LETTERA
APOSTOLICA
OPEROSAM
DIEM
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II
AL CARDINALE ARCIVESCOVO E AL CLERO
ALLE PERSONE CONSACRATE
E AI FEDELI LAICI
DELL'ARCIDIOCESI MILANESE
NEL XVI CENTENARIO
DELLA MORTE DI SANT'AMBROGIO
VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA
Al Venerato Fratello
Carlo Maria Cardinale Martini
Arcivescovo di Milano
1. Il 4 aprile 397 Ambrogio di
Milano concludeva la sua laboriosa giornata terrena generosamente
spesa a servizio della Chiesa. Negli ultimi giorni, ricorda il suo
segretario e biografo Paolino, « aveva visto il Signore Gesù venire
a lui e sorridergli... E proprio quando ci lasciò per volare al
Signore, dalle ore cinque del pomeriggio fino all'ora in cui rese
l'anima, pregò con le braccia aperte in forma di croce ». (1) Era
l'alba del Sabato Santo. Il Vescovo lasciava questa terra per unirsi a
Cristo Signore, che egli aveva intensamente desiderato e amato.
Avvicinandosi la XVI ricorrenza
centenaria di quel giorno, Ella, signor Cardinale, mi ha chiesto che
la morte del grande Pastore possa essere commemorata con la
celebrazione di un « Anno Santambrosiano », e che all'evento sia
dedicata una speciale Lettera apostolica.
Mi è assai gradito accedere al
Suo desiderio, perché, come Ella ha scritto, sant'Ambrogio è stato
ed è un dono per l'intera Chiesa, alla quale ha lasciato un
tesoro singolarmente ricco di dottrina e di santità.
2. Tutto in lui si compose in
armonia e trovò unità nel servizio episcopale, compiuto con
dedizione senza riserve. « Chiamato all'episcopato dal frastuono
delle liti del foro e dal temuto potere della pubblica amministrazione
», (2) Ambrogio modellò la sua vita sulle esigenze di quel ministero
che la Provvidenza gli poneva nelle mani e nel cuore; ad esso dedicò
le sue energie, la sua esperienza e le sue ricche doti e capacità.
Pastore forte e mite insieme, uomo del monito e uomo del perdono,
deciso contro l'errore e paziente con gli erranti, esigente coi
sovrani e rispettoso dello Stato, in rapporto con gli imperatori e
vicino al suo popolo, studioso profondo e instancabile uomo d'azione,
Ambrogio si staglia sullo sfondo delle tormentate vicende del suo
tempo come figura di straordinario rilievo, il cui influsso, valicati
i secoli, permane vivo anche oggi. (3)
La commemorazione centenaria della
sua morte, iniziando il 6 dicembre prossimo, coinciderà praticamente
con l'anno 1997 che, secondo le indicazioni date nella Lettera
apostolica Tertio millennio adveniente, apre la seconda fase
preparatoria del grande Giubileo del 2000. (4) È in questa
prospettiva che vorrei soffermarmi a riflettere sulla persona e
sull'opera di sant'Ambrogio per trarne ulteriori stimoli spirituali in
vista di quella storica scadenza. Confido infatti che il ricordo di
così insigne Pastore, ravvivato dalla celebrazione dell'« Anno
Santambrosiano », aiuti codesta diletta Arcidiocesi ad entrare in
modo sempre più profondo nello spirito della preparazione della
ricorrenza due volte millenaria della nascita di Cristo.
I
AMBROGIO
VESCOVO
3. Per la Chiesa di Milano sarà
certamente motivo di gioia mettersi in ascolto con rinnovato interesse
del suo antico Pastore, e quasi rifare l'esperienza di quegli
innumerevoli fedeli — umili o altolocati, anonimi o illustri — che
si lasciarono illuminare dalla sua parola e, guidati da lui,
raggiunsero Cristo. Passato e presente si intrecciano nella fede
vissuta di ciascuna comunità ecclesiale. È proprio dei Santi,
infatti, restare misteriosamente « contemporanei » di ogni
generazione: è la conseguenza del loro profondo radicarsi nell'eterno
presente di Dio. Ambrogio, in qualche modo, parla ancora dalla
cattedra milanese, e la sua voce è accolta e desiderata da tutta la
Chiesa. Mossi da questa consapevolezza, vogliamo cercare di
raccoglierne i tratti salienti, per meglio aprirci alla sua
testimonianza e al suo messaggio. A questa riscoperta ci spinge anche
l'amore che la Chiesa inculca verso coloro che, eminenti per santità
e dottrina nei primi secoli cristiani, a ragione vengono chiamati e
sono « padri » nella fede. Ambrogio lo è a titolo davvero speciale.
4. È a tutti nota la singolarità
della sua elezione, che il biografo Paolino attribuisce all'ispirata
iniziativa di un fanciullo, a cui peraltro corrispose la piena fiducia
del popolo e del clero e, successivamente, la soddisfazione dello
stesso imperatore. (5) Ambrogio, nato da genitori cristiani, ma
rimasto catecumeno secondo un uso non infrequente nelle famiglie
ragguardevoli del tempo, aveva percorso con onore la carriera
politica, prima a Sirmio nella prefettura d'Italia, di Illirico e
d'Africa, quindi a Milano come consularis, con la responsabilità
di governo della provincia di Emilia - Liguria. Qui aveva potuto
constatare la grave situazione della Chiesa milanese, disorientata dal
governo quasi ventennale del Vescovo ariano Aussenzio, divisa e
fortemente provata dal diffondersi di questa eresia.
5. Ritenendosi impreparato ad
assumere l'ufficio episcopale, egli tentò ripetutamente di sottrarsi
a quella nomina, ma alla fine si piegò all'insistenza del popolo che,
avendolo apprezzato per l'equanimità e la dirittura nell'incarico di
governatore, nutriva fondata fiducia nella sua capacità di guidare
con saggezza la comunità ecclesiale. Accettò quindi di ricevere il
battesimo, che gli fu amministrato da un Vescovo cattolico il 30
novembre 374; e il 7 dicembre successivo fu ordinato Vescovo. (6)
Nei primi anni, con intima
sofferenza e schietta umiltà, dovette riconoscere il contrasto fra la
sua impreparazione specifica e il dovere impellente di insegnare ai
fedeli e di operare le necessarie scelte pastorali. (7) Ma volle
subito gettare le basi di un'accurata preparazione teologica e, con il
consiglio e il sostegno del presbitero Simpliciano, che fu poi suo
successore nella sede di Milano, si dedicò con cura allo studio
biblico e teologico, approfondendo le Scritture e attingendo alle
fonti più autorevoli dei grandi Padri e scrittori ecclesiastici
antichi, sia latini che greci, primo fra tutti Origene, suo costante
maestro e ispiratore.
Nelle omelie e negli scritti
Ambrogio in gran parte riproponeva quanto aveva intelligentemente
assimilato, ma insieme lo arricchiva col suo genio, rinvigorendo
l'esposizione, coniando formule sintetiche particolarmente efficaci e
introducendo concreti adattamenti alla situazione dei suoi ascoltatori
e lettori. Così, dallo studio costantemente ravvivato della dottrina
cattolica, nasceva un ricco e fruttuoso insegnamento e insieme si
dispiegava un'articolata azione pastorale.
6. Subito Ambrogio volle
accogliere quanti si erano sbandati dietro all'arianesimo. Di regola
non cercava di strapparli bruscamente alle spire dell'eresia, neppure
quando si trattava di membri del clero, (8) e ciò non per un
improvvido compromesso, ma con il lodevole intento di promuovere
un'adesione convinta alla retta fede trinitaria attraverso una
predicazione rigorosa e articolata. E fra il 378 e il 382 divulgò il
frutto di quegli insegnamenti nei trattati De fide, De
Spiritu Sancto e De incarnationis dominicae sacramento.
Gli esiti positivi di questa
strategia pastorale si toccarono con mano quando, nella primavera del
385 e soprattutto in quella dell'anno seguente, l'autorità imperiale
fomentò l'opposizione ariana e pretese per essa la cessione di una
basilica. La gente allora si strinse attorno al Vescovo, mostrando
quanto efficace fosse stata la sua parola e, al tempo stesso, quanto
falsamente gonfiata fosse l'esigenza avanzata dalla corte. In quei
frangenti i commercianti sopportarono persino tasse imposte proprio
con l'intento di staccarli dal Vescovo: ma non lo vollero privare del
proprio sostegno. (9) E quando si giunse a minacciare Ambrogio e ad
accerchiare le chiese, il popolo vegliò insieme al suo Pastore,
condividendone la trepidazione, la lotta, la preghiera. Alla fine
l'autorità imperiale cedette, e il Vescovo poteva confidare alla
sorella Marcellina: « Quale fu, allora, l'allegrezza di tutta la
gente, quale il plauso di tutto il popolo, quale la riconoscenza! ».
(10) Eletto per la decisa volontà dei Milanesi, Ambrogio seppe
coltivare un'intesa profonda con la sua comunità, mirabilmente
ancorandola ai princìpi della fede cattolica.
7. Nella società romana in
disfacimento, non più sorretta dalle antiche tradizioni, era inoltre
necessario ricostruire un tessuto morale e sociale che colmasse il
pericoloso vuoto di valori che si era venuto creando. Il Vescovo di
Milano volle dar risposta a queste gravi esigenze, non operando
soltanto all'interno della comunità ecclesiale, ma allargando lo
sguardo anche ai problemi posti dal risanamento globale della società.
Consapevole della forza rinnovatrice del Vangelo, vi attinse concreti
e forti ideali di vita e li propose ai suoi fedeli, perché ne
nutrissero la propria esistenza e facessero così emergere, a servizio
di tutti, autentici valori umani e sociali.
Non esitò quindi a manifestare la
sua chiara opposizione, quando nel 384 il praefectus Urbi
Simmaco avanzò all'imperatore Valentiniano II la domanda di
ripristinare in Senato la statua della dea Vittoria. A chi pensava di
salvare la « romanità » facendo ritorno a simboli e pratiche ormai
desuete e senza vita, Ambrogio obiettò che la tradizione romana, con
i suoi antichi valori di coraggio, di dedizione e di onestà, poteva
essere assunta e rivitalizzata proprio dalla religione cristiana. Il
vecchio culto pagano — notava il Vescovo di Milano — accomunava
Roma ai barbari proprio e solo nell'ignoranza di Dio; (11) ma ora che
finalmente la grazia si è diffusa tra i popoli, « a buon diritto è
stata preferita la verità ». (12)
8. La forza rinnovatrice del
Vangelo apparve evidente negli interventi dedicati dal Vescovo alla
difesa della giustizia sociale, in particolare nei tre libretti
De Nabuthae, De Tobia, De Helia et ieiunio.
Ambrogio stigmatizza l'abuso delle ricchezze, denuncia le
sperequazioni e i soprusi con cui i pochi abbienti sfruttano a proprio
vantaggio le situazioni di disagio economico e di carestia, condanna
coloro che, fingendo di aiutare per carità, dànno poi a prestito con
una pesantissima usura. Su tutto e su tutti fa riecheggiare i suoi
moniti: « Una medesima natura è madre di tutti gli uomini, e perciò
siamo tutti fratelli generati da un'unica e medesima madre, legati da
un medesimo vincolo di parentela »; (13) « tu non dài del tuo al
povero, ma gli rendi il suo ». (14) Specificamente riguardo all'usura
si domanda: « Che c'è di più crudele del dare il tuo denaro a chi
non ne ha ed esigerne il doppio? » (15) Per la salvezza stessa dei
popoli, spesso schiacciati dal peso dei debiti, Ambrogio riteneva
dovere dei Vescovi adoperarsi ad estirpare tali vizi e a promuovere
gli slanci di un'operosa carità.
Comprensibile dunque il suo impeto
di gioia, e si direbbe la sua umile fierezza di padre, quando gli
giunse notizia che un suo eminente figlio spirituale, Paolino da
Bordeaux, ex senatore e futuro Vescovo di Nola, aveva deciso di
lasciare i suoi beni ai poveri, per ritirarsi, insieme con la moglie
Terasia, a condurre vita ascetica nella cittadina campana. Esempi come
questo — osservava Ambrogio in una sua lettera (16) — erano
destinati a produrre clamore e scandalo in una società prigioniera
dell'edonismo, ma incarnavano, con l'efficacia insostituibile della
testimonianza, la grande sfida morale del cristianesimo.
9. Tutta la vita doveva essere
rinnovata dal lievito del Vangelo. Al riguardo Ambrogio prospetta ai
suoi fedeli un itinerario spirituale chiaro ed impegnativo,
fatto di ascolto della Parola di Dio, di partecipazione ai Sacramenti
e alla preghiera liturgica, di sforzo morale ispirato alla concreta
osservanza dei comandamenti. Chi legge gli scritti del santo Vescovo
si accorge che questi sono gli elementi, semplici e necessari,
continuamente richiamati nella sua predicazione e nella sua attività
pastorale. Su queste realtà Ambrogio viene costruendo giorno per
giorno una comunità viva, nutrita dei valori evangelici e segno non
equivoco per la società del suo tempo.
Ne fu vivamente impressionato, tra
gli altri, Agostino, giunto a Milano nell'autunno del 384. Pur
inizialmente attratto soltanto dallo stile oratorio del Vescovo, ben
presto sperimentò la concretezza e il fascino della vita della
Chiesa di Milano: « Vedevo la chiesa piena, e in essa l'uno
avanzare in un modo, l'altro in un altro », ricorderà con
ammirazione molti anni dopo. (17) Non era riuscito ad ottenere dal
Vescovo incontri prolungati e confidenziali, ma aveva visto nella
Chiesa da lui guidata una manifestazione eloquente della sua saggezza
pastorale e aveva potuto compiere una verifica convincente della
validità del suo insegnamento spirituale. Giustamente perciò
considerò Ambrogio, dal quale ricevette anche il Battesimo, padre
della sua fede.
10. Non è possibile passare in
rassegna dettagliatamente tutti gli interventi dell'infaticabile
Pastore, che in vario modo contribuirono a vivificare la comunità e
ad immettere energie nuove e vigorose nella società. Ma è almeno
opportuno elencarne i più significativi.
Al primo posto porrei la premura
che egli ebbe per la formazione dei sacerdoti e dei diaconi. Li
voleva pienamente conformati a Cristo, posseduti totalmente da Lui
(18) e corredati delle più solide virtù umane: l'ospitalità,
l'affabilità, la fedeltà, la lealtà, una generosità che aborrisse
l'avarizia, la riflessività, un pudore incontaminato, l'equilibrio,
l'amicizia. Esigente quanto paterno, il suo affetto per i sacerdoti
era davvero traboccante: « Per voi, che ho generato nel Vangelo, non
nutro minor amore che se vi avessi avuto nel matrimonio ». (19)
Ugualmente intensa, fin dalla sua
prima predicazione giunta a noi nel De virginibus, fu la
cura delle vergini consacrate. Ambrogio vedeva la loro vocazione
radicata nel mistero stesso del Verbo Incarnato: « E chi possiamo
credere che ne sia il suo autore, se non l'immacolato Figlio di Dio,
la cui carne non ha visto la corruzione, la cui divinità non ha
conosciuto contaminazione? »; (20) e nella testimonianza delle
vergini segnalava una risposta provocatoria, forte e concreta, al
ruolo umiliante in cui la decadente società romana aveva relegato la
donna.
Costante fu pure l'attenzione di
Ambrogio per il culto dei martiri. Con il rinvenimento delle
loro reliquie e la venerazione ad essi tributata egli intendeva
proporre ai credenti modelli di una sequela di Cristo impavida e
generosa; e non mancava di metterli in guardia contro i pericoli dei
tempi di pace, quando ai persecutori violenti si sostituiscono quelli
più subdoli che « senza ricorrere alla minaccia della spada,
stritolano spesso lo spirito dell'uomo, quelli che espugnano l'animo
dei credenti più con le lusinghe che con le minacce ». (21)
Anche le celebrazioni
liturgiche, nutrite dalle spiegazioni catechetiche del Vescovo e
animate dalla sua genialità poetica, diventavano momento comunitario
di validissima formazione e di incisiva testimonianza. Basti pensare
agli inni, da lui composti e sperimentati nelle lunghe ore di veglia
durante l'accerchiamento delle chiese: « Dicono che il popolo è
stato abbindolato dall'incantesimo dei miei inni », ribatteva agli
ariani che lo accusavano. « Proprio così: non lo nego. È un grande
incantesimo, il più potente di tutti. Che c'è infatti di più
potente del confessare la Trinità, che ogni giorno viene esaltata
dalla bocca di tutto il popolo? A gara, tutti vogliono proclamare la
loro fede, tutti hanno imparato a lodare in versi il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo. Sono dunque diventati tutti maestri, quelli che a
malapena potevano essere discepoli ». (22)
11. Pastore attivissimo, Ambrogio
fu certamente uomo di intenso raccoglimento e di profonda
contemplazione. Era capace di grande concentrazione: per questo le
sue letture poterono prepararlo al ministero in così breve tempo e
fra attività tanto numerose. Amava il silenzio; e Agostino, che lo
trovò assorto nello studio, non ardì neppure parlargli: « Chi
infatti avrebbe osato disturbarlo nella sua concentrazione? ». (23)
Da quel raccoglimento nasceva la sua penetrazione delle Scritture e la
spiegazione che ne offriva nelle omelie e nei commentari.
Da lì nasceva anche la profonda
spiritualità del Vescovo. Il biografo Paolino ne sottolinea l'ascesi:
« Era uomo di grande astinenza e di molte veglie e fatiche, e
macerava il corpo con quotidiano digiuno... Grande era anche
l'assiduità alla preghiera, di notte e di giorno ». (24) Al centro
della sua spiritualità stava Cristo, ricercato e amato con intenso
trasporto. A Lui tornava continuamente nel suo insegnamento. Su Cristo
si modellava pure la carità che egli proponeva ai fedeli e che
testimoniava di persona accogliendo « caterve di gente affannata che
soccorreva nell'angustia », come ci ricorda Agostino. (25)
12. Mancherebbe un elemento
caratteristico a questo pur rapido ritratto dell'uomo e del Vescovo,
se non gettassimo almeno uno sguardo al suo rapporto con l'autorità
civile. Era ancora vivo il ricordo delle intromissioni nella vita
e nella dottrina della Chiesa compiute nei decenni precedenti dagli
imperatori cristiani, che talora avevano sostenuto la parte ariana e
in ogni caso avevano creato gravi disagi e spaccature nella comunità
dei credenti. Fatto Vescovo, Ambrogio confermò in molte situazioni il
suo spiccato lealismo nei confronti dello Stato, ma sentì anche il
dovere di promuovere un più corretto rapporto tra Chiesa e Impero,
(26) reclamando per la prima una precisa autonomia nel suo proprio
ambito. In questo modo egli non solo difendeva i diritti di libertà
della Chiesa, ma poneva anche un argine all'assolutismo senza limiti
dell'autorità imperiale, favorendo così la rinascita delle antiche
libertà civili, nell'alveo della migliore tradizione romana.
Era una strada difficile da
percorrere, tutta da inventare; ed Ambrogio dovette di volta in volta
precisare meglio modalità e stile. Se gli riuscì di coniugare
fermezza ed equilibrio negli interventi già menzionati — nella
questione cioè dell'altare della Vittoria e quando fu richiesta una
basilica per gli ariani — inadeguato si rivelò invece il suo
giudizio nell'affare di Callinico, quando nel 388 venne distrutta la
sinagoga di quel lontano borgo sull'Eufrate. Ritenendo infatti che
l'imperatore cristiano non dovesse punire i colpevoli e neppure
obbligarli a porre rimedio al danno arrecato, (27) andava ben oltre la
rivendicazione della libertà ecclesiale, pregiudicando l'altrui
diritto alla libertà e alla giustizia.
Fu all'opposto mirabile il suo
atteggiamento nei confronti dello stesso Teodosio, due anni più
tardi, all'indomani della strage di Tessalonica, ordinata per
vendicare l'uccisione di un comandante. All'imperatore, che si era
macchiato di una colpa tanto grave, il Vescovo indicò, con tatto e
fermezza, la necessità di sottoporsi a penitenza, (28) e Teodosio,
accogliendo l'invito, « pianse pubblicamente nella Chiesa il suo
peccato » e « con lamenti e lacrime invocò il perdono ». (29) In
questo celebre episodio Ambrogio aveva saputo incarnare al meglio
l'autorità morale della Chiesa, facendo appello alla coscienza
dell'errante, senza riguardo al suo potere, ed ergendosi a vindice del
sangue ingiustamente e crudelmente versato.
13. Veramente grande la figura di
questo santo Vescovo, e straordinariamente efficace l'opera che egli
svolse per la Chiesa e la società del suo tempo! Auspico che il suo
esempio di uomo, di sacerdote, di pastore dia rinnovato impulso alla
presa di coscienza di cui tutti i fedeli del nostro tempo — Vescovi,
presbiteri, anime consacrate e laici cristiani — hanno bisogno per
ispirare la propria vita al Vangelo, e farsene apostoli sempre più
ardenti alle soglie ormai del terzo millennio cristiano.
II
«
LO SGUARDO FISSO SULLA PAROLA DI DIO »
(30)
14. Insieme con Gerolamo, Agostino
e Gregorio Magno, il santo Vescovo di Milano è uno dei quattro
Dottori, a cui la Chiesa latina guarda con particolare venerazione.
Desidero perciò portare speciale attenzione a questo versante della
sua personalità accostandolo nella prospettiva del prossimo Giubileo.
Una prima indicazione ci viene
offerta dal ruolo che ebbe nella vita di Ambrogio la parola di Dio. «
Per conoscere la vera identità di Cristo — ho scritto nella Tertio
millennio adveniente — occorre che i cristiani [...] tornino con
rinnovato interesse alla Bibbia ». (31) Ambrogio può esserci maestro
e guida: egli fu, infatti, un cospicuo esegeta della Bibbia, che
assumeva come oggetto abituale della sua catechesi. Tutte le sue opere
sono una spiegazione dei Libri ispirati.
Il santo Vescovo ha dedicato
un'intera Expositio al Vangelo secondo Luca e in molti suoi
scritti, soprattutto in alcune lettere, ama commentare l'epistolario
paolino riproponendo con viva partecipazione il pensiero
dell'Apostolo. Ma è soprattutto sui libri dell'Antico Testamento che
egli si sofferma con particolare predilezione. In essi trova una lunga
e ardente preparazione alla venuta di Cristo, come un'« ombra » che,
in modo ancora imperfetto ma già sapientemente tratteggiato,
preannuncia la rivelazione piena del Vangelo.
Leggendo in profondità le pagine
bibliche dell'uno e dell'altro Testamento, sulla scia della concorde
tradizione patristica, Ambrogio invita a raccogliere, oltre il senso
letterale, sia un senso morale, che illumina il comportamento, sia un
senso allegorico-mistico, che permette di rinvenire nelle immagini e
negli episodi narrati il mistero di Cristo e della Chiesa. Così, in
particolare, molti personaggi dell'Antico Testamento appaiono « tipi
» e anticipazioni della figura di Cristo. Leggere le Scritture è
leggere Cristo. Per questo Ambrogio raccomanda vivamente la lettura
integrale della Scrittura: « Bevi dunque tutt'e due i calici,
dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo.
Bevi Cristo, che è la vite; bevi Cristo, che è la pietra che ha
sprizzato l'acqua; bevi Cristo, che è la fontana della vita; bevi
Cristo, che è il fiume la cui corrente feconda la città di Dio; bevi
Cristo che è la pace ». (32)
15. Ambrogio sa che la conoscenza
delle Scritture non è facile. Nell'Antico Testamento vi sono pagine
oscure che ricevono piena luce solo nel Nuovo. Cristo ne è la chiave,
il rivelatore: « Grande è l'oscurità delle Scritture profetiche! Ma
se tu bussassi con la mano del tuo spirito alla porta delle Scritture,
e se esaminassi con scrupolosità ciò che vi è nascosto, a poco a
poco cominceresti a raccogliere il senso delle parole, e ti sarebbe
aperto non da altri, ma dal Verbo di Dio [...] perché solo il Signore
Gesù nel suo Vangelo ha tolto il velo degli enigmi profetici e dei
misteri della Legge; egli solo ci ha fornito la chiave del sapere e ci
ha dato la possibilità di aprire ». (33)
La Scrittura è un « mare, che
racchiude in sé sensi profondi e abissi di enigmi profetici: in
questo mare si sono riversati moltissimi fiumi ». (34) Dato questo
suo carattere di parola viva e insieme complessa, la Scrittura non può
essere letta con superficialità. Essa schiude i suoi tesori a chi la
accosta con vivo desiderio, con animo veramente assetato di luce,
seguendo l'esempio dell'orante descritto nel Salmo 118: « Si
consumano i miei occhi dietro la tua Parola » (v. 82). Come la
giovane sposa — commenta Ambrogio con vivida immagine — corre alla
riva del mare scrutando ogni nave che possa recarle il suo sposo, così
il salmista « abbandonava tutte le preoccupazioni di questo tempo e,
da custode sempre all'erta, teneva fisso lo sguardo degli occhi
interiori, in vista della parola di Dio ». (35) Lo stesso Vescovo
impersonava questo orante colmo di desiderio; e impegnava i suoi
fedeli a fare altrettanto.
Chiedeva loro anche di « ruminare
» la Parola, perché essa è cibo sostanzioso, che esige di essere
ripreso più volte con pazienza e costanza, in una continua
meditazione: solo così potrà sprigionare le inesauribili sostanze
nutritive che racchiude. « Procuriamo alla nostra mente questo cibo
che, triturato e reso farinoso da una lunga meditazione, dia forza al
cuore dell'uomo, come la manna celeste: cibo che non abbiamo ricevuto
già triturato e farinoso, senza aver fatto fatica. Per ciò è
necessario triturare e rendere farinose le parole delle Scritture
celesti, impegnandoci con tutto l'animo e con tutto il cuore, affinché
la linfa di quel cibo spirituale si diffonda in tutte le vene
dell'anima ». (36) E ancora: « Rifletti dunque tutto il giorno sulla
Legge [...] Prenditi come consiglieri Mosè, Isaia, Geremia, Pietro,
Paolo, Giovanni, e lo stesso eccelso consigliere Gesù, se vuoi
acquistare il Padre. Con loro devi trattare, con loro devi
confrontarti tutto il giorno, devi tutto il giorno riflettere ». (37)
16. Ambrogio spiega costantemente
ai suoi fedeli le Scritture proclamate nella liturgia. Egli le pone ad
ispirazione e a fondamento dell'intera sua predicazione e dei suoi
scritti: dei commentari biblici, delle lettere, dei discorsi esequiali,
dei trattati a sfondo sociale, delle opere di contenuto spiccatamente
spirituale. Il suo stile è impregnato di immagini e di espressioni
bibliche: si direbbeche egli non soltanto parli della Bibbia, ma parli
la Bibbia, divenuta come la sostanza intima del suo pensiero e
della sua parola. Così i Sacri Testi nutrono gli ascoltatori, che ne
diventano conoscitori sempre più competenti. La Chiesa guidata da
Ambrogio ci appare veramente formata e plasmata dalla Parola di Dio.
Desidero vivamente che il suo
esempio spinga a porre la Bibbia sempre più al centro della vita
cristiana e a leggerla con quella fede e con quella profondità di cui
il Vescovo di Milano è stato esimio modello e sicuro maestro.
III
«
CRISTO E TUTTO PER NOI »
(38)
17. L'Anno Santambrosiano coincide
con il periodo che, nell'itinerario di preparazione al Giubileo, sarà
« dedicato alla riflessione su Cristo, Verbo del Padre,
fattosi uomo per opera dello Spirito Santo. Occorre infatti porre in
luce il carattere spiccatamente cristologico del Giubileo, che
celebrerà l'Incarnazione del Figlio di Dio, mistero di salvezza per
tutto il genere umano ». (39)
Nella scia del Concilio di Nicea,
di cui fu energico difensore, sant'Ambrogio è stato un riconosciuto
maestro della dottrina cristologica e trinitaria. L'insegnamento del
Vescovo di Milano ha in Cristo il suo centro unificante; da Lui riceve
il suo splendore teologico e la sua forza di attrazione per la vita
spirituale. Ripercorrerne i punti salienti è perciò di particolare
significato anche per la preparazione al Millennio che viene.
18. In molti suoi scritti, a
partire dalla triade De fide, De Spiritu Sancto e De
incarnationis dominicae sacramento, Ambrogio espone il suo
insegnamento sulla Trinità, sulla quale propone lucide
considerazioni che serviranno da modello nell'ulteriore sviluppo della
teologia trinitaria in Occidente, senza tuttavia dimenticare che il
mistero di Dio supera sempre la nostra comprensione e le nostre
affermazioni. (40) « Abbiamo infatti appreso che vi è una
distinzione tra "il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo" (Mt
28, 19), non una confusione; una distinzione, non una separazione; una
distinzione, non una pluralità; [...] per divino e mirabile mistero
il Padre sussiste sempre, sempre sussiste il Figlio, sempre lo Spirito
Santo [...]. Conosciamo la distinzione, ma ignoriamo i segreti; non
indaghiamo le cause, custodiamo i misteri ». (41)
Riguardo al Figlio, Ambrogio
ricorda che egli « è sempre col Padre, sempre nel Padre »; (42) dal
Padre, fonte dell'essere, egli viene generato: « Questi segni
caratterizzano il Figlio di Dio in modo tale che da essi tu ricavi che
il Padre è eterno, e ugualmente il Figlio non è diverso da lui; dal
Padre è il Figlio; da Dio è il Verbo; riflesso della sua gloria,
impronta della sua sostanza, specchio della maestà di Dio, immagine
della sua bontà; sapienza che proviene da colui che è sapiente;
potenza da colui che è forte; verità da colui che è vero; vita da
colui che è vivo ». (43)
Cristo viene nel mondo per
rivelare il Padre: « Egli è l'eterno splendore dell'anima, che il
Padre ha mandato sulla terra proprio per questo: per darci la
possibilità di contemplare, nella luce del suo volto, le realtà
eterne e celesti, prima a noi precluse dalla caligine che ci opprimeva
». (44)
19. Sant'Ambrogio ha una
visione unitaria del piano divino della salvezza: preannunziato da
Dio nell'Antico Patto, esso è stato realizzato nel Nuovo con la
venuta di Cristo, che ha rivelato al mondo il volto del Padre e la
luce della Trinità. Il Cristo Redentore è anzi già velatamente
significato nell'opera stessa della creazione, in quel riposo che Dio
si concede dopo aver creato l'uomo. « A questo punto, osserva
Ambrogio, Dio si è riposato, avendo un essere cui rimettere i
peccati. O forse già allora si preannunciò il mistero della futura
passione del Signore, col quale si rivelò che Cristo avrebbe riposato
nell'uomo, egli che predestinava a se stesso un corpo umano per la
redenzione dell'uomo ». (45) Il riposo di Dio prefigurava quello di
Cristo in croce nella morte redentrice; e la passione del Signore
veniva così a collocarsi dall'inizio, in un progetto di universale
misericordia, come il senso e il fine della creazione stessa.
20. Del mistero
dell'Incarnazione e della Redenzione, Ambrogio parla con l'ardore
di uno che è stato letteralmente afferrato da Cristo, e tutto vede
nella sua luce. La riflessione che egli sviluppa sgorga dalla
contemplazione affettuosa e spesso prorompe in preghiere, vere
elevazioni dell'anima nel bel mezzo di trattazioni impegnative: il
Salvatore è venuto nel mondo « per me », « per noi », sono
espressioni che ritornano con frequenza nelle sue opere. (46)
Annunciato, in qualche modo, in
tutti i Libri dell'antica Scrittura, (47) il Verbo scende dal seno del
Padre e adempie la sua missione in successive tappe, che il Vescovo,
ispirandosi al Cantico dei cantici, paragona ai salti di un
cerbiatto mosso dall'amore per l'umanità e per la Chiesa. (48) Con
l'Incarnazione, il Verbo prende « l'aspetto di servo, cioè la
pienezza della perfezione umana »; (49) ed assume in sé, nella sua
carne, tutta l'umanità, conferendole un privilegio di cui nemmeno gli
angeli partecipano. (50)
Se nell'Incarnazione il Cristo si
è legato a noi con vincoli d'amore, (51) nella sua Passione, subìta
per la Redenzione del mondo, questo amore ha brillato in mezzo ai
contrasti più profondi di umiliazione-esaltazione del Crocifisso;
(52) il suo obbrobrio ha tolto gli obbrobri di tutti, (53) le lacrime,
da lui versate sulla Croce, ci hanno lavati. (54) La Redenzione di
Cristo è universale: (55) « Nel Redentore di tutti non entrava un
solo uomo, ma tutto quanto il mondo »; (56) « Lui si è umiliato,
perché tu fossi esaltato ». (57)
21. Di qui fioriscono nelle opere
di Ambrogio tutte quelle definizioni e appellativi del Redentore, che
ce lo tratteggiano nella sua grandezza e benevolenza. Cristo si è
fatto tutto a tutti; (58) egli è la pienezza e l'ampiezza; (59) è il
fine della Legge; (60) il fondamento di tutte le cose e il capo della
Chiesa, (61) la sorgente della vita; (62) « la sua morte è vita, la
sua ferita è vita, il suo sangue è vita, la sua sepoltura è vita,
la sua risurrezione è vita di tutti ». (63) Egli è « l'espiazione
universale, il riscatto universale », (64) il re e mediatore, (65) il
sole di giustizia, (66) luce, (67) fuoco, (68) via, (69) gioia, (70)
l'unico in cui gloriarci nonostante i nostri peccati; (71) si è fatto
povero per noi, (72) umile per insegnarci l'umiltà, (73) nostro
compagno; (74) Egli è buono, anzi la bontà stessa: (75) « Questo
"bene" venga nella nostra anima, nell'intimo della nostra
mente [...] Questi è il nostro tesoro, questi è la nostra via,
questi è la nostra sapienza, la nostra giustizia, il nostro pastore e
il buon pastore, questi è la nostra vita. Tu vedi quanti beni ci sono
in un solo bene ». (76)
22. Nel presentare la figura di
Cristo, il Vescovo Ambrogio anticipa le formidabili tematiche che nei
secoli successivi verranno affrontate nei grandi Concili cristologici;
e con magistrale sintesi ci parla dell'unico Cristo Signore, nella
duplice natura divina e umana. Ecco un esempio fra i molti, tratto dal
secondo libro del De fide: « Manteniamo la distinzione tra la
natura divina e la carne! In entrambe parla il solo Figlio di Dio,
poiché nel medesimo si trova l'una e l'altra natura; anche se è il
medesimo a parlare, non parla però sempre in un solo modo. Osserva in
lui ora la gloria di Dio, ora le passioni dell'uomo. In quanto Dio,
dice le cose che sono di Dio, poiché è il Verbo; in quanto uomo,
dice le cose che sono dell'uomo, poiché parla nella mia sostanza ».
(77) Per la sua completezza e precisione questo brano fu ripreso negli
atti dei Concili di Efeso (431) e di Calcedonia (451) e nel Sinodo
Lateranense del 649. Ma numerosi testi del Vescovo di Milano vennero
citati e meditati in quei frangenti, a partire dal De incarnationis
dominicae sacramento tradotto in greco già pochi decenni dopo la
morte di Ambrogio, per giungere ai larghi estratti dell'Expositio
evangelii secundum Lucam letti e tradotti durante il III Concilio
di Costantinopoli del 681.
Così la parola di Ambrogio,
appassionato di Cristo Signore, entrava a sostenere e a vivificare le
grandi definizioni cristologiche della Chiesa antica.
IV
«
LA SOBRIA EBBREZZA DELLO SPIRITO »
(78)
23. Al di là del suo ricco
apporto dottrinale, Ambrogio fu soprattutto pastore e guida
spirituale. Le sue indicazioni di vita ci aiutano anche a muoverci più
speditamente verso l'obiettivo che ho indicato come prioritario nella
celebrazione del primo anno di preparazione al terzo Millennio: il
rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani. Ho
scritto al riguardo: « È necessario, pertanto, suscitare in ogni
fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di
conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più
intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo ». (79)
E in funzione di questo esigente
ideale di perfezione, a cui tutti siamo chiamati, che desidero
soffermarmi ora specificamente sull'insegnamento spirituale del
Vescovo di Milano.
24. Per illustrare il cammino
spirituale proposto alla Chiesa e a ciascun cristiano, sant'Ambrogio
fa uso delle ricche immagini offerte nel Cantico dei cantici:
nell'amore dei due sposi vede infatti rappresentato sia il matrimonio
di Cristo con la Chiesa, sia l'unione dell'anima con Dio. Due scritti
sono, in particolare, dedicati a questo tema: l'ampia Expositio
psalmi CXVIII e il piccolo trattato De Isaac vel anima. Nel
primo di essi, commentando in stretta connessione sia il Salmo 118,
con la sua prolungata meditazione sulla Legge divina, sia ampie
sezioni del Cantico dei cantici, il Vescovo insegna che la
mistica dell'unione sponsale con Dio deve essere preparata dalla
disciplina di una vita virtuosa e che, allo stesso tempo, l'impegno
morale del cristiano non è chiuso in sé stesso ma finalizzato
all'incontro mistico con Dio.
Per questo, ripercorrendo nel De
Isaac le tappe della crescita spirituale, Ambrogio addita la
necessità di un lungo e impegnativo cammino di ascesi e di
purificazione, raccomandato del resto senza sosta in tutti i suoi
scritti. Egli segnala insieme che il progredire di tappa in tappa mira
a quell'incontro con lo Sposo divino in cui l'anima sperimenta la
pienezza di conoscenza e di unione nell'amore. Allora infatti la sposa
del Cantico, conducendo l'amato nella sua casa (cfr Ct 8, 2),
« prende dentro di sé il Verbo, per esserne ammaestrata »; (80) e,
salendo appoggiata a lui (cfr Ct 8, 5), sperimenta un'intimità
totale con il Verbo divino: « Costei, commenta il santo Vescovo, o
era adagiata su Cristo o si appoggiava su di lui o certamente, siccome
stiamo parlando delle nozze, era stata ormai consegnata alla destra di
Cristo e veniva condotta dallo sposo nel talamo ». (81)
25. Chi ha aderito a Cristo, come
la sposa allo sposo, è consapevole della presenza di Dio nella sua
anima, (82) prende da lui la forza per cercarLo ed entrare in
comunione con Lui. (83) Non è mai solo, perché vive con Lui. (84)
Cristo infatti ha sete di noi (85) che, fatti per Lui e per Dio Trinità,
siamo chiamati a diventare una sola cosa con Lui, mediante la sua
inabitazione in noi: (86) « Entri nella tua anima Cristo, abbia
dimora nei tuoi pensieri Gesù, per precludere ogni spazio al peccato
nella sacra tenda della virtù ». (87)
Così viene sviluppandosi un
rapporto sempre più profondo col Cristo: partendo dall'ascesi,
condizione ineliminabile per giungere all'intimità con Lui, (88)
occorre desiderare Cristo, (89) imitarLo, (90) meditare sulla sua
Persona ed i suoi esempi, (91) pregarLo continuamente, (92) cercarLo a
lungo, (93) parlare di Lui, (94) esserGli sottomessi in tutto, (95)
offrirGli le nostre sofferenze e le nostre prove, (96) trovando in Lui
conforto e sostegno. (97)
Ma anche in questa ricerca di Lui,
nulla potremmo da noi stessi, perché unicamente Cristo è il
mediatore, la guida, la via. « Cristo è tutto per noi » e quindi:
« se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla
febbre, è fontana; se sei oppresso dall'iniquità, è giustizia; se
hai bisogno di aiuto, è forza; se temi la morte, è vita; se desideri
il cielo, è via; se fuggi le tenebre, è luce; se cerchi cibo, è
alimento ». (98) All'incontro con Cristo è chiamata ad approdare la
nostra esistenza: « Andremo là dove ai suoi poveri servi il Signore
Gesù ha preparato le dimore, per essere anche noi dove è lui: questo
egli ha voluto ». (99) Per questo con sant'Ambrogio possiamo
invocare: « Noi ti seguiamo, Signore Gesù: ma chiamaci, perché ti
seguiamo: senza di te nessuno potrà salire. Tu infatti sei la via, la
verità, la vita, la possibilità, la fede, il premio. Accogli i tuoi:
sei la via; confermali: sei la verità; vivificali: sei la vita ».
(100)
26. Sant'Ambrogio sottolinea con
chiarezza che un simile cammino è proposto a ciascun fedele e alla
comunità ecclesiale nel suo insieme. La meta, pur così elevata, non
è riservata a pochi eletti, ma tutti i discepoli di Gesù la possono
raggiungere, ascoltando la Parola di Dio, partecipando con frutto ai
Sacramenti, osservando i comandamenti. Questi sono i cardini della
vita spirituale, attraverso i quali si stabilisce quell'intima
comunione con Dio che ricolma di grazia la vita del credente.
Per questo le omelie del Vescovo
sono colme di spunti morali, proposti agli ascoltatori con passione,
incisività e intensa forza di persuasione. Egli si impegna
personalmente nella predicazione a coloro che si preparano ai
Sacramenti dell'iniziazione cristiana. Spiega loro il valore del
Battesimo, mostrandone il nesso profondo con la morte e risurrezione
di Cristo e insieme richiamando l'impegno morale che ne deriva: «
Come è morto Cristo, così anche tu gusti la morte; come Cristo è
morto al peccato e vive per Dio, così anche tu, mediante il
sacramento del Battesimo, devi essere morto alle precedenti lusinghe
dei peccati ed essere risorto mediante la grazia di Cristo. È una
morte, ma non nella realtà d'una morte fisica, bensì in un simbolo.
Quando t'immergi nel fonte, assumi la somiglianza della sua morte e
della sua sepoltura, ricevi il sacramento della sua croce, perché
Cristo fu appeso in croce e il suo corpo fu trafitto dai chiodi. Tu
sei crocifisso con lui, sei attaccato a Cristo, sei attaccato ai
chiodi di nostro Signore Gesù Cristo, perché il diavolo non ti possa
strappare da lui. Mentre la debolezza della natura umana vorrebbe
allontanartene, ti trattenga il chiodo di Cristo ». (101)
27. L'approfondimento della
dottrina di sant'Ambrogio sul Battesimo ben s'inserisce in quell'«
impegno di attualizzazione sacramentale » che, nel cammino verso il
Giubileo, dovrà ugualmente distinguere l'anno 1997, facendo leva
appunto « sulla riscoperta del Battesimo come fondamento
dell'esistenza cristiana ». (102) Ma non meno feconda si rivelerà la
ricchissima dottrina sull'Eucarestia: essa è corpo di Cristo,
fatto realmente presente dalla parola efficace del sacramento, quella
stessa Parola divina che con potenza creò le cose all'inizio del
mondo. « Dopo la consacrazione ti dico che ormai c'è il corpo di
Cristo. Egli parlò, e fu fatto; egli comandò, e fu creato ». (103)
L'Eucarestia è sostentamento quotidiano del cristiano, che ogni
giorno viene così unito al sacrificio di salvezza: « Ricevi ogni
giorno ciò che ogni giorno ti giova! Vivi in modo da essere degno di
riceverlo ogni giorno! [...] Tu senti ripetere che ogni volta che si
offre il sacrificio, si annuncia la morte del Signore, la risurrezione
del Signore, l'ascensione del Signore e la remissione dei peccati, e
tuttavia non ricevi ogni giorno questo pane di vita? ». (104)
28. Nell'inno Splendor paternae
gloriae Ambrogio invita a cantare: « Cristo sia nostro cibo,
nostra bevanda sia la fede; lieti beviamo la sobria ebbrezza dello
Spirito ». (105) Nel De sacramentis, come a commentare le
parole dell'inno, il Vescovo incita a gustare il pane eucaristico, in
cui « non c'è amarezza, ma ogni soavità », e il vino, che arreca
una gioia che « non può essere contaminata dalla sozzura di nessun
peccato ». Infatti ogni volta che si beve il calice di Cristo, si
riceve la remissione dei peccati e si è inebriati dello Spirito: «
Chi si ubriaca di vino, barcolla e tentenna; chi si inebria dello
Spirito, è radicato in Cristo. Perciò è un'eccellente ebbrezza,
perché produce la sobrietà della mente ». (106) Con l'espressione
« sobria ebbrezza dello Spirito », Ambrogio sembra voler
sintetizzare la sua concezione della vita spirituale. Ci fa
comprendere così che essa è ebbrezza, gaudio e pienezza di comunione
con Cristo; ci insegna altresì che non si traduce in una esaltazione
scomposta ed entusiasta, ma esige piuttosto una sobrietà operosa;
ricorda soprattutto che essa è dono dello Spirito di Dio.
Coloro che attingono diligentemente alle Sacre Scritture, ricevono
questa ebbrezza che « rinsalda i passi di una mente sobria » e che
« irriga il terreno della vita eterna che ci è stato donato ».
(107)
La vita spirituale che il Pastore
di Milano insegna ai suoi fedeli è insieme esigente e attraente,
concreta e immersa nel mistero. Anche per la Chiesa di oggi desidero
che risuoni questo suo invito forte e coinvolgente.
V
AL
SERVIZIO DELL'UNITA'
29. L'esigente cammino spirituale,
tracciato da Ambrogio, porta il credente ad una crescente comunione
con Cristo. Questa, peraltro, non può non esprimersi anche in
comunione d'anima e di cuore (cfr At 4,32) con i fratelli nella
fede. Il Vescovo di Milano lo sa e lo testimonia nei suoi scritti. E,
questo, un aspetto del suo insegnamento singolarmente stimolante per
quanti sono impegnati sul fronte dell'ecumenismo. Come dimenticare che
Ambrogio, venerato ad Occidente come ad Oriente, è uno dei grandi
Padri della Chiesa ancora indivisa? Certo anche al suo tempo, come
abbiamo visto, erano tutt'altro che assenti contrasti anche ampi e
laceranti, dovuti ad errori dottrinai e a diversi altri fattori. Ma
era insieme forte il bisogno di tornare alla comunione di fede e di
vita ecclesiale. La testimonianza di Ambrogio, letta in questa chiave,
può offrire un contributo notevole alla causa dell'unità. Anche in
questo peraltro la sua commemorazione coincide con uno degli obiettivi
qualificanti nel cammino verso il Giubileo dell'Anno 2000. (108)
In effetti, la valenza ecumenica
della sua personalità presenta diversi aspetti degni di
considerazione. Basta pensare, per la dimensione più propriamente
dottrinale, alle nitide formulazioni cristologiche del Pastore di
Milano, tradotte e apprezzate anche in ambito greco e nei concili del
V e del VII secolo, e che spiegano la stima che Ambrogio gode a tutt'oggi
presso i nostri fratelli d'Oriente. Anche la sua adamantina figura di
Vescovo della città imperiale, in atteggiamento leale ma non mai
succube nei confronti dei potenti, spiega l'attenzione che la
storiografia bizantina gli ha riservato e che, unita alla stima per i
suoi insegnamenti ha favorito il permanere del suo culto nelle Chiese
dell'Oriente cristiano, fino ai nostri giorni.
Né dimentichiamo come anche
nell'ambito della Riforma protestante si continuò a guardare con
ammirazione agli scritti del Vescovo di Milano, riconoscendo in lui un
maestro dotato e della grazia dell'insegnamento e di grande cultura.
30. Vi è di più: Ambrogio ha
lasciato un chiaro insegnamento circa i rapporti che la Chiesa deve
intrattenere nel dialogo con chi non è cristiano. Illuminante al
riguardo è l'ammonizione che egli rivolge ai suoi fedeli
raccomandando loro di « non fuggire quelli che sono separati dalla
nostra fede e dalla comunione con noi, perché anche il pagano, una
volta convertito, può diventare un difensore della fede ». (109)
Un'interessante trattazione dei vari aspetti del problema si trova
nell'Expositio evangelii secundum Lucam, ove è una chiara
sintesi dei metodi di evangelizzazione del suo tempo, in relazione ai
pagani, agli Ebrei, ai catecumeni. (110)
A questi criteri il Vescovo di
Milano si atteneva nella sua catechesi, che esercitava sugli
ascoltatori una singolare forza di attrazione. Tanti ne fecero
esperienza. La lontana Fritigil, regina dei Marcomanni, attratta dalla
sua fama, gli scrisse per essere da lui istruita nella religione
cattolica, ricevendone in cambio una « splendida lettera a forma di
catechismo ». (111)
Benché altri siano oggi i tempi,
il suo esempio può ancora suscitare interesse ed attrarre personalità
pensose del futuro dell'umanità, anche fuori delle Chiese e
denominazioni cristiane, per quel prestigio di cultura sacra e
profana, di amore all'uomo, di fermezza contro le ingiustizie e le
oppressioni, di coerenza granitica nella dottrina e nella prassi che,
ancora in vita, gli ottennero un indiscusso riconoscimento.
VI
«
SIA IN CIASCUNO L'ANIMA DI MARIA »
(112)
31. Nell'ottica della preparazione
al Giubileo, ho suggerito che nel 1997 si contempli anche il mistero
della divina maternità di Maria, giacché « l'affermazione della
centralità di Cristo non può essere disgiunta dal riconoscimento del
ruolo svolto dalla sua Santissima Madre ». (113) Di Lei Ambrogio è
stato il teologo raffinato e il cantore inesausto.
Egli ne offre un ritratto attento,
affettuoso, particolareggiato, tratteggiandone le virtù morali, la
vita interiore, l'assiduità al lavoro e alla preghiera. Pur nella
sobrietà dello stile, traspare la sua calda devozione alla Vergine,
Madre di Cristo, immagine della Chiesa e modello di vita per i
cristiani. Contemplandola nel giubilo del Magnificat, il santo Vescovo
di Milano esclama: « Sia in ciascuno l'anima di Maria a magnificare
il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio ».
(114)
32. Maria, insegna Ambrogio, è
tutta coinvolta nella storia di salvezza, come Madre e Vergine. Se
Cristo è il profumo eterno del Padre, « di esso fu cosparsa Maria e,
da vergine, concepì; da vergine, generò il buon odore: il Figlio di
Dio ». (115) Unita a Cristo, quando il Figlio, offrendosi per amore,
« appeso al tronco... spandeva il profumo della redenzione del mondo
», (116) anche Maria condivideva quell'effusione d'amore: « Davanti
alla croce stava in piedi la madre, e mentre gli uomini fuggivano, lei
restava intrepida... Osservava con occhi pietosi le ferite del Figlio,
per il quale sapeva che sarebbe giunta a tutti la redenzione... Il
Figlio pendeva sulla croce, la madre si offriva ai persecutori...
Sapendo che il Figlio moriva per l'utilità di tutti, lei era pronta,
nel caso che anche con la sua morte avesse potuto aggiungere qualcosa
al bene di tutti. Ma la passione di Cristo non ebbe bisogno di aiuto
». (117) E, questa di Maria, l'immagine di una donna forte e
generosa, consapevole del ruolo a lei affidato nella storia della
salvezza, pronta a compiere la sua missione fino all'offerta della
vita. Ma il Vescovo di Milano, che tanto la celebra e la ama, in
nessun momento dimentica che ella è tutta subordinata e relativa a
Cristo, unico Salvatore.
33. Carissimo e Venerato Fratello,
a Maria Santissima, alla cui nascita benedetta è dedicata codesta
cattedrale, mi è gradito affidare la riuscita dell'Anno
Santambrosiano, che l'illustre Chiesa di Milano si appresta a
celebrare. Confido che esso costituisca per i fedeli un intenso
periodo di interiore progresso nella fede, nella speranza e nella
carità, sulle orme del santo Vescovo e Patrono, contribuendo così a
far maturare nella vita di ciascuno copiosi frutti di testimonianza
cristiana. A ciò mirano anche gli speciali favori spirituali che ne
arricchiscono la celebrazione e che i fedeli potranno conseguire a
determinate condizioni, aprendosi di cuore alla grazia del Signore.
Vorrei chiudere questa mia Lettera
con le stesse parole, che il Santo scrisse alla Chiesa in Vercelli: «
Convertitevi tutti al Signore Gesù. Sia in voi la gioia di questa
vita in una coscienza senza rimorsi, l'accettazione della morte con la
speranza dell'immortalità, la certezza della risurrezione con la
grazia di Cristo, la verità con la semplicità, la fede con la
fiducia, il disinteresse con la santità, l'attività con la sobrietà,
la vita tra gli altri con la modestia, la cultura senza vanità, la
sobrietà di una dottrina fedele senza lo stordimento dell'eresia ».
(118)
Con questi auspici ben volentieri
imparto a Lei, Venerato Fratello, ai Vescovi suoi collaboratori, ai
sacerdoti e ai diaconi, ai consacrati ed alle consacrate, come pure a
tutti i fedeli laici di codesta Arcidiocesi, che dal suo Patrono
prende nome, una speciale Benedizione Apostolica, propiziatrice di
ogni desiderata grazia celeste.
Dal Vaticano, il 1o Dicembre
1996.
(1) Paolino, Vita Ambrosii,
47, 1, 2: ed. A.A.R. Bastiaensen, Milano 1975, pp. 112-114.
(2) De paenitentia, II, 8,
67: Sancti Ambrosii episcopi Mediolanensis opera, Milano -
Roma, 1977-1994 (= SAEMO) 17, p. 264; cfr anche De officiis, I,
1, 4: SAEMO 13, 24.
(3) Il costante interesse che egli
suscita emerge anche dai numerosi studi a lui dedicati, come pure
dalle molte edizioni e traduzioni dei suoi scritti. Particolare
menzione merita la citata edizione bilingue, recentemente curata dalla
Biblioteca Ambrosiana, SAEMO.
(4)
Cfr nn. 40-43: AAS 87 (1995), 31-33.
(5) Cfr Paolino, Vita Ambrosii,
6, 1-2: ed. A.A.R. Bastiaensen, Milano 1975, p. 60.
(6)
Cfr ibid., 9, 2-3: l.c., p. 64.
(7) Cfr De virginibus, I,
1, 1: SAEMO 14I, p. 100; De officiis, I, 1, 4: SAEMO 13, p. 24.
(8) Cfr Teofilo d'Alessandria, Ep.
ad Flavianum, framm. 1: SAEMO 24I, p. 213.
(9) 2 Cfr Ep. LXXVI, 6:
SAEMO 21, pp. 138-140.
(10)
Ibid., 26: l.c., p. 152.
(11)
Cfr Ep. LXXIII, 7: SAEMO 21, p. 66.
(12)
Ibid., 29: l.c., p. 78.
(13) De Noe, 26, 94: SAEMO
2I, p. 484.
(14)
De Nabuthae, 12, 53: SAEMO 6, p. 172; cfr Expositio ev. sec.
Lucam,
VII, 124: SAEMO 12, p. 184.
(15) Ep. LXII, 4-5: SAEMO
20, p. 148; cfr De Tobia, 14, 50: SAEMO 6, p. 246.
(16) Cfr Ep. XXVII, 1-3:
SAEMO 19, p. 252.
(17) Confessiones, VIII,
1,2: CCL 27, 113.
(18) 3 Cfr Ep. XVII, 14:
SAEMO 19, p. 176; Ep. XXIV, 13: SAEMO 19, p. 244.
(19) « Neque enim minus vos
diligo, quos in Evangelio genui, quam si coniugio suscepissem », De
officiis, I, 7, 24: SAEMO 13, p. 36.
(20) De virginibus, I, 5,
21: SAEMO 14I, p. 122.
(21)
Expositio ps. CXVIII, XX, 46: SAEMO 10, p. 358.
(22) Contra Auxentium = Ep.
LXXVa, 34: SAEMO 21, p. 134.
(23) Confessiones, VI, 3,
3: CCL 27,75.
(24) Paolino, Vita Ambrosii,
38, 3: ed. A.A.R. Bastiaensen, Milano 1975, p. 102.
(25) Confessiones, VI, 3,
3: CCL 27,75.
(26) Cfr Contra Auxentium = Ep.
LXXVa, 36: SAEMO 21, p. 136.
(27)
Cfr Ep. extra coll. I,
27-28: SAEMO 21, p. 188.
(28)
Cfr Ep. extra coll. XI, l.c., pp. 230-240.
(29)
De obitu Theodosii, 33: SAEMO 18, p. 234.
(30)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XI, 9: SAEMO 9, p. 458.
(31)
N. 40: AAS 87 (1995), 31.
(32)
Explanatio ps. I, 33: SAEMO 7, p. 80.
(33)
Expositio ps. CXVIII, VIII, 59: SAEMO 9, p. 374; cfr ibid.,
60, l.c., p. 376.
(34)
Ep. XXXVI,
3: SAEMO 20, p. 24.
(35)
Expositio ps. CXVIII, XI, 9: SAEMO 9, p. 458.
(36)
De Cain et Abel, II, 6, 22: SAEMO 2I, p. 282; cfr Expositio
ps. CXVIII, VIII, 59: SAEMO 9, p. 374.
(37) Expositio ps. CXVIII,
XIII, 7: SAEMO 10, p. 66; cfr Explanatio ps. I, 31: SAEMO 7, p.
76.
(38) De virginitate, 16,
99: SAEMO 14II, p. 80.
(39) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio
millennio adveniente (10 novembre 1994), 40: AAS 87 (1995), 31.
(40)
Cfr De fide, V, 19, 228: SAEMO 15, pp. 446-448.
(41)
Ibid., IV, 8, 91: SAEMO 15, p. 296; cfr Explanatio ps. XXXV,
22: SAEMO 7, p. 138.
(42)
De fide, IV, 8, 88: SAEMO 15, p. 294.
(43)
Ibid., II, Prol. 3: l.c., p. 128; cfr ibid., I,
10, 67; II, 6, 50: l.c., pp. 88; 150.
(44) Explanatio ps. XLIII,
89: SAEMO 8, p. 188.
(45) Exameron, VI, 10, 76:
SAEMO 1, p. 418.
(46)
Cfr De fide, II, 7, 53; 11, 93: SAEMO 15, pp. 150-152; 170-172;
De interpell. Iob et David, IV (II), 4, 17: SAEMO 4, p. 238; De
Iacob et vita beata, I, 6, 26: SAEMO 3, p. 256; Expositio ev.
sec. Lucam,
II, 41: SAEMO 11, pp. 182-184 et al.
(47) Cfr Explanatio ps. XXXIX,
6-15: SAEMO 8, pp. 14-18.
(48) Cfr De Isaac vel anima,
4, 31: SAEMO 3, pp. 68-69; Expositio ps. CXVIII, VI, 6: SAEMO
9, p. 244.
(49)
De fide, V, 8, 109: SAEMO 15, p. 386.
(50)
Cfr Expositio ps. CXVIII, X, 14: SAEMO 9, p. 412.
(51)
Cfr ibid., III, 8: l.c., p. 130.
(52)
Cfr ibid., l.c., p. 132.
(53)
Cfr ibid., V, 42: l.c., p. 234.
(54)
Cfr De fide, II, 11, 95: SAEMO 15, p. 172.
(55) Cfr Explanatio ps. XLVIII,
2: SAEMO 8, pp. 252-254; De paradiso, 10, 47: SAEMO 2I, p. 114.
(56)
De fide, IV, 1, 7: SAEMO 15, p. 260.
(57)
Explanatio ps. XLIII, 78: SAEMO 8, p. 178.
(58)
Cfr Expositio ev. sec. Lucam, IV, 6: SAEMO 11, pp. 302-304.
(59)
Cfr Explanatio ps. XLIII, 94: SAEMO 8, p. 194.
(60)
Cfr Expositio ps. CXVIII, V, 24: SAEMO 9, p. 216.
(61)
Cfr De fide, V, 14, 181: SAEMO 15, p. 420.
(62)
Cfr Explanatio ps. XXXV, 22: SAEMO 7, p. 138.
(63)
Ibid., 36, l.c., p. 194; cfr De fide, V, 18, 222:
SAEMO 15, p. 444.
(64)
Explanatio ps. XLVIII, 15: SAEMO 8, p. 264.
(65)
Cfr De fide, V, 12, 150: SAEMO 15, p. 404; ibid., V,
7,90, l.c., p. 376.
(66)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XIX, 5: SAEMO 10, p. 288.
(67)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XIV, 6: SAEMO 10, p. 90; Explanatio
ps. I, 56: SAEMO 7, p. 108; Explanatio ps. XXXVII, 41: l.c.,
p. 304; Explanatio ps. XLIII, 89: SAEMO 8, p. 188.
(68)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XVIII, 20: SAEMO 10, p. 260.
(69)
Cfr ibid., XI, 6: SAEMO 9, p. 454.
(70)
Cfr Explanatio ps. XLVII, 10: SAEMO 8, p. 236.
(71)
Cfr De Iacob et vita beata, I, 6, 21: SAEMO 3, p. 250.
(72)
Cfr De patriarchis, 9, 38: SAEMO 4, p. 50.
(73)
Cfr Explanatio ps. XLIII, 78: SAEMO 8, p. 178.
(74)
Cfr Expositio ps. CXVIII, VIII, 53: SAEMO 9, pp. 366-368.
(75)
Cfr De Isaac vel anima, 8, 79: SAEMO 3, p. 124; De fide,
II, 2, 25: SAEMO 15, p. 140.
(76)
Ep. XI, 6: SAEMO 19, p. 118; cfr De bono mortis, 12, 55:
SAEMO 3, pp. 204-206.
(77)
De fide, II, 9, 77: SAEMO 15, p. 164.
(78) Hymni, II, « Splendor
paterne gloriae »: SAEMO 22, p. 38; cfr De Noe 29, 111: SAEMO
2I, p. 502.
(79) Lett. ap. Tertio millennio
adveniente (10 novembre 1994), 42: AAS 87 (1995), 32.
(80) De Isaac vel anima, 8,
71: SAEMO 3, p. 114.
(81)
Ibid., 8, 72: l.c.
(82) Cfr De Iacob et vita beata,
I, 8, 39: SAEMO 3, p. 272.
(83)
Cfr Explanatio ps. XLIII, 28: SAEMO 8, pp. 120-122.
(84)
Cfr De officiis, III, 1, 7: SAEMO 13, p. 276.
(85)
Cfr Explanatio ps. LXI, 14: SAEMO 8, p. 294.
(86)
Cfr De fide, IV, 3, 35: SAEMO 15, p. 272.
(87)
« Inhabitet in tuis Iesus membris ». Expositio ps. CXVIII, IV,
26: SAEMO 9, p. 192.
(88)
Cfr Explanatio ps. XLVII, 10: SAEMO 8, pp. 223-236; Explanatio
ps. XXXVI, 12: SAEMO 7, p. 160.
(89)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XI, 4: SAEMO 9, p. 450.
(90)
Cfr Explanatio ps. XXXVII, 5: SAEMO 7, p. 260.
(91)
Cfr Explanatio ps. XL, 4: SAEMO 8, p. 40.
(92)
Cfr Expositio ps. CXVIII, XIX, 16; 18; 30; 32: SAEMO 10, pp.
296; 298; 310; 312; Explanatio ps. XXXXVIII, 11: SAEMO 7, p.
340.
(93)
Cfr De Isaac vel anima, 4, 33: SAEMO 3, p. 70.
(94)
2 Cfr Explanatio ps. XXXVI, 65: SAEMO 7, p. 232.
(95)
2 Cfr ibid., 16: l.c., pp. 164-166.
(96)
2 Cfr Explanatio ps. XXXVII, 32: SAEMO 7, pp. 292-294; De
Iacob et vita beata, I, 7, 27: SAEMO 3, p. 256.
(97)
2 Cfr De fide, II, 11, 95: SAEMO 15, p. 172.
(98)
2 De virginitate, 16, 99: SAEMO 14II, p. 80.
(99)
2 De bono mortis, 12, 53: SAEMO 3, p. 202.
(100)
Ibid., 12, 55: l.c., p. 204.
(101)
De sacramentis, II, 7, 23: SAEMO 17, p. 70.
(102) Giovanni Paolo II, Lett. ap.
Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 41: AAS 87
(1995), 32.
(103)
De sacramentis, IV, 4, 16: SAEMO 17, p. 94; cfr Explanatio
ps. XXXVIII, 25: SAEMO 7, p. 358.
(104)
Ibid., V, 4, 25: l.c., p. 114.
(105)
« Christusque nobis sit cibus potusque noster sit fides: laeti
bibamus sobriam ebrietatem Spiritus »: Hymni, II: SAEMO 22,
pp. 36-38.
(106)
De Sacramentis, V, 3, 17: SAEMO 17, p. 108.
(107) Explanatio ps. I, 33:
SAEMO 7, p. 80.
(108) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 41: AAS 87
(1995), 32.
(109)
Exameron, III, XIII, 55: SAEMO 1, p. 170.
(110) Cfr VI, 104-105 (pagani);
106 (Ebrei); 107-109 (catecumeni): SAEMO 12, pp. 86-92.
(111) Paolino, Vita Ambrosii,
36, 1-2: ed. A.A.R. Bastiaensen, Milano 1975, p. 100.
(112)
Expositio ev. sec. Lucam, II, 26: SAEMO 11, p. 168.
(113) Lett. ap. Tertio
millennio adveniente (10 novembre 1994), 43: AAS 87 (1995), 32.
(114)
Expositio ev. sec. Lucam, II, 26: SAEMO 11, p. 168.
(115)
De virginitate, 65: SAEMO 14II, p. 56.
(116)
Expositio ps. CXVIII, V, 9: SAEMO 9, p. 204; cfr. ibid.,
III, 8: l.c., pp. 130-132; Expositio ev. sec. Lucam,
VI, 32-33: SAEMO 12, pp. 32-34.
(117) De institutione virginis,
7, 49: SAEMO 14II, p. 148; cfr Ep. extra coll. 14, 110: SAEMO
21, p. 320.
(118) Ep. extra coll. XIV,
113: SAEMO 21, p. 320.
INDICE
I. Ambrogio Vescovo . . . . . .
II. « Lo sguardo fisso sulla
Parola di Dio »
III. « Cristo è tutto per noi »
. . . . .
IV. « La sobria ebbrezza dello
Spirito » .
V. Al servizio dell'unità . . . .
. .
VI. « Sia in ciascuno l'anima di
Maria » .