Achilleo VIII e aveva distrutto le mura di Alessandria, non poteva certo soppor-
tare questi ciarlatani e quindi cominciò a perseguitarli, poco distinguendo tra
medici e maghi.
S. Ciro, per sfuggire la morte, fu costretto a lasciare la città e si rifugiò in Arabia,
a est del Nilo, nel castello di Cetzo. Nella solitudine poté dedicarsi totalmente
alla preghiera e alla meditazione, dando origine a quella forma di vita monasti-
ca di cui, in seguito, S. Antonio Abate sarà considerato il fondatore.
Il PADRE ANTONIO, nel deserto, ebbe questa rivelazione: ..In città c'è uno che
ti somiglia: è di professione medico, dà suffragio ai bisognosi, e tutto il giorno
canta il trisagio (Santo. Santo. Santo...) con gli angeli... (da "Vita e detti dei padri
del Deserto" Ed. Città  Nuova, pago 88, n. 24).
Suo primo discepolo fu un ex soldato di nome Giovanni, nato a Edessa, che
prima aveva militato sotto le insegne romane, ma che poi, a causa delle epura-
zioni anticristiane, aveva lasciato l'esercito per coerenza con le sue idee. Rimase
con S. Ciro quattro anni. dedito anch'egli alla preghiera e alla meditazione, e
quando il maestro decise di tornare ad Alessandria, lo seguì.
Perché questo ritorno?
In città infuriava la persecuzione contro i cristiani, ordinata da Diocleziano, e
anche nelle cittadine vicine se ne sentivano gli effetti: carcerazioni, minacce, tor-
menti e condanne a morte. I cristiani erano sparsi un po' ovunque e non pochi
si trovavano in Canòpo. una elegante e ricca cittadina a 19 km. da Alessandria.
Nella solitudine giunsero a S. Ciro notizie allarmanti sulla sorte dei cristiani ed
egli allora decise di tornare per sostenere, con la sua presenza e il suo esempio,
coloro che erano minacciati e soffrivano per Cristo. La preghiera e le lunghe
meditazioni non avevano allontanato definitivamente gli eremiti dal mondo, ma
li avevano fortificati e resi disponibili alla chiamata di Dio.
Fu a Canòpo che S. Ciro e il suo discepolo sostarono per sostenere la comunità
cristiana e anche perché avevano saputo che un'intera famiglia: una mamma di
nome Attanasia. e tre figlie (Teotiste di 15 anni, Teodota di 13 ed Eudossia di 11)
erano state imprigionate. Chi più di loro avrebbe potuto incoraggiarle, sostener-
le e aiutarle a restare fedeli a Cristo? L'opera di solidarietà e di conforto eviden-
temente irritò i carcerieri e le autorità e subito anche Ciro e Giovanni furono
imprigionati e condannati.
Il 31 gennaio del 303 o del 312, come altri dicono, i sei furono decapitati.
Canòpo, la Sibari d'Egitto
Dopo il martirio, come sempre avveniva, i cristiani raccolsero e custodirono gelo-
samente i corpi dei Martiri, seppellendoli, come ci assicura S. Onofrio, nella basi-
lica eretta in onore di S. Marco. Lì rimasero fino al secolo seguente, quando, nel
414, furono trasportati a Menouthis, o Menute, un borgo di Canòpo.
Nell'antichità Canòpo era sinonimo di raffinatezza, di allegria e di facili costumi.
Ne parlano Properzio, Lucano, Ovidio e Giovenale. Tiberio aveva proibito ai
 

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