ESORTAZIONE
APOSTOLICA
POST-SINODALE
VITA
CONSECRATA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO E AL CLERO
AGLI ORDINI E CONGREGAZIONI RELIGIOSE
ALLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
AGLI ISTITUTI SECOLARI
E A TUTTI I FEDELI
CIRCA LA VITA CONSACRATA E LA SUA MISSIONE
NELLA CHIESA E NEL MONDO
INTRODUZIONE
1. La vita consacrata,
profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo
Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello
Spirito. Con la professione dei consigli evangelici i tratti
caratteristici di Gesù — vergine, povero ed obbediente — acquistano
una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo, e lo
sguardo dei fedeli è richiamato verso quel mistero del Regno di Dio
che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei
cieli.
Lungo i secoli non sono mai
mancati uomini e donne che, docili alla chiamata del Padre e alla
mozione dello Spirito, hanno scelto questa via di speciale sequela di
Cristo, per dedicarsi a Lui con cuore «indiviso» (cfr 1 Cor
7, 34). Anch'essi hanno lasciato ogni cosa, come gli Apostoli, per
stare con Lui e mettersi, come Lui, al servizio di Dio e dei fratelli.
In questo modo essi hanno contribuito a manifestare il mistero e la
missione della Chiesa con i molteplici carismi di vita spirituale ed
apostolica che loro distribuiva lo Spirito Santo, e di conseguenza
hanno pure concorso a rinnovare la società.
Rendimento di grazie per la
vita consacrata
2. Il ruolo della vita consacrata
nella Chiesa è tanto rilevante che decisi di convocare un Sinodo per
approfondirne il significato e le prospettive, in vista dell'ormai
imminente nuovo millennio. Nell'Assemblea sinodale ho voluto che
fossero presenti, accanto ai Padri, anche numerosi consacrati e
consacrate, affinché non mancasse il loro apporto alla comune
riflessione.Siamo tutti consapevoli della ricchezza che, per la
comunità ecclesiale, costituisce il dono della vita consacrata nella
varietà dei suoi carismi e delle sue istituzioni. Insieme rendiamo
grazie a Dio per gli Ordini e gli Istituti religiosi dediti alla
contemplazione, alle opere di apostolato, per le Società di vita
apostolica, per gli Istituti secolari e per altri gruppi di
consacrati, come pure per tutti coloro che, nel segreto del loro
cuore, si dedicano a Dio con speciale consacrazione.Al Sinodo si è
toccata con mano l'universale diffusione della vita consacrata,
presente nelle Chiese di ogni parte della terra. Essa stimola ed
accompagna lo sviluppo della evangelizzazione nelle diverse regioni
del mondo, dove non solo si ricevono con gratitudine Istituti
provenienti da fuori, ma se ne costituiscono di nuovi, con grande
varietà di forme e di espressioni.Così, se in alcune regioni della
terra gli Istituti di vita consacrata sembrano attraversare un momento
di difficoltà, in altre essi prosperano con sorprendente vigore,
mostrando che la scelta di totale donazione a Dio in Cristo non è per
nulla incompatibile con la cultura e la storia di ogni popolo. Né
essa fiorisce soltanto dentro la Chiesa cattolica; in realtà la si
trova particolarmente viva nel monachesimo delle Chiese ortodosse,
quale tratto essenziale della loro fisionomia e sta iniziando o
riemergendo nelle Chiese e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma,
come segno di una grazia comune dei discepoli di Cristo. Da tale
constatazione deriva un impulso all'ecumenismo che alimenta il
desiderio di una comunione sempre più piena fra i cristiani, «perché
il mondo creda» (Gv 17, 21).
La vita consacrata, dono
alla Chiesa
3. L'universale presenza della
vita consacrata e il carattere evangelico della sua testimonianza
mostrano con tutta evidenza — se ce ne fosse bisogno — che essa non
è una realtà isolata e marginale , ma tocca tutta la Chiesa. I
Vescovi nel Sinodo lo hanno più volte confermato: «de re nostra
agitur», «è cosa che ci riguarda».1 In realtà, la vita
consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento
decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della
vocazione cristiana»2 e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso
l'unione con l'unico Sposo.3 Al Sinodo è stato più volte affermato
che la vita consacrata non ha svolto soltanto nel passato un ruolo di
aiuto e di sostegno per la Chiesa, ma è dono prezioso e necessario
anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché
appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua
missione.4
Le attuali difficoltà, che non
pochi Istituti incontrano in alcune regioni del mondo, non devono
indurre a sollevare dubbi sul fatto che la professione dei consigli
evangelici sia parte integrante della vita della Chiesa, alla
quale reca un prezioso impulso verso una sempre maggiore coerenza
evangelica.5 Si potrà avere storicamente una ulteriore varietà di
forme, ma non muterà la sostanza di una scelta che s'esprime nel
radicalismo del dono di sé per amore del Signore Gesù e, in Lui, di
ogni componente della famiglia umana. Su questa certezza, che
ha animato innumerevoli persone nel corso dei secoli, il popolo
cristiano continua a contare, ben sapendo di poter trarre
dall'apporto di queste anime generose un validissimo sostegno nel suo
cammino verso la patria del cielo.
Raccogliendo i frutti del
Sinodo
4. Aderendo al desiderio
manifestato dall'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi
raccolta per riflettere sul tema «La vita consacrata e la sua
missione nella Chiesa e nel mondo», intendo proporre in questa
Esortazione apostolica i frutti dell'itinerario sinodale6 e mostrare a
tutti i fedeli — Vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e
laici —, come pure a quanti vorranno porsi in ascolto, le meraviglie
che il Signore anche oggi vuole compiere attraverso la vita consacrata.Questo
Sinodo, venendo dopo quelli dedicati ai laici e ai presbiteri,
completa la trattazione delle peculiarità che caratterizzano gli
stati di vita voluti dal Signore Gesù per la sua Chiesa. Se infatti
nel Concilio Vaticano II è stata sottolineata la grande realtà della
comunione ecclesiale, nella quale convergono tutti i doni in vista
della costruzione del Corpo di Cristo e della missione della Chiesa
nel mondo, in questi ultimi anni si è avvertita la necessità di
esplicitare meglio l'identità dei vari stati di vita, la loro
vocazione e la loro missione specifica nella Chiesa.
La comunione nella Chiesa non è
infatti uniformità, ma dono dello Spirito che passa anche attraverso
la varietà dei carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto più
utili alla Chiesa e alla sua missione, quanto maggiore sarà il
rispetto della loro identità. In effetti, ogni dono dello Spirito è
concesso perché fruttifichi per il Signore7 nella crescita della
fraternità e della missione.
L'opera dello Spirito
nelle varie forme di vita consacrata
5. Come non ricordare con
gratitudine verso lo Spirito l'abbondanza delle forme storiche di
vita consacrata, da Lui suscitate e tuttora presenti nel tessuto
ecclesiale? Esse si presentano come una pianta dai molti rami,8 che
affonda le sue radici nel Vangelo e produce frutti copiosi in ogni
stagione della Chiesa. Quale straordinaria ricchezza! Io stesso, alla
fine del Sinodo, ho sentito il bisogno di sottolineare questo elemento
costante nella storia della Chiesa: la schiera di fondatori e di
fondatrici, di santi e di sante, che hanno scelto Cristo nella
radicalità evangelica e nel servizio fraterno, specialmente dei
poveri e abbandonati.9 Proprio in tale servizio emerge con particolare
evidenza come la vita consacrata manifesti l'unitarietà del
comandamento dell'amore, nell'inscindibile connessione tra amore
di Dio e amore del prossimo.
Il Sinodo ha fatto memoria di
quest'opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli
dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso
i molteplici carismi, e anche per questa via rende perennemente
presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nello spazio, il
mistero di Cristo.
Vita monastica in Oriente e
in Occidente
6. I Padri sinodali delle Chiese
cattoliche orientali e i rappresentanti delle altre Chiese
dell'Oriente hanno messo in risalto, nei loro interventi, i valori
evangelici della vita monastica, 10 apparsa già agli inizi del
cristianesimo e tuttora fiorente nei loro territori, specialmente
presso le Chiese ortodosse.
Fin dai primi secoli della Chiesa
vi sono stati uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare
la condizione di servo del Verbo incarnato, e si sono posti alla sua
sequela vivendo in modo specifico e radicale, nella professione
monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione battesimale al
mistero pasquale della sua morte e risurrezione. In questo modo,
facendosi portatori della Croce (staurophóroi), si sono
impegnati a diventare portatori dello Spirito (pneumatophóroi),
uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare
segretamente la storia con la lode e l'intercessione continua, con i
consigli ascetici e le opere della carità.
Nell'intento di trasfigurare il
mondo e la vita in attesa della definitiva visione del volto di Dio,
il monachesimo orientale privilegia la conversione, la rinuncia a se
stessi e la compunzione del cuore, la ricerca dell'esichia, cioè
della pace interiore, e la preghiera incessante, il digiuno e le
veglie, il combattimento spirituale e il silenzio, la gioia pasquale
per la presenza del Signore e per l'attesa della sua venuta
definitiva, l'offerta di sé e dei propri averi, vissuta nella santa
comunione del cenobio o nella solitudine eremitica.11
Anche l'Occidente ha praticato fin
dai primi secoli della Chiesa la vita monastica e ne ha conosciuto una
grande varietà di espressioni nell'ambito sia cenobitico che
eremitico. Nella sua forma attuale, ispirata specialmente a san
Benedetto, il monachesimo occidentale è erede di tanti uomini e donne
che, lasciata la vita secondo il mondo, cercarono Dio e a lui si
dedicarono, «nulla anteponendo all'amore di Cristo».12 Anche i
monaci di oggi si sforzano di conciliare armonicamente la vita
interiore e il lavoro nell'impegno evangelico della conversione
dei costumi, dell'obbedienza, della stabilità, e nell'assidua
dedizione alla meditazione della Parola (lectio divina), alla
celebrazione della liturgia, alla preghiera. I monasteri sono stati e
sono tuttora, nel cuore della Chiesa e del mondo, un eloquente segno
di comunione, un'accogliente dimora per coloro che cercano Dio e le
cose dello spirito, scuole di fede e veri laboratori di studio, di
dialogo e di cultura per l'edificazione della vita ecclesiale e della
stessa città terrena, in attesa di quella celeste.
L'Ordine delle vergini, gli
eremiti, le vedove
7. È motivo di gioia e di
speranza vedere che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle
vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi
apostolici.13 Consacrate dal Vescovo diocesano, esse acquisiscono un
particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur
restando nel mondo. Da sole o associate, esse costituiscono una
speciale immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura,
quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l'amore per Cristo
Sposo.
Gli eremiti e le eremite,
appartenenti ad Ordini antichi o ad Istituti nuovi, o anche dipendenti
direttamente dal Vescovo, con l'interiore ed esteriore separazione dal
mondo testimoniano la provvisorietà del tempo presente, col digiuno e
la penitenza attestano che non di solo pane vive l'uomo, ma della
Parola di Dio (cfr Mt 4, 4). Una tale vita «nel deserto» è
un invito per i propri simili e per la stessa comunità ecclesiale a non
perdere mai di vista la suprema vocazione, che è di stare sempre
con il Signore.
Torna ad essere oggi praticata
anche la consacrazione delle vedove,14 nota fin dai tempi
apostolici (cfr 1 Tim 5, 5. 9-10; 1 Cor 7, 8), nonché
quella dei vedovi. Queste persone, mediante il voto di castità
perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione
per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa.
Istituti dediti totalmente
alla contemplazione
8. Gli Istituti completamente
ordinati alla contemplazione, composti da donne o da uomini, sono per
la Chiesa un motivo di gloria e una sorgente di grazie celesti. Con la
loro vita e la loro missione le persone che ne fanno parte imitano
Cristo in orazione sul monte, testimoniano la signoria di Dio sulla
storia, anticipano la gloria futura.
Nella solitudine e nel silenzio,
mediante l'ascolto della Parola di Dio, l'esercizio del culto divino,
l'ascesi personale, la preghiera, la mortificazione e la comunione
dell'amore fraterno, orientano tutta la loro vita ed attività alla
contemplazione di Dio. Offrono così alla comunità ecclesiale una
singolare testimonianza dell'amore della Chiesa per il suo Signore e
contribuiscono, con una misteriosa fecondità apostolica, alla
crescita del Popolo di Dio.15
È legittimo, pertanto, auspicare
che le varie forme di vita contemplativa conoscano una crescente
diffusione nelle giovani Chiese come espressione di pieno
radicamento del Vangelo, soprattutto in quelle regioni del mondo dove
sono più diffuse altre religioni. Ciò consentirà di testimoniare il
vigore delle tradizioni di ascesi e di mistica cristiane e favorirà
lo stesso dialogo interreligioso.16
La vita religiosa apostolica
9. In Occidente sono fiorite lungo
i secoli molteplici altre espressioni di vita religiosa, nelle quali
innumerevoli persone, rinunciando al mondo, si sono consacrate a Dio
attraverso la professione pubblica dei consigli evangelici secondo uno
specifico carisma e in una stabile forma di vita comune,17 per un
multiforme servizio apostolico al popolo di Dio: così le diverse
famiglie di Canonici regolari, gli Ordini mendicanti, i Chierici
regolari ed in genere le Congregazioni religiose maschili e femminili
dedite all'attività apostolica e missionaria ed alle molteplici opere
che la carità cristiana ha suscitato.
È una testimonianza splendida e
varia, nella quale si rispecchia la molteplicità dei doni elargiti da
Dio a fondatori e fondatrici che, aperti all'azione dello Spirito
Santo, hanno saputo interpretare i segni dei tempi e rispondere in
modo illuminato alle esigenze via via emergenti. Sulle loro orme tante
altre persone hanno cercato, con la parola e con l'azione, di
incarnare il Vangelo nella propria esistenza, per riproporre nel loro
tempo la viva presenza di Gesù, il Consacrato per eccellenza e
l'Apostolo del Padre. In Cristo Signore religiosi e religiose devono
continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera
una profonda comunione di sentimenti con Lui (cfr Fil 2, 5-11),
affinché tutta la loro vita sia pervasa dallo spirito apostolico e
tutta l'azione apostolica sia compenetrata di contemplazione.18
Gli Istituti secolari
10. Lo Spirito Santo, artefice
mirabile della varietà dei carismi, ha suscitato nel nostro tempo nuove
espressioni di vita consacrata, quasi a voler corrispondere,
secondo un provvidenziale disegno, alle nuove necessità che la Chiesa
oggi incontra nell'adempimento della sua missione nel mondo.
Il pensiero va innanzitutto agli Istituti
secolari, i cui membri intendono vivere la consacrazione a Dio
nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici nel
contesto delle strutture temporali, per essere così lievito di
sapienza e testimoni di grazia all'interno della vita culturale,
economica e politica. Attraverso la sintesi, che è loro specifica, di
secolarità e consacrazione, essi intendono immettere nella società
le energie nuove del Regno di Cristo, cercando di trasfigurare il
mondo dal di dentro con la forza delle Beatitudini. In questo modo,
mentre la totale appartenenza a Dio li rende pienamente consacrati al
suo servizio, la loro attività nelle normali condizioni laicali
contribuisce, sotto l'azione dello Spirito, all'animazione evangelica
delle realtà secolari. Gli Istituti secolari contribuiscono così ad
assicurare alla Chiesa, secondo la specifica indole di ciascuno, una
presenza incisiva nella società.19
Una preziosa funzione svolgono
anche gli Istituti secolari clericali, in cui sacerdoti
appartenenti al presbiterio diocesano, anche quando viene ad alcuni di
loro riconosciuta l'incardinazione al proprio Istituto, si consacrano
a Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici secondo uno
specifico carisma. Essi trovano nelle ricchezze spirituali
dell'Istituto a cui appartengono un grande aiuto per vivere
intensamente la spiritualità propria del sacerdozio e, in tal modo,
essere fermento di comunione e di generosità apostolica tra i
confratelli.
Le Società di vita
apostolica
11. Speciale menzione meritano,
poi, le Società di vita apostolica o di vita comune, maschili
e femminili, le quali perseguono, con uno stile loro proprio, uno
specifico fine apostolico o missionario. In molte di esse, con vincoli
sacri riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, sono espressamente
assunti i consigli evangelici. Anche in tal caso, tuttavia, la
peculiarità della loro consacrazione le distingue dagli Istituti
religiosi e dagli Istituti secolari. È da salvaguardare e promuovere
la specificità di questa forma di vita, che nel corso degli ultimi
secoli ha prodotto tanti frutti di santità e di apostolato,
specialmente nel campo della carità e nella diffusione missionaria
del Vangelo.20
Nuove espressioni di vita
consacrata
12. La perenne giovinezza della
Chiesa continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni, dopo
il Concilio Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate
forme di vita consacrata. In molti casi si tratta di Istituti
simili a quelli già esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed
apostolici. La loro vitalità deve essere vagliata dall'autorità
della Chiesa, alla quale compete l'opportuno esame sia per saggiare
l'autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l'eccessiva
moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente
rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli. In
altri casi si tratta di esperienze originali, che sono alla ricerca di
una propria identità nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente
riconosciute dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo
giudizio.21
Queste nuove forme di vita
consacrata, che s'aggiungono alle antiche, testimoniano della costante
attrattiva che la donazione totale al Signore, l'ideale della comunità
apostolica, i carismi di fondazione continuano ad esercitare anche
sulla presente generazione e sono pure segno della complementarietà
dei doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito, tuttavia, nella novità
non si contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di vita
consacrata non hanno soppiantato le precedenti. In così multiforme
varietà s'è potuta conservare l'unità di fondo grazie alla medesima
chiamata a seguire, nella ricerca della perfetta carità, Gesù
vergine, povero e obbediente. Tale chiamata, come si trova in tutte le
forme già esistenti, così è richiesta in quelle che si propongono
come nuove.
Finalità dell'Esortazione
apostolica
13. Raccogliendo i frutti dei
lavori sinodali, con questa Esortazione apostolica intendo rivolgermi
a tutta la Chiesa, per offrire non solo alle persone consacrate, ma
anche ai Pastori e ai fedeli, i risultati di un confronto
stimolante, sui cui sviluppi non ha mancato di vegliare lo Spirito
Santo con i suoi doni di verità e d'amore.
In questi anni di rinnovamento la
vita consacrata ha attraversato, come del resto altre forme di vita
nella Chiesa, un periodo delicato e faticoso. È stato un periodo
ricco di speranze, di tentativi e proposte innovatrici miranti a
rinvigorire la professione dei consigli evangelici. Ma è stato anche
un tempo non privo di tensioni e di travagli, in cui esperienze pur
generose non sono state sempre coronate da risultati positivi.
Le difficoltà non devono tuttavia
indurre allo scoraggiamento. Occorre piuttosto impegnarsi con nuovo
slancio, perché la Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e
apostolico di una vita consacrata rinnovata e rinvigorita. Con la
presente Esortazione postsinodale desidero rivolgermi alle comunità
religiose e alle persone consacrate con lo stesso spirito che animava
la lettera inviata ai cristiani di Antiochia dal Concilio di
Gerusalemme, e nutro la speranza che abbia pure a ripetersi oggi la
medesima esperienza registrata allora: «Quando l'ebbero letta, si
rallegrarono per l' incoraggiamento che infondeva» (At 15,
31). Non solo: ma nutro pure la speranza di accrescere la gioia di
tutto il popolo di Dio, che, conoscendo meglio la vita consacrata,
potrà con più consapevolezza rendere grazie all'Onnipotente per
questo grande dono.
In atteggiamento di cordiale
apertura verso i Padri sinodali, ho fatto tesoro dei preziosi
contributi emersi durante gli intensi lavori assembleari, ai quali ho
voluto essere costantemente presente. Durante tale periodo, ho pure
curato di offrire a tutto il Popolo di Dio alcune catechesi
sistematiche sulla vita consacrata nella Chiesa. Ho riproposto in esse
gli insegnamenti presenti nei testi del Concilio Vaticano II, che è
stato luminoso punto di riferimento degli sviluppi dottrinali
successivi e della stessa riflessione operata dal Sinodo durante le
intense settimane dei suoi lavori.22
Mentre confido che i figli della
Chiesa, e in particolare le persone consacrate, vorranno accogliere
con adesione cordiale anche questa Esortazione, auspico che la
riflessione continui per l'approfondimento del grande dono della vita
consacrata nella triplice dimensione della consacrazione, della
comunione e della missione, e che consacrati e consacrate, in piena
sintonia con la Chiesa e il suo Magistero, trovino così ulteriori
stimoli per affrontare spiritualmente e apostolicamente le sfide
emergenti.
CAPITOLO
I
CONFESSIO
TRINITATIS
ALLE
SORGENTI CRISTOLOGICO-TRINITARIE
DELLA VITA CONSACRATA
L'icona di Cristo
trasfigurato
14. Il fondamento evangelico della
vita consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesù, nella sua
esistenza terrena, stabilì con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli
non solo ad accogliere il Regno di Dio nella propria vita, ma a porre
la propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e
imitando da vicino la sua forma di vita.
Una tale esistenza «cristiforme»,
proposta a tanti battezzati lungo la storia, è possibile solo sulla
base di una speciale vocazione e in forza di un peculiare dono dello
Spirito. In essa, infatti, la consacrazione battesimale è portata ad
una risposta radicale nella sequela di Cristo mediante l'assunzione
dei consigli evangelici, primo ed essenziale tra essi il vincolo sacro
della castità per il Regno dei Cieli.23 Questa speciale «sequela di
Cristo», alla cui origine sta sempre l'iniziativa del Padre, ha,
dunque, una connotazione essenzialmente cristologica e pneumatologica,
esprimendo così in modo particolarmente vivo il carattere trinitario
della vita cristiana, della quale anticipa in qualche modo la
realizzazione escatologica a cui tutta la Chiesa tende.24
Molte sono, nel Vangelo, le parole
e i gesti di Cristo che illuminano il senso di questa speciale
vocazione. Per coglierne, tuttavia, in una visione d'insieme i tratti
essenziali, di singolare aiuto si rivela fissare lo sguardo sul volto
raggiante di Cristo nel mistero della Trasfigurazione. A questa «icona»
si riferisce tutta un'antica tradizione spirituale, quando collega la
vita contemplativa all'orazione di Gesù «sul monte».25 Ad essa
possono inoltre ricondursi, in qualche modo, le stesse dimensioni «attive»
della vita consacrata, giacché la Trasfigurazione non è solo
rivelazione della gloria di Cristo, ma anche preparazione ad
affrontarne la croce. Essa implica un «ascendere al monte» e un «discendere
dal monte»: i discepoli che hanno goduto dell'intimità del Maestro,
avvolti per un momento dallo splendore della vita trinitaria e della
comunione dei santi, quasi rapiti nell'orizzonte dell'eterno, sono
subito riportati alla realtà quotidiana, dove non vedono che «Gesù
solo» nell'umiltà della natura umana, e sono invitati a tornare a
valle, per vivere con lui la fatica del disegno di Dio e imboccare con
coraggio la via della croce.
«E fu trasfigurato
davanti a loro»
15. «Sei giorni dopo, Gesù
prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in
disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo
volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la
luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.Pietro
prese allora la parole e disse a Gesù: ‘ Signore, è bello per noi
restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè
una per Elia '.Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li
avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva:‘ Questi è il
Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo '.All'udire
ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da
grande timore.Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e
non temete '. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù
solo.E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro:‘ Non
parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non
sia risorto dai morti '» (Mt 17, 1-9).L'episodio della
Trasfigurazione segna un momento decisivo nel ministero di Gesù.
È evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore dei
discepoli, li prepara al dramma della Croce ed anticipa la gloria
della risurrezione. Questo mistero è continuamente rivissuto dalla
Chiesa, popolo in cammino verso l'incontro escatologico col suo
Signore. Come i tre apostoli prescelti, la Chiesa contempla il volto
trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare lo
smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce. Nell'uno e
nell'altro caso, essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del
suo mistero, avvolta dalla sua luce.
Da questa luce sono raggiunti
tutti i suoi figli, tutti ugualmente chiamati a seguire Cristo
riponendo in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter dire
con l'Apostolo: «Per me il vivere è Cristo!» (Fil 1, 21). Ma
un'esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato
fanno certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei
consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per
la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non
trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro:
«Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt 17, 4). Queste
parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana.
Esse, tuttavia, esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante
che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita
consacrata: “Come è bello restare con Te, dedicarci a Te,
concentrare in modo esclusivo la nostra esistenza su di Te!”. In
effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di
amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore: Egli è il «più
bello tra i figli dell'uomo» (Sal 45 [44], 3),
l'Incomparabile.
«Questi è il Figlio mio
prediletto: ascoltatelo!»
16. Ai tre discepoli estasiati
giunge l'appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in
Lui ogni fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene
dall'alto acquista nuova profondità l'invito col quale Gesù stesso,
all'inizio della vita pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela,
strappandoli alla loro vita ordinaria e accogliendoli nella sua
intimità. È proprio da questa speciale grazia di intimità che
scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e l'esigenza del
dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici. Questi,
prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del
mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa.
Nell'unità della vita cristiana,
infatti, le varie vocazioni sono come raggi dell'unica luce di Cristo
«riflessa sul volto della Chiesa».26 I laici, in forza
dell'indole secolare della loro vocazione, rispecchiano il mistero del
Verbo Incarnato soprattutto in quanto esso è l'Alfa e l'Omega del
mondo, fondamento e misura del valore di tutte le cose create. I ministri
sacri, da parte loro, sono immagini vive di Cristo capo e pastore,
che guida il suo popolo nel tempo del «già e non ancora», in attesa
della sua venuta nella gloria. Alla vita consacrata è affidato
il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo come il
traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte
al quale ogni altra luce impallidisce, l'infinita bellezza che, sola,
può appagare totalmente il cuore dell'uomo. Nella vita consacrata,
dunque, non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore,
amandolo «più del padre e della madre, più del figlio o della
figlia» (cfr Mt 10, 37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma
di vivere ed esprimere ciò con l'adesione «conformativa» a
Cristo dell'intera esistenza , in una tensione totalizzante che
anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi,
la perfezione escatologica.
Attraverso la professione dei
consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della
propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto
possibile, «la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne
nel mondo».27 Abbracciando la verginità , egli fa suo l'amore
verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno
con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà,
lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli
restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della
propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo
confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace
solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è
perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.
Con tale immedesimazione «conformativa»
al mistero di Cristo, la vita consacrata realizza a titolo speciale
quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita
cristiana, riconoscendo con ammirazione la sublime bellezza di Dio
Padre, Figlio e Spirito Santo e testimoniandone con gioia l'amorevole
condiscendenza verso ogni essere umano.
I. A LODE DELLA TRINITÀ
A Patre ad Patrem:
l'iniziativa di Dio
17. La contemplazione della gloria
del Signore Gesù nell'icona della Trasfigurazione rivela alle persone
consacrate innanzitutto il Padre, creatore e datore di ogni bene, che
attrae a sé (cfr Gv 6, 44) una sua creatura con uno speciale
amore e in vista di una speciale missione. «Questi è il Figlio mio
prediletto: ascoltatelo!» (Mt 17, 5). Assecondando quest'appello
accompagnato da un'interiore attrazione, la persona chiamata si affida
all'amore di Dio che la vuole al suo esclusivo servizio, e si consacra
totalmente a Lui e al suo disegno di salvezza (cfr 1 Cor 7,
32-34).
Qui sta il senso della vocazione
alla vita consacrata: un'iniziativa tutta del Padre (cfr Gv 15,
16), che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione
totale ed esclusiva.28 L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è
a tal punto intima e forte che la persona avverte di dover rispondere
con la dedizione incondizionata della sua vita, consacrando tutto,
presente e futuro, nelle sue mani. Proprio per questo, seguendo san
Tommaso, si può comprendere l'identità della persona consacrata a
partire dalla totalità della sua offerta, paragonabile ad un
autentico olocausto.29
Per Filium: sulle orme
di Cristo
18. Il Figlio, via che conduce al
Padre (cfr Gv 14, 6), chiama tutti coloro che il Padre gli ha
dato (cfr Gv 17, 9) ad una sequela che ne orienta l'esistenza.
Ma ad alcuni — le persone di vita consacrata, appunto — Egli
chiede un coinvolgimento totale, che comporta l'abbandono di ogni cosa
(cfr Mt 19, 27), per vivere in intimità con Lui30 e seguirlo
dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 4).
Nello sguardo di Gesù (cfr Mc
10, 21), «immagine del Dio invisibile» (Col 1, 15),
irradiazione della gloria del Padre (cfr Eb 1, 3), si coglie la
profondità di un amore eterno ed infinito che tocca le radici
dell'essere.31 La persona, che se ne lascia afferrare, non può non
abbandonare tutto e seguirlo (cfr Mc 1, 16-20; 2, 14; 10,
21.28). Come Paolo, essa considera tutto il resto «una perdita di
fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù», a confronto
del quale non esita a ritenere ogni cosa «come spazzatura, al fine di
guadagnare Cristo» (Fil 3, 8). La sua aspirazione è di
immedesimarsi con Lui, assumendone i sentimenti e la forma di vita.
Questo lasciare tutto e seguire il Signore (cfr Lc 18, 28)
costituisce un programma valido per tutte le persone chiamate e per
tutti i tempi.
I consigli evangelici, con i quali
Cristo invita alcuni a condividere la sua esperienza di vergine,
povero e obbediente, richiedono e manifestano, in chi li accoglie, il
desiderio esplicito di totale conformazione a Lui. Vivendo «in
obbedienza, senza nulla di proprio e in castità»,32 i consacrati
confessano che Gesù è il Modello in cui ogni virtù raggiunge la
perfezione. La sua forma di vita casta, povera e obbediente, appare
infatti il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra, un
modo — si può dire — divino, perché abbracciato da Lui,
Uomo-Dio, quale espressione della sua relazione di Figlio Unigenito
col Padre e con lo Spirito Santo. È questo il motivo per cui nella
tradizione cristiana si è sempre parlato della obiettiva
eccellenza della vita consacrata.Non si può inoltre negare che la
pratica dei consigli costituisca un modo particolarmente intimo e
fecondo di prendere parte anche alla missione di Cristo,
sull'esempio di Maria di Nazaret, prima discepola, la quale accettò
di mettersi al servizio del disegno divino con il dono totale di se
stessa. Ogni missione inizia con lo stesso atteggiamento espresso da
Maria nell'annunciazione: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga
di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).
In Spiritu: consacrati dallo
Spirito Santo
19. «Una nube luminosa li avvolse
con la sua ombra» (Mt 17, 5). Una significativa
interpretazione spirituale della Trasfigurazione vede in questa nube
l'immagine dello Spirito Santo.ome l'intera esistenza cristiana, anche
la chiamata alla vita consacrata è in intima relazione con l'opera
dello Spirito Santo. È Lui che, lungo i millenni, attrae sempre nuove
persone a percepire il fascino di una scelta tanto impegnativa. Sotto
la sua azione esse rivivono, in qualche modo, l'esperienza del profeta
Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre»
(20, 7). È lo Spirito che suscita il desiderio di una risposta piena;
è Lui che guida la crescita di tale desiderio, portando a maturazione
la risposta positiva e sostenendone poi la fedele esecuzione; è Lui
che forma e plasma l'animo dei chiamati, configurandoli a Cristo
casto, povero e obbediente e spingendoli a far propria la sua
missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino
di purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone
cristiformi, prolungamento nella storia di una speciale presenza
del Signore risorto.Con penetrante intuizione, i Padri della Chiesa
hanno qualificato questo cammino spirituale come filocalia,
ossia amore per la bellezza divina, che è irradiazione della
divina bontà. La persona che dalla potenza dello Spirito Santo è
condotta progressivamente alla piena configurazione a Cristo, riflette
in sé un raggio della luce inaccessibile e nel suo peregrinare
terreno cammina fino alla Fonte inesauribile della luce. In tal modo
la vita consacrata diventa un'espressione particolarmente profonda
della Chiesa Sposa, la quale, condotta dallo Spirito a riprodurre in sé
i lineamenti dello Sposo, Gli compare davanti «tutta gloriosa, senza
macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef
5, 27).Lo stesso Spirito poi, lungi dal sottrarre alla storia degli
uomini le persone che il Padre ha chiamato, le pone a servizio dei
fratelli secondo le modalità proprie del loro stato di vita, e le
orienta a svolgere particolari compiti, in rapporto alle necessità
della Chiesa e del mondo, attraverso i carismi propri dei vari
Istituti. Da qui il sorgere di molteplici forme di vita consacrata,
attraverso le quali la Chiesa è «anche abbellita con la varietà dei
doni dei suoi figli, [...] come una sposa adornata per il suo sposo (cfr
Ap 21, 2)»e viene arricchita di ogni mezzo per svolgere la sua
missione nel mondo.
I consigli evangelici, dono
della Trinità
20. I consigli evangelici sono
dunque prima di tutto un dono della Trinità Santissima. La
vita consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per mezzo del
Figlio, nello Spirito compie con il suo amore, la sua bontà, la sua
bellezza. Infatti «lo stato religioso [...] manifesta l'elevatezza
del Regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze
supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza
della virtù di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito
Santo, mirabilmente operante nella Chiesa».rimo compito della vita
consacrata è di rendere visibili le meraviglie che Dio opera
nella fragile umanità delle persone chiamate. Più che con le parole,
esse testimoniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di
un'esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il mondo. Allo
stupore degli uomini esse rispondono con l'annuncio dei prodigi di
grazia che il Signore compie in coloro che Egli ama. Nella misura in
cui la persona consacrata si lascia condurre dallo Spirito fino ai
vertici della perfezione, può esclamare: «Vedo la bellezza della tua
grazia, ne contemplo in fulgore, ne rifletto la luce; sono preso dal
suo ineffabile splendore; sono condotto fuori di me mentre penso a me
stesso; vedo com'ero e cosa sono divenuto. O prodigio! Sto attento,
sono pieno di rispetto per me stesso, di riverenza e di timore, come
davanti a Te stesso; non so cosa fare, poiché mi ha preso la
timidezza; non so dove sedermi, a che cosa avvicinarmi, dove riposare
queste membra che ti appartengono; per quale impresa, per quale opera
impiegarle, queste sorprendenti meraviglie divine».Così la vita
consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia
nella storia, perché gli uomini possano avvertire il fascino e la
nostalgia della bellezza divina.
Nei consigli il riflesso
della vita trinitaria
21. Il riferimento dei consigli
evangelici alla Trinità Santa e santificante rivela il loro senso più
profondo. Essi infatti sono espressione dell'amore che il Figlio porta
al Padre nell'unità dello Spirito Santo. Praticandoli, la persona
consacrata vive con particolare intensità il carattere trinitario e
cristologico che contrassegna tutta la vita cristiana. La castità dei
celibi e delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio
con cuore indiviso (cfr 1 Cor 7, 32-34), costituisce un
riflesso dell'amore infinito che lega le tre Persone divine
nella profondità misteriosa della vita trinitaria; amore testimoniato
dal Verbo incarnato fino al dono della sua vita; amore «riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5), che
stimola ad una risposta di amore totale per Dio e per i fratelli.La povertà
confessa che Dio è l'unica vera ricchezza dell'uomo. Vissuta
sull'esempio di Cristo che «da ricco che era, si è fatto povero» (2
Cor 8, 9), diventa espressione del dono totale di sé che
le tre Persone divine reciprocamente si fanno. È dono che trabocca
nella creazione e si manifesta pienamente nell'Incarnazione del Verbo
e nella sua morte redentrice.L' obbedienza, praticata ad
imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr Gv
4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e
non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla
reciproca fiducia, che è riflesso nella storia dell' amorosa
corrispondenza delle tre Persone divine.La vita consacrata,
pertanto, è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei
consigli evangelici con un amore sempre più sincero e forte in
dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla
sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l'animo ad
accogliere le sue ispirazioni; al Padre , prima origine e scopo
supremo della vita consacrata.Essa diventa così confessione e segno
della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come modello
e sorgente di ogni forma di vita cristiana.La stessa vita fraterna,
in virtù della quale le persone consacrate si sforzano di vivere in
Cristo con «un cuore solo e un'anima sola» (At 4, 32), si
propone come eloquente confessione trinitaria. Essa confessa il
Padre, che vuole fare di tutti gli uomini una sola famiglia;
confessa il Figlio incarnato, che raccoglie i redenti
nell'unità, indicando la via con il suo esempio, la sua preghiera, le
sue parole e soprattutto con la sua morte, sorgente di riconciliazione
per gli uomini divisi e dispersi; confessa lo Spirito Santo
quale principio di unità nella Chiesa, dove Egli non cessa di
suscitare famiglie spirituali e comunità fraterne.
Consacrati come Cristo per
il Regno di Dio
22. La vita consacrata «più
fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa»,per
impulso dello Spirito Santo, la forma di vita che Gesù, supremo
consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato ed
ha proposto ai discepoli che lo seguivano (cfr Mt 4, 18-22; Mc
1, 16-20; Lc 5, 10-11; Gv 15, 16). Alla luce della
consacrazione di Gesù, è possibile scoprire nell'iniziativa del
Padre, fonte di ogni santità, la sorgente originaria della vita
consacrata. Gesù stesso, infatti, è colui che «Dio ha consacrato in
Spirito Santo e potenza» (At 10, 38), «colui che il Padre ha
consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36). Accogliendo la
consacrazione del Padre, il Figlio a sua volta si consacra a Lui per
l'umanità (cfr Gv 17, 19): la sua vita di verginità, di
obbedienza e di povertà esprime la sua filiale e totale adesione al
disegno del Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11). La sua perfetta
oblazione conferisce un significato di consacrazione a tutti gli
eventi della sua esistenza terrena.Egli è l' obbediente per
eccellenza, disceso dal cielo non per fare la sua volontà, ma la
volontà di Colui che lo ha mandato (cfr Gv 6, 38; Eb 10,
5.7). Egli rimette il suo modo di essere e di agire nelle mani del
Padre (cfr Lc 2, 49). In obbedienza filiale, adotta la forma
del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
[...], facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce» (Fil
2, 7-8). È in tale atteggiamento di docilità al Padre che, pur
approvando e difendendo la dignità e la santità della vita
matrimoniale, Cristo assume la forma di vita verginale e rivela così il
pregio sublime e la misteriosa fecondità spirituale della verginità.
La sua piena adesione al disegno del Padre si manifesta anche nel
distacco dai beni terreni: «Da ricco che era, si è fatto povero per
voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2
Cor 8, 9). La profondità della sua povertà si rivela
nella perfetta oblazione di tutto ciò che è suo al Padre.Veramente
la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di esistere
e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di
fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione della vita e del
messaggio del Salvatore.
II. TRA PASQUA E COMPIMENTO
Dal Tabor al Calvario
23. L'evento sfolgorante della
Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del
Calvario. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesù
insieme a Mosè ed Elia, con i quali — secondo l'evangelista Luca
— Gesù parla «della sua dipartita che avrebbe portato a compimento
a Gerusalemme» (9, 31). Gli occhi degli apostoli dunque sono fissi su
Gesù che pensa alla Croce (cfr Lc 9, 43-45). Lì il suo amore
verginale per il Padre e per tutti gli uomini raggiungerà la sua
massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di
tutto; la sua obbedienza fino al dono della vita.I discepoli e le
discepole sono invitati a contemplare Gesù esaltato sulla Croce,
dalla quale «il Verbo uscito dal silenzio»,nel suo silenzio e nella
sua solitudine, afferma profeticamente l'assoluta trascendenza di Dio
su tutti i beni creati, vince nella sua carne il nostro peccato e
attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la nuova vita
della risurrezione (cfr Gv 12, 32; 19, 34.37). Nella
contemplazione di Cristo crocifisso trovano ispirazione tutte le
vocazioni; da essa traggono origine, con il dono fondamentale dello
Spirito, tutti i doni e in particolare il dono della vita consacrata.Dopo
Maria, Madre di Gesù, questo dono riceve Giovanni, il discepolo che
Gesù amava, il testimone che insieme a Maria si trovava ai piedi
della Croce (cfr Gv 19, 26-27). La sua decisione di
consacrazione totale è frutto dell'amore divino che lo avvolge, lo
sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i
primi della lunga schiera di uomini e donne, che dagli inizi della
Chiesa fino alla fine, toccati dall'amore di Dio, si sentono chiamati
a seguire l'Agnello immolato e vivente, dovunque Egli vada (cfr Ap
14, 1-5).
Dimensione pasquale della
vita consacrata
24. La persona consacrata, nelle
varie forme di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della
storia, fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto più
immediato e profondo quanto più si pone sotto la Croce di Cristo.
Colui che nella sua morte appare agli occhi umani sfigurato e senza
bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il volto (cfr Is
53, 2-3), proprio sulla Croce manifesta pienamente la bellezza e la
potenza dell'amore di Dio. Sant'Agostino lo canta così: «Bello è
Dio, Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello
nel seno, bello nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello
nei supplizi; bello nell'invitare alla vita e bello nel non curarsi
della morte; bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla;
bello nella Croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il
cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i
vostri occhi dallo splendore della sua bellezza».a vita consacrata
rispecchia questo splendore dell'amore, perché confessa, con la sua
fedeltà al mistero della Croce, di credere e di vivere dell'amore del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa
contribuisce a tener viva nella Chiesa la coscienza che la Croce è
la sovrabbondanza dell'amore di Dio che trabocca su questo mondo ,
è il grande segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò
specialmente nelle difficoltà e nelle prove. È quanto viene
testimoniato continuamente e con coraggio degno di profonda
ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono spesso
in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La
loro fedeltà all'unico Amore si mostra e si tempra nell'umiltà di
una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per completare
ciò che nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col
1, 24), nel sacrificio silenzioso, nell'abbandono alla santa volontà
di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino delle forze e
della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la
dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza
sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei
fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella
condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione
alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa.
Testimoni di Cristo nel
mondo
25. Dal mistero pasquale sgorga
anche la missionarietà , che è dimensione qualificante
l'intera vita ecclesiale. Essa ha una sua specifica realizzazione
nella vita consacrata. Infatti, anche al di là dei carismi propri di
quegli Istituti che sono dediti alla missione ad gentes o
s'impegnano in attività di tipo propriamente apostolico, si può dire
che la missionarietà è insita nel cuore stesso di ogni forma di
vita consacrata. Nella misura in cui il consacrato vive una vita
unicamente dedita al Padre (cfr Lc 2, 49; Gv 4, 34),
afferrata da Cristo (cfr Gv 15, 16; Gal 1, 15-16),
animata dallo Spirito (cfr Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 4),
egli coopera efficacemente alla missione del Signore Gesù (cfr Gv
20, 21), contribuendo in modo particolarmente profondo al rinnovamento
del mondo.Il primo compito missionario le persone consacrate lo hanno
verso se stesse, e lo adempiono aprendo il proprio cuore all'azione
dello Spirito di Cristo. La loro testimonianza aiuta la Chiesa intera
a ricordare che al primo posto sta il servizio gratuito di Dio, reso
possibile dalla grazia di Cristo, comunicata al credente mediante il
dono dello Spirito. Al mondo viene così annunciata la pace che
discende dal Padre, la dedizione che è testimoniata dal Figlio, la
gioia che è frutto dello Spirito Santo.Le persone consacrate saranno
missionarie innanzitutto approfondendo continuamente la coscienza di
essere state chiamate e scelte da Dio, al quale devono perciò
rivolgere tutta la loro vita ed offrire tutto ciò che sono e che
hanno, liberandosi dagli impedimenti che potrebbero ritardare la
totalità della risposta d'amore. In questo modo potranno diventare un
vero segno di Cristo nel mondo. Anche il loro stile di vita deve
far trasparire l'ideale che professano, proponendosi come segno
vivente di Dio e come eloquente, anche se spesso silenziosa,
predicazione del Vangelo.Sempre, ma specialmente nella cultura
contemporanea, spesso così secolarizzata e tuttavia sensibile al
linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere
visibile la sua presenza nella vita quotidiana. Un contributo
significativo in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle persone
consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una concreta
testimonianza della loro appartenenza a Cristo.Poiché l'abito è
segno di consacrazione, di povertà e di appartenenza ad una certa
famiglia religiosa, insieme con i Padri del Sinodo raccomando
vivamente ai religiosi e alle religiose di indossare il proprio abito,
opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei luoghi.Dove
valide esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle
norme del proprio Istituto, potranno anche portare un vestito semplice
e decoroso, con un simbolo idoneo, in modo che sia riconoscibile la
loro consacrazione.Gli Istituti, che dall'origine o per disposizione
delle loro costituzioni non prevedono un abito proprio, abbiano cura
che l'abbigliamento dei loro membri risponda, per dignità e semplicità,
alla natura della loro vocazione.
Dimensione escatologica
della vita consacrata
26. Poiché oggi le preoccupazioni
apostoliche appaiono sempre più urgenti e l'impegno nelle cose di
questo mondo rischia di essere sempre più assorbente, è
particolarmente opportuno richiamare l'attenzione sulla natura
escatologica della vita consacrata .«Là dove è il tuo tesoro,
sarà anche il tuo cuore» (Mt 6, 21): il tesoro unico del
Regno suscita il desiderio, l'attesa, l'impegno e la testimonianza.
Nella Chiesa primitiva l'attesa della venuta del Signore era vissuta
in modo particolarmente intenso. Questo atteggiamento di speranza la
Chiesa non ha, tuttavia, cessato di coltivare col passare dei secoli:
essa ha continuato ad invitare i fedeli a guardare verso la salvezza
pronta ormai per essere rivelata, «perché passa la scena di questo
mondo» (1 Cor 7, 31; cfr 1 Pt 1, 3-6).. questo
orizzonte che meglio si comprende il ruolo di segno escatologico
proprio della vita consacrata. In effetti, è costante la dottrina che
la presenta come anticipazione del Regno futuro. Il Concilio Vaticano
II ripropone questo insegnamento quando afferma che la consacrazione
«meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno
celeste».Questo fa innanzitutto la scelta verginale , sempre
intesa dalla tradizione come un'anticipazione del mondo definitivo ,
che già fin da ora opera e trasforma l'uomo nella sua interezza.Le
persone che hanno dedicato la loro vita a Cristo non possono non
vivere nel desiderio di incontrarLo per essere finalmente e per sempre
con Lui. Di qui l'ardente attesa, di qui il desiderio di «immergersi
nel Focolare d'amore che brucia in esse e che altri non è che lo
Spirito Santo»,attesa e desiderio sostenuti dai doni che il Signore
liberamente concede a coloro che aspirano alle cose di lassù (cfr Col
3, 1).Fissa nelle cose del Signore, la persona consacrata ricorda che
«non abbiamo quaggiù una città stabile» (Eb 13, 14), perché
«la nostra patria è nei cieli» (Fil 3, 20). Sola cosa
necessaria è cercare «il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt
6, 33), invocando incessantemente la venuta del Signore.
Un'attesa operosa: impegno e
vigilanza
27. «Vieni Signore Gesù» (Ap
22, 20). Questa attesa è tutt'altro che inerte: pur
rivolgendosi al Regno futuro, essa si traduce in lavoro e missione,
perché il Regno si renda già presente ora attraverso l'instaurazione
dello spirito delle Beatitudini, capace di suscitare anche nella
società umana istanze efficaci di giustizia, di pace, di solidarietà
e di perdono.Questo è dimostrato ampiamente dalla storia della vita
consacrata, che sempre ha prodotto frutti abbondanti anche per il
mondo. Con i loro carismi le persone consacrate diventano un segno
dello Spirito in ordine ad un futuro nuovo, illuminato dalla fede e
dalla speranza cristiana. La tensione escatologica si converte in
missione , affinché il Regno si affermi in modo crescente qui ed
ora. Alla supplica: «Vieni, Signore Gesù!», si unisce l'altra
invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10).Chi attende
vigile il compimento delle promesse di Cristo è in grado di infondere
speranza anche ai suoi fratelli e sorelle, spesso sfiduciati e
pessimisti riguardo al futuro. La sua è una speranza fondata sulla
promessa di Dio contenuta nella Parola rivelata: la storia degli
uomini cammina verso il nuovo cielo e la nuova terra (cfr Ap
21, 1), in cui il Signore «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non
ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché
le cose di prima sono passate» (Ap 21, 4).La vita consacrata
è al servizio di questa definitiva irradiazione della gloria divina,
quando ogni carne vedrà la salvezza di Dio (cfr Lc 3, 6; Is
40, 5). L'Oriente cristiano sottolinea questa dimensione quando
considera i monaci come angeli di Dio sulla terra, che
annunciano il rinnovamento del mondo in Cristo. In Occidente il
monachesimo è celebrazione di memoria e vigilia: memoria delle
meraviglie operate da Dio, vigilia del compimento ultimo della
speranza. Il messaggio del monachesimo e della vita contemplativa
ripete incessantemente che il primato di Dio è per l'esistenza umana
pienezza di significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed
è inquieto finché in Lui non trova pace.
La Vergine Maria, modello di
consacrazione e di sequela
28. Maria è colei che, fin dalla
sua concezione immacolata, più perfettamente riflette la divina
bellezza. «Tutta bella» è il titolo con cui la Chiesa la invoca. «Il
rapporto con Maria Santissima, che ogni fedele ha in conseguenza della
sua unione con Cristo, risulta ancora più accentuato nella vita delle
persone consacrate. [...] In tutti (gli Istituti di vita consacrata)
vi è la convinzione che la presenza di Maria abbia un'importanza
fondamentale sia per la vita spirituale di ogni singola anima
consacrata, sia per la consistenza, l'unità, il progresso di tutta la
comunità».aria, in effetti, è esempio sublime di perfetta
consacrazione, nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio.
Scelta dal Signore, il quale ha voluto compiere in Lei il mistero
dell'Incarnazione, ricorda ai consacrati il primato dell'iniziativa
di Dio. Al tempo stesso, avendo dato il suo assenso alla divina
Parola, che si è fatta carne in Lei, Maria si pone come modello
dell'accoglienza della grazia da parte della creatura umana.Vicina
a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta di Nazaret,
presente accanto al Figlio in momenti cruciali della sua vita
pubblica, la Vergine è maestra di sequela incondizionata e di assiduo
servizio. In Lei, «tempio dello Spirito Santo»,rifulge così tutto
lo splendore della nuova creatura. La vita consacrata guarda a Lei
come a modello sublime di consacrazione al Padre, di unione col Figlio
e di docilità allo Spirito, nella consapevolezza che aderire «al
genere di vita verginale e povera»di Cristo significa far proprio
anche il genere di vita di Maria.Nella Vergine la persona consacrata
incontra, inoltre, una Madre a titolo del tutto speciale .
Infatti, se la nuova maternità conferita a Maria sul Calvario è un
dono fatto a tutti i cristiani, essa ha un valore specifico per chi ha
consacrato pienamente la propria vita a Cristo. «Ecco la tua madre!»
(Gv 19, 27): le parole di Gesù al «discepolo che egli amava»
(Gv 19, 26) assumono particolare profondità nella vita della
persona consacrata. Essa è chiamata, infatti, con Giovanni a prendere
con sé Maria Santissima (cfr Gv 19, 27), amandola e imitandola
con la radicalità propria della sua vocazione e sperimentandone, di
rimando, una speciale tenerezza materna. La Vergine le comunica quell'amore
che le consente di offrire ogni giorno la vita per Cristo, cooperando
con Lui alla salvezza del mondo. Per questo il rapporto filiale con
Maria costituisce la via privilegiata per la fedeltà alla vocazione
ricevuta e un aiuto efficacissimo per progredire in essa e viverla in
pienezza.
III. NELLA CHIESA E PER LA
CHIESA
«È bello per noi restare
qui»: la vita consacrata nel mistero della Chiesa
29. Nella scena della
Trasfigurazione, Pietro parla a nome degli altri apostoli: «È bello
per noi restare qui» (Mt 17, 4). L'esperienza della gloria di
Cristo, che pur gli inebria la mente e il cuore, non lo isola, ma al
contrario lo lega più profondamente al «noi» dei discepoli.Questa
dimensione del «noi» ci porta a considerare il posto che la vita
consacrata occupa nel mistero della Chiesa. La riflessione
teologica sulla natura della vita consacrata ha approfondito in questi
anni le nuove prospettive emerse dalla dottrina del Concilio Vaticano
II. Alla sua luce s'è preso atto che la professione dei consigli
evangelici appartiene indiscutibilmente alla vita e alla santità
della Chiesa.Questo significa che la vita consacrata, presente fin
dagli inizi, non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento
irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa
natura.Ciò appare con evidenza dal fatto che la professione dei
consigli evangelici è intimamente connessa col mistero di Cristo,
avendo il compito di rendere in qualche modo presente la forma di vita
che Egli prescelse, additandola come valore assoluto ed escatologico.
Gesù stesso, chiamando alcune persone ad abbandonare tutto per
seguirlo, ha inaugurato questo genere di vita che, sotto l'azione
dello Spirito, si svilupperà gradualmente lungo i secoli nelle varie
forme della vita consacrata. La concezione di una Chiesa composta
unicamente da ministri sacri e da laici non corrisponde, pertanto,
alle intenzioni del suo divino Fondatore quali ci risultano dai
Vangeli e dagli altri scritti neotestamentari.
La nuova e speciale
consacrazione
30. Nella tradizione della Chiesa
la professione religiosa viene considerata come un singolare e fecondo
approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo
mezzo, l'intima unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si
sviluppa nel dono di una conformazione più compiutamente espressa e
realizzata, attraverso la professione dei consigli evangelici.uesta
ulteriore consacrazione, tuttavia, riveste una sua peculiarità
rispetto alla prima, della quale non è una conseguenza necessaria.In
realtà, ogni rigenerato in Cristo è chiamato a vivere, con la forza
proveniente dal dono dello Spirito, la castità corrispondente al
proprio stato di vita, l'obbedienza a Dio e alla Chiesa, un
ragionevole distacco dai beni materiali, perché tutti sono chiamati
alla santità, che consiste nella perfezione della carità.Ma il
battesimo non comporta per se stesso la chiamata al celibato o alla
verginità, la rinuncia al possesso dei beni, l'obbedienza ad un
superiore, nella forma propria dei consigli evangelici. Pertanto la
professione di questi ultimi suppone un particolare dono di Dio non
concesso a tutti, come Gesù stesso sottolinea per il caso del
celibato volontario (cfr Mt 19, 10-12).A questa chiamata
corrisponde, peraltro, uno specifico dono dello Spirito Santo,
affinché la persona consacrata possa rispondere alla sua vocazione e
alla sua missione. Per questo, come testimoniano le liturgie
dell'Oriente e dell'Occidente, nel rito della professione monastica o
religiosa e nella consacrazione delle vergini, la Chiesa invoca sulle
persone prescelte il dono dello Spirito Santo e associa la loro
oblazione al sacrificio di Cristo.a professione dei consigli
evangelici è uno sviluppo anche della grazia del sacramento della
Confermazione, ma va oltre le esigenze normali della consacrazione
crismale in forza di un particolare dono dello Spirito, che apre a
nuove possibilità e frutti di santità e di apostolato, come dimostra
la storia della vita consacrata.Quanto ai sacerdoti che fanno
professione dei consigli evangelici, l'esperienza stessa mostra che il
sacramento dell'Ordine trova una peculiare fecondità in questa
consacrazione, dal momento che essa pone e favorisce l'esigenza di
una appartenenza più stretta al Signore. Il sacerdote che fa
professione dei consigli evangelici è particolarmente favorito nel
rivivere in sé la pienezza del mistero di Cristo, grazie anche alla
spiritualità peculiare del proprio Istituto e alla dimensione
apostolica del relativo carisma. Nel presbitero infatti la vocazione
al sacerdozio e alla vita consacrata convergono in profonda e dinamica
unità.Di incommensurabile valore è anche il contributo recato alla
vita della Chiesa dai religiosi sacerdoti integralmente dediti alla
contemplazione. Specialmente nella celebrazione eucaristica essi
compiono un atto della Chiesa e per la Chiesa, al quale uniscono
l'offerta di se stessi, in comunione con Cristo che si offre al Padre
per la salvezza del mondo intero.
I rapporti fra i diversi
stati di vita del cristiano
31. Le varie forme di vita in cui,
secondo il disegno del Signore Gesù, si articola la vita ecclesiale
presentano reciproci rapporti sui quali mette conto di soffermarsi.Tutti
i fedeli, in virtù della loro rigenerazione in Cristo, condividono
una comune dignità; tutti sono chiamati alla santità; tutti
cooperano all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo, ciascuno
secondo la propria vocazione e il dono ricevuto dallo Spirito (cfr Rm
12, 3-8).L'uguale dignità fra tutte le membra della Chiesa è opera
dello Spirito, è fondata sul Battesimo e sulla Cresima ed è
corroborata dall'Eucaristia. Ma è opera dello Spirito anche la
pluriformità. È Lui che costituisce la Chiesa in una comunione
organica nella diversità di vocazioni, carismi e ministeri.e
vocazioni alla vita laicale, al ministero ordinato e alla vita
consacrata si possono considerare paradigmatiche, dal momento che
tutte le vocazioni particolari, sotto l'uno o l'altro aspetto, si
richiamano o si riconducono ad esse, assunte separatamente o
congiuntamente, secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre,
sono al servizio l'una dell'altra, per la crescita del Corpo di Cristo
nella storia e per la sua missione nel mondo. Tutti nella Chiesa sono
consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il ministero ordinato e
la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed una
specifica forma di consacrazione, in vista di una missione peculiare.Alla
missione dei laici, dei quali è proprio «cercare il Regno di
Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»,è
fondamento adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a
tutti i membri del Popolo di Dio. I ministri ordinati, oltre a
questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione
per continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone
consacrate, che abbracciano i consigli evangelici, ricevono una
nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le
impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e
nell'obbedienza — la forma di vita praticata personalmente da Gesù,
e da Lui proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie,
manifestazione dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come
caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i
pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a
Cristo vergine, povero, obbediente.
Lo speciale valore della
vita consacrata
32. In questo armonioso insieme di
doni, a ciascuno dei fondamentali stati di vita è affidato il compito
di esprimere, nel suo proprio ordine, l'una o l'altra dimensione
dell'unico mistero di Cristo. Se nel far risuonare l'annuncio
evangelico all'interno delle realtà temporali ha una particolare
missione la vita laicale, nell'ambito della comunione ecclesiale un
insostituibile ministero è svolto da coloro che sono costituiti
nell'Ordine sacro , in modo speciale dai Vescovi. Questi hanno il
compito di guidare il Popolo di Dio con l'insegnamento della Parola,
l'amministrazione dei Sacramenti e l'esercizio della sacra potestà a
servizio della comunione ecclesiale, che è comunione organica,
gerarchicamente ordinata.uanto alla significazione della santità
della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita
consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo.
Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente
ricca dei beni evangelici e un'attuazione più compiuta del fine della
Chiesa che è la santificazione dell'umanità. La vita consacrata
annuncia e in certo modo anticipa il tempo futuro, quando, raggiunta
la pienezza di quel Regno dei cieli che già ora è presente in germe
e nel mistero,i figli della risurrezione non prenderanno né moglie né
marito, ma saranno come angeli di Dio (cfr Mt 22, 30).In
effetti, l'eccellenza della castità perfetta per il Regno,a buon
diritto considerata la «porta» di tutta la vita consacrata,è
oggetto del costante insegnamento della Chiesa. Essa peraltro tributa
grande stima alla vocazione al matrimonio, che rende i coniugi «testimoni
e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e in
partecipazione di quell'amore, col quale Cristo ha amato la sua Sposa
e si è dato per lei».n questo orizzonte comune a tutta la vita
consacrata, si articolano vie distinte tra loro ma complementari. I
religiosi e le religiose integralmente dediti alla contemplazione
sono in modo speciale immagine di Cristo che prega sul monte.Le
persone consacrate di vita attiva lo manifestano mentre «annuncia
il regno di Dio alle folle, o risana i malati e i feriti e converte a
miglior vita i peccatori o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti».Un
particolare servizio all'avvento del Regno di Dio rendono le persone
consacrate negli Istituti secolari, che uniscono in una
specifica sintesi il valore della consacrazione e quello della
secolarità. Vivendo la loro consacrazione nel secolo e a partire dal
secolo,esse «si sforzano di permeare ogni realtà di spirito
evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo».Partecipano
a tal fine alla funzione evangelizzatrice della Chiesa mediante la
personale testimonianza di vita cristiana, l'impegno perché le realtà
temporali siano ordinate secondo Dio, la collaborazione nel servizio
della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare che è
loro proprio.
Testimoniare il Vangelo
delle Beatitudini
33. Compito peculiare della vita
consacrata è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei
valori fondamentali del Vangelo, testimoniando «in modo splendido
e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio
senza lo spirito delle Beatitudini».In tal modo la vita consacrata fa
continuamente emergere nella coscienza del Popolo di Dio l'esigenza di
rispondere con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei
cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5, 5), rispecchiando nella
condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel
Battesimo, nella Cresima o nell'Ordine. Occorre infatti che dalla
santità comunicata nei sacramenti si passi alla santità della vita
quotidiana. La vita consacrata, con il suo stesso esistere nella
Chiesa, si pone al servizio della consacrazione della vita di ogni
fedele, laico e chierico.D'altra parte, non si deve dimenticare che i
consacrati ricevono anch'essi dalla testimonianza propria delle altre
vocazioni un aiuto a vivere integralmente l'adesione al mistero di
Cristo e della Chiesa nelle sue molteplici dimensioni. In virtù di
tale reciproco arricchimento, diventa più eloquente ed efficace la
missione della vita consacrata: indicare come meta agli altri fratelli
e sorelle, tenendo fisso lo sguardo sulla pace futura, la beatitudine
definitiva che è presso Dio.
Immagine viva della
Chiesa-Sposa
34. Particolare rilievo ha, nella
vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all'esigenza
della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo
Sposo, dal quale riceve ogni bene. In questa dimensione sponsale,
propria di tutta la vita consacrata, è soprattutto la donna che
ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il genio speciale del
suo rapporto con il Signore.Suggestiva è, al riguardo, la pagina
neotestamentaria che presenta Maria con gli Apostoli nel cenacolo in
attesa orante dello Spirito Santo (cfr At 1, 13-14). Vi si può
vedere un'immagine viva della Chiesa-Sposa, attenta ai cenni dello
Sposo e pronta ad accogliere il suo dono. In Pietro e negli altri
Apostoli emerge soprattutto la dimensione della fecondità, quale si
esprime nel ministero ecclesiale, che si fa strumento dello Spirito
per la generazione di nuovi figli mediante la dispensazione della
Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la cura pastorale. In Maria
è particolarmente viva la dimensione dell'accoglienza sponsale, con
cui la Chiesa fa fruttificare in sé la vita divina attraverso il suo
totale amore di vergine.La vita consacrata è sempre stata vista
prevalentemente nella parte di Maria, la Vergine sposa. Da tale amore
verginale proviene una particolare fecondità, che contribuisce al
nascere e al crescere della vita divina nei cuori.La persona
consacrata, sulle tracce di Maria, nuova Eva, esprime la sua
spirituale fecondità facendosi accogliente alla Parola, per
collaborare alla costruzione della nuova umanità con la sua
incondizionata dedizione e la sua viva testimonianza. Così la Chiesa
manifesta pienamente la sua maternità sia attraverso la comunicazione
dell'azione divina affidata a Pietro, sia attraverso la responsabile
accoglienza del dono divino, tipica di Maria.Il popolo cristiano, per
parte sua, trova nel ministero ordinato i mezzi della salvezza, nella
vita consacrata lo stimolo a una piena risposta d'amore in tutte le
varie forme di diaconia.
IV. GUIDATI DALLO SPIRITO DI
SANTITÀ
Esistenza «trasfigurata»:
la chiamata alla santità
35. «All'udire ciò, i discepoli
caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore» (Mt
17, 6). Nell'episodio della Trasfigurazione i sinottici, pur con
diverse sfumature, mettono in evidenza il senso di timore che prende i
discepoli. Il fascino del volto trasfigurato di Cristo non impedisce
che essi si sentano sgomenti di fronte alla Maestà divina che li
sovrasta. Sempre, quando l'uomo avverte la gloria di Dio, tocca con
mano anche la sua piccolezza e ne trae un senso di spavento. Questo
timore è salutare. Ricorda all'uomo la divina perfezione, e al tempo
stesso lo incalza con un appello pressante alla «santità».Tutti i
figli della Chiesa, chiamati dal Padre ad «ascoltare» Cristo, non
possono non avvertire una profonda esigenza di conversione e di
santità. Ma, come è stato sottolineato al Sinodo, questa
esigenza chiama in causa in primo luogo la vita consacrata. In
effetti, la vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto
il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla
conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente
del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare
e testimoniare il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono
anche chiamati a un'esistenza «trasfigurata».Significativo, a questo
proposito, è quanto è stato espresso nella Relazione finale
della II Assemblea Straordinaria del Sinodo: «I santi e le sante
sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento nelle più difficili
circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo
bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità. Gli
Istituti di vita consacrata, mediante la professione dei consigli
evangelici, devono essere consapevoli della loro speciale missione
nella Chiesa odierna e noi dobbiamo incoraggiarli nella loro missione».A
queste valutazioni hanno fatto eco i Padri di questa IX Assemblea
sinodale, i quali hanno affermato: «La vita consacrata è stata,
lungo la storia della Chiesa, una presenza viva dell'azione dello
Spirito, come spazio privilegiato di amore assoluto a Dio e al
prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità,
all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di
Dio».a Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli
evangelici una via privilegiata verso la santità. Le stesse
espressioni con cui la qualifica — scuola del servizio del Signore,
scuola di amore e di santità, via o stato di perfezione — indicano
sia l'efficacia e la ricchezza dei mezzi propri di questa forma di
vita evangelica, sia il particolare impegno di coloro che la
abbracciano.Non a caso sono tanti i consacrati che lungo i secoli
hanno lasciato testimonianze eloquenti di santità e compiuto imprese
di evangelizzazione e di servizio particolarmente generose ed ardue.
Fedeltà al carisma
36. Nella sequela di Cristo e
nell'amore per la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la
crescita della santità nella vita consacrata, che meritano di essere
messi oggi in speciale evidenza.Anzitutto è richiesta la fedeltà
al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio spirituale di
ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà all'ispirazione dei
fondatori e delle fondatrici, dono dello Spirito Santo, si riscoprono
più facilmente e si rivivono più fervidamente gli elementi
essenziali della vita consacrata.Ogni carisma ha infatti, alla sua
origine, un triplice orientamento: verso il Padre,
innanzitutto, nel desiderio di ricercarne filialmente la volontà
attraverso un processo di conversione continua, in cui l'obbedienza è
fonte di vera libertà, la castità esprime la tensione di un cuore
insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta quella fame e
sete di giustizia che Dio ha promesso di saziare (cfr Mt 5, 6).
In questa prospettiva il carisma di ogni Istituto spingerà la persona
consacrata ad essere tutta di Dio, a parlare con Dio o di Dio, come si
dice di san Domenico,per gustare quanto sia buono il Signore (cfr Sal
34[33], 9) in tutte le situazioni.I carismi di vita consacrata
implicano anche un orientamento verso il Figlio, col quale
inducono a coltivare una comunione di vita intima e lieta, alla scuola
del suo servizio generoso di Dio e dei fratelli. In tal modo, «lo
sguardo progressivamente cristificato impara a distaccarsi
dall'esteriorità, dal turbine dei sensi, da quanto cioè impedisce
all'uomo quella lievità disponibile a lasciarsi afferrare dallo
Spirito»,e consente così di andare in missione con Cristo, lavorando
e soffrendo con Lui nel diffondere il suo Regno.Ogni carisma comporta,
infine, un orientamento verso lo Spirito Santo, in quanto
dispone la persona a lasciarsi guidare e sostenere da Lui, sia nel
proprio cammino spirituale che nella vita di comunione e nell'azione
apostolica, per vivere in quell'atteggiamento di servizio che deve
ispirare ogni scelta dell'autentico cristiano.In effetti, è sempre
questa triplice relazione che emerge, pur con i tratti specifici dei
vari modelli di vita, in ogni carisma di fondazione, per il fatto
stesso che in esso domina «un profondo ardore dell'animo di
configurarsi a Cristo, per testimoniare qualche aspetto del suo
mistero»,aspetto specifico chiamato a incarnarsi e svilupparsi nella
più genuina tradizione dell'Istituto, secondo le Regole, le
Costituzioni e gli Statuti.
Fedeltà creativa
37. Gli Istituti sono dunque
invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la
santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei
tempi emergenti nel mondo di oggi.Questo invito è innanzitutto un
appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le
difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane.
Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a
coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le
forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi
bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento
ecclesiale. Deve rimanere, comunque, viva la convinzione che nella
ricerca della conformazione sempre più piena al Signore sta la
garanzia di ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele
all'ispirazione originaria.n questo spirito torna oggi impellente per
ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola,
perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di
sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla
Chiesa. Un'accresciuta considerazione per la Regola non mancherà di
offrire alle persone consacrate un criterio sicuro per ricercare le
forme adeguate di una testimonianza che sappia rispondere alle
esigenze del momento senza allontanarsi dall'ispirazione iniziale.
Preghiera ed ascesi: il
combattimento spirituale
38. La chiamata alla santità è
accolta e può essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione
davanti all'infinita trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che
abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata:
la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima
sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che
vedere Dio significa scendere dal monte con un volto così raggiante
da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr Es 34,
33)[...]; l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza
amore e perdono [...]. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno
di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e
come vorrà, e a noi di comprendere quella parola».Ciò comporta in
concreto una grande fedeltà alla preghiera liturgica e personale, ai
tempi dedicati all'orazione mentale e alla contemplazione,
all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi
spirituali.Occorre anche riscoprire i mezzi ascetici tipici
della tradizione spirituale della Chiesa e del proprio Istituto. Essi
hanno costituito e tuttora costituiscono un potente aiuto per un
autentico cammino di santità. L'ascesi, aiutando a dominare e
correggere le tendenze della natura umana ferita dal peccato, è
veramente indispensabile alla persona consacrata per restare fedele
alla propria vocazione e seguire Gesù sulla via della Croce.È
necessario anche riconoscere e superare alcune tentazioni che
talvolta, per insidia diabolica, si presentano sotto apparenza di
bene. Così, ad esempio, la legittima esigenza di conoscere la società
odierna per rispondere alle sue sfide può indurre a cedere alle mode
del momento, con diminuzione del fervore spirituale o con
atteggiamenti di scoraggiamento. La possibilità di una formazione
spirituale più elevata potrebbe spingere le persone consacrate ad un
certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli, mentre
l'urgenza di legittima e doverosa qualificazione può trasformarsi in
una esasperata ricerca di efficienza, quasi che il servizio apostolico
dipenda prevalentemente dai mezzi umani, anziché da Dio. Il lodevole
desiderio di farsi vicini agli uomini e alle donne del nostro tempo,
credenti e non credenti, poveri e ricchi, può portare all'adozione di
uno stile di vita secolarizzato o ad una promozione dei valori umani
in senso puramente orizzontale. La condivisione delle istanze
legittime della propria nazione o cultura potrebbe indurre ad
abbracciare forme di nazionalismo o ad accogliere elementi di costume
che hanno invece bisogno di essere purificati ed elevati alla luce del
Vangelo.Il cammino che conduce alla santità comporta quindi l'accettazione
del combattimento spirituale. È un dato esigente al quale oggi
non sempre si dedica l'attenzione necessaria. La tradizione ha spesso
visto raffigurato il combattimento spirituale nella lotta di Giacobbe
alle prese col mistero di Dio, che egli affronta per accedere alla sua
benedizione e alla sua visione (cfr Gn 32, 23-31). In questa
vicenda dei primordi della storia biblica le persone consacrate
possono leggere il simbolo dell'impegno ascetico che è loro
necessario per dilatare il cuore e aprirlo all'accoglienza del Signore
e dei fratelli.
Promuovere la santità
39. Un rinnovato impegno di santità
da parte delle persone consacrate è oggi più che mai necessario
anche per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso
la perfezione. «È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele
un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di
rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e
di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più
bisognoso».e persone consacrate, nella misura in cui approfondiscono
la propria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiutare
fratelli e sorelle mediante valide iniziative spirituali, quali scuole
di orazione, esercizi e ritiri spirituali, giornate di solitudine,
ascolto e direzione spirituale. In questo modo viene agevolato il
progresso nella preghiera di persone che potranno poi operare un
miglior discernimento della volontà di Dio su di sé e decidersi alle
opzioni coraggiose, talvolta eroiche, richieste dalla fede. In
effetti, le persone consacrate «con la stessa intima natura del loro
essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto
di Dio, chiamata alla santità. Di questa santità esse sono testimoni».II
fatto che tutti siano chiamati a diventare santi non può che
stimolare maggiormente coloro che, per la loro stessa scelta di vita,
hanno la missione di ricordarlo agli altri.
«Alzatevi e non temete»:
una rinnovata fiducia
40. «Gesù si avvicinò e,
toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete'» (Mt 17, 7). Come
i tre apostoli nell'episodio della Trasfigurazione, le persone
consacrate sanno per esperienza che non sempre la loro vita è
illuminata da quel fervore sensibile che fa esclamare: «È bello per
noi stare qui» (Mt 17, 4). È però sempre una vita «toccata»
dalla mano di Cristo, raggiunta dalla sua voce, sorretta dalla sua
grazia.«Alzatevi e non temete». Questo incoraggiamento del Maestro
è indirizzato, ovviamente, a ogni cristiano. Ma a maggior ragione
esso vale per chi è stato chiamato a «lasciare tutto» e, dunque, a
«rischiare tutto» per Cristo. Ciò vale in modo speciale ogni
qualvolta, col Maestro, si scende dal «monte» per imboccare la
strada che dal Tabor porta al Calvario.Dicendo che Mosè ed Elia
parlavano con Cristo del suo mistero pasquale, Luca usa
significativamente il termine «dipartita» ( éxodos): «parlavano
della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme»
(Lc 9, 31). «Esodo»: termine fondamentale della rivelazione,
a cui si richiama tutta la storia della salvezza, e che esprime il
senso profondo del mistero pasquale. Tema particolarmente caro alla
spiritualità della vita consacrata e che ben ne manifesta il
significato. In esso è incluso inevitabilmente ciò che appartiene al
mysterium Crucis. Ma questo impegnativo «cammino esodale»,
visto dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra
due luci: la luce anticipatrice della Trasfigurazione e quella
definitiva della Risurrezione.La vocazione alla vita consacrata —
nell'orizzonte dell'intera vita cristiana — nonostante le sue
rinunce e le sue prove, ed anzi in forza di esse, è cammino «di
luce», sul quale veglia lo sguardo del Redentore: «Alzatevi e
non temete».
CAPITOLO
II
SIGNUM
FRATERNITATIS
LA
VITA CONSACRATA
SEGNO DI COMUNIONE NELLA CHIESA
I. VALORI PERMANENTI
Ad immagine della Trinità
41. Il Signore Gesù nella sua
vita terrena chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé
e formarli a vivere sul suo esempio per il Padre e per la missione da
Lui ricevuta (cfr Mc 3, 13-15). Egli inaugurava così quella
nuova famiglia della quale avrebbero fatto parte nel corso dei secoli
quanti sarebbero stati pronti a «compiere la volontà di Dio» (cfr Mc
3, 32-35). Dopo l'Ascensione, per effetto del dono dello Spirito, si
costituì intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta nella
lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr At
2, 42-47; 4, 32-35). La vita di tale comunità e, più ancora,
l'esperienza di piena condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono
state costantemente il modello a cui la Chiesa si è ispirata,
quando ha voluto rivivere il fervore delle origini e riprendere con
rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella storia.n realtà, la
Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato
dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».La vita
fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale
mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che
estende così nella storia i doni della comunione propri delle tre
Persone divine. Molti sono, nella vita ecclesiale, gli ambiti e le
modalità in cui s'esprime la comunione fraterna. La vita consacrata
ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener
viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della
Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella
forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione
alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando
un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini
sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa
concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono «per»
Dio e «di» Dio, e proprio per questo possono confessare la potenza
dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi
disgregatori presenti nel cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.
Vita fraterna nell'amore
42. La vita fraterna, intesa come
vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione
ecclesiale. Essa viene coltivata con particolare cura dagli Istituti
religiosi e dalle Società di vita apostolica, ove acquista speciale
significato la vita in comunità.Ma la dimensione della comunione
fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né alle stesse
forme individuali di vita consacrata. Gli eremiti, nella profondità
della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione
ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo;
le vergini consacrate nel secolo attuano la loro consacrazione in uno
speciale rapporto di comunione con la Chiesa particolare e universale.
Similmente le vedove e i vedovi consacrati.Tutte queste persone, in
attuazione del discepolato evangelico, si impegnano a vivere il «comandamento
nuovo» del Signore, amandosi gli uni gli altri come Egli ci ha amati
(cfr Gv 13, 34). L'amore ha portato Cristo al dono di sé fino
al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepoli non
c'è unità vera senza questo amore reciproco incondizionato, che
esige disponibilità al servizio senza risparmio di energie, prontezza
ad accogliere l'altro così com'è senza «giudicarlo» (cfr Mt
7, 1-2), capacità di perdonare anche «settanta volte sette» (Mt
18, 22). Per le persone consacrate, rese «un cuore solo e un'anima
sola» (At 4, 32) da questo amore riversato nei cuori dallo
Spirito Santo (cfr Rm 5, 5), diventa un'esigenza interiore porre
tutto in comune: beni materiali ed esperienze spirituali, talenti
e ispirazioni, così come ideali apostolici e servizio caritativo: «Nella
vita comunitaria l'energia dello Spirito che è in uno passa
contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del proprio dono,
ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del
dono altrui come del proprio».ella vita di comunità, poi, deve farsi
in qualche modo tangibile che la comunione fraterna, prima d'essere
strumento per una determinata missione, è spazio teologale in
cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr Mt
18, 20).Questo avviene grazie all'amore reciproco di quanti compongono
la comunità, un amore alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia,
purificato nel Sacramento della Riconciliazione, sostenuto
dall'implorazione dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro
che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. E proprio Lui, lo
Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il
Figlio suo Gesù Cristo (cfr 1 Gv 1, 3), comunione nella quale
è la sorgente della vita fraterna. Dallo Spirito le comunità di vita
consacrata sono guidate nell'adempimento della loro missione di
servizio alla Chiesa e all'intera umanità, secondo la propria
ispirazione originaria.In questa prospettiva, particolare importanza
rivestono i «Capitoli» (o riunioni analoghe), sia particolari che
generali, nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i
Superiori o le Superiore secondo le norme stabilite dalle proprie
Costituzioni, e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità
adeguate per custodire e rendere attuale, nelle diverse situazioni
storiche e culturali, il proprio carisma ed il proprio patrimonio
spirituale.
Il compito dell'autorità
43. Nella vita consacrata la
funzione dei Superiori e delle Superiore, anche locali, ha sempre
avuto una grande importanza sia per la vita spirituale che per la
missione. In questi anni di ricerche e di mutamenti si è talvolta
sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma occorre
riconoscere che chi esercita l'autorità non può abdicare al suo
compito di primo responsabile della comunità, quale guida dei
fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico.Non è
facile, in ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far
riconoscere ed accogliere la funzione che l'autorità svolge a
vantaggio di tutti. Si deve, però, riaffermare l'importanza di questo
compito, che si rivela necessario proprio per consolidare la comunione
fraterna e non vanificare l'obbedienza professata. Se l'autorità deve
essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza, chi
ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i
confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene
tuttavia ricordare che tocca all'autorità l'ultima parola, e
ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese.
Il ruolo delle persone
anziane
44. La cura degli anziani e degli
ammalati ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un
momento come questo, in cui in alcune regioni del mondo aumenta il
numero delle persone consacrate che sono ormai avanti negli anni.
L'attenzione premurosa che esse meritano non risponde solo a un
preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione
della consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa
e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meritoria, anche
quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto abbandonare la
loro attività specifica. Essi hanno certamente molto da dare
in saggezza ed esperienza alla comunità, se questa sa stare loro
vicino con attenzione e capacità di ascolto.In realtà la missione
apostolica, prima che nell'azione, consiste nella testimonianza della
propria dedizione piena alla volontà salvifica del Signore, una
dedizione che si alimenta alle fonti dell'orazione e della penitenza.
Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati a vivere
la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione
della propria condizione, la disponibilità per il servizio di
direttore spirituale, di confessore, di guida nella preghiera.
Ad immagine della comunità
apostolica
45. La vita fraterna svolge un
ruolo fondamentale nel cammino spirituale delle persone consacrate,
sia per il loro costante rinnovamento che per il pieno compimento
della loro missione nel mondo: lo si deduce dalle motivazioni
teologiche che ne stanno alla base, e se ne ha ampia conferma dalla
stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le consacrate a
coltivarla con impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di
Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto dell'insegnamento degli
Apostoli, nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia,
nella condivisione dei beni di natura e di grazia (cfr At 2,
42-47). Esorto soprattutto i religiosi, le religiose e i membri delle
Società di vita apostolica a vivere senza riserve l'amore
vicendevole, esprimendolo nelle modalità consone alla natura di
ciascun Istituto, perché ogni comunità si manifesti come segno
luminoso della nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap
21, 3).La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di
comunità ricche «di gioia e di Spirito Santo» (At 13, 52).
Essa desidera additare al mondo l'esempio di comunità nelle quali
l'attenzione reciproca aiuta a superare la solitudine, la
comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il perdono
rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della
comunione. In comunità di questo tipo, la natura del carisma dirige
le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di
tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il
suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità
fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un
contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo
concreto i frutti del «comandamento nuovo».
Sentire cum Ecclesia
46. Un grande compito è affidato
alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla
Chiesa-comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II.
Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di
comunione e di praticarne la spiritualità,come «testimoni e artefici
di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia
dell'uomo secondo Dio».Il senso della comunione ecclesiale,
sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo
di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in
estensione la Chiesa. La vita di comunione, infatti, «diventa un segno
per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere
in Cristo [...]. In tal modo la comunione si apre alla missione,
si fa essa stessa missione», anzi «la comunione genera comunione
e si configura essenzialmente come comunione missionaria».ei
fondatori e nelle fondatrici appare sempre vivo il senso della
Chiesa, che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita
ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai
Pastori, specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di
amore verso la Santa Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1
Tm 3, 15), ben si comprendono la devozione di Francesco d'Assisi
per «il Signor Papa»,l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena
verso colui che ella chiama «dolce Cristo in terra»,l'obbedienza
apostolica e il sentire cum Ecclesiadi Ignazio di Loyola, la
gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: «Sono figlia della
Chiesa».Si comprende anche l'anelito di Teresa di Lisieux: «Nel
cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore».Simili testimonianze
sono rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e
sante, fondatori e fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze
fra loro diverse e spesso molto difficili. Sono esempi ai quali le
persone consacrate devono fare costante riferimento, per resistere
alle spinte centrifughe e disgregatrici, oggi particolarmente attive.
Un aspetto qualificante di questa comunione ecclesiale è l'adesione
di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va vissuta con lealtà
e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di
tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella
ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle pubblicazioni, nella
catechesi, nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale.Poiché le
persone consacrate occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro
atteggiamento a questo proposito ha grande rilievo per l'intero Popolo
di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza ed
incisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione
profetica di tutti i battezzati, si qualifica in genere per compiti di
speciale collaborazione con l'ordine gerarchico.In questo modo, con la
ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché
la Chiesa realizzi sempre più profondamente la sua natura di
sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano».
La fraternità nella Chiesa
universale
47. Le persone consacrate sono
chiamate ad essere fermento di comunione missionaria nella Chiesa
universale per il fatto stesso che i molteplici carismi dei rispettivi
Istituti sono donati dallo Spirito Santo in vista del bene dell'intero
Corpo mistico, alla cui edificazione essi devono servire (cfr 1 Cor
12, 4-11). Significativamente «la via migliore» (1 Cor 12,
31), la realtà «di tutte più grande» (1 Cor 13, 13),
secondo la parola dell'Apostolo, è la carità, che armonizza tutte le
diversità e a tutti infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio
apostolico. Proprio a questo tende il peculiare vincolo di
comunione, che le varie forme di vita consacrata e le Società di
vita apostolica hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero
di unità e di universalità missionaria. La storia della
spiritualità illustra ampiamente questo vincolo, mostrandone la
provvidenziale funzione a garanzia sia dell'identità propria della
vita consacrata che dell'espansione missionaria del Vangelo. La
vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come pure il saldo
radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera
cristiana che oggi si registra nelle giovani Chiese, sarebbero
impensabili — come i Padri sinodali hanno osservato — senza il
contributo di tanti Istituti di vita consacrata e Società di vita
apostolica. Essi hanno mantenuto salda lungo i secoli la comunione con
i Successori di Pietro, i quali hanno trovato in loro prontezza
generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che,
all'occorrenza, ha saputo spingersi fino all'eroismo.Emerge così il
carattere di universalità e di comunione, che è proprio degli
Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per
la connotazione sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col
ministero petrino, essi sono anche al servizio della collaborazione
fra le diverse Chiese particolari,tra le quali possono efficacemente
promuovere lo «scambio di doni», contribuendo ad una inculturazione
del Vangelo che purifichi, valorizzi ed assuma le ricchezze delle
culture di tutti i popoli. Anche oggi la fioritura nelle giovani
Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità che
questa possiede di esprimere nell'unità cattolica le istanze dei vari
popoli e culture.
La vita consacrata e la
Chiesa particolare
48. Un ruolo significativo spetta
alle persone consacrate anche all'interno delle Chiese particolari.
E questo un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla
Chiesa come comunione e mistero e sulle Chiese particolari come
porzione del Popolo di Dio nelle quali «è veramente presente e
agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica»,è
stato approfondito e codificato in vari documenti successivi. Alla
luce di questi testi appare in tutta evidenza il fondamentale rilievo
che la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste
per l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono
contribuire i carismi della vita consacrata all'edificazione della
carità nella Chiesa particolare.Le varie forme in cui vengono vissuti
i consigli evangelici, infatti, sono espressione e frutto di doni
spirituali ricevuti da fondatori e fondatrici e, come tali,
costituiscono una «esperienza dello Spirito, trasmessa ai
propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita
e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in
perenne crescita».L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno
stile particolare di santificazione e di apostolato, che tende a
consolidarsi in una determinata tradizione, caratterizzata da elementi
oggettivi.Per questo la Chiesa ha cura che gli Istituti crescano e si
sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e delle fondatrici e le
loro sane tradizioni.i conseguenza, è riconosciuta ai singoli
Istituti una giusta autonomia , grazie alla quale essi possono
valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro
patrimonio spirituale ed apostolico. E compito degli Ordinari dei
luoghi conservare e tutelare tale autonomia.Pertanto ai Vescovi è
chiesto di accogliere e stimare i carismi della vita consacrata, dando
loro spazio nei progetti della pastorale diocesana. Una particolare
premura devono avere per gli Istituti di diritto diocesano, che sono
affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una diocesi che
restasse senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni spirituali,
appropriati luoghi di ricerca di Dio, specifiche attività apostoliche
e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente
indebolita in quello spirito missionario che è proprio della
maggioranza degli Istituti.E pertanto doveroso corrispondere al dono
della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa
particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie.
Una feconda e ordinata
comunione ecclesiale
49. Il Vescovo è padre e pastore
dell'intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e
rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua
carità pastorale accoglierà pertanto il carisma della vita
consacrata come grazia che non riguarda soltanto un Istituto, ma
rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà così di sostenere
ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la
Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti
alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione
fondazionale. Da parte loro, le persone di vita consacrata non
mancheranno di offrire generosamente la loro collaborazione alla
Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio
carisma, operando in piena comunione col Vescovo nell'ambito
della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle parrocchie.Giova
ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa universale con
quello alla Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare la
legittima autonomia e la stessa esenzione, di cui molti di loro
godono,per giustificare scelte che di fatto contrastano con le
esigenze di organica comunione poste da una sana vita ecclesiale.
Occorre invece che le iniziative pastorali delle persone consacrate
siano decise ed attuate sulla base di un dialogo cordiale e aperto tra
Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La speciale attenzione da parte
dei Vescovi alla vocazione e missione degli Istituti e il rispetto, da
parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la pronta accoglienza
delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita diocesana,
rappresentano due forme intimamente connesse di quell'unica carità
ecclesiale che impegna tutti al servizio della comunione organica —
carismatica e insieme gerarchicamente strutturata — dell'intero
Popolo di Dio.
Un costante dialogo animato
dalla carità
50. Per promuovere la reciproca
conoscenza, presupposto necessario di una fattiva cooperazione
soprattutto in ambito pastorale, è quanto mai opportuno un
costante dialogo di Superiori e Superiore degli Istituti di vita
consacrata e delle Società di vita apostolica con i Vescovi. Grazie a
questi abituali contatti, Superiori e Superiore potranno informare i
Vescovi circa le iniziative apostoliche che intendono avviare nelle
loro diocesi, per giungere con essi ai necessari accordi operativi.
Allo stesso modo, conviene che persone delegate dalle Conferenze dei
Superiori e delle Superiore maggiori siano invitate ad assistere alle
assemblee delle Conferenze dei Vescovi e che, viceversa, delegati
delle Conferenze episcopali vengano invitati alle Conferenze dei
Superiori e delle Superiore maggiori, secondo modalità da
determinare. In questa prospettiva sarà di grande giovamento che, ove
ancora non ci fossero, siano costituite e rese operanti, a livello
nazionale, commissioni miste di Vescovi e Superiori e Superiore
maggioriche esaminino insieme i problemi di comune interesse. Alla
miglior conoscenza reciproca contribuirà pure l'inserimento della
teologia e della spiritualità della vita consacrata nel piano di
studi teologici dei presbiteri diocesani, come pure la previsione,
nella formazione delle persone consacrate, di una adeguata trattazione
della teologia della Chiesa particolare e della spiritualità del
clero diocesano. infine consolante ricordare che, al Sinodo, non solo
sono stati numerosi gli interventi circa la dottrina della comunione,
ma grande è stata anche la soddisfazione per l'esperienza di dialogo
vissuta, in un clima di reciproca fiducia ed apertura, tra i Vescovi e
i religiosi e le religiose presenti. Ciò ha suscitato il desiderio
che «tale esperienza spirituale di comunione e collaborazione si
estenda a tutta la Chiesa» anche dopo il Sinodo.E auspicio che faccio
mio per la crescita in tutti della mentalità e della spiritualità di
comunione.
La fraternità in un mondo
diviso e ingiusto
51. La Chiesa affida alle comunità
di vita consacrata il particolare compito di far crescere la
spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e
poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo
o riaprendo costantemente il dialogo della carità, soprattutto dove
il mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide.
Collocate nelle diverse società del nostro pianeta — società
percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di
unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita
consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone
di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un
dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare
le diversità.Le comunità di vita consacrata sono mandate ad
annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della
fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella,che
fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo
verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Queste comunità sono
luoghi di speranza e di scoperta delle Beatitudini, luoghi nei quali
l'amore, attingendo alla preghiera, sorgente della comunione, è
chiamato a diventare logica di vita e fonte di gioia. Soprattutto gli
Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla
mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del
nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il
senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima
di fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non
soffocherà le ricchezze particolari, né l'affermazione di una
particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli
Istituti internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo
essi stessi affrontare creativamente la sfida dell'inculturazione e
conservare nello stesso tempo la loro identità.
Comunione fra i diversi
Istituti
52. Il fraterno rapporto
spirituale e la mutua collaborazione fra i diversi Istituti di vita
consacrata e Società di vita apostolica sono sostenuti e alimentati
dal senso ecclesiale di comunione. Persone che sono fra loro unite dal
comune impegno della sequela di Cristo ed animate dal medesimo Spirito
non possono non manifestare visibilmente, come tralci dell'unica Vite,
la pienezza del Vangelo dell'amore. Memori dell'amicizia spirituale,
che spesso ha legato sulla terra i diversi fondatori e fondatrici,
esse, restando fedeli all'indole del proprio Istituto, sono chiamate
ad esprimere un'esemplare fraternità, che sia di stimolo alle altre
componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza al
Vangelo.Sono sempre attuali le parole di san Bernardo, a proposito dei
diversi Ordini religiosi: «Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di
essi con l'osservanza, ma a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti
gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo,
lo ricevo dagli altri [...]. In questo esilio, la Chiesa è ancora in
cammino e, se posso dire così, plurale: è una pluralità unica e una
unità plurale. E tutte le nostre diversità, che manifestano la
ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre,
che comporta tante dimore. Adesso c'è divisione di grazie: allora ci
sarà distinzione di glorie. L'unità, sia qui che là, consiste in
una medesima carità».
Organismi di coordinamento
53. Un notevole contributo alla
comunione può essere dato dalle Conferenze dei Superiori e delle
Superiore maggiori e dalle Conferenze degli Istituti secolari.
Incoraggiati e regolamentati dal Concilio Vaticano IIe da documenti
successivi,questi organismi hanno per scopo principale la promozione
della vita consacrata inserita nella compagine della missione
ecclesiale.Per loro tramite, gli Istituti esprimono la comunione tra
loro e cercano i mezzi per rafforzarla, nel rispetto e nella
valorizzazione delle specificità dei vari carismi, nei quali si
rispecchiano il mistero della Chiesa e la multiforme sapienza di Dio.Incoraggio
gli Istituti di vita consacrata a collaborare tra di loro, specie in
quei Paesi dove, per particolari difficoltà, può essere forte la
tentazione di ripiegarsi su di sé, a danno della stessa vita
consacrata e della Chiesa. Occorre invece che si aiutino a vicenda nel
cercare di capire il disegno di Dio nell'attuale travaglio della
storia, per meglio rispondervi con iniziative apostoliche adeguate.In
questo orizzonte di comunione aperto alle sfide del nostro tempo, i
Superiori e le Superiore, «operando in sintonia con l'episcopato»,
cerchino di «usufruire dell'opera dei migliori collaboratori di
ciascun Istituto e offrire servizi che non solo aiutino a superare
eventuali limiti, ma creino uno stile valido di formazione alla vita
consacrata».sorto le Conferenze dei Superiori e delle Superiore
maggiori e le Conferenze degli Istituti Secolari a curare anche
frequenti e regolari contatti con la Congregazione per gli Istituti di
vita consacrata e le Società di vita apostolica, come manifestazione
della loro comunione con la Santa Sede. Un rapporto attivo e fiducioso
dovrà pure essere intrattenuto con le Conferenze episcopali dei
singoli Paesi. Nello spirito del documento Mutuae relationes,
sarà conveniente che tale rapporto assuma una forma stabile, così da
rendere possibile il costante e tempestivo coordinamento delle
iniziative via via emergenti. Se tutto questo sarà attuato con
perseveranza e spirito di fedele adesione alle direttive del
Magistero, gli organismi di collegamento e di comunione si riveleranno
particolarmente utili per trovare soluzioni che evitino incomprensioni
e tensioni sul piano sia teorico che pratico;in questo modo saranno di
sostegno non solo alla crescita della comunione tra gli Istituti di
vita consacrata e i Vescovi, ma anche allo svolgimento della stessa
missione delle Chiese particolari.
Comunione e collaborazione
con i laici
54. Uno dei frutti della dottrina
della Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di
coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro
forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per
partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale. Ciò
contribuisce a dare un'immagine più articolata e completa della
Chiesa stessa, oltre che a rendere più efficace la risposta alle
grandi sfide del nostro tempo, grazie all'apporto corale dei diversi
doni.I rapporti con i laici, nel caso di Istituti monastici e
contemplativi, si configurano come una relazione prevalentemente
spirituale, mentre per gli Istituti impegnati sul versante
dell'apostolato si traducono anche in forme di collaborazione
pastorale. I membri poi degli Istituti secolari, laici o chierici,
entrano in rapporto con gli altri fedeli nelle forme ordinarie della
vita quotidiana. Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove
situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può
essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a
partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione
dell'Istituto medesimo. Si può dire che, sulla scia di esperienze
storiche come quella dei diversi Ordini secolari o Terz'Ordini, è
iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle
relazioni tra le persone consacrate e il laicato.
Per un rinnovato dinamismo
spirituale ed apostolico
55. Questi nuovi percorsi di
comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati per
diversi motivi. Potrà infatti derivarne, innanzitutto,
un'irradiazione di operosa spiritualità al di là delle frontiere
dell'Istituto, che conterà così su nuove energie, anche per
assicurare alla Chiesa la continuità di certe sue forme tipiche di
servizio. Un'altra conseguenza positiva potrà poi essere
l'agevolazione di una più intensa sinergia tra persone consacrate e
laici in ordine alla missione: mossi dagli esempi di santità delle
persone consacrate, i laici saranno introdotti all'esperienza diretta
dello spirito dei consigli evangelici, e saranno così incoraggiati a
vivere e a testimoniare lo spirito delle Beatitudini, in vista della
trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio.a partecipazione dei
laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni
aspetti del carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e
spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici. In
qualunque attività o ministero siano impegnate, le persone consacrate
ricorderanno, pertanto, di dover essere innanzitutto guide esperte di
vita spirituale, e coltiveranno in questa prospettiva «il talento più
prezioso: lo spirito».A loro volta i laici offrano alle famiglie
religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro
specifico servizio.
Laici volontari e associati
56. Una espressione significativa
di partecipazione laicale alle ricchezze della vita consacrata è
l'adesione di fedeli laici ai vari Istituti nella nuova forma dei
cosiddetti membri associati o, secondo le esigenze presenti in alcuni
contesti culturali, di persone che condividono, per un certo periodo
di tempo, la vita comunitaria e la particolare dedizione contemplativa
o apostolica dell'Istituto, sempre che ovviamente l'identità della
sua vita interna non ne patisca danno. giusto circondare di grande
stima il volontariato che attinge alle ricchezze della vita
consacrata; occorre però curarne la formazione, affinché i
volontari, oltre alla competenza, abbiano sempre profonde motivazioni
soprannaturali nei loro propositi e vivo senso comunitario ed
ecclesiale nei loro progetti.E da tener presente poi che iniziative
nelle quali siano coinvolti laici anche a livello decisionale, per
essere considerate opera di un determinato Istituto, devono
perseguirne i fini ed essere attuate sotto la sua responsabilità.
Perciò, se dei laici ne assumono la direzione, essi risponderanno di
tale conduzione ai Superiori e Superiore competenti. E opportuno che
tutto questo sia vagliato e regolato da apposite direttive dei singoli
Istituti, approvate dall'Autorità Superiore, in cui siano previste le
rispettive competenze dell'Istituto stesso, delle comunità, dei
membri associati o dei volontari.Le persone consacrate, inviate dai
loro Superiori e Superiore e restando alle loro dipendenze, possono
essere presenti con specifiche forme di collaborazione in
iniziative laicali, particolarmente in organizzazioni ed
istituzioni che si interessano dell'emarginazione e hanno lo scopo di
alleviare la sofferenza umana. Tale collaborazione, se è animata e
sostenuta da una chiara e forte identità cristiana ed è rispettosa
dell'indole propria della vita consacrata, può far brillare la forza
illuminante del Vangelo nelle situazioni più oscure dell'esistenza
umana.In questi anni, non poche persone consacrate sono entrate in
qualcuno dei movimenti ecclesiali sviluppatisi nel nostro
tempo. Da tali esperienze gli interessati traggono in genere
beneficio, specialmente sul piano del rinnovamento spirituale.
Tuttavia non si può negare che, in alcuni casi, ciò generi disagi e
disorientamento a livello personale e comunitario, specialmente quando
queste esperienze entrano in conflitto con le esigenze della vita
comune e della spiritualità dell'Istituto. Occorrerà pertanto curare
che l'adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del
carisma e della disciplina del proprio Istituto,col consenso dei
Superiori e delle Superiore e nella piena disponibilità ad
accoglierne le decisioni.
La dignità e il ruolo della
donna consacrata
57. La Chiesa rivela pienamente la
sua multiforme ricchezza spirituale quando, superate le
discriminazioni, accoglie come una vera benedizione i doni da Dio
riversati sia negli uomini che nelle donne, tutti valorizzando nella
loro pari dignità. Le donne consacrate sono chiamate in modo tutto
speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e
con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano
ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è
vergine, sposa e madre.Tale loro missione non ha mancato di
manifestarsi al Sinodo, al quale hanno partecipato numerose, potendo
far sentire la loro voce, che è stata ascoltata ed apprezzata da
tutti. Grazie anche ai loro contributi sono emerse utili indicazioni
per la vita della Chiesa e per la sua missione evangelizzatrice.
Certo, non si può non riconoscere la fondatezza di molte
rivendicazioni concernenti la posizione della donna in diversi ambiti
sociali ed ecclesiali. Ugualmente è doveroso rilevare che la nuova
coscienza femminile aiuta anche gli uomini a rivedere i loro schemi
mentali, il loro modo di autocomprendersi, di collocarsi nella storia
e di interpretarla, di organizzare la vita sociale, politica,
economica, religiosa, ecclesiale.La Chiesa, che ha ricevuto da Cristo
un messaggio di liberazione, ha la missione di diffonderlo
profeticamente, promuovendo mentalità e condotta conformi alle
intenzioni del Signore. In questo contesto la donna consacrata, a
partire dalla sua esperienza di Chiesa e di donna nella Chiesa, può
contribuire ad eliminare certe visioni unilaterali, che non
manifestano il pieno riconoscimento della sua dignità, del suo
apporto specifico alla vita e all'azione pastorale e missionaria della
Chiesa. Per questo è legittimo che la donna consacrata aspiri a veder
riconosciuta più chiaramente la sua identità, la sua capacità, la
sua missione, la sua responsabilità sia nella coscienza ecclesiale
che nella vita quotidiana.Anche il futuro della nuova
evangelizzazione, come del resto di tutte le altre forme di azione
missionaria, è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne,
specialmente delle donne consacrate.
Nuove prospettive di
presenza e di azione
58. E, pertanto, urgente compiere
alcuni passi concreti, a partire dall'apertura alle donne di spazi
di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei
processi di elaborazione delle decisioni, soprattutto in ciò che le
riguarda.E necessario anche che la formazione delle donne consacrate,
non meno di quella degli uomini, sia adeguata alle nuove urgenze e
preveda tempo sufficiente e valide opportunità istituzionali per
un'educazione sistematica, estesa a tutti i campi, da quello
teologico-pastorale a quello professionale. La formazione pastorale e
catechetica, sempre importante, assume particolare rilievo in vista
della nuova evangelizzazione, che richiede anche dalle donne nuove
forme di partecipazione.Si può ritenere che l'approfondimento
formativo, mentre aiuterà la donna consacrata a comprendere meglio i
propri doni, non mancherà di stimolare la necessaria reciprocità
all'interno della Chiesa. Anche nel campo della riflessione teologica,
culturale e spirituale ci si attende molto dal genio della donna in ciò
che riguarda non solo la specificità della vita consacrata femminile,
ma anche l'intelligenza della fede in tutte le sue espressioni. A
questo proposito, quanto deve la storia della spiritualità a sante
come Teresa di Gesù e Caterina da Siena, le prime due donne insignite
del titolo di Dottore della Chiesa, e a tante altre mistiche per
quanto concerne l'esplorazione del mistero di Dio e l'analisi della
sua azione nel credente! La Chiesa conta molto sulle donne consacrate
per un contributo originale nella promozione della dottrina, dei
costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò
che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana.Infatti,
«le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e
forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un “nuovo
femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli
“maschilisti', sappia riconoscere ed esprimere il vero genio
femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando
per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di
sfruttamento».'è motivo di sperare che da un più profondo
riconoscimento della missione della donna, la vita consacrata
femminile tragga una sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo
e un'accresciuta dedizione alla causa del Regno di Dio. Ciò potrà
tradursi in molteplici opere, quali l'impegno per l'evangelizzazione,
l'attività educativa, la partecipazione nella formazione dei futuri
sacerdoti e delle persone consacrate, l'animazione della comunità
cristiana, l'accompagnamento spirituale, la promozione dei
fondamentali beni della vita e della pace. Alle donne consacrate e
alla loro straordinaria capacità di dedizione esprimo ancora una
volta l'ammirata riconoscenza della Chiesa intera, che le sostiene
perché vivano in pienezza e con gioia la loro vocazione e si sentano
interpellate dall'alto compito di aiutare a formare la donna di oggi.
II. CONTINUITÀ NELL'OPERA
DELLO SPIRITO SANTO:FEDELTÀ NELLA NOVITÀ
Le monache di clausura
59. Particolare attenzione
meritano la vita monastica femminile e la clausura delle monache, per
l'altissima stima che la comunità cristiana nutre verso questo genere
di vita, segno dell'unione esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo
Signore, sommamente amato. In effetti, la vita delle monache di
clausura, impegnate in modo precipuo nella preghiera, nell'ascesi e
nel fervido progresso della vita spirituale, «non è altro che un
tendere alla Gerusalemme celeste, un'anticipazione della Chiesa
escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio».Alla
luce di questa vocazione e missione ecclesiale, la clausura risponde
all'esigenza, avvertita come prioritaria, di stare con il Signore.
Scegliendo uno spazio circoscritto come luogo di vita, le claustrali
partecipano all'annientamento di Cristo, mediante una povertà
radicale che si esprime nella rinuncia non solo alle cose, ma anche
allo «spazio», ai contatti, a tanti beni del creato. Questo modo
particolare di donare il «corpo» le immette più sensibilmente nel
mistero eucaristico. Esse si offrono con Gesù per la salvezza del
mondo. La loro offerta, oltre all'aspetto di sacrificio e di
espiazione, acquista anche quello di rendimento di grazie al Padre,
nella partecipazione all'azione di grazie del Figlio diletto.Radicata
in questa tensione spirituale, la clausura non è solo un mezzo
ascetico di immenso valore, ma un modo di vivere la Pasqua di
Cristo.Da esperienza di «morte» essa diventa sovrabbondanza di
«vita», ponendosi come gioioso annuncio e anticipazione profetica
della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di
vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù (cfr Rm 6, 11). La
clausura evoca dunque quella cella del cuore in cui ciascuno è
chiamato a vivere l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta
come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione
spirituale con Dio e con i fratelli e le sorelle, dove la limitazione
degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell'interiorizzazione
dei valori evangelici (cfr Gv 13, 34; Mt 5, 3.8).Le
comunità claustrali, poste come città sul monte e lucerne sul
lucerniere (cfr Mt 5, 14-15), pur nella semplicità della loro
vita, raffigurano visibilmente la meta verso cui cammina l'intera
comunità ecclesiale che, «ardente nell'azione e dedita alla
contemplazione»,avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso
alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo, quando la Chiesa «col
suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col 3, 1-4)»,e
Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla
ogni principato e ogni potestà e potenza [...] perché Dio sia tutto
in tutti» (1 Cor 15, 24.28).A queste carissime Sorelle va,
pertanto, la mia riconoscenza con l'incoraggiamento a rimanere fedeli
alla vita claustrale secondo il proprio carisma. Grazie al loro
esempio, questo genere di vita continua a registrare numerose
vocazioni, attratte dalla radicalità di un'esistenza «sponsale»,
dedicata totalmente a Dio nella contemplazione. Come espressione di
puro amore che vale più di ogni opera, la vita contemplativa sviluppa
una straordinaria efficacia apostolica e missionaria. Padri sinodali
hanno espresso grande apprezzamento per il valore della clausura,
prendendo al tempo stesso in esame le richieste qua e là avanzate
quanto alla sua concreta disciplina. Le indicazioni del Sinodo
sull'argomento e, in particolare, il voto di una maggiore
responsabilizzazione delle Superiore Maggiori in materia di deroghe
alla clausura per giusta e grave causasaranno fatte oggetto di
organica considerazione, in linea con il cammino di rinnovamento già
attuato, a partire dal Concilio Vaticano II.In questo modo la clausura
nelle sue varie forme e gradi — dalla clausura papale e
costituzionale, alla clausura monastica — corrisponderà meglio alla
varietà degli Istituti contemplativi e delle tradizioni dei monasteri.Come
lo stesso Sinodo ha sottolineato, sono inoltre da favorire le
Associazioni e Federazioni fra monasteri, già raccomandate da Pio XII
e dal Concilio Ecumenico Vaticano II,specialmente dove non esistono
altre forme efficaci di coordinamento e di aiuto, per custodire e
promuovere i valori della vita contemplativa. Tali organismi, salva
sempre la legittima autonomia dei monasteri, possono infatti offrire
un valido sussidio per risolvere adeguatamente problemi comuni, quali
il conveniente rinnovamento, la formazione sia iniziale che
permanente, il vicendevole sostegno economico ed anche la
riorganizzazione degli stessi monasteri.
I religiosi fratelli
60. Secondo la dottrina
tradizionale della Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è
né laicale né clericale,e per questo la «consacrazione laicale»,
tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo
di professione dei consigli evangelici.Essa perciò ha, sia per la
persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal
ministero sacro.In linea con l'insegnamento del Concilio Vaticano II,il
Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di vita consacrata
nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della
comunità, diversi e preziosi servizi, partecipando così alla
missione di proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la carità
nella vita di ogni giorno. In effetti, alcuni di tali servizi si
possono considerare ministeri ecclesiali, affidati dalla
legittima autorità. Ciò esige una formazione appropriata e
integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale.
Secondo la vigente terminologia, gli Istituti che, per determinazione
del fondatore o in forza di una legittima tradizione, hanno carattere
e finalità che non comportino l'esercizio dell'Ordine sacro, sono
chiamati «Istituti laicali».Tuttavia nel Sinodo è stato messo in
luce che questa terminologia non esprime adeguatamente l'indole
peculiare della vocazione dei membri di tali Istituti religiosi.
Infatti essi, pur svolgendo molti servizi che sono comuni anche ai
fedeli laici, lo fanno con la loro identità di consacrati ed
esprimono così lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa,
secondo il loro carisma specifico. Per questa ragione i Padri
sinodali, al fine di evitare ogni ambiguità e confusione con l'indole
secolare dei fedeli laici,hanno voluto proporre il titolo di Istituti
religiosi di Fratelli .La proposta è significativa, soprattutto
se si considera che il titolo di fratello richiama anche una ricca
spiritualità. «Questi religiosi sono chiamati ad essere fratelli di
Cristo, profondamente uniti a Lui “primogenito fra molti fratelli”
(Rm 8, 29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella
cooperazione allo stesso servizio di bene nella Chiesa; fratelli di
ogni uomo nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti,
specialmente i più piccoli, i più bisognosi; fratelli per una più
grande fratellanza nella Chiesa».Vivendo in modo speciale questo
aspetto della vita cristiana e insieme consacrata, i «religiosi
fratelli» ricordano efficacemente agli stessi religiosi sacerdoti la
fondamentale dimensione della fraternità in Cristo, da vivere fra di
loro e con ogni uomo e donna, e a tutti proclamano la parola del
Signore: «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8).In questi
Istituti religiosi di Fratelli niente impedisce, quando il Capitolo
generale abbia così disposto, che alcuni membri assumano gli Ordini
sacri per il servizio sacerdotale della comunità religiosa.Tuttavia
il Concilio Vaticano II non offre alcun esplicito incoraggiamento in
tal senso, proprio perché desidera che gli Istituti di Fratelli
permangano fedeli alla loro vocazione e missione. Ciò vale anche in
tema di accesso alla carica di Superiore, considerando che essa
riflette in modo speciale la natura dell'Istituto stesso.Diversa è la
vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali»
perché, secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una
legittima tradizione, prevedono l'esercizio dell'Ordine sacro, sono
governati da chierici e come tali sono riconosciuti dall'autorità
della Chiesa.In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del
carisma stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La
presenza di fratelli costituisce una partecipazione differenziata alla
missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle
comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro
che esercitano il ministero sacerdotale.
Istituti misti
61. Alcuni Istituti religiosi, che
nel progetto originario del fondatore si configuravano come fraternità,
nelle quali tutti i membri — sacerdoti e non sacerdoti — erano
considerati uguali tra di loro, col passare del tempo hanno acquistato
una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti, chiamati «misti»,
valutino, sulla base dell'approfondimento del proprio carisma
fondazionale, se sia opportuno e possibile tornare all'ispirazione
originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto che in tali
Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di
obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'Ordine sacro.Per
esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia è stata
istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene
attendere, per fare poi le opportune scelte secondo quanto sarà
autorevolmente disposto.
Nuove forme di vita
evangelica
62. Lo Spirito, che in tempi
diversi ha suscitato numerose forme di vita consacrata, non cessa di
assistere la Chiesa, sia alimentando negli Istituti già esistenti
l'impegno del rinnovamento nella fedeltà al carisma originario, sia
distribuendo nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo, perché
diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi. Segno di
questo intervento divino sono le cosiddette nuove Fondazioni,
con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle tradizionali.L'originalità
delle nuove comunità consiste spesso nel fatto che si tratta di
gruppi composti da uomini e donne, da chierici e laici, da coniugati e
celibi, che seguono un particolare stile di vita, talvolta ispirato
all'una o all'altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della
società di oggi. Anche il loro impegno di vita evangelica si esprime
in forme diverse, mentre si manifesta, come orientamento generale,
un'intensa aspirazione alla vita comunitaria, alla povertà e alla
preghiera. Al governo partecipano chierici e laici, in base alle loro
competenze, e il fine apostolico si apre alle istanze della nuova
evangelizzazione.Se, da una parte, c'è da rallegrarsi di fronte
all'azione dello Spirito, dall'altra è necessario procedere al discernimento
dei carismi. Principio fondamentale, perché si possa parlare di
vita consacrata, è che i tratti specifici delle nuove comunità e
forme di vita risultino fondati sopra gli elementi essenziali,
teologici e canonici, che sono propri della vita consacrata.Questo
discernimento si rende necessario a livello sia locale che universale,
allo scopo di prestare una comune obbedienza all'unico Spirito. Nelle
diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita e l'ortodossia di
fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la
sensibilità ecclesiale nell'adempimento della loro missione, i metodi
di formazione e i modi di incorporazione alla comunità; valuti con
saggezza eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei
frutti (cfr Mt 7, 16), per poter riconoscere l'autenticità del
carisma.In special modo a lui è chiesto di stabilire, alla luce di
chiari criteri, l'idoneità di quanti in queste comunità domandano di
accedere agli Ordini sacri.n forza dello stesso principio di
discernimento, non possono essere comprese nella specifica categoria
della vita consacrata quelle pur lodevoli forme di impegno che alcuni
coniugi cristiani assumono in associazioni o movimenti ecclesiali,
quando, nell'intento di portare alla perfezione della carità il loro
amore, già «come consacrato» nel sacramento del
matrimonio,confermano con un voto il dovere della castità propria
della vita coniugale e, senza trascurare i loro doveri verso i figli,
professano la povertà e l'obbedienza.La precisazione doverosa circa
la natura di tale esperienza non intende sottovalutare questo
particolare cammino di santificazione, a cui non è certo estranea
l'azione dello Spirito Santo, infinitamente ricco nei suoi doni e
nelle sue ispirazioni.Di fronte a tanta ricchezza di doni e di impulsi
innovativi, sembra opportuno creare una Commissione per le
questioni riguardanti le nuove forme di vita consacrata, allo
scopo di stabilire criteri di autenticità, che siano di aiuto nel
discernimento e nelle decisioni.Tra gli altri compiti, tale
Commissione dovrà valutare, alla luce dell'esperienza di questi
ultimi decenni, quali nuove forme di consacrazione l'autorità
ecclesiastica possa, con prudenza pastorale e a comune vantaggio,
riconoscere ufficialmente e proporre ai fedeli desiderosi di una vita
cristiana più perfetta.Queste nuove associazioni di vita evangelica non
sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano
ad occupare il posto insigne che la tradizione ha loro assegnato. Le
nuove forme sono anch'esse un dono dello Spirito, perché la Chiesa
segua il suo Signore in perenne slancio di generosità, attenta agli
appelli di Dio che si rivelano mediante i segni dei tempi. Così essa
si presenta al mondo variegata nelle forme di santità e di servizi,
quale «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di
tutto il genere umano».Gli antichi Istituti, tra cui molti passati
attraverso il vaglio di prove durissime, sostenute con fortezza lungo
i secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni
con le fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo.In tal
modo il vigore delle varie istituzioni di vita consacrata, dalle più
antiche alle più recenti, come pure la vivacità delle nuove comunità,
alimenteranno la fedeltà allo Spirito Santo, che è principio di
comunione e di perenne novità di vita.
III. GUARDANDO VERSO IL FUTURO
Difficoltà e prospettive
63. I mutamenti in corso nella
società e la diminuzione del numero delle vocazioni stanno pesando
sulla vita consacrata in alcune regioni del mondo. Le opere
apostoliche di molti Istituti e la loro stessa presenza in certe
Chiese locali sono poste a repentaglio. Come è già accaduto altre
volte nella storia, vi sono persino Istituti che corrono il rischio di
scomparire. La Chiesa universale è sommamente grata per il grande
contributo da essi offerto alla sua edificazione con la testimonianza
ed il servizio.L'affanno di oggi non annulla i loro meriti e i frutti
maturati grazie alle loro fatiche.Per altri Istituti si pone piuttosto
il problema della riorganizzazione delle opere. Tale compito, non
facile e non raramente doloroso, esige studio e discernimento, alla
luce di alcuni criteri. Occorre, ad esempio, salvaguardare il senso
del proprio carisma, promuovere la vita fraterna, essere attenti alle
necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di
ciò che il mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia,
anche se con interventi forzatamente esigui, alle nuove povertà,
soprattutto nei luoghi più abbandonati.e varie difficoltà, derivanti
dalla contrazione di personale e di iniziative, non devono in alcun
modo far perdere la fiducia nella forza evangelica della vita
consacrata, che sarà sempre attuale ed operante nella Chiesa. Se
i singoli Istituti non hanno la prerogativa della perennità, la vita
consacrata continuerà ad alimentare tra i fedeli la risposta di amore
verso Dio e verso i fratelli. Per questo è necessario distinguere la vicenda
storica di un determinato Istituto o di una forma di vita
consacrata dalla missione ecclesiale della vita consacrata come
tale. La prima può mutare col mutare delle situazioni, la seconda è
destinata a non venir meno.Ciò è vero sia per la vita consacrata di
tipo contemplativo, che per quella dedita alle opere di apostolato.
Nel suo complesso, sotto l'azione sempre nuova dello Spirito, essa è
destinata a continuare quale testimonianza luminosa dell'unità
indissolubile dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, come
memoria vivente della fecondità, anche umana e sociale, dell'amore di
Dio. Le nuove situazioni di scarsità vanno perciò affrontate con la
serenità di chi sa che a ciascuno è richiesto non tanto il
successo, quanto l'impegno della fedeltà. Ciò che si deve
assolutamente evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che
non sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell'adesione
spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione.
Perseverando fedelmente in essa, si confessa invece, con grande
efficacia anche di fronte al mondo, la propria ferma fiducia nel
Signore della storia, nelle cui mani sono i tempi e i destini delle
persone, delle istituzioni, dei popoli, e dunque anche le attuazioni
storiche dei suoi doni. Le dolorose situazioni di crisi sollecitano le
persone consacrate a proclamare con fortezza la fede nella morte e
risurrezione di Cristo, per divenire segno visibile del passaggio
dalla morte alla vita.
Nuovo slancio della
pastorale vocazionale
64. La missione della vita
consacrata e la vitalità degli Istituti dipendono, certo,
dall'impegno di fedeltà con cui i consacrati rispondono alla loro
vocazione, ma hanno un futuro nella misura in cui altri uomini e
donne accolgono generosamente la chiamata del Signore. Il problema
delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli
Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa. Si spendono nel campo della
pastorale vocazionale grandi energie spirituali e materiali, ma i
risultati non sempre corrispondono alle attese e agli sforzi. Capita
così che, mentre le vocazioni alla vita consacrata fioriscono nelle
giovani Chiese e in quelle che hanno subito persecuzione da parte di
regimi totalitari, scarseggiano nei paesi tradizionalmente ricchi di
vocazioni anche missionarie.Questa situazione di difficoltà mette
alla prova le persone consacrate che talvolta si chiedono: abbiamo
forse perduto la capacità di attirare nuove vocazioni? E necessario
avere fiducia nel Signore Gesù, che continua a chiamare alla sua
sequela, ed affidarsi allo Spirito Santo, autore e ispiratore dei
carismi della vita consacrata. Mentre dunque ci rallegriamo
dell'azione dello Spirito, che ringiovanisce la Sposa di Cristo
facendo fiorire la vita consacrata in molte nazioni, dobbiamo
rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché invii
operai alla sua Chiesa, per far fronte alle urgenze della nuova
evangelizzazione (cfr Mt 9, 37-38). Oltre a promuovere la
preghiera per le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio
esplicito ed una catechesi adeguata, per favorire nei chiamati alla
vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa, che rende
operante la grazia della vocazione.L'invito di Gesù: «Venite e
vedrete» (Gv 1, 39) rimane ancora oggi la regola d'oro
della pastorale vocazionale. Essa mira a presentare, sull'esempio dei
fondatori e delle fondatrici, il fascino della persona del Signore
Gesù e la bellezza del totale dono di sé alla causa del Vangelo.
Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate è dunque
quello di proporre coraggiosamente, con la parola e con l'esempio,
l'ideale della sequela di Cristo, sostenendo poi la risposta agli
impulsi dello Spirito nel cuore dei chiamati. All'entusiasmo del primo
incontro con Cristo dovrà ovviamente seguire lo sforzo paziente della
quotidiana corrispondenza, che fa della vocazione una storia di
amicizia con il Signore. A questo scopo la pastorale vocazionale si
avvalga di appropriati sussidi, come la direzione spirituale,
per alimentare quella risposta di amore personale al Signore che è
condizione essenziale per diventare discepoli e apostoli del suo
Regno. Intanto, se la fioritura vocazionale che si manifesta in varie
parti del mondo giustifica ottimismo e speranza, la scarsità in altre
regioni non deve indurre né allo scoraggiamento, né alla tentazione
di facili e improvvidi reclutamenti. Occorre che il compito di
promuovere le vocazioni sia svolto in modo da apparire sempre più un
impegno corale di tutta la Chiesa.Esso esige, pertanto, l'attiva
collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed educatori, quale si
conviene a un servizio che è parte integrante della pastorale
d'insieme di ogni Chiesa particolare. Ci sia dunque in ogni diocesi
questo servizio comune che coordini e moltiplichi le forze,
senza tuttavia pregiudicare, ed anzi favorendo, l'attività
vocazionale di ciascun Istituto.ale operosa collaborazione di tutto il
Popolo di Dio, sostenuta dalla Provvidenza, non potrà che sollecitare
l'abbondanza dei doni divini. La solidarietà cristiana venga
largamente incontro alle necessità della formazione vocazionale nei
Paesi economicamente più poveri. La promozione delle vocazioni in
queste nazioni sia fatta dai vari Istituti in piena armonia con le
Chiese del luogo, sulla base di un attivo e prolungato inserimento
nella loro pastorale.Il modo più autentico per assecondare l'azione
dello Spirito sarà quello di investire generosamente le migliori
energie nell'attività vocazionale, specialmente con una adeguata
dedizione alla pastorale giovanile.
L'impegno della formazione
iniziale
65. Particolare attenzione
l'Assemblea sinodale ha riservato alla formazione di chi
intende consacrarsi al Signore,riconoscendone la decisiva importanza. Obiettivo
centrale del cammino formativo è la preparazione della persona
alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a
servizio della missione. Dire «sì» alla chiamata del Signore
assumendo in prima persona il dinamismo della crescita vocazionale è
responsabilità inalienabile di ogni chiamato, il quale deve aprire lo
spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; è
percorrere con generosità il cammino formativo, accogliendo con fede
le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono.a formazione dovrà,
pertanto, raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni
suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze
ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa
appartenenza a Dio.Dal momento che il fine della vita consacrata
consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale
oblazione, è soprattutto a questo che deve mirare la formazione.
Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti
di Cristo verso il Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata,
il metodo che ad essa prepara dovrà assumere ed esprimere la
caratteristica della totalità . Dovrà essere formazione di tutta
la persona,in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti
come nelle intenzioni. E chiaro che, proprio per il suo tendere alla
trasformazione di tutta la persona, l'impegno formativo non cessa
mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte
sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e
alla missione del proprio Istituto.La formazione, per essere totale,
comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita
consacrata. Va prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale,
spirituale e pastorale, ponendo ogni attenzione perché sia favorita
l'integrazione armonica dei vari aspetti. Alla formazione iniziale,
intesa come processo evolutivo che passa per ogni grado della
maturazione personale — da quello psicologico e spirituale a quello
teologico e pastorale — si deve riservare uno spazio di tempo
sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso
viene a coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di
studi, come parte di un più ampio percorso formativo.
L'opera di formatori e
formatrici
66. Dio Padre, nel dono continuo
di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si
consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della mediazione
umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e
sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione
del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e
delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e le formatrici
devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di
Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo
itinerario. Attente all'azione della grazia, esse sapranno indicare
gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la
bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui
essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale uniranno quelli
offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia nel
discernimento vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché
divenga autenticamente libero. Strumento precipuo di formazione è il
colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa
frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia.Di
fronte a compiti tanto delicati appare veramente importante la
formazione di formatori idonei, che assicurino nel loro servizio una
grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. Sarà opportuno
creare adeguate strutture per la formazione dei formatori,
possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura
in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale. In quest'opera
formativa, gli Istituti già meglio radicati diano un aiuto agli
Istituti di più recente fondazione, grazie al contributo di alcuni
dei loro membri migliori.
Una formazione comunitaria
ed apostolica
67. Poiché la formazione deve
essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato, per gli
Istituti di vita religiosa e le Società di vita apostolica, è la
comunità. In essa avviene l'iniziazione alla fatica e alla gioia del
vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con colui
che Dio gli ha posto accanto, accettandone le caratteristiche positive
ed insieme le diversità e i limiti. In particolare, egli impara a
condividere i doni ricevuti per l'edificazione di tutti, poiché «a
ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per
l'utilità comune» (1 Cor 12, 7).Al tempo stesso, la vita
comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca
dimensione missionaria della consacrazione. Per questo, durante il
periodo della formazione iniziale, negli Istituti di vita consacrata
sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente
accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in
dialogo con la cultura circostante, le attitudini apostoliche, le
capacità di adattamento, lo spirito di iniziativa.Se, da un lato, è
importante che la persona consacrata si formi progressivamente una
coscienza evangelicamente critica verso i valori e i disvalori della
propria cultura e di quella che incontrerà nel futuro campo di
lavoro, dall'altro deve esercitarsi nella difficile arte dell'unità
di vita, della mutua compenetrazione della carità verso Dio e verso i
fratelli e le sorelle, sperimentando che la preghiera è l'anima
dell'apostolato, ma anche che l'apostolato vivifica e stimola la
preghiera.
Necessità di una ratio
completa ed aggiornata
68. Un periodo esplicitamente
formativo, che si estenda fino alla professione perpetua, viene
raccomandato anche agli Istituti femminili, nonché a quelli maschili
relativamente ai religiosi fratelli. Questo vale sostanzialmente pure
per le comunità claustrali, che avranno cura di elaborare un
programma adeguato, in vista di un'autentica formazione alla vita
contemplativa e alla sua missione peculiare nella Chiesa.I Padri
sinodali hanno caldamente sollecitato tutti gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica ad elaborare quanto prima
una ratio institutionis, cioè un progetto formativo ispirato al
carisma istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e
dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la spiritualità
del proprio Istituto. La ratio risponde oggi a una vera
urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere lo spirito
dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove
generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni
geografiche; dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per
vivere il medesimo spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo
verso la piena maturità della fede in Cristo Gesù.Se dunque è vero
che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla
formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata
alla capacità di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e
pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a consacrarsi ad
assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un processo
vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin
nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l'arte
di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un'epoca di
crescente emarginazione dei valori religiosi dalla cultura, questo
cammino formativo è doppiamente importante: grazie ad esso la persona
consacrata non solo può continuare a «vedere» Dio, con gli occhi
della fede, in un mondo che ne ignora la presenza, ma riesce anche a
renderne in qualche modo «sensibile» la presenza mediante la
testimonianza del proprio carisma.
La formazione permanente
69. La formazione permanente, sia
per gli Istituti di vita apostolica come per quelli di vita
contemplativa, è un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa.
Il processo formativo, come s'è detto, non si riduce alla sua fase
iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà
mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che
sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi
sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve, pertanto,
saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la
disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita.arà
molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come
parte della ratio institutionis , la definizione, per quanto
possibile precisa e sistematica, di un progetto di formazione
permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni
persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza.
Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e
religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la
propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può
considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di
specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà,
così come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione
della persona.
In un dinamismo di fedeltà
70. C'è una giovinezza dello
spirito che permane nel tempo: essa si collega col fatto che
l'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da
svolgere, un modo specifico d'essere, di servire e d'amare.ella vita
consacrata i primi anni del pieno inserimento nell'attività
apostolica rappresentano una fase di per se stessa critica,
segnata dal passaggio da una vita guidata ad una situazione di piena
responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani persone
consacrate siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una
sorella, che le aiuti a vivere in pieno la giovinezza del loro amore e
del loro entusiasmo per Cristo. La fase successiva può presentare il
rischio dell'abitudine e la conseguente tentazione della delusione
per la scarsità dei risultati. E necessario allora aiutare le persone
consacrate di mezza età a rivedere, alla luce del Vangelo e
dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non
confondendo la totalità della dedizione con la totalità del
risultato. Ciò consentirà di dare nuovo slancio e nuove motivazioni
alla propria scelta. E la stagione della ricerca dell'essenziale.La
fase dell'età matura, insieme alla crescita personale, può
comportare il pericolo d'un certo individualismo, accompagnato
sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di
irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione permanente
ha qui lo scopo d'aiutare non solo a recuperare un tono più alto di
vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la peculiarità di
tale fase esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti
della personalità, l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e
generosità, e ricade su fratelli e sorelle più pacata e discreta ed
insieme più trasparente e ricca di grazia. E il dono e l'esperienza
della paternità e maternità spirituale.L'età avanzata pone
problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un oculato
programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione,
in taluni casi la malattia e la forzata inattività, costituiscono
un'esperienza che può divenire altamente formativa. Momento spesso
doloroso, esso offre tuttavia alla persona consacrata anziana
l'opportunità di lasciarsi plasmare dall'esperienza
pasquale,configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la
volontà del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo
spirito. Tale configurazione è un modo nuovo di vivere la
consacrazione, che non è legata all'efficienza di un compito di
governo o di un lavoro apostolico.Quando poi giunge il momento di
unirsi all'ora suprema della passione del Signore, la persona
consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa
quel misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà
allora attesa e preparata come l'atto supremo d'amore e di consegna di
sé.E necessario aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi
della vita, ogni età può conoscere situazioni critiche per
l'intervento di fattori esterni — cambio di posto o di ufficio,
difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico, incomprensione o
emarginazione, ecc. — o di fattori più strettamente personali —
malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di
rapporti interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità,
sensazione di insignificanza, e simili. Quando la fedeltà si fa più
difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior
fiducia e di un più intenso amore, sia a livello personale che
comunitario. E necessaria allora, innanzitutto, la vicinanza
affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure dall'aiuto
qualificato di un fratello o di una sorella, la cui presenza premurosa
e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso dell'alleanza che
Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata
giungerà così ad accogliere purificazione e spogliamento come atti
essenziali della sequela di Cristo crocifisso. La prova stessa apparirà
come strumento provvidenziale di formazione nelle mani del Padre, come
lotta non solo psicologica, condotta dall'io in rapporto a se
stesso e alle sue debolezze, ma religiosa, segnata ogni giorno
dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!
Dimensioni della formazione
permanente
71. Se soggetto della formazione
è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la
totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con
tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6,
5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv 19, 18; Mt 22,
37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può
costantemente ispirare il cammino di crescita e di fedeltà.La vita
nello Spirito ha un suo ovvio primato. In essa la persona
consacrata ritrova la propria identità ed una serenità profonda,
cresce nell'attenzione alle provocazioni quotidiane della Parola di
Dio e si lascia guidare dall'ispirazione originaria del proprio
Istituto. Sotto l'azione dello Spirito vengono difesi con tenacia i
tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si implora dall'Alto
con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni giorno (cfr
Sap 9, 10).La dimensione umana e fraterna richiede la
conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne opportuno stimolo e
sostegno nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente
importanti, nel contesto odierno, sono la libertà interiore della
persona consacrata, la sua integrazione affettiva, la capacità di
comunicare con tutti, specialmente nella propria comunità, la serenità
dello spirito e la sensibilità verso chi soffre, l'amore per la verità,
la coerenza lineare tra il dire e il fare.La dimensione apostolica
apre la mente e il cuore della persona consacrata, e la dispone ad un
continuo sforzo operativo, quale segno dell'amore del Cristo che la
spinge (cfr 2 Cor 5, 14). In pratica, ciò significherà
l'aggiornamento di metodi e scopi delle attività apostoliche nella
fedeltà allo spirito e alla finalità del fondatore o della
fondatrice e alle tradizioni successivamente maturate, con costante
attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali, generali e
locali, dell'ambiente ove si opera.La dimensione culturale e
professionale, sulla base di una salda formazione teologica che
renda capaci di discernimento, implica un aggiornamento continuo e una
particolare attenzione ai diversi campi ai quali ciascun carisma
indirizza. E dunque necessario mantenersi aperti mentalmente e il più
possibile duttili, perché il servizio sia concepito e reso secondo le
esigenze del proprio tempo avvalendosi degli strumenti forniti dal
progresso culturale.Nella dimensione del carisma , infine, si
trovano raccolte tutte le altre istanze, come in una sintesi che esige
un continuo approfondimento della propria speciale consacrazione nelle
sue varie componenti, non solo in quella apostolica, ma anche in
quella ascetica e mistica. Ciò comporta per ciascun membro uno studio
assiduo dello spirito dell'Istituto d'appartenenza, della sua storia e
della sua missione, per migliorarne l'assimilazione personale e
comunitaria.
CAPITOLO
III
SERVITIUM
CARITATIS
LA
VITA CONSACRATA
EPIFANIA DELL'AMORE DI DIO NEL MONDO
Consacrati per la missione
72. Ad immagine di Gesù, Figlio
diletto «che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv
10, 36), anche coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati
ed inviati nel mondo per imitarne l'esempio e continuarne la missione.
Fondamentalmente, questo vale per ogni discepolo. In modo speciale,
tuttavia, vale per quanti, nella forma caratteristica della vita
consacrata, sono chiamati a seguire Cristo «più da vicino», e a
fare di Lui il «tutto» della loro esistenza. Nella loro chiamata è
quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione ;
anzi, la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo
che è all'origine di ogni vocazione e di ogni carisma, diventa
missione, come lo è stata tutta la vita di Gesù. La professione dei
consigli evangelici, che rende la persona totalmente libera per la
causa del Vangelo, rivela anche da questo punto di vista la sua
rilevanza. Si deve dunque affermare che la missione è essenziale
per ogni Istituto, non solo in quelli di vita apostolica attiva,
ma anche in quelli di vita contemplativa.
La missione, infatti, prima di
caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere
presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E
questa la sfida, questo il compito primario della vita consacrata! Più
ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e operante
nel mondo per la salvezza degli uomini.Si può allora dire che la
persona consacrata è «in missione» in virtù della sua stessa
consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio Istituto.
Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali, è ovvio
che testimonianza di vita ed opere di apostolato e di promozione umana
sono ugualmente necessarie: entrambe raffigurano Cristo, che è
insieme il consacrato alla gloria del Padre e l'inviato al mondo per
la salvezza dei fratelli e delle sorelle.a vita religiosa, inoltre,
partecipa alla missione di Cristo con un altro elemento peculiare e
proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita
religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne
sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma
comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella
missione specifica dell'Istituto.
A servizio di Dio e
dell'uomo
73. La vita consacrata ha il
compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli
uomini, come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche
dall'attenta lettura dei segni dell'azione provvidente di Dio nella
storia. E progetto di un'umanità salvata e riconciliata (cfr Col
2, 20-22). Per compiere opportunamente questo servizio, le persone
consacrate devono avere una profonda esperienza di Dio e prendere
coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso
teologico profondo mediante il discernimento operato con l'aiuto dello
Spirito. In realtà, negli avvenimenti storici si cela spesso
l'appello di Dio a operare secondo i suoi piani con un inserimento
attivo e fecondo nelle vicende del nostro tempo.l discernimento dei
segni dei tempi, come afferma il Concilio, deve essere condotto alla
luce del Vangelo, perché si «possa rispondere ai perenni
interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e
sul loro reciproco rapporto».E necessario, pertanto, aprire l'animo
agli interiori suggerimenti dello Spirito che invita a cogliere in
profondità i disegni della Provvidenza. Egli chiama la vita
consacrata ad elaborare nuove risposte per i nuovi problemi del mondo
di oggi. Sono sollecitazioni divine, che solo anime abituate a cercare
in tutto la volontà di Dio sanno raccogliere fedelmente e poi
tradurre coraggiosamente in scelte coerenti sia col carisma originario
che con le esigenze della situazione storica concreta.Di fronte ai
numerosi problemi ed urgenze che sembrano talvolta compromettere e
persino travolgere la vita consacrata, i chiamati non possono non
avvertire l'impegno di portare nel cuore e nella preghiera le molte
necessità del mondo intero, operando al tempo stesso alacremente nei
campi attinenti al carisma di fondazione. La loro dedizione dovrà
essere, ovviamente, guidata dal discernimento soprannaturale,
che sa distinguere ciò che viene dallo Spirito da ciò che gli è
contrario (cfr Gal 5, 16-17.22; 1 Gv 4, 6). Esso,
mediante la fedeltà alla Regola e alle Costituzioni, conserva la
piena comunione con la Chiesa.n questo modo la vita consacrata non si
limiterà a leggere i segni dei tempi, ma contribuirà anche ad
elaborare ed attuare nuovi progetti di evangelizzazione per le
odierne situazioni. Tutto questo nella certezza di fede che lo Spirito
sa dare anche alle domande più difficili le risposte appropriate. Sarà
bene, a tal proposito, riscoprire quanto hanno sempre insegnato i
grandi protagonisti dell'azione apostolica: occorre confidare in Dio
come se tutto dipendesse da Lui e, al tempo stesso, impegnarsi
generosamente come se tutto dipendesse da noi.
Collaborazione ecclesiale e
spiritualità apostolica
74. Tutto dev'esser fatto in
comunione e in dialogo con le altre componenti ecclesiali. Le
sfide della missione sono tali da non poter essere efficacemente
affrontate senza la collaborazione, sia nel discernimento che
nell'azione, di tutti i membri della Chiesa. Difficilmente i singoli
posseggono la risposta risolutiva: questa può invece scaturire dal
confronto e dal dialogo. In particolare, la comunione operativa tra i
vari carismi non mancherà di assicurare, oltre che un arricchimento
reciproco, una più incisiva efficacia nella missione. L'esperienza di
questi anni conferma ampiamente che «il dialogo è il nuovo nome
della carità»,specie di quella ecclesiale; esso aiuta a vedere i
problemi nelle loro reali dimensioni e consente di affrontarli con
migliori speranze di successo. La vita consacrata, per il fatto stesso
di coltivare il valore della vita fraterna, si propone come esperienza
privilegiata di dialogo. Essa pertanto può contribuire a creare un
clima di accettazione reciproca, nel quale i vari soggetti ecclesiali,
sentendosi valorizzati per quello che sono, convergono in modo più
convinto nella comunione ecclesiale, tesa alla grande missione
universale.Gli Istituti impegnati nell'una o nell'altra forma di
servizio apostolico devono infine coltivare una solida spiritualità
dell'azione, vedendo Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio.
Infatti «bisogna sapere che come la vita ben ordinata tende a passare
dalla vita attiva a quella contemplativa, così per lo più l'animo
ritorna utilmente dalla vita contemplativa a quella attiva, per
conservare in modo più perfetto la vita attiva per quello che la vita
contemplativa ha acceso nella mente. La vita attiva deve, quindi,
trasferirci nella contemplativa e qualche volta, da ciò che vediamo
interiormente, la contemplazione deve richiamarci meglio all'azione».Gesù
stesso ci ha dato l'esempio perfetto di come si possa unire la
comunione col Padre con una vita intensamente attiva. Senza la
costante tensione a questa unità, il pericolo del collasso interiore,
del disorientamento, dello scoraggiamento è continuamente in agguato.
La stretta unione tra contemplazione e azione permetterà, oggi come
ieri, di affrontare le missioni più difficili.
I. L'AMORE SINO ALLA FINE
Amare col cuore di Cristo
75. «Dopo aver amato i suoi che
erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si alzò
da tavola [...] e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad
asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto» (Gv 13,
1-2.4-5).Nella lavanda dei piedi Gesù rivela la profondità
dell'amore di Dio per l'uomo: in Lui Dio stesso si mette a servizio
degli uomini! Egli rivela, al tempo stesso, il senso della vita
cristiana e, a maggior ragione, della vita consacrata, che è vita
d'amore oblativo, di concreto e generoso servizio. Ponendosi alla
sequela del Figlio dell'uomo, che «non è venuto per essere servito,
ma per servire» (Mt 20, 28), la vita consacrata, almeno nei
periodi migliori della sua lunga storia, s'è caratterizzata per
questo «lavare i piedi», ossia per il servizio specialmente ai più
poveri e ai più bisognosi. Se, da una parte, essa contempla il
mistero sublime del Verbo nel seno del Padre (cfr Gv 1, 1),
dall'altra segue lo stesso Verbo che si fa carne (cfr Gv 1,
14), si abbassa, si umilia per servire gli uomini. Le persone che
seguono Cristo nella via dei consigli evangelici anche oggi intendono
andare dove è andato Cristo e fare ciò che Egli ha fatto.Continuamente
Egli chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare
loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr Rm 5, 5), l'agape
divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a servire gli
altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A Pietro,
che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama: «Signore, è
bello per noi restare qui» (Mt 17, 4), è rivolto l'invito a
tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di
Dio: «Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica
la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna,
rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua
capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche
sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza
delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato
nel candore delle vesti del Signore».Lo sguardo fisso sul volto del
Signore non attenua nell'apostolo l'impegno per l'uomo; al contrario
lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla
storia, per liberarla da quanto la deturpa.La ricerca della divina
bellezza spinge le persone consacrate a prendersi cura dell'immagine
divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti sfigurati
dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi
vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza
quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di
donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna
accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita
degna.La vita consacrata mostra così, con l'eloquenza delle opere,
che la divina carità è fondamento e stimolo dell'amore gratuito ed
operoso. Ne era ben convinto S. Vincenzo de Paoli quando indicava alle
Figlie della Carità questo programma di vita: «Lo spirito della
Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore e servirlo
nella persona dei poveri materialmente e spiritualmente, nelle loro
case e altrove, per istruire le povere giovanette, i bambini, in
generale tutti coloro che la divina Provvidenza vi manda».ra i
diversi possibili ambiti della carità, certamente quello che a titolo
speciale manifesta al mondo l'amore «sino alla fine» è, oggi,
l'annuncio appassionato di Gesù Cristo a coloro che ancora non Lo
conoscono, a coloro che L'hanno dimenticato e, in modo preferenziale,
ai poveri.
Contributo specifico della
vita consacrata all'evangelizzazione
76. Il contributo specifico di
consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella
testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a
imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo.
Nell'opera della salvezza, infatti, tutto viene dalla partecipazione
all'agape divina. Le persone consacrate rendono visibile, nella
loro consacrazione e totale dedizione, la presenza amorevole e
salvifica di Cristo, il consacrato del Padre, inviato in missione.Esse,
lasciandosi conquistare da Lui (cfr Fil 3, 12), si dispongono a
divenire, in certo modo, un prolungamento della sua umanità.La vita
consacrata dice eloquentemente che quanto più si vive di Cristo,
tanto meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli
avamposti della missione, e assumendo i più grandi rischi.
La prima evangelizzazione:
annunciare Cristo alle genti
77. Chi ama Dio, Padre di tutti,
non può non amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti
fratelli e sorelle. Proprio per questo egli non può restare
indifferente di fronte alla costatazione che molti di loro non
conoscono la piena manifestazione dell'amore di Dio in Cristo. Nasce
di qui, in obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio missionario ad
gentes, che ogni cristiano consapevole condivide con la Chiesa,
per sua natura missionaria. E slancio avvertito soprattutto dai membri
degli Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva.Le persone
consacrate, infatti, hanno il compito di rendere presente anche tra i
non cristianiil Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario.Restando
dinamicamente fedeli al loro carisma, esse, in virtù della più
intima consacrazione a Dio,non possono non sentirsi coinvolte in una
speciale collaborazione con l'attività missionaria della Chiesa. Il
desiderio tante volte espresso da Teresa di Lisieux, «amarti e farti
amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che molti, «studiando
le scienze, meditassero sul conto che Dio nostro Signore chiederà di
loro stessi e del talento loro concesso, si smuoverebbero, ricorrendo
a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e
sentire dentro le proprie anime la volontà divina e così,
uniformandosi ad essa più che non alle proprie inclinazioni,
direbbero: ‘Signore, sono qui, che vuoi che io faccia? Mandami dove
vuoi'»,ed altre simili testimonianze di innumerevoli anime sante,
manifestano l'insopprimibile tensione missionaria, che distingue e
qualifica la vita consacrata.
Presenti in ogni angolo
della terra
78. «L'amore del Cristo ci spinge»
(2 Cor 5, 14): i membri di ogni Istituto dovrebbero poterlo
ripetere con l'Apostolo, perché compito della vita consacrata è di
lavorare in ogni parte della terra per consolidare e dilatare il Regno
di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche nelle
regioni più lontane.Di fatto, la storia missionaria testimonia il
grande contributo da essi dato all'evangelizzazione dei popoli: dalle
antiche Famiglie monastiche fino alle più recenti Fondazioni
impegnate in maniera esclusiva nella missione ad gentes, dagli
Istituti di vita attiva a quelli dediti alla
contemplazione,innumerevoli persone hanno speso le loro energie in
questa «attività primaria della Chiesa, essenziale e mai conclusa»,perché
rivolta alla moltitudine crescente di coloro che non conoscono Cristo.Anche
oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli
Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica:
l'annuncio del Vangelo di Cristo attende da loro il massimo contributo
possibile. Anche gli Istituti che sorgono o operano nelle giovani
Chiese sono invitati ad aprirsi alla missione fra i non cristiani,
all'interno e fuori della loro patria. Nonostante le comprensibili
difficoltà che alcuni di essi possono attraversare, è bene ricordare
a tutti che come «la fede si rafforza donandola»,così la missione
rafforza la vita consacrata, le dà nuovo entusiasmo e nuove
motivazioni, sollecita la sua fedeltà. Da parte sua, l'attività
missionaria offre larghi spazi per accogliere le svariate forme di
vita consacrata.La missione ad gentes presenta speciali e
straordinarie opportunità alle donne consacrate, ai religiosi
fratelli e ai membri di Istituti secolari per un inserimento in
un'azione apostolica particolarmente incisiva. Questi ultimi, poi, con
la loro presenza nei vari ambiti tipici della vocazione laicale,
possono svolgere un'opera preziosa di evangelizzazione degli ambienti,
delle strutture e delle stesse leggi che regolano la convivenza.
Inoltre, essi possono testimoniare i valori evangelici a fianco di
persone che non hanno ancora conoscenza di Gesù, dando così uno
specifico contributo alla missione.E da sottolineare che, nei paesi
dove sono radicate religioni non cristiane, la presenza della vita
consacrata, tanto con attività educative, caritative e culturali,
quanto con il segno della vita contemplativa, assume enorme
importanza. Per questo è particolarmente da incoraggiare la
fondazione nelle nuove Chiese di comunità dedite alla contemplazione,
dato che «la vita contemplativa interessa la presenza della Chiesa
nella forma più piena».E, poi, necessario promuovere con mezzi
adeguati un'equa distribuzione della vita consacrata nelle varie forme
per suscitare un nuovo impulso evangelizzatore, sia con l'invio di
missionari e missionarie, sia con il doveroso aiuto degli Istituti di
vita consacrata alle diocesi più povere.
Annuncio di Cristo e
inculturazione
79. L'annuncio di Cristo «ha la
priorità permanente nella missione della Chiesa»e mira alla
conversione, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo ed al suo
Vangelo.Nel quadro dell'attività missionaria rientrano anche il
processo di inculturazione e il dialogo interreligioso. La sfida dell'inculturazione
va accolta dalle persone consacrate come appello a una feconda
collaborazione con la grazia nell'approccio con le diverse culture. Ciò
suppone seria preparazione personale, mature doti di discernimento,
fedele adesione agli indispensabili criteri di ortodossia dottrinale,
di autenticità e di comunione ecclesiale.Col sostegno del carisma dei
fondatori e delle fondatrici, molte persone consacrate hanno saputo
avvicinarsi alle diverse culture nell'atteggiamento di Gesù che «spogliò
se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7) e, con
un paziente ed audace sforzo di dialogo, hanno stabilito contatti
proficui con le genti più varie, a tutte annunciando la via della
salvezza. Anche oggi quante di loro sanno cercare e trovare, nella
storia delle singole persone e di interi popoli, tracce della presenza
di Dio, che guida tutta l'umanità verso il discernimento dei segni
della sua volontà redentrice. Tale ricerca si rivela vantaggiosa per
le stesse persone consacrate: i valori scoperti nelle diverse civiltà
possono spingerli, infatti, ad accrescere il proprio impegno di
contemplazione e di preghiera, a praticare più intensamente la
condivisione comunitaria e l'ospitalità, a coltivare con maggiore
diligenza l'attenzione alla persona ed il rispetto per la natura.Per
un'autentica inculturazione sono necessari atteggiamenti simili a
quelli del Signore, quando si è incarnato ed è venuto, con amore e
umiltà, in mezzo a noi. In questo senso la vita consacrata rende le
persone particolarmente adatte ad affrontare il complesso travaglio
dell'inculturazione, perché le abitua al distacco dalle cose e
persino da tanti aspetti della propria cultura. Applicandosi con
questi atteggiamenti allo studio e alla comprensione delle culture, i
consacrati possono meglio discernere in esse gli autentici valori e il
modo in cui accoglierli e perfezionarli con l'aiuto del proprio
carisma.Non si deve comunque dimenticare che, in molte antiche
culture, l'espressione religiosa è così profondamente integrata, che
la religione rappresenta spesso la dimensione trascendente della
cultura stessa. In questo caso una vera inculturazione comporta
necessariamente un serio e aperto dialogo interreligioso, «che non è
in contrapposizione con la missione ad gentes e che non
dispensa dall'evangelizzazione».
L'inculturazione della vita
consacrata
80. Da parte sua la vita
consacrata, di per sé portatrice di valori evangelici, là dove è
vissuta con autenticità può offrire un contributo originale alle
sfide dell'inculturazione. Essendo infatti un segno del primato di Dio
e del Regno, essa diventa una provocazione che, nel dialogo, può
scuotere la coscienza degli uomini. Se la vita consacrata mantiene la
forza profetica che le è propria, diventa all'interno di una cultura
fermento evangelico capace di purificarla e farla evolvere. E quanto
dimostra la storia di numerosi santi e sante, che in epoche diverse
hanno saputo immergersi nel loro tempo senza farsene sommergere, ma
additando alla loro generazione nuovi cammini. Lo stile di vita
evangelico è una fonte importante per la proposta di un nuovo modello
culturale. Quanti fondatori e fondatrici, cogliendo alcune esigenze
del loro tempo, pur con tutti i limiti da essi stessi riconosciuti,
hanno dato loro una risposta che è diventata proposta culturale
innovativa!Le comunità degli Istituti religiosi e delle Società di
vita apostolica possono, infatti, offrire concrete e significative
proposte culturali, quando testimoniano il modo evangelico di vivere
l'accoglienza reciproca nella diversità e di esercitare l'autorità,
la condivisione dei beni sia materiali che spirituali,
l'internazionalità, la collaborazione inter-congregazionale,
l'ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il modo di
pensare e di agire di chi segue Cristo più da vicino, infatti, dà
origine ad una vera e propria cultura di riferimento, serve a
mettere in luce ciò che è disumano, testimonia che Dio solo dà ai
valori forza e compimento. Un'autentica inculturazione aiuterà, a sua
volta, le persone consacrate a vivere il radicalismo evangelico
secondo il carisma del proprio Istituto e il genio del popolo col
quale entrano in contatto. Da questo fecondo rapporto scaturiranno
stili di vita e metodi pastorali che potranno rivelarsi un'autentica
ricchezza per tutto l'Istituto, se risulteranno coerenti con il
carisma di fondazione e con l'azione unificante dello Spirito Santo.
In questo processo, fatto di discernimento e di audacia, di dialogo e
di provocazione evangelica, una garanzia di retto cammino è offerta
dalla Santa Sede, alla quale spetta incoraggiare l'evangelizzazione
delle culture nonché autenticarne gli sviluppi e di sancirne gli
esiti in ordine all'inculturazione:compito, questo, «difficile e
delicato poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al Vangelo
e alla tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle culture».
La nuova evangelizzazione
81. Per affrontare adeguatamente
le grandi sfide che alla nuova evangelizzazione pone la storia
attuale, è necessaria innanzitutto una vita consacrata che si lasci
continuamente interpellare dalla Parola rivelata e dai segni dei tempi.Il
ricordo delle grandi evangelizzatrici e dei grandi evangelizzatori,
che furono prima grandi evangelizzati, rivela che per affrontare il
mondo di oggi occorrono persone amorosamente dedite al Signore e al
suo Vangelo. «Le persone consacrate, per la loro vocazione specifica,
sono chiamate a far emergere l'unità tra autoevangelizzazione e
testimonianza, tra rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra
essere e agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo
elemento del binomio».a nuova evangelizzazione, come quella di
sempre, sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima
vissuto nell'intimità con il Signore. Per essa sono richieste solide
personalità, animate dal fervore dei santi. La nuova evangelizzazione
esige da consacrati e consacrate piena consapevolezza del senso
teologico delle sfide del nostro tempo. Queste sfide vanno
esaminate con attento e corale discernimento, in vista del
rinnovamento della missione. Il coraggio dell'annuncio del Signore Gesù
deve accompagnarsi con la fiducia nell'azione della Provvidenza, che
opera nel mondo e che «dispone tutto, anche le umane avversità, per
il maggior bene della Chiesa».lementi importanti per un proficuo
inserimento degli Istituti nel processo della nuova evangelizzazione
sono la fedeltà al carisma di fondazione, la comunione con quanti
nella Chiesa sono impegnati nella stessa impresa, specialmente con i
Pastori, e la cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà. Ciò
esige un serio discernimento degli appelli che lo Spirito rivolge ad
ogni Istituto, sia in quelle regioni ove non si prevedono
immediatamente grandi progressi, sia nelle altre regioni ove si
preannuncia una consolante rinascita. In ogni luogo e situazione, le
persone consacrate siano annunciatrici ardenti del Signore Gesù,
pronte a rispondere con sapienza evangelica alle domande poste oggi
dall'inquietudine del cuore umano e dalle sue urgenti necessità.
La predilezione per i poveri
e la promozione della giustizia
82. Agli inizi del suo ministero,
nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama che lo Spirito lo ha
consacrato per portare ai poveri un lieto messaggio, per annunciare ai
prigionieri la liberazione, restituire ai ciechi la vista, rimettere
in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore (cfr
Lc 4, 16-19). La Chiesa, assumendo come propria la missione del
Signore, annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna, facendosi
carico della loro salvezza integrale. Ma con un'attenzione speciale,
una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si
trovano in situazione di maggiore debolezza, e pertanto di più
grave bisogno. «Poveri», nelle molteplici dimensioni della povertà,
sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i
piccoli, quanti vengono considerati e trattati come «ultimi» nella
società.L'opzione per i poveri è insita nella dinamica stessa
dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i
discepoli di Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore
più da vicino, imitando i suoi atteggiamenti, non possono non
sentirsene coinvolti in modo tutto particolare. La sincerità della
loro risposta all'amore di Cristo li conduce a vivere da poveri e ad
abbracciare la causa dei poveri. Ciò comporta per ogni Istituto,
secondo lo specifico carisma, l'adozione di uno stile di vita ,
sia personale che comunitario, umile ed austero. Forti di
questa testimonianza vissuta, le persone consacrate potranno, nei modi
consoni alla loro scelta di vita e rimanendo libere nei confronti
delle ideologie politiche, denunciare le ingiustizie che vengono
compiute verso tanti figli e figlie di Dio, ed impegnarsi per la
promozione della giustizia nell'ambiente sociale in cui operano.In
questo modo, anche nelle attuali situazioni, si rinnoverà, attraverso
la testimonianza di innumerevoli persone consacrate, la dedizione che
fu propria di fondatori e fondatrici che spesero la loro vita per
servire il Signore presente nei poveri. Infatti Cristo «si trova
sulla terra nella persona dei suoi poveri [...]. Come Dio, ricco, come
uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo,
siede alla destra del Padre eppure quaggiù tuttora povero soffre la
fame, la sete, è nudo».l Vangelo si rende operante attraverso la
carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà al
Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può
considerare una esegesi vivente della parola di Gesù: «Ogni volta
che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). Molti Istituti,
specie in età moderna, sono nati proprio per venire incontro all'una
o all'altra necessità dei poveri. Ma anche quando tale finalità non
è stata determinante, l'attenzione e la premura per i bisognosi,
espressa attraverso la preghiera, l'accoglienza, l'ospitalità, si
sono sempre accompagnate con naturalezza alle varie forme di vita
consacrata, anche di quella contemplativa. E come potrebbe essere
diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione
è lo stesso che vive e soffre nei poveri? La storia della vita
consacrata è ricca, in questo senso, di esempi meravigliosi e
talvolta geniali. San Paolino di Nola, dopo aver distribuito i suoi
beni ai poveri per consacrarsi pienamente a Dio, innalzò le celle del
suo monastero sopra un ospizio destinato appunto agli indigenti. Egli
gioiva al pensiero di questo singolare «scambio di doni»: i poveri,
da lui assistiti, rinsaldavano con la loro preghiera le «fondamenta»
stesse della sua casa, tutta dedita alla lode di Dio.S. Vincenzo de'
Paoli, da parte sua, amava dire che, quando si è costretti a lasciare
la preghiera per assistere un povero in necessità, in realtà non la
si interrompe, perché «si lascia Dio per Dio».ervire i poveri è
atto di evangelizzazione e, nello stesso tempo, sigillo di evangelicità
e stimolo di conversione permanente per la vita consacrata, poiché
— come dice san Gregorio Magno — «quando la carità si abbassa
amorosamente a provvedere anche agli infimi bisogni del prossimo,
allora divampa verso le più alte vette. E quando benignamente si
piega alle estreme necessità, allora vigorosamente riprende il volo
verso le altezze».
La cura degli ammalati
83. Seguendo una gloriosa
tradizione, un gran numero di persone consacrate, soprattutto donne,
esercitano il loro apostolato negli ambienti sanitari, secondo il
carisma del proprio Istituto. Molte, lungo i secoli, sono state le
persone consacrate che hanno sacrificato la loro vita nel
servizio alle vittime di malattie contagiose, mostrando che la
dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita
consacrata.La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante
persone consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti,
contribuiscono in maniera significativa alla sua missione. Esse
continuano il ministero di misericordia di Cristo, che «passò
beneficando e sanando tutti» (At 10, 38). Sulle orme di Lui,
divino Samaritano, medico delle anime e dei corpi,e sull'esempio dei
rispettivi fondatori e fondatrici, le persone consacrate, che a ciò
sono orientate dal carisma del loro Istituto, perseverino nella loro
testimonianza d'amore verso i malati, dedicandosi a loro con profonda
comprensione e partecipazione. Privilegino nelle loro scelte gli
ammalati più poveri e abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli
emarginati, i malati terminali, le vittime della droga e delle nuove
malattie contagiose. Favoriscano nei malati l'offerta del proprio
soffrire in comunione con Cristo crocifisso e glorificato per la
salvezza di tutti,anzi alimentino in loro la coscienza di essere, con
la preghiera e la testimonianza della parola e della condotta, soggetti
attivi di pastorale attraverso il peculiare carisma della croce.a
Chiesa, inoltre, ricorda ai consacrati e alle consacrate che fa parte
della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui
lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione dei
valori evangelici, il modo di vivere, soffrire e morire degli uomini
del nostro tempo. E loro impegno dedicarsi all'umanizzazione della
medicina e all'approfondimento della bioetica, a servizio del Vangelo
della vita. Promuovano perciò innanzitutto il rispetto della persona
e della vita umana dal concepimento al termine naturale, in piena
conformità con l'insegnamento morale della Chiesa,istituendo per
questo anche centri di formazionee collaborando fraternamente con gli
organismi ecclesiali della pastorale sanitaria.
II. UNA TESTIMONIANZA PROFETICA
DI FRONTE ALLE GRANDI SFIDE
Il profetismo della vita
consacrata
84. Il carattere profetico della
vita consacrata è stato messo in forte risalto dai Padri sinodali.
Esso si configura come una speciale forma di partecipazione alla
funzione profetica di Cristo , comunicata dallo Spirito a tutto il
Popolo di Dio. E un profetismo inerente alla vita consacrata come
tale, per il radicalismo della sequela di Cristo e della conseguente
dedizione alla missione che la caratterizza. La funzione di segno, che
il Concilio Vaticano II riconosce alla vita consacrata,si esprime
nella testimonianza profetica del primato che Dio ed i valori del
Vangelo hanno nella vita cristiana. In forza di tale primato nulla può
essere anteposto all'amore personale per Cristo e per i poveri in cui
Egli vive.a tradizione patristica ha visto un modello della vita
religiosa monastica in Elia, profeta audace e amico di Dio.Viveva alla
sua presenza e contemplava nel silenzio il suo passaggio, intercedeva
per il popolo e proclamava con coraggio la sua volontà, difendeva i
diritti di Dio e si ergeva a difesa dei poveri contro i potenti del
mondo (cfr 1 Re 18-19). Nella storia della Chiesa, accanto ad
altri cristiani, non sono mancati uomini e donne consacrati a Dio che,
per un particolare dono dello Spirito, hanno esercitato un autentico
ministero profetico, parlando nel nome di Dio a tutti ed anche ai
Pastori della Chiesa. La vera profezia nasce da Dio,
dall'amicizia con Lui, dall'ascolto attento della sua Parola nelle
diverse circostanze della storia. Il profeta sente ardere nel cuore la
passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel dialogo
della preghiera la parola, la proclama con la vita, con le labbra e
con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male ed il peccato.
La testimonianza profetica richiede la costante e appassionata ricerca
della volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione
ecclesiale, l'esercizio del discernimento spirituale, l'amore per la
verità. Essa si esprime anche con la denuncia di quanto è contrario
al volere divino e con l'esplorazione di vie nuove per attuare il
Vangelo nella storia, in vista del Regno di Dio.
Sua rilevanza per il mondo
contemporaneo
85. Nel nostro mondo, dove
sembrano spesso smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte
testimonianza profetica da parte delle persone consacrate. Essa verterà
innanzitutto sull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri
, quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto,
povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e
all'amore dei fratelli e delle sorelle. La stessa vita fraterna è profezia
in atto nel contesto di una società che, talvolta senza
rendersene conto, ha un profondo anelito ad una fraternità senza
frontiere. Alle persone consacrate è chiesto di offrire la loro
testimonianza con la franchezza del profeta, che non teme di rischiare
anche la vita.Un'intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza
fra l'annuncio e la vita. Le persone consacrate saranno fedeli
alla loro missione nella Chiesa e nel mondo, se saranno capaci di
rivedere continuamente se stesse alla luce della Parola di Dio.In tal
modo potranno arricchire gli altri fedeli dei beni carismatici
ricevuti, lasciandosi a loro volta interpellare dalle provocazioni
profetiche provenienti dalle altre componenti ecclesiali. In questo
scambio di doni, garantito dalla piena sintonia col Magistero e la
disciplina della Chiesa, risplenderà l'azione dello Spirito che
«la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige
mediante i diversi doni gerarchici e carismatici».
Una fedeltà fino al
martirio
86. In questo secolo, come in
altre epoche della storia, uomini e donne consacrati hanno reso
testimonianza a Cristo Signore con il dono della propria vita.
Sono migliaia coloro che, costretti alle catacombe dalla persecuzione
di regimi totalitari o di gruppi violenti, osteggiati nell'attività
missionaria, nell'azione a favore dei poveri, nell'assistenza agli
ammalati ed agli emarginati, hanno vissuto e vivono la loro
consacrazione nella sofferenza prolungata ed eroica, e spesso con
l'effusione del proprio sangue, pienamente configurati al Signore
crocifisso. Di alcuni di essi la Chiesa ha già riconosciuto
ufficialmente la santità onorandoli come martiri di Cristo. Essi ci
illuminano con il loro esempio, intercedono per la nostra fedeltà, ci
attendono nella gloria.E vivo il desiderio che la memoria di tanti
testimoni della fede rimanga nella coscienza della Chiesa come
incitamento alla celebrazione e all'imitazione. Gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica contribuiscano a quest'opera
raccogliendo i nomi e le testimonianze di tutte le persone
consacrate, che possono essere iscritte nel Martirologio del ventesimo
secolo.
Le grandi sfide della vita
consacrata
87. Il compito profetico della
vita consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte
alla stessa Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme
nuove, e forse più radicali, dalla società contemporanea, almeno in
alcune parti del mondo. Esse toccano direttamente i consigli
evangelici di castità, povertà e obbedienza, stimolando la Chiesa e,
in particolare, le persone consacrate a metterne in luce e a
testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta
di questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di
valori autenticamente umani, si propone piuttosto come una loro
trasfigurazione. I consigli evangelici non vanno considerati come una
negazione dei valori inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio
di disporre di beni materiali e di decidere autonomamente di sé.
Queste inclinazioni, in quanto fondate nella natura, sono in se stesse
buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è dal peccato
originale, è esposta al rischio di tradurle in atto in modo
trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza
diventa monito a non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato
originale e, pur affermando il valore dei beni creati, li
relativizza additando Dio come il bene assoluto. Così coloro che
seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per se
stessi, propongono, per così dire, una «terapia spirituale» per
l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in
qualche modo visibile il Dio vivente. La vita consacrata, specie nei
tempi difficili, è una benedizione per la vita umana e per la stessa
vita ecclesiale.
La sfida della castità
consacrata
88. La prima provocazione
è quella di una cultura edonistica che svincola la sessualità
da ogni norma morale oggettiva, riducendola spesso a gioco e a
consumo, e indulgendo con la complicità dei mezzi di comunicazione
sociale a una sorta di idolatria dell'istinto. Le conseguenze di ciò
sono sotto gli occhi di tutti: prevaricazioni di ogni genere, a cui
s'accompagnano innumerevoli sofferenze psichiche e morali per gli
individui e le famiglie. La risposta della vita consacrata sta
innanzitutto nella pratica gioiosa della castità perfetta,
quale testimonianza della potenza dell'amore di Dio nella fragilità
della condizione umana. La persona consacrata attesta che quanto è
creduto impossibile dai più diventa, con la grazia del Signore Gesù,
possibile e autenticamente liberante. Sì, in Cristo è possibile
amare Dio con tutto il cuore, ponendolo al di sopra di ogni altro
amore, ed amare così, con la libertà di Dio, ogni creatura! E questa
una testimonianza oggi più che mai necessaria, proprio perché così
poco compresa dal nostro mondo. Essa è offerta ad ogni persona — ai
giovani, ai fidanzati, ai coniugi, alle famiglie cristiane — per
mostrare che la forza dell'amore di Dio può operare grandi cose
proprio dentro le vicende dell'amore umano. E una testimonianza che va
incontro anche a un crescente bisogno di limpidezza interiore nei
rapporti umani.E necessario che la vita consacrata presenti al mondo
di oggi esempi di una castità vissuta da uomini e donne che
dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, maturità
psicologica ed affettiva.Grazie a questa testimonianza, viene offerto
all'amore umano un sicuro punto di riferimento, che la persona
consacrata attinge dalla contemplazione dell'amore trinitario,
rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero, essa
si sente capace di un amore radicale e universale, che le dà la forza
della padronanza di sé e della disciplina necessarie per non cadere
nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata
appare così come esperienza di gioia e di libertà. Illuminata dalla
fede nel Signore risorto e dall'attesa dei cieli nuovi e della terra
nuova (cfr Ap 21, 1), essa offre preziosi stimoli anche per
l'educazione alla castità doverosa in altri stati di vita.
La sfida della povertà
89. Altra provocazione è,
oggi, quella di un materialismo avido di possesso, disattento
verso le esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni
considerazione per lo stesso equilibrio delle risorse naturali. La risposta
della vita consacrata sta nella professione della povertà
evangelica, vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da un
attivo impegno nella promozione della solidarietà e della carità.Quanti
Istituti si dedicano all'educazione, all'istruzione e alla formazione
professionale, mettendo in grado giovani e non più giovani di
diventare protagonisti del loro futuro! Quante persone consacrate si
spendono senza risparmio di energie per gli ultimi della terra! Quante
di esse si adoperano a formare futuri educatori e responsabili della
vita sociale, in modo che si impegnino ad eliminare le strutture
oppressive e a promuovere progetti di solidarietà a vantaggio dei
poveri! Esse lottano per sconfiggere la fame e le sue cause, animano
le attività del volontariato e le organizzazioni umanitarie,
sensibilizzano organismi pubblici e privati per favorire un'equa
distribuzione degli aiuti internazionali. Le nazioni devono veramente
molto a questi intraprendenti operatori e operatrici di carità, che
con la loro instancabile generosità hanno dato e danno un sensibile
contributo per l'umanizzazione del mondo.
La povertà evangelica a
servizio dei poveri
90. In realtà, prima ancora di
essere un servizio per i poveri, la povertà evangelica è un
valore in se stessa, in quanto richiama la prima delle Beatitudini
nell'imitazione di Cristo povero.Il suo primo senso, infatti, è
testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per
questo essa contesta con forza l'idolatria di mammona, proponendosi
come appello profetico nei confronti di una società che, in tante
parti del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e
il significato stesso delle cose. Per questo, oggi più che in altre
epoche, il suo richiamo trova attenzione anche tra coloro che, consci
della limitatezza delle risorse del pianeta, invocano il rispetto e la
salvaguardia del creato mediante la riduzione dei consumi, la sobrietà,
l'imposizione di un doveroso freno ai propri desideri.Alle persone
consacrate è chiesta dunque una rinnovata e vigorosa testimonianza
evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di vita
fraterna ispirata a criteri di semplicità e di ospitalità, anche
come esempio per quanti rimangono indifferenti di fronte alle necessità
del prossimo. Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente all'amore
preferenziale per i poveri e si manifesterà in modo speciale
nella condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati. Non
sono poche le comunità che vivono e operano tra i poveri e gli
emarginati, ne abbracciano la condizione e ne condividono le
sofferenze, i problemi e i pericoli.Grandi pagine di storia di
solidarietà evangelica e di dedizione eroica sono state scritte da
persone consacrate, in questi anni di profondi cambiamenti e di grandi
ingiustizie, di speranze e di delusioni, di importanti conquiste e di
amare sconfitte. E pagine non meno significative sono state e sono
tuttora scritte da altre innumerevoli persone consacrate, le quali
vivono in pienezza la loro vita «nascosta con Cristo in Dio» (Col
3, 3) per la salvezza del mondo, all'insegna della gratuità,
dell'investimento della propria vita in cause poco riconosciute e meno
ancora applaudite. Attraverso queste forme diverse e complementari, la
vita consacrata partecipa all'estrema povertà abbracciata dal Signore
e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua
incarnazione e della sua morte redentrice.
La sfida della libertà
nell'obbedienza
91. La terza provocazione
proviene da quelle concezioni della libertà che sottraggono
questa fondamentale prerogativa umana al suo costitutivo rapporto con
la verità e con la norma morale.In realtà, la cultura della libertà
è un autentico valore, intimamente connesso col rispetto della
persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi conseguenze di
ingiustizia e persino di violenza porta, nella vita dei singoli e dei
popoli, l'uso distorto della libertà?Una risposta efficace a
tale situazione è l' obbedienza che caratterizza la vita
consacrata. Essa ripropone in modo particolarmente vivo
l'obbedienza di Cristo al Padre e, proprio partendo dal suo mistero,
testimonia che non c'è contraddizione tra obbedienza e libertà.
In effetti, l'atteggiamento del Figlio svela il mistero della libertà
umana come cammino d'obbedienza alla volontà del Padre e il mistero
dell'obbedienza come cammino di progressiva conquista della vera
libertà. E proprio questo mistero che la persona consacrata vuole
esprimere con questo preciso voto. Con esso intende attestare la
consapevolezza di un rapporto di figliolanza, in forza del quale
desidera assumere la volontà paterna come cibo quotidiano (cfr Gv
4, 34), come sua roccia, sua letizia, suo scudo e baluardo (cfr Sal
18[17], 3). Dimostra così di crescere nella piena verità di se
stessa rimanendo collegata con la fonte della sua esistenza ed
offrendo perciò il messaggio consolantissimo: «Grande pace per chi
ama la tua legge nel suo cammino non trova inciampo» ( Sal
119[118], 165).
Compiere insieme la volontà
del Padre
92. Questa testimonianza delle
persone consacrate assume nella vita religiosa particolare significato
anche per la dimensione comunitaria che la caratterizza. La
vita fraterna è il luogo privilegiato per discernere e accogliere il
volere di Dio e camminare insieme in unione di mente e di cuore.
L'obbedienza, vivificata dalla carità, unifica i membri di un
Istituto nella medesima testimonianza e nella medesima missione, pur
nella diversità dei doni e nel rispetto delle singole individualità.
Nella fraternità, animata dallo Spirito, ciascuno intrattiene con
l'altro un prezioso dialogo per scoprire la volontà del Padre, e
tutti riconoscono in chi presiede l'espressione della paternità di
Dio e l'esercizio dell'autorità ricevuta da Dio, a servizio del
discernimento e della comunione.a vita di comunità poi è, in modo
particolare, il segno, di fronte alla Chiesa e alla società, del
legame che viene dalla medesima chiamata e dalla volontà comune di
obbedire ad essa, al di là di ogni diversità di razza e d'origine,
di lingua e di cultura. Contro lo spirito di discordia e di divisione,
autorità e obbedienza risplendono come un segno di quell'unica
paternità che viene da Dio, della fraternità nata dallo Spirito,
della libertà interiore di chi si fida di Dio nonostante i limiti
umani di quanti Lo rappresentano. Attraverso questa obbedienza,
assunta da alcuni come regola di vita, viene sperimentata ed
annunciata a vantaggio di tutti la beatitudine promessa da Gesù a «coloro
che ascoltano la Parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 28).
Inoltre, chi obbedisce ha la garanzia di essere davvero in missione,
alla sequela del Signore e non alla rincorsa dei propri desideri o
delle proprie aspettative. E così è possibile sapersi condotti dallo
Spirito del Signore e sostenuti, anche in mezzo a grandi difficoltà,
dalla sua mano sicura (cfr At 20, 22s).
Un deciso impegno di vita
spirituale
93. Una delle preoccupazioni più
volte manifestate nel Sinodo è stata quella di una vita consacrata
che si alimenti alle sorgenti di una spiritualità solida e
profonda. Si tratta, in effetti, di un'esigenza prioritaria,
inscritta nell'essenza stessa della vita consacrata, dal momento che,
come ogni altro battezzato, ed anzi con motivi anche più stringenti,
chi professa i consigli evangelici è tenuto a tendere con tutte le
sue forze verso la perfezione della carità.E un impegno fortemente
richiamato dagli innumerevoli esempi di santi fondatori e fondatrici e
di tante persone consacrate, che hanno testimoniato la fedeltà a
Cristo fino al martirio.Tendere alla santità: ecco in sintesi il
programma di ogni vita consacrata, anche nella prospettiva del suo
rinnovamento alle soglie del terzo millennio. Il punto di avvio del
programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr Mt 4, 18-22;
19, 21.27; Lc 5, 11) preferendo Lui ad ogni cosa, per poter
partecipare pienamente al Suo mistero pasquale.Lo aveva ben capito san
Paolo che esclamava: «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte
alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù [...]. E questo perché
io possa conoscere Lui, la potenza della Sua risurrezione» (Fil 3,
8.10). E la via segnata fin dall'inizio dagli Apostoli, come ricorda
la tradizione cristiana in Oriente e in Occidente: «Coloro che
attualmente seguono Gesù abbandonando tutto per Lui, rievocano gli
Apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciano a tutto il resto.
Perciò tradizionalmente si è soliti parlare della vita religiosa
come di apostolica vivendi forma» .La stessa tradizione ha
anche messo in evidenza, nella vita consacrata, la dimensione della
peculiare alleanza con Dio, anzi dell'alleanza sponsale con Cristo, di
cui san Paolo fu maestro col suo esempio (cfr 1 Cor 7, 7) e col
suo insegnamento, proposto sotto la guida dello Spirito (cfr 1 Cor
7, 40).Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in
Cristo, vita secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di
crescente fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata dallo
Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena comunione di amore e
di servizio nella Chiesa.Tutti questi elementi, calati nelle varie
forme di vita consacrata, generano una peculiare spiritualità,
cioè un progetto concreto di rapporto con Dio e con l'ambiente,
caratterizzato da particolari accenti spirituali e scelte operative,
che evidenziano e ripresentano ora l'uno ora l'altro aspetto
dell'unico mistero di Cristo. Quando la Chiesa riconosce una forma di
vita consacrata o un Istituto, garantisce che nel suo carisma
spirituale e apostolico si trovano tutti i requisiti oggettivi per
raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria.La vita
spirituale dev'essere dunque al primo posto nel programma delle
Famiglie di vita consacrata, in modo che ogni Istituto e ogni comunità
si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica. Da questa
opzione prioritaria, sviluppata nell'impegno personale e comunitario,
dipendono la fecondità apostolica, la generosità nell'amore per i
poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni. E
proprio la qualità spirituale della vita consacrata che può
scuotere le persone del nostro tempo, anch'esse assetate di valori
assoluti, trasformandosi così in affascinante testimonianza.
In ascolto della Parola di
Dio
94. La Parola di Dio è la prima
sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto
personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e
santificante. E per questo che la lectio divina, fin dalla
nascita degli Istituti di vita consacrata, in particolar modo nel
monachesimo, ha ricevuto la più alta considerazione. Grazie ad essa,
la Parola di Dio viene trasferita nella vita, sulla quale proietta la
luce della sapienza che è dono dello Spirito. Benché tutta la Sacra
Scrittura sia «utile per insegnare» (2 Tm 3, 16) e «sorgente
pura e perenne della vita spirituale»,meritano particolare
venerazione gli scritti del Nuovo Testamento, soprattutto i Vangeli,
che sono «il cuore di tutte le Scritture».Gioverà pertanto alle
persone consacrate fare oggetto di assidua meditazione i testi
evangelici e gli altri scritti neotestamentari che illustrano le
parole e gli esempi di Cristo e della Vergine Maria e la apostolica
vivendi forma. Ad essi si sono costantemente riferiti fondatori e
fondatrici nell'accoglienza della vocazione e nel discernimento del
carisma e della missione del proprio Istituto.Di grande valore è la
meditazione comunitaria della Bibbia. Realizzata secondo le
possibilità e le circostanze della vita di comunità, essa porta alla
gioiosa condivisione delle ricchezze attinte alla Parola di Dio,
grazie alle quali fratelli e sorelle crescono insieme e si aiutano a
progredire nella vita spirituale. Conviene anzi che tale prassi venga
proposta anche agli altri membri del Popolo di Dio, sacerdoti e laici,
promovendo nei modi consoni al proprio carisma scuole di preghiera, di
spiritualità e di lettura orante della Scrittura, nella quale Dio «parla
agli uomini come ad amici (cfr Es 33, 11; Gv 15, 14-15)
e si intrattiene con essi (cfr Bar 3, 38) per invitarli e
ammetterli alla comunione con sé».alla meditazione della Parola di
Dio, e in particolare dei misteri di Cristo, nascono, come insegna la
tradizione spirituale, l'intensità della contemplazione e l'ardore
dell'azione apostolica. Sia nella vita religiosa contemplativa che in
quella apostolica sono sempre stati uomini e donne di preghiera a
realizzare, quali autentici interpreti ed esecutori della volontà di
Dio, opere grandi. Dalla frequentazione della Parola di Dio essi hanno
tratto la luce necessaria per quel discernimento individuale e
comunitario che li ha aiutati a cercare nei segni dei tempi le vie del
Signore. Essi hanno così acquisito una sorta di istinto
soprannaturale , che ha loro permesso di non conformarsi alla
mentalità del secolo, ma di rinnovare la propria mente, «per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e
perfetto» (Rm 12, 2).
In comunione con Cristo
95. Mezzo fondamentale per
alimentare efficacemente la comunione col Signore è senza dubbio la
santa liturgia, in modo speciale la Celebrazione eucaristica e la
Liturgia delle Ore.Innanzitutto l'Eucaristia, nella quale «è
racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso
Cristo, nostra Pasqua e Pane vivo che, mediante la sua carne
vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita»all'umanità.
Cuore della vita ecclesiale, essa lo è anche della vita consacrata.
La persona chiamata, nella professione dei consigli evangelici, a
scegliere Cristo come unico senso della sua esistenza, come potrebbe
non desiderare di instaurare con Lui una comunione sempre più
profonda mediante la partecipazione quotidiana al Sacramento che lo
rende presente, al sacrificio che ne attualizza il dono d'amore del
Golgota, al convito che alimenta e sostiene il popolo di Dio
pellegrinante? L'Eucaristia sta per sua natura al centro della vita
consacrata, personale e comunitaria. Essa è viatico quotidiano e
fonte della spiritualità del singolo e dell'Istituto. In essa ogni
consacrato è chiamato a vivere il mistero pasquale di Cristo,
unendosi con Lui nell'offerta della propria vita al Padre mediante lo
Spirito. L'adorazione assidua e prolungata di Cristo presente
nell'Eucaristia consente in qualche modo di rivivere l'esperienza di
Pietro nella Trasfigurazione: «E bello per noi stare qui». E nella
celebrazione del mistero del Corpo e del Sangue del Signore si
consolida ed incrementa l'unità e la carità di coloro che hanno
consacrato a Dio l'esistenza.Accanto all'Eucaristia, e in intimo
rapporto con essa, la Liturgia delle Ore, celebrata
comunitariamente o personalmente secondo l'indole di ciascun Istituto,
in comunione con la preghiera della Chiesa, esprime la vocazione alla
lode e all'intercessione, che è propria delle persone consacrate.Alla
medesima Eucaristia dice profonda relazione l'impegno di conversione
continua e di necessaria purificazione, che le persone consacrate
sviluppano nel sacramento della Riconciliazione. Mediante
l'incontro frequente con la misericordia di Dio esse purificano e
rinnovano il loro cuore e, attraverso l'umile riconoscimento dei
peccati, rendono trasparente il proprio rapporto con Lui; la gioiosa
esperienza del perdono sacramentale, nel cammino condiviso con i
fratelli e le sorelle, rende il cuore docile e stimola l'impegno ad
una crescente fedeltà.E di grande sostegno per progredire nel cammino
evangelico, specialmente nel periodo di formazione e in certi momenti
della vita, il ricorso fiducioso e umile alla direzione spirituale,
grazie alla quale la persona è aiutata a rispondere alle mozioni
dello Spirito con generosità e ad orientarsi decisamente verso la
santità.Esorto, infine, tutte le persone consacrate, secondo le
proprie tradizioni, a rinnovare quotidianamente l'unione spirituale
con la Vergine Maria, ripercorrendo con lei i misteri del Figlio,
particolarmente con la recita del Santo Rosario.
III. ALCUNI AREOPAGHI DELLA
MISSIONE
Presenza nel mondo
dell'educazione
96. La Chiesa ha sempre percepito
che l'educazione è un elemento essenziale della sua missione.
Suo Maestro interiore è lo Spirito Santo, il quale penetra le
profondità più inaccessibili del cuore di ogni uomo e conosce il
segreto dinamismo della storia. Tutta la Chiesa è animata dallo
Spirito e con Lui svolge la sua opera educatrice. All'interno della
Chiesa, tuttavia, un compito specifico spetta in questo campo alle
persone consacrate, le quali sono chiamate a immettere nell'orizzonte
educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno, proposti ad
ogni uomo nell'attesa dell'incontro definitivo col Signore della
storia. Per la loro speciale consacrazione, per la peculiare
esperienza dei doni dello Spirito, per l'assiduo ascolto della Parola
e l'esercizio del discernimento, per il ricco patrimonio di tradizioni
educative accumulato nel tempo dal proprio Istituto, per la
approfondita conoscenza della verità spirituale (cfr Ef 1,
17), le persone consacrate sono in grado di sviluppare un'azione
educativa particolarmente efficace, offrendo uno specifico contributo
alle iniziative degli altri educatori ed educatrici.Munite di questo
carisma, esse possono dar vita ad ambienti educativi permeati dallo
spirito evangelico di libertà e di carità, nei quali i giovani sono
aiutati a crescere in umanità sotto la guida dello Spirito.In questo
modo la comunità educativa diventa esperienza di comunione e luogo di
grazia, dove il progetto pedagogico contribuisce ad unire in sintesi
armonica il divino e l'umano, il Vangelo e la cultura, la fede e la
vita.La storia della Chiesa, dall'antichità ai nostri giorni, è
ricca di ammirevoli esempi di persone consacrate che hanno vissuto e
vivono la tensione alla santità mediante l'impegno pedagogico,
proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa. Di
fatto, molte di esse hanno realizzato la perfezione della carità
educando. Questo è uno dei doni più preziosi che le persone
consacrate possono offrire anche oggi alla gioventù, facendola
oggetto di un servizio pedagogico ricco di amore, secondo il sapiente
avvertimento di san Giovanni Bosco: «I giovani non siano solo amati,
ma conoscano anche d'essere amati».
Necessità di rinnovato
impegno nel campo educativo
97. Consacrati e consacrate
manifestino, con delicato rispetto unito a coraggio missionario, che
la fede in Gesù Cristo illumina tutto il campo dell'educazione, non
pregiudicando, ma piuttosto confermando ed elevando gli stessi valori
umani. In tal modo essi si fanno testimoni e strumenti della potenza
dell'Incarnazione e della forza dello Spirito. Questo loro compito è
una delle espressioni più significative di quella maternità che la
Chiesa, ad immagine di Maria, esercita verso tutti i suoi figli. per
questo che il Sinodo ha esortato insistentemente le persone consacrate
a riprendere con nuovo impegno, là dove è possibile, la missione
dell'educazione con scuole di ogni tipo e grado, Università e
Istituti superiori.Facendo mia l'indicazione sinodale, invito
caldamente i membri degli Istituti dediti all'educazione ad essere
fedeli al loro carisma originario ed alle loro tradizioni, consci che
l'amore preferenziale per i poveri trova una sua particolare
applicazione nella scelta dei mezzi atti a liberare gli uomini da
quella grave forma di miseria che è la mancanza di formazione
culturale e religiosa.Data l'importanza che le Università e le Facoltà
cattoliche ed ecclesiastiche assumono nel campo dell'educazione e
dell'evangelizzazione, gli Istituti che ne hanno la conduzione siano
consci della loro responsabilità, facendo sì che in esse, mentre si
dialoga attivamente con l'attuale contesto culturale, sia conservata
la peculiare indole cattolica, in piena fedeltà al Magistero della
Chiesa. Inoltre, secondo le circostanze, i membri di questi Istituti e
Società siano pronti ad entrare nelle strutture educative statali. A
questo tipo di intervento sono particolarmente chiamati, per loro
specifica vocazione, i membri degli Istituti secolari.
Evangelizzare la cultura
98. Gli Istituti di vita
consacrata hanno sempre avuto un grande influsso nella formazione e
nella trasmissione della cultura. Ciò è accaduto nel medioevo,
quando i monasteri divennero luoghi di accesso alle ricchezze
culturali del passato e di elaborazione di una nuova cultura
umanistica e cristiana. Ciò si è avverato ogni qualvolta la luce del
Vangelo ha raggiunto nuovi popoli. Molte persone consacrate hanno
promosso la cultura, e spesso hanno investigato e difeso le culture
autoctone. Il bisogno di contribuire alla promozione della cultura, al
dialogo fra cultura e fede, è avvertito oggi nella Chiesa in modo
tutto particolare. consacrati non possono non sentirsi interpellati da
questa urgenza. Anch'essi sono chiamati a individuare, nell'annuncio
della Parola di Dio, metodi più appropriati alle esigenze dei diversi
gruppi umani e dei molteplici ambiti professionali, perché la luce di
Cristo penetri ogni settore umano ed il fermento della salvezza
trasformi dall'interno il vivere sociale, favorendo l'affermarsi di
una cultura permeata di valori evangelici.Anche attraverso tale
impegno, alla soglia del terzo millennio cristiano, la vita consacrata
potrà rinnovare la sua corrispondenza ai desideri di Dio, il quale
viene incontro a tutte le persone che, consapevolmente o
inconsapevolmente, vanno come a tentoni cercando la Verità e la Vita
(cfr At 17, 27).Ma al di là del servizio rivolto agli altri,
anche all'interno della vita consacrata c'è bisogno di rinnovato
amore per l'impegno culturale, di dedizione allo studio come mezzo
per la formazione integrale e come percorso ascetico,
straordinariamente attuale, di fronte alla diversità delle culture.
Diminuire l'impegno per lo studio può avere pesanti conseguenze anche
sull'apostolato, generando un senso di emarginazione e di inferiorità
o favorendo superficialità e avventatezza nelle iniziative.Nella
diversità dei carismi e delle reali possibilità dei singoli
Istituti, l'impegno dello studio non si può ridurre alla formazione
iniziale o al conseguimento di titoli accademici e di competenze
professionali. Esso è piuttosto espressione del mai appagato
desiderio di conoscere più a fondo Dio, abisso di luce e fonte di
ogni umana verità. Per questo, tale impegno non isola la persona
consacrata in un astratto intellettualismo, né la rinchiude nelle
spire di un soffocante narcisismo; è invece sprone al dialogo e alla
condivisione, è formazione alla capacità di giudizio, è stimolo
alla contemplazione e alla preghiera, nella continua ricerca di Dio e
della sua azione nella complessa realtà del mondo contemporaneo.La
persona consacrata, lasciandosi trasformare dallo Spirito, diventa
capace di ampliare gli orizzonti degli angusti desideri umani e, nello
stesso tempo, di cogliere le dimensioni profonde di ogni individuo e
della sua storia, al di là degli aspetti più vistosi ma spesso
marginali. Innumerevoli sono oggi i campi di sfida che emergono dalle
varie culture: ambiti nuovi o tradizionalmente frequentati dalla vita
consacrata, con i quali urge mantenere fecondi rapporti, in
atteggiamento di vigile senso critico ma anche di fiduciosa attenzione
verso chi affronta le difficoltà tipiche del lavoro intellettuale,
specie quando, in presenza degli inediti problemi del nostro tempo,
occorre tentare analisi e sintesi nuove.Una seria e valida
evangelizzazione dei nuovi ambiti, ove si elabora e si trasmette la
cultura, non può essere operata senza un'attiva collaborazione con i
laici ivi impegnati.
Presenza nel mondo della
comunicazione sociale
99. Come nel passato le persone
consacrate hanno saputo porsi con ogni mezzo al servizio
dell'evangelizzazione, affrontando genialmente le difficoltà, così
oggi sono interpellate in modo nuovo dall'esigenza di testimoniare il
Vangelo attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Tali mezzi
hanno assunto una capacità di irradiazione cosmica mediante
potentissime tecnologie, in grado di raggiungere ogni angolo della
terra. Le persone consacrate, soprattutto quando per carisma
istituzionale operano in questo campo, sono tenute ad acquisire una
seria conoscenza del linguaggio proprio di tali mezzi, per parlare in
modo efficace di Cristo all'uomo d'oggi, interpretandone «le gioie e
le speranze, le tristezze e le angosce»,e contribuire così
all'edificazione di una società in cui tutti si sentano fratelli e
sorelle in cammino verso Dio.Occorre tuttavia essere vigili nei
confronti dell'uso distorto di questi mezzi, a motivo dello
straordinario potere di persuasione di cui dispongono. E bene non
nascondersi i problemi che possono derivarne alla stessa vita
consacrata; occorre piuttosto affrontarli con illuminato
discernimento.La risposta della Chiesa è soprattutto educativa: mira
a promuovere un atteggiamento di corretta comprensione delle dinamiche
soggiacenti ed una attenta valutazione etica dei programmi, come pure
l'adozione di sane abitudini nella loro fruizione.In questo compito
educativo, volto a formare sapienti recettori ed esperti comunicatori,
le persone consacrate sono chiamate ad offrire la loro particolare
testimonianza sulla relatività di tutte le realtà visibili, aiutando
i fratelli a valorizzarle secondo il disegno di Dio, ma anche a
liberarsi dalla cattura ossessiva della scena di questo mondo che
passa (cfr 1 Cor 7, 31).Ogni sforzo in questo importante e
nuovo campo apostolico va incoraggiato, affinché il Vangelo di Cristo
risuoni anche attraverso questi mezzi moderni. I vari Istituti siano
pronti a collaborare, con l'apporto di forze, mezzi e persone, per
realizzare progetti comuni nei vari settori della comunicazione
sociale. Le persone consacrate, inoltre, specie i membri degli
Istituti secolari, prestino volentieri il loro servizio, secondo le
opportunità pastorali, anche per la formazione religiosa dei
responsabili e degli operatori della comunicazione sociale pubblica o
privata, affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati
dall'uso viziato dei mezzi e dall'altra venga promossa una superiore
qualità delle trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge
morale e ricchi di valori umani e cristiani.
IV. IMPEGNATI NEL DIALOGO CON
TUTTI
Al servizio dell'unità dei
cristiani
100. La preghiera di Cristo al
Padre prima della Passione, perché i suoi discepoli rimangano
nell'unità (cfr Gv 17, 21-23), continua nella preghiera e
nell'azione della Chiesa. Come potrebbero non sentirsene coinvolti i
chiamati alla vita consacrata? La ferita della disunione tuttora
esistente fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e lavorare
per promuovere l'unità di tutti i cristiani sono state
particolarmente avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di
consacrati e consacrate è ravvivata anche dalla consapevolezza che in
altre Chiese e Comunità ecclesiali si conserva ed è fiorente il
monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali, o si rinnova la
professione dei consigli evangelici, come nella Comunione anglicana e
nelle Comunità della Riforma.Il Sinodo ha messo in luce il profondo
legame della vita consacrata con la causa dell'ecumenismo e l'urgenza
di una testimonianza più intensa in questo campo. Se infatti l'anima
dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione,non v'è dubbio che
gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno
un particolare dovere di coltivare questo impegno. E urgente,
pertanto, che nella vita delle persone consacrate si aprano spazi
maggiori alla orazione ecumenica ed alla testimonianza autenticamente
evangelica, affinché con la forza dello Spirito Santo si possano
abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi tra i cristiani.
Forme di dialogo ecumenico
101. La condivisione della lectio
divina nella ricerca della verità, la partecipazione alla
preghiera comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza
(cfr Mt 18, 20), il dialogo dell'amicizia e della carità che
fa sentire come è bello che i fratelli vivano insieme (cfr Sal
133[132]), la cordiale ospitalità praticata verso i fratelli e le
sorelle delle diverse confessioni cristiane, la mutua conoscenza e lo
scambio dei doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e
di testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico,
espressioni gradite al Padre comune e segni della volontà di
camminare insieme verso l'unità perfetta sulla via della verità e
dell'amore.Anche la conoscenza della storia, della dottrina, della
liturgia, dell'attività caritativa e apostolica degli altri cristiani
non mancherà di giovare ad un'azione ecumenica sempre più
incisiva.oglio incoraggiare quegli Istituti che, per nativo carattere
o per successiva chiamata, si dedicano alla promozione dell'unità dei
cristiani e per essa coltivano iniziative di studio e di azione
concreta. In realtà, nessun Istituto di vita consacrata deve sentirsi
dispensato dal lavorare per questa causa. Rivolgo inoltre il mio
pensiero alle Chiese orientali cattoliche auspicando che, anche
attraverso il monachesimo maschile e femminile, la cui fioritura è
grazia che va costantemente implorata, esse possano giovare all'unità
con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della carità e alla
condivisione della comune spiritualità, patrimonio della Chiesa
indivisa del primo millennio.Affido in modo particolare l'ecumenismo
spirituale della preghiera, della conversione del cuore e della carità
ai monasteri di vita contemplativa. A questo scopo incoraggio la loro
presenza là dove vivono comunità cristiane di varie confessioni,
affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario» (cfr Lc
10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza del
mondo, unitamente alla loro testimonianza di vita evangelica, secondo
i propri carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad immagine
della Trinità, in quella unità che Gesù ha voluto e chiesto al
Padre per tutti i suoi discepoli.
Il dialogo interreligioso
102. Dal momento che «il dialogo
interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa»,gli
Istituti di vita consacrata non possono esimersi dall'impegnarsi anche
in questo campo, ciascuno secondo il proprio carisma e seguendo le
indicazioni dell'autorità ecclesiastica. La prima forma di
evangelizzazione nei confronti di fratelli e sorelle di altra
religione sarà la stessa testimonianza di una vita povera, umile e
casta, permeata di amore fraterno per tutti. Nel medesimo tempo, la
libertà di spirito che è propria della vita consacrata favorirà
quel «dialogo di vita»in cui si attua un modello fondamentale di
missione e di annuncio del Vangelo di Cristo. Per favorire la mutua
conoscenza, il vicendevole rispetto e la carità, gli Istituti
religiosi potranno inoltre coltivare opportune forme di dialogo,
improntate a cordiale amicizia e reciproca sincerità, con gli
ambienti monastici di altre religioni.Un altro ambito di
collaborazione con uomini e donne di diversa tradizione religiosa è
costituito dalla comune sollecitudine per la vita umana, che va
dalla compassione per la sofferenza fisica e spirituale, all'impegno
per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. In questi
settori saranno soprattutto gli Istituti di vita attiva a cercare
l'intesa con i membri di altre religioni, in quel «dialogo delle
opere»che prepara la via ad una condivisione più profonda.Un campo
particolare di incontro operoso con persone di altre tradizioni
religiose è pure quello della ricerca e della promozione della
dignità della donna. Nell'ottica dell'uguaglianza e della giusta
reciprocità tra uomo e donna, un servizio prezioso può essere reso
soprattutto dalle donne consacrate.uesti e altri impegni delle persone
consacrate a servizio del dialogo interreligioso esigono una adeguata
preparazione nella formazione iniziale e nella formazione permanente,
come pure nello studio e nella ricerca,dal momento che in questo non
facile settore occorre profonda conoscenza del cristianesimo e delle
altre religioni, accompagnata da fede solida e da maturità spirituale
ed umana.
Una risposta di spiritualità
alla ricerca del sacro e alla nostalgia di Dio
103. Quanti abbracciano la vita
consacrata, uomini e donne, si pongono, per la natura stessa della
loro scelta, come interlocutori privilegiati di quella ricerca di Dio
che da sempre agita il cuore dell'uomo e lo conduce a molteplici forme
di ascesi e di spiritualità. Tale ricerca oggi, in molte regioni,
emerge con insistenza come risposta a culture tendenti, se non sempre
a negare, certo ad emarginare la dimensione religiosa
dell'esistenza.Le persone consacrate, vivendo con coerenza e in
pienezza gli impegni liberamente assunti, possono offrire una risposta
agli aneliti dei loro contemporanei, affrancandoli da soluzioni per lo
più illusorie e spesso negatrici dell'incarnazione salvifica del
Cristo (cfr 1 Gv 4, 2-3), quali, ad esempio, vengono proposte
dalle sette. Praticando un'ascesi personale e comunitaria, che
purifica e trasfigura l'intera esistenza, esse testimoniano, contro la
tentazione dell'egocentrismo e della sensualità, i caratteri
dell'autentica ricerca di Dio ed ammoniscono a non confonderla con la
sottile ricerca di se stessi o con la fuga nella gnosi. Ogni persona
consacrata è impegnata a coltivare l'uomo interiore, che non si
estrania dalla storia né si ripiega su di sé. Vivendo in ascolto
obbediente della Parola, di cui la Chiesa è custode e interprete,
essa addita nel Cristo sommamente amato e nel Mistero trinitario
l'oggetto dell'anelito profondo del cuore umano e l'approdo di ogni
itinerario religioso sinceramente aperto alla trascendenza.Per questo
le persone consacrate hanno il dovere di offrire generosamente
accoglienza e accompagnamento spirituale a quanti, mossi dalla sete di
Dio e desiderosi di vivere le esigenze della fede, si rivolgono a
loro.
CONCLUSIONE
La sovrabbondanza della
gratuità
104. Non sono pochi coloro che
oggi si interrogano perplessi: Perché la vita consacrata? Perché
abbracciare questo genere di vita, dal momento che vi sono tante
urgenze, nell'ambito della carità e della stessa evangelizzazione, a
cui si può rispondere anche senza assumersi gli impegni peculiari
della vita consacrata? Non è forse, la vita consacrata, una sorta di
«spreco» di energie umane utilizzabili secondo un criterio di
efficienza per un bene più grande a vantaggio dell'umanità e della
Chiesa?Queste domande sono più frequenti nel nostro tempo, perché
stimolate da una cultura utilitaristica e tecnocratica, che tende a
valutare l'importanza delle cose e delle stesse persone in rapporto
alla loro immediata «funzionalità». Ma interrogativi simili sono
esistiti sempre, come dimostra eloquentemente l'episodio evangelico
dell'unzione di Betania: «Maria, presa una libbra di olio profumato
di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò
con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo
dell'unguento» ( Gv 12, 3). A Giuda che, prendendo a pretesto
il bisogno dei poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesù rispose:
«Lasciala fare!» (Gv 12, 7).E questa la risposta sempre
valida alla domanda che tanti, anche in buona fede, si pongono circa
l'attualità della vita consacrata: Non si potrebbe investire la
propria esistenza in modo più efficiente e razionale per il
miglioramento della società? Ecco la risposta di Gesù: «Lasciala
fare!».A chi è concesso il dono inestimabile di seguire più da
vicino il Signore Gesù appare ovvio che Egli possa e debba essere
amato con cuore indiviso, che a Lui si possa dedicare tutta la vita e
non solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune attività. L'unguento
prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di là di ogni
considerazione «utilitaristica», è segno di una sovrabbondanza
di gratuità, quale si esprime in una vita spesa per amare e per
servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo
mistico. Ma è da questa vita «versata» senza risparmio che si
diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la
Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e impreziosita dalla
presenza della vita consacrata.Quello che agli occhi degli uomini può
apparire come uno spreco, per la persona avvinta nel segreto del cuore
dalla bellezza e dalla bontà del Signore è un'ovvia risposta
d'amore, è esultante gratitudine per essere stata ammessa in modo
tutto speciale alla conoscenza del Figlio ed alla condivisione della
sua divina missione nel mondo.«Se un figlio di Dio conoscesse e
gustasse l'amore divino, Dio increato, Dio incarnato, Dio passionato,
che è il sommo bene, gli si darebbe tutto, si sottrarrebbe non solo
alle altre creature, ma perfino a se stesso e con tutto se stesso
amerebbe questo Dio d'amore fino a trasformarsi tutto nel Dio-uomo,
che è il sommo Amato».
La vita consacrata al
servizio del Regno di Dio
105. «Che sarebbe del mondo se
non vi fossero i religiosi»?Al di là delle superficiali valutazioni
di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio nel suo
essere sovrabbondanza di gratuità e d'amore, e ciò tanto più
in un mondo che rischia di essere soffocato nel vortice dell'effimero.
«Senza questo segno concreto, la carità che anima l'intera Chiesa
rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di
smussarsi, il «sale» della fede di diluirsi in un mondo in fase di
secolarizzazione».La vita della Chiesa e la stessa società hanno
bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri
per amore di Dio.La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita
consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima
essenza «sponsale». In essa trova nuovo slancio e forza
l'annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C'è bisogno infatti di chi
presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa, di
chi metta in gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e
speranza. Alla Chiesa sono necessarie persone consacrate le quali,
prima ancora di impegnarsi a servizio dell'una o dell'altra nobile
causa, si lascino trasformare dalla grazia di Dio e si conformino
pienamente al Vangelo.La Chiesa intera trova nelle sue mani questo
grande dono e in atteggiamento di gratitudine si dedica a promuoverlo
con la stima, la preghiera, l'invito esplicito ad accoglierlo. E
importante che Vescovi, presbiteri e diaconi, convinti dell'eccellenza
evangelica di questo genere di vita, lavorino per scoprire e sostenere
i germi di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio
accompagnamento spirituale. A tutti i fedeli si chiede una costante
preghiera per le persone consacrate, perché il loro fervore e la loro
capacità d'amare aumentino continuamente, contribuendo a diffondere
nell'odierna società il buon profumo di Cristo (cfr 2 Cor 2,
15). L'intera comunità cristiana — pastori, laici e persone
consacrate — è responsabile della vita consacrata, dell'accoglienza
e del sostegno offerto alle nuove vocazioni.
Alla gioventù
106. A voi, giovani, dico: Se
avvertite la chiamata del Signore, non respingetela! Inseritevi,
piuttosto, coraggiosamente nelle grandi correnti di santità, che
insigni sante e santi hanno avviato al seguito di Cristo. Coltivate
gli aneliti tipici della vostra età, ma aderite prontamente al
progetto di Dio su di voi, se Egli vi invita a cercare la santità
nella vita consacrata. Ammirate tutte le opere di Dio nel mondo, ma
sappiate fissare lo sguardo sulle realtà destinate a non tramontare
mai.Il terzo millennio attende il contributo della fede e
dell'inventiva di schiere di giovani consacrati, perché il mondo sia
reso più sereno e capace di accogliere Dio e, in Lui, tutti i suoi
figli e figlie.
Alle famiglie
107. Mi rivolgo a voi, famiglie
cristiane. Voi, genitori, rendete grazie al Signore se ha chiamato
alla vita consacrata qualcuno dei vostri figli. Deve essere
considerato — come è sempre stato — un grande onore che il
Signore guardi ad una famiglia e scelga qualcuno dei suoi componenti
per invitarlo ad intraprendere la via dei consigli evangelici!
Coltivate il desiderio di dare al Signore qualcuno dei vostri figli
per la crescita dell'amore di Dio nel mondo. Quale frutto dell'amore
coniugale potrebbe esservi più bello di questo?E necessario ricordare
che se i genitori non vivono i valori evangelici, difficilmente il
giovane e la giovane potranno percepire la chiamata, comprendere la
necessità dei sacrifici da affrontare, apprezzare la bellezza della
meta da raggiungere. E nella famiglia, infatti, che i giovani fanno le
prime esperienze dei valori evangelici, dell'amore che si dona a Dio e
agli altri. Occorre pure che essi vengano educati all'uso responsabile
della propria libertà, per essere disposti a vivere, secondo la loro
vocazione, delle più alte realtà spirituali.Prego perché voi,
famiglie cristiane, unite al Signore con la preghiera e la vita
sacramentale, siate vivai accoglienti di vocazioni.
Agli uomini e alle donne di
buona volontà
108. A tutti gli uomini e le donne
che vorranno ascoltare la mia voce, desidero far giungere l'invito a
cercare le vie che conducono al Dio vivo e vero anche nei percorsi
tracciati dalla vita consacrata. Le persone consacrate testimoniano
che «chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa anch'egli più
uomo».Quante di esse si sono chinate, e continuano a chinarsi, come
buoni samaritani sulle innumerevoli ferite dei fratelli e delle
sorelle che incontrano sulla loro strada!Guardate a queste persone
afferrate da Cristo, che indicano nel dominio di sé, sostenuto dalla
grazia e dall'amore di Dio, il rimedio contro l'avidità di avere, di
godere, di dominare. Non dimenticate i carismi che hanno plasmato
meravigliosi «ricercatori di Dio» e benefattori dell'umanità, che
hanno aperto vie sicure a coloro che cercano Dio con cuore sincero.
Considerate il gran numero di santi cresciuti in questo genere di
vita, considerate il bene fatto al mondo, ieri e oggi, da chi si è
dedicato a Dio! Questo nostro mondo non ha forse bisogno di gioiosi
testimoni e profeti della potenza benefica dell'amore di Dio? Non ha
bisogno anche di uomini e donne che, con la loro vita e la loro
azione, sappiano gettare semi di pace e di fraternità?
Alle persone consacrate
109. Ma è soprattutto a voi,
donne e uomini consacrati, che al termine di questa Esortazione
rivolgo il mio appello fiducioso: vivete pienamente la vostra
dedizione a Dio, per non lasciar mancare a questo mondo un raggio
della divina bellezza che illumini il cammino dell'esistenza umana. I
cristiani, immersi nelle occupazioni e nelle preoccupazioni di questo
mondo, ma chiamati anch'essi alla santità, hanno bisogno di trovare
in voi cuori purificati che nella fede «vedono» Dio, persone docili
all'azione dello Spirito Santo che camminano spedite nella fedeltà al
carisma della chiamata e della missione.Voi sapete bene di aver
intrapreso un cammino di conversione continua, di dedizione esclusiva
all'amore di Dio e dei fratelli, per testimoniare sempre più
splendidamente la grazia che trasfigura l'esistenza cristiana. Il
mondo e la Chiesa cercano autentici testimoni di Cristo. E la vita
consacrata è un dono che Dio offre perché sia posto davanti agli
occhi di tutti l'«unico necessario» (cfr Lc 10, 42). Dare
testimonianza a Cristo con la vita, con le opere e con le parole è
peculiare missione della vita consacrata nella Chiesa e nel mondo.Voi
sapete a Chi avete creduto (cfr 2 Tm 1, 12): dategli tutto! I
giovani non si lasciano ingannare: venendo a voi, essi vogliono vedere
ciò che non vedono altrove. Avete un compito immenso nei confronti
del domani: specialmente i giovani consacrati, testimoniando la loro
consacrazione, possono indurre i loro coetanei al rinnovamento della
loro vita. L'amore appassionato per Gesù Cristo è una potente
attrazione per gli altri giovani, che Egli nella sua bontà chiama a
seguirlo da vicino e per sempre. I nostri contemporanei vogliono
vedere nelle persone consacrate la gioia che proviene dall'essere con
il Signore.Persone consacrate, anziane e giovani, vivete la fedeltà
al vostro impegno verso Dio, in mutua edificazione e con mutuo
sostegno. Nonostante le difficoltà che talvolta avete potuto
incontrare e l'indebolimento della stima per la vita consacrata in una
certa opinione pubblica, voi avete il compito di invitare nuovamente
gli uomini e le donne del nostro tempo a guardare in alto, a non farsi
travolgere dalle cose di ogni giorno, ma a lasciarsi affascinare da
Dio e dal Vangelo del suo Figlio. Non dimenticate che voi, in modo
particolarissimo, potete e dovete dire non solo che siete di Cristo,
ma che «siete divenuti Cristo»!
Guardare al futuro
110. Voi non avete solo una
gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia
da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta
per fare con voi ancora cose grandi.Fate della vostra vita un'attesa
fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che
vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla
Chiesa, al vostro Istituto e all'uomo del nostro tempo.Sarete così da
Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito
comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il
vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo.Questo
nostro mondo affidato alle mani dell'uomo, mentre sta entrando nel
nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e
anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e
glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per
noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito
Santo.
Preghiera alla Trinità
111. Trinità Santissima, beata e
beatificante, rendi beati i tuoi figli e le tue figlie che hai
chiamato a confessare la grandezza del tuo amore, della tua bontà
misericordiosa e della tua bellezza.Padre Santo, santifica i
figli e le figlie che si sono consacrati a Te, per la gloria del tuo
nome. Accompagnali con la tua potenza, perché possano testimoniare
che Tu sei l'Origine di tutto, l'unica sorgente dell'amore e della
libertà. Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata, che nella
fede cerca Te e nella sua missione universale invita tutti a camminare
verso Te.Salvatore Gesù, Verbo Incarnato, come hai consegnato
la tua forma di vita a quelli che hai chiamato, continua ad attirare a
Te persone che, per l'umanità del nostro tempo, siano depositarie di
misericordia, preannuncio del tuo ritorno, segno vivente dei beni
della risurrezione futura. Nessuna tribolazione li separi da Te e dal
tuo amore! Spirito Santo, Amore riversato nei cuori, che dai
grazia ed ispirazione alle menti, Fonte perenne di vita, che porti a
compimento la missione di Cristo con i numerosi carismi, noi Ti
preghiamo per tutte le persone consacrate. Riempi il loro cuore con
l'intima certezza d'essere state prescelte per amare, lodare e
servire. Fa' gustare loro la tua amicizia, riempile della tua gioia e
del tuo conforto, aiutale a superare i momenti di difficoltà e a
rialzarsi con fiducia dopo le cadute, rendile specchio della bellezza
divina. Da' loro il coraggio di affrontare le sfide del nostro tempo e
la grazia di portare agli uomini la benignità e l'umanità del
Salvatore nostro Gesù Cristo (cfr Tit 3, 4).
Invocazione alla Vergine
Maria
112. Maria, figura della Chiesa,
Sposa senza ruga e senza macchia, che imitandoti «conserva
verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità»,sostieni
le persone consacrate nel loro tendere all'eterna e unica
Beatitudine.A Te, Vergine della Visitazione, le affidiamo, perché
sappiano correre incontro alle necessità umane, per portare aiuto, ma
soprattutto per portare Gesù. Insegna loro a proclamare le meraviglie
che il Signore compie nel mondo, perché i popoli tutti magnifichino
il suo nome. Sostienile nella loro opera a favore dei poveri, degli
affamati, dei senza speranza, degli ultimi e di tutti coloro che
cercano il Figlio tuo con cuore sincero.A te, Madre, che vuoi il
rinnovamento spirituale e apostolico dei tuoi figli e figlie nella
risposta d'amore e di dedizione totale a Cristo, rivolgiamo fiduciosi
la nostra preghiera. Tu che hai fatto la volontà del Padre, pronta
nell'obbedienza, coraggiosa nella povertà, accogliente nella verginità
feconda, ottieni dal tuo divin Figlio che quanti hanno ricevuto il
dono di seguirlo nella vita consacrata lo sappiano testimoniare con
una esistenza trasfigurata, camminando gioiosamente, con tutti gli
altri fratelli e sorelle, verso la patria celeste e la luce che non
conosce tramonto.Te lo chiediamo, perché in tutti e in tutto sia
glorificato, benedetto e amato il Sommo Signore di tutte le cose che
è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno
1996, decimottavo di Pontificato.