vari momenti della produzione e della trasmissione,
per assicurarsi che non siano abusivamente trascurati o espressamente
conculcati quei valori umani fondamentali che fanno parte del vero
bene comune della società, ma, al contrario, vengano diffusi
programmi atti a presentare, nella loro giusta luce, i problemi della
famiglia e la loro adeguata soluzione. A tal proposito il mio
predecessore di venerabile memoria., Paolo VI, scriveva: «I
produttori devono conoscere e rispettare le esigenze della famiglia, e
questo suppone, a volte, in essi un vero coraggio, e sempre un alto
senso di responsabilità. Essi, infatti, sono tenuti ad evitare tutto
ciò che può ledere la famiglia nella sua esistenza, nella sua
stabilità, nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni offesa ai
valori fondamentali della famiglia - si tratti di erotismo o di
violenza, di apologia del divorzio o di atteggiamenti antisociali dei
giovani - è un'offesa al vero bene dell'uomo (Ibid.).
Ed io stesso, in analoga
occasione, facevo rilevare che le famiglie «devono poter contare in
non piccola misura sulla buona volontà, sulla rettitudine e sul senso
di responsabilità dei professionisti dei media: editori, scrittori,
produttori, direttori, drammaturghi, informatori, commentatori ed
attori» (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 1980: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», III, 1 [1980]
1044). Perciò è doveroso che anche da parte della Chiesa si continui
a dedicare ogni cura a queste categorie di operatori, incoraggiando e
sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che vi si sentono
chiamati e ne hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati settori.
IV. La pastorale familiare nei
casi difficili
Circostanze particolari
77. Un impegno pastorale ancor più
generoso, intelligente e prudente, sull'esempio del Buon Pastore, è
richiesto nei confronti di quelle famiglie che - spesso
indipendentemente dalla propria volontà o premute da altre esigenze
di diversa natura - si trovano ad affrontare situazioni obiettivamente
difficili.
A questo proposito è necessario
richiamare specialmente l'attenzione su alcune categorie particolari,
che maggiormente abbisognano non solo di assistenza, ma di un'azione
più incisiva sulla pubblica opinione e soprattutto sulle strutture
culturali, economiche e giuridiche, al fine di eliminare al massimo le
cause profonde dei loro disagi.
Tali sono, ad esempio, le famiglie
dei migranti per motivi di lavoro; le famiglie di quanti sono
costretti a lunghe assenze, quali, ad esempio, i militari, i
naviganti, gli itineranti d'ogni tipo; le famiglie dei carcerati, dei
profughi e degli esiliati; le famiglie che nelle grande città vivono
praticamente emarginate; quelle che non hanno casa; quelle incomplete
o monoparentali; le famiglie con i figli handicappati o drogati, le
famiglie di alcoolizzati; quelle sradicate dal loro ambiente culturale
e sociale o in rischio di perderlo; quelle discriminate per motivi
politici o per altre ragioni; le famiglie ideologicamente divise;
quelle che non riescono ad avere facilmente un contatto con la
parrocchia; quelle che subiscono violenza o ingiusti trattamenti a
motivo della propria fede; quelle composte da coniugi minorenni; gli
anziani, non raramente costretti a vivere in solitudine e senza
adeguati mezzi di sussistenza.
Le famiglie dei migranti,
specialmente trattandosi di operai e di contadini, devono poter
trovare dappertutto, nella Chiesa, la loro patria. E' questo un
compito connaturale alla Chiesa, essendo segno di unità nella
diversità. Per quanto è possibile siano assistiti da sacerdoti del
loro stesso rito, cultura e idioma. Spetta pure alla Chiesa fare
appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita
sociale, economica e politica, affinché gli operai trovino lavoro
nella propria regione e patria, siano retribuiti con giusto salario,
le famiglie vengano al più presto riunite, siano prese in
considerazione nella loro identità culturale, trattate al pari delle
altre, ed ai loro figli sia data l'opportunità della formazione
professionale e dell'esercizio della professione, come pure del
possesso della terra necessaria per lavorare e vivere.
Un problema difficile è quello
delle famiglie ideologicamente divise. In questi casi si richiede una
particolare cura pastorale. Anzitutto bisogna, con discrezione,
mantenere un contatto personale con tali famiglie. I credenti devono
essere fortificati nella fede e sostenuti nella vita cristiana. Anche
se la parte fedele al cattolicesimo non può cedere, tuttavia bisogna
sempre mantenere vivo il dialogo con l'altra parte. Devono essere
moltiplicate le manifestazioni di amore e di rispetto, nella ferma
speranza di mantenere salda l'unità. Molto dipende anche dai rapporti
tra genitori e figli. Le ideologie estranee alla fede possono, del
resto, stimolare i membri credenti della famiglia a crescere nella
fede e nella testimonianza di amore.
Altri momenti difficili, nei quali
la famiglia ha bisogno dell'aiuto della comunità ecclesiale e dei
suoi pastori, possono essere: l'adolescenza irrequieta contestatrice
ed a volte tempestosa dei figli; il loro matrimonio, che li stacca
dalla famiglia di origine; l'incomprensione o la mancanza di amore da
parte delle persone più care; l'abbandono da parte del coniuge o la
sua perdita, che apre la dolorosa esperienza della vedovanza, della
morte di un familiare che mutila e trasforma in profondità il nucleo
originario della famiglia.
Similmente non può essere
trascurato dalla Chiesa il momento dell'età anziana, con tutti i suoi
contenuti positivi e negativi: di possibile approfondimento dell'amore
coniugale sempre più purificato e nobilitato dalla lunga e
ininterrotta fedeltà; di disponibilità a porre a servizio degli
altri, in forma nuova, la bontà e la saggezza accumulata e le energie
rimaste; di pesante solitudine, più spesso psicologica e affettiva
che non fisica, per l'eventuale abbandono o per una insufficiente
attenzione da parte dei figli e dei parenti; di sofferenza per la
malattia, per il progressivo declino delle forze, per l'umiliazione di
dover dipendere da altri, per l'amarezza di sentirsi forse di peso ai
propri cari, per l'avvicinarsi degli ultimi momenti della vita. Sono
queste le occasioni nelle quali - come hanno insinuato i Padri
Sinodali - più facilmente si possono far comprendere e vivere quegli
elevati aspetti della spiritualità matrimoniale e familiare, che si
ispirano al valore della Croce e risurrezione di Cristo, fonte di
santificazione e di profonda letizia nella vita quotidiana, nella
prospettiva delle grandi realtà escatologiche della vita terrena.
In tutte queste diverse situazioni
non sia mai trascurata la preghiera, sorgente di luce e di forza ed
alimento della speranza cristiana.
Matrimoni misti
78. Il numero crescente dei
matrimoni fra cattolici ed altri battezzati richiede pure una
peculiare attenzione pastorale alla luce degli orientamenti e delle
norme, contenute nei più recenti documenti della Santa Sede e in
quelli elaborati dalle Conferenze episcopali, per consentirne
l'applicazione concreta alle diverse situazioni.
Le coppie che vivono in matrimonio
misto presentano peculiari esigenze, le quali possono ridursi a tre
capi principali.
Vanno, anzitutto, tenuti presenti
gli obblighi della parte cattolica derivanti dalla fede, per quanto
concerne il libero esercizio di essa e il conseguente obbligo di
provvedere, secondo le proprie forze, a battezzare e ad educare i
figli nella fede cattolica (cfr. Paolo PP. VI, Motu Proprio «Matrimonia
Mixta», 4-5: ASS 62 [1970], 257ss; cfr. Giovanni Paolo PP. II,
Discorso ai partecipanti alla plenaria del Segretariato per l'unione
dei cristiani [13 Novembre 1981]: «L'Osservatore Romano» [14
Novembre 1981]).
Bisogna tenere presenti le
particolari difficoltà inerenti ai rapporti tra marito e moglie, per
quanto riguarda il rispetto della libertà religiosa: questa può
essere violata sia mediante pressioni indebite per ottenere il
cambiamento delle convinzioni religiose della comparte, sia mediante
impedimenti frapposti alla libera manifestazione di esse nella pratica
religiosa.
Per quanto riguarda la forma
liturgica e canonica del matrimonio, gli Ordinari possono largamente
far uso delle loro facoltà per varie necessità.
Nel trattare di queste speciali
esigenze bisogna tener presenti i punti seguenti:
- nell'apposita
preparazione a questo tipo di matrimonio, deve essere compiuto
ogni ragionevole sforzo per far ben comprendere la dottrina
cattolica sulle qualità ed esigenze del matrimonio, come pure per
assicurarsi che in futuro, non abbiano a verificarsi le pressioni
e gli ostacoli, di cui si è parlato sopra;
- è
di somma importanza che, con l'appoggio della comunità, la parte
cattolica venga fortificata nella sua fede e positivamente aiutata
a maturare nella comprensione e nella pratica di essa, in modo da
diventare vera testimone credibile in seno alla famiglia,
attraverso la vita stessa e la qualità dell'amore dimostrato
all'altro coniuge e ai figli.
I matrimoni fra cattolici ed altri
battezzati presentano, pur nella loro particolare fisionomia, numerosi
elementi che è bene valorizzare e sviluppare, sia per il loro
intrinseco valore, sia per l'apporto che possono dare al movimento
ecumenico. Ciò è particolarmente vero quando ambedue i coniugi sono
fedeli ai loro impegni religiosi. Il comune battesimo e il dinamismo
della grazia forniscono agli sposi, in questi matrimoni, la base e la
motivazione per esprimere la loro unità nella sfera dei valori morali
e spirituali.
A tal fine, anche per mettere in
evidenza l'importanza ecumenica di un tale matrimonio misto, vissuto
pienamente nella fede dei due coniugi cristiani, va ricercata - anche
se non sempre ciò si rivela facile - una cordiale collaborazione tra
il ministro cattolico e quello non cattolico, fin dal tempo della
preparazione al matrimonio e delle nozze.
Quanto alla partecipazione del
coniuge non cattolico alla comunione eucaristica, si seguano le norme
impartite dal Segretariato per l'unione dei cristiani (Istruz. «In
quibus rerum circumstantiis» [15 Giugno 1972], 518-525; Nota del 17
Ottobre 1973: ASS 64 [1973] 616-619).
In varie parti del mondo si
registra, oggi, un crescente numero di matrimoni fra cattolici e non
battezzati. In molti di essi il coniuge non battezzato professa
un'altra religione e le sue convinzioni devono essere trattate con
rispetto, secondo i principi della Dichiarazione «Nostra Aetate» del
Concilio Ecumenico Vaticano II circa le relazioni con le religioni non
cristiane; ma in non pochi altri, particolarmente nelle società
secolarizzate, la persona non battezzata non professa alcuna
religione. Per questi matrimoni è necessario che le Conferenze
episcopali ed i singoli vescovi prendano misure pastorali adeguate,
dirette a garantire la difesa della fede del coniuge cattolico e la
tutela del libero esercizio di essa, soprattutto per quanto concerne
il dovere di fare quanto è in suo potere perché i figli siano
battezzati ed educati cattolicamente. Il coniuge cattolico deve
essere, altresì, sostenuto in ogni modo nell'impegno di offrire
all'interno della famiglia una genuina testimonianza di fede e di vita
cattolica.
Azione pastorale di fronte
ad alcune situazioni irregolari
79. Nella sua sollecitudine di
tutelare la famiglia in ogni sua dimensione, non soltanto in quella
religiosa, il Sinodo dei Vescovi non ha tralasciato di prendere in
attenta considerazione alcune situazioni religiosamente e spesso anche
civilmente irregolari, che - negli odierni rapidi mutamenti delle
culture - vanno purtroppo diffondendosi anche fra i cattolici, con non
lieve danno dello stesso istituto familiare e della società, di cui
esso costituisce la cellula fondamentale.
a) Il matrimonio per
esperimento
80. Una prima situazione
irregolare è data da quello che chiamano «matrimonio per esperimento»,
che molti oggi vorrebbero giustificare, attribuendo ad esso un certo
valore. Già la stessa ragione umana insinua la sua inaccettabilità,
mostrando quanto sia poco convincente che si faccia un «esperimento»
nei riguardi di persone umane, la cui dignità esige che siano sempre
e solo il termine dell'amore di donazione senza alcun limite né di
tempo né di altra circostanza.
Dal canto suo, la Chiesa non può
ammettere un tale tipo di unione per ulteriori, originali motivi,
derivanti dalla fede. Da una parte, infatti, il dono del corpo nel
rapporto sessuale è il simbolo reale della donazione di tutta la
persona: una tale donazione peraltro, nell'attuale economia non può
attuarsi con verità piena senza il concorso dell'amore di carità,
dato da Cristo. Dall'altra parte, poi, il matrimonio fra due
battezzati è il simbolo reale dell'unione di Cristo con la Chiesa,
una unione non temporanea o «ad esperimento», ma eternamente fedele;
tra due battezzati, pertanto, non può esistere che un matrimonio
indissolubile.
Tale situazione ordinariamente non
può essere superata, se la persona umana, fin dall'infanzia, con
l'aiuto della grazia di Cristo e senza timori, non è stata educata a
dominare la nascente concupiscenza e ad instaurare con gli altri
rapporti di amore genuino. Ciò non si ottiene senza una vera
educazione all'amore autentico e al retto uso della sessualità, tale
che introduca la persona umana secondo ogni sua dimensione, e perciò
anche in quella che riguarda il proprio corpo, nella pienezza del
mistero di Cristo.
Sarà molto utile indagare sulle
cause di questo fenomeno, anche nel suo aspetto psicologico e
sociologico, per giungere a trovare un'adeguata terapia.
b) Unioni libere di fatto
81. Si tratta di unioni senza
alcun vincolo istituzionale pubblicamente riconosciuto, né civile né
religioso. Questo fenomeno - esso pure sempre più frequente - non può
non attirare l'attenzione dei pastori d'anime, anche perché alla sua
base possono esserci elementi molto diversi fra loro, agendo sui quali
sarà forse possibile limitarne le conseguenze.
Alcuni, infatti, vi si considerano
quasi costretti da situazioni difficili - economiche, culturali e
religiose - in quanto, contraendo regolare matrimonio, verrebbero
esposti ad un danno, alla perdita di vantaggi economici, a
discriminazioni, ecc. In altri, invece, si riscontra un atteggiamento
di disprezzo, di contestazione o di rigetto della società,
dell'istituto familiare, dell'ordinamento socio-politico, o di sola
ricerca del piacere. Altri, infine, vi sono spinti dall'estrema
ignoranza e povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a situazioni
di vera ingiustizia, o anche da una certa immaturità psicologica, che
li rende incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e
definitivo. In alcuni Paesi le consuetudini tradizionali prevedono il
matrimonio vero e proprio solo dopo un periodo di coabitazione e dopo
la nascita del primo figlio.
Ognuno di questi elementi pone
alla Chiesa ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne
derivano, sia religiose e morali (perdita del senso religioso del
matrimonio, visto alla luce dell'Alleanza di Dio con il suo popolo:
privazione della grazia del sacramento; grave scandalo), sia anche
sociali (distruzione del concetto di famiglia; indebolimento del senso
di fedeltà anche verso la società; possibili traumi psicologici nei
figli; affermazione dell'egoismo).
Sarà cura dei pastori e della
comunità ecclesiale conoscere tali situazioni e le loro cause
concrete, caso per caso; avvicinare i conviventi con discrezione e
rispetto; adoperarsi con una azione di paziente illuminazione, di
caritatevole correzione, di testimonianza familiare cristiana, che
possa spianare loro la strada verso la regolarizzazione della
situazione.
Soprattutto, però, sia fatta
opera di prevenzione, coltivando il senso della fedeltà in tutta
l'educazione morale e religiosa dei giovani, istruendoli circa le
condizioni e le strutture che favoriscono tale fedeltà, senza la
quale non si dà vera libertà, aiutandoli a maturare spiritualmente,
facendo loro comprendere la ricca realtà umana e soprannaturale del
matrimonio-sacramento.
Il Popolo di Dio si adoperi anche
presso le pubbliche autorità affinché resistendo a queste tendenze
disgregatrici della stessa società e dannose per la dignità,
sicurezza e benessere dei singoli cittadini, si adoperino perché
l'opinione pubblica non sia indotta a sottovalutare l'importanza
istituzionale del matrimonio e della famiglia. E poiché in molte
regioni, per l'estrema povertà derivante da strutture socioeconomiche
ingiuste o inadeguate, i giovani non sono in condizione di sposarsi
come si conviene, la società e le pubbliche autorità favoriscono il
matrimonio legittimo mediante una serie di interventi sociali e
politici, garantendo il salario familiare, emanando disposizioni per
un'abitazione adatta alla vita familiare, creando adeguate possibilità
di lavoro e di vita.
c) Cattolici uniti col solo
matrimonio civile
82. E' sempre più diffuso il caso
di cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono
contrarre il solo matrimonio civile, rifiutando o almeno rimandando
quello religioso. La loro situazione non può equipararsi senz'altro a
quella dei semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si
riscontra almeno un certo impegno a un preciso e probabilmente stabile
stato di vita, anche se spesso non è estranea a questo passo la
prospettiva di un eventuale divorzio. Ricercando il pubblico
riconoscimento del vincolo da parte dello Stato, tali coppie mostrano
di essere disposte ad assumersene, con i vantaggi, anche gli obblighi.
Ciò nonostante, neppure questa situazione è accettabile da parte
della Chiesa.
L'azione pastorale tenderà a far
comprendere la necessità della coerenza tra la scelta di vita e la
fede che si professa, e cercherà di far quanto è possibile per
indurre tali persone a regolare la propria situazione alla luce dei
principi cristiani. Pur trattandole con grande carità, e
interessandole alla vita delle rispettive comunità, i pastori della
Chiesa non potranno purtroppo ammetterle ai sacramenti.
d) Separati e divorziati non
risposati
83. Motivi diversi, quali
incomprensioni reciproche, incapacità di aprirsi a rapporti
interpersonali, ecc. possono dolorosamente condurre il matrimonio
valido a una frattura spesso irreparabile. Ovviamente la separazione
deve essere considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro
ragionevole tentativo si sia dimostrato vano.
La solitudine e altre difficoltà
sono spesso retaggio del coniuge separato, specialmente se innocente.
In tal caso la comunità ecclesiale deve più che mai sostenerlo;
prodigargli stima, solidarietà, comprensione ed aiuto concreto in
modo che gli sia possibile conservare la fedeltà anche nella
difficile situazione in cui si trova; aiutarlo a coltivare l'esigenza
del perdono propria dell'amore cristiano e la disponibilità
all'eventuale ripresa della vita coniugale anteriore.
Analogo è il caso del coniuge che
ha subito divorzio, ma che - ben conoscendo l'indissolubilità del
vincolo matrimoniale valido - non si lascia coinvolgere in una nuova
unione, impegnandosi invece unicamente nell'adempimento dei suoi
doveri di famiglia e delle responsabilità della vita cristiana. In
tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana assume un
particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e alla Chiesa,
rendendo ancor più necessaria, da parte di questa, un'azione continua
di amore e di aiuto, senza che vi sia alcun ostacolo per l'ammissione
ai sacramenti.
e) I divorziati risposati
84. L'esperienza quotidiana
mostra, purtroppo, che chi ha fatto ricorso al divorzio ha per lo più
in vista il passaggio ad una nuova unione, ovviamente non col rito
religioso cattolico. Poiché si tratta di una piaga che va, al pari
delle altre, intaccando sempre più largamente anche gli ambienti
cattolici, il problema dev'essere affrontato con premura
indilazionabile. I Padri Sinodali l'hanno espressamente studiato. La
Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e
soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che
- già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - hanno cercato
di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di
mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza.
Sappiano i pastori che, per amore
della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è
infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare
il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente,
e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio
canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una
seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta sono
soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio,
irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.
Insieme col Sinodo, esorto
caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino
i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino
separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati,
partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di
Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella
preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative
della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella
fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per
implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa
preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così
li sostenga nella fede e nella speranza.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la
sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla
comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter
esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di
vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e
la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un
altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone
all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione
circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio.
La riconciliazione nel sacramento
della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico -
può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il
segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente
disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con
l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che
quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio,
l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della
separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè
di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II,
Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]:
AAS 72 [1980] 1082).
Similmente il rispetto dovuto sia
al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro
familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni
pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in
atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi
genere. Queste, infatti, darebbero l'impressione della celebrazione di
nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in
errore circa l'indissolubilità del matrimonio validamente contratto.
Agendo in tal modo, la Chiesa
professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso
tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli,
specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati
abbandonati dal loro coniuge legittimo.
Con ferma fiducia essa crede che,
anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in
tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della
conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera,
nella penitenza e nella carità.
I senza-famiglia
85. Ancora una parola desidero
aggiungere per una categoria di persone che, per la concreta
condizione in cui si trovano a vivere - e spesso non per loro
deliberata volontà - io considero particolarmente vicine al Cuore di
Cristo e degne dell'affetto della sollecitudine fattiva della Chiesa e
dei pastori.
Esistono al mondo moltissime
persone le quali, disgraziatamente, non possono riferirsi in alcun
modo a ciò che si potrebbe definire in senso proprio una famiglia.
Grandi settori dell'umanità vivono in condizioni di enorme povertà,
in cui la promiscuità, la carenza di abitazioni, l'irregolarità ed
instabilità dei rapporti, l'estrema mancanza di cultura non
consentono praticamente di poter parlare di vera famiglia. Ci sono
altre persone che, per motivi diversi, sono rimaste sole al mondo.
Eppure per tutti costoro esiste un «buon annunzio della famiglia».
In favore di quanti vivono in
estrema povertà, già ho parlato dell'urgente necessità di lavorare
coraggiosamente per trovare soluzioni, anche a livello politico, che
consentano di aiutarli a superare questa inumana condizione di
prostrazione. E' un compito che incombe, solidarmente, all'intera
società, ma in maniera speciale alle autorità in forza della loro
carica e delle conseguenti responsabilità, nonché alle famiglie, che
devono dimostrare grande comprensione e volontà di aiuto.
A coloro che non hanno una
famiglia naturale bisogna aprire ancor più le porte della grande
famiglia che è la Chiesa, la quale si concretizza a sua volta nella
famiglia diocesana e parrocchiale, nelle comunità ecclesiali di base
o nei movimenti apostolici. Nessuno è privo della famiglia in questo
mondo: la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti
sono «affaticati e oppressi» (cfr. Mt 11,28).
CONCLUSIONE
86. A voi sposi, a voi padri e
madri di famiglia;
a voi, giovani e ragazze, che
siete il futuro e la speranza della Chiesa e del mondo, e sarete il
nucleo portante e dinamico della famiglia nel terzo millennio che si
avvicina;
a voi, venerabili e cari fratelli
nell'episcopato e nel sacerdozio, diletti figli religiosi e religiose,
anime consacrate al Signore, che agli sposi testimoniate la realtà
ultima dell'amore di Dio;
a voi, uomini tutti di retto
sentire, che a qualsiasi titolo siete pensierosi delle sorti della
famiglia, si rivolge con trepida sollecitudine il mio animo al termine
di questa esortazione apostolica.
L'avvenire dell'umanità passa
attraverso la famiglia!
E', dunque, indispensabile ed
urgente che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare ed a
promuovere i valori e le esigenze della famiglia.
Un particolare sforzo a questo
riguardo sento di dover chiedere ai figli della Chiesa. Essi, che
nella fede conoscono pienamente il meraviglioso disegno di Dio, hanno
una ragione in più per prendersi a cuore la realtà della famiglia in
questo nostro tempo di prova e di grazia.
Essi devono amare in modo
particolare la famiglia. E' questa una consegna concreta ed esigente.
Amare la famiglia significa
saperne stimare i valori e le possibilità, promuovendoli sempre.
Amare la famiglia significa individuare i pericoli ed i mali che la
minacciano, per poterli superare. Amare la famiglia significa
adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo. E,
ancora, è forma eminente di amore ridare alla famiglia cristiana di
oggi, spesso tentata dallo sconforto e angosciata per le accresciute
difficoltà, ragioni di fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze
di natura e di grazia, nella missione che Dio le ha affidato. «Bisogna
che le famiglie del nostro tempo riprendano quota! Bisogna che seguano
Cristo!» (Giovanni Paolo PP. II, Lettera «Appropinaquat iam», 1 [15
Agosto 1980]: ASS 72 [1980], 791).
Spetta altresì ai cristiani il
compito di annunciare con gioia e convinzione la «buona novella»
sulla famiglia, la quale ha un assoluto bisogno di ascoltare sempre di
nuovo e di comprendere sempre più a fondo le parole autentiche che le
rivelano la sua identità, le sue risorse interiori, l'importanza
della sua missione nella Città degli uomini e in quella di Dio.
La Chiesa conosce la via sulla
quale la famiglia può giungere al cuore della sua verità profonda.
Questa via, che la Chiesa ha imparato alla scuola di Cristo e a quella
della storia, interpretata nella luce dello Spirito, essa non la
impone, ma sente in sé l'insopprimibile esigenza di proporla a tutti
senza timore, anzi con grande fiducia e speranza, pur sapendo che la
«buona novella» conosce il linguaggio della Croce. Ma è attraverso
la Croce che la famiglia può giungere alla pienezza del suo essere e
alla perfezione del suo amore.
Desidero, infine, invitare tutti i
cristiani a collaborare, cordialmente e coraggiosamente, con tutti gli
uomini di buona volontà, che vivono la loro responsabilità al
servizio della famiglia. Quanti si consacrano al suo bene in seno alla
Chiesa, nel suo nome e da essa ispirati, siano essi individui o
gruppi, movimenti o associazioni, trovano spesso al loro fianco
persone e istituzioni diverse che operano per il medesimo ideale.
Nella fedeltà ai valori del Vangelo e dell'uomo e nel rispetto di un
legittimo pluralismo di iniziative, questa collaborazione potrà
favorire una più rapida ed integrale promozione della famiglia.
Ed ora, concludendo questo
messaggio pastorale, che intende sollecitare l'attenzione di tutti sui
compiti gravosi ma affascinanti della famiglia cristiana, desidero
invocare la protezione della santa Famiglia di Nazaret.
Per misterioso disegno di Dio, in
essa è vissuto nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio: essa è
dunque prototipo ed esempio di tutte le famiglie cristiane. E quella
Famiglia, unica al mondo, che ha trascorso un'esistenza anonima e
silenziosa in un piccolo borgo della Palestina; che è stata provata
dalla povertà, dalla persecuzione, dall'esilio; che ha glorificato
Dio in modo incomparabilmente alto e puro, non mancherà di assistere
le famiglie cristiane, anzi tutte le famiglie del mondo, nella fedeltà
ai loro doveri quotidiani, nel sopportare le ansie e le tribolazioni
della vita, nella generosa apertura verso le necessità degli altri,
nell'adempimento gioioso del piano di Dio nei loro riguardi.
Che san Giuseppe, «uomo giusto»,
lavoratore instancabile, custode integerrimo dei pegni a lui affidati,
le custodisca, le protegga, le illumini sempre.
Che la Vergine Maria, come è
Madre della Chiesa, così anche sia la Madre della «Chiesa domestica»,
e, grazie al suo aiuto materno, ogni famiglia cristiana possa
diventare veramente una «piccola Chiesa», nella quale si rispecchi e
riviva il mistero della Chiesa di Cristo. Sia Lei, l'ancella del
Signore, l'esempio di accoglienza umile e generosa della volontà di
Dio; sia Lei, Madre Addolorata ai piedi della Croce, a confortare le
sofferenze e ad asciugare le lacrime di quanti soffrono per le
difficoltà delle loro famiglie.
E Cristo Signore, Re
dell'universo, Re delle famiglie, sia presente, come a Cana, in ogni
focolare cristiano a donare luce, gioia, serenità, fortezza. A Lui,
nel giorno solenne dedicato alla sua Regalità, chiedo che ogni
famiglia sappia generosamente portare il suo originale contributo
all'avvento nel mondo del suo Regno, «Regno di verità e di vita, di
santità e di pace» («Prefatio» della Messa della Solennità di
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo), verso il quale è in
cammino la storia.
A Lui, a Maria, a Giuseppe affido
ogni famiglia. Alle loro mani e al loro cuore presento questa
esortazione: siano Essi a porgerla a voi, venerati fratelli e diletti
figli, e ad aprire i vostri cuori alla luce che il Vangelo irradia su
ogni famiglia.
A tutti e a ciascuno, assicurando
la mia costante preghiera, imparto di cuore l'apostolica benedizione,
nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dato a Roma, presso san Pietro,
il 22 novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell'universo,
dell'anno 1981, quarto del Pontificato.