LETTERA
APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE DELL'AMERICA LATINA
IN OCCASIONE DEL
V CENTENARIO DELL'EVANGELIZZAZIONE
DEL NUOVO MONDO
Cari religiosi e religiose
dell'America Latina,
INTRODUZIONE
1. Le vie del Vangelo in quest'ultimo
decennio del secolo XX che sfocia nel terzo millennio del
cristianesimo, passano per l'anno 1992, ormai così vicino, anno in
cui si compie il quinto centenario dall'inizio dell'Evangelizzazione
nel Nuovo Mondo.
La Chiesa dell'America Latina si
sta preparando per la celebrazione di questo avvenimento con una
novena di anni di preghiera, di riflessione e di iniziative
apostoliche e culturali. Questa novena venne inaugurata da me nella
città di Santo Domingo il 12 ottobre del 1984, dove, come Vescovo di
Roma, consegnai ai rappresentanti degli Episcopati e del Popolo di Dio
di ogni Paese latinoamericano la Croce del V Centenario.
La Croce, segno della nostra
redenzione, vuole ricordare l'inizio dell'Evangelizzazione e il
Battesimo dei vostri popoli. E' la Croce che venne piantata nelle
vostre terre e che adesso vi invita a realizzare quel rinnovamento
totale in Cristo, verso il quale deve camminare il Continente
latinoamericano insieme a tutta la Chiesa e la famiglia umana.
Solo a partire dal Vangelo di
Cristo crocifisso e risorto, si potrà raggiungere l'atteso
rinnovamento dei cuori e delle strutture sociali. Per questo l'America
Latina, come gli altri continenti, ha bisogno di una nuova
evangelizzazione che si proietti sui suoi popoli e culture;
un'evangelizzazione "nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella
sua espressione".
Con questo fine, le Chiese
dell'America Latina, guidate dalle loro Conferenze Episcopali e con
l'aiuto del CELAM, si preparano per la IV Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano. Questa avrà luogo, se Dio vorrà, a
Santo Domingo, nel 1992. Con essa si desidera proseguire ed
approfondire - secondo le ineluttabili esigenze pastorali del momento
presente - gli orientamenti di Medellin (1968) e Puebla (1979), verso
una rinnovata evangelizzazione del Continente, che penetri
profondamente nel cuore delle persone e delle culture dei popoli.
2. In questo particolare contesto
storico ed ecclesiale, indirizzo la presente lettera Apostolica a
tutti ed a ciascuno dei religiosi e religiose che vivono e lavorano
per la causa di Cristo e della sua Chiesa in America Latina. Voglio
anche dirigermi -secondo la vocazione specifica e il carisma di
ciascuno - ai membri degli istituti secolari e delle Società di Vita
Apostolica, la cui presenza e azione sono molto preziose oggi in
questo Continente.
Quest'opera di evangelizzazione è
stata in gran parte frutto del vostro servizio missionario. Man mano
che l'incontro con le persone che abitavano le nuove terre si andava
realizzando, nel cuore dei religiosi si confermava l'urgenza di
mettere in pratica le parole del Maestro: «Andate dunque e
ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò
che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).
Questo è stato, in verità,
l'imperativo che indusse tanti figli e figlie della Chiesa ad
intraprendere il viaggio verso le terre del nuovo mondo, andando
incontro a popoli e genti fino ad allora sconosciuti.
La vita delle persone consacrate,
uomini e donne, è stata sempre una terra feconda dalla quale sgorga
la vocazione missionaria. L'amore di Cristo li spinge (cfr. 2Cor
5,14). Sentono lo stesso ardore apostolico di Paolo. «Guai a me se
non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16). Per questo, mentre si aprono
nuove prospettive di evangelizzazione, sorgono costantemente nella
Chiesa, per impulso dello Spirito, le vocazioni missionarie.
3. Anche nei nostri giorni i
religiosi e le religiose rappresentano una forza evangelizzatrice e
apostolica primordiale nel Continente latinoamericano. «La presenza
della vita consacrata rappresenta un enorme potenziale di persone e
comunità, di carismi e istituzioni» senza il quale non si può
comprendere l'azione capillare della Chiesa in tutte le latitudini,
l'inserimento del Vangelo in tutte le circostanze umane, il fiorire
delle opere di misericordia, lo sforzo per impregnare le culture, la
difesa dei diritti umani e la promozione integrale delle persone, così
come l'animazione e guida delle comunità cristiane, persino nei
luoghi più remoti.
In questo modo, dunque, davanti
all'imminente commemorazione del V Centenario della Evangelizzazione,
ho sentito il desiderio di manifestarvi i miei sentimenti ed aneliti -
come ho già fatto precedentemente con tutte le comunità di vita
contemplativa - (Nuntius ad sanctimoniales Americae Latinae, V
volvente saeculo ab Evangelio ibi nuntiato, die 12 dec. 1989:
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 1501ss) - affinché i
religiosi e le religiose rispondiate con le vostre migliori energie a
Cristo e alla Chiesa in quest'ora di grazia e di grave responsabilità
per il futuro.
Voglio ora riflettere con tutti
voi sul «passato», sugli «obiettivi del presente e le sfide del
futuro», con la certezza che la «vostra comunione con il successore
di Pietro» favorirà l'accoglienza e la messa in pratica di questi
orientamenti, per il rinnovamento della vostra vita consacrata e per
un deciso impegno nell'azione evangelizzatrice.
In questo modo - strettamente
vincolati ai vostri pastori - sarete servitori del Vangelo di Cristo e
dei vostri fratelli, specialmente dei giovani e dei poveri
dell'America Latina, i quali si aspettano da voi una luminosa
testimonianza di vita evangelica, che è il «primo e fondamentale
apostolato dei religiosi nella Chiesa».
I.
UNO
SGUARDO AL PASSATO:
I RELIGIOSI NELLA COSIDDETTA "EVANGELIZZAZIONE FONDANTE" DEL
NUOVO MONDO
L'inizio
dell'evangelizzazione
4. Non è mia intenzione
percorrere adesso la storia degli inizi dell'evangelizzazione del
Continente, e nemmeno dare un giudizio sulle vicende accadute allora.
La commemorazione del V Centenario è una occasione adatta per uno
studio storico rigoroso, un giudizio equo ed un bilancio oggettivo di
quell'impresa singolare, che deve essere vista nella prospettiva del
suo tempo e con una chiara coscienza ecclesiale.
Voglio, comunque, ribadire il
giudizio globalmente positivo sull'operato dei primi evangelizzatori
che erano in gran parte membri di Ordini religiosi. Molti di loro
hanno dovuto lavorare in circostanze difficili e, nella pratica,
inventare nuovi metodi di evangelizzazione, proiettati verso popoli e
genti di culture diverse.
Il processo evangelizzatore fu
disuguale, sia nello spazio che nel tempo, nella sua intensità come
nella sua profondità di penetrazione nei diversi settori della società
latinoamericana. Infatti, quando determinati territori erano già
quasi interamente cristianizzati, altri iniziavano appena la lenta
marcia della costruzione della chiesa locale. Per di più, in alcune
regioni per molto tempo non è stato facile delimitare la Chiesa già
saldamente costituita dai territori di missione.
Con frequenza si battezzava senza
aver prima impartito un'adeguata catechesi circa i misteri della
nostra fede, cioè, senza la necessaria evangelizzazione.
Bisogna però notare che nella
valorizzazione delle attività dei missionari d'allora non possiamo
applicare i criteri e le norme pastorali attuali, che cinque secoli fa
erano impensabili. D'altra parte, non si possono non considerare
determinate limitazioni per così prendere consapevolezza del bisogno
di continuare l'attività iniziata, giacché l'evangelizzazione è
missione permanente della Chiesa in ogni tempo e luogo, fino a quando
il Signore tornerà per instaurare definitivamente il suo regno.
Difensori dei diritti degli
indigeni
5. E' vero che gli evangelizzatori
hanno dovuto superare difficoltà di diverso ordine, dovute a fattori
umani che ritardarono il loro lavoro apostolico e in alcune occasioni
lo ostacolarono seriamente.
Molti dei missionari, infatti,
ispirati dalla loro fedeltà al Vangelo, si sono visti obbligati ad «alzare
la loro voce profetica contro gli eccessi dei colonizzatori» che
cercavano il loro interesse calpestando i diritti delle persone che
avrebbero dovuto rispettare ed amare come fratelli.
Quando nel 1979 sono venuto per la
prima volta nella vostra terra latinoamericana, ho voluto rendere
omaggio a questi araldi del Vangelo, a «quei religiosi che sono
venuti ad annunciare Cristo Salvatore, a difendere la dignità degli
indigeni, a proclamarne i diritti inviolabili, a favorirne la
promozione integrale, ad insegnare la fratellanza come uomini e come
figli dello stesso Signore e Padre Dio».
Tra questi «intrepidi lottatori
per la giustizia, evangelizzatori della pace», come li definisce il
documento di Puebla, si debbono ricordare Antonio di Montesino,
Bartolomé de las Casas, Juan de Zumarraga, Toribio de Benavente «Motolinía»,
Vasco de Quiroga, Juan del Valle, Julián Garcés, José de Anchieta,
Manuel da Nóbrega e tanti altri che, con un profondo senso
ecclesiale, hanno difeso gli indigeni dai conquistatori, pagando anche
col sacrificio della propria vita, come nel caso del Vescovo Antonio
Valdivieso.
Ci furono poi altri religiosi che
sostennero dalla Spagna il lavoro dei loro confratelli missionari. Tra
loro ricordiamo Francisco de Vitoria e Domingo de Soto, che hanno
saputo tracciare le linee maestre del diritto degli indigeni, aprendo
la via al futuro diritto internazionale dei popoli.
Carità senza limiti
6. La più grande testimonianza
dei primi missionari fu il loro amore eroico a Cristo, che li portò a
donarsi senza limiti in favore dei loro fratelli indigeni. Cos'altro
potevano andare a cercare quando lasciavano le loro famiglie, la loro
patria intraprendevano un viaggio che d'ordinario era senza ritorno?
La fede li spingeva a lanciarsi in una grande avventura; una fede
simile a quella di Abramo, che rispose alla chiamata del Signore,
lasciando la sua terra e la sua gente (cfr. Gen 12,1-4).
Nella consegna di questi religiosi
alla predicazione e instaurazione del Regno di Cristo si riflette,
come in un libro vivente, l'eco della confessione dell'Apostolo: «Infatti,
pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per
guadagnarne il maggior numero..... Mi sono fatto debole con i deboli,
per guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad
ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne
partecipe con loro» (1Cor 9,19.22-23).
La Chiesa tra gli indigeni
7. Alcuni pionieri
dell'evangelizzazione hanno voluto vivere sin dal primo momento tra
gli indigeni, per imparare la loro lingua e adattarsi alle loro
abitudini. Altri hanno promosso la formazione di catechisti e
collaboratori che facevano loro da interpreti, mentre nel frattempo
tentavano de capire la loro lingua, conoscere la loro storia e la loro
cultura, come testimoniano i primi storici dell'evangelizzazione, tra
cui Bernardino de Sahagún.
Grazie a questa loro convivenza
con gli indigeni molti missionari sono diventati falegnami,
costruttori di case e templi, maestri di scuola e apprendisti della
cultura autoctona, oltre che promotori di un artigianato originale che
presto sarebbe stato messo al servizio della fede e del culto
cristiano. La chiesa rende grazie al Signore per aver suscitato tante
vocazioni missionarie negli Ordini e Istituti religiosi, che furono i
portatori della fede cristiana e di «un grande amore ai nativi».
Pur non assimilando molti degli
aspetti della cultura che veniva loro imposta, gli indigeni si
aprivano sinceramente al messaggio salvatore. Ciò si deve al fatto
che tra le loro credenze e i loro costumi si trovava quelli che i
Padri della Chiesa chiamano «i semi del Verbo», cioè i raggi della
sua luce, presenti nella mente e nel cuore di quei popoli, in attesa
di essere fecondati ed arricchiti con la predicazione della parola e
l'effusione dello Spirito Santo.
I frutti della predicazione
del Vangelo
8. Ciò favorì che un gran numero
d'indigeni si convertissero al cristianesimo, mossi dalla grazia di
Dio e dalla forza persuadente della Buona Novella. Fu così che il
Vangelo impregnò la fede e la vita dei nativi in America Latina
producendo genuini valori spirituali e umani. Nei miei viaggi
apostolici, io stesso ho potuto constatare questi valori del
cristianesimo latinoamericano.
Così, tra luci e ombre - più
luci che ombre, se pensiamo ai frutti duraturi della fede e della vita
cristiana nel Continente - la prima semina della parola di vita, nata
da tante fatiche e sacrifici, evoca i sentimenti dell'Apostolo, che
furono il motto di tanti missionari «Avremmo desiderato darvi non
solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita» (1Ts 2,8). Molti di
quei semi continuano ad essere fecondi nei valori religiosi della
maggior parte del Continente della speranza, particolarmente la pietà
popolare con cui vengono celebrati i misteri della nostra fede.
I frutti della prima
evangelizzazione si sono rafforzati nel trascorrere dei secoli e sono
caratteristici del cattolicesimo del popolo latinoamericano, che
brilla anche per il suo profondo senso comunitario, il suo anelito di
giustizia sociale, la sua fedeltà alla Chiesa, la sua profonda pietà
mariana e il suo amore al Successore di Pietro.
Cinque secoli di presenza
evangelizzatrice
9. L'evangelizzazione iniziale fu
indirizzata anzitutto ai popoli indigeni che in alcuni luoghi avevano
una cultura notevolmente sviluppata. In ogni modo, si trattava di
realizzare una «inculturazione» del Vangelo. In seguito, man mano
che aumentava il numero di immigrati venuti dall'Europa, l'opera
evangelizzatrice dei missionari doveva essere sempre più rivolta ad
una società mista, dalla quale prende origine l'attuale società
latinoamericana con la sua ricca varietà di razze, tradizioni e
costumi.
La cultura cristiana è rimasta
impressa non soltanto nei sentimenti umani e nelle diverse devozioni
della pietà popolare, ma anche nelle molteplici espressioni dell'arte
sacra coloniale, nella quale si distinsero straordinari artisti
indigeni, la maggior parte dei quali anonimi.
Nel lungo e non facile cammino
della Chiesa in America Latina, segnato da significativi avvenimenti
storici - non soltanto all'epoca della colonizzazione, ma anche
durante il processo d'indipendenza e nei più recenti avvenimenti
politici di questo secolo - gli Istituti religiosi hanno avuto un
ruolo molto importante.
Essi hanno collaborato con la
gerarchia locale nel consolidamento dell'evangelizzazione e
nell'impianto delle strutture ecclesiali, nella promozione delle
vocazioni autoctone e nella fioritura di nuovi carismi di vita
consacrata, nati e radicati nella propria cultura per affrontare nuovi
compiti apostolici.
Testimonianza di santità
10. In questo breve cenno storico
non posso fare a meno di sottolineare un elemento chiave, frutto
maturo dell'evangelizzazione, cioè la santità di molti figli e
figlie della Chiesa latinoamericana. In questa si sono formati veri
modelli di santità, che la guidano con il loro esempio e la
sostengono con la loro intercessione. Molti di questi beati
appartengono a diversi Istituti religiosi. Alcuni, provenienti
soprattutto dalla Spagna, spesero la loro vita e il loro lavoro
missionario in queste terre e con ragione possono essere annoverati
tra i santi latinoamericani. Altri, la maggior parte, erano figli
nativi del vostro popolo ed appartenevano ai più diversi strati
sociali. Ve ne furono all'inizio dell'evangelizzazione, nei secoli
successivi e perfino quasi ai nostri giorni; alcuni di loro sono stati
anche fondatori di nuove famiglie religiose.
In questa mirabile schiera di
santi e beati mi compiaccio nel ricordare, come esempio di vita
consacrata, Pedro Calver, Francisco Solano, Luis Beltrán, Juan Macías,
Rosa da Lima, Martín de Porres, Felipe de Jesús, Mariana de Jesús
Paredes, Miguel Febres, Roque González e compagni martiri, Pedro de
san José Betancurt, Ezequiel Moreno, Anna de los Angeles Monteagudo,
Teresa de los Andes, Miguel Pr. Questi ed altri santi sono la più
pregiata ricchezza del cristianesimo del Nuovo Mondo, modelli e
stimolo per le future generazioni di religiosi e religiose che non
possono dimenticare che sono chiamati a dare una testimonianza
personale e comunitaria di santità nella Chiesa.
Impianto della gerarchia
11. Insieme al ricordo della prima
evangelizzazione e dei suoi frutti abbondanti di vita cristiana, è il
caso di mettere anche in risalto la significativa azione dei religiosi
nell'impianto della gerarchia ecclesiastica. Infatti, è ormai saputo
che per un certo periodo, la maggior parte dei Pastori delle prime
sedi episcopali del continente, furono religiosi. Essi diedero, dunque
un'apportazione decisiva alla fondazione delle comunità ecclesiali
nel Nuovo Mondo.
Tra quei pastori possiamo
ricordare Frate Pedro Suárez de Deza, che iniziò la costruzione
della prima cattedrale del vostro Continente; i pionieri della
gerarchia messicana Frate Juan de Zumárraga e Frate Julián Garcés,
i quali ricevettero il titolo di «Protettori degli Indios»; Frate
Jerónimo Loaysa, promotore dei primi sinodi di Lima, di grande
importanza per l'impianto della Chiesa in America. Non bisogna
dimenticare inoltre che tra quei primi Pastori vi sono state delle
figure notevoli del clero secolare spagnolo, tra cui Santo Toribio de
Mogrovejo, Arcivescovo di Lima, patrono dell'Episcopato
Latinoamericano.
Guardando al passato dal
presente
12. Questo rapido sguardo storico
sulla vita ecclesiale d'America Latina suscita in me un sentimento di
«viva gratitudine al Signore per il lavoro di tanti religiosi e
religiose» che hanno piantato il seme del Vangelo di Cristo. Allo
stesso tempo, desidero dirigere a tutti voi, cari religiosi e
religiose latinoamericani, un cordiale «invito ad emulare la
generosità e quella dei primi evangelizzatori».
Precisamente perché anche nel
mezzo delle difficoltà dell'ora presente, l'America Latina rimane
fedele alla fede cattolica nel cuore delle sue genti, la Chiesa intera
fissa lo sguardo su di essa, come Continente della speranza. E poiché
in molti luoghi i religiosi e le religiose hanno una presenza
maggioritaria e qualificata tra gli agenti della pastorale che
mantengono pulsante la vitalità delle comunità ecclesiali, «da loro
dipende in gran misura la realizzazione di questa speranza della
Chiesa».
II.
GLI
OBIETTIVI DEL PRESENTE:
VITA CONSACRATA E COMUNIONE ECCLESIALE
Fedeltà al Concilio
vaticano II
13. Lo Spirito Santo, che «con la
forza del Vangelo ringiovanisce la Chiesa, la rinnova incessantemente
e la conduce all'unione consumata col suo Sposo» (Lumen Gentium, 4),
«ha preparato provvidenzialmente il popolo di Dio con gli
insegnamenti del Concilio Vaticano II» ad affrontare in miglior modo
la sua missione apostolica nel mondo odierno, alla fine del secondo
millennio, in mezzo alle nuove ed esigenti situazioni che viviamo.
E' perciò necessario che tutti
coloro che amano la verità rivelata e sentono l'urgenza della
missione apostolica nel mondo attuale «volgano i loro sguardo verso
il Magistero della Chiesa e, seguendo gli insegnamenti conciliari,
facciano una lettura fedele delle esigenze del Vangelo di Cristo per
il tempo presente, senza» lasciarsi disorientare da ideologie
contrarie alla rivelazione.
Il Concilio Vaticano II -
soprattutto nella Costituzione dogmatica «Lumen Gentium» - ha
esposto la dottrina sulla Chiesa e ci ha invitato a contemplarla anche
come Popolo di Dio che cammina verso la Gerusalemme Celeste (cfr.
Lumen Gentium, 9).
Allo stesso tempo, ha messo in
risalto la natura e la struttura gerarchica della Chiesa, come
espressione della successione apostolica che si dà in essa, così
come l'ha voluta il suo divino fondatore. (Ibid.
cap. III)
Il Sacerdozio ministeriale, nel
seno della costituzione gerarchica della Chiesa, porta a termine
l'opera santificatrice, che si esprime anche mediante «un
atteggiamento di servizio che ha il Cristo come modello supremo», e
che contribuisce a mantenere la Chiesa intera nella comunione di fede,
di culto e di vita. I Vescovi, come successori degli Apostoli,
esercitano anche questo ministero per mezzo della comunione reciproca
e della collegialità, sotto la potestà del Romano Pontefice,
successore di Pietro, che ha ricevuto il primato direttamente da
Cristo (cfr. Ibid. 22).
Senso Ecclesiale del Popolo
di Dio
14. Il Popolo di Dio che vive in
America Latina sente profondamente la comunione ecclesiale,
l'obbedienza e l'amore ai suoi pastori, così come l'affetto filiale
al Papa». Tutto questo spiega la sua fedeltà secolare alla fede
ricevuta e anche la sua coscienza di essere parte attiva della Chiesa
universale. Salda nelle sue credenze, ha resistito agli attacchi del
laicismo e ha dato prove eroiche, persino col martirio di non pochi
dei suoi figli.
L'urgente chiamata alla nuova
evangelizzazione del Continente ha come obiettivo che la fede si
approfondisca e si incarni ogni volta di più nelle coscienze e nella
vita sociale. Per questo è necessario che i religiosi e le religiose
mantengano incolume la loro fedeltà piena agli insegnamenti del
Concilio Vaticano II ed esprimano con coerenza la loro comunione coi
Pastori, come testimonianza di una perfetta sintonia ecclesiale per
l'edificazione del Popolo di Dio.
Dimensione ecclesiale della
vita consacrata
15. E' proprio questo stesso
concilio che ha voluto inquadrare nel mistero della Chiesa «la
vocazione e la missione degli Istituti religiosi, cosi come l'identità
di ciascuna delle persone consacrate chiamate alla santità».
La teologia della vita religiosa,
esposta nella costituzione dogmatica «Lumen Gentium» e nel decreto
«Perfectae Caritatis», così come in altri numerosi documenti del
magistero postconciliare, ha trovato un'accoglienza favorevole in
America Latina, che si è manifestata anche in realizzazioni creative.
Lo stesso documento di Puebla è divenuto eco delle tendenze positive
della vita consacrata in America Latina all'interno della missione
della Chiesa, soprattutto nella prospettiva di comunione e
partecipazione nell'evangelizzazione (cfr. Puebla, 721-776).
Sfortunatamente, non sono mancate a questo riguardo deviazioni e
atteggiamenti troppo radicali e unilaterali che hanno intaccato in
alcune occasioni il «sensus Ecclesiae».
Non è mia intenzione ribadire qui
esplicitamente gli insegnamenti del Magistero della Chiesa circa la
vita consacrata proposti dal Concilio Vaticano II nei documenti che
abbiamo appena citato. Questi insegnamenti conciliari sono stati,
durante gli ultimi venticinque anni, ampiamente sviluppati dai miei
predecessori in numerose allocuzioni, messaggi e in alcuni documenti
di speciale importanza, come l'Esortazione Apostolica del Papa Paolo
VI «Evangelica Testificatio», del 29 di Giugno 1971 (AAS 63 [1971]
497ss). Per quanto mi riguarda, nell'anno Santo della Redenzione ho
indirizzato a tutti i religiosi e religiose del mondo la Esortazione
Apostolica «Redemptoris Donum» (Redemptionis Donum: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, VII, I (1984) 788ss).
A questo riguardo, anche la
Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita
Apostolica ha pubblicato una recente Istruzione intitolata:
Orientamenti sulla formazione negli Istituti Religiosi. Sia questo
documento che gli altri citati prima offrono indicazioni molto precise
per la formazione personale e comunitaria dei religiosi e delle
religiose che, per la loro consacrazione, sono pienamente impegnati
nella Chiesa e nel compito permanente dell'evangelizzazione in America
Latina. Negli stessi documenti si delineano «l'identità e
l'autenticità della vita consacrata e la sua dimensione ecclesiale».
A questo voglio riferirmi pensando particolarmente al vostro compito
come araldi del Vangelo.
Sequela di Cristo e
Consacrazione religiosa
16. L'identità e autenticità
della vita consacrata si caratterizza per la sequela di Cristo e la
consacrazione a Lui mediante la professione dei consigli evangelici di
castità, povertà e obbedienza. Con essi si esprime la totale
dedizione al Signore e l'identificazione con Lui nella sua consegna al
Padre e ai fratelli. La sequela di Cristo mediante la vita consacrata
suppone una particolare docilità all'azione dello Spirito Santo,
senza la quale la fedeltà alla propria vocazione rimarrebbe vuota di
contenuto.
Gesù Cristo, crocifisso e
risorto, signore della vita e della storia, deve essere un ideale
vivente; in sua compagnia si cammina; della sua presenza interiore si
gioisce; della sua missione salvifica si partecipa. La sua persona e
il suo mistero sono l'annuncio e la testimonianza essenziale del
vostro apostolato. Non possono esistere solitudini quando Egli riempie
il cuore e la vita. Non devono esistere dubbi circa la propria identità
e missione quando si annuncia, si comunica e si incarna il suo mistero
e la sua presenza tra gli uomini.
Tutti i religiosi e religiose
devono rinnovare continuamente questa unione con Cristo, mediante
l'ascolto della sua parola, la celebrazione del suo mistero pasquale
nei sacramenti - specialmente quelli della riconciliazione e dell'Eucarestia
- e poi con la preghiera assidua. Soltanto così potrete essere
autentici evangelizzatori, capaci di soddisfare i bisogni spirituali
del Popolo di Dio, con un cuore compassionevole dal quale sgorgano gli
stessi sentimenti del Cristo.
Mistero Pasquale e consigli
evangelici
17. Infatti, i consigli evangelici
hanno una profonda dimensione pasquale, giacché suppongono
un'identificazione con Cristo, con la sua morte e la sua risurrezione.
Per questo si devono vivere con la stessa attitudine di Cristo, il
quale «spogliò se stesso (kenosis) facendosi obbediente fino alla
morte e alla morte di croce» (cfr. Fil 2,5-8). Ma allo stesso tempo
ci fanno partecipare della gioia della nuova vita alla quale siamo
stati chiamati, per fare in tutto la volontà salvifica del Padre. La
professione dei consigli evangelici vi costituisce, dunque, testimoni
della Risurrezione del Signore e della forza trasformatrice del suo
Spirito di Pentecoste.
La consegna totale delle persone
consacrate implica, come in Gesù di Nazareth, «un'intima relazione
fra i tre consigli evangelici», in maniera tale che la crescita e la
maturità nell'esercizio di uno di loro, rende gli altri più fecondi.
Parimenti,La mancanza di fedeltà ad uno di essi mette in pericolo la
solidità e l'autenticità degli altri.
In verità, non è autenticamente
povero, secondo il modello e la misura di Cristo, chi non vive
pienamente la castità e l'obbedienza; e non può dirsi puro di cuore
chi non pratica la povertà e vive con gioia la volontaria obbedienza;
così come non è obbediente al disegno del Padre e alle esigenze del
Regno chi non abbraccia, con cuore puro e indiviso, il distacco dalle
cose terrene.
Con la donazione totale della
propria vita per amore a Dio, i religiosi e le religiose sono
testimoni eloquenti del primato e perennità del messaggio evangelico,
che sottopone a giudizio gli idoli di questo mondo: il potere, le
ricchezze, il piacere. In questa forma, manifestano in loro stessi la
maturità che si raggiunge con il dono della propria libertà messa al
servizio esclusivo di Dio e dei fratelli.
Voglio ricordarvi, a questo
riguardo, quello che ho scritto nell'Enciclica «Redemptor Hominis»,
pensando proprio alle persone consacrate: «Umanità matura significa
pieno uso del dono della libertà; che abbiamo ottenuto dal Creatore,
nel momento in cui Egli ha chiamato all'esistenza l'uomo fatto a Sua
immagine e somiglianza. Questo dono trova la sua piena realizzazione
nella consegna senza riserve di tutta la persona umana concreta, in
spirito d'amore sponsale a Cristo, a tutti coloro che Egli invia,
uomini o donne, e che si sono consacrati totalmente a Lui secondo i
consigli evangelici (Redemptor Hominis, 21).
Vera libertà e autentica
liberazione
18. Di questa umanità matura dei
religiosi e delle religiose ha bisogno oggi il Continente
latinoamericano «per annunciare Gesù Cristo con la parola e con la
vita» e per poter così costruire una umanità secondo lo spirito
delle beatitudini.
La storia di questi cinquecento
anni attesta la fedeltà di tanti religiosi e religiose che hanno
contribuito a mantenere vivo ed arricchire il patrimonio della prima
evangelizzazione. Bisogna non dimenticare che tutti coloro che si sono
consacrati al servizio del Cristo mediante i consigli evangelici e con
lo spirito delle beatitudini contribuiscono efficacemente all'opera
evangelizzatrice, sostenendo la predicazione della parola con la forza
della propria testimonianza.
E' importante, dunque, che questa
testimonianza non si deformi sotto l'influsso di interpretazioni
riduttive del vangelo, le quali potrebbero danneggiare il genuino
contenuto del suo messaggio e della stessa vita consacrata, con il
rischio che "il sale diventi insipido e perda il suo
sapore", pericolo sul quale Gesù ci ha già messo in guardia (cfr.
Mt 5,13).
Negli ultimi anni, di fronte a
certe tendenze che presentavano una particolare ermeneutica della
rivelazione, con gravi ripercussioni sulla vita e sulla missione della
Chiesa, e sulla stessa vita religiosa, come è il caso di alcune
teologie della liberazione - la Congregazione per la Dottrina della
Fede ha emesso due documenti, «Libertatis Nuntius» (1984) e «Libertatis
Conscientia» (1986), per stabilire le linee maestre del pensiero
della Chiesa sulla vera libertà e l'autentica liberazione secondo il
Vangelo.
Queste due Istruzioni non soltanto
sono valide in sé stesse, ma si presentano anche come veramente
profetiche giacché hanno contribuito a smascherare «fallaci utopie
ideologiche e servilismi politici che sono in totale disaccordo con la
dottrina e la missione del Cristo e della sua Chiesa».
La parola del Signore, che ci
chiama alla piena libertà dei figli di Dio, ci continua a spingere
verso la fedeltà: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete
davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi fara
liberi» (Gv 8,31-32) Solo Gesù Cristo libera. Solo nel suo amore,
sperimentato e trasmesso si trova l'autentica liberazione.
L'opzione preferenziale per
i poveri
19. In questo contesto è
necessario sottolineare un'altra volta «il giusto significato
dell'opzione preferenziale, non esclusiva né escludente, in favore
dei poveri», opzione particolarmente connaturale a tutti coloro che
vivono i consigli evangelici della povertà e che sono chiamati ad
amare, ad accogliere e a servire i poveri «con le viscere di Cristo»
(cfr. Perfectae Caritatis, 13).
Come il documento di Puebla faceva
già notare, l'opzione preferenziale per i poveri è stato un fattore
molto importante nella vita religiosa latinoamericana durante gli
ultimi tempi (cfr. Puebla, 733-735). Sono molti i religiosi e le
religiose che vivono questa opzione preferenziale con un autentico
spirito evangelico, fortemente motivati dalle parole del Signore e in
coerenza con lo spirito dei loro propri Istituti. Infatti, i religiosi
e le religiose sono presenti nei quartieri emarginati, tra gli
indigeni, insieme agli anziani e i malati, nelle innumerevoli
situazioni di miseria che l'America Latina vive e soffre, quali sono
le nuove povertà che affliggono soprattutto i giovani, dall'alcolismo
alla droga. Per mezzo dei religiosi la Chiesa si fa serva dei fratelli
più bisognosi, nel cui volto addolorato riconosce i tratti sofferenti
del Cristo, il Signore, che ci interpella e ci convoca al giudizio
definitivo, quando saremo giudicati sull'amore (cfr. San Giovanni
della Croce, Dichos de luz y amor, 57).
Virtù teologali e vita
consacrata
20. Certamente si sono presentati
dei casi in cui un'interpretazione erronea del problema dei poveri in
chiave marxista «ha portato ad un falso concetto e ad una prassi
anomala dell'opzione per i poveri e del voto di povertà», il quale
divenne vuoto di significato per il mancato riferimento alla povertà
di Cristo e disgiunto dalla sua misura che è la vita teologale. La
vita consacrata dunque, dev'essere saldamente ancorata alle virtù
teologali, affinché la fede non ceda al miraggio delle ideologie, la
speranza non si confonda con le utopie, la carità universale, che
giunge al limite estremo dell'amore per i nemici, non soccomba davanti
alla tentazione della violenza.
Non sono mancati i casi in cui
questa opzione ha portato ad una politicizzazione della vita
consacrata, non esente da opzioni violente e di partito, con la
strumentalizzazione di persone e istituzioni per fini del tutto
estranei alla missione della Chiesa.
E' necessario perciò ricordare
quanto detto nell'Istruzione «Libertatis Conscientia»: «L'opzione
preferenziale per i poveri, lungi dall'essere un segno di
particolarismo o di settarismo, manifesta l'universalità dell'essere
e della missione della Chiesa. Tale opzione non è esclusiva. Questa
è la ragione per cui la Chiesa non può esprimerla nelle categorie
sociologiche e ideologiche riduttive, che farebbero di questa
preferenza una opzione di parte e di natura conflittuale».
Il sale non deve perdere il suo
sapore! La vita religiosa non può non essere testimonianza vivente
del «Regno dei cieli» promesso ai poveri! «Se il sale diventa
insipido - avverte Gesù - con che cosa lo si potrà rendere salato?
Non serve ad altro che ad essere gettato via» (Mt 5,13).
A volte può accadere che il
Popolo di Dio non sempre trovi nelle persone consacrate l'appoggio
desiderato, forse perché esse non rispecchiano abbastanza nelle loro
vite il forte senso di Dio che dovrebbero trasmettere.
Tali situazioni possono essere
occasione per cui molte persone povere e semplici, - come
sfortunatamente sta accadendo - si convertano in facile presa delle
sette, nelle quali cercano un senso religioso della vita che forse non
trovano in coloro che dovrebbero offrirlo a piene mani.
Promozione della solidarietà
sociale
21. Tutta questa problematica,
invece di frenare l'impegno per la giustizia e la libertà, indica che
la Chiesa dell'America Latina, con la decisa collaborazione dei
religiosi, deve sforzarsi di comprendere e realizzare in maniera
giusta l'opzione preferenziale per i poveri».
La «situazione socioeconomica di
alcune nazioni latinoamericane» costituisce un «motivo di profonda
preoccupazione». La Chiesa, pienamente consapevole di questa realtà,
vuol illuminare col Vangelo e la dottrina sociale cattolica la
coscienza dei cittadini. Essa stessa, che con la sua azione
evangelizzatrice favorisce la promozione integrale delle persone, si
dirige ai laici, ed in maniera speciale a coloro che occupano le
diverse cariche pubbliche, affinché siano promotori di un'autentica
giustizia sociale. A questo riguardo, la Chiesa ha messo in atto molte
istituzioni a favore dei più bisognosi, creando in esse un clima di
affettuosa accoglienza e aprendo ai poveri la strada verso la speranza
cristiana.
Per far fronte alle tante carenze
che affliggono ampi settori della popolazione, i Pastori della Chiesa
in America Latina contano con l'inestimabile collaborazione di tanti
religiosi e religiose che svolgete il vostro apostolato in ambienti
tanto diversi. Per la vostra presenza tra la gente siete responsabili
dell'animazione di molte comunità ecclesiali, e sopratutto della «formazione
religiosa e morale dei laici», specialmente della «educazione
cristiana della gioventù» tramite la scuola e la catechesi.
Tutti dovete suscitare un retto
senso della giustizia sociale, ispirati all'amore fraterno, base
indispensabile affinché ogni Paese, nell'ambito del bene comune,
cresca continuamente nella pace e nell'armonia, e raggiunga così uno
sviluppo culturale ed economico accessibile a tutti. In questa
maniera, il Continente della speranza andrà configurandosi come una
vera comunità di nazioni sorelle.
Rafforzare i vincoli della
comunione ecclesiale
22. Il Concilio Vaticano II ha
messo in rilievo il profondo senso ecclesiale della vita consacrata,
che deve manifestarsi «una sincera comunione e collaborazione con i
pastori della Chiesa».
La storia della prima
evangelizzazione illustra abbondantemente l'apporto offerto dai
religiosi nell'impiantazione e consolidamento della gerarchia
ecclesiastica nel Continente latinoamericano. Anche oggi sono numerosi
i vescovi di quella Chiesa, che sono stati scelti tra i religiosi per
questo ministero pastorale.
I rapporti tra Vescovi e religiosi
sono, in genere, soddisfacenti. Si potrebbe dire che hanno ricevuto un
impulso favorevole con gli orientamenti della Santa Sede e grazie alla
buona intesa tra gli organismi di comunione e di collaborazione
stabiliti tra le diocesi e gli Istituti religiosi. Non sono mancati
però, in determinate situazioni, alcune incomprensioni e forti
contrasti che non rispondono ad una vera ecclesiologia di comunione e
disturbano la pace e la concordia influendo negativamente sul compito
evangelizzatore della Chiesa.
Il fatto che gli Istituti
religiosi godano della giusta autonomia di vita, di cui parla il
codice di diritto canonico (Codex Iurix Canonici, 586), non dev'essere
pretesto per una attività apostolica al margine della gerarchia o che
ignori i loro orientamenti pastorali. Rivendicare, da parte dei
religiosi e delle loro istituzioni, una specie di parallelismo
tradotto in una pastorale o in un magistero paralleli, sarebbe andare
contro la natura stessa della Chiesa e della vita consacrata. Sarebbe
anche errato pensare che i religiosi, per la loro vocazione
ecclesiale, sarebbero investiti da una funzione profetica della quale
sarebbero privi i Pastori della Chiesa, contrapponendo così il
carisma della vita consacrata all'Istituzione gerarchica, e il
profetismo dei religiosi alla missione dei vescovi o allo stesso
carattere profetico della vocazione laicale.
Queste tendenze o atteggiamenti
non trovano giustificazione possibile in una retta ecclesiologia della
vita religiosa. Sono invece in chiara contraddizione con la natura
stessa della vita consacrata, che è vita di comunione e di unità.
Non rispondono neanche allo spirito dei Fondatori che hanno avuto
sempre come criterio sicuro «sentire Ecclesiam» e «sentire cum
Ecclesia», attuando in perfetta comunione con i loro pastori, né
s'inquadrano in una retta concezione della missione apostolica dei
religiosi, che non può essere altra che la costruzione e estensione
del Regno in una prospettiva di unità ecclesiale.
Coesione affettiva tra
Vescovi e religiosi
23. Il fomentare una salda e
organica coesione affettiva tra i religiosi ed i Vescovi è di
primaria importanza in una ecclesiologia di comunione che si ispiri
alla dottrina conciliare (cfr. Mutua Relationes; cfr. Orientaciones
sobre la formación en los institutos religiosos, 94-97). Infatti
l'autonomia dei religiosi cui abbiamo accennato ha come fondamento
l'obbedienza degli stessi al Sommo Pontefice e alla Santa Sede, e come
finalità una maggiore e più generosa collaborazione nella
sollecitudine per il bene di tutte le Chiese. Inoltre, tale autonomia
suppone in ogni caso la dovuta sottomissione ai Vescovi in campo
pastorale (cfr. Christus Dominus, 35).
Ora, la collaborazione dei
religiosi nella sollecitudine per tutte le Chiese non può esercitarsi
senza la comunione organica con il ministero pastorale dei Vescovi e
il rispetto delle loro disposizioni in ciò che concerne il culto
divino, l'evangelizzazione e la catechesi, secondo quanto il diritto
canonico prescrive.
E' chiaro, dunque, che le
iniziative pastorali dei religiosi e dei loro organismi di
coordinamento a livello diocesano, nazionale o internazionale devono
esprimere senza ambiguità né reticenze una perfetta comunione con i
Pastori della Chiesa nelle loro rispettive istanze, giacché i Vescovi
sono «dottori autentici e testimoni della verità divina e cattolica»
e per questo corrisponde a loro vegliare con responsabilità sui
religiosi «in ciò che riguarda l'insegnamento della dottrina della
fede, sia nei centri che ne coltivano lo studio, sia
nell'utilizzazione dei mezzi per trasmetterla» quali sono le
pubblicazioni e le stesse case editrici (cfr. Orientaciones sobre la
formación en los institutos religiosos, 96).
Quanto più grande sia l'influsso
che possono avere i religiosi nella diffusione della dottrina, tanto
più responsabili essi devono essere nella trasmissione integrale
della verità e nella comunione con la gerarchia, evitando ogni
possibile disorientamento nei fedeli o deformazione del messaggio
rivelato.
Deve esserci dunque l'impegno di
tutti per evitare qualsiasi rottura tra i Vescovi e i religiosi, che
potrebbe provocare un grave danno a tutta l'opera evangelizzatrice.
Per questo chiedo agli uni e agli altri che «si stringano di più i
vincoli di comunione e si fomentino, con i mezzi opportuni, la
conoscenza reciproca, l'apprezzamento sincero e la testimonianza di
unità; che i Vescovi sappiano valorizzare e promuovere, come è
dovuto, il dono immenso della vita consacrata, con tutta la sua varietà
di carismi, senza dimenticare che essi devono essere anche promotori
della fedeltà alla vocazione religiosa secondo lo spirito di ogni
Istituto (cfr. Ibid). Parimenti, chiedo ai religiosi ed alle religiose
che si sforzino di mantenere viva la comunione e la collaborazione con
i Vescovi, così come il necessario rispetto della loro autorità
pastorale.
Questo spirito di rinnovata
comunione tra i Vescovi e i religiosi in America Latina sarà uno dei
temi di studio e riflessione della IV Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano, in preparazione per il 1992. Questo
si rende necessario sia per l'elevato numero di religiosi e religiose
che vivono nel Continente, sia per l'indispensabile presenza dei loro
carismi, istituzioni e nuove vocazioni, necessarie per l'opera
evangelizzatrice. «Senza l'apporto generosa della vita consacrata non
potrà realizzarsi il grande compito della rinnovata semina del
Vangelo».
III.
LE
SFIDE DEL FUTURO:
I RELIGIOSI DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Al servizio del Regno
24. La celebrazione del V
Centenario dell'inizio dell'evangelizzazione dell'America ci spinge in
maniera particolare ad una nuova proclamazione del messaggio salvatore
del Cristo agli uomini e donne del nostro tempo.
«La Chiesa - come segnalavo
nell'Esortazione Apostolica post-sinodale "Chistifideles
Laici" - deve dare oggi un gran passo in avanti nella sua
evangelizzazione; deve entrare in una nuova tappa storica della sua
dimensione missionaria» (Christifideles Laici, 35). Nello stesso
documento, guardando specialmente all'America Latina scrivevo: «In
altre regioni o nazioni si conservano ancora molto vive le tradizioni
di pietà e religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio
morale e spirituale corre il rischio di venir disperso sotto l'impatto
di molteplici processi, tra i quali risaltano la secolarizzazione e la
diffusione delle sette. Soltanto una nuova evangelizzazione può
assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare
di queste tradizioni una forza autentica di libertà. Certamente urge
rifare dappertutto il tessuto cristiano della società umana. Pero la
condizione è che si rifaccia la cristiana... delle stesse comunità
ecclesiali che vivono in questi paesi o nazioni» (Ibid. 34).
I religiosi, che furono i primi
evangelizzatori - e hanno contribuito in maniera rilevante a mantenere
viva la fede nel Continente -, non possono mancare alla convocazione
ecclesiale della nuova evangelizzazione. I diversi carismi della vita
consacrata rendono vivo il messaggio di Gesù, presente e attuale in
ogni tempo e luogo, anche tramite le parole e la testimonianza dei
Fondatori, che hanno espresso, nel corso della storia della Chiesa, la
ricchezza sublime del mistero e ministero di Cristo, il quale sia che
fosse «dedito alla contemplazione sul monte, o all'annuncio del Regno
di Dio alle moltitudini, o a guarire i malati ed a convertire i
peccatori alla buona strada, oppure a benedire i bambini ed a fare del
bene a tutti, era sempre obbediente alla volontà del Padre che
l'aveva inviato». (Lumen Gentium, 46).
Per questo la Chiesa spera dai
religiosi e dalle religiose un impulso costante e deciso all'opera
della nuova evangelizzazione» dal momento che sono chiamati, ciascuno
secondo il loro carisma, a diffondere in tutto il mondo la buona
novella di Cristo» (cfr. Perfectae Caritatis, 25). L'urgenza di una
nuova evangelizzazione in America Latina, che vivifichi le sue radici
cattoliche, la sua religiosità popolare, le sue tradizioni e culture,
esige che i religiosi, oggi come ieri - e in stretta comunione con i
loro pastori - continuino ad essere all'avanguardia stessa della
predicazione dando sempre testimonianza del Vangelo della salvezza.
A questo riguardo vorrei offrirvi
alcuni orientamenti in più, che vi possano servire da incoraggiamento
e stimolo nella vostra vita consacrata al servizio del Regno.
Da una profonda esperienza
di Dio
25. Una delle note che hanno
caratterizzato la vita consacrata in America Latina negli ultimi
decenni è stata la ricerca di un'autentica esperienza di Dio, che è
«come un nuovo nome della contemplazione», a partire della
meditazione della parola, la preghiera personale e comunitaria, la
scoperta della presenza e dell'azione divina nella vita, condividendo
allo stesso tempo questa esperienza con tutto il Popolo di Dio. Il
documento di Puebla si faceva eco di questa ricerca segnalando che «ci
sono certi segni che esprimono un desiderio d'interiorizzazione e di
approfondimento nella vita della fede mentre si comprova che senza il
contatto col Signore, non si dà un'evangelizzazione convincente e
perseverante» (Puebla, 726).
Non poche volte, come molti di voi
possono confermare, la fede semplice e sentita del popolo vi ha
evangelizzato e vi ha fatto prendere consapevolezza del bisogno della
preghiera e della profonda esperienza di Dio. Per questo, la
meditazione personale e comunitaria della parola di vita sarà sempre
un solco profondo che suscita un impulso evangelizzatore a imitazione
di Gesù, la cui attività apostolica era unita a quel dialogo con il
Padre da cui fluivano i suoi insegnamenti di vita eterna.
Evangelizzare partendo da una
profonda esperienza di Dio, cercando comunitariamente la luce e il
discernimento per affrontare i problemi della vita quotidiana, sarà
garanzia di una efficace e trasparente predicazione del Vangelo agli
uomini e alle donne del nostro tempo; sarà autentico annuncio e
testimonianza della parola di vita accolta con fede e sperimentata
nella comunione ecclesiale (cfr. 1Gv 1,1-3).
Con lo spirito dei Fondatori
26. Amati religiosi e religiose:
come hanno fatto nel loro tempo, anche anche oggi i vostri fondatori
metterebbero al servizio di Cristo le loro migliori energie
apostoliche, il loro profondo senso ecclesiale, la creatività delle
loro iniziative pastorali, il loro amore ai poveri da cui sono sorte
tante opere ecclesiali.
La stessa generosità e
abnegazione che hanno spinto i vostri Fondatori devono muovere anche
voi, loro figli spirituali, a mantenere vivi i loro carismi che, con
la stessa forza dello Spirito che li ha suscitati, continuano ad
arricchirsi e adattarsi, senza perdere il loro carattere genuino, per
mettersi al servizio della Chiesa e portare alla pienezza l'impianto
del suo Regno.
L'America Latina, nel corso di
questi cinque secoli, è stata certamente crogiuolo di molti carismi
di vita consacrata, nati in altri luoghi, ma incarnati e consolidati
in queste terre. Allo stesso tempo è stata anche culla di nuovi
Istituti religiosi che rispondono all'esperienza spirituale dei loro
figli e ai bisogni apostolici del Continente.
Tutta questa ricchezza di energie
e carismi con cui Dio ha benedetto questo Continente deve orientarsi
convenientemente affinché incida su di un'azione pastorale sempre più
incarnata. A questo riguardo, la partecipazione spirituale e
apostolica di tutti i consacrati, tramite gli organismi comuni di
servizio e coordinamento, è senza dubbio molto importante per
ottenere una maggiore efficacia nella nuova evangelizzazione. Da qui
la loro responsabilità di agire sempre in comunione con la gerarchia
secondo le norme e direttive della Santa Sede.
In stretta collaborazione
con i sacerdoti e i laici
27. La nuova evangelizzazione
esige anche una stretta cooperazione dei religiosi con i sacerdoti
diocesani che con dedizione e generosità svolgono il loro lavoro
pastorale come provvidi collaboratori dei Vescovi. Dovreste ugualmente
collaborare con i laici, con le loro associazioni e movimenti, alcuni
dei quali hanno oggi una grande vitalità.
Infatti, voi religiosi dovreste
dare esempio di una rinnovata comunione spirituale con gli altri
agenti della pastorale, promuovendo una collaborazione apostolica che
rispetti e consolidi le responsabilità di ogni vocazione nella
Chiesa. «La forza della evangelizzazione radica nella testimonianza
di unità di tutti i discepoli del Cristo» (cfr. Gv 17,21-23); per
questo, sacerdoti, religiosi e laici debbono aiutarsi reciprocamente
nel loro cammino spirituale e pastorale dando esempio di autentica
fratellanza cristiana (cfr. Christifideles Laici, 61).
Evangelizzazione della
cultura
28. La sfida della nuova
evangelizzazione esige che il messaggio salvatore incida nel cuore
degli uomini e nelle strutture della vita sociale. E' proprio questo
che ho voluto mettere in risalto nella mia allocuzione all'assemblea
Plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina (cfr.
Eiusdem Allocutio ad eos qui plenario coetui Pontificae Comisionis pro
America Latina interfuerunt coram admisos, 5 die 7 dec. 1989;
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 [1989] 1459s).
E' noto che gli Ordini e le
Congregazioni religiose sono sempre stati promotori della cultura, sin
dagli inizi stessi della predicazione del messaggio di Cristo nel
Continente; lo sono anche per la varietà dei loro carismi, per le
loro opere apostoliche, per la loro presenza nella società
latinoamericana. Infatti, i religiosi esercitano la loro attività in
tutti i campi dell'insegnamento, dalla scuola elementare e media fino
alla professionale e universitaria; lo stesso vale per la catechesi, a
partire da quella dei fanciulli fino a quella per gli adulti, cercando
di formare i laici per l'apostolato; si trovano nel cuore delle grandi
metropoli, nei quartieri emarginati, tra gli indigeni, di cui studiano
la cultura e difendono i diritti.
Sono sicuro che i religiosi e le
religiose in America Latina saprete essere all'avanguardia di questa
nuova responsabilità evangelizzatrice che dovrà comprendere, con la
forza del messaggio salvifico, tutta la ricchezza culturale dei popoli
e delle etnie del Continente in una solidale e speranzosa civiltà
dell'amore. Contribuite pertanto a forgiare una cultura che sia sempre
aperta ai valori della vita, all'originalità del messaggio
evangelico, alla solidarietà tra le persone; una cultura della pace e
dell'unità che Cristo ha chiesto al Padre per tutti coloro che
credono in Lui.
Per questo, i religiosi, nella
misura in cui sarete fedeli al vostro carisma, troverete la forza
della creatività apostolica che vi guiderà nella predicazione e
inculturazione del Vangelo. Ho piena fiducia che, con il vostro
generoso apporto, si raggiungerà la desiderata trasformazione
culturale e sociale di questo Continente.
Infatti, la storia della prima
evangelizzazione dell'America Latina è per tutti una chiamata
ineluttabile a perseverare nel lavoro intrapreso e, allo stesso tempo,
costituisce un motivo di viva speranza cristiana.
Evangelizzazione senza
frontiere
29. Prima di finire con queste
riflessioni sulla nuova evangelizzazione di questo Continente,
desidero riferirmi a una sfida che già sta producendo certa
inquietudine apostolica tra molti di voi: la necessità e la
disponibilità per evangelizzare oltre le vostre frontiere.
Sin dall'arrivo stesso del
Vangelo, l'America Latina ha accolto con generosa ospitalità tanti
religiosi e religiose provenienti da altre nazioni, i quali hanno
fatto di queste terre la loro patria spirituale e adottiva. Molti di
loro si sono identificati totalmente con le vostre chiese e i vostri
popoli, dando prova della dimensione universale della vocazione
religiosa. Alcuni di loro - voglio ricordarlo -, così come altri
religiosi e religiose nativi, hanno sigillato col il proprio sangue la
loro fedeltà al Vangelo e la loro consegna ai più poveri, difendendo
i loro diritti o accompagnandoli nel loro cammino. Per tutti loro
rendo grazie a Dio Padre che suscita continuamente nuove vocazioni
alla sequela di Cristo. Nutro dunque la salda speranza che, per
portare a termine i compiti della nuova evangelizzazione, l'America
Latina saprà accogliere, con uguale senso di ospitalità ecclesiale,
tutti coloro che si sentono chiamati a lavorare in questa porzione
della vigna del Signore.
D'altro canto, c'è un bisogno
insopprimibile di tutti gli Istituti di promuovere, con «maggiore
generosità che in altre epoche - se è il caso -», una pastorale
vocazionale e un'adeguata formazione dei candidati alla vita
consacrata, che renda possibile che l'America Latina possa disporre,
in numero e qualità, di quei nuovi evangelizzatori di cui ha bisogno
per il suo futuro.
Inoltre, è giunta l'ora in cui
voi, uomini e donne consacrati dell'America Latina, «vi facciate
sempre più presenti nelle altre Chiese del mondo, con un dinamismo
senza frontiere, e che offriate generosamente, "pur nella vostra
povertà", un aiuto alla missione della Chiesa in altre Nazioni»
che sono anche loro bisognose di una prima o di una nuova
evangelizzazione. Questa reciprocità, prova del dinamismo cristiano e
missionario delle Chiese in cui lavorate, sarà anche manifestazione
della maturità di un Continente che, «evangelizzato cinque secoli
fa, vuole essere a sua volta un Continente evangelizzatore all'interno
della Chiesa universale.
CONCLUSIONE
30. Carissimi fratelli e sorelle,
concludendo questa Lettera che ho voluto indirizzare a voi in
occasione dell'imminente celebrazione del V Centenario
dell'evangelizzazione d'America, voglio rendere grazie al Signore per
tutto il bene che durante questi cinque secoli ha realizzato per opera
delle Famiglie religiose nella società e nella Chiesa peregrinante in
quel Continente.
Ringrazio anche tutti e ciascuno
di voi, religiosi e religiose, e ciascuna delle vostre comunità, così
come i membri degli Istituti secolari e delle Società di vita
apostolica, per la vostra dedizione e il vostro apostolato al servizio
di Cristo, della Chiesa e della società.
Il Papa, insieme a tutto
l'episcopato e il Popolo di Dio in America Latina, «nutre la viva
speranza» che il vostro ministero nell'opera della nuova
evangelizzazione, secondo le esigenze del presente e del futuro, sarà
ugualmente fruttuoso e benedetto da Dio.
Desidero ardentemente che la
celebrazione di questo V Centenario sia un'occasione propizia «perché
si rinnovi l'autentico ideale della vita religiosa» fecondato anche
con numerose e genuine vocazioni, poiché anche in America Latina: «La
messe è molta ma gli operai sono pochi» (Mt 9,37). Preghiamo dunque
insieme, il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe»
(Mt 9,38).
31. Affido a Nostra Signora di
Guadalupe, «prima evangelizzatrice dell'America Latina» (Allocutio
in aeronavium portu mexicopolis, 4, die 6 maii 1990: vide supra, p.
1123) gli aneliti e le speranze che vi ho confidato in questa Lettera.
Essa è realmente la «Stella dell'evangelizzazione», «l'evangelizzatrice
del vostro popolo». La sua presenza materna ha dato un decisivo
impulso alla predicazione del messaggio di Cristo e alla fratellanza
delle nazioni latinoamericane e dei loro abitanti. La devozione a
Maria è stata sempre garanzia di fedeltà alla fede cattolica durante
questi cinque secoli. «Che Ella continui a guidare i vostri passi e
fecondare i vostri sforzi a favore dell'evangelizzazione».
Per tutti i religiosi e le
religiose Maria è l'immagine più viva e la realizzazione più
perfetta della sequela e della consacrazione al Signore: Vergine
povera e obbediente, scelta da Dio, dedita interamente alla missione
del suo Figlio. In lei, Madre della Chiesa, rifulgono anche tutti i
carismi della vita religiosa.
Che la Vergine del «Magnificat»,
«nel cui cantico risuona la sua fedeltà a Dio e la sua solidarietà
con le speranze del suo popolo», vi mantenga fedeli alla vostra
consacrazione e vi faccia generosi cooperatori di Cristo e della sua
Chiesa nella nuova evangelizzazione.
A voi tutti, cari religiosi e
religiose, impartisco con affetto la mia benedizione apostolica.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 29 Giugno, nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo,
dell'anno 1990, Decimosecondo del mio Pontificato.