LETTERA
APOSTOLICA
EUNTES
IN MUNDUM
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II
PER IL MILLENNIO DEL "BATTESIMO"
DELLA RUS' DI KIEV
I
UNITI
NELLA GRAZIA SACRAMENTALE
1. Andate in tutto il mondo,
ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo (cfr. Mc 16,15; Mt 28,29).
Dalla tomba dei santi apostoli
Pietro e Paolo in Roma, la Chiesa cattolica desidera esprimere a Dio
Uno e Trino la propria profonda gratitudine, perché queste parole del
Salvatore hanno trovato mille anni fa il loro compimento sulle rive
del Dniepr, a Kiev, capitale della Rus', i cui abitanti - sulle orme
della principessa Olga e del principe Vladimiro - furono «innestati»
in Cristo mediante il sacramento del Battesimo.
Seguendo il mio predecessore Pio
XII di venerata memoria, il quale volle celebrare solennemente il 950·
anniversario del Battesimo della Rus' (cfr. Pii XII «Epistula ad
Cardinalem Eugenium Tisserant, Sacrae Congregationis pro Ecclesia
Orientali Secretarium», die 12 maii 1939: AAS 31 [1939] 258-259),
desidero con questa lettera esprimere lode e gratitudine
all'ineffabile Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, per aver chiamato
alla fede e alla grazia i figli e le figlie di molti popoli e nazioni,
che hanno accolto il retaggio cristiano del Battesimo amministrato a
Kiev. Essi appartengono prima di tutto alle nazioni russa, ucraina e
bielorussa nelle regioni orientali del continente europeo. Mediante il
servizio della Chiesa che ebbe inizio nel Battesimo a Kiev, questo
retaggio è giunto oltre gli Urali a molti popoli dell'Asia
settentrionale, fino alle coste del Pacifico ed anche più lontano.
Davvero, fino ai confini della terra è corsa la loro voce (cfr. Rm
10,18).
Rendendo grazie allo Spirito della
Pentecoste per tale estensione di un retaggio cristiano risalente
all'anno del Signore 988, vogliamo prima di tutto concentrare la
nostra attenzione sul mistero salvifico dello stesso Battesimo. E
questo - come insegna Cristo Signore - il sacramento della rinascita
«da acqua e da Spirito» Santo (Gv 3,5), che introduce l'uomo, fatto
figlio adottivo di Dio, nel regno eterno. E san Paolo parla dell'«immersione
nella morte» del redentore per «risorgere» insieme a lui ad una
nuova vita in Dio (cfr. Rm 6,4). Così dunque i popoli slavi orientali
che abitavano nel grande principato della Rus' di Kiev, scendendo
nell'acqua del santo Battesimo, si affidarono - quando venne per loro
la pienezza del tempo (Gal 4,4) - al piano salvifico di Dio. Giunse
così ad essi la notizia delle «grandi opere di Dio» e, come una
volta a Gerusalemme, venne anche per loro la Pentecoste (cfr. At
2,37-39): immergendosi nell'acqua del Battesimo, essi sperimentarono
«l'abluzione della rinascita» (cfr. Tt 3,5).
Quanto è eloquente, nel rito
bizantino, l'antica preghiera per la benedizione dell'acqua
battesimale, che la teologia orientale si compiace di assimilare alle
acque del Giordano, nelle quali entrò il Redentore dell'uomo, per
ricevere il battesimo di penitenza, come facevano gli abitanti della
Giudea e di Gerusalemme (cfr. Mc 1,5): «Concedi ad essa... Ia
benedizione del Giordano; rendila sorgente d'incorruzione, dono di
santità, assoluzione di peccati.... Tu, Signore di tutte le cose,
dimostrala acqua di redenzione, acqua di santificazione, purificazione
del corpo e dello spirito, liberazione dai vincoli, remissione delle
colpe, illuminazione delle anime, lavacro di rigenerazione,
rinnovamento dello spirito, grazia di adozione, veste di incorruzione,
fonte di vita... Mostrati, o Signore, anche in quest'acqua e trasforma
chi in essa sta per essere battezzato, affinché deponga l'uomo
vecchio... e rivesta l'uomo nuovo, che si rinnova ad immagine di colui
che lo ha creato; affinché a lui completamente unito mediante il
Battesimo con una morte simile alla sua, diventi partecipe della sua
risurrezione e, avendo custodito il dono del tuo Santo Spirito...,
possa ricevere il premio della celeste vocazione e sia annoverato tra
i primogeniti ascritti nel cielo» (Preghiera di benedizione
dell'acqua battesimale, la cui più antica testimonianza si trova nel
Cod. Vat. Barberini greco 336, p. 201. Si veda, inoltre «Trebnik» [éd.
synodale, Moscou 1906 2· partie, fol. 209v-220, cfr. fol 216] la
benedizione solenne dell'acqua battesimale nel giorno dell'Epifania)
Coloro che erano lontani si sono
trovati immersi, mediante il Battesimo, in quel circuito di vita, nel
quale la Santissima Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo - fa dono
di sè all'uomo e crea in lui un cuore nuovo, liberato dal peccato e
capace di obbedienza filiale al disegno eterno dell'amore. Al tempo
stesso quei popoli e i loro singoli componenti sono entrati
nell'ambito della grande famiglia della Chiesa, nella quale possono
partecipare alla sacra Eucaristia, ascoltare la Parola di Dio e
renderle testimonianza, vivere nell'amore fraterno e condividere in
reciproco scambio i beni spirituali. Ciò era simbolicamente espresso
negli antichi riti del santo Battesimo, quando i neobattezzati,
avvolti in bianche vesti, si recavano in processione dal battistero
verso l'assemblea dei fedeli radunati nella cattedrale. Tale
processione era insieme l'introito liturgico e il simbolo del loro
ingresso nella comunità eucaristica della Chiesa, Corpo di Cristo (Cfr.
il «Tipico della Grande Chiesa», ed. J. Mateos in "Orientalia
Christiana Analecta" 116, Roma 1963, pp. 86-88. Non minore era lo
splendore del rito del Battesimo a Roma, come si può vedere negli «Ordines
Romani» dell'Alto Medio Evo).
2. In questo spirito e con tali
sentimenti desideriamo prendere parte alle celebrazioni e alla gioia
per il millennio del Battesimo della Rus' di Kiev. Ricordiamo quell'avvenimento
secondo il modo di pensare proprio della Chiesa di Cristo, cioè in
spirito di fede. Fu, quello, un evento di enorme importanza. Le parole
del Signore in Geremia: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti
conservo ancora pietà» (Ger 31,3), hanno trovato piena attuazione in
rapporto a quei nuovi popoli e alle loro terre. La Rus' di Kiev è
entrata nel contesto della salvezza ed è diventata essa stessa tale
contesto. Il suo Battesimo ha dato inizio ad una nuova ondata di
santità. E' divenuto un momento significativo dell'impegno
missionario della Chiesa, una nuova importante tappa nello sviluppo
del cristianesimo: l'intera Chiesa cattolica volge il suo sguardo a
tale evento e partecipa spiritualmente alla gioia degli eredi di quel
Battesimo.
Rendiamo grazie a Dio
misericordioso, Dio unico nella Santissima Trinità, Dio vivo, Dio dei
padri nostri; rendiamo grazie a Dio Padre di Gesù Cristo, e a Cristo
stesso, che nel sacramento del santo Battesimo dona lo Spirito Santo
allo spirito umano. Rendiamo grazie a Dio per il suo piano salvifico
di amore, lo ringraziamo per l'obbedienza che gli è stata prestata da
parte dei popoli, delle nazioni, delle terre e dei continenti. E'
naturale che questa obbedienza abbia avuto condizionamenti storici,
geografici, umani. E' compito degli studiosi esaminare ed approfondire
tutti gli aspetti politici, sociali, culturali, economici
dell'accettazione della fede cristiana. Sì, sappiamo e sottolineiamo
che, quando si riceve Cristo mediante la fede e si fa esperienza della
sua presenza nella comunità e nella vita individuale, si producono
frutti in tutti i campi dell'umana esistenza. Infatti il legame
vivificante con Cristo non è un'appendice alla vita, nè un suo
ornamento superfluo, ma è la sua definitiva verità. Ogni uomo, per
il fatto stesso di essere tale, è chiamato a partecipare ai frutti
della redenzione di Cristo, alla sua stessa vita.
Con somma venerazione ci chiniamo,
dopo questi mille anni, davanti a questo mistero e ne meditiamo la
profondità e la forza, prima in coloro che sono stati i «protagonisti»
del Battesimo della Rus' e successivamente in ognuno e in tutti coloro
che hanno seguito le loro orme, accogliendo nel Battesimo la potenza
santificatrice del Paraclito.
II
QUANDO
VENNE LA PIENEZZA DEL TEMPO ...
3. «Quando venne la pienezza del
tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4).
La pienezza del tempo viene da
Dio, ma la preparano gli uomini e viene per gli uomini e mediante gli
uomini. Ciò vale per la «pienezza del tempo» nella generale
economia della salvezza, che ha, pure essa, il suo condizionamento
umano e la sua storia concreta. Ma ciò vale anche per il momento
dell'approdo dei singoli popoli al porto della fede salvifica: per la
loro «pienezza del tempo». Anche il millennio del Battesimo e della
conversione della Rus' ha una sua storia. Il processo di
cristianizzazione dei singoli popoli e nazioni è un fenomeno
complesso e richiede molto tempo. Nel territorio della Rus' esso fu
preparato dai tentativi compiuti nel secolo IX dalla Chiesa di
Costantinopoli (Cfr. la lettera enciclica con cui il Patriarca Fozio,
nell'867, annunzia che la gente chiamata «Rhos» aveva accolto un
vescovo. Ep.
I, 13: PG 102, 736-737; cfr. anche «Les regestes des actes du
patriarcat de Costantinople I», II [Les regestes de 715 à 1043] a
cura di V. Grumel, Paris 1936, n. 481, pp. 88-89). Successivamente,
nel corso del secolo X, la fede cristiana cominciò a penetrare nella
regione grazie ai missionari, che venivano non solo da Bisanzio, ma
anche dai territori dei vicini slavi occidentali - i quali celebravano
la liturgia in lingua slava secondo il rito instaurato dai santi
Cirillo e Metodio - e dalle terre dell'Occidente latino. Come attesta
l'antica Cronaca cosiddetta di Nestor («Povest' Vremennykh Let»),
nel 944 esisteva a Kiev una chiesa cristiana, dedicata al profeta Elia
(«Povest' Vremennykh Let», ed D.C. Likhacev, Mosca-Leningrado 1950,
pp. 235ss). In questo ambiente, già preparato, la principessa Olga si
fece liberamente e pubblicamente battezzare verso il 955, rimanendo
poi sempre fedele alle promesse battesimali. A lei, nel corso della
visita a Costantinopoli del 957, il patriarca Poliecto avrebbe rivolto
un saluto in qualche modo profetico: «Benedetta sei tu tra le donne
russe, perché amasti la luce e cacciasti via le tenebre. Perciò ti
benediranno i figli russi fino all'ultima generazione» (Cfr. Filaret
Gumilevskyj, «Vite dei Santi», t. luglio, Pietroburgo 1900, p.106
[in russo]. Olga, però, non ebbe la gioia di vedere cristiano il
figlio Svjatoslav. La sua spirituale eredità fu raccolta dal nipote
Vladimiro, il protagonista del Battesimo del 988, il quale accettò la
fede cristiana e promosse la conversione, stabile e definitiva, del
popolo della Rus'. Vladimiro ed i nuovi convertiti sentirono la
bellezza della liturgia e della vita religiosa della Chiesa di
Costantinopoli (Si veda, a riguardo, il racconto della Povest'
Vremennykh Letm sopra citata). Fu così che la nuova Chiesa della Rus'
attinse da Costantinopoli l'intero patrimonio dell'Oriente cristiano e
tutte le ricchezze ad esso proprie nel campo della teologia, della
liturgia, della spiritualità, della vita ecclesiale, dell'arte.
Tuttavia, il carattere bizantino
di questo retaggio fu sin dall'inizio trasferito in una nuova
dimensione: la lingua e la cultura slave diventarono un nuovo contesto
per ciò che finora trovava la propria espressione bizantina nella
capitale dell'Impero d'Oriente ed anche in tutto il territorio che ad
esso fu unito attraverso i secoli. Agli slavi orientali la parola di
Dio e la grazia ad essa unita giunsero così in una forma a loro più
vicina dal punto di vista culturale e geografico. Quegli slavi,
accogliendo la parola con tutta l'obbedienza della fede, desideravano
al tempo stesso esprimerla nelle proprie forme di pensiero e con la
propria lingua. In questo modo si realizzò quella particolare «inculturazione
slava» del Vangelo e del cristianesimo, che si ricollega alla grande
opera dei santi Cirillo e Metodio, i quali, da Costantinopoli,
portarono il cristianesimo, nella versione slava, nella Grande Moravia
e, grazie ai loro discepoli, ai popoli della Penisola Balcanica.
Fu così che san Vladimiro e gli
abitanti della Rus' di Kiev ricevettero il Battesimo da
Costantinopoli, dal più grande centro dell'Oriente cristiano, e,
grazie a questo, la giovane Chiesa fece il proprio ingresso
nell'ambito del ricchissimo patrimonio bizantino, della sua eredità
di fede, di vita ecclesiale, di cultura. Tale patrimonio divenne
subito accessibile alle vaste moltitudini degli slavi orientali e potè
essere assimilato più facilmente, poiché la sua trasmissione sin
dall'inizio fu favorita dall'opera dei due santi fratelli di
Tessalonica. La Scrittura e i libri liturgici vennero dai centri
culturali religiosi degli slavi, che avevano accolto la lingua
liturgica da essi introdotta.
Vladimiro, grazie alla sua
saggezza e alla sua intuizione, mosso dalla sollecitudine per il bene
della Chiesa e del popolo, accettò nella liturgia, in luogo del
greco, la lingua paleoslava, «facendone uno strumento efficace per
avvicinare le verità divine a quanti parlavano in tale lingua». («Slavorum
Apostoli», 12). Come ho scritto nella Epistola Enciclica «Slavorum
Apostoli», (cfr. «Slavorum Apostoli», 11-13), i santi Cirillo e
Metodio, anche se consapevoli della superiorità culturale e teologica
della eredità greco-bizantina che portavano con sè, ebbero tuttavia
il coraggio, per il bene dei popoli slavi, di servirsi di un'altra
lingua ed anche di un'altra cultura per l'annuncio della fede.
In tal modo la lingua paleoslava
costituì nel Battesimo della Rus' un importante strumento, anzitutto
per la evangelizzazione e, in seguito, per l'originale sviluppo del
futuro patrimonio culturale di quei popoli, sviluppo divenuto in molti
settori una ricchezza della vita e della cultura dell'intero genere
umano.
Bisogna, infatti, sottolineare con
tutta fermezza, per fedeltà alla verità storica, che secondo la
concezione dei due santi fratelli di Tessalonica, con la lingua slava
si introdusse nella Rus' lo stile della Chiesa bizantina, che a quel
tempo era ancora in piena comunione con Roma. E questa tradizione in
seguito è stata sviluppata in modo originale e forse irripetibile, in
base alla cultura indigena ed anche grazie ai contatti con i vicini
popoli di Occidente.
4. La pienezza del tempo per il
Battesimo del popolo della Rus' venne, dunque, alla fine del primo
millennio, quando la Chiesa era indivisa. Dobbiamo ringraziare insieme
il Signore per questo fatto, che rappresenta oggi un auspicio ed una
speranza. Dio ha voluto che la madre Chiesa, visibilmente unita,
accogliesse nel suo grembo, già ricco di Nazioni e di popoli, ed in
un momento di espansione missionaria sia in Occidente sia in Oriente,
questa sua nuova figlia, nata sulle rive del Dniepr. C'era la Chiesa
di Oriente e c'era la Chiesa d'Occidente, ognuna sviluppatasi secondo
proprie tradizioni teologiche, disciplinari liturgiche, con differenze
anche notevoli, ma esisteva la piena comunione tra l'Oriente e
l'Occidente, tra Roma e Costantinopoli, con relazioni reciproche.
Ed è stata la Chiesa indivisa di
Oriente e di Occidente che ha ricevuto ed ha aiutato la Chiesa di Kiev.
Già la principessa Olga aveva chiesto all'imperatore Ottone I, ed
ottenuto nel 961, un Vescovo «qui ostenderet eis viam veritatis», il
monaco Adalberto di Treviri, il quale si recò effettivamente a Kiev,
dove tuttavia il permanente paganesimo gli impedì di svolgere la sua
missione. (La notizia è data da alcune fonti tedesche: così «Lamperti
Monachi Hersfeldensis opera», ed. O. Holter-Egger, 1894, p. 38). Il
principe Vladimiro avvertì che c'era questa unità della Chiesa e
dell'Europa, perciò intrattenne rapporti non solo con Costantinopoli,
ma anche con l' Occidente e con Roma, il cui Vescovo era riconosciuto
come colui che presiedeva la comunione di tutta la Chiesa. Secondo la
«Cronaca di Nikon», vi sarebbero state legazioni tra VIadimiro ed i
Papi del tempo: Giovanni XV (che gli avrebbe mandato in dono, proprio
l'anno del Battesimo del 988, alcune reliquie di san Clemente papa,
con chiaro riferimento alla missione dei santi Cirillo e Metodio, i
quali da Cherson avevano portato a Roma quelle reliquie) e Silvestro
II. (cfr. la «Nikonoskaja Letopis» ad 6494, in «Polnoe sobranie
russkich letopisej», IX, Sti Petersburg 1862, p.57). Bruno di
Querfurt, dallo stesso Silvestro II mandato a predicare col titolo di
«archiepiscopus gentium», verso il 1007 visitò Vladimiro, chiamato
«rex Russorum» (cfr. Petri Damiani «Vita beati Romualdi», c. XXVII:
PL 144, 978 [edizione critica di G. Tabacco], in «Fonti per la storia
d'Italia», 94, Roma, 1957, p. 58). Più tardi, anche il Papa san
Gregorio VII diede il titolo regale ai principi di Kiev nella sua
lettera del 17 aprile 1075, indirizzata a «Demetrio (Isjaslaw) regi
Ruscorum et reginae uxori eius», i quali avevano mandato il figlio,
Jaropolk, in pellegrinaggio ad «limina Apostolorum», ottenendo che
il regno fosse posto sotto la protezione di san Pietro (cfr. Gregorii
VII Registrum, II, 74, ed. E. Caspar, in «Epistulae selectae in usum
scholarum ex Monumentis Germaniae Historicis» separatim editae, t. II,
ristampa 1955, pp.236-237). Merita di essere sottolineato questo
riconoscimento, da parte di un Pontefice romano, della sovranità
acquistata dal principato di VIadimiro, il quale grazie al Battesimo
del 988 aveva consolidato anche politicamente il suo Stato,
favorendone lo sviluppo e facilitando l'integrazione dei popoli
abitanti entro i suoi confini di quel tempo e quelli successivi.
Questo gesto profetico di entrare nella Chiesa e di introdurre il
proprio principato nell'orbita delle Nazioni cristiane, gli portò il
lodevole titolo di santo e di Padre delle Nazioni, che da quel
principato trassero la loro origine.
Così Kiev, col Battesimo, divenne
crocevia privilegiato di culture diverse, terreno di penetrazione
religiosa anche dell'Occidente, come attesta il culto di alcuni santi
venerati nella Chiesa latina, e, col decorrere del tempo, un
importante centro di vita ecclesiale e di irradiazione missionaria con
un vastissimo campo di influenza: verso Occidente fino ai monti
Carpazi, dalle sponde meridionali del Dniepr sino a Novgorod e dalle
rive settentrionali del Volga - come già detto - fino alle sponde
dell'Oceano Pacifico ed oltre. In breve, attraverso il nuovo centro di
vita ecclesiale, quale divenne Kiev dal momento in cui ricevette il
Battesimo, il Vangelo e la grazia della fede raggiunsero quelle
popolazioni e quelle terre che oggi sono legate al Patriarcato di
Mosca, per quanto riguarda la Chiesa ortodossa, ed alla Chiesa
cattolica ucraina, la cui piena comunione con la sede di Roma fu
rinnovata a Brest.
III
FEDE
E CULTURA
5. Il Battesimo della Rus' di Kiev
segna, dunque, l'inizio di un lungo processo storico, in cui si
sviluppa e si espande l'originale profilo bizantino-slavo del
cristianesimo nella vita sia della Chiesa sia della società e delle
Nazioni, che trovano in esso, lungo i secoli ed anche oggi, il
fondamento della propria identità spirituale.
Nel corso successivo della storia,
quando tempestose vicende colpirono ripetutamente e profondamente
questa identità, proprio il Battesimo e la cultura cristiana -
attinta dalla Chiesa universale e sviluppata in base alle innate
ricchezze spirituali - divennero le forze che decisero della sua
sopravvivenza.
Vladimiro ricevette il Battesimo
aprendosi, insieme col suo popolo, alla potenza salvifica di Cristo,
conformemente alle parole di Pietro riferite dagli Atti degli
Apostoli: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è, infatti, altro
nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che
possiamo essere salvati» (At 4,12). Accogliendo questo nome, che è
«al di sopra di ogni altro nome» ed invitando i missionari della
Chiesa ad iscrivere questo nome nel cuore degli slavi della Rus' di
Kiev, perché «ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a
gloria di Dio Padre» (Fil 9,11), egli vedeva in esso anche un
elemento decisivo per quel progresso civile ed umano, che tanta
importanza riveste per l'esistenza e per lo sviluppo di ogni Nazione e
di ogni Stato. Egli, perciò, si ricollegò alla decisione della
nonna, sant'Olga, e diede forma definitiva e stabile alla di lei
opera.
Il Battesimo di VIadimiro il
Grande e, successivamente, del Paese da lui dipendente, ebbe una
grande importanza per l'intero sviluppo spirituale di questa parte
d'Europa e della Chiesa, come per tutta la cultura e la civiltà
bizantino-slava.
L'accoglimento del Vangelo non
equivaleva soltanto all'introduzione di un nuovo e prezioso elemento
nella struttura di quella determinata cultura; era, piuttosto,
l'immissione di un seme destinato a germogliare e a svilupparsi sulla
terra, nella quale era stato gettato, e a trasformarla nella misura
del proprio sviluppo, rendendola capace di generare nuovi frutti. Tale
è la dinamica del Regno dei cieli: esso è simile «a un granellino
di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più
piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli
altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del
cielo e si annidano fra i suoi rami» (Mt 13,31-32).
In tal modo il patrimonio
spirituale della Chiesa bizantina, introdotto nella Rus' di Kiev
mediante la lingua slava, divenuta lingua liturgica, si arricchi via
via sulla base del locale patrimonio culturale grazie ai contatti con
i paesi cristiani limitrofi, e venne adeguandosi progressivamente ai
bisogni e alla mentalità dei popoli abitanti di quel grande
principato.
6. L'utilizzazione della lingua
slava come strumento di trasmissione del messaggio di Cristo e di
reciproca comprensione ebbe influssi positivi sulla stessa sua
diffusione e sviluppo.
Essa ne trasse la spinta per una
trasformazione dall'interno e per un progressivo nobilitarsi,
divenendo lingua letteraria, e perciò uno dei più importanti fattori
capaci di decidere della cultura di una Nazione, della sua identità e
della sua forza spirituale. Sul territorio della Rus' questo processo
si è dimostrato quanto mai duraturo, ed ha portato frutti
copiosissimi. Il cristianesimo in tal modo è venuto incontro alle
aspirazioni degli uomini alla verità, al sapere e allo sviluppo
autonomo sulla base dell'aspirazione evangelica e del dinamismo della
rivelazione.
Grazie all'eredità
cirillo-metodiana lì è avvenuto l'incontro dell'Oriente con
l'Occidente, l'incontro dei valori ereditati con quelli nuovi. Gli
elementi del retaggio cristiano sono penetrati nella vita e nella
cultura di quelle Nazioni. Essi hanno offerto ispirazione alla
creatività letteraria, filosofica, teologica ed artistica, dando
luogo ad una forma del tutto originale della cultura europea, anzi
della cultura semplicemente umana. Anche oggi la dimensione universale
dei problemi degli individui e delle società, presentata dalla
letteratura e dall'arte di quelle Nazioni, suscita nel mondo
un'incessante ammirazione. Essa nasce e cresce dalla concezione
cristiana della vita e trova in questa un punto fermo di riferimento
quanto al modo di pensare e di parlare riguardo all'uomo, ai suoi
problemi e al suo destino.
A questo comune patrimonio, a
questo bene comune gli slavi orientali hanno portato durante i secoli
il proprio contributo originale, specialmente riguardo alla vita
spirituale e alla devozione loro proprie. A questo contributo la
Chiesa di Roma riserva lo stesso rispetto ed amore che essa nutre per
il ricco patrimonio di tutto l'Oriente cristiano. Gli slavi orientali
hanno elaborato una storia, una spiritualità, tradizioni liturgiche
ed usanze disciplinari loro proprie, in sintonia con la tradizione
delle Chiese di Oriente, come pure alcune forme di riflessione
teologica sulla verità rivelata che, mentre si diversificano da
quelle in uso nell'Occidente, sono allo stesso tempo ad esse
complementari.
7. Tale realtà è attentamente
considerata dal Concilio Vaticano II. Il decreto sull'ecumenismo,
infatti, afferma tra l'altro: «Non si deve parimenti dimenticare che
le Chiese d'Oriente hanno fin dall'origine un tesoro, dal quale la
Chiesa d'Occidente ha preso molte cose nel campo della liturgia, della
tradizione spirituale e dell'ordine giuridico» («Unitatis
Redintegratio», 14). E stimolanti spunti di riflessione sono pure
offerti da quanto il Decreto conciliare afferma circa la ricchezza
della liturgia e della tradizione spirituale della Chiesa di Oriente:
«E' pure noto a tutti con quanto amore i cristiani d'Oriente
celebrino la sacra liturgia, specialmente quella eucaristica, fonte
della vita della Chiesa e pegno della gloria futura, con la quale i
fedeli uniti col Vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del
Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell'effusione dello
Spirito Santo, ed entrano in comunione con la Santissima Trinità,
fatti "partecipi della natura divinà" (2Pt 1,4). Perciò
con la celebrazione dell'Eucaristia del Signore in queste singole
Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce, e con la
concelebrazione si manifesta la loro comunione» («Unitatis
Redintegratio», 15).
Inoltre, le tradizioni teologiche
dei cristiani d'Oriente sono «eccellentemente radicate nella Sacra
Scrittura, sono coltivate ed espresse dalla vita liturgica, sono
nutrite dalla viva tradizione apostolica, dagli scritti dei Padri e
dagli scrittori ascetici Orientali e tendono ad una retta impostazione
della vita, anzi alla piena contemplazione della verità cristiana» («Unitatis
Redintegratio», 17).
La spiritualità degli slavi
orientali, che è una particolare testimonianza della fecondita
dell'incontro dello spirito umano con i misteri cristiani, non cessa
di esercitare un influsso salutare sulla coscienza della Chiesa
intera. Degna di particolare menzione è la loro caratteristica
devozione per la passione di Cristo, la sensibilità per il mistero
della sofferenza collegata con l'efficacia redentrice della croce.
Forse all'affermarsi di tale spiritualità non fu estraneo il ricordo
della morte innocente di Boris e di Gleb, figli di Vladimiro, uccisi
dal loro fratello Svjatopolk (cfr. «Acta Sanctorum», sept. 2,
Venetis 1756, pp.633-644).
Questa spiritualità trova la sua
più completa espressione nella lode resa al «dolcissimo» («sladcajsi»)
nostro Signore Gesù Cristo nel mistero della sofferenza e della «kenosi»,
che egli ha fatto sue nell'incarnazione e nella morte in croce (cfr.
Fil 2,5-8). Allo stesso tempo, però, essa s'illumina, nella liturgia,
della luce del Cristo risorto, anticipata in qualche misura dallo
splendore della trasfigurazione sul monte Tabor, manifestata
pienamente nella gloria del giorno della risurrezione («voskresienie»),
rivelata al mondo dallo Spirito disceso sugli apostoli sotto forma di
lingue di fuoco nella Pentecoste. Tale esperienza diventa
incessantemente porzione di coloro che ricevono il Battesimo. Come non
menzionare, in questo contesto, i cristiani che sono vissuti e vivono
in tutte quelle regioni, i quali nella morte e risurrezione di Cristo
hanno tante volte trovato, nel corso di questi mille anni, forza e
sostegno per offrire la loro testimonianza di fedeltà al Vangelo non
solo con la quotidiana coerenza della vita, ma anche con le sofferenze
coraggiosamente affrontate non di rado fino alla prova suprema del
sangue?
Questa forma della «kenosi» di
Cristo, nella concezione della Chiesa di Kiev, si è impressa
profondamente nel cuore degli slavi orientali, è stata ed è per loro
fonte di grande forza nelle molteplici contrarietà che sono insorte
sul loro cammino.
8. Nell'opera di consolidamento
della Chiesa e di «inculturazione» del cristianesimo tra gli slavi
orientali - come, del resto, in tutta la Chiesa di Oriente - è stato
inestimabile l'influsso della vita monastica. Kiev si è distinta
relativamente presto con la famosa «Pecerskaja Lavra» (Monastero
delle Grotte), fondata dai santi Altonio (+ 1073) e Teodosio (+ 1074).
Non a caso, dunque, il monaco,
specialmente il cosiddetto «starec» (anziano), era considerato guida
spirituale sia dai grandi scrittori russi che dai semplici contadini.
I monasteri divennero centri di vita liturgica, spirituale, sociale e
persino economica. I sovrani si rivolgevano ai monaci come a
consiglieri, giudici, diplomatici e maestri.
Le parole «culto» e «cultura»
hanno la stessa radice. Anche tra gli slavi d'Oriente il culto
cristiano ha suscitato uno straordinario sviluppo della cultura in
tutte le sue forme.
L'arte religiosa risulta pervasa
da profonda spiritualità e da alta ispirazione mistica. Chi nel mondo
non conosce oggi le famose e venerate icone delle Chiese orientali, le
magnifiche Cattedrali di santa Sofia a Kiev e a Novgorod risalenti
all'XI secolo, le chiese e i monasteri così caratteristici nel
paesaggio di quelle terre? La letteratura di Kiev è in grandissima
parte religiosa. I nuovi inni e canti ecclesiali sono quasi
un'emanazione delle forme native della tradizione musicale. Nè deve
essere dimenticato che le prime scuole nella Rus' sono sorte proprio
nell'XI secolo. Tutto questo, sia pur menzionato in modo così breve,
costituisce un'incancellabile testimonianza della straordinaria
fioritura religiosa e culturale, generata dal Battesimo della Rus' di
Kiev.
Quanto pertinente appare, dunque,
l'osservazione del Concilio Vaticano II: «La Chiesa... nulla sottrae
al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce ed
accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in
quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva»
(«Lumen Gentium», 13).
IV
VERSO
LA PIENA COMUNIONE
9. Il Battesimo della Rus' si compì
- come ho già rilevato - in un tempo in cui erano ormai sviluppate le
due forme del cristianesimo: l'orientale, collegata con Bisanzio e
l'occidentale, collegata con Roma, mentre la Chiesa continuava a
rimanere una e indivisa. Questa considerazione, in noi che celebriamo
il millennio del Battesimo ricevuto dai popoli orientali slavi a Kiev,
non può non accendere ancor maggiormente il desiderio della piena
comunione in Cristo di queste Chiese sorelle e spingerci a
intraprendere nuove ricerche e a fare nuovi passi per favorirla.
Questo anniversario non è soltanto un ricordo storico e un'occasione
per preparare elaborazioni scientifiche e per fare bilanci, ma è
anche, e soprattutto, un incentivo per volgere la nostra sensibilità
pastorale ed ecumenica dal passato verso l'avvenire, per rafforzare la
nostra nostalgia dell'unità ed intensificare la nostra preghiera.
Sì, ambedue le Chiese, la
Cattolica e l'Ortodossa, oggi più che mai decise a ritrovare,
nonostante le difficoltà nate da secolari malintesi, la comunione
intorno alla mensa eucaristica, guardano con particolare attenzione e
speranza, in questo millennio, a tutti i figli e le figlie spirituali
di san Vladimiro.
D'altra parte, il graduale ritorno
all'armonia tra Roma e Costantinopoli, come pure fra le Chiese che
rimangono in piena comunione con questi centri - e come non pensare ai
molteplici incontri bilaterali così ricchi di suggestioni per la
densità dello scambio dei rispettivi doni spirituali, nutriti da
tradizioni cosi diverse e feconde? - non potrà che influire
positivamente, in particolar modo oggi, sugli eredi ortodossi e
cattolici del Battesimo di Kiev. E forse il ricordo di tale evento,
che sta all'origine della loro vita nuova nello Spirito Santo,
contribuirà ad affrettare, con l'aiuto di Dio, l'ora del «bacio di
pace», scambiato reciprocamente come frutto di una decisione matura,
nata nella libertà e nella buona volontà dallo spirito originario
che animava la Chiesa indivisa, segnata dal genio cristiano dei santi
Cirillo e Metodio. Quale vantaggio costituirebbe per l'intero Popolo
di Dio, se gli eredi ortodossi e cattolici del Battesimo di Kiev,
scossi dalla rinnovata coscienza della comunione iniziale, sapessero
raccoglierne la sfida e ripetere ai cristiani del nostro tempo il
messaggio ecumenico che ne promana, sollecitandoli ad accelerare il
passo verso la meta della piena unità, voluta da Cristo! Ciò,
oltretutto, eserciterebbe un benefico influsso anche in quel processo
di distensione nel campo civile, che tante speranze suscita in quanti
operano per la convivenza pacifica nel mondo.
10. La dimensione universale e
quella particolare costituiscono due sorgenti coessenziali nella vita
della Chiesa: la comunione e la diversità, la tradizione e i tempi
nuovi, le antiche terre cristiane e i nuovi popoli che approdano alla
fede. La Chiesa è riuscita ad essere una e insieme differenziata.
Accettando l'unità come primo principio (cfr. Gv 17,21s.), essa è
stata pluriforme nelle singole parti del mondo. Ciò vale in modo
peculiare per la Chiesa occidentale e per quella orientale prima della
reciproca progressiva estraniazione. In rapporto a quel periodo, il
Concilio Vaticano II osserva: «Le Chiese d'Oriente e d'Occidente
hanno seguito per molti secoli una propria via, unite però dalla
fraterna comunione della fede e della vita sacramentale sotto la
direzione della Sede romana di comune consenso accettata, qualora
fossero sorti fra loro dissensi circa la fede o la disciplina» («Unitatis
Redintegratio», 14).
Ed anche quando la piena comunione
fu infranta, ambedue le Chiese conservarono fondamentalmente integro
il deposito della fede apostolica. L'universalità e la pluriformità
non hanno cessato, malgrado la tensione esistente, di scambiarsi a
vicenda doni inestimabili.
Consapevole di tale realtà, il
Concilio Vaticano II ha aperto, in materia di ecumenismo, una fase
nuova, che sta arrecando frutti promettenti. Il decreto conciliare
sull'ecumenismo, già citato più volte, è espressione della stima e
dell'amore che la Chiesa cattolica nutre per la ricca eredità
dell'oriente cristiano, del quale mette in rilievo l'originalità, la
diversità e, nello stesso tempo, la legittimità. Esso dice tra
l'altro: «Fin dai primi tempi le Chiese d'Oriente seguivano
discipline proprie, sancite dai santi Padri e dai Concili, anche
ecumenici. E siccome una certa diversità di usi e consuetudini, sopra
ricordata, non si oppone minimamente all'unità della Chiesa, anzi ne
accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua
missione, il sacro Concilio, onde togliere ogni dubbio, dichiara che
le Chiese d'Oriente, memori della necessaria unità di tutta la
Chiesa, hanno potestà di regolarsi secondo le proprie discipline,
come più consone all'indole dei loro fedeli e più adatte a
provvedere al bene delle anime» (Unitatis Redintegratio», 16).
Dal decreto risulta chiaramente la
caratteristica autonomia disciplinare, di cui godono le Chiese
orientali: essa non è conseguenza di privilegi concessi dalla Chiesa
di Roma, ma della legge stessa che tali Chiese possiedono sin dai
tempi apostolici.
11. Nell'ora del dialogo, che si
sta sviluppando ed è in costante progresso, fra le Chiese e le
comunità ecclesiali di fronte al solenne Millennio del Battesimo
della Rus' - un fatto che ci rimanda con tanta nostalgia alla Chiesa
indivisa, comprendente tutte le Chiese particolari sia dell'Oriente
che dell'Occidente, ed alla fervida preghiera di Cristo nel cenacolo
per l'unità di tutti i credenti (cfr. Gv 17,20) -, dobbiamo ricordare
che la piena comunione è un dono e non sarà soltanto frutto degli
sforzi e desideri puramente umani, benché questi siano indispensabili
e condizionino tante cose.
Il peccato è entrato nel mondo a
causa dell'uomo, ma «la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di
un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza in tutti
gli uomini» (cfr. Rm 5,12.15). L'assiduità «nell'ascoltare
l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione
del pane e nella preghiera» (At 2,42), è un dono di Dio, perché è
un nuovo modo di esistere dell'uomo. E' un pieno «essere insieme»
nella Santissima Trinità. La prima sorgente di tale comunione è la
grazia del Battesimo: mediante il Battesimo noi entriamo nell'unità
della Chiesa disseminata in tutto il mondo, nell'unità voluta e
fondata da Cristo, la quale, malgrado le differenze e le difficoltà,
è rimasta sostanzialmente in vigore nell'arco dei primi dieci secoli;
entriamo in quell'unità, di cui ci parla oggi il Battesimo della Rus'.
Che tutti i cristiani ritornino ad essa e diventino una comunità di
uomini i quali, rimanendo in piena comunione con Cristo, offrono
questa loro ricchezza a tutti i membri dell'intera umanità. Questo
chiediamo allo Spirito Santo, datore dei doni innumerevoli, grazie ai
quali le singole persone e le comunità umane entrano in comunione con
Cristo. In lui, nello Spirito Santo, la vita della Chiesa raggiunge
profondità e dimensioni inaspettate. Il sentire e vivere la presenza
del Paraclito e dei suoi doni è peculiare caratteristica della
tradizione orientale, la cui profonda dottrina pneumatologica
costituisce una ricchezza preziosa per tutta la Chiesa.
E' in questa luce che vediamo
svilupparsi i multiformi, diversificati e fruttuosi contatti nei quali
ha trovato espressione, in questo periodo post-conciliare, il nostro
comune impegno di attiva obbedienza alla volontà di Dio percepita nel
suo Spirito.
La ricca esperienza della piena
comunione, vissuta nel primo millennio, ma dimenticata durante tanti
secoli da ambedue le parti, sia per noi e per i nostri sforzi
ecumenici una luce, un incoraggiamento e un costante punto di
riferimento.
V
L'UNITÀ
DELLA CHIESA E L'UNITÀ DEL CONTINENTE EUROPEO
12. Percorrendo la via
dell'ecumenismo, la Chiesa cattolica fissa lo sguardo sulla missione
dei santi fratelli di Tessalonica, come ho detto nella epistola
enciclica «Slavorum Apostoli».
Significativo nella loro missione
è un particolare «profetismo ecumenico», benché tutti e due
abbiano operato nel periodo in cui la cristianità era indivisa. La
loro missione ebbe inizio in Oriente, ma i suoi sviluppi permisero di
mettere in rilievo il legame e l'unità con Roma, con la Sede di
Pietro. La loro intuizione apostolica della «koinonia», nella Chiesa
è oggi intesa sempre più profondamente, in questa epoca di crescente
nostalgia per l'unità di tutti i cristiani e per il dialogo
ecumenico. Essi hanno presentito che le nuove Chiese dovevano -
dinanzi alle differenze e alle discussioni sempre più accentuate -
salvare e rafforzare la piena e visibile comunione dell'unica Chiesa
di Cristo. Infatti queste nascevano sul terreno dell'originalità
propria dei vari popoli e delle rispettive aree culturali, ma dovevano
nello stesso tempo conservare fra loro l'unità essenziale, in
conformità con la volontà del divino fondatore. Per questo la
Chiesa, nata dalla missione dei santi Cirillo e Metodio, avrebbe
portato come iscritto in se stessa uno speciale sigillo di quella
vocazione ecumenica, che i due santi fratelli avevano così
intensamente vissuto. Nello stesso spirito nasceva anche - come ho già
detto - la Chiesa di Kiev.
Quasi all'inizio del mio
pontificato, nell'anno 1980, ebbi la gioia di proclamare i santi
Cirillo e Metodio patroni d'Europa, accanto a san Benedetto.
L'Europa è cristiana nelle sue
stesse radici. Le due forme della grande tradizione della Chiesa,
l'occidentale e l'orientale, le due forme di cultura si integrano
reciprocamente come i due «polmoni» di un solo organismo (cfr. «Redemptoris
Mater», 24). Tale è l'eloquenza del passato; tale è l'eredità dei
popoli che vivono nel nostro continente. Si potrebbe dire che le due
correnti, l'orientale e l'occidentale, sono diventate simultaneamente
le prime grandi forme dell'inculturazione della fede, nell'ambito
delle quali l'unica e indivisa pienezza, affidata da Cristo alla
Chiesa, ha trovato la sua espressione storica. Nelle diverse culture
delle nazioni europee, sia in Oriente sia in Occidente, nella musica,
nella letteratura, nelle arti figurative e nell'architettura, come
anche nei modi di pensare, scorre una comune linfa attinta ad un'unica
fonte.
13. Al tempo stesso tale eredità
diventa, in questo scorcio del XX secolo, una sfida particolarmente
pressante all'unità dei cristiani. Una sincera aspirazione all'unità
è presente oggi negli animi, quale presupposto di quella convivenza
pacifica tra i popoli, in cui sta il bene di tutti. E' un'aspirazione
che muove la coscienza dei cittadini, compenetra la politica e
l'economia. I cristiani devono essere consapevoli delle sorgenti
religiose e morali di tale sfida: Cristo «è la nostra pace, colui
che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione
che era frammezzo, cioè l'inimicizia» (Ef 2,14). Dio «ci ha
riconciliati con sè mediante Cristo ed ha affidato a noi il ministero
della riconciliazione» (2Cor 5,18). Questa realtà, quest'opera di
Cristo ha oggi un suo particolare riflesso nella viva nostalgia
dell'umanità per l'unità e la fraternità universale. Il desiderio
dell'unità e della pace, del superamento delle diverse barriere e
della composizione dei contrasti - così come il richiamo stesso del
passato dell'Europa - diventa un segno stimolante dei nostri tempi.
Non esiste vera pace, se non sulla
base di un processo di unificazione nel quale ogni popolo possa
scegliere, nella libertà e nella verità, le vie del proprio
sviluppo. D'altra parte, un tale processo è impossibile, se manca un
accordo circa l'unità originaria e fondamentale, che si manifesta in
diverse forme non antagoniste ma complementari, le quali hanno bisogno
l'una dell'altra e si cercano reciprocamente. Perciò, siamo
profondamente convinti che la via verso la vera pace può essere
raddrizzata in modo incomparabile nelle menti, nei cuori e nelle
coscienze umane, mediante la presenza e il servizio di quel segno di
pace che è - per sua natura - la Chiesa obbediente a Cristo e fedele
alla sua vocazione.
Esprimiamo piena fiducia in tutti
gli sforzi umani, che mirano a togliere di mezzo le occasioni di
tensioni e di conflitti mediante la via pacifica del dialogo paziente,
degli accordi, della comprensione e del rispetto reciproci.
E' vocazione dell'Europa, nata su
fondamenti cristiani, una particolare sollecitudine per la pace nel
mondo intero. In molte zone del mondo la pace manca, oppure è
gravemente minacciata. E' necessaria, perciò, una costante e concorde
cooperazione del continente europeo con tutte le nazioni in favore
della pace e del bene, al quale ogni uomo e ogni comunità umana hanno
un sacrosanto diritto.
VI
UNITI
NELLA GIOIA DEL MILLENNIO CON MARIA MADRE DI GESÙ
14. I misteri e gli avvenimenti
brevemente ricordati nella presente lettera, visti e meditati alla
luce delle indicazioni del Concilio Vaticano II e nella prospettiva
storica del Millennio, diventano per noi una sorgente di gioia e di
consolazione nello Spirito Santo.
Tenendo conto dell'importanza del
Battesimo della Rus' di Kiev nella storia dell'evangelizzazione e
della cultura umana, ben si comprende come io abbia desiderato
richiamare su di esso l'attenzione dell'intera Chiesa cattolica,
invitando tutti i fedeli a comune preghiera. La Chiesa di Roma,
costruita sul fondamento della fede apostolica di Pietro e di Paolo,
si rallegra di questo Millennio e di tutti i frutti maturati nel corso
delle generazioni: i frutti della fede e della vita, dell'unione e
della testimonianza fino alla persecuzione e al martirio in conformità
con l'annuncio di Cristo stesso. La nostra partecipazione spirituale
alle solennità del Millennio si riferisce all'intero Popolo di Dio:
fedeli e pastori, che vivono ed operano in quelle terre santificate
mille anni or sono dal lavacro battesimale. Nella gioia di questa
festa ci uniamo a tutti coloro che nel Battesimo, ricevuto dai loro
antenati, riconoscono la sorgente della propria identità religiosa,
culturale e nazionale; ci uniamo a tutti gli eredi di questo
Battesimo, a prescindere dalla confessione religiosa, dalla nazionalità
e dal luogo di abitazione; a tutti i fratelli e le sorelle ortodossi e
cattolici. In particolare, ci uniamo a tutti i diletti figli e figlie
delle nazioni russa, ucraina, bielorussa: a quelli che vivono nella
loro patria, come anche a quelli che risiedono in America, in Europa
occidentale e in altre parti del mondo.
15. In maniera speciale questa è
certo la festa della Chiesa ortodossa russa, avente il suo centro a
Mosca e che noi chiamiamo con gioia «Chiesa sorella». Proprio essa
ha assunto in gran parte l'eredità dell'antica Rus' cristiana,
legandosi e rimanendo fedele alla Chiesa di Costantinopoli. Questa
Chiesa, così come le altre Chiese ortodosse, ha veri sacramenti,
segnatamente - in virtù della successione apostolica - l'Eucarestia e
il Sacerdozio, grazie ai quali rimane unita alla Chiesa cattolica con
legami strettissimi (cfr. «Unitatis Redintegratio», 15). E insieme
con le Chiese menzionate essa intraprende intensi sforzi per «conservare,
nella comunione della fede e della carità, quelle fraterne relazioni,
che, come tra sorelle, ci devono essere tra le Chiese locali» («Unitatis
Redintegratio», 14).
In questo solenne momento storico
la comunità cattolica partecipa alla preghiera e alla meditazione
sulle «grandi opere di Dio» (cfr. At 2,11) ed invia alla millenaria
Chiesa sorella, mediante il Vescovo di Roma, il bacio di pace, come
manifestazione dell'ardente desiderio di quella perfetta comunione che
è voluta da Cristo ed è iscritta nella natura della Chiesa.
Le celebrazioni millenarie di
tutti gli eredi del Battesimo di Vladimiro e la nostra partecipazione,
che nasce da un bisogno del cuore, alla loro gioia e al loro
ringraziamento, porteranno a tutti - è nostra profonda convinzione -
una luce nuova, capace di penetrare le tenebre del difficile, secolare
passato: la luce stessa, che sempre di nuovo nasce e giunge a noi dal
mistero pasquale, dal mattino della Pasqua e della Pentecoste.
16. Una speciale espressione della
nostra unione e partecipazione al Millennio del Battesimo della Rus',
come anche dell'ardente desiderio di arrivare alla piena e perfetta
comunione con le Chiese sorelle orientali, è costituita dalla
proclamazione stessa dell'anno mariano, come è esplicitamente detto
nell'enciclica «Redemptoris Mater»: «Anche se ancora sperimentiamo
i dolorosi effetti della separazione, avvenuta più tardi..., possiamo
dire che davanti alla Madre di Cristo ci sentiamo veri fratelli e
sorelle nell'ambito di quel popolo messianico, chiamato ad essere
un'unica famiglia di Dio sulla terra» («Redemptoris Mater», 50).
Il Verbo incarnato, da lei dato
alla luce, rimane per sempre nel suo cuore, come ben manifesta la
famosa icona «Znamenie», la quale presenta la Vergine orante col
Verbo di Dio inciso sul cuore. La preghiera di Maria attinge in modo
singolare alla potenza stessa di Dio: essa è un aiuto e una forza di
ordine superiore per la salvezza dei cristiani. «Perché, dunque, non
guardare a lei tutti insieme come alla nostra Madre comune, che prega
per l'unità della famiglia di Dio e che tutti "precede"
alla testa del lungo corteo dei testimoni della fede nell'unico
Signore, il Figlio di Dio, concepito nel suo seno verginale per opera
dello Spirito Santo?» («Redemptoris Mater», 30).
Ai nostri fratelli e sorelle nella
fede auguriamo che il patrimonio del Vangelo della croce, della
Risurrezione e della Pentecoste non cessi di essere «via, verità e
vita» (cfr. Gv 14,6) per tutte le generazioni future.
Eleviamo per questo con tutto il
cuore la nostra preghiera alla Santissima Trinità, Padre, Figlio e
Spirito Santo. Amen.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 25 gennaio - nella festa della conversione di san Paolo - dell'anno
1988, decimo di Pontificato.